siamo abituati solitamente a pensare di riconoscere le persone più attente alla spiritualità come quelle che tendono a rinnegare il valore dei beni materiali, delle comodità offerte dalla tecnologia, della ricchezza, che tendono a inneggiare al "ritorno alla natura", al "si stava meglio quando si stava peggio", al mito del "buon selvaggio", di chi rinuncia al superfluo e tende moralisticamente a giudicare le persone troppo attaccate a beni materiali ritenuti (in base al proprio metro soggettivo" superflui. Quella mentalità oggi incarnata ad esempio, per intenderci da uno come Mauro Corona (tempo fa il "cantore" poteva essere Celentano...). Ma è davvero così? Spiritualità vuol dire ascetismo? Ho forti dubbi. Non siamo puri spiriti, siamo unità di spirito e materia, anima e corpo, e la coltivazione dei talenti, delle esigenze spirituali, l'arte, la conoscenza, la politica, in generale tutto ciò che non rientra nel vivere intellettuale, è qualcosa che viene reso possibile solo nel momento in cui le esigenze meramente biologiche di pura sopravvivenza sono soddisfatte, quando i bisogni corporei sono tacitati e la mente può con tranquillità dedicarsi ad attività miranti a fini intellettuali. Si può filosofare mentre si ha mal di denti? Si possono scrivere romanzi o dipingere quadri mentre si è assillati dal bisogno economico, dalle difficoltà di trovare da mangiare e bere, avere un tetto sopra la testa? In realtà la vera spiritualità apprezza e ringrazia i beni e le comodità materiali, che consentono di risolvere facilmente i problemi pratici, legati al "sopravvivere", per potersi dedicare in tutta tranquillità all' otium, alla vita contemplativa, alle esigenze spirituali vere e proprie il proprio tempo ed energie. Tutto l'opposto dell'ascetismo, della mortificazione della carne. Per paradossale che possa sembrare il flagellante medioevale che percuoteva con la frusta il suo stesso corpo per mostrare il suo disprezzo per la materia non era meno materialista del fanatico salutista, del tizio che passa giornate intere in palestra per avere una forma fisica perfetta, o del tipo che giudica il valore delle persone per come si vestono, per quanti soldi hanno, dell'apparenza esteriore. Entrambi, in negativo o in positivo che sia, pongono il corpo in primo piano e l'attenzione verso la dimensione spirituale è quasi del tutto rimossa. Ma la spiritualità autentica a mio avviso non può essere né una demonizzazione, né una glorificazione del corpo, ma la coscienza della non risolvibilità completa della realtà e delle esigenze umane (ma in forme diverse, direi, di qualunque esistenza) nel corpo, ma che è nobile godere anche e soprattutto di una scoperta scientifica, del modo in cui un personaggio letterario viene descritto nella sua interiorità, e non solo nel buon sapore del cibo o nell'attrazione erotica nei confronti di un bel corpo. Sta nella coscienza che il corpo non è tutto ma comunque c'è , e non si può far finta che non ci sia, che non di solo pane vive l'uomo, ma senza pane muore. Il corpo continuamente pone delle esigenze che continuano a occupare l'attenzione della mente fintanto che non sono esaudite, che vanno dai bisogni fisiologici primitivi, fame, sete, sonno, ai piaceri dei 5 sensi, e la persona dotata di profondità spiritualità non li reprime, perché per far ciò dovrebbe negare una parte fondamentale della propria vita, ma li asseconda quel che basta per calmare gli istinti legati a tali bisogni e preservare quella condizione di serenità per andare "oltre" a seguire gli "appetiti" dell'intelletto. In definitiva spiritualità non è ascetismo, ma armonia: equilibrio nel concedere al corpo quelle soddisfazioni necessarie a "calmarlo" e indurlo a mettersi efficacemente al servizio del valori spirituali che ogni persona trova come costitutivi della sua anima, e che pone guida del suo agire, senza produrre conflitti. Ecco perché la spiritualità al suo massimo grado è razionalità: attività di dominio di sé, di composizione della molteplicità delle tendenze psichiche un'ordine unitario della personalità, dunque armonia tra le differenze. Ovviamente la preservazione di tale armonia presuppone da parte dell'Io un grande livello di autocoscienza, di conoscenza delle tendenze psichiche per poterle gestirle in modo equilibrato e costruttivo senza lacerazioni, intuizione della propria sensibilità spirituale e anche della propria sensibilità corporea.