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Messaggi - iano

#4051
Ho voluto declinare nel precedente post, l'essere in due tipi usando come discrimine la coscienza, quindi ciò che di esso possiamo dire e ciò che non sappiamo dire.
Noi però siamo in grado di manipolare entrambi i tipi, indipendentemente quindi da cosa possiamo dire sulla loro essenza.
La coscienza quindi non gioca un ruolo da primo attore, ma è un attore fra tanti.
Però, quando giungiamo alla conclusione della vanità dell'essere, giudicandolo attraverso la sua storia, stiamo ammettendo che sia l'unico attore.
Tutto sarebbe vano, se tutto passasse per la coscienza.
Cioè tutto è vano, per quel che ne sappiamo.
Ma vanità è un sottoprodotto della coscienza, e la coscienza non ci esaurisce.
Ma di fatto noi pensiamo che lo faccia, sbagliando.
I progressi nella storia dell'umanità, della quale stessa stiamo indagando il senso, coincidono con le nostre fughe eccentriche. Ogni volta che prendiamo coscienza del centro in cui ci siamo rifugiati, lo critichiamo e ci decentriamo.
Ma morto un centro se ne fa' un altro, e così via a progredire.
Un modo per dare non un significato alla storia, ma una accelerata, sarebbe quello di non aspettare che questi centri si palesino, andandoli a cercare.
Il centro in cui siamo oggi rifugiati è la coscienza, produttrice di vane sensazioni, fra l'altro.
La coscienza non ci esaurisce , quindi la nostra storia, intesa  come suo esclusivo prodotto, non può dare un senso esauriente, che non si accompagni al minimo a vanità, per quella parte che manca...all'esaurimento totale😂
#4052
Citazione di: Alexander il 07 Novembre 2021, 18:16:01 PM
Il significato di un essere non può stare nell'essere stesso. Il significato di una porta non sta nell'essere porta, ma nel chiudere o aprire un locale. Il semplice fatto di esistere non conferisce alcun significato a ciò che esiste, se non in una relazione con altro da sé. La storia umana la possiamo immaginare quindi come la somma delle relazioni tra gli esseri umani e di questi con la natura da cui traggono l'esistenza. Il sentimento di vanità della storia diventa quindi il sentimento di vanità provato davanti a questa relazione.Come posso dimostrare che il senso di una porta è quello di aprire o chiudere un vano, dovrei poter trovare il significato della storia umana, ossia per qual motivo essa esiste.Io semplicemente sostengo che questo significato, in assenza di un autore, non si trova.
Concordo che il significato di un essere non può stare nell'essere stesso, ma credo sia ciò che si intenda quando si dice che l'essere è in quanto tale, cosa che ha me non ha mai soddisfatto.
Però se lo si dice, avendo basato su ciò quasi la filosofia intera, un motivo non banale dietro a questo dire deve esserci,, e il motivo secondo me  è che non conosciamo il percorso per il quale si è costituito l'essere.
A dimostrazione di ciò, pur percependo l'essere, altro non siamo in grado di dire.
Quindi lo diamo per ovvio, evidente, non discutibile, che sono altri modi di dire che è ciò che è.
Non solo in filosofia, ma nella vita di ogni giorno noi ci basiamo su ciò a cui possiamo solo limitarci a dare un nome, o indicare, senza altro poter specificare di significativo, che non appaia come arbitrario.
Quando il percorso per il quale si costituisce l'essere è invece noto, come avviene applicando il metodo scientifico, allora su di esso abbiamo molto da dire.
Ma, paradossalmente , mentre l'essere del primo tipo ci appare concreto, quello del secondo mostra tutto il suo carattere sfuggente, cioè non concreto, cioè astratto. Ma di fatto ciò non toglie che possiamo manipolare un tipo di essere quanto l'altro, sia che lo si tocchi con mano che con la mente.
E tutto ciò senza scomodare le eventuali funzioni dell'essere, di qualunque tipo sia, le quali, essendo varie ed eventuali , nonché  imprevedibili a priori, non possono sostituirsi al suo significato.
#4053
In definitiva il paradosso non c'è, perché basato su espressioni vaghe.
Infatti appena si prova a precisare le espressioni il paradosso svanisce.
#4054
Girare attorno è una espressione vaga.
Se vogliamo precisarla dovremo descrivere il moto dei corpi di interesse, che saranno in numero finito, mediante equazioni matematiche.
Perciò  abbiamo bisogno di un sistema di assi cartesiani il cui punto di origine dovremo scegliere a piacere dove porre..
Si può far coincidere con uno dei corpi di interesse , ad esempio, e allora diremo che gli altri corpi girano intorno ad esso.
Oppure con nessuno di essi, e allora tutti i corpi girano intorno al punto scelto.
Quest'ultima è una espressione più generale e più corretta. Infatti questo punto non coincide mai precisamente col centro di nessun corpo, centro che rimane comunque solo teorico perché non esistono corpi perfettamente sferici, di cui si può quindi individuare un centro.


Otterremo così una equazione per ogni corpo, come descrizione del suo moto.
Avremo quindi un sistema di equazioni, che sarà più o meno complesso in relazione al punto di origine del sistema di assi cartesiani scelto.
Fra questi in genere, se non vi sono altre priorità, sceglieremo il sistema di equazioni più semplice, perché più semplice sarà calcolare la posizione di ogni corpo ad ogni istante.
Più in generale sceglieremo il riferimento in relazione a ciò che ci interessa e/o ci conviene.


Se vogliamo descrivere il sistema terra luna sole, conviene far centro sulla terra.
Ma basta aggiungere un solo altro pianeta per spostare il centro convenientemente sul sole.


In genere conviene far centro sul centro di massa del sistema, il quale, per il sistema solare, sta dentro al Sole, ma non coincide col suo centro.
Questo fatto giustifica che correntemente si dica che sia la terra a girare attorno al sole e non viceversa, ma come abbiamo detto, entrambe le espressioni non sono ne' giuste, ne' sbagliate, ma solo relativamente imprecise.
Girare attorno dunque è una vaga espressione , su cui non si può costruire quindi un paradosso.
Il paradosso ci sarebbe se l'espressione avesse un preciso significato.
Inoltre essa è riferita in genere a soli due corpi, quindi ad un caso molto particolare.
Se gia'  si considerano tre corpi la sua presunta ovvietà sparisce.
Se A gira  attorno a B e B gira attorno a C, allora A gira attorno a C?
Direi di no, o quantomeno non è ovvio.
#4055
Ma cosa si intende esattamente per situazione irreversibile?
Alla lunga , e se non basta, molto alla lunga, qualsiasi situazione e' reversibile.
Ma quanto sia il tempo che occorra bisogna attivarsi usando la tecnologia.
La soluzione non è arrestare la crescita del pil riducendo i consumi, ma indirizzarli nel verso giusto, investendo in una ricerca mirata.
Ma non vedo questi investimenti.
#4056
Riassumendo, se l'essere è ciò che è in quanto tale allora esso possiede in se' il suo senso e la sua giustificazione. Quindi perché poi andiamo a cercare il senso della sua storia, come giustificazione aggiuntiva? Se teniamo fermo che l'essere è ciò che è il tentativo è superfluo quanto vano.
Se invece insistiamo nel cercare un senso, allora stiamo cercando un senso diverso dall'essere in quanto tale.
Il credente trova senso in Dio in quanto prototipo perfetto di essere, motore primo che nulla muove.
Esso entra nel fiume del divenire ma ne esce sempre asciutto., come non vi fosse entrato.
Gli altri esseri sono imperfetti in quanto tali , perché non si salvano dal divenire, come se non fossero in quanto tali.
Così si professano a immagine di Dio nel tentativo di avere salvo il proprio essere.
Cercano la salvezza nel negare il divenire, di cui sono invece figli.
Nel dire ciò io non voglio apparire più furbo di un credente, in quanto non credo esistano i non credenti , ma esistono quelli che sanno in cosa credono e quelli che non lo sanno, e io credo di sapere che esista il divenire da cui si possono trarre tante storie e da ogni storia un essere che gli da' un senso.
Io credo che la storia generi l'essere.
Altri che l'essere generi la storia.
#4057
Noi siamo esseri viventi dotati di coscienza, ma anche no.
Dunque sbagliamo a caratterizzarci come esseri coscienti, perché parimenti non lo siamo.
Di qualunque cosa parliamo dovremmo cercare l'origine in una parte o nell'altra di noi, considerando che non si possono mischiare senza precauzione alcuna cose che dalle diverse parti si originano.
L'essere in quanto tale non ha origine cosciente, razionale.
Ciò dovrebbe essere evidente. La storia dell'essere invece si, in quanto successione di fatti verificabili o a cui si può risalire.
Possiamo dire della storia dell'essere, ma non dell'essere, se non che è ciò che è, che equivale appunto ad ammettere di non poter dire nulla.
È chiaro che questo essere di cui non possiamo dire entra in antitesi con la sua storia, di cui possiamo dire.
Ma l'essere non sembra aver bisogno di una storia per essere giustificato.
Esso trova senso è giustificazione in se stesso, e la sua storia appare come una complicazione , un di più, ai fine del suo senso.
Cercare il senso, la giustificazione dell'essere nella sua storia significa ammettere contraddittoriamente che in essa esso possa trovare giustificazione, significato.
L'unico modo di di risolvere la contraddizione è Dio, come ipotesi di un divenire che non intacchi l'essenza dell'essere.
Il dissidio si risolve quindi in un divenire ciclico, che parte da Dio e torna a Dio, come non si fosse mai mosso, negando nei fatti gli effetti del divenire.
La percezione dell'essere è inconscia, ma conscia è la constatazione del suo divenire.
Non si possono mettere insieme l'essere e la sua storia senza precauzioni, senza ritrovarsi poi davanti a paradossi che sfocino in un senso di vanità.
Dietro l'origine dell'essere vi è una storia ignota, e la storia dell'essere è la continuazione nota di quella storia. La storia quindi non ha un senso se non quello di generare e rigenerare in continuazione l'essere.
Da ogni possibile storia si può estrarre un soggetto, l'essere.
L'essere è il senso che diamo alla storia.
Infatti quando rileviamo vanità nella storia dell'essere, non perciò concludiamo che ciò destituisca l'essere da quel che è .
Ma in effetti, quando ci chiediamo il senso della storia dell'essere, ci stiamo invece chiedendo da dove esso salti fuori.
La scienza ci da' esempi del come l'essere salti fuori dall'applicazione cosciente del suo metodo, e questo essere certamente e' se siamo poi in grado di manipolarlo in laboratorio, per quanto fantasmagorico, apparentemente privo di solida concretezza, come un fotone o una funzione d'onda.
È come se un metodo concreto generasse fantasmi concretamente trattabili, mentre il metodo ignoto della percezione generasse un concreto essere, che però non si sa da dove salti fuori.
Siccome non si sa' da dove salti fuori non possiamo altrimenti giustificarlo che come ciò che è, ma dietro vi è sempre una storia, anche se noi non la conosciamo.
Cercare il senso della storia è come mettere il carro davanti ai buoi.
#4058
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2021, 08:58:44 AM
Con riferimento all'ultimo post di Alexander non riesco ancora a capire perchè con Dio la storia umana avrebbe senso ? E' chiaro che un senso artificioso, posticcio, ce l'avrebbe; ma ne varrebbe la pena ? Aumenterebbe la qualità sensibile dell'umano o lo ridurrebbe ad una marionetta in un teatrino preconfezionato ? Come non bastassero i burattinai del Capitale !
Io credo che si intenda il divenire stesso come mancante di senso, di modo che un Dio che tutto può e tutto fa', seppur immerso nel divenire , resta pur sempre se stesso, ha cioè il senso dell'essere. Egli pur diviene , ma non muta.
Il suo senso rimane dunque nel suo essere, ciò che a noi non è dato, se non cercando di aggregarsi a lui sperando di condividere la sua sorte alla fine.
La nostra ricerca di senso è una espressione mascherata di disagio "esistenziale" dunque.
Nessun possibile  senso in effetti ci acquieterebbe, perché il divenire mette in crisi l'essere come cio' che è , essendo unico portatore di senso, al di là di qualunque verso prenda.
Come si risolve la questione?
Non affermando che l'umanità esiste in quanto ha una storia, ma viene raccontata una storia fra tante che la reclama come soggetto . Una storia non univoca, ma solo una possibile storia.
L'essere è ciò che si astrae da una delle tante possibili storie .
Non ha una storia, ma è una storia.
#4059
Si può dubitare di qualsiasi cosa, ma a condizione che vi sia qualcosa di cui dubitare, e nulla ha un senso che non si può cambiare.
#4060
Citazione di: bobmax il 05 Novembre 2021, 14:39:18 PM
Se si accetta che la ricerca del senso la conduce il singolo, nella sua assoluta solitudine, e allo stesso tempo questa stessa ricerca è motivata dall'altro, occorrerebbe allora indagare cosa significhino per davvero "io" e "l'altro".
Cioè comprendere come si possa discriminare il me stesso dall'altro.

Ma non è proprio la richiesta di senso a determinare cosa è l'altro e cosa sono io?
Perché l'altro è colui che chiede e io sono colui a cui è rivolta la richiesta.

Potremmo allora chiederci: Vi è qualcuno, qualcosa che, per il fatto stesso di esistere, non ci rivolga una richiesta di senso?

Perché a ben guardare questa richiesta non proviene solo da ogni essere umano, dalla sua storia, dalla storia dell'umanità, ma pure da ogni altra entità del mondo, e pure da ogni pensiero, emozione, sentimento, di cui sono consapevole.
Questo è il nocciolo della questione.
Chi sono io e chi è l'altro. Il processo d'individuazione che genera l'individuo, come ciò che arbitrariamente e funzionalmente può astrarsi da un tutto, e ciò che ne rimane , come altro.
Sarebbe un discorso logico quanto banale, se non fosse per l'inghippo che la coscienza sembra pretendere un soggetto non arbitrario, in quanto è quel soggetto a produrre astrazioni, a qualificarsi come io, in modo apparentemente  oggettivo, senza se e senza ma.
Comprendere cosa sia ciò che comprende sembra essere impossibile.
Qualcosa però si può dire.
La coscienza non è essenziale alla vita, e certamente non è tutto.
Non tutto passa per la coscienza, e la mia impressione è che la richiesta di senso nasca da quel sommerso inconscio, come tentativo di una sua esplicitazione.
È una ricerca di senso sommersa dentro noi, chiunque siamo noi, quella che sembra più ovvio cercare, perché prossima.
Ma, paradossalmente, man mano che acquisiamo conoscenze, il soggetto che astrarre e conosce, diventa sempre più sfumato dentro una storia più grande di lui dove sembra vacillare la certa distinzione fra lui e l'altro, come fosse una arbitraria costruzione.
In tal senso, caro Bobmax, tempo fa' ti invitavo a considerare che non occorre ricongiungersi all'uno, perché non c'è ne siamo mai divisi, se non per pura convenzione., e oggi io credo siamo chiamati a ridefinire questa convenzione in nome della salvezza del pianeta.
Dio è morto se quel Dio era fatto a nostra immagine.
Ma come si dice a Roma?
Morto un Dio se ne fa' un altro.😇
È forse è proprio arrivato il momento di rifarlo.
Dio è ciò che certifica l'io e questo io insieme all'altro vanno ridefiniti, perché si può fare, ed è arrivato il momento di farlo.


Credo che il trucco consista nel credere ma senza affezionarsi troppo a ciò cui si crede. Una via di mezzo fra il dubbio e la certezza, se di nessuno dei due possiamo far senza.
#4061
Citazione di: daniele22 il 05 Novembre 2021, 11:00:06 AM

Considerando l'intervento di Phil, quel che vorrei proporre sarebbe che per ricercare il senso della storia umana si dovrebbe considerare, come suggerisce Bobmax, da dove provenga l'esigenza di darne un senso.

Insisto sul fatto che ciò che ci fa' percepire le cose come tali e' il senso che gli diamo.
Non sempre però abbiamo presente a noi stessi il senso che diamo alle cose, e solo ciò giustifica chiedersi quale sia il loro senso.
Il senso della storia dell'umanità è quello di essere una astrazione da una storia più grande, che è quella della vita.
Se noi consideriamo l'insieme di tutti gli esseri viventi non è ovvio che esso possa suddividersi in sottoinsiemi secondo precisi criteri. Il senso di ogni sottoinsieme , specie, famiglia etc..., è quel criterio che li determina, che equivale ad un senso.
Se noi ci chiediamo qual'e' il senso della storia di qualcosa che abbiamo estratto da qualcosa di più grande che la contiene, stiamo ammettendo che abbia un senso parlare di una storia che sta dentro una storia più grande.
Se ciò ha un senso, questo gli deriva dall'attrazione fatta.
Chiediamoci allora perché abbiamo astratto l'umanità dal contesto della vita, cosa in se' lecita quanto arbitraria?
Sul perché di quella "estrazione" si basa il senso della storia di ciò che è stato astratto.
Ma che senso ha chiedersi il senso di una storia che sta dentro una storia più grande?
L'unico senso è quello di semplificare e rendere fruibile la storia, che non può dirsi un senso vano.
Di vano c'è solo il provare a montare su una storia oggettiva su nulla di oggettivo.
Di vano c'è solo il credere nell'oggettivita' di ciò che arbitrariamente abbiamo costruito.
Vano, ma non privo di significato e di conseguenze.
Le condizioni in cui versa il nostro pianeta ci suggeriscono di allargare la platea di viventi dei quali cercare un senso della storia.
Si può fare,,essendo una operazione arbitraria, e si deve fare in quanto più utile ai tempi e alle emergenze  che viviamo.
Riferirsi alla storia esclusiva dell'umanità, una storia dentro una storia, non ha più un senso attuale.
Invece di crogiolarci dentro ad un masochistico senso di vanità, è giunto il momento di allargare se non il senso, il soggetto di cui considerare la storia e l'eventuale suo senso.
#4062
Tematiche Filosofiche / accettazione del dolore
03 Novembre 2021, 23:40:55 PM
@Bobmax
Il post di Phil, mi sembra di segno diverso dal tuo.
L'accettazione del dolore è un logoramento evitabile.
Non si accetta il dolore, ma le sue cause, e questa accettazione attenua il dolore, inteso come allarme di cui occorre prendere nota. Se ne abbiamo ben preso norma l'allarme non si attenua, ma diventa nel suo ripetersi ( abitudine) rumore di fondo, sempre meno avvertito.
Il dolore va' accettato come utile allarme il quale per sua natura ha un suono lacerante, ma limitato nel tempo.
Non qualcosa con cui bisogna accettare di convivere, quindi.
Se l'allarme suona c'è un motivo, ed è bene che suoni.
Meno bene quando non conosciamo il motivo , e allora dobbiamo andare a cercare.
Occorre comunque sempre un atteggiamento attivo, reattivo, e mai di passiva accettazione.
#4063
Possedendo memoria e spiccata coscienza, viviamo in tempi estesi, e, con la globalizzazione iniziamo a vivere in ogni luogo. La storia, pur collettiva, diventa quindi, nelle sue diverse interpretazioni, sostanza costitutiva di ogni individuo.
La stessa complessità della storia richiede interpretazioni semplificative, e ciò rimanda a una chiave di lettura, un senso pregiudiziale. Queste interpretazioni diventano a loro volta motori della storia.
Quindi, se come mi pare risulti da questa discussione sia più facile trovare un senso individuale, è poi l'interazione di questi diversi sensi a fare la storia.
Possiamo attribuire alla collettività una memoria, ma non una coscienza, quindi non una intenzionalità guidata da un preciso senso, ma dall'interazione di diversi sensi.
Il senso stesso della collettività sta nella diversità.
Per quello che ne sappiamo non esiste il bene e il male, ma l'efficace e L' inefficace relativi al contingente di una realtà mutevole.
Dietro al disagio che provoca il senso di vanità della storia intravedo l'ineliminabile disagio provocato dal divenire.
Allora Dio viene invocato come ciò che può dare un senso alla storia, come l'emblema di ciò che è , causa del divenire, ma non effetto. Se Dio esiste allora abbiamo la certezza che una realtà pur apparentemente tanto caotica da sembrare inconcludente e priva di meta, pure ha una causa certa e immutabile.
Se certa fissa, immutabile, chiara, contenitore di ogni desiderabile, è la causa, il caos degli effetti non può che essere solo apparente.
Il credente non perciò attinge al senso della storia più di quanto non faccia un non credente, ma è certo che vi sia, e questo lo aiuta a procedere nella storia. Ad acquietare il senso di vanità che tutti, credenti e non credenti provano.
Mi chiedo, se potessimo conoscere l'intero futuro troveremmo allora il senso della storia dell'umanità?
Quello che è certo è che in un lontano futuro non ci sarà alcuna umanità, nel modo in cui oggi la intendiamo.
Al massimo ci saranno esseri viventi che possiamo ad essa fare risalire, e dall'aspetto prevedibilmente ripugnante, se è vero che oggi basta una semplice sfumatura di colore della pelle diversa, per generare tale sentimento.
La domanda quindi può avere un senso se riferita alla vita intera nella sua diversità presente e futura.
Oggi possediamo abbastanza conoscenze della storia della vita passata, ma l'impressione è che se pure vi aggiungessimo la conoscenza della futura non ne caveremmo nulla.
Ma nella misura in cui la conoscenza ci rende diversi , forse potremmo iniziare a correggere il nostro linguaggio rendendo le nostre domande più coerenti con la nostra conoscenza.
In tal senso chiedersi quale sia il senso della storia umana è un quesito che dovrebbe aver perso ormai ogni senso.
Qualunque collettività si voglia considerare , prima non era e poi non sarà, ed è oggi solo in quanto convenzione arbitraria che la astrae dal contesto  vitale.
Seppur percepiamo direttamente l'umanità, non dunque come arbitraria costruzione, ciò non certifica la sua esistenza, ma certifica il fatto che la diversità della vita insiste su una base comune, essendo il prodotto di un divenire continuo, seppur con qualche salto di estinzioni di massa.
Non è un caso che chi ipotizza Dio si trovi a fare i conti con l'evoluzione come produttrice di diversità, evocatrice di caos ,la quale alla lunga rende vana ogni possibile astrazione di una collettività dal "tutto vivente".
Il destino di ogni astrazione è segnato, e a volerla dire tutta, la vita stessa è una astrazione.
Ogni astrazione ha solo il senso di coincidere con se stessa, in quanto arbitraria, e a ciò non sfugge nemmeno l'umanità, se non la vita intera.
#4064
Citazione di: Alexander il 02 Novembre 2021, 16:04:42 PM
Buongiorno Phil


Quindi concordi con me che la storia umana non ha alcun senso? cit.:"perché la condizione di possibilità del dare senso è che non ci sia senso da scoprire, ma solo uno (o molti) da inventare/attribuire. "
Tanti sensi soggettivi inventati non fanno un senso condiviso. La domanda si pone sul senso oggettivo della storia, non su quello soggettivo. In mancanza di un senso oggettivo sorge il sentimento di vanità (soggettivo.Perché ovviamente un sentimento non può che essere soggettivo) della storia umana. Sono partito da questo sentimento di vanità che percepisce il personaggio di Calvino. Naturalmente non è detto che tutti lo provino.
Possiamo parlare di un senso oggettivo della storia umana perché non possiamo escludere che non vi sia.
In effetti io credo che vi sia, come proverò a dire, anche se  ti anticipo già' che deluderò le tue aspettative e non acquieterò il tuo senso di vanità.
Intanto parlarne ha senso solo se l'umanità è qualcosa di oggettivo, e a me non pare che lo sia.
La strada parte  in salita, come se volessi subito smentirmi.
Tu allora puoi smentirmi dando una definizione di umanità, ma puoi farlo solo se la accrediti già' in partenza di un senso.
Altri potranno dare altre definizioni cui sono attinenti diversi sensi, come se vi fossero diverse umanità.
Tuttavia, tutti noi condividiamo il fatto che vi sia una sola umanità. Ne parliamo come se fosse una e una sola.
Ciò può avvenire solo attribuendo tutti lo stesso senso, non esprimendolo però, perché non ne abbiamo consapevolezza.
Possiamo condividere ciò che è implicito, ma non ciò che è esplicito, e se ciò che è implicito diventa esplicito allora non è più condiviso. È sufficiente che un solo individuo rifiuti quel senso, ed è certo che avvenga prima o poi.
Ma supponiamo per assurdo che invece non avvenga. Un senso divenuto esplicito viene da tutti condiviso e per sempre.
Anche così non disponiamo ancora di un senso oggettivo, perché l'oggettività non ha a che fare con l'unanimita'..
Quindi un senso anche da tutti condiviso non sarebbe oggettivo.
Se però un tal senso ci fosse risolverebbe almeno un problema.
Quello di capire come mai, pur essendovi diverse possibili umanità, una per ogni senso possibile, noi ne percepiamo una sola.
Quindi, ripetendomi, il senso dell'umanità, e quindi della sua storia, è ciò che la definisce, e che quindi c'è la fa' percepire come tale. Lo possediamo, e lo condividiamo, fin quando non lo esplicitiamo.
Sicuramente ho così deluso le tue aspettative, come premesso.


Ma allora il problema che poni, o ancora meglio che sentì, perché tu provi un senso di vanità, andrebbe meglio così riproposto.
Se provi un senso di vanità, cosa manca al tuo vuoto per riempirlo?
Quali sono le tue aspettative deluse?
Posto che mi sentirei di osservare che tutti possediamo questo senso di vanità, quindi la tua risposata chiarirebbe un problema comune.


Io lo razionalizzerei nel seguente modo.
Il senso di vanità equivale alla coscienza che il soggetto della storia, anche quando fosse oggettivamente definito, sarebbe tale per un solo istante, perché la storia lo muterebbe all'istante dopo.


Il vero problema è che diamo per scontate, senza esplicitarle, tante, troppe ipotesi.
Come ad esempio che  l'umanità sia ben definita e che tale definizione abbian eterno valore.
Ma ha senso parlare della storia di ciò che essendo eterno non muta?



#4065
Per quanto possa non corrispondere ai fatti, la supposta nascita di un nuovo individuo sotto i nostri occhi, come da post precedente, ci suggerisce che ne' l'individuo, ne' una collettività abbiano un senso, se non il senso che li costituisce.
Senso che a noi stessi che lo diamo, può non essere presente, per cui tali soggetti ci appaiono ovvii nel loro essere o nel loro costituirsi.
Ma essi si costituiscono in ragione proprio del senso che noi gli diamo.
Essi non hanno un senso, se non come ciò che li definisce, astraendoli dalla realtà, individuandoli in tal modo.
L'essere non è ciò che è, ma ciò che astraiamo dalla realtà in virtù di un senso dato, ma tanto più appare come ciò che è , quanto più deriva da un senso inconsapevolmente dato in modo condiviso .