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Messaggi - Eutidemo

#4081
Ciao Inverno :)
Sono perfettamente d'accordo con te sul fatto che il bisogno nasce dalla contestualizzazione! Come giustamente hai scritto, infatti, in musica non ci sarebbe nessun bisogno di usare la terminologia "forte" o "adagio" per un inglese; ma, poichè nell'ambito musicale  i termini sono quelli, risulterebbe assurdo che i musicisti inglesi dicessero "strong" o "slow", perchè la cosa non avrebbe senso.
Allo stesso modo, poichè in italiano esiste la parola "topo", useremo tale termine, dal ferramenta, per comprare una trappola per catturare quello che infesta la nostra soffitta; ma sarebbe assurdo entrare in un negozio di informatica e chiedere un "topo da usare per gestire un elaboratore elettronico", e, quindi, useremo il termine inglese "mouse", perchè usare la parola "topo", in quel contesto non avrebbe senso.
Questo è esattamente quanto io sostenevo nel mio topic iniziale! ;)
***
Ma proprio per questo, anche se Zaia avesse usato correttamente il termine inglese "caregiver", per me sarebbe stato egualmente "riprovevole", in quanto non ce n'era alcun bisogno; ed infatti, anche nello specifico contesto, avrebbe potuto esprimere benissimo lo stesso concetto in italiano (senza ricorrere a perifrasi assurde come quelle da me ipotizzate per sostituire il termine "mouse").
Tanto più che, a differenza della parola "mouse" (o "week end" ecc.), il termine "caregiver" risulta ignoto alla maggior parte degli italiani; per cui, evidentemente, Zaia l'ha usato solo per "fare scena", e non per farsi capire da tutti, come sarebbe stato suo compito!
Diceva Trilussa: "Se vôi l'ammirazione de l'amichi nun faje capì mai quello che dichi.". 8)
***
Ma la cosa comica è che, errori di pronuncia a parte, il termine "caregiver" risultava ignoto pure a lui; ed infatti Zaia pensava che volesse dire "autista di disabili"!
Per cui, oltre che "riprovevole", è risultato pure "ridicolo"! ;D
***
E non è la prima volta, perchè tutti ricordiamo la sua "gaffe" sui "cinesi che mangiano i topi"; però, almeno, quella volta si espresse in corretto italiano, e non disse che i  "cinesi che mangiano mouse".
O meglio, "mice", al plurale.
Però, che strani 'sti inglesi: il plurale del "topo", per loro è un "micio"! :D
***
Comunque, Zaia a parte, che in fondo mi sta pure simpatico, sono perfettamente d'accordo con te quando scrivi: "Il problema è a monte: ovvero perchè l'Italiano non riesce più a creare una propria sfera linguistica capace di interpretare la realtà?"
Bella domanda! :(
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Un saluto! :)
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#4082
Ciao Inverno :)
Quello che dici, è pienamente condivisibile per determinate parole; ed infatti, ad esempio, il termine "privacy" si pronucia diversamente in inglese e in americano (sebbene qui in Italia lo pronunciamo tutti "all'americana").
https://dictionary.cambridge.org/it/pronuncia/inglese/privacy
Per altre parole, invece, la pronuncia è univoca; che io sappia, infatti, sia in UK che in USA (che in Australia) la pronuncia di "car" e di "care" è sostanzialmente simile, per cui non è lecito confondere l'una con l'altra.
https://dictionary.cambridge.org/it/pronuncia/inglese/privacy
***
D'altronde se uno non conosce a sufficienza  l'inglese, farebbe bene ad evitare di usarlo a sproposito (varianti geografiche a parte); ed infatti, io, cerco di evitare il più possibile di farlo, a meno che, ovviamente, non sia costretto a comunicare con un suddito britannico o con un cittadino americano (suscitando inevitabilmente la loro ilarità).
***
Per questo depreco un eccessivo ricorso alla lingua inglese, quando parliamo tra noi italiani; sebbene, a volte, ammetto che non di rado capita anche a me!
Ed infatti, un conto è parlare una lingua straniera in territorio straniero, perchè non se ne può fare a meno (e nessuno si scandalizza per il nostro accento), e un altro conto è parlare una lingua straniera in territorio italiano, quando non ce n'è nessun bisogno; per cui, quando qualcuno lo fa e dice strafalcioni, come Zaia, giustamente incorre nel ridicolo!
Soprattutto considerando che si tratta di un sovranista, che dovrebbe applicare prima di tutti gli altri il motto: "PRIMA L'ITALIANO"! :D
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Un saluto! :)
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#4083
Ciao Jacopus :)
Circa la parola "iter" pronunciata "aiter", in effetti, a sentire un simile abominio ci sarebbe davvero da suicidarsi!
Per quel che riguarda, invece, le due parole di origine latina, che, però, ci giungono dalla lingua inglese, quali "summit" e "mass-media", la questione è invece alquanto controversa.
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Ed infatti, circa la pronuncia dei detti due termini:
- il Sabatini Coletti indica come corrette solo quelle "all'inglese";
- il GRADIT, invece, indica come corrette entrambe le pronunce;
- il GDLI, indica la pronuncia "sàmmit" per summit e non specifica niente per mass media, dando così per scontata una pronuncia aderente alla forma scritta.
- il DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia di Migliorini-Tagliavini-Fiorelli, precisa che bisogna dire "mes midia" e "sàmit" (con una sola "m"), privilegiando dunque le pronunce "all'inglese".
Trattandosi quest'ultimo del più autorevole "Dizionario di Pronunzia" italiano, ritengo che debba considerarsi il più attendibile; e, questo, secondo me, anche per ragioni di buon senso.
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Ed infatti è vero che tali termini derivano entrambi dal latino, però, noi li assumiamo dall'inglese con lo specifico "significato" ad essi attribuito da tale lingua, e non con quello originario latino; per cui, in effetti, mi sembrerebbe più logico di pronunciarli all'inglese.
La parola "iter" noi la usiamo, sia pure in senso metaforico, con lo stesso significato dei nostri antenati (percorso, sentiero); ma non così i termini "summit" e "mass-media".
D'altronde, per quanto concerne quest'ultima locuzione, la prima parte è indubbiamente di matrice inglese, per cui sarebbe un po' abnorme pronunciarla metà in inglese e metà in italiano (o meglio, in latino).
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Tra l'altro, quale fosse realmente la pronuncia latina, non lo sapremo mai con certezza; tanto è vero che noi pensiamo che gli antichi Romani si salutassero con l'espressione "ave", mentre, invece, poichè per loro la "v" e la "u" erano intercambiabili, molto probabilmente il loro "ave" suonava più o meno come il nostro "(a)uè" (che non si usa solo a Napoli).
Comunque, secondo me, bisogna essere coerenti e opportuni, e cioè:
- utilizzare o un tipo o l'altro di pronuncia per entrambi i termini;
- scegliere quella più adatta al contesto e a chi ci si sta rivolgendo.
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Vale! :)
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#4084
La battuta di Draghi sullo "smart working" mi è piaciuta moltissimo; quasi meditando tra sè e se, infatti, ha esclamato: "Ma perché mai tutte queste parole inglesi?"
Tra l'altro, in effetti, lo stesso termine "smart working", in inglese, allude più che altro alla "flessibilità" dei processi lavorativi nell'ambito delle nuove tecnologie che rendono il lavoro più "intelligente" (quindi più "smart"); quello che in Italia intendiamo per "lavoro agile" o "lavoro da casa", in Inghilterra si chiama "working from home" oppure "remote working" e ancora "telecommuting"...ma non certo  "smart working"!
E poi non mi è ben chiaro perchè mai si debba usare il "gerundio" ("working") invece del "sostantivo" ("work"); sarà pure una moda, ma a me sembra una moda insensata e sintatticamente illogica, a prescindere dalla circostanza che gli inglesi la usino o meno.
***
Qui in Italia, comunque, la definizione che ne dà il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è la seguente: "lo 'Smart Working', ovvero il 'Lavoro Agile' è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività".
Tale traduzione non è del tutto corretta, perchè "smart", in inglese, a seconda dei casi in cui si usa tale locuzione, vuol dire "intelligente", "capace", "attivo", "brillante", "alla moda", ecc., ma, di sicuro, non vuol dire "agile" (che loro, a seconda dei casi, esprimono con i termini "nimble", "lithe", "limber", "fleet" ecc.); però, tale definizione, tutto sommato, è abbastanza "funzionale" per gli scopi che si prefigge la Legge 22 maggio 2017 n. 81.
Ho notato, però,  che, in pratica, tale terminologia viene spesso usata a sproposito, in quanto anche tale versione "maccheronica" del termine viene usata per definire fenomeni diversi (sebbene affini), quali, il "flexible working", che costituisce la categoria più generale di tutte, il "remote working", che è soltanto una sottocategoria del"flexible working", l'"agile working", che è una cosa ancora diversa, consistendo in un insieme di pratiche che tendono ad ottimizzare il modo di lavorare enfatizzando la "proattività", ecc.ecc.
Di fatto, però, almeno a quanto mi risulta, in tempo di COVID, in genere si fa ricorso a forme molto più elementari di puro e semplice "telelavoro all'italiana" (che esisteva già venti anni fa); il quale si svolge prevalentemente con un normale telefono, e, ma solo nei casi migliori e laddove la cosa sia praticabile, per mezzo di elaborazione di pratiche attraverso il computer.
Ma su queste terminologie linguistiche, bisognerebbe aprire un "topic" a parte (tanto per usare un'altro "anglicismo"), per cui torniamo al nostro tema.
***
Se l'azzeccata battuta di Draghi sullo "smart working" mi è piaciuta moltissimo, quella di Zaia mi è piaciuta ancora di più; perchè, sia pure involontariamente, ha dimostrato come a voler fare "scena" con un'idioma altrui, spesso si rischia di fare delle figuracce (talvolta capita anche a me, come racconterò in seguito).
Ed infatti, il "ruspante" governatore veneto, parlando in conferenza stampa delle categorie più fragili e il loro accesso al vaccino anti-Covid, ha definito i "caregiver" come 'coloro che fanno da autisti alle persone non autosufficienti e disabili'; forse confondendo "caregiver" con un improbabile "cardriver".
Il governatore, infatti:
- prima ha sbagliato la pronuncia del termine, sostituendo a "care" (cura) la parola "car" (automobile);  ed infatti la prima si pronuncia "cher" con le "e", la seconda "car" con la "a", così come è scritta;
- poi è scivolato anche sul significato dell'espressione, entrata nell'uso comune, che definisce i familiari che assistono un congiunto malato o disabile, e non gli autisti dei disabili, cioè "caregiver".
***
A questo punto, però, secondo me occorre distinguere tra:
1) "Pseudoanglicismi".
Ad esempio:
- "book" (fotografico), che in inglese si chiama "artist's portfolio";
- "autogrill", che in inglese non esiste e si dice "motorway service area";
- "autostop", il cui corrispettivo inglese è "hitchhiking";
- "smoking", che in inglese si chiama "dinner jacket" e in americano "tuxedo".
Al riguardo, rammento che la mia divisa militare "da cerimonia serale", si chiamava, appunto, "dinner jacket"; però assomigliava molto di più ad un "frac" (da "frock coat", ovvero "redingote"), che non al mio vestito civile  "da cerimonia serale"; che, come tutti, anch'io ho sempre chiamato "smoking".
2) "False friends" (falsi amici).
Sono le locuzioni più ingannevoli di tutte, perchè si tratta di parole inglesi che somigliano molto a quelle italiane, però hanno un significato differente.
Ad esempio
- "abstemious" in inglese vuol dire "frugale" e non "astemio", mentre  "astemio", invece, si dice "teetotal" (un noto ubriacone italiano, di cui non faccio il nome, per fare l'"anglofono" disse una volta di non essere "abstemious");
- "actual" in inglese vuol dire "effettivo" e non "attuale", mentre  "attuale", invece, si dice "present" o "current" (un noto politico italiano, di cui non faccio il nome, per fare l'"anglofono" disse una volta che lui era sempre "actual", nel senso di "aggiornato");
- "addiction" in inglese vuol dire "dipendenza" o "assuefazione", e non certo "addizione", mentre  "addizione", invece, si dice "sum" (un noto allenatore italiano, di cui non faccio il nome, per fare l'"anglofono" disse una volta che la sua squadra aveva una "addiction" in più rispetto alle altre, il che, forse, era vero, anche se lui voleva dire un'altra cosa);
- "affluent" in inglese vuol dire "ricco" , e non certo "affluente", mentre  "affluente", invece, si dice "tributary" (però non mi risulta che nessuno abbia mai abusato del termine);
- "ass" in inglese vuol dire "asino", "imbecille", "cretino" (ed anche "culo") , e non certo "asso", mentre  "asso", invece, si dice "ace" (un noto politico italiano, di cui non faccio il nome, per fare l'"anglofono" disse una volta che lui era l'"ass" di cuori del partito).
E potrei continuare a lungo.
3) "Useless friends" (amici inutili).
Sono le locuzioni inglesi che somigliano molto a quelle italiane, e che hanno anche un significato analogo; per cui, esistendo già la parola italiana, non ha senso usare quella inglese.
Ad esempio "vision" e "mission" (concetti spesso confusi tra di loro, sia in italiano che in inglese), significano sostanzialmente le stesse cose in entrambe le lingue: per cui non vedo il motivo per il quale non dovremmo usare le parole italiane "visione" e "missione" in luogo di quelle inglesi (sebbene qualcuno sostenga che ci sono delle sfumature diverse).
Effettivamente diverso, invece, è il caso della parola tedesca "Weltanschauung", che non è letteralmente traducibile in lingua italiana perché non esiste nel nostro lessico una parola che le corrisponda pienamente;  ed infatti, tale locuzione, esprime un concetto di "pura astrazione", che può anche essere restrittivamente tradotto con "visione del mondo", "immagine del mondo" o "concezione del mondo", sebbene lo spirito della parola tedesca (Geist), non sia "esattamente" questo.
4) Helpful friends(amici utili).
Sono, infine, le parole inglesi che non solo è "lecito", ma, anzi, direi che è "necessario" usare; ciò, in quanto non esistono valide parole italiane che le possano sostituire.
Ad esempio, sarebbe assurdo entrare in un negozio di informatica e chiedere un "topo da usare per gestire un elaboratore elettronico"; tanto più che "mouse", a differenza dell'italico "topo", deriva dal latino "mus".
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ANEDDOTICA PERSONALE
Per concludere, tuttavia, per onestà devo ammettere che io, forse, predico bene (e non è neanche detto che sia così); però, sicuramente, razzolo molto male.
Ed infatti, la prima volta che mi recai in Gran Bretagna, a sedici anni, forte del mio inglese scolastico, quando il doganiere mi chiese, col suo accento "cockney" dell'East London : "Anything to declare?" ("Ha qualcosa da dichiarare alla dogana"), io non compresi neanche una parola; per cui, timidamente, gli chiesi "What?" (cioè "Che cosa hai detto?"), ma non mi resi conto di aver pronunciato "Watch?" ("orologio").
Per cui, lui, non rilevando il mio punto interrogativo, mi fa: "Ok, let me see it!" ("Va bene, fammelo vedere!", cioè, l'orologio).
Questa volta avevo compreso benissimo la domanda, però non avevo capito che cosa volesse vedere; per cui ripetei "What?" (pronunciato sempre "Watch").
E lui, "Understood, but let me see it!" ("Ho capito, ma fammelo vedere!").
Ed io, imperterrito, "What?" (pronunciato sempre "Watch").
Andammo avanti così per un bel po', mentre la fila dietro di me cominciava a spazientirsi; fino a che dovette venire un interprete per chiarire l'equivoco.
***
Qualche tempo dopo, nonostante il mio pessimo inglese, riuscii persino a mettermi con una ragazza; ma non tanto per merito mio, quanto, piuttosto, perchè, almeno all'epoca, i ragazzi italiani, da quelle parti, andavano a ruba (e, avendo conosciuto qualche ragazzo inglese, forse ho anche capito perchè).
Purtroppo, però, con lei mi capitò di commettere una delle più colossali "gaffe" linguistiche della mia vita (ma non certo l'ultima); di fronte alla quale, quella di Zaia, impallidisce.
Ed infatti, per farle un complimento, le dissi: "You have really wonderful hairs", intendendo dire che aveva dei "bellissimi capelli" (biondi); al che lei scoppiò a ridere come una matta, ma io non capivo perchè.
Poi mi spiegò che, in inglese, capelli si dice "hair", senza la "s", mentre "hairs", con la "s" plurale, vuol dire "peli"; al che, sarei voluto sprofondare sotto terra!
Me ne sono ricordato, perchè, recentemente, passandoci davanti con la macchina, ho visto un barbiere di periferia che aveva attaccato sulla sua vetrina il cartello "hairs cut"; l'ho subito fotografato, ed avrei voluto chiedergli "quali?", ma ho preferito soprassedere.
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Il che fa il paio con un parrucchiere del quartiere Prati, che, molti anni fa, montò addirittura un'insegna al neon con la scritta: "chauffeur". Questo me l'hanno solo raccontato, perchè non l'ho visto con i miei occhi.
***
Morale della favola, come a tavola, cerchiamo di parlare il più possibile come mangiamo!
Sebbene ormai, temo che in un Paese in cui c'è gente che preferisce il "sushi" alla "pizza", forse sarebbe meglio non dare consigli del genere; comunque, se proprio volete mangiare quella porcheria almeno ordinate "sushi" e non "shushi", come fanno alcuni, perchè potreste mettere in difficoltà il cameriere.
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In ogni caso, da quando alcuni ristoranti hanno finalmente rivelato la vera ricetta del "sushi", secondo me, solo un masochista potrebbe cibarsene.
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***
Greetings
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#4085
Ciao Alexander. :)
E' verissimo: l'uomo non è solo ragione , è anche sentimento!
Ed è anche vero che in molti individui prevale la ragione e in molti altri il sentimento; mentre in ben pochi sussiste "isostenicamente" l'equilibrio tra le due facoltà.
***
Io, però, aggiungerei che, forse, la cosa migliore sarebbe farsi "prevalentemente" guidare dall'uno o dall'altro, a seconda dei singoli casi che ci si trova ad affrontare.
Ad esempio:
- dovendosi sposare, secondo me, occorre lasciarsi guidare "prevalentemente" dal sentimento, piuttosto che da considerazioni razionali circa l'opportunità della scelta (sebbene anche di queste bisogna tenere conto);
- dovendo, invece,  acquistare un'automobile, secondo me, occorre lasciarsi guidare "prevalentemente" dalla ragione, piuttosto che da considerazioni emotive  (sebbene anche di queste bisogna tenere conto).
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Un saluto! :)
***

#4086
Ciao Jacopus. :)
Le tue sono tutte considerazioni molto sagge, e pienamente condivisibili; ma il fatto è, se mi consenti l'"ossimoro",  che noi esseri umani spesso "ragioniamo" in modo del tutto "irrazionale".
Forse fa parte della nostra natura!
***
Ad esempio, se taluno intende acquistare un immobile, e, gli si presenta un sedicente delegato del venditore, la prima cosa che il compratore  pretende di controllare, insieme al Notaio, è la "procura" di cui esso è fornito.
Ora poniamo, in via di ipotesi, che la procura risulti del seguente tenore: "Io sottoscritto, Pinco Pallino, attesto e certifico, assumendomene la piena responsabilità civile e penale, che il signor Panco Pallone mi ha personalmente conferito ampia procura, con 'pactum de rato et valido', affinchè io venda il suo immobile sito in Pisciocavallo, riscuotendone per suo conto il prezzo; che, successivamente, mi impegno a inoltrargli tramite bonifico!"  Firmato  "Pinco Pallino!"
Presumo che, in un caso del genere, il compratore e il Notaio, più che alla polizia, telefonerebbero al manicomio, per farlo venire a prendere, perchè solo un matto potrebbe tentare una truffa del genere!
***
Lo stesso compratore e lo stesso Notaio, però, se sono ferventi cattolici, non si sognerebbero minimamente di mettere in dubbio la "procura" che, secondo sconosciuti pescatori della Galilea, il clero avrebbe ricevuto direttamente da Gesù Cristo in persona; la firma di quest'ultimo sulla "procura", in effetti, manca nel modo più assoluto, però nessuno ci fa caso, dicendo che si tratta di una questione di "fede in Dio".
Il che, a ben vedere, è un tantino inesatto, in quanto, semmai si tratta di una questione di "fede" in quattro sconosciuti pescatori della Galilea, i quali si sono "autoconferiti" da soli la delega in questione; il che, in teoria, potrebbe anche andare bene, per chi ci vuole credere, ma perchè mai, solo in quel caso, ci si fida della mera parola del delegato?
***
Non intendo certo aprire qui una discussione sul tema dell'"autorità papale" e del clero, Dio me ne guardi; però, secondo me, è un esempio lampante di come noi esseri umani spesso "ragioniamo" in modo del tutto "irrazionale"...per non dire in modo palesemente "contraddittorio".
Ma vallo a spiegare a quel compratore e a quel Notaio!
***
Un saluto! :)
***
#4087
Citazione di: iano il 13 Marzo 2021, 11:11:54 AM
@Eutidemo.
Fai bene a sottolineare la fallacia del nostro intuito in campo statistico.
Aprire questo tipo di discussioni è sempre un motivo di merito.
Magari ne aprirò una in futuro io.
Condivido purtroppo con Ipazia la sfiducia nel sistema sanitario italiano .
Quella la condivido un po' anch'io; perchè un conto sono la "sicurezza" e l'"efficacia" del vaccino in sè e per sè, mentre un altro conto sono la "sicurezza" e l'"efficienza" del vaccino nella sua distribuzione e somministrazione. :(
Sono due aspetti da tenere ben distinti!
Comunque speriamo di essere smentiti tutti e tre! ::)
#4088
Pochi casi su MILIONI di somministrazioni non configurano ancora, neanche lontanamente, una "pericolosità statistica".
***
D'altronde,  da uno studio condotto sotto la direzione del dottore Michael Wolfe, dell'universita' di Boston, pubblicato sul ''New England Journal of Medicine'', risulterebbe che le ulcere attribuite all'ASPIRINA, provocano -soltanto negli Stati Uniti- circa 16.500 morti all'anno; cioè, secondo il Centro Nazionale americano di Statistiche sanitarie, una cifra di poco inferiore a quella dei decessi provocati dall'AIDS, che ammonta a 16.685.
***
Wolfe ha però spiegato che l'aspirina resta comunque utilissima per curare determinate patologie, in quanto ha effetti letali soltanto in una ristrettissima percentuale, in rapporto ai milioni di utenti che regolarmente l'assumono; ed infatti è l'uso in cosi' larga scala di tale farmaco, che ne aumenta enormemente i "rischi statistici", collocandola al 15esimo posto tra le principali cause di morte insieme all'ibuprofene e agli altri farmaci antinfiammatori non steroidei.
***
L'auto più venduta al mondo è la Toyota Corolla, che ha raggiunto 1.483.120 unità vendute; il che spiega perchè, statisticamente, la maggior parte di incidenti d'auto è attribuibile a tale vettura.
La quale, però, viene comunque (giustamente) considerata una delle "più sicure" al mondo!
***

Pertanto, quanto ai "limitatissimi" casi di morti cronologicamente "contestuali" alla somministrazione dei vaccini:
- resta ancora da dimostrarne il "nesso di causalità", perchè, visto il grande numero di somministrazioni ed il grande numero di decessi per cause "cardiocircolatorie" autonome e indipendenti, è inevitabile che, in alcuni casi, si debba "necessariamente" verificare la concomitanza "casuale" -e non necessariamente "causale"- dei due fenomeni (questo era il mio esempio degli infarti);
- in ogni caso, anche qualora tale "nesso di causalità" venisse dimostrato (come è possibile), fino a che gli "effetti letali collaterali" del vaccino rimangono limitati a casi così isolati, o, comunque, non oltre la "soglia" di quelli provocati dall'aspirina, mi sembra ovvio che il "rapporto costi-benefici"  suggerisca a tutte le persone dotate di un minimo di buon senso di farsi vaccinare.
***
Ciò premesso, però, come già avevo scritto, qualora sussistano concreti indizi di "grave" pericolosità di uno specifico vaccino, ritengo anche io opportuno sospenderne provvisoriamente la somministrazione per eseguire, il più rapidamente possibile, le verifiche del caso; ed infatti la campagna vaccinale non può assolutamente subire ritardi ingiustificati.
Fermo restando che nessuno può scegliersi il vaccino che preferisce, perchè non siamo mica in gelateria!
***
#4089
Citazione di: Alexander il 12 Marzo 2021, 08:41:15 AM
Buongiorno a tutti


Mi sembra di ricordare che il vaccino AstraZeneca ha avuto degli inconvenienti anche in fase di omologazione, quando si scoprì che mezza prima dose di vaccino aveva effetti migliore che la dose standard intera testata come da protocollo. AZ è un vaccino sviluppato su un adenovirus presente nei gorilloni e quindi diverso da quelli con l'RNA messaggero. Al momento, in attesa di verifiche, ci sono dubbi su alcuni lotti sparsi per l'Europa. Alcuni paesi, come Danimarca, Finlandia,Islanda, Lettonia e Austria (vado a memoria) hanno sospeso del tutto le vaccinazioni con AZ. Si sono verificati casi di formazione di trombi venosi e polmonari in diversi vaccinati sotto i 65 anni. Essendo questi delle persone sane ( i dubbi e le verifiche vengono per questo) e giovani direi che è doveroso scioglierli, questi dubbi.
Sono considerazioni sicuramente condivisibili!
Ed infatti, anche secondo me, invece di bloccare il solo lotto sospetto, forse, in attesa di ulteriori accertamenti, sarebbe stato più opportuno sospendere "tutte" le somministrazioni di Astra Zeneca; almeno per il limitato tempo necessario per effettuare tutte le verifiche del caso.
E' meglio una superflua precauzione in più, che una utile in meno! ;)
#4090
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2021, 07:42:22 AM
Vallo a dire ai 17 paesi che hanno avuto episodi analoghi ed hanno bloccato Astrazeneca. Un conto è  morire d'infarto, un conto morire da sani per un'iniezione letale. Statistiche di questo genere meglio lasciarle al cinismo dei politici. E dei loro tirapiedi professionali che negheranno sempre e comunque ogni correlazione. Al contrario di quello che fanno, per gli stessi ignobili motivi, coi centomila "morti da covid".
Non hai capito una sega del mio ragionamento sull'infarto; lo trovo molto sconfortante!
Pazienza! :)

Però, anche secondo me, invece di bloccare il solo lotto sospetto, forse, in attesa di ulteriori accertamenti, sarebbe stato più opportuno sospendere "tutte" le somministrazioni di Astra Zeneca; almeno per il limitato tempo necessario per effettuare tutte le verifiche del caso.E' meglio una superflua precauzione in più, che una utile in meno!

#4091
Questi i fatti:
- il sottufficiale della Marina Stefano Paternò, è morto per arresto cardiocircolatorio ventiquattr'ore dopo avere ricevuto l'immunizzazione Astra Zeneca.
-  il maresciallo Giuseppe Maniscalco è deceduto per infarto oltre 48 ore dopo la somministrazione del vaccino Astra Zeneca.
-  l'agente della squadra mobile di CataniaDavide Villa, deceduto 12 giorni fa, due settimane prima del decesso era stato sottoposto al vaccino AstraZeneca.
Sono sufficienti questi fatti per ritenere che il vaccino in questione sia pericoloso?
***
Ogni anno, in Italia, circa 120.000 persone sono colpite da infarto e decedono per problemi cardiocircolatori; di queste, circa 25.000 muoiono prima di arrivare in ospedale, cioè, circa 70 al giorno.
Per la legge delle probabilità, quindi, non solo è "possibile", ma anzi, è "altamente probabile" che alcune persone moriranno d'infarto 24 ore, 48 ore, o, addirittura, due settimane "dopo" aver ricevuto il vaccino; di sicuro nessuno si mette a controllare quante persone muoiono d'infarto 24 ore, 48 ore, o, addirittura, due settimane "prima" di aver ricevuto il vaccino da loro prenotato, sebbene il risultato statistico potrebbe risultare analogo.
Sarebbe invece davvero preoccupante se, successivamente alla inoculazione del vaccino, i morti per infarto (o per altre patologie) superassero la media statistica in assenza di vaccino; ma questo, almeno per ora, non sembra affatto essersi verificato, nè per Astra Zeneca nè per gli altri vaccini.
***
Intendo dire che bisogna stare molto attenti a non cadere nella fallace trappola pseudologica del "post hoc, ergo propter hoc" ("dopo di ciò, quindi a causa di ciò");  ed infatti, non è assolutamente vero che, se un avvenimento è seguito da un altro, allora il primo deve necessariamente essere la causa del secondo.
A meno che, ovviamente, non concorrano altri elementi di "prova", o, quantomeno "indiziari" a sostegno della sussistenza di un vero e proprio "nesso di causalità".
***
Al riguardo, per ora, l'unico "indizio" che farebbe effettivamente "sospettare" un "nesso causale" tra gli eventi, è che tutti e tre i decessi sono avvenuti, più o meno, in concomitanza con l'utilizzo delle fiale del lotto Abv 2856 di Astra Zeneca; per cui, giustamente, l'Agenzia Italiana del Farmaco ha deciso, in via precauzionale, di emettere un divieto di utilizzo su tutto il territorio nazionale delle fiale provenienti da tale lotto.
***
Per cui, visto che tale lotto è ormai "bloccato", non sussistono elementi, neanche indiziari, per sospettare la rischiosità nella somministrazioni di dosi Astra Zeneca provenienti da altri lotti.
***
Fermo restando, ovviamente, che circa settanta persone continueranno a morire ogni giorno d'infarto per conto loro; delle quali, considerando la massiccia intensificazione della campagna vaccinale, almeno due o tre, "casualmente" e non "causalmente", moriranno poco dopo aver assunto il vaccino (di qualsiasi tipo esso sia).
Senza considerare che, nel resto d'Europa, si sono riscontrati solo 30 casi di trombosi, in (mera) "coincidenza" di 5.000.000 di vaccinazione; inferiori agli effetti collaterali di una semplice aspirina.
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In ogni caso, ammesso che, almeno nel caso specifico, esista effettivamente un "nesso causale" tra gli eventi cronologicamente susseguitisi (il che è possibilissimo), occorre determinare a quale "anello della catena" è imputabile il tragico evento; ed infatti, dalla produzione alla somministrazione del prodotto, la filiera logistica è piuttosto lunga.
Comunque, visto che sembra che i siti di produzione siano stati tutti ispezionati dall'AIF, bisognerà fare luce soprattutto sulla conservazione delle dosi del vaccino nella sede ASP di Siracusa, sino alle fasi dell'inoculazione nella base militare di Augusta.
Per accertare tutto questo è anche indispensabile attendere l'esito dell'autopsia che dovrebbe essere effettuata oggi nell'obitorio dell'ospedale Cannizzaro di Catania da un'equipe composta da un medico legale, un infettivologo, un tossicologo e uno specialista che dovrà studiare l'anamnesi di Stefano Paternò.
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#4092
Negli ultimi giorni sta facendo rumore la notizia di munizioni italiane utilizzate dalle forze di repressione della dittatura birmana contro i manifestanti; ed infatti il 26 aprile dello scorso anno, il Consiglio UE aveva imposto ulteriori misure restrittive nei confronti del Myanmar/Birmania, che rafforzavano l'embargo dell'UE sulle armi e sulle munizioni verso il governo di tale sventurato Paese.
Però, al riguardo, sussiste secondo me un problema di coordinamento con la nostra normativa interna; ed infatti, l'art.1 comma 11 della Legge 9 luglio 1990, n. 185, con le modifiche introdotte dalla legge 17 giugno 2003, n. 148, riguardante il controllo nell'esportazione dei materiali di armamento, esclude da tale tipo di controllo, "le armi da caccia e relative munizioni".
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Venendo al merito della notizia apparsa su tutti i "media",  gli agenti di polizia birmani avrebbero sparato su un'ambulanza utilizzando un "proiettile" prodotto dall'azienda italiana "Cheddite"; il che non è esatto, perchè alla stampa è stato mostrato solo il "bossolo", ma non il "proiettile".
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Ed infatti, sul fondello del "bossolo" si legge chiaramente il marchio di fabbrica di tale casa produttrice, che ha la sede a Livorno, sebbene non venga precisato quale "proiettile" ci fosse dentro, prima che venisse sparato; il che è molto strano, perchè non può essere sparito nel nulla, e, quello, sì, che sarebbe interessante vedere (per i motivi di dirò in seguito).
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Comunque, c'è "poco da dire", per rispondere alla domanda del "brand" "cheddite?"; la cartuccia era senz'altro italiana
Tuttavia, in risposta a una richiesta di commento da parte di un giornale, la società avrebbe confermato di esportare munizioni in diversi Paesi del mondo ma ha negato di aver mai effettuato vendite alla Birmania; il che, in effetti, è possibile, perchè nulla vieta che delle munizioni esportate dall'Italia, per esempio, in USA, vengano poi riesportate in Birmania.
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Ad ogni modo, secondo me, il punto veramente delicato, su cui si sorvola troppo spesso, è un altro!
Ed infatti, così come legalmente sancito in Italia dall'art.1 comma 11 della Legge 9 luglio 1990, n. 185 sopra riportato, accade un po' in tutto il mondo che si concentri l'attenzione soprattutto sulle esportazioni delle "armi leggere da guerra", e molto meno, direi quasi per niente, sulle "armi leggere da caccia" (e relative munizioni).
Ciò accade, secondo me, perchè in genere le seconde vengono considerate meno pericolose per l'uomo delle prime; il che è assolutamente "falso", essendo vero, invece, almeno sotto certi aspetti, esattamente il "contrario"!
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Ed infatti, quando si parla di "munizioni da caccia", in genere si pensa a miti doppiette caricate a "pallini", buone soprattutto per le povere quaglie (o al massimo di "pallettoni").
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Ed invece, lo stesso identico bossolo calibro 12 che si vede esibito in immagine, in luogo dei "pallini", può sparare "slug" in piombo nudo (cioè, singoli grossi proiettili) capaci di fare secco sul colpo un cervo anche di grosse dimensioni.
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Al riguardo, infatti, molti non sanno che il calibro dei fucili non si esprime con riferimento ai millimetri del diametro del proiettile (ad esempio, 9 millimetri per la beretta d'ordinanza della nostra polizia); diversamente, per le canne dei fucili "ad anima liscia", cioè, in genere, quelli "da caccia", si è invece mantenuto l'antico sistema inglese di indicarne il calibro con il numero di palle di piombo aventi il diametro necessario per essere sparati da esse e che si possono ricavare da una libbra inglese (gr. 453,6) di piombo.
Quindi quando si parla di un fucile da caccia, in cal. 12,  ci si riferisce al fatto che le 12 palle di piombo sparabili con esso pesano quasi mezzo chilogrammo; il che è terrificante, in termini di potenza balistica.
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Tanto per averne un'idea, si tenga conto della diversità d'ampiezza di una "canna rigata" cal.9 mm (come la beretta d'ordinanza della nostra polizia), e di una "canna liscia" cal.12 di un fuclle da caccia (come, ad es, una "lupara").
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Oltre a tale aspetto, occorre considerarne anche un altro, forse ancora più rilevante: e,cioè, che una  "palla asciutta" da caccia, in genere, è in "piombo nudo", e, quindi, è estremamente più letale dei "proiettili FMJ" (Full Metal Jacket, cioè "incamiciati") che si usano in "guerra" e nelle "armi comuni" in vendita nelle armerie.
Ed infatti, per quanto riguarda le munizioni destinate alle "armi leggere da guerra", la "Convenzione di Ginevra" del 1864 stabilì che, in battaglia, potessero essere utilizzati soltanto "proiettili incamiciati" (Full Metal Jacket), e, cioè, non in "piombo nudo" (e, quindi, espandibili);  e fino ad oggi tutte le principali potenze mondiali si sono conformate a tale direttiva.
Probabilmente, si decise così in seguito alle stragi provocate dalle pallottole in piombo "miniè" nella guerra civile americana, i cui morti assommarono a più di seicentomila (una cifra per allora inimmaginabile); ma, soprattutto, per il tipo di ferite che tale tipo di pallottola provocava.
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Ed infatti, i "proiettili incamiciati" (Full Metal Jacket), restando sostanzialmente integri, invalidano il bersaglio senza necessariamente ucciderlo.
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Diversamente, i "proiettili in piombo nudo", consentiti solo per il tiro a segno (wad cutter) o di calibro .22, si espandono all'interno del bersaglio, provocando, così, lesioni estremamente dolorose e quasi sempre letali.
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Il vantaggio delle canne rigate rispetto a quelle ad anima liscia, sta soprattutto nella molto maggiore gittata e nella molto maggiore precisione; ma tali pregi contano poco in un combattimento a fuoco ravvicinato, laddove un fucile "a pompa" può risultare molto più "proficuo".
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Tuttavia, almeno in teoria,  la polizia birmana potrebbe non aver utilizzato  nè "pallini", ne "pallettoni" nè "palle asciutte" in piombo, bensì potrebbe aver usato delle più miti ogive definite "non letali" in gomma dura; per il fucile calibro 12, infatti, ormai sono disponibili numerosi caricamenti "non letali", che vengono utilizzati dalle polizie di tutto il mondo (meno la nostra); sebbene facciano lo stesso molto male, e, spesso, il morto ci scappi lo stesso.
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Però ci sono tre circostanze che ostano con tale ipotesi.
1)
Le condizioni del "tergicristallo" dell'ambulanza dopo lo sparo.
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2)
Il fatto che la polizia birmana mostri soltanto il "bossolo" e non il "proiettile" che da esso è stato sparato; in questo caso, infatti, viene "mostrata la mano, ma nascosto il sasso!"
3)
Il fatto che dal  catalogo delle munizioni dalla ditta CHEDDITE, non mi pare che risultino in vendita cartucce calibro 12 "non letali"; trattandosi di molti prodotti, può darsi che la cosa mi sia sfuggita, ma potete fare una verifica anche voi.
https://www.chedditeitaly.it/catalogo/
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CONCLUSIONE

Comunque, a prescindere dal caso specifico, ritengo che il controllo sull'esportazione delle armi "da caccia "(e su quelle "sportive"), nonchè sulle relative munizioni, dovrebbe essere molto più attento ed accurato di quanto sia adesso.
E non solo in Italia!
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#4093
Ciao Sapa. :)
Il tuo ragionamento sarebbe perfettamente condivisibile, se, sventuratamente, l'emergenza epidemica dovesse durare per sempre; ed infatti, come giustamente scrivi, sarebbe davvero inconcepibile dover "andare avanti ad oltranza (sine die) a rimanere chiusi in casa e  a guardare eventi in differita streaming".
Ma poichè, per fortuna, non è così, sono d'accordo con te soltanto in parte.
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Ed infatti, laddove si è già riusciti a vaccinare una parte consistente della popolazione (ad esempio in UK e, soprattutto, in Israele), la pandemia si è subitaneamente contratta, ed in modo drastico; per cui è ragionevole supporre che, presto o tardi, questo accadrà un po' dovunque, così come è accaduto per "tutte" le altre pandemie.
Considerato questo, trovo eccessiva questa "fregola di spettacolo" (peraltro surrogabile in TV o online), come se non andare al cinema o al teatro per qualche mese -o anche per un anno o due- fosse una questione di vita o di morte!
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Però, sebbene io non comprenda minimamente le esagerate lamentele degli utenti di certe attività "circenses",  capisco invece in pieno l'angoscia degli operatori del settore; i quali, effettivamente, rischiano la "morte" delle loro attività, se, in qualche modo, sia pure con le massima cautele, non si consente loro di riaprire.
Pertanto, sebbene, dovendo scegliere, per me è preferibile la "morte" di cento aziende piuttosto che la "morte" di una sola persona, tuttavia la cosa migliore è cercare, per quanto si può, di evitare entrambe le cose; per cui, a mio parere, una "molto cauta" riapertura di determinate attività, è senz'altro condivisibile.
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Hai peraltro ragione nel ritenere che "se si fosse provveduto a "mappare" i pericoli e i rischi delle varie tipologie d'attività forse qualcosa si sarebbe potrebbe riaprire in relativa sicurezza, con le dovute precauzioni."
Però io non "scaricherei" le colpe solo su chi ci governa; ed infatti l'APP IMMUNI, che che era stata approntata dal precedente governo proprio per "mappare" i luoghi e le occasioni del contagio è stata "scaricata" solo dal 20% degli italiani (in sei mesi meno di 85mila notifiche).
Chi non ha "scaricato" l'APP IMMUNI ha quindi meno di tutti ragione di "scaricare" le colpe su terzi!
In ogni caso, come diceva Seneca: "E' segno di saggezza non scaricare le colpe sugli altri, bensì, in primo luogo, su se stessi; però è ancora più saggio rifuggire entrambe le cose, quando ciò avviene è determinato principalmente dal Fato!"
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Ora, sebbene io non condivida del tutto tale assunto, tuttavia trovo un po' strano, quando ci si trova sotto le bombe,  di prendersela con la contraerea piuttosto che con i bombardieri; ed infatti, sebbene  sia più che giusto criticare una contraerea inadeguata, secondo me, sarebbe molto più logico riservare il nostro "odio" alle bombe, piuttosto che a chi, come meglio può, cerca di fare in modo che ce ne piovano in testa il meno possibile!
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Un saluto! :)
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#4094
Ciao Anthony. :)
Prima di iniziare ogni spettacolo teatrale, come è noto, gli attori e spesso anche il cast tecnico si mettono in cerchio stringendosi le mani e all'unisono gridano "Merda! Merda! Merda!".
Quest'uso scaramantico risale al XVII secolo quando il pubblico era solito andare a teatro in carrozza; per cui, la presenza di molto pubblico e quindi di molte carrozze si legava alla presenza davanti al teatro di molti escrementi lasciati dai cavalli.
Ed infatti, quanto più erano abbondanti i gioiellini dei quadrupedi davanti al teatro dopo lo spettacolo, tanto maggiore era stata la ressa del pubblico all'entrata e all'uscita del teatro.
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Ti ho raccontato questo aneddoto, per mettere in evidenza il fatto che il rischio maggiore dei teatri (e dei cinema) si verifica nell'"assembramento" che naturalmente si verifica all'entrata e all'uscita, sia sui marciapiedi antistanti, sia nell'androne del teatro (anche durante gli intervalli); ed infatti, a differenza dei supermercati e dei negozi, nei quali la gente affluisce "alla spicciolata" tutto il giorno, durante il periodo di apertura, nei teatri (e nei cinema), si entra tutti insieme a un determinato orario, ed è questo che può essere pericoloso.
Il pericolo, cioè, secondo me è più nel collo che nell'interno della bottiglia!
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Inoltre le misure di distanziamento in un cinema e in un teatro proteggono soprattutto dai "droplets", ma molto meno dagli "aerosol", a meno che tutti non si tengano la mascherina durante lo spettacolo; il che mi sembra alquanto  improbabile, e comunque, al buio, non è certo una cosa controllabile dai gestori del locale.
Rispetto ai teatri, invece, secondo me, i cinema presentano un ulteriore problema; ed infatti non mi sembra credibile che dopo ogni spettacolo vengano disinfettati i braccioli delle poltrone, i quali, in tal modo, diventano un veicolo ideale per il virus.
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Però è vero, come dici tu, che il pubblico che va a teatro e differente da quello delle discoteche (e, forse, anche dei cinema), perchè, probabilmente, rispetta le regole di sicurezza molto di più.
Speriamo che sia sufficiente!
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Quanto al fatto che,  anche quando sono stati aperti, cinema e teatri hanno prodotto ben poche infezioni, secondo me questo non è un dato facilmente accertabile; ed infatti un dato del genere è statisticamente verificabile solo nel caso della presenza "stabile" di più persone in un determinato ambiente (scuole, prigioni, RSA ecc.), ma non certo nel caso della presenza "estemporanea" di più persone in vari teatri ed in vari cinema nel corso di diversi giorni e settimane.
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Comunque, anche io saluto con piacere questa riapertura, sebbene non penso che ne usufruirò personalmente;  ed infatti, stare due o tre ore seduto con una mascherina in faccia, per me sarebbe una tortura (anche se fosse possibile toglierla, io me la terrei lo stesso).
Peraltro, per quanto riguarda i cinematografi, passione della mia gioventù (ci andavo più volte a settimana), da circa dieci anni prima del COVID non mi ci recavo ormai più; ed infatti, da quando è possibile vedere qualsiasi film "on demand" sul PC, non capisco la necessità di restare bloccato al buio due o tre ore in un locale affollato, e, per giunta, a pagamento (oltre ad essere assordato da un audio non regolabile, e, talvolta, a una distanza troppo vicina o troppo lontana).
Quanto alle vantate dimensioni del "grande schermo", almeno per me, si tratta di una "bufala"; ed infatti la "grandezza dello schermo" è relativa alla distanza dell'occhio, per cui un monitor da 21 pollici alla distanza di un metro, è più "grande" di uno schermo di 2100 pollici alla distanza di venti metri.
Il teatro, invece, è un'altra cosa!
Ma queste sono soltanto considerazioni personali!
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Un saluto! :)
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#4095
Al riguardo, come al solito, i "mass media", semplificano un po' troppo le cose; il che, secondo me, è senz'altro opportuno per far digerire le notizie al grande pubblico (anche a prezzo di qualche imprecisione).
Però ciò può risultare deleterio:
- sia per gli operatori del settore, inducendoli ad affrontare delle spese di ristrutturazione, le quali, alla fine, potrebbero risultare del tutto inutili;
- sia per gli utenti, frustrandone le aspettative, e inducendoli ad anticipare inutilmente del denaro per le loro prenotazioni.
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L'esperienza degli impianti sciistici e degli alberghi di montagna, dovrebbe aver insegnato qualcosa a tutti.
Ovviamente, spero che tale incresciosa esperienza non si ripeta più, anzi, sono più che fiducioso che non si ripeterà; però, secondo me, è sempre bene sapere di che cosa si sta parlando, e capire bene che cosa "effettivamente" dice la normativa.
Ed infatti, un antico brocardo latino, recitava "Ignorantia legis non excusat!".
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Stando alla "bozza" del nuovo DPCM che andrà in vigore dal 6 marzo 2021 in sostituzione del decreto del DPCM del 14 gennaio 2021:
a)
Tale riapertura è prevista a due condizioni (vedi art.15) e, cioè:
-a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi;
- a condizione che siano approvati i nuovi "protocolli" o "linee guida" idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento, approvati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e validati dal Comitato tecnico-scientifico, che indichino anche "il numero massimo di spettatori" per spettacoli all'aperto e di spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, "per ogni singola sala".
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Dal combinato dei due disposti, sembra di capire che si sia in presenza di due distinti tipi di "condizione":
- la prima delle quali è CERTA sia nell'"an" sia nel "quando", poichè, se il gestore assicura nei suoi locali il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro, la prima condizione può dirsi automaticamente soddisfatta alla data prevista del 27 marzo;
- la seconda condizione, invece, non solo è INCERTA  sia nell'"an" sia nel "quando" (perchè non si sa nè se nè quando nuovi protocolli verranno "approvati" dal Ministero dei beni e delle attività culturali e  "validati" dal Comitato tecnico-scientifico), ma, per giunta, è pure di carattere sostanzialmente "potestativo", in quanto non dipende dall'attività e dalla diligenza dei gestori, bensì da quella del Ministero dei beni e delle attività culturali e del Comitato tecnico-scientifico.
Indi ragion per cui, se io fossi un gestore, non spenderei un euro prima di conoscere il contenuto di tali protocolli; sempre sperando che non vengano resi noti, per la prima volta, soltanto il venerdì 26 Marzo.
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In ogni caso, a parte il fatto che, oggi come oggi, è impossibile prevedere il contenuto specifico di tali protocolli, il DPCM prevede espressamente che essi, in ogni caso, dovranno indicare: "...anche il numero massimo di spettatori per spettacoli all'aperto e di spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala."
Attenzione!
Stando alla lettera, sembrerebbe che, anche se il gestore ha già provveduto ad assicurare nei suoi locali il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro, questo potrebbe non essere sufficiente se, avendo così ristrutturato il suo locale, tuttavia risulterà comunque "splafonato" il cosiddetto il "numero massimo di spettatori" che verrà determinato, per ogni singola sala, dai nuovi protocolli o linee guida.
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b)
In ogni caso, la riapertura dei cinema e dei teatri dal 27 marzo 2021 (alle condizioni di cui sopra), è, sì, espressamente prevista, ma solo fino al 6 aprile 2021; ed infatti non bisogna mai trascurare l'efficacia nel tempo di una norma, la quale, di solito, viene precisata dalle "disposizioni di chiusura".
E, nel nostro caso, l'art. 55 sancisce  testualmente che le disposizioni del DPCM "si applicano dalla data del 6 marzo 2021, in sostituzione di quelle del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021, e <<sono efficaci fino al 6 aprile 2021>>".
Il che vuol dire che in tale data le "regole del gioco" potrebbero cambiare nuovamente, sia in meglio sia in peggio; cioè, prevedendosi una nuova sospensione delle attività dei cinema e dei teatri, se il contagio dovesse prendere una piega più brutta del previsto.
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                                                         CONCLUSIONE
Sempre che io abbia correttamente interpretato le disposizioni di cui sopra (le quali, comunque, per ora le ho trovate soltanto in forma di bozza), qualcuno potrebbe pensare che i nostri governi siano gestiti da "sadici", che si divertono a torturare i poveri cittadini; reazione, questa, in buona parte comprensibile, ma, in fondo, profondamente "sciocca".
Ed infatti occorre tenere presente che, dal 31 Gennaio del 2020, noi siamo permanentemente in uno "STATO DI EMERGENZA"; per cui è inevitabile che i singoli DPCM, a prescindere da chi è al governo, non possono che avere un'efficacia relativamente breve, perchè non sono loro a determinare l'andamento della pandemia, bensì avviene "il contrario"!
Ed infatti è l'andamento della pandemia a determinare, di volta in volta, il contenuto dei vari DPCM, e non viceversa.
Ovviamente, con questo non voglio affatto dire che i provvedimenti governativi non mirino a contenere il contagio, con maggiore o minore efficacia, ma, in ogni caso, si tratta di "reazioni" ad un evento che si sviluppa, diabolicamente, per suo conto; chi mai avrebbe previsto la "variante inglese", solo qualche mese fa?
Per cui, chi è al timone della nostra barchetta, in questa procellosa bufera, non può certo prevedere in anticipo (se non con molta approssimazione) da quale direzione arriverà la prossima ondata, nè la sua violenza; quindi i passeggeri non possono lamentarsi se il capitano è costretto a "navigare di bolina", e a scartare all'ultimo momento a babordo e a tribordo, facendo ruzzolare sul ponte quelli che non hanno a disposizione un saldo punto d'appoggio.
L'importante è che riesca a mantenere la rotta, e a condurci (prima o poi) in un porto sicuro!
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(I vaccini sono un discorso a parte)