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Messaggi - Eutidemo

#406
Tematiche Filosofiche / Re: La semiretta
14 Agosto 2024, 17:18:46 PM
Ciao Ipazia. :)
In ordine alle tue interessanti, ma un po' troppo "anapodittiche" considerazioni, osservo quanto segue:
.
1)
Non c'è dubbio che anche i corpi geometrici debbano avere una loro genesi, però non riesco assolutamente a capire perchè mai:
- una semiretta debba avere necessariamente la sua genesi in un determinato punto di una retta:
- una semiretta, invece,  non possa avere la sua genesi in un determinato punto dello spazio:
Secondo me sono tutte e due delle "semirette"; in caso contrario, secondo te, la seconda come diamine dovrebbe essere definita?
.
2)
Il termine "limite" lo si usa consapevolmente per definire:
- sia il singolo punto limite della semiretta;
- sia i due punti limite di un segmento di retta.
***
Quindi, come mi sembrava di aver esaurientemente e graficamente dimostrato:
a)
Consideriamo il "segmento di retta" che va da P a Q, non tenendo conto delle semirette che, poi, partono a sinistra da P e a destra da Q:
Ritengo incontestabile che il "segmento di retta" che va da P a Q incontri due "limiti" nei suoi estremi P e Q; ed infatti nessuno potrebbe negare una verità "geometrica", "filosofica" e "semantica" così ovvia!
b)
Ora, invece, rimuoviamo il "limite" costituito dal punto Q, lasciando che dal punto P la retta prosegua, senza più alcun "limite", nel suo ininterrotto tragitto verso destra:
***
In tal caso, a me sembra una verità "geometrica", "filosofica" e "semantica", affermare che, rimuovendo ogni "limite" al suo percorso verso destra, tale semiretta prosegua "illimitatamente" nel suo tragitto in tal direzione; ed infatti "togliendo un limite", si procede "senza limite" (cioè, appunto, "illimitatamente").
***
Un cordiale saluto! :)
***
#407
Tematiche Filosofiche / Re: La semiretta
14 Agosto 2024, 16:56:39 PM
Ciao Iano. :)
La tua è un'argomentazione molto interessante; ed infatti, spesso, il concetto dell'"infinito" deriva dal confondere la realtà con le sue descrizioni.
***
Ma, almeno secondo me, descrivere una semiretta come <<infinita>> in un senso, e <<limitata>> nell'altro, a prescindere dalla "realtà" che sottende tale descrizione, costituisce un controsenso "logico", "filosofico" e "semantico"; ed infatti sarebbe una specie di "sirena", mezza donna e mezzo pesce.
***
Ed infatti, come ho già scritto:
- o si dice che "ciascuna delle due semirette è <<infinita>> in un senso, ma è <<finita>> nell'altro";
- oppure si dice che "ciascuna delle due semirette è <<illimitata>> in un senso, ma è <<limitata>> nell'altro".
***
Un cordiale saluto! :)
***
#408
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
14 Agosto 2024, 13:27:21 PM
Ciao Iano. :)
Come io avevo già accennato nel mio topic iniziale, se il padre di Eutifrone era affetto da demenza senile, non sarebbe stato comunque punibile:
- nè ai tempi dell'antica Grecia o dell'antica Roma, perchè per condannare l'imputato era necessario che costui fosse "compos sui" (cioè cosciente di sé e delle proprie azioni);
- nè per il nostro attuale ordinamento giuridico, perchè per condannare l'imputato, è necessario che costui abbia la "capacità di intendere e di volere" (art.85 C.P.).
***
Un cordiale saluto! :)
***

#409
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
14 Agosto 2024, 13:17:35 PM
Ciao Niko. :)
Hai perfettamente ragione!
***
Ed infatti, per giudicare se l'azione di Eutifrone fosse eticamente giustificabile, occorrerebbe sapere se lui era stato o meno mosso :
- da rancore verso il padre;
- da interesse personale (magari per ottenere la sua eredità una volta giustiziato il padre).
***
Un cordiale saluto! :)
***
#410
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
14 Agosto 2024, 13:10:45 PM
Ciao Bobmax. :)
Secondo me, soprattutto considerando che, probabilmente, Eutifrone non era un "giurisperito", rivolgersi a un tribunale affinché giudicasse suo padre, non significava affatto averlo già condannato; significava soltanto che, nel dubbio, pur propendendo per la sua colpevolezza, Eutifrone ha ritenuto che sul caso dovessero pronunciarsi persone più esperte di lui.
E, quindi, secondo me, ha fatto bene!
***
Un cordiale saluto! :)
***



#411
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
14 Agosto 2024, 13:02:19 PM
Citazione di: Alberto Knox il 14 Agosto 2024, 09:50:43 AMtra il dire e il fare c'è di mezzo il mare insomma ;)
Sempre! ::)
#412
Tematiche Filosofiche / La semiretta
14 Agosto 2024, 13:00:39 PM
Su INTERNET troviamo le seguenti definizioni della "semiretta"; e molte altre ancora, tutte pressochè simili:
a)
b)
ecc. ecc.
***
Al riguardo, considerata la mia ignoranza in materia, mi vengono alcuni  dubbi.
Ad esempio:
.
1)
Perchè mai una "semiretta" viene definita esclusivamente come "ciascuna delle due parti in cui una retta viene divisa da un suo punto"?
E, cioè:
***
Ed infatti una "semiretta" non potrebbe essere definita anche quella che "nasce in un punto isolato nello spazio" (magari identificato in un piano cartesiano), e che poi prosegue all'infinito -ovvero illimitatamente, come spiegherò poi- in una determinata direzione?
E, cioè:
***
.
2)
Nel secondo sito da me riportato, inoltre, si dice che "ciascuna delle due rette è <<infinita>> in un solo senso, ma è <<limitata>> nell'altro."
Distinzione, questa, che mi ha sempre lasciato alquanto perplesso!
Ed infatti, quando si dice che "ciascuna delle due semirette è <<infinita>> in un senso, ma è <<limitata>> nell'altro", a mio parere ci si contraddice in termini.
***
Ed infatti, a mio parere:
- o si dice che "ciascuna delle due semirette è <<infinita>> in un senso, ma è <<finita>> nell'altro";
- oppure si dice che "ciascuna delle due semirette è <<illimitata>> in un senso, ma è <<limitata>> nell'altro".
***
Mi spiego con un esempio:
a)
Consideriamo il "segmento di retta" che va da P a Q, non tenendo conto delle semirette che, poi, partono a sinistra da P e a destra da Q:
Ritengo incontestabile che il "segmento di retta" che va da P a Q incontri due "limiti" nei suoi estremi P e Q; ed infatti nessuno potrebbe negare una verità "geometrica", "filosofica" e "semantica" così ovvia!
b)
Ora, invece, rimuoviamo il "limite" costituito dal punto Q, lasciando che dal punto P la retta prosegua, senza più alcun "limite", nel suo ininterrotto tragitto verso destra:
***
In tal caso, a me sembra una verità "geometrica", "filosofica" e "semantica", affermare che, rimuovendo ogni "limite" al suo percorso verso destra, tale semiretta prosegua "illimitatamente" nel suo tragitto in tal direzione; ed infatti "togliendo un limite", si procede "senza limite" (cioè, appunto, "illimitatamente").
***
Non per questo, tuttavia, ritengo che sia "errato" dire che da P la semiretta prosegue all'"infinito" verso destra; sempre, però, che poi coerentemente si dica che, a sinistra, il suo tragitto "finisce" nel punto P.
Come si legge nella Treccani, invero, il verbo "finire" significa anche "delimitare".
***
Tuttavia, per sostenere che tra il termine "infinito" ed il termine "illimitato" ci sia una sostanziale differenza, come esempio tipico di un insieme "finito" ma "illimitato" si porta un "cammino lungo l'equatore": il quale è "finito" ma "illimitato", in quanto si può continuare a precorrerlo (anche più volte) senza mai trovare un "limite".
Si tratta di un esempio molto acuto ed arguto, ma che, secondo me, è ingannevole.
Ed infatti un "limite" può essere stabilito nel numero dei passi consentiti (anche dalla natura) all'ipotetico  "camminatore", per cui:
- se viene fissato per costui un numero "limitato" di passi da poter fare lungo l'equatore, ad un certo punto si dovrà fermare, per cui il suo viaggio sarà "finito";
- se, invece, non viene fissato per costui nessun numero "limitato" di passi da poter fare lungo l'equatore, potrà (almeno teoricamente) compiere un numero di passi "illimitato", e, nello stesso tempo "infinito".
E' ovvio che nella realtà il numero di passi che un individuo potrà compiere in linea retta lungo l'equatore (mari a parte), sarà sempre fisicamente "limitato" dalle sue forze e dalla durata della sua vita; e, quindi, sarà comunque un viaggio destinato, prima o poi, a "finire".
Ma, chiaramente, si tratta di un esempio astratto!
***
#413
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
14 Agosto 2024, 06:21:28 AM
Ciao Xnox. :)
Sul fatto che anche io sarei stato molto combattuto, non c'è dubbio alcuno; ed infatti è ovvio che, in questi casi estremi è molto difficile prendere una decisione.
***
Però occorre distinguere:
- ciò che si ritiene "giusto fare";
- ciò che, poi, "effettivamente si fa".
Si tratta di due questioni completamente diverse!
***
Ed infatti, nel caso di Eutifrone, io avrei senz'altro ritenuto "giusto" deferire mio padre all'autorità giudiziaria; ma non è detto che, poi, il mio "sentimento di amore filiale" non sarebbe riuscito a prevalere sul mio "senso della giustizia"!
Si tratta di due faccende che stanno su un piano diverso!
***
E qui, con riferimento al caso del dialogo tra Eutifrone e Socrate, si trattava soltanto di stabilire cosa fosse "giusto" o meno fare (ovvero "santo", come dicono loro); non di altro!
***
Un cordiale saluto! :)
***






#414
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
13 Agosto 2024, 16:51:33 PM
Ciao Xnox. :)
Come io stesso ho scritto, l'"Eutifrone" è un "dialogo aporetico", dal greco "ἀπορητικός", derivante dal verbo "ἀπορέω; ed  infatti è composto dal prefisso "ALPHA STERETIKON" (corrispondente alla nostra "a privativa") e dal sostantivo POROS (corrispondente al nostro "poro" o "foro").
Cioè, "oggettivamente" e "filosoficamente", è una problematica "senza via d'uscita"!
***
Ciò non toglie, però, che, "soggettivamente", e "pragmaticamente", ciascuno di noi debba "necessariamente" fare la propria personale scelta "etica" in base alla propria coscienza; come, appunto, ho fatto io, senza per questo voler "assolutizzare" oggettivamente la mia scelta.
***
Per cui la conclusione a cui sono  giunto, è che, in tal caso, io avrei ritenuto "giusto" deferire mio padre all'autorità giudiziara; lasciando, però, che poi fosse essa a decidere!
***
Ed infatti occorre considerare che Eutifrone ha soltanto "accusato" suo padre di omicidio; però ha lasciato al "tribunale" il compito di decidere se "condannarlo" o "assolverlo".
***
Ed altrettanto avrei fatto io!
***
Un cordiale saluto! :)
***
#415
                             SOLUZIONE ESAGONO
                              Più complicata

La soluzione è analoga a quella dell'enigma "modificato" dell'ottagono (che è più semplice), e si ottiene piegando il foglio nel seguente modo:

#416
                          SOLUZIONE OTTAGONO
                           Più semplice
Il prigioniero procede nel modo seguente:
a)
Piega il foglio in due parti uguali, sia orizzontalmente che verticalmente; ottenendo così i punti E H F G, che gli consentono di disegnare il quadrato E H F G.
b)
Ripiega prima A_E su G_E, e poi A_G su G_E; quindi, ristendendo nuovamente il foglio, ottiene il punto "I" dall'incrocio delle tracce delle due piegature.
c)
Fa la stessa cosa sugli altri tre angoli del foglio, ottenendo così i punti I L M N.
d)
In tal modo, unendo con la matita i punti E L H M F N G I, ottiene un ottagono regolare.
***
Per ulteriore chiarezza, vi faccio vedere un video in cui compio personalmente tale operazione.
#417
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
13 Agosto 2024, 12:27:23 PM
Citazione di: Alberto Knox il 12 Agosto 2024, 20:48:16 PMinteressante l'approfondimento che hai fornito di come veniva concepito e vissuto l'aspetto giuridico di quel tempo. Meno approfondito è la questione degli dei, come viveva un antico il rapporto con gli dei? come noi oggi con la chiesa? sappiamo che si tendeva a volersi accaparrare, tramite delle offerte e delle preghiere ,la protezione di quello o di quell altro dio o piu di uno in base ai propri interessi .  E questo è esattamente quello che accade oggi quando si prega Dio che ci aiuti a tirare avanti. loro non amavano gli dei, ma li supplicavano affinchè li aiutassero a tirare avanti e piu che devozione si parla di timore , è solo un caso che ancora oggi si usa l espressione "timorati di Dio"?

 Detto questo l'etica  (o il politacamente etico corretto) rispetto al caso presentato è naturalmente a favore della decisione di Eutifrone di portare a giudizio  il padre. Però in effetti la cosa non è molto semplice perchè dobbiamo ora calarci nei panni di Eutifrone . E chiederci;  e io cosa avrei fatto?
fatto questo passaggio non sono sicuro che tuti qui dentro risponderanno ( a se stessi non a noi) la stessa cosa dell eticamente corretto.
Hai ragione! :)
Ed infatti, poichè lo stesso Socrate non si dimostra determinato come in altri casi, l'Eutifrone viene considerato un "dialogo aporetico"!
Grazie per il tuo intervento, e cordiali saluti! :)
#418
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
12 Agosto 2024, 17:40:39 PM
2) L'ASPETTO ETICO
Io sono sempre stato avverso alla "eteronomia morale", per cui tutti i ragionamenti che Socrate fa su quello che gli Dei possono ritenere "giusto" o "ingiusto" (ovvero "santo" o "esacrabile"), mi lasciano completamente indifferente; anche perchè è ormai assodato che gli Dei non esistono, e non sono mai esistiti!
***
Quanto al Dio monoteista, a mio parere, è impossibile sapere che cosa ritenga oggettivamente "giusto" o "ingiusto"; ed infatti, visto che non ha mai tenuto una conferenza stampa in diretta ed a reti unificate, quello che Lui ritiene oggettivamente "giusto" o "ingiusto" ci è stato riferito soltanto da altri uomini come noi, in base ad una sedicente "delega" firmata esclusivamente da loro, ma priva della sottoscrizione autografa del "delegante" (Dio).
***
Per cui, per me, è soggettivamente "giusto" o "ingiusto" soltanto quello che mi detta la mia coscienza e la mia ragione; le quali, però, non posso escludere che vengano ispirate da Dio (o, almeno, lo spero)!
***
Ciò premesso, nel caso di Eutifrone, bisogna eticamente considerare due aspetti:
- la maggiore o minore gravità del delitto del padre;
- la liceità per un figlio di accusare il proprio padre per quel particolare delitto.
***
Ed infatti, almeno secondo me, un figlio che denunciasse il padre perchè ha evaso le tasse, compirebbe un gesto "civicamente meritevole", ma "eticamente riprovevole"; fermo restando che, come sopra detto, la mia è soltanto una "opinabilissima opinione".
***
Però, sempre secondo la mia "opinabilissima opinione", un figlio che denunciasse il padre perchè ha assassinato un uomo, compirebbe un gesto  "civicamente ed eticamente meritevole"; non foss'altro perchè, così facendo, eliminerebbe il rischio che il genitore possa ripetere tale insano gesto con un'altra persona.
***
Peraltro, nel caso di specie, poichè il padre di Eutifrone aveva messo "sotto sequestro" un omicida, inviando un messaggero dall'esegeta, per sapere cosa occorresse fare:
- avrebbe dovuto semplicemente rinchiuderlo in una stanza, non facendogli mancare nè di che cibarsi nè di che scaldarsi;
- ma non avrebbe mai dovuto iincatenargli le mani e i piedi, e poi gettarlo in un gelido pozzo, a morire di fame e di freddo.
***
Così facendo, secondo me, non solo il padre di Eutifrone ha commesso un "omicidio volontario" (sia pure, forse, solo con dolo eventuale), ma lo ha perpetrato anche in un modo particolarmente crudele; ed invero, lasciar morire qualcuno di fame e di freddo, è come sopprimerlo tramite "tortura".
***
Concludendo, quindi, dal punto di vista etico, secondo me Eutifrone ha fatto benissimo a trascinare il padre in tribunale; non avendo alcuna rilevanza che costui fosse il suo genitore.
Ed infatti occorre anche considerare che Eutifrone ha soltanto "accusato" suo padre; però ha lasciato al "tribunale" il compito di decidere se "condannarlo" o "assolverlo".
***
Ed altrettanto faccio io! :)
***
#419
Tematiche Filosofiche / Re: Commento all'"Eutifrone"
12 Agosto 2024, 17:21:22 PM
1) L'ASPETTO GIURIDICO
Al riguardo, occorre innanzitutto considerare come veniva trattato l'omicidio nell'antica Atene.
***
Nella Grecia protostorica, i "φόνοι" (al singolare φόνος) erano gli spiriti maschili dell'assassinio, mentre le loro sorelle, "ανδρòκτασιαι" (al singolare ανδρòκτασια), erano figli e figlie, per partenogenesi, di ERIS, la dea della discordia; e gli assassini, in genere, venivano uccisi per vendetta dai familiari dell'ucciso.
***
Dracone, nel VII secolo a.C., fu il primo legislatore dell'antica Atene,  a stabilire che l'omicida fosse giudicato da appositi "tribunali".
Stabilì pure:
- che l'omicida fosse  punito in modo differente a seconda che la sua azione fosse volontaria (omicidio doloso) o involontaria (omicidio colposo);
- quali fossero i casi specifici in cui l'uccisione di un uomo era da considerarsi legittima e, pertanto, non punibile (ad es.la "legittima difesa").
***
Le leggi di Dracone, almeno in materia di omicidio, rimasero  sostanzialmente immutate rispetto alla loro versione originaria, fino ai tempi di Socrate, ed anche oltre; ed infatti Solone mantenne le leggi del suo predecessore in materia di omicidio ( φόνος).
***
Quanto a quelli che io, con impropria terminologia moderna ho chiamato "tribunali", i diritto ateniese prevedeva la distinzione di due tipologie di processi:
- "δίκαι", erano le cause che riguardavano sostanzialmente la tutela del diritto famigliare, le quali venivano istruite per iniziativa del diretto interessato;
- γραφαί, invece, erano le cause che ciascun singolo cittadino poteva intentare per punire i reati che mettevano a repentaglio gli interessi generali della πόλις (ad es. i reati di empietà, di ὕβρις, i tentativi di sovvertimento delle istituzioni ecc.).
***
In ogni caso, il processo si svolgeva in due fasi:
- l'istruttoria davanti all'Arconte βασιλεύς, per vagliare il materiale prodotto dalle parti in causa e per assegnare la causa al "tribunale"; competente;
- il dibattimento vero e proprio, davanti ai giudici, in "aula".
***
Ma, per tornare al caso che ci interessa, nel caso di un "processo per omicidio" ("δίκη φόνου"), vi erano ben cinque "tribunali", ciascuno con una sua propria competenza per "materia":
- l'"Areopago" per l'omicidio volontario (φόνος ἐκ προνοίας);
-  il "Palladio" per quello involontario (φόνος μὴ ἐκ προνοίας o ἀκούσιος);
- il "Delfinio" per l'omicidio legittimo (φόνος δίκαιος);
- il "Pritaneo" per quello causato da ignoti, da animali o da oggetti;
- il "Freatto", per l'omicidio commesso da chi era già stato condannato,  e, quindi si trovava esiliato dalla πόλις.
***
In tutti tali casi, non esistendo la figura del Pubblico Ministero, l'accusa poteva essere mossa da un qualsiasi cittadino; così come, appunto, nel caso di Eutifrone, il quale, almeno a mio parere, si stava dirigendo  davanti all'Arconte (βασιλεύς"), affinchè costui assegnasse la causa al "tribunale" competente.
***
Il quale, secondo me, si sarebbe trovato a dover decidere se assegnare la causa:
- all'"Areopago" per omicidio volontario (φόνος ἐκ προνοίας);
- ovvero al "Palladio" per omicidio involontario (φόνος μὴ ἐκ προνοίας o ἀκούσιος).
***
Al riguardo, innanzitutto, occorre premettere che, sia allora (ai tempi di Socrate ed Eutifrone) che oggi, il reato di omicidio si configura :
- sia quando l'agente provoca direttamente la morte della vittima (ad esempio per accoltellamento);
- sia quando l'agente provoca indirettamente la morte della vittima, in conseguenza di un suo illecito comportamento omissivo (ad esempio lasciando morire di fame e di freddo il servo nel pozzo).
***
Ciò premesso, almeno a mio avviso, nel comportamento del padre di Eutifrone, si potrebbero considerare, secondo una terminologia moderna (ma concettualmente valida anche ai tempi di Socrate), due diversi "coefficienti psichici della condotta"; i quali, come vedremo avranno dei diversi riflessi anche in campo ETICO:
a)
Il "dolo eventuale", che, almeno secondo la teoria classica, si configura quando l'agente compie un'azione, foss'anche lecita (come la segregazione in un pozzo del servo omicida), prevedendo ed accettando, però, che le "probabili" conseguenze della sua condotta omissiva (nel trattenerlo senza cibo nel pozzo) potrebbero configurare un illecito penale quale l'"omicidio".
b)
La "colpa cosciente", che, almeno secondo la teoria classica,  si configura quando l'agente compie un'azione, foss'anche lecita (come la segregazione in un pozzo del servo omicida), prevedendo ed accettando, però, che le "possibili" conseguenze della sua condotta omissiva (nel trattenerlo senza cibo nel pozzo) potrebbero configurare un illecito penale quale l'"omicidio".
***
Tale distinzione tra i detti due diversi "coefficienti psichici della condotta", però, è quella derivante dall'accettazione della "teoria della probabilità"; la quale afferma che il "dolo eventuale" si configura quando l'agente si rappresenta l'evento come una conseguenza "probabile" della propria condotta, senza richiedere un elemento volontaristico specifico, mentre la "colpa cosciente", invece, si applica quando l'agente considera l'evento solo come una mera "possibilità".
Secondo la "teoria della possibilità", invece, la punibilità a titolo di "dolo eventuale" richiede soltanto la rappresentazione della "possibile verificazione dell'evento"; e, quindi, volendo "spaccare il capello in quattro", una versione esasperata di questa teoria prende in considerazione il tipo di conoscenza posseduta dall'agente, distinguendo tra la consapevolezza della "pericolosità concreta" e della "pericolosità  astratta" della propria condotta rispetto al bene giuridico tutelato.
Ma non credo che all'epoca di Socrate e di Eutifrone sarebbero arrivati a tali sottigliezze!
***
Poi esistono altre due teorie, le quali entrambe potrebbero (o dovrebbero) essere state considerate, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto il profilo etico, anche all'epoca di Socrate e di Eutifrone :
a)
La "teoria dell'operosa volontà" di evitare l'evento, la quale sostiene che il dolo eventuale debba essere escluso se l'agente ha preso misure astrattamente idonee per evitare il pericolo di produrre l'evento lesivo.
b)
La "teoria dell'indifferenza o dell'approvazione", le quali mettono l'accento sull'"atteggiamento interiore" dell'agente verso l'evento; cioè, secondo i sostenitori di tali teorie:
- si configura il "dolo eventuale" nel  caso di coloro che approvano o sono indifferenti all'evento;
- si configura, invece "la colpa cosciente", nel  caso di coloro che, pur prevedendo l'evento, non lo desiderano né sperano che si verifichi.
***
Per concludere tale complessa disamina, oggi, la tesi prevalente nella giurisprudenza è quella della cosiddetta "accettazione del rischio", secondo la quale  il limite del dolo eventuale è rappresentato dalla certezza che gli eventi possibili rappresentati non si verificheranno.
Pertanto:
- agisce a titolo di "dolo eventuale" l'agente che, pur non avendo l'evento come scopo, accetta il rischio che si verifichi come risultato della propria condotta, anche se ciò comporta il suo verificarsi.
- agisce, invece, a titolo di "colpa cosciente" (cioè aggravata) l'agente che, pur prevedendo l'evento come possibile risultato della propria condotta, agisce nella convinzione che non si verificherà.
***
Ora, almeno stando a come riferisce i fatti Eutifrone (a meno che il padre non soffrisse di "Alzheimer"), quale che sia la teoria preferita dall'Arconte, ritengo che, senza dubbio, costui avrebbe deferito la causa all'"Areopago" per omicidio volontario (φόνος ἐκ προνοίας), sia pure per mero "dolo eventuale".
***
Circa, poi, la "legittimità" del comportamento di Eutifrone, non c'è dubbio alcuno che, considerata la legislazione dell'epoca, lui avesse senz'altro il diritto di accusare il padre di omicidio in Tribunale; nel qual caso, oltre che a fungere da accusatore, avrebbe anche potuto fungere da testimone dei fatti.
In forza dell'articolo 199 del nostro codice di procedura penale i "prossimi congiunti" (definiti nell'articolo 307 del codice penale) non sono obbligati a deporre come testimoni; l'unica eccezione è prevista qualora siano loro ad aver presentato denuncia o querela, per cui, nel caso di Eutifrone, avrebbe potuto benissimo testimoniare anche oggi!
***
#420
Tematiche Filosofiche / Commento all'"Eutifrone"
12 Agosto 2024, 17:19:39 PM
Socrate incontra Eutifrone nei pressi del Tribunale, e, tra di loro, si svolge il seguente dialogo:
-------------------------------------------------------------------------------
SOCRATE: E dunque, Eutifrone, hai qualche causa anche tu? Sei accusato o accusi?
EUTIFRONE: Accuso.
SOCRATE: E chi?
EUTIFRONE: Uno che ad accusarlo sembrerà che io sia matto!
SOCRATE: Perché mai? Accusi forse uno che vola?
EUTIFRONE: Quanto a volare ci manca proprio molto: egli si trova, ormai, a essere molto vecchio.
SOCRATE: Ma chi è costui?
EUTIFRONE: Mio padre.
SOCRATE: Tuo padre, o benedetto amico?
EUTIFRONE: Proprio così .
SOCRATE: E quale è l'imputazione? E di che cosa l'accusi?
EUTIFRONE: Di omicidio, o Socrate.
SOCRATE: Per Ercole! Certo, o Eutifrone, i più ignorano come mai una cosa simile stia in piedi; non penso proprio che il primo capitato metterebbe in piedi giustamente una causa simile, ma piuttosto uno, che in fatto di saggezza, si sia fatto molto avanti.
EUTIFRONE: Piuttosto avanti, per Zeus, o Socrate!
SOCRATE:
E' forse uno dei tuoi parenti, quello che è stato ucciso da tuo padre, non è vero?
Certamente, del resto, non accuseresti d'omicidio proprio lui per un estraneo.
EUTIFRONE: Ma è ridicolo, Socrate, che tu pensi che ci sia qualche differenza se l'ucciso è un estraneo o un familiare; a questo solo si deve badare se chi ha ucciso lo ha fatto con giustizia (ad esempio per legittima difesa), oppure no.
E se ha agito giustamente lasciare perdere, se no, perseguirlo, anche se l'uccisore è un tuo familiare e siede alla tua tavola.
Perché la contaminazione avviene lo stesso se tu convivi con questo tale, essendo consapevole della sua colpa, e non purifichi te stesso ed anche lui trascinandolo in tribunale. In questo caso il morto era un mio bracciante che prestava la sua opera presso di noi quando lavoravamo la terra in Nasso.
Un giorno dopo essersi ubriacato si adirò con uno dei nostri servi e lo uccise.
Mio padre, fattegli legare le mani e i piedi, lo buttò in un pozzo e mandò qualcuno qua, dall'esegeta, a sentire cosa occorreva fare.
In tutto questo tempo mio padre non si dava pensiero di quell'uomo incatenato, anzi lo trascurava poiché era un assassino, come se fosse una cosa da nulla se anche poi moriva: ciò che in realtà accadde. Egli morì infatti per la fame, il freddo e le catene prima che fosse tornato il messo da parte dell'esegeta.
Ora, mio padre e gli altri familiari si rammaricano di questo, che io, per un assassinio, accusi di omicidio mio padre, che poi non ha ucciso, come essi sostengono; e se poi avesse anche ucciso, dato che il morto era un assassino, non bisognava affatto darsi pensiero di un tale soggetto: che poi è cosa empia, per un figlio accusare il proprio padre dì omicidio, mal distinguendo, o Socrate, riguardo alle cose della divinità, che cosa sia il santo e cosa il non santo.
SOCRATE: E tu, o Eutifrone, credi proprio di sapere così esattamente come stanno le cose riguardo le divinità e cosa sia il santo e cosa il non santo, tanto da non aver paura, pur stando le cose così come tu le hai esposte, di non trovarti a compiere tu stesso qualche cosa empia, accusando tuo padre di omicidio?
-------------------------------------------------------------------------------
Il dialogo, molto breve, prosegue con altre contrapposte argomentazioni, che, se volete, potete trovare nel seguente LINK; e che, eventualmente, mi riservo di commentare in seguito.
***
Al riguardo, secondo me, occorre considerare due aspetti della questione, i quali, sebbene alquanto diversi tra di loro, sono strettamente interconnessi: quello "GIURIDICO" e quello "ETICO".