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Messaggi - iano

#4081
Ciao Alexander.
Vorrei condividere, non fosse per quietare il senso di vanità che pure sento,  se non fosse che rilevo una specie di paradosso: se c'è l'autore di una storia allora vi è un senso possibile, ma se le storie si moltiplicano con gli autori , allora si perde il senso, che non è inteso allora come senso di qualunque genere, ma come un senso unitario.
Il paradosso starebbe nel fatto che se esistesse un unico individuo, e quindi un unica storia, allora avremmo un senso.
Temo però che non avremmo una storia, perché non ci sarebbe uno svolgimento ,un divenire.
L'interagire di diversi individui relativamente indipendenti lascia la storia sempre aperta nel suo svolgersi, e per questo che la storia ci appassiona, perché non sappiamo come finisce.
Tutte le storie che hanno un finale già scritto, come le religioni, hanno il problema di giustificare quello che sta fra l'inizio e la fine. Se la storia acquista un senso, allora è il suo svolgimento a perderlo.

Una storia con un finale già scritto, di cui conosciamo quindi il senso, se è l'effetto di una causa che è lo svolgimento, là si può rappresentare come un ingranaggio che va' avanti finché non finisce la carica predeterminata.
Ma, seppure ciò che è meccanico faccia parte della vita, non la esaurisce però.
La storia di una vita con un senso sembra sembra raccontare la per difetto.
Come una storia che appena inizia è già finita, o, il che è lo stesso, come un meccanismo condannato a ripetersi sempre uguale. Una storia con un senso è una storia che, se non è ferma, gira su se stessa.
Paradossalmente la ricerca di un senso, il quale trovato bloccherebbe la storia, siccome invece non si trova, perciò allora vi è una storia da raccontare.
#4082
Citazione di: Alexander il 24 Ottobre 2021, 09:21:21 AM
Buona domenica a tutti



Natura sive deus o deus sive natura? Mentre me lo chiedo indosso una mascherina chirurgica e tengo in tasca un detergente chimico per le mani.Mi siedo e vedo bolli rossi per il distanziamento. Mai come in questo periodo mi è difficile pensare di trovare un senso nel movimento naturale. Forse questo senso c'è, ma è ancora più nascosto e indecifibrabile di un dio, o del Dio.
Penso che dalla natura si possa spremere del piacere, ma non del significato. Siamo ormai troppo lontani come esseri dalla natura. La tecnica ci ha portato ormai troppo al largo dalla riva naturale. Anche la "svolta green" è chiaramente un accelerato processo tecnologico, basato sulla paura, che mira a ridurre l'impatto  dell'uomo sull'ambiente, ma non porterà l'uomo ad abbracciare la natura, a trovare in essa un senso per la sua storia, anzi, la dipendenza e l'ibridazione dell'uomo con la tecnica sarà maggiore dell'attuale, con ogni probabilità e previsione.  L'evoluzione poi è solo uno scalino di una scala lunga e indecifrabile e che non necessariamente fa sempre salire. essendo privata di riferimento esterno a sé , che le può conferire senso. La lettura , positiva o negativa, di questa scala è esercizio soggettivo, spesso arbitrario e sottoposto a preferenze. E' proprio l'osservazione di questa scala che  fa nascere il senso di vanità. E' stata proprio la paura della natura il sorgere della tecnica che ci ha fatto allontanare da essa. Solo accettando la morte si accetta pienamente la natura. L'uomo però non accetta la morte, ne sente il fascino come di qualcosa esterno a sé, ma mai che la sua vita e la sua morte sono la medesima cosa.
Posso certamente, come facciamo tutti alla fine, dar-mi un senso, in modo  soggettivo. Un senso incerto perché ancorato ad un vuoto, il mio vuoto. Sempre un dubbio, come il tarlo del legno, me lo divora dal di dentro. Certo non possiamo nemmeno usare Dio come un anti-tarme.
Questa discussione deve aver ispirato tutti voi, perché ho letto veramente dei bei post da parte di tutti.😊


Tornando al tema, forse è impossibile trovare un senso, ma ciò non impedisce di continuare a cercarlo, e ci sembra a volte di trovarlo e poi di riperderlo, ma devo ribadire che, comunque stiano le cose, noi facciamo parte della natura, tecnica compresa. Per molti, non solo per te, ciò  sembra difficile da digerire, e per motivi diversi.
Infatti non riesco neanche a pensare che la cosa in se' non sia evidente, ma allora diventano significativi i diversi motivi che fanno da paraocchi.
In verità, in verità vi dico, che se io possedessi un sentimento religioso, il pararsi a immagine di Dio mi sembrerebbe bestemmia massima., nonché uno dei diversi motivi per i quali ci possiamo pensare distinti dalla natura.
Il peccato, come ammonisce la Bibbia, è quello della conoscenza, che ci espelle dall'Eden-natura.
Ma non è un peccato distinguersi e distinguere, equivalendo ciò a conoscere; il peccato consiste nel credere che esista davvero ciò che distinguiamo, come se non fosse , ciò che diciamo esistere, solo il risultato di una interazione fra noi e la realtà, ma la realtà stessa. Se così fosse saremmo anche più che una sbiadita immagine di Dio, ma i suoi diretti emissari.
Se io possedessi un sentimento religioso sarei costretto a farmi la mia personale religione che dia un senso, ma forse è proprio così e noi non lo sappiamo, perché non è che conosciamo  tutto noi, per quanto pecchiamo.
Magari una parte di noi c'è la siamo dimenticata in paradiso, ma non lo sappiamo,, e per questo è ancora lì.
#4083
Citazione di: Alexander il 22 Ottobre 2021, 10:14:37 AM

"La storia umana , e quindi la storia personale di ognuno di noi, non appare priva di significato in assenza di Dio?.
Dio sembra una idea ben stramba. Da dove salta fuori?
E l'umanita' pure a ben pensarci.
Infatti come si può definire l'umanità?
Esiste davvero?
Di cosa si tratta esattamente?
Là si assume per fede o se ne può dimostrare l'esistenza?
Se affermiamo che la storia dell'umanità perde senso espellendo da essa Dio, è vero anche il contrario?

Penso che umanità e Dio siano concetti strettamente legati.
La morte di Dio è la morte dell'umanità.
Ma non è nessun lutto, essendo solo la presa di coscienza che l'umanità in se' è una convenzione.
Dovremmo allora forse meglio dire : la storia di ognuno di noi, e quindi la storia dell'umanità... e allora l'umanità riacquista un senso, come la storia comune di individui diversi.
Da dove nasce l'idea di Dio? È il perfetto esempio di ciò che noi diamo per scontato che esista, ma che in effetti non esiste, come , con altro esempio, l'umanità.
Dimostrare che esista l'umanità non mi sembra meno arduo che dimostrare che esista Dio.
Ma che senso ha percepire ciò che non esiste?
Secondo me ha senso, ma qui si aprirebbe un altra discussione.
#4084
Qui si parla tanto di capitale e finanza , però la risorsa principale rimane quella culturale che alla Cina di certo non manca . Ma come farà a veicolarla, con gli ideogrammi?
La palla del potere mondiale vola sicura verso la Cina, ma già la vedo rimbalzare sulla grande muraglia.
Il potere invero è stato già prenotato dalle multinazionali, e sembra perfino strano che si adeguino ancora a pagare le tasse ad uno stato.
Rimane il fatto che gli affari si fanno in uno stato, che sia globale o locale, dove regni mediamente l'ordine, e per questo le multinazionali pagano parcella agli stati per il loro servizio d'ordine.
Però dietro a tutto questo ci sono sempre gli uomini, gli individui.
E ogni individuo commetterebbe un grave errore se non attingesse alla sua cultura coltivandola e incrementandola.
Se la globalizzazione spiana le montagne e interra i fiumi non basteranno muri alti tre metri e lunghi la geocirconferenza a ridurre tutto in inservibili ideogrammi.
Montagne , fiumi fossato, e mura fortificate , che hanno generato e difeso nazioni, non hanno più effetto, se non quelli di tipo mentale.
Rispondendo a Daniele, la soluzione non è rinunciare alla sovranità personale, ma il problema è che vi abbiamo rinunciato da un pezzo. Abbiamo perso l'orgoglio di crescere come individui. Di progettare per il futuro dei figli.
#4085
Non esistono criteri giusti, ma solo criteri.
I diritti degli uomini sono i diritti degli uomini in quanto uomini, cioè in base al criterio di scelta arbitrario di essere uomini.
Se invece partiamo, come abbiamo fin qui fatto, da questioni etico/ religiose , essendo queste mutevoli ed opinabili, ne trarremo un criterio che prima o poi mostrerà il fianco, e questo mi pare sia il tema di questa discussione.
Se il criterio ad esempio è stato ,hanno diritto coloro che sono stati creati a immagine di Dio....
.... devo  aggiungere altro Viator?  ;) 
Certo, questi criteri di derivazione etico/ religiosa sono stati nel tempo aggiornati, ma non ve ne è uno che prima o poi non si mostri inadeguato.
Oggi ne cerchiamo uno nuovo che includa in qualche modo "gli altri animali".
Bene, cerchiamolo pure. Ma quanto reggerà?

#4086
Citazione di: viator il 18 Ottobre 2021, 12:24:06 PM
Salve iano. Non occorrono elenchi. La Legge  è l'insieme delle Norme cui si è sottoposti in quanto CITTADINI di un PAESE (o, in via particolare e sperabilmente temporanea, ospiti umani del Paese in cui ci si trova). Saluti.
Mi spiego meglio.
La legge è l'insieme delle norme cui si è sottoposti in quanto facenti parte di un elenco determinato attraverso un criterio ( essere cittadini umani di un paese etc...), oppure attraverso alcun criterio che non sia il far parte di un elenco.
Nel primo caso ci sono implicazioni etiche. Ci si chiede perché solo umani? ...che è il tema di questa discussione.
Nel secondo caso non c'è alcuna implicazione, perché non si è usato un criterio.
Se qualcuno chiedesse nel secondo caso di ampliare l'elenco gli si potrebbe chiedere per quale motivo?
L'elenco non esclude alcuno per principio, ma è necessariamente limitato. Cioè non sta escludendo alcun in base a sue caratteristiche specifiche, essere umano oppure no, o avere la pelle blu o altro.
Abbiamo fatto un elenco e basta, senza alcun discrimine particolare.
Nessuno può contestartelo. Si tratta di una più o meno libera associazione di individui non ben specificati per loro caratteristiche.
Ma se invece fai l'elenco in base a caratteristiche inclusive o esclusive, ognuno potrà chiederti  il perché di quelle scelte.
Perché hai incluso i gatti, ma non gli struzzi?
Hai qualcosa contro agli struzzi, ti verrà chiesto a ragione?


Vogliamo includere nell'elenco degli aventi diritto gli animali?
Perché no?
Decidiamo quali è facciamolo.
Ma tutti?
No, solo alcuni si dirà'.
Perché non tutti si chiederà a ragione?
Qualunque ragione si vorrà' addurre è sempre criticabile.
Ogni criterio di scelta presterà  il fianco perché  avrà implicazioni etiche.
L'unico modo per evitare ciò è non usare alcun criterio di scelta, ma stilare un elenco aggiornandolo eventualmente a piacere.


Tutto ciò per stimolare delle riflessione in voi, e non per sentirmi dire che non c'è bisogno di alcun elenco.


Una riflessione possibile e' che sarà sempre necessario un criterio di scelta per motivi puramente pratici,
ma questa necessità comporta poi questioni morali indesiderate.
La questione morale è quindi il punto di arrivo non cercato, mentre di solito il problema lo si imposta partendo da questioni morali.



Riassumendo.Si parte da un problema puramente tecnico. Trovare un criterio per determinare un insieme di individui. Ci si infila così senza volere in questioni spinose di etica.


Noi però di solito presentiamo le cose in modo inverso.
Da considerazioni etiche proviamo a derivare un criterio discriminante per determinare l'insieme di aventi diritto.
Ma questo non è per nulla facile.
Vogliamo considerare l'anima, o il provare sentimenti, il provare dolore, essere intelligenti...
Impossibile venirne fuori secondo me.
Non esiste un criterio "giusto".

#4087
A scrivere di diritto scrivo di ciò che poco conosco, ma su cui Eutidemo, massimo esperto del forum, mi induce.
Ma da perfetto ignorante penso di poter esprimere un punto di vista del tutto alternativo e forse perciò  interessante.
Che sia l'anima, o qualcosa di convenientemente meno sfuggente , si parla del diritto di categorie di viventi individuabili in base a caratteristiche che li distingua in modo per quanto possibile certo, perché certa deve essere l'applicabilità della legge.
Ai fini pratici la presenza delle suddette caratteristiche serve ad individuare a chi la legge vada applicata.
In genere qui si dice che la legge va' applicata ad un insieme di individui, di cui si può fare elenco, in quanto possiedono precise caratteristiche che li distinguono.
Dal punto di vista mio, di ignorante, mi chiedo se la legge vada applicata a certi individui, in quanto portatori di certe caratteristiche , o se le caratteristiche abbiano solo il pratico obiettivo di fare un elenco cui la legge si applicherà.
Quello che emerge di fondamentale è che la legge non può applicarsi in modo universale.
Definire un elenco cui applicarla è una necessità pratica, prima che etica.
Naturalmente una volta fatto l'elenco, nessuno impedisce di ampliarlo o rimaneggiarlo come si crede.
Ma il punto centrale è che occorre sempre un elenco .
Se si fa' parte dell'elenco si hanno certi diritti. Diversamente no.
Come si costituisce l'elenco è cosa meno importante, ma il modo in cui lo si fa' diventa importante a posteriori, avendo  inevitabili implicazioni.
Il diritto , sempre da ignorante, mi viene da pensare dunque che non abbia implicazioni morali di per se', ma il modo in cui si decide di costituire l'elenco degli aventi diritto invece si.
Naturalmente da ignorante ho usato i termini in modo inappropriato, ma spero si sia capito il senso.


Una volta fatto l'elenco, in qualsiasi modo si sia deciso di farlo, come già detto, possiamo decidere di ampliarlo.
È quello che abbiamo fatto includendo gli altri animali, ma bisognerebbe specificare quali, perché l'elenco richiede sempre di essere ben definito. Il resto conta, ma conta meno.
Il punto è non lasciare nulla di indefinito, sennò ognuno potrà dire, perché questo si e quello no?
In base a quale criterio?
Per poter rispondere in modo certo il criterio dovrebbe coincidere con l'elenco stesso.
Bisognerebbe poter rispondere, ha diritto perché è nell'elenco.
È l'impossibilità di farlo materialmente che ci costringe a ripiegare poi sui criteri di appartenenza , che poi non mancano di avere implicazioni ulteriori.
Sarò stato cinico, ma da ignorante vorrei capire su cosa si fonda davvero il diritto, e se dietro a tanti edificanti propositi non vi sia poi, stringi stringi, solo un elenco.


#4088
I lavoratori possono considerarsi artisti?
Impara l'arte e mettila da parte.
Saggiamente questo proverbio non sembra distinguere il lavoro dall'arte.
Seppure possa rendersi necessaria oggi questa distinzione , resta comunque una necessaria forzatura figlia della catena produttiva , ma forse non più attuale, dei giorni nostri.
L'arte e il lavoro, per come li si intende oggi  sono figli di questa forzatura, applicata ormai fuori da necessità.
Si possono fare distinzioni di comodo nell'agire dell'uomo?
Si, ma rimane pur sempre l'agire dell'uomo.
Il problema sta nel fatto che le distinzioni di comodo, una volta in essere, si prestano a tendenziosità.
Così, per evidenziare ciò, ho riportato il quesito di Viator invertendo l'ordine dei presunti distinti soggetti.

#4089
Tematiche Spirituali / C’ERANO UN VOLTA I GIGANTI
17 Ottobre 2021, 02:01:18 AM
E, se non siamo stati ancora capaci di digerire la scrittura per quel che è, una pura tecnologia, non mi sorprendono i mal di pancia ancora in corso per tutte quelle tecnologie venute dopo.
#4090
Tematiche Spirituali / C’ERANO UN VOLTA I GIGANTI
17 Ottobre 2021, 01:17:22 AM
In fondo è passato solo qualche migliaio di anni, e noi siamo sempre quegli uomini, a parte un po' di nuove tecnologie in più in aggiunta a quelle del fuoco e della scrittura. Quindi certamente c'è nel testo in oggetto una saggezza "a noi attinente", e in generale in tutti quei testi antichi che non per caso sono ancora fra noi.
Ho scarsa o nulla conoscenza della Bibbia, se non per quella parte della genesi a tutti più o meno nota, e già li mi pare che si dica molto su chi siamo noi , a saper leggere fra le righe, perché poi mi pare che con un testo altro non si possa fare. Cosa è davvero una interpretazione letterale infatti, riferendosi a qualunque scritto?
È davvero una cosa possibile e in che senso?
Se ha un senso direi che è comunque inversamente proporzionale al tempo passato, perché noi siamo sempre gli stessi, ma i linguaggi cambiano, e se fatichiamo a interpretare quelli attuali , figuriamoci quelli passati.
L'importanza di testi antichi come la Bibbia io la porrei sul fatto che in questi è riportata nero su bianco una memoria orale la cui tradizione viene interrotta  dall'invenzione stessa della scrittura, e cioè  i racconti che si facevano attorno all'altra scoperta, il fuoco.


Inquadrerei il problema di prendere alla lettera la Bibbia più in generale riferendola ad ogni teso.
Nella tradizione della trasmissione orale certamente ognuno aggiungeva del suo, ma personalmente sono convinto che se la lettura di un testo non abbia come conseguenza una nostra aggiunta interpretativa di troppo, allora quella lettura è servita a ben poco.


Nei testi scritti in generale vi è della saggezza, ma in nessuno vi è la saggezza, e resto sempre sorpreso dal fatto che qualcuno creda possa esistere un testo del genere e che l'unico problema consista solo nel potervi davvero accedere interpretandolo "correttamente". È come se il senso del magico non abbia mai smesso di accompagnarsi ai segni, come se i millenni passati non ci avessero cambiati.
#4091
Tematiche Filosofiche / Essere e determinismo.
14 Ottobre 2021, 18:59:54 PM
Ma mi rendo conto di ricadere nello stesso errore delle sorti magnifiche e progressive parlando di salti di coscienza.
Meglio parlare di un mix variabile di consapevolezza e ignoranza con nessuna tendenza necessariamente definita.
Anzi ci vedo meglio un andamento ciclico.
In effetti a ben pensarci dopo un salto di coscienza esemplificato dalla scienza, sembra toccarci adesso un salto opposto il quale , come io credo, ci istruisce bene indirettamente  sul come nasca "l'essere".
Infatti gli algoritmi imperversano sempre più in rete.
Noi agiamo in base ai loro risultati, ma ignoriamo il percorso che ad essi ha portato.
Perché quel risultato? Perché è così.
Un è così perché è così che riecheggia l'essere in quanto tale, e tale, e non altrimenti che tale, perché nulla altro possiamo dire , come fosse il risultato di un algoritmo.
#4092
Tematiche Filosofiche / Essere e determinismo.
14 Ottobre 2021, 18:12:52 PM
L'essere e la causalità sono troppo strani se ben li considerate per essere cose del tutto attinenti alla realtà.
Non sono il fondamento della realtà, ma il relativo fondamento, non necessario, ma relativamente sufficiente, della nostra interazione con la realtà.
Mostrano infatti un sottofondo di arbitrarietà ogni volta che proviamo  a indagarli  più da vicino.
Una arbitrarietà che denuncia un artificio.
Sonno artifici infatti i risultati della nostra interazione con la realtà e l'essere e la casualità ne sono magnifici esempi.
Ogni cosa nasce insieme alla sua negazione, e ciò sembra un artificio, perché infatti lo è.
Sula realtà possiamo fare solo ipotesi, ed essa stessa è al minimo una ipotesi di comodo.
Ad ogni ipotesi, in quanto arbitraria, corrisponde una sua negazione.
Ma la "vera" realtà, se esiste fuori dalle ipotesi, non ammette la sua negazione.
Anche questa in verità è essa stessa una ipotesi, ma pare essere necessaria, e quindi la assumiamo.


Se tali ragionamenti possono apparire solo nichilistici è perché manchiamo di considerare che, se ciò che finora abbiamo impropriamente confuso con la realtà, essendo un artificio, gli artisti però siamo noi.
Non è un arte del tutto libera.Esiste una condizione inalienabile in fati: la realtà.
Ma è comunque un arte relativamente libera.
Ciò significa che ci sono diversi modi di fare la stessa cosa, e questa cosa è la nostra interazione con la realtà.
La scienza stessa è un buon esempio di come si possa interagire in modo diverso nei fatti ( ma non nella sostanza) con la realtà.
Possiamo giocare con buona libertà con termini come spazio, tempo, essere, caso, casualità, che assumono significato diverso al cambiare del contesto scelto.
A me questa prospettiva sembra tutto meno che nichilista.
E anzi mi sembra che apra prospettive "da far paura".
Fra percezione e scienza passa solo un salto di coscienza, ma questi salti non sono finiti.
Ciò che noi siamo lo esplicitiamo sempre di più, portandolo letteralmente fuori di noi.
Non solo vacilla la certezza che ci ha fatto percepire come individui, ma la distinzione stessa fra organico ed inorganico nel momento in cui le possiamo vedere come costruzioni materiali che svolgono una funzione la cui ridefinizione ridefinisce l'individuo stesso.
#4093
Tematiche Filosofiche / Essere e determinismo.
14 Ottobre 2021, 17:39:21 PM
Citazione di: JE il 14 Ottobre 2021, 14:15:29 PM
Ciao Iano,


il limite della causalità é proprio quello di necessitare di un prima.


Niente prima, niente dopo.


Per ciò non può dire nulla dell'essere in quanto non ha nessun strumento per metterlo in relazione al non essere.


(per essere inteso la totalità della realtà).


lo spazio negativo é sempre la fondazione del positivo;


Puoi in maniera deterministica guardare nella tua stanza e sapermi enumerare tutti i contenuti, ma se ti chiedo tutte le cose che non ci sono (0) allora la nostra percezione non é d'aiuto; bisogna andare sull'astratto.


Invero ti riconosco che tutto il linguaggio umano é "conosciuto ed imparato" nel contesto della causalità, e che parlare di creazione senza spaziotempo è controintuitivo e anzi, sbagliato. Però usare un linguaggio "consono" in materia richiede di parlare in termini lunghi e fare giri di parole complessi, mentre le parole a cui siamo abituati rendono meglio il concetto e paragone a ciò che conosciamo - e possiamo conoscere per via non astratta.


Il tutto presuppone il non tutto, il non tutto implica immediatamente il tutto. Questo il fulcro del mio pensiero a riguardo.


Grazie per avere intrattenuto il pensiero.
Tutte le cose nascono insieme al loro opposto e perciò possiamo escludere che esse siano parte della realtà se vogliamo legare la sua esistenza alla sua coerenza. Se è non può anche non essere. Le cose che nascono non sono quindi se non come nostre costruzioni e per questo possiamo dire che nascono, perché nascono dalla nostra relazione con la realtà.
Che le cose attinenti alla realtà abbiano una nascita al di fuori di un percorso che le costituisce come nostre costruzioni è una non necessità. Perché mai consideriamo necessariamente che abbiano una nascita?
La realtà muta senza alcun dubbio, ma ciò che riguarda direttamente noi e' la dinamica della nostra interazione con essa, la quale non richiede necessariamente un suo mutamento.
Basta riguardarla da una prospettiva diversa per vederla mutare.
Che il tempo sia una discriminante necessaria fra essere e causalità dipende solo da una nostra relativa prospettiva. Come facciamo infatti con tanta sicumera a basarci su un tempo che certamente percepiamo, ma non sappiamo ben dire poi cosa sia.
Ciò equivarrebbe a fondare la realtà su una nostra relativa percezione .
Sarebbe cioè come fondare la realtà sulla nostra interazione con essa.
Ciò non è accettabile.
Il determinismo è solo un modo di vedere la realtà da una data prospettiva, la quale può essere mutata.
Se io scrivo una frase ci metto del tempo, ma la frase ha un senso solo nella sua unità atemporale, anche se nella frase possiamo distinguere termini che vengono prima e che vengono dopo.
La realtà è un po' come una frase dove c'è un prima e un dopo che però non sono necessariamente portatori di senso se non relativamente.
Noi traiamo solo dati dalla realtà e li interpretiamo, e il tempo entra a far parte della realtà come interpretazione. Non possiamo dire cosa sia il tempo perché il percorso interpretativo, seppur nostro, non ci è noto.
Quando il percorso ci è meglio noto, come nella "percezione di secondo livello" , come l'ha definita Ipazia, quella scientifica, il tempo , pur continuando ad avere una parte, si mostra un concetto molto flessibile, dove un "prima e un dopo" acquista un significato diverso da quello secondo il quale affermi che la causalità, venendo dopo, non possa dire nulla su ciò che viene prima, l'essere.
È il prima e il dopo di una logica corretta, ma non attinente alla realtà in modo univoco.
Possiamo quindi invertire il senso del prima e dopo per vedere l'effetto che fa', e ciò è possibile perché ogni costruzione può essere , in quanto tale, decostruita e riformata.
Tutto ciò è astratto, ma il nostro rapporto con la realtà non può fare a meno di astrazioni, perché è un rapporto indiretto.


Se ogni cosa nasce insieme alla sua negazione, ciò su cui convengo, bisogna poi trarne le conseguenze, come ho provato a fare., per non lasciare che la questione si ammanti di aurea mistica.



Su ciò di cui non possiamo dire non possiamo dubitare.
Ma del tempo abbiamo iniziato a dubitare perché nell'ambito scientifico di esso abbiamo iniziato a dire.
Fra i vari dubbi rimane anche quello che il tempo di cui diciamo sia lo stesso di cui abbiamo percezione.
Ciò perché dovremmo mettere a confronto due percorsi dei quali solo uno è noto.
Certamente ci sono analogie, se usiamo lo stesso termine per i risultati dei due percorsi, ma non è certo una novità che noi uomini usiamo lo stesso termine per indicare cose diverse.
Ciò ha un senso perché il significato di un termine dipende dal contesto e i contesti possibili sono tanti.
#4094
Tematiche Filosofiche / Essere e determinismo.
13 Ottobre 2021, 18:18:38 PM
Una relazione che si genera attraverso la percezione pone l'essere in primo piano , perché è il risultato evidente di un processo ignoto.
In una relazione che nasce da indagine scientifica , dove tutto è per lo più noto, tutti i termini in gioco mostrano perciò pari consistenza, senza che nulla risalti per causa di ignoranza.
Va da se' allora che in quest'ultimo caso è l'essere a perdere solidità, mentre l'astratto, ponendosi al pari dell'essere sembra timidamente uscire , per converso, dalla condizione di puro fantasma.
Di ciò che possiamo dire resteremo sempre incerti, in quanto di esso è possibile dubitare.
Non siamo in grado invece di dubitare su ciò che ci appare senza che siamo di esso in grado di dire.
Questo non saper dire ci fa' apparire l'essere in diverso grado solido.
Questo diverso grado di apparenza ci dice già quanto sia semplicistico definire l'essere come ciò che è.
Se l'essere è ciò che è, e non potrebbe diversamente essere che tale, ciò implicherebbe dover avere pari certezze nella percezione di ogni essere. Ma così è solo se per semplificare si disegna la realtà in bianco e nero, dimenticandosi poi che di un disegno si tratta.
Questa dimenticanza è già inclusa nella percezione sensibile, ma non tanto da non riuscire a modificarla nella misura in cui qualcosa ci sembra di recuperare in memoria.
La percezione è dimostrato che si possa in parte modificare secondo libero arbitrio, nei limiti in cui ne scorgiamo i meccanismi, ed è possibile scorgerli perché essi si riducono ad una relazione fra realtà è soggetto che media fra essi.
Realtà e soggetto sono i termini di una relazione, è solo in tal senso esistono.
#4095
Tematiche Filosofiche / Essere e determinismo.
13 Ottobre 2021, 16:34:53 PM
Un possibile modo di riassumere il tema di questa discussione, secondo quanto mi suggeriscono i post di JE, è che la distinzione fra causalità ed essere è giustificata dalla nostra vista corta.
Vediamo infatti bene che la causalità implica l'essere, ma non il viceversa.
Partire dall'essere è proprio della percezione.
Ma si può ugualmente partire dal rapporto di casualità andando a cercare poi i termini posti in rapporto.
Questo è proprio della scienza contemporanea, di cui perciò si lamenta una aumentata astrattezza, come se non si accontentasse di basarsi sui fatti, ma li ipotizzasse per andarli poi a cercare.
Nei due processi inversi, per un verso abbiamo un essere che si presenta a noi tanto solido ,quanto non sappiamo perché tale si presenti,
Nell'altro verso troviamo un essere che ha consistenza di fantasma, seppur giunti ad esso attraverso sicuro sentiero. È come se ciò che si gonfia, tronfio di se', in un percorso, si sgonfia nell'altro, e viceversa. Man mano che la scienza procede per il suo verso vediamo una crescente invadenza della matematica, come se ciò che sembrava servire solo a descrivere inizi ad assumere pari consistenza di ciò che prima si limitava a descrivere.
Ma in un caso o nell'altro, fuori dalle apparenze generate dal verso , gli esseri sono i termini di una relazione di causalità, e ciò che conta è la relazione.