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Messaggi - iano

#4066
Citazione di: Ipazia il 01 Novembre 2021, 16:54:12 PM
I talebani non fanno a meno di Dio, socializzano molto, e diffidano dell'inconcludente populismo promosso dalla rete così mortificante per tutti. Non so se sia il caso di fare cambio ...
Se ho detto questo allora ritratto😉.
La mia impressione , seppur ancora vaga, è che si profili un nuovo soggetto sociale reso possibile dalla rete.
Club esclusivi di simili, come fosse un solo individuo, ma fatto di tanti.
Un sovranismo non locale. Un superindividuo diffuso.
Credo che il successo del cristianesimo stia nel promuovere il rapporto non tanto col prossimo impropriamente detto, perché non è prossimo nelle convinzioni ne' prossimo di luogo, quindi col prossimo inteso come diverso, rapporto in se' non desiderato, e quindi diversamente non cercato, ma che crea ricchezza, e non solo ne' principalmente in senso spirituale, ma intendo anche e sopratutto materiale.
La rete asseconda invece il desiderio di non avere rapporti con i diversi, creando di fatto superindividui.
Sono in tanti, ma simili, come fosse uno. Sono ovunque e in nessun luogo.
Individuo diffuso che abita il villaggio globale, che non entra in rapporti con gli altri individui, se non in modo esclusivamente conflittuale.
I no- questo e i no- quello.
#4067
Citazione di: Jacopus il 01 Novembre 2021, 11:48:52 AM
...trasfigurare in una vita eterna, che detto fra noi, non è altro che una forma distillata e mistica di un feroce individualismo.
È vero, ma è la prima volta che lo vedo scritto nero su bianco.
Per i cristiani questo progetto di individualismo estremo passa attraverso un prossimo, dove per prossimo non si intende il contiguo, quello che segue o precede, il familiare, la tribù, ma gli altri, in senso globale.
Come progetto sociale è geniale, perché da un lato premia l'individualismo incoraggiando a far fruttare i propri talenti, promuovendo la funzione dell'individuo, se una funzione ha,  e dall'altro ti obbliga ad essere programmaticamente sociale, e non secondo discontinuo diletto naturale.
Per quanto riguarda invece il tuo invito a prendere il meglio del marxismo, liberalismo ed altro, bisogna tener conto di un fattore incognito con cui iniziamo ad avere a che fare; gli inaspettati effetti del web.
Come sottolinea bene Alexander il pericolo è nella perdita di contatto fisico con il "propriamente detto" prossimo.
Tutto ciò a mio parere depotenzia l'azione individuale la quale crea ricchezza nel confronto col diverso, cui il cristianesimo ti obbliga, mentre la rete asseconda la naturale tendenza ad evitare il diverso.
Mi chiedo come si possa riprodurre un sistema simile facendo a meno di Dio, che scongiuri  l'inconcludente populismo promosso dalla rete, che in un sol colpo mortifica l'individuo quanto la collettività globale.
#4068
Forse, siccome sono gli individui a cercare un senso, potremmo trovarne una parte nella risposta alla seguente domanda: Che ricaduta si avrebbe sulla vita se gli individui smettessero di cercare un senso?
Siccome però nei primi due miliardi di anni i microbi non cercavano alcun senso, perché privi di coscienza, allora la ricerca di senso è la conseguenza di una aumentata complessità che ha incluso la coscienza, quella cosa che non ti fa vivere alla giornata , proiettandoti in continuo in un percorso futuro, dovendo decidere ogni volta che senso prendere...o dare.
Del come possa procedere una collettività in cui ogni individuo scelga un diverso senso lo si può capire dal fatto che la diversità sia funzionale , e che insiste su una base comune  a diversi livelli, per i quali si può parlare di specie e di famiglie di viventi.
Di sicuro, se perciò, si cerca di dare un senso a una famiglia o una specie, o una umanità, si troverà solo il senso di una arbitraria convenzione.
Si può parlare solo di senso della vita, che non per questo è più facile da trovare, se non per meglio escludere di trovare un senso in cose come la ricerca di dominio di individui su altri , cosa che pure è vera, ma che allargata alla vita intera cambia completamente prospettiva, e non può certamente ridursi al senso della vita.
#4069
Insomma, la storia della vita sulla terra prescinde dagli individui mortali, e quindi il senso non può stare nella loro reciproca sopraffazione, ma semmai negli effetti che questa ha sulla collettività vitale.
Però sono gli individui a cercare un senso, non la collettività, che è priva di coscienza.
#4070
Citazione di: Alexander il 31 Ottobre 2021, 11:48:24 AM
Buona domenica a tutti


Che ci sia una finalità di dominio, che percorre tutta la storia umana, mi pare evidente. Dominio nelle più svariate forme, a cui ha concorso naturalmente anche l'istituzione religiosa, ma non solo. Possiamo allora dire che il senso della storia umana è questo percorso di dominio gli uni sugli altri? Dominio anche delle convinzioni? Anche in questo forum sono in difficoltà perché la mia interpretazione tende ad essere "dominata" da quella della larga maggioranza atea che scrive.Naturalmente è sempre difficile per tutti trovare le parole adatte, cercando di non diventare parolai. La sensazione di vanità della storia collettiva umana non mi sembra però molto razionalizzabile. Come ho già scritto: anche se penso che sia dovuta alla perdita della fiducia in un autore che sostenga la storia umana, la potrei a volte provare anche in presenza di questa fiducia, proprio perché non potrei essere certo di interpretare correttamente i segni che percorrono la storia.
Se l'inconsapevole motore della storia è una collettività di individui consapevoli , esso trae energia da un gradiente che è la loro diversità. Che in virtù di questa diversità, per fattori contingenti, alcuni abbiano un vantaggio sugli altri, è il succo dell'evoluzione, la quale si muove non per andare da qualche parte, ma anzi per "restare" , resistere, su una terra che invece non sta, mutando in continuazione.
Le estinzioni di massa, almeno sei, secondo quanto spesso ci ricorda Jacopus, ci suggeriscono che se vogliamo cercare un senso esso va' riferito alla vita, cioè alla collettività di tutti gli individui, dai microbi in su'.
Se torniamo indietro ai primi due miliardi di anni ( se non ricordo male) dominato dai microbi, che senso ci possiamo trovare?
Se vi state figurando quella terra, vedrete bene che quello è il perfetto quadro della vanità.
Possiamo vedere nella storia dei microbi un percorso di dominio degli uni sugli altri?
Si, certamente . Ma dovremmo scandalizzarcene? Infatti se escludessimo questo percorso dalla loro storia, non sapremmo come altro raccontarla, se non come collettività chesii da' un verso per resistere ai mutamenti ambientali di verso opposto, e di cui loro poi diventano a loro volta causa.
Che senso ha la loro storia? È una storia di resistenza. Resistere,resistere, resistere.
Il fatto è che se usiamo il termine dominio , un senso tendenzioso glielo abbiamo già dato, a dimostrazione del fatto che tendiamo a dare un senso, anche quando obiettivamente non sembra esservi.
La cosa, trasportata al presente , siccome sembra questo più complesso rispetto ai primi miliardi di esistenza della vita, in questa complessità ci sembra meglio plausibile trovare un senso.
Ma ai fini del trovare un senso, nulla in verità è cambiato.
Mi chiedo quale possa essere il vantaggio che possa acquisire qualunque essere vivente in vita, se poi comunque morirà?
O, in alternativa, quale vantaggio ne hanno tratto i posteri, tutti indiscriminatamente?
Se trascendiamo la morte, shuntando l'individuo, sembra che per stare su questa terra, che non sta, bisogna al pari non stare , tanto che chi per diletto ama andare, sarà destinato a dominare.
Prendi Ipazia ad esempio, che coi suoi giri in bici è un tiranno in erba, oppure in asfalto, secondo come scelga il percorso.😅
#4071
Il senso è la vita, perché lo si vive, possedendolo tutti, come possediamo la vita.
È ciò che condividiamo, al di là delle scelte coscienti.
Il senso è ovvio, e come tutte le cose ovvie non occorre dire. Non si può.
Non si può dire perché il rosso lo vediamo rosso, ma tutti lo vediamo rosso.
Come si può spiegare questo a parole?
Si può dire che vediamo rosso perché ad esso corrisponde una precisa frequenza d'onda elettromagnetica.
Ma non si può dire perché in corrispondenza di quella frequenza vediamo rosso e non giallo.
Vediamo rosso perché il nostro sistema percettivo, a tutti comune, è fatto così, e nessuno di noi lo ha deciso.
Allo stesso modo cerchiamo un senso perché abbiamo una coscienza., che nessuno ha deciso di avere.

Quando facciamo una distinzione netta fra individuo e collettività , quando parliamo di discriminazioni, di ingiustizie, di oppressori, di complotti, dimentichiamo che stiamo parlando di noi, e non di altri.
Lamentiamo le diseguaglianze dimenticando quanto siamo uguali nel profondo.
Ma quando parliamo di storia umana, al contrario, dimentichiamo che non ci sarebbe alcuna storia senza individui diversi, e questa diversità è l'unico senso che io riesco a trovare.
Se pure l'umanità avesse un senso, un percorso prestabilito, un fato, questo percorso non è fattibile senza il motore della diversità fatto di individui, ognuno dei quali perciò comunque ha un senso.
Se c'è una meta, qualunque essa sia, non rischiamo di mancarla , spegnendo il motore, rinunciando alla nostra individualità, per presunta vanità.
#4072
Dio è l'innominabile...più nominato che vi sia.
Perché?
Perché su ciò di cui non si può dire, si dice ogni cosa, che vale come non dire nulla.
Se c'è un senso , allora non possiamo dirlo, se non dandogli ogni possibile senso, quindi nessuno.
Non ci sono parole per dirlo. Nessuna parola è adatta, in quanto parola, e vanità è una parola.
#4073

Se vi è  un senso della storia buono per tutti, per essere tale deve essere ignoto, se è vero che, essendo dotati di libero arbitrio, conoscendolo potremmo rigettalo.

Non possiamo escludere che non vi sia un senso della storia, ma se vi è, e noi lo possediamo, non sappiamo però  dirlo.
A meno che tutto non sia riducibile in parole, e allora sarebbe vero che  la storia non ha senso.
Infatti se fosse riducibile a parole , non sarebbe il senso di tutti.
#4074
Citazione di: Ipazia il 28 Ottobre 2021, 20:10:58 PM
Citazione di: Alexander il 28 Ottobre 2021, 08:30:22 AM
L'unica cosa che può conferire un senso oggettivo è solamente l'eventuale presenza di un Autore.
A meno che qualcuno non dimostri l'esistenza di un senso in mancanza di un autore della storia.State facendo molte ipotesi interessanti, ma non dimostrate nulla.
L'unico autore degno di questo nome è l'evoluzione naturale, con la sua legge e le sue modalità operative. Il rispetto delle quali e l'intelligenza adattativa sono tutto il senso che possiamo ottenere e desiderare.

Nella sua aureferenzialità la natura si dimostra senza residuo di dubbio alcuno. Tant'è che anche gli iperuranici più ragionevoli si guardano bene dal violare il suo nomos. Dei meno ragionevoli: "Fama di loro il mondo esser non lassa".
Concordo.
Tutto ciò che possiamo ottenere, ma non tutto ciò che possiamo desiderare, a quanto pare, e questo desiderio, questa mancanza inappagata, entra pure essa nei meccanismi evolutivi, ma su questo credo Darwin non ci dica nulla, su quanto pesi la coscienza.
Gli effetti di questa vacuità dipendono però dalle condizioni della nostra vita.
Se ci si è abbandonati ad un tran tran di comodo, per quieto vivere, siamo nella condizione più sfavorevole.
Se invece si dà e si riceve amore sincero, dal proprio partner, dai propri fratelli, dal proprio cane o dal proprio gatto, allora chiunque e' ben disposto a mettere da parte il  senso di vacuità , che però è sempre lì ad attenderci.
Se siamo riusciti a fare del bene disinteressato verso almeno una persona , ci sembra che la nostra vita non sia stata inutile, abbia avuto un senso. Chissà perché, però è così .
Non lo sappiamo, perché, se anche la coscienza ha un peso notevole per noi, non siamo fatti di sola coscienza.
Però quella parte di noi inconsapevole, che non esprime desideri, pur avendone,  quando viene soddisfatta noi ce ne accorgiamo bene.
Possedere il privilegio di una spiccata coscienza richiede contropartite, e anzi non è neanche un privilegio.
È comunque uno dei meccanismi dell'evoluzione di cui non possediamo l'esclusiva.
La materia organica si distingue da quella inorganica, perché non si limita a seguire le leggi della fisica, ma si proietta oltre, fuori dalle curve descritte dalle equazioni.
Si percepisce, quando si percepisce, una vanità in tutto ciò, inutile negarlo.
Ma il copione è stato scritto solo per la materia inorganica.
Un anima pia che dopo un corretto percorso, secondo quanto deciso da un autore , approda in paradiso, non è diversa da una palla da biliardo che vada in buca secondo il copione scritto delle leggi fisiche.
#4075
Citazione di: Alexander il 28 Ottobre 2021, 15:11:11 PM
Buon pomeriggio Iano



Mia mamma  diceva che non bastano tante fragole per fare una marmellata. Infatti aveva ragione: ci doveva mettere del suo. Una compagnia teatrale che recita sul palco priva di copione, ognuno per conto suo, riesce a fare un'opera con del senso  (anche se esperimenti in tal senso sono stati fatti)? Alla fine il pubblico sentirà solo la voce più potente, che sovrasta le altre, o noterà l'attore più vistoso. La storia umana mi pare così: una recita senza copione, se non l'ha scritto nessuno. Uno studioso, non ricordo chi, diceva che la storia umana in definitiva è solo la storia del potere. Non esiste la storia umana, sosteneva, ma solo la storia di come nel divenire il potere di un uomo sull'altro abbia preso sempre nuove forme e sembianze. Può essere anch'essa una chiave di lettura.
Temo che il contrario del senso di vanità non sia un senso di pienezza, o di senso. Non credo che, per il solo fatto di avere fede in Dio, miracolosamente scompaia lo sgomento e il senso di vanità. Questo mi sembra piuttosto una cosa inerente la vita stessa. O che l'Autore l'abbia voluta così, forse per cercarlo . Come cercare di mettere insieme tanti frammenti. L'unica differenza tra lo sgomento del credente e quello del non credente è forse che, il primo, ha ancora un briciolo di speranza.
Penso che non tutti provino questo senso di vanità, osservando la storia umana. Forse lo proviamo solo io e il personaggio di Calvino, non so. Sicuramente la maggior parte non ci sta tanto a pensare. Non ho certezze al riguardo.  :-\
Ho capito.
Sicuramente la maggior parte di noi non ci sta tanto a pensare, ma più in generale direi che c'è sempre una parte di ognuno noi che non ci sta a pensare.
Una parte di noi che recita ,replicandolo in continuo, un copione già scritto, ma di cui non siamo consapevoli.
Inconsapevoli nel farlo, come un automa, almeno per quella parte di noi.
Il senso di vanità è strettamente legato alla consapevolezza.
Se tu anche vivessi in una società dove da sempre la norma è la reciproca sopraffazione, vivresti ciò come la normalità senza starci a pensare troppo su.
Solo osservando da fuori quella società, si può notare quella norma comportamentale, e ragionare su quanto possa essere insensata e faticosa e stressante la sua applicazione.
Non sembra un comportamento sensato, ma lo si nota solo osservando da fuori.
Chi applica la norma comportamentale dal di dentro non fa' e non sente fatica alcuna.
Non rileva alcun problema di vanità e di mancanza di senso, perché non è consapevole del suo comportamento.
Ma, nel momento in cui accidentalmente dovesse prendere coscienza di quel comportamento, tornando magari dopo una lunga vacanza in cui ha preso abitudine ad usi diversi, si renderà conto allora che quella convenzione comportamentale è come una gabbia in cui egli si sentirà adesso costretto, come chi per campare è costretto a recitare lo stesso copione all'infinito. E immancabilmente si chiederà che senso possa avere tutto ciò.
Sebbene sia un copione non sembra avere un senso, anche perché nessuno lo ha scritto , ma tutti lo recitano senza saperlo.
Se un copione è scritto da qualcuno non tutti lo reciteranno, per il motivo che ha un senso non da tutti condiviso.
Se noi fossimo dei perfetti automi vivremmo una vita piena, priva di vanità, piena di inconsapevolezza, inconsapevolezza che gli asceti orientali chiamano anche illuminazione.
Il senso di vanità che nasce dalla presa di coscienza dei propri comportamenti individuali all'interno di una storia collettiva, richiede di essere colmato da un copione che tutti alla fine reciteranno senza chiedersi più il perché, perdendone memoria.
Essendo noi un mix di consapevolezza e inconsapevolezza proveremo sempre un relativo senso di vanità.
Noi siamo usi esaltare la consapevolezza e la coscienza, ma non ci rendiamo conto di quanta energia esse consumino.
Un consumo energetico insostenibile, se non fosse che col tempo ci trasformiamo in parte in automi, che fanno le cose senza più pensare. Senza consapevolezza, privi di senso di vanità.
#4076
Citazione di: Alexander il 28 Ottobre 2021, 08:30:22 AM

L'unica cosa che può conferire un senso oggettivo è solamente l'eventuale presenza di un Autore.
A meno che qualcuno non dimostri l'esistenza di un senso in mancanza di un autore della storia.State facendo molte ipotesi interessanti, ma non dimostrate nulla.
Ci vuole dunque un Autore, o è sufficiente un autore?
Perché una collettività non può assumersi come autore?
Cosa gli manca per esserlo?
Che ci sia un senso di vanità, concordo.
Ma quale sarebbe il suo contrario?
Se il suo contrario fosse dato andrebbe tutto a posto?
Oppure avremmo conseguenze parimenti indesiderabili?
#4077
Ma, se una collettività possiede una coscienza, per quanto sembri una idea pazzoide, e per quanto io stesso l'ho proposta, questa non appare e scompare, e sopratutto gli individui che compongono la collettività non vi hanno accesso.
Così come non hanno accesso alla nostra coscienza gli individui, le cellule di cui siamo fatti.

Perciò quelle cellule lamenterebbero una vanità, una mancanza di senso, se potessero?
Chi può dire che le cellule non abbiano la loro coscienza, già che siamo in vena di stramberie?
Anzi, sarebbe ragionevole attribuire coscienza ad ogni essere vivente, ma in diverso grado, con l'accortezza  però di non mettere su un piedistallo chi più ne ha, non foss'altro perché chi poca ne ha , beato lui, sente poca o nulla vanità .
Ma se il senso di vanità è proporzionale alla coscienza posseduta, essendo in noi in aumento, allora si capisce da dove nasce la crisi di senso.
Forse il problema non è una mancanza di senso relativa alla collettività , ma ad una ridefinizione individuale per causa di incremento di coscienza.
Non siamo fatti noi esseri viventi  di "tutta coscienza", ma in parte variabile, da quasi nulla a quasi troppa.
Non credo che averne o non averne sia un merito on demerito, e il problema non è quanta ne abbiamo, ma come varia.
Magari abbiamo solo un problema di assestamento e di ristrutturazione dell'io individuale.
Sarebbe saggio credo parlare di individualità e collettività come concetti relativamente intercambiabili.
Un insieme variabile di elementi, essendo l'insieme , esso stesso , elemento.
#4078
Citazione di: Kobayashi il 27 Ottobre 2021, 08:51:07 AM
Alexander ha sottolineato la necessità di distinguere il racconto della propria vicenda privata dalla storia collettiva. Ciò che manca non sono le favole con cui intrattenersi nello spazio privato o attraverso cui decifrare i fatti della propria vita. Ciò che manca è un senso da assegnare all'avventura collettiva, che pretende verità, oggettività, universalità.
La valorizzazione (parziale) del racconto che incide solo sul privato può essere fatta solo dopo l'ammissione della perdita del senso di ciò che è comune. Cioè la fine non solo della religione ma anche della politica, con tutto ciò che ne consegue in materia di asservimento alle forze dominanti.
Il segreto dell'occidentale che non solo riesce a fare un po' di filosofia senza concludere nel suicidio, ma che sembra a tutti gli effetti sereno, allegro, appassionato, è l'attaccamento alle sue proprietà, al suo benessere, alle sue abitudini che 100 anni fa sarebbero state definite con disprezzo "borghesi".
Non si tratta affatto di un oltre-uomo, di un soggetto che è stato capace di trovare un senso al di là della debolezza del riferimento alla trascendenza, ma di un individuo il cui senso immanente è veramente poca cosa. Una creatura identica all'essere umano disegnato dal liberalismo classico: esclusivamente mosso dal desiderio di migliorare le proprie condizioni di vita e di ottenere un minimo riconoscimento sociale. Questo è il giocatore.
E il gioco non sarebbe vano?
Mi pare si voglia dire che nel passaggio da individuo a collettività vi sia una dispersione di senso, senso che sembra quindi proporzionale alla possibilità certa di individuazione del soggetto.
Ma fino a che punto la nostra capacità di percepire individualità  , cosa in se' relativa, si può assumere a discrimine nel determinare cosa sia individuale e cosa collettivo?
La scienza ci suggerisce oggi che ogni individuo è in effetti una collettività.
Una storia , per essere raccontata, pretende di avere dei protagonisti ben delineati , ammettendo forzature allo scopo.
Così si dice che Newton ha fatto un opera geniale, ma quell'opera andrebbe raccontata, se fosse facile farlo, come artificio di una collettività umana.
Il problema nel raccontare la storia come si dovrebbe, è che non è possibile attribuire azioni consapevoli alla collettività, mentre là si può attribuire a un prestanome che si presti come soggetto ben definito della storia da raccontare.
Si finge un soggetto , Newton, per poter raccontare la storia della gravitazione universale.
Senza voler togliere nulla a Newton, ma per poter raccontare una storia molto si deve togliere e semplificare, riducendo la collettività operosa ad un emblema.
È la collettività ad operare, ma non è consapevole di farlo.
Questa mancanza di consapevolezza impedisce alla collettività di essere indicata come il soggetto della storia.
Alla collettività possono essere attribuite solo azioni insensate, e non è con quelle che si può scrivere una storia sensata, il cui senso però diventa necessariamente forzato, riducendo la storia, che è sempre storia collettiva che si svolge continuamente,, a una storia di poche date e pochi nomi da mandare a memoria.


La coscienza è individuale, ma ogni individuo lo si può vedere come una collettività .
Quindi in questo quadro cosa è la coscienza intesa come procacciatrice di senso?
Se l'umanità, intesa come individuo, ha perciò una coscienza, noi non possiamo accedervi, seppure là determiamo.
Ma se essa, l'umanità, in quanto dotata di coscienza, produca un senso, non siamo noi individui a darglielo.


Naturalmente i miei sono discorsi non poco cervellotici, se non proprio confusi,  ma vogliono mettere in luce quanto sia fuori luogo trarre da essi, una volta rivelato il carattere relativo dei soggetti del discorso, motivi di frustrazione e depressione.
Diciamo pure che la cosa sfiora il ridicolo, così io la chiuderei con una salutare risata.
Lo scoraggiamento e la depressione possibili sono sempre proporzionali alla importanza che ci diamo.
Quando le aspettative su di noi sono troppo alte allora non possono che andare deluse.
#4079
Ma Alexander, che senso ha cercare il senso della vita?
Per capirlo prova a rispondere alla seguente?
Se un giorno tutti gli uomini, in modo consapevole, condividessero un senso per la vita, allora quello sarebbe il senso della vita?
Non avremmo modo di dimostralo.
Ciò che avviene di fatto è che diversi gruppi di uomini , ognuno dei quali alla ricerca di un senso, condividano diversi sensi. Ogni senso determina un gruppo.
Se conveniamo di chiamare questi gruppi, umanità 1, umanità 2,..., umanità n, allora ogni umanità avrà il suo senso della vita.
Ciò ha senso, in quanto l'umanità è una astrazione, e possiamo quindi astrarne diverse in base a criteri arbitrari, come quello della condivisione di un senso della vita.
È la vita stessa come potremmo definirla?
Come ciò che ha un inizio e una fine?
Ma allora come faremmo a distinguere una fine che coincida con un inizio, ciò  che di una vita ne fa tante?
Chiedersi quale sia il senso della vita per l'umanità ha senso nella misura in cui i termini in questione, vita è umanità, siano ben definiti. Ma ciò non è.
L'unica cosa sensata che mi sento di dire è che sia un senso condiviso a definire una "umanità " e se non c'è un unico senso condiviso allora ci sono tante umanità quanti sono i sensi.
Ma se diversi sensi della vita possono essere diversamente condivisi, allora il senso comune a tutti questi sensi è propriamente la condivisione.
#4080
Io non ne farei una questione di credenti e non credenti, in quanto credo che la fede sia a fondamento dell'uomo.
La differenza fra credenti e non credenti sta nel fatto che vi sono fedi esplicite e fedi non esplicite, di cui solo quelle non esplicite, in quanto non soggette al libero arbitrio, sono perciò condivise.
Riduco il tutto a un paradigma matematico.
Non puoi applicare alcuna ragione se non a partire da punti fermi quanto arbitrari.
Cioè, in quanto "umanità " , non possiamo che partire da una fede comune, che non conosciamo.
Dio è una ipotesi esplicita quanto indefinita, che si presta quindi ad ogni uso, perché quelle esplicite, sebbene potenzialmente condivisibili, finché restano esplicite, di fatto non lo saranno mai del tutto condivise.
Si prestano cioè potenzialmente a fare da trama per una storia comune, che in quanto tale sembrerebbero possedere un senso, ma di fatto il tutto non funziona mai.
Gli uomini condividono però delle cose, le quali giustificano parlare di una storia "dell'umanità ", ma non sono esplicite.
Se tutti percepiamo le stesse cose è perché vi sono fedi di fondo comuni, a partire dalle quali tutti giungiamo a "vedere le stesse cose" , tanto che ingannandoci crediamo quelle abbiano corrispondenza uno a uno con la realtà, se tutti le vediamo parimenti.

Queste fedi condivise mi fanno venire in mente la barzelletta di quei pazzi che ridevano quando uno di loro pronunciava un numero. Ma cosa succede se poi si dimentica a quale numero corrisponda quale barzelletta?

Dio è una ipotesi aperta a partire dalla quale ognuno trova il suo senso, e tutto ha funzionato bene, immagino,  finché non si è inventata la scrittura con testi sacri a seguire.
Sono convinto infatti che ci sia stato un tempo in cui gli uomini, riuniti la sera attorno a un fuoco, erano capaci di trovare un senso alla vita, ma uno diverso per ogni sera.
Ogni mattina si rinasceva a una nuova vita con un nuovo senso.


Allora proviamo , come esempio, ad esplicitare una fede comune ad ogni uomo, che la vita sia una e non tante.
Ma sarà proprio vero?
Metti che siano tante e che ognuna abbia il suo diverso senso.
Così non vi sarebbe alcuna vita priva di senso.
Come volevasi dimostrare.😅