Uno stato globale non dovrebbe assomigliare ad una grande nazione, la globalizzazione può essere sostituita dalla glocalizzazione, il rispetto delle culture territoriali non deve inficiare sulla nostra capacità decisionale, uno stato globale non è una grande Italia dove al posto del campanilismo c'è il nazionalismo. E non ci sono canzoni di Lou Reed da imparare, ma la fratellanza dei popoli, idea tanto antica quanto poco frequentata che risiede tuttavia ancora al centro di gran parte delle culture umane ben prima che sovvenisse in maniera cosi imperitura il rischio dell'estinzione della vita sulla terra.
Cominciamo a scremare alcune ipotesi balzane, tra le quali a) che il libero movimento delle persone sia una sorta di deviazione del capitalismo, è anzitutto il contrario, il capitalismo è fertile dove il capitale può muoversi liberamente e le persone no (Adam Smith) b) (se fosse necessario) che non si tratta di un idea balzana capitata in testa a qualche gruppo di "superuomini" chiusi in uno stanzino e c) che non si tratta di una sfida intellettuale che la sinistra ha deciso di autoimporsi per inseguire ideali umanisti di bassa lega (tesi "buonista").
Trasformarsi in una civiltà planetaria è l'unico modo per assorbire e gestire la responsabilità intrinseca alla tecnica e alla potenza che oggi essa ha raggiunto e le conseguenze che si prospettano in caso avessimo ancora voglia di fare i giocolieri con le granate. Se dobbiamo aspettare di scottarci per capire, se serve un conflitto termonucleare o l'inabissamento della Florida e della val Padana, per me non è un problema, abito lontano da questi posti, ma dovrebbe essere un problema per il nostro orgoglio di esseri umani e per noi occidentali in primis. Il rischio è che la democrazia non sia un sistema sufficientemente efficace per attraversare una serie di istituzioni concentriche, che le elezioni non riescano ad oltrepassare una certa soglia di località e lo stato globale si trasformi in un leviatano. Se cosi fosse dovremmo essere in grado di rimettere in discussione TUTTO, pur di trovare un sistema che funzioni a livello globale. Egualmente alla filosofia la civiltà si è ubriacata dei propri termini, li vede come monoliti inarrivabili e inattacabili, mi sono rotto le palle di sentire che non ci sono soldi per i senzatetto quando a fianco un articolo celebra il budget del nuovo StarWars, che da solo potrebbe risollevare le sorti di un intera regione. Noi decidiamo il valore del denaro, come esso si muove, cosa lo attrae e cosa lo respinge, il fatto stesso che esiste, il vero leviatano. Il conservatorismo spacciato per realismo è il peggior ingrediente di una società, ammanta di ragioni assurde la semplice codardia a difesa dello status quo. L'arrendevolezza che leggo in alcuni post davanti alle "regole del denaro" mette seriamente in discussione la nostra natura di esseri empatici e sociali, la nostra capacità di essere virtuosi.
Cominciamo a scremare alcune ipotesi balzane, tra le quali a) che il libero movimento delle persone sia una sorta di deviazione del capitalismo, è anzitutto il contrario, il capitalismo è fertile dove il capitale può muoversi liberamente e le persone no (Adam Smith) b) (se fosse necessario) che non si tratta di un idea balzana capitata in testa a qualche gruppo di "superuomini" chiusi in uno stanzino e c) che non si tratta di una sfida intellettuale che la sinistra ha deciso di autoimporsi per inseguire ideali umanisti di bassa lega (tesi "buonista").
Trasformarsi in una civiltà planetaria è l'unico modo per assorbire e gestire la responsabilità intrinseca alla tecnica e alla potenza che oggi essa ha raggiunto e le conseguenze che si prospettano in caso avessimo ancora voglia di fare i giocolieri con le granate. Se dobbiamo aspettare di scottarci per capire, se serve un conflitto termonucleare o l'inabissamento della Florida e della val Padana, per me non è un problema, abito lontano da questi posti, ma dovrebbe essere un problema per il nostro orgoglio di esseri umani e per noi occidentali in primis. Il rischio è che la democrazia non sia un sistema sufficientemente efficace per attraversare una serie di istituzioni concentriche, che le elezioni non riescano ad oltrepassare una certa soglia di località e lo stato globale si trasformi in un leviatano. Se cosi fosse dovremmo essere in grado di rimettere in discussione TUTTO, pur di trovare un sistema che funzioni a livello globale. Egualmente alla filosofia la civiltà si è ubriacata dei propri termini, li vede come monoliti inarrivabili e inattacabili, mi sono rotto le palle di sentire che non ci sono soldi per i senzatetto quando a fianco un articolo celebra il budget del nuovo StarWars, che da solo potrebbe risollevare le sorti di un intera regione. Noi decidiamo il valore del denaro, come esso si muove, cosa lo attrae e cosa lo respinge, il fatto stesso che esiste, il vero leviatano. Il conservatorismo spacciato per realismo è il peggior ingrediente di una società, ammanta di ragioni assurde la semplice codardia a difesa dello status quo. L'arrendevolezza che leggo in alcuni post davanti alle "regole del denaro" mette seriamente in discussione la nostra natura di esseri empatici e sociali, la nostra capacità di essere virtuosi.

Devo però a questo punto specificare che quando cito Hesse non lo faccio tanto per Siddharta, quanto per il "Lupo della steppa" e "il gioco delle perle di vetro". Siddharta in realtà mi ha lasciato abbastanza freddo a riguardo e non ho mai veramente attechito su di esso.
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