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Messaggi - Eutidemo

#4096
Un tempo, prima che venissero effettuati gli scavi archeologici, il "Foro Romano" veniva chiamato "Campo Vaccino", perchè, come mi raccontava mio nonno, si trattava di una tranquilla campagna in cui pascolavano le vacche (e, talvolta, anche le giumente); quelle era facile contarle, anche con un semplice ottocentesco "pallottoliere".
Diversamente, non è affatto semplice effettuare una "seria" comparazione statistica tra le "Campagne Vaccinali" dei vari Paesi; questo, sia perchè i dati vengono forniti in modo discronico, sia per altre ragioni, di cui parlerò più avanti.
Ad ogni modo, almeno stando al Lab24 che è uno dei siti più seri, la situazione attuale dovrebbe essere la seguente:
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/ef/bd/1b/ME132FUN_t.jpg
Non so se l'immagine abbia una risoluzione sufficiente, comunque, per quanto concerne la "classifica" dei principali Paesi europei, la situazione in valori "assoluti" e "relativi" di due o tre giorni fa, è la seguente:
Spagna    3.284.678 -   7,03 (dosi ogni 100 abitanti) 23 feb
Germania   5.544.145 -   6,62 (dosi ogni 100 abitanti) 24 feb
Italia   3.950.725-    6,33 (dosi ogni 100 abitanti)    24 feb
Francia   3.974.739-    5,86 (dosi ogni 100 abitanti) 23 feb
***
L'interpretazione dei dati della tabella, potrebbe indurre a qualche "maliziosa" illazione, in quanto:
- il 14 gennaio 2021 Biden annunciò una massiccia campagna vaccinale in USA;
- il 15 gennaio 2021 la PFIZER annunciò il taglio delle già contrattate e promesse forniture all'Europa, per presunti "problemi di produzione" (o, forse, di "distribuzione"?).
Stranamente, però, le forniture agli USA ed ai suo "pupilli" (UK, Israele, Emirati Arabi  ecc.), invece di diminuire, sono "aumentate", o, quantomeno, sono rimaste "invariate".
***
Per quanto in particolare riguarda l'Italia, poichè noi contavamo sulle forniture contrattate e promesse, il nostro protocollo aveva previsto di accantonare una certa quota di dosi, per completare tutti i cicli vaccinali con la somministrazione della seconda dose; ed infatti, come "doppie dosi", mi sembra che i nostri vaccinati siano quasi il doppio della media europea.
Però, essendoci state tagliate "a tradimento" le forniture, ci siamo trovati "spiazzati", e, quindi, con una quantità di "prime dosi" somministrate inferiori alle medie europee; il che, secondo me, è precipuamente imputabile ai fornitori, più che alla nostra programmazione vaccinale.
***
Stando così le cose, e salvo che di punto in bianco i produttori mantengano le loro promesse (tradite, in seguito, anche dall'Astra Zeneca), secondo me dovremmo modificare quanto prima il precedente "protocollo"; e, finchè il vaccino non saremo in grado di produrcelo in casa, dovremmo rassegnarci anche noi  a somministrare soltanto le prime dosi (le quali, in effetti, sembra che comunque una certa protezione la diano lo stesso).
A mio parere, infatti, è meglio avere "più persone meno protette", che "meno persone più protette".Ma questa è solo la mia opinione!
***
In ogni caso la percentuale dei vaccinati sta aumentando (anche se troppo lentamente), come emerge dal seguente grafico aggiornato a ieri.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/ed/bb/34/ME132FVN_t.jpg
Occorre, però, tenere conto che l'incremento varia a seconda delle categorie interessate.https://cdn-thumbs.imagevenue.com/cd/eb/95/ME132FVQ_t.jpg
***
Sotto il profilo cronologico, le 4 fasi della campagna di vaccinazione erano state riviste dal governo a inizio febbraio alla luce dell'approvazione del vaccino Astrazeneca, indicato per la platea della fase 3, secondo il seguente calendario.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/05/97/b2/ME132FW3_t.jpg
Non so se il calendario sarà mantenuto così, se non si riuscirà ad ovviare alle diverse forniture di vaccini; ma, probabilmente la cosa verrà decisa in concomitanza del prossimo DPCM.
***
Ed infatti, per raggiungere la cosiddetta "immunità di gregge", sembra che occorra  somministrare 84.342.495 dosi per vaccinare il 70% della popolazione italiana; sempre che si vogliano considerare 2 dosi per persona vaccinata, al fine di avere una salvaguardia individuale superiore (si spera) al 90%. Ma, poichè l'ultima media mobile a 7 giorni di dosi somministrate ogni giorno in Italia è di 87.077, a questo ritmo ci vorranno 2 anni, 6 mesi e 4 giorni per coprire il 70% della popolazione;  per cui la cosiddetta "immunità di gregge" verrebbe raggiunta soltanto il giorno 3 agosto 2023. :o
Quindi, o si aumenta la produzione, anche in casa (ma, sembra, non prima di cinque o sei mesi), oppure, almeno per ora, forse è meglio andare avanti a "monodosi".
***
Però, ovviamente, questa è solo la mia opinione di "nesciente" in materia, che cerca di ragionare come meglio può, in base ai dati che riesce a trovare su INTERNET!
***
P.S.Mi scuso per la scarsa qualità delle immagini, ma, meglio di così, non sono riuscito ad ottenere.
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#4097
Attualità / COVID19 Il paradosso delle mascherine.
25 Febbraio 2021, 15:33:41 PM
Ciao Gyta. :)
E' esatto; un virus, in generale, ha un diametro compreso fra 0,02 e 0,3 micrometri (cioè milionesimi di metro); però bisogna tenere conto che quelli che interessano l'apparato respiratorio, come l'attuale coronavirus, si diffondono nell'ambiente circostante attraverso i cosiddetti "droplet", che hanno una dimensione variabile fra 5 e 10 micrometri (nm), e, come scrivi tu, in alcuni casi fino a 50 micrometri (nm).
"https://cdn-thumbs.imagevenue.com/23/2a/6e/ME132E2A_t.jpg
***
Per il resto, condivido quasi tutto quello che hai scritto in seguito, anche perchè corrisponde sostanzialmente a quello che avevo già scritto io; a parte il fatto che la sigla FFP, almeno così mi sembra, sta per FILTERING FACE PIECE, e non per  FILTERING FACE PROTECTION come hai scritto tu.
Il che, però, non cambia minimamente la sostanza delle cose, perchè mentre le mascherine chirurgiche proteggono molto poco chi le porta, le FFP, invece, proteggono molto di più; cioè, tra il 92% e il 98% a seconda che siano FFP2 o FFP3 (come nelle tabelle che avevo riportato io).
***
Secondo me, però, tu confondi un po' la funzione di "filtraggio", che attiene al "tessuto" della mascherina FFP nel suo complesso; o meglio  il suo "tessuto non tessuto" (TNT), che è un termine generico per indicare un prodotto industriale simile a un tessuto, ma ottenuto con procedimenti diversi dalla tessitura e dalla maglieria.
Ed infatti nel TNT le fibre presentano una disposizione casuale, senza alcuna struttura ordinata, diversamente da una ortogonale (fatta da trama e ordito) o a maglia (fatto da ranghi e file) di un normale tessuto; questo perchè i tessuti convenzionali ortogonali e a maglia sembrano non riuscire a raggiungere i requisiti di "filtraggio", imposti dalla EN 14683 per l'efficacia delle mascherine in questione.
***
Quindi, precisato che le mascherine, o, almeno le FFP, sono TUTTE "filtranti" di per se stesse, non è esatto dire che alcune sono "con filtro" ed altre "senza filtro".
Ed infatti tu confondi:
- il FILTRO che qualunque "face filtering piece" offre, per sua natura, a chi la indossa;
- con la VALVOLA ESPIRATORIA, la quale, nelle "face filtering piece" che ne sono dotate, come correttamente scrivi,  "filtra" solo in ingresso ma non in uscita (quindi se chi le indossa è malato c'è il rischio che possa contagiare qualcuno).
***
Peraltro, per svolgere determinati tipi di attività, esistono mascherine dotate di una sorta di "ventilazione elettronica forzata" la quale filtra l'aria e la sterilizza  sia in entrata che in uscita; e, soprattutto, rende il respiro quasi più agevole di quando non la si indossa, sebbene il ronzio elettrico sia un po' fastidioso (va ricaricata tramite USB ogni 5 ore).
"https://cdn-thumbs.imagevenue.com/a8/df/af/ME132E50_t.jpg
***
Quanto alla tesi di Soldati, la conoscevo, e so che è molto controversa; ma, al riguardo, non mi pronuncio, perchè non ho competenze specifiche in materia.
Tuttavia, anche se tale teoria fosse vera, se si usa la mascherina in modo corretto, se ci si lavano spesso le mani, se si usa di frequente l'amuchina e si ricorre a tutte le altre cautele del caso (soprattutto starsene tranquilli per conto proprio), secondo me, si può comunque ridurre al minimo il rischio di contagio.
Ma mai eliminarlo del tutto, questo è chiaro!
***
Un saluto! :)
***
#4098
Attualità / COVID19 Il paradosso delle mascherine.
25 Febbraio 2021, 07:18:39 AM
Ciao Gyta :)
Non ho idea delle tue fonti, ma io mi riferisco alle tabelle rintracciabili da chiunque su INTERNET, delle quali la seconda mi sembra più attendibile, perchè dovrebbe trattarsi della traduzione in italiano di quella dell'OMS.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/12/8c/09/ME132B99_t.jpg
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/e1/69/45/ME132B98_t.jpg
***
Nella prima, l'efficacia di filtraggio verso l'esterno viene data al 100% (il che forse è un po' eccessivo), mentre l'efficacia di filtraggio verso l'interno viene data all'80%; nel senso, cioè, che solo il 20% dell'aerosol esterno viene trattenuto dalla maschera, mentre il restante  80% penetra.
Nella seconda, più plausibilmente, l'efficacia di filtraggio verso l'esterno viene data al 95%, mentre l'efficacia di filtraggio verso l'interno viene data all'20%; nel senso, cioè, che l'80% dell'aerosol esterno è in grado di penetrare attraverso la maschera.
***
Per cui, grosso modo, le due tabelle mi sembra che coincidano nel dichiarare che le mascherine chirurgiche hanno una scarsissima funzione protettiva per chi le indossa, mentre ne hanno una ottima per chi sta intorno; il che, peraltro, mi sembra essere stato confermato da tutti gli esperti in materia (quale io, di certo, non sono)
***
Quanto al tuo ragionamento lo trovo in buona parte condivisibile, però ti invito a fare il seguente esperimento (che io ho fatto):
1)
Lega una mascherina su una bottiglia asciutta, come se si trattasse di un volto, e poi spruzzala esternamente con un "spray" aerosol; noterai che la mascherina si impregna, e, in taluni casi, essendo a contatto con la bottiglia, finisce per inumidire anche la superficie della bottiglia (che prima era asciutta).
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/f0/6d/08/ME132BCP_t.jpg
2)
Adesso, slega la mascherina e prendi un'altra bottiglia asciutta; noterai che se tu spruzzi lo stesso "spray" aerosol, all'interno della mascherina, e in direzione della bottiglia, la mascherina si impregna, però, non essendo a contatto con la bottiglia, non la inumidisce minimamente.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/f0/6f/9f/ME132BCR_t.jpg
***
Il che, peraltro, è intuitivo, in quanto:
- se  ti copri il volto con un fazzoletto mentre uno ti starnuta addosso, è ovvio che sentirai comunque che il fazzoletto ti si inumidisce un po' sulla faccia;
- se, invece,  sei tu che ti copri il volto con un fazzoletto mentre starnuti, non "spruzzi" nessuno intorno.
***
Ciò premesso, attualmente, solo gli sprovveduti vanno in giro con una semplice "mascherina chirurugica" (che protegge abbastanza gli altri, ma pochissimo se stessi), visto che le FFP2 te le tirano dietro, anche in edicola, per pochi euro; e quelle sono "molto" più efficienti, sia verso l'interno che verso l'esterno, come risulta dalle tabelle di cui sopra.
***
Quanto all'aerosol virale in sospensione nell'aria, al riguardo occorre tenere presente due cose:
a)
Se si indossa una mascherina efficiente, il rischio che possa filtrare attraverso la mascherina è pressochè nullo.
b)
In ogni caso, uno studio multidisciplinare condotto dal  Cnr-Isac, Università Ca' Foscari Venezia, Cnr-Isp e dall'Istituto zooprofilattico sperimentale della Puglia e della Basilicatanel mese , analizzando le concentrazioni nell'atmosfera del Coronavirus SARS-CoV-2 a Venezia e Lecce, per accertare le possibilità di trasmissione attraverso l'aria (airborne), ha alquanto "smitizzato" tale rischio.
***
Da tale studio, infatti, è emerso che il ruolo della trasmissione aerea dipende da diverse variabili quali la concentrazione e la distribuzione dimensionale delle particelle virali in atmosfera e le condizioni meteorologiche; variabili che si diversificano a seconda che si considerino ambienti outdoor e ambienti indoor.
La potenziale esistenza del virus nei campioni di aerosol analizzati è stata determinata raccogliendo il particolato atmosferico di diverse dimensioni dalla nanoparticelle al Pm10 e determinando la presenza del materiale genetico (Rna) del SARS-CoV-2 con tecniche di diagnostica di laboratorio avanzate; tutti i campioni raccolti nelle aree campione, hanno rilevato che la concentrazione di particelle virali era molto bassa nel PM10 (inferiore a 0.8 copie per m3 di aria) e in ogni intervallo di dimensioni analizzato (inferiore a 0,4 copie/m3 di aria)".
***
Per cui i ricercatori hanno così concluso: "Pertanto, la probabilità di trasmissione airborne del contagio in outdoor, con esclusione di quelle zone molto affollate, appare molto bassa, quasi trascurabile. Negli assembramenti le concentrazioni possono aumentare localmente così come i rischi dovuti ai contatti ravvicinati, pertanto è assolutamente necessario rispettare le norme anti-assembramento anche in aree outdoor".
***
Però Andrea Gambaro di Ca' Foscari, ha precisato che il rischio: "...potrebbe esserci in ambienti indoor di comunità scarsamente ventilati (come i ricoveri per anziani), dove le goccioline respiratorie più piccole possono rimanere in sospensione per tempi più lunghi e anche depositarsi sulle superfici. È quindi auspicabile mitigare il rischio attraverso la ventilazione periodica degli ambienti, l'igiene delle mani e delle superfici e l'uso delle mascherine".
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Un saluto! :)
#4099
Al riguardo, il governo congolese ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Gli assalitori, sei, muniti di cinque armi di tipo Ak47 e di un machete hanno esploso tiri di avvertimento prima di obbligare gli occupanti dei veicoli a scendere e seguirli nel fitto del parco, dopo aver abbattuto uno degli autisti al fine di creare il panico. I ranger e l'esercito si sono messe alle calcagna del nemico. A 500 metri dalla strada, vistisi seguiti, i rapitori hanno tirato <<da distanza ravvicinata>> sul carabiniere, deceduto sul posto, e sull'ambasciatore, ferendolo all'addome. Quest'ultimo è morto per le ferite, un'ora più tardi, all'ospedale della Monusco di Goma"
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Naturalmente sarà l'"autopsia" a rivelare se quanto affermato dal governo congolese  sia o meno vero, e, cioè, se i colpi sono stati sparati:
- da "distanza ravvicinata", nel qual caso la versione ufficiale è la più plausibile;
- da "maggiore distanza", ed, allora, è più probabile che i nostri connazionali siano stati uccisi dal "fuoco amico" dei Rangers congolesi.
Ed infatti, le caratteristiche morfologiche del foro di entrata variano in rapporto alla di­stanza di sparo; per convenzione si è soliti distinguere tra i colpi sparati da lontano (> 50 cm), e quelli  sparati a di­stanza ravvicinata (< 50 cm) ed a contatto.
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A dire il vero, tale circostanza, almeno in modo approssimativo, è verificabile anche ad occhio nudo, in quanto:
- nei colpi sparati da lontano il foro d'ingresso si presenta circolare (se il proiettile è penetrato perpendicolarmente alla superficie cutanea) o ovalare (se è penetrato obliquamente), con margini finemente sfrangiati e talora introflessi, ma, nel complesso, abbasta ben definiti;
- nei colpi sparati da vicino, invece, il il foro d'ingresso presenta margini più  frastagliati, per effetto del violento ingresso dei gas nel tessuto sottocutaneo, e, se il colpo è molto vicino, appare anche evidente il cosiddetto "alone di ustione", determinato dall'azione della fiammata e dei gas ad alta temperatura liberati dalla canna dell'arma.
In alcuni casi la differenza tra un caso e l'altro, è abbastanza evidente anche ad occhio nudo; ma, in ogni caso, per averne la certezza è necessario effettuare un'attenta ed accurata autopsia.
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Occorre poi verificare se il proiettile è soltanto "penetrato" il corpo, e, quindi, ci è rimasto dentro, oppure se lo ha "perforato", e, quindi, si è poi perso nella boscaglia.
Nel primo caso, infatti, sarà possibile esaminarlo, per verificare due cose:
- le "impronte balistiche di classe", per mezzo delle quali si risale al tipo e al modello di arma;
- le  "impronte balistiche peculiari", le quali, invece sono specifiche della singola arma che ha sparato.
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Quanto alle prime, cioè le "impronte balistiche di classe", sembra appurato che i rapitori usassero degli AK 47, comunemente denominati Kalašnikov, le cui prime versioni adottavano munizioni calibro 7,62 × 39 mm, e, successivamente quelle da 5,45 × 39 mm.
Le armi in dotazione ai Rangers congolesi, non si ha ancora idea di quali fossero, ma, almeno in teoria, dovrebbe trattarsi di una qualche versione dell'M16, che, invece utilizza munizioni 223 Remington, cioè del calibro 5,56 × 45 mm NATO; però ho visto da alcune foto che, talvolta, anche le forze dell'ordine congolesi hanno in dotazione il Kalašnikov.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/39/09/2c/ME1321N4_t.jpg
Pertanto, secondo me, bisognerebbe pretendere una verifica documentata del tipo di armi in dotazione ai Rangers che hanno assalito i ribelli che avevano sequestrato (senza ucciderli) i nostri connazionali.
***
Quanto alle seconde, invece, e cioè alle  "impronte balistiche peculiari", le quali, sono specifiche della singola arma che ha sparato, bisognerebbe pretendere un riscontro delle armi usate dai vari partecipanti al conflitto a fuoco; oppure di quelle abbandonate anonimamente sul terreno (da riscontrare con le impronte digitali e le tracce di DNA).
Ed infatti, durante il passaggio attraverso la canna, a causa dell'attrito determinato dalla presenza delle rigature della canna e di imperfezioni casuali e microscopiche dell'anima della stessa, sulla superficie del proiettile si formano delle striature (macro e micro) e dei segni che possono far identificare la "specifica" arma che ha sparato il proiettile ritrovato nel corpo della vittima.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/a0/dd/42/ME1321P0_t.jpg
***
Ciò premesso, e fatti salvi, appunto, i necessari riscontri materiali di cui sopra, a livello di mere congetture a me la dichiarazione ufficiale non sembra troppo convincente.
Ed infatti, secondo me:
- i sequestratori non avevano alcun interesse o intenzione di uccidere i prigionieri, altrimenti li avrebbero uccisi durante l'imboscata, e non li avrebbero catturati portandoseli al proprio seguito;
- vistisi seguiti, o meglio, assaliti dai Rangers, i rapitori avevano ben altro da pensare che sparare al nostro carabiniere e al nostro ambasciatore, in quanto, prima che a loro, si sarebbero preoccupati di sparare sui Rangers aggressori.
Pertanto, nello scontro a fuoco, almeno a mio parere, è più probabile:
- che i nostri connazionali siano stati accidentalmente uccisi dal fuoco dei Rangers, che sparavano nel mucchio "da lontano", e che, quindi, non potevano certo discernere bene i bersagli;
- piuttosto che dai rapitori, che ce li avevano "vicino", e che, quindi, molto più difficilmente li avrebbero potuti colpire per sbaglio; mentre, con intenzione, come sopra detto, era poco plausibile.
***
Come ho detto, le mie sono mere congetture, perchè è impossibile sapere con certezza cosa sia effettivamente avvenuto nei momenti convulsi di uno scontro a fuoco; per cui occorre effettuare i necessari riscontri materiali con la massima attenzione ed accuratezza, in quanto potrebbe esserci qualcuno che potrebbe avere avuto interesse a "compromettere" le prove.
Ed infatti, a mio modesto parere di profano, l'anatomopatologo che esaminerà i corpi delle vittime, con la collaborazione di un perito di "balistica terminale", dovrebbe accertare con la massima accuratezza quali ferite siano intervenute "prima" (antemortem), "durante" (perimortem) o "dopo" il decesso (postmortem).
Ed infatti, in passato, si è verificato da parte di qualcuno il tentativo di simulare "perimortem" o "postmortem" uno colpo ravvicinato, sparando "a cartuccia vuota" (cioè "a salve")  sulla ferita letale, la quale, invece, era stata in orgine inferta con uno sparo da lontano; in tal modo, infatti, si provoca un "alone di ustione", che può appunto lasciare credere che la vittima sia stata uccisa con un colpo d'arma da fuoco a breve distanza (sebbene, esaminando bene il foro ed il tipo di lesione ai tessuti interni, il trucco si possa agevolmente scoprire).
***
Ma non voglio certo rubare il mestiere a nessuno (anche considerando che non è certo il mio, per fortuna), per cui staremo a vedere quello che diranno i (veri) esperti e periti in materia.
***
#4100
SEGUE
***
COROLLARIO
Prima di esporre qualche ulteriore "trucco linguistico" al cui riguardo stare in guardia, ritengo opportuno fare una precisazione rispetto a quanto scritto sopra; ed infatti, a voler essere pignoli, il concetto di "presupposizione" e quello di "implicatura" si distinguono in base ai criteri qui di seguito illustrati.
***
a)
Presupposizioni.
In via generale, ed al di là dei tentativi di "persuasione subliminale", la cosiddetta  "presupposizione" costituisce un legittimo meccanismo linguistico che consente di usare il linguaggio in maniera economica; cioè, permette di non affermare esplicitamente qualcosa presentandolo già in modo implicito come oggetto di accordo o condiviso con il destinatario del messaggio.
Però le "presupposizioni"  vengono molto utilizzate sia in politica che in pubblicità perché rappresentano uno dei metodi più efficaci per persuadere e spingere, "indirettamente", il comportamento delle persone in una certa direzione.
Per esempio, qualche anno fa, l'Opel lanciò una serie di spot con la modella tedesca Claudia Schiffer come testimonial la quale esclamava estasiata, riferendosi all'auto: "è una tedesca!"; e, in questo caso l'"informazione presupposta", che viene data per scontata, è che i prodotti tedeschi sono i più affidabili sul mercato.
Questo, tutto sommato, è accettabile, ma, in altre situazioni la potenza persuasiva delle "presupposizioni" viene sfruttata un po' "abusivamente": ed infatti, quello di dare qualcosa per presupposto, significa sottrarlo al vaglio critico di chi riceve il messaggio, e, quindi, renderlo più facilmente accettabile anche se ciò che si presuppone è "falso".
***
b)
Implicature.
Il termine "implicatura" è molto più recente del termine "presupposizione", ed  è stato introdotto per la prima volta dal logico inglese Paul H. Grice nell'articolo Logic and Conversation del 1975;  nel quale l'autore spiega come l'"implicatura" sia un'informazione che viene comunicata in modo implicito sulla base di ciò che viene detto esplicitamente e su quanto viene presupposto in una conversazione.
Cioè, detto in altre parole, per farmi comprendere merglio, Grice distingue tra:
- ciò che si dice alla lettera;
- ciò che si lascia intendere.
Il che, è qualcosa di più, rispetto alle semplici "presupposizioni", in quanto:
- come le presupposizioni, anche le implicature possono servire per economizzare l'informazione (esprimere molto con poco);
- però sono più sottilmente persuasive e cattivanti, in quanto inducono il ricevente a recuperare da sè il messaggio, anziché imporglielo apertamente;
- e, soprattutto, a differenza delle presupposizioni, sono "cancellabili".
Cosa vuol dire questo?
Molto ambita in ambito "politico-demagogico", la cosidetta "cancellabilità" è una proprietà interessante di alcuni tipi di implicature che consiste nella possibilità di negare ciò che si è voluto intendere, non quello che si è detto.
Ed infatti:
- negare qualcosa che è stata detto in modo espresso, ritirandolo esplicitamente o sostenendo di non averlo detto, costringe ad ammettere di aver sbagliato (oppure manifesta una palese contraddizione);
- diversamente, se invece, si comunica qualcosa tramite un'"implicatura", è possibile legittimamente "cancellare" il messaggio a posteriori tutelandosi da conseguenze spiacevoli, semplicemente eccependo: "Io ho solo detto A...ma chi ve lo detto che invece sottitendevo B?".
Ad esempio, quando un negozio espone un cartello promozionale che recita: "Sconti fino al 90%" siamo in presenza di una cosiddetta "implicatura scalare"; ed infatti il negoziante suscita nei passanti che leggono il cartello, aspettative di un risparmio molto elevato sulla maggior parte delle sue merci.
Però, di fatto, lo sconto del 90% potrebbe riguardare anche un solo prodotto (ovviamente, il meno costoso); e nessun cliente deluso potrebbe accusarlo di "truffa", perchè il cartello, a ben vedere, non ha proclamato nulla di "letteralmente" falso!.
***
c)
Mitigazioni.
La cosiddetta "mitigazione" è un "escamotage" molto usato, specie in politica, ma anche in commercio, per "deresponsabilizzarsi" rispetto a ciò che si dice; o, quantomeno, o per non compromettersi più del necessario.
Di solito si ottiene attraverso la "vaghezza" di alcune espressioni che non possiedono un significato determinabile in modo circostanziato, come:
- circa;
- molti;
- pochi;
- velocemente;
ecc.
***
d)
Paralogismi.
I "paralogismi", detti anche "fallacie" sono degli "psedo-ragionamenti", in molti casi ingannevoli, ma che, almeno all'apparenza, appaiono plausibili e convincenti; essi si distinguono in formali e informali.
Paralogismi formali.
Si tratta di una sorta di moderno "sofisma"  politico o commerciale, in cui l'errore risiede nella connessione logica tra le premesse e la conclusione, a prescindere, quindi, dal loro contenuto, e che spesso assomigliano a forme di ragionamento valide come, ad esempio:
- il "modus ponens", che è una regola di inferenza che convalida la premessa per convalidare la conclusione;
- il "modus tollens", che è una forma di ragionamento che invalida la conclusione per invalidare la premessa.
Ad esempio, la pubblicità dell'anticalcare Calfort mostra una lavatrice danneggiata dal calcare; il tecnico, rivolgendosi alla casalinga, domanda: "Ma lei, signora, che anticalcare usa?", la signora risponde: "Uno economico" e il tecnico replica dicendo: "Il calcare è un problema serio! Per questo le consiglio di usare sempre Calfort!".
Questo SPOT, in sostanza, non fa altro che riesumare il vecchio paralogismo detto   della "fallacia della negazione dell'antecedente" il cui schema, come Socrate spiegò ai suoi discepoli, funziona così:
a) se usi Calfort allora hai le tubature pulite
QUINDI
b) non usi Calfort allora hai le tubature sporche.
E' ovvio che siamo in presenza di un classico inganno del linguaggio,  in quanto il calcare potrebbe essere benissimo dovuto a molte altre cause rispetto al semplice fatto di non aver utilizzato Calfort; ad esempio il calcare può formarsi in eccesso se i tubi passano vicino a  punti particolarmente caldi, quali elementi riscaldanti o radiatori.
Paralogismi informali.
Si tratta di una sorta di moderno "sofisma"  politico o commerciale, in cui l'errore risiede non tanto nella connessione logica tra le premesse e la conclusione, quanto, invece, nel contenuto stesso delle premesse e nella conclusione, che è falso pur apparendo vero.
***
e)
Fallacia del "falso dilemma".
Consiste in una antica ingannevole tecnica retorica (e demagogica), la quale consiste, prospettando un problema, nel presentare soltanto due alternative come se fossero le uniche opzioni possibili, mentre in realtà ve ne sono molte altre non contemplate; ad esempio, riguardo ai migranti, "accoglierli tutti" oppure "respingerli tutti" (per carità, era solo un esempio, non apriamoci sopra un dibattito).
***
f)
"Argomentum ad verecundiam".
Consiste nel citare una presunta autorità per sostenere una determinata posizione, ma spesso non è così, specie se l'autorità non è tale; ad esempio, nel caso della pubblicità dello shampoo Head & Shoulders del 2017, che vedeva come "testimonial" il portiere della nazionale italiana di calcio Gianluigi Buffon.
***
g)
"Sed"
Consiste nell'invertire i termini della frase, mettendoci un "ma" in mezzo; in tal modo, come in un gioco di prestigio, il "significato" rimane lo stesso, ma il "senso" cambia alquanto.
Ad esempio:
- il nostro prodotto è il migliore, "ma" anche i prodotti degli altri sono ottimi.
- i prodotti degli altri sono ottimi "ma" il nostro prodotto è il migliore.
Potrei arrivare fino alla "z", ma non vorrei starla a fare troppo lunga!
***
CONCLUSIONE
Per concludere, c'è da chiedersi se il ricorso a certe tecniche di "persuasione subliminale", perpetrate attraverso un uso spregiudicato dei "trucchi" che offre il linguaggio (e ne ho riportati solo alcuni), siano o meno da reprimere a livello legale sia in campo commerciale che politico.
Questo, anche in qualcuno degli esempi che ho riportato sopra, è effettivamente avvenuto, con esemplari condanne per truffa o abuso della credulità popolare; però, in generale, ciò accade molto raramente.
Per cui la morale della favola è questa: quando leggete o ascoltate un messaggio politico o pubblicitario, non bevetevelo come se fosse acqua fresca, ma divertitevi a cercare di capire dove sta il "trucco"; ammesso che ci sia un trucco, ovviamente, perchè a volte il trucco migliore sta proprio nel non usare trucchi. ;)
***
#4101
In latino "limen" vuol dire "soglia", da cui deriva il moderno aggettivo "subliminale"; cioè, tutto ciò che ci raggiunge al di sotto del livello cosciente, "bypassando", così, la nostra "soglia critica".
***
1)
LA PERSUASIONE SUBLIMINALE ATTRAVERSO LA PERCEZIONE.
Tutti, penso, ricorderanno l'attenzione non solo del grande pubblico ma anche degli scienziati, che si concentrò sul particolare fenomeno "subliminale" (diverso da quello che intendo esaminare in questo "thread"), denominato "percezione subliminale"; ciò accadde in seguito al ben noto esperimento di James Vicary, che può essere identificato, appunto, come il primo tentativo di usare la comunicazione subliminale come tecnica persuasiva.
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Vicary sottopose per sei settimane il pubblico ignaro di un cinema di Fort Lee, nel New Jersey, a delle cosiddette "proiezioni subliminali" che contenevano i messaggi "Eat Popcorn" e "Drink Coke"; le frasi apparivano ogni cinque secondi per un terzo di millisecondo, e quindi per un tempo evidentemente troppo breve per poter essere percepite "consciamente" dagli spettatori.
Tuttavia, nei tam-tam dei media, si diffuse la notizia che le vendite di popcorn in quel cinema erano aumentate del 58%, mentre quelle di coca-cola del 18%.
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Sebbene Vicary fornisse pochissimi dettagli documentali circa il proprio esperimento, l'opinione pubblica fu molto colpita da questi risultati; per cui l'idea che la comunicazione subliminale potesse essere usata per manipolare il pensiero e il comportamento delle persone si diffuse velocemente, mettendo in allarme anche le autorità giudiziarie.
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In un'intervista del 1962 per la rivista Adversiting Age, però, messo alle strette, Vicary, confessò di essersi inventato tutto per fare pubblicità alla sua agenzia pubblicitaria, che si trovava in grandi di difficoltà finanziarie; nonostante questo la stragrande maggioranza delle persone continuò a credere alla veridicità del presunto esperimento.
Tanto è vero che, negli anni successivi provvedimenti legali per vietare l'uso della pubblicità subliminale vennero presi un po' in tutto il mondo, come in Belgio, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti; anzi, nel 1974 persino una commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite raccomandò un atteggiamento di proibizione.
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Vennero tentate diverse repliche dell'esperimento di Vicary, ma nessuna riportò risultati molto incoraggianti.
Nonostante questo, una delle trovate commerciali più redditizie fu sicuramente quella inerente alla diffusione sul mercato,  a partire dalla fine del 1980, di "cassette subliminali" audio e video per smettere di fumare, cassette per perdere peso, cassette per ridurre lo stress, cassette per migliorare l'autostima, ecc. ecc. ma tutte fallirono nel riportare "scientificamente" i risultati millantati dalle compagnie produttrici.
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2)
LA PERSUASIONE SUBLIMINALE ATTRAVERSO IL LINGUAGGIO.
Un tipo di "persuasione subliminale" più arcaica, ma sicuramente di molto più comprovata efficacia, è quella che si attua attraverso il "linguaggio".
Al riguardo, per prima cosa è bene chiarire un possibile fraintendimento, in quanto anche la persuasione per mezzo della "percezione subliminale", oltre ad utilizzare le immagini, fa uso di "parole", e, quindi, tecnicamente, del "linguaggio" ("Eat Popcorn", "Drink Coke"); però il destinatario non le "legge" a livello cosciente, bensì a livello meramente inconscio in un fotogramma di un terzo di millisecondo.
Diversamente, la "persuasione subliminale" che si attua attraverso il "linguaggio" vero e proprio, fa uso di parole che vengono perfettamente recepite a livello cosciente dal "destinatario"; solo che, dietro il "messaggio espresso", si nasconde un "messaggio implicito", il quale, gli comunica nascostamente qualcosa che non viene detto espressamente.
Ad esempio, mi pare Demostene, nell'occasione di una sua Filippica, disse: "<<Persino>> Evandro impugnò le armi e corse in battaglia!"; con ciò sottintendendo, senza dirlo espressamente, che Evandro  era un notorio vigliacco (ed infatti non era nè un vecchio, nè un fanciullo, nè un infermo).
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Ad esempio l'enunciato "La guerra è guerra!", mi pare nel "De Bello Gallico",  è  una mera tautologia che "letteralmente" non ci dice niente di speciale,  ma, in genere, vuole comunicare più di quanto effettivamente essa dica; ad esempio, che, in caso di guerra, sono giustificati anche degli eccidi.
Casi analoghi a quello appena menzionato sono rappresentati da enunciati palesemente falsi in quanto pronunciati con ironia, impieganti metafore, iperboli, sineddochi o altre figure retoriche.
La storia dei grandi oratori ne è ricolma.
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Ciò che, invece, è nuovo e interessante, è il moderno "accertamento sperimentale" e "misurabile" dell'efficacia di alcuni di tali espedienti; in particolare, di quelli che Grice chiama "presupposizioni" e "implicature", e, cioè: "le proposizioni che, in determinati contesti, possono essere comunicate da un enunciato senza essere esplicitamente dette, e senza essere quindi parte del significato convenzionale dell'enunciato".
Come spiegherò nel successivo "COROLLARIO", in effetti, "presupposizioni" e "implicature" non sono "esattamente" la stessa cosa; ma, per ora, per semplicità espositiva, userò indifferentemente i due termini (che, comunque, sono molto affini)
Tali tipi particolari di implicature (o presupposizioni che dir si voglia)  sono le quelle cosiddette "convenzionali": in esse le proposizioni addizionali comunicate da un enunciato non dipendono da particolari circostanze d'uso dell'enunciato ma sono associate in modo stabile, cioè in ogni contesto, a determinate espressioni, quali ad esempio "ma", "quindi", "persino" ecc. (es. "Persino Evandro impugnò le armi e corse in battaglia!").
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Ma la cosa più interessante, riportata alle pagine 40/47 della edizione italiana dello "Scientific American", intitolato "La lingua per ingannare", è quella che si evince dagli esperimenti eseguiti da Langford, Holmes e Schwarz nel 2016; dai quali sembra essere inequivocabilmente risultato che la stessa affermazione viene processata con più attenzione critica dal nostro cervello, se viene formulata in modo "assertivo ed esplicito", rispetto a quando viene meramente "presupposta".
Questo si spiega perchè il nostro cervello tende ad elaborare meno accuratamente l'"informazione presupposta", a causa del fatto ci viene data come già nota e scontata (cioè, ad es.che Evandro è un vigliacco);  quindi, siamo indotti a credere più facilmente al suo contenuto, senza vagliarlo nello stesso modo critico con cui vagliamo la stessa affermazione formulata in modo espresso e assertivo.
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Ovviamente questo non vuol dire che il "bersaglio" di tale trucco comunicativo ci debba per forza "cascare", soprattutto:
- se nutre pregiudizi contrari alla "presupposizione";
- se ha una soglia critica molto alta;
- se, come io sto facendo con chi legge, viene messo al corrente del trucco.
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Ed infatti, negli esperimenti di cui sopra, eseguiti con frasi "neutre" e "anodine" la cui verità o falsità era alla portata di tutti, non si è mirato tanto a verificare il numero di errori commessi dai partecipanti, quanto, piuttosto, il tempo cerebrale necessario per elaborare l'informazione.
In altre parole, nell'esperimento di Schwarz, si è appurato che, rispetto all'"asserzione" esplicita, la "presupposizione" aveva l'effetto di rendere più difficile giudicarla falsa; cioè, un "contenuto asserito" era altrettanto facile giiudicarlo sia vero che falso, mentre un contenuto presupposto era più facile da accettare come vero.
Il che è risultato misurabile dai "tempi di risposta" richiesti dal diverso tipo di elaborazione mentale, in un caso o nell'altro.
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D'altronde tali esperimenti scientifici, non hanno fatto altro che confermare le verifiche sperimentali di mercato e politiche, che già da parecchi anni erano state effettuate (riservatamente) dalle "agenzie pubblicitarie" dei prodotti commerciali,  e dalle "agenzie propagandistiche" dei vari leader politici.
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Ad esempio, Trenitalia scrive sulla sua pubblicità: "Frecciarossa, <<la>> firma dell'alta velocità italiana!"; definizione questa che "presuppone" la sua unicità; il che sarebbe corretto, ad esempio, se io dicessi "Elisabetta 2a, <<la>> regina d'Inghilterra", ma non è affatto vero nel caso della "Frecciarossa", perchè ci sono altre firme dell'alta velocità italiana, per cui avrebbero dovuto più correttamente scrivere "Frecciarossa, <<una>> firma dell'alta velocità italiana!".
Ed invece, scrivendo "Frecciarossa, <<la>> firma dell'alta velocità italiana!", si dà implicitamente per scontato che non ne esistanto altre; inganno che, per i motivi sopra esposti, rende più difficile accorgersi della bugia, che se avessero scritto "Frecciarossa, è l'unico operatore dell'alta velocità italiana!", perchè una tale proposizione assertiva, invece che "sotto", sarebbe passata "sopra" la soglia critica della maggior parte delle persone (come, appunto, un sondaggio mirato ha avuto modo di appurare).
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Mi astengo dal fornire esempi delle numerose subdole "implicature" presenti nei discorsi politici di esponenti di destra, di sinistra e di centro, perchè, chi è interessato alla cosa, può divertirsi a verificarle da sè sul seguente sito.
www.oppp.it
Rammenterò soltanto che, un tempo, i partiti si autoidentificavano con riferimento alle loro "proprie" ideologie (comunisti, socialisti, repubblicani, monarchici ecc.), senza implicitamente andare a "sfrucoliare" quello che erano gli altri: oggi, invece, le "implicature" negative appaiono da come alcuni partiti si autodenominano (almeno in un certo senso).
Ad esempio, un tempo, c'era un "Partito Democratico della Sinistra" (PDS), il quale, correttamente, in base alla logica aristotelica, veniva individuato per "genere prossimo" (democratico) e per "differenza specifica" (della sinistra); adesso, invece,  autodenominandosi semplicemente "Partito Democratico", sembra quasi si voglia "implicare" che gli altri partiti non lo siano affatto.
Allo stesso modo, autodefinirsi il "partito dei moderati", sembra voler "implicare" che gli altri siano tutti dei pericolosi "estremisti".
Quanto ad altri partiti, sebbene con definizioni a volte un po' "improbabili", hanno almeno cercato di "autodenominarsi" nel modo più adeguato ad esprimere la propria "natura", ma senza alcuna "implicazione" negativa per gli altri schieramenti.
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A dire il vero, come avevo accennato, per semplificare un po' il discorso, ho sin qui assimilato il concetto di "presupposizione" e quello di "implicatura"; però, a ben vedere, si tratta di due cose che non sono del tutto identiche.
Per chi è interessato, la spiegazione di tale differenza la può trovare nel sottostante "COROLLARIO": dove, oltre a quelli già illustrati, esporrò qualche ulteriore "trucco linguistico" al cui riguardo stare in guardia.
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#4102
Tematiche Filosofiche / I paradossi del linguaggio.
22 Febbraio 2021, 05:05:07 AM
Ciao Inverno e Phil. :)
Be', certo: tutto dipende da quello che si intende comunicare.
Ad esempio, rammento che moltissimi anni fa, quando, di notte, ero di sentinella a un deposito di munizioni alla periferia di Orvieto, un tizio alquanto brillo cominciò ad insultarmi, e ad avvicinarsi pericolosamente al "limite di consegna"; quando gli ho detto "chi va là", non mi ha risposto, quando gli ho detto "alto là" se n'è fregato"...ma quando gli ho intimato "fermo o sparo!" ha compreso subito il messaggio, e, voltate le terga, è sparito nella notte.
Quindi, se quel Tizio è ancora vivo, lo deve alla sua comprensione del linguaggio! ;)
Sono d'accordo con voi, però, che, se invece di dirgli "fermo o sparo!" avessi cercato di spiegargli, in sintesi, la teoria della relatività di Einstein, probabilmente non avrebbe capito una sega...e magari sarei stato costretto a sparargli!
Un saluto ad entrambi! :)
#4103
Tematiche Filosofiche / I paradossi del linguaggio.
21 Febbraio 2021, 17:15:40 PM
Ciao Inverno. :)
Secondo me, non solo non c''è dubbio alcuno che lo scopo prioritario del linguaggio sia la comunicazione, ma, anzi, direi che esso costituisca la nostra "differenza specifica" rispetto agli altri animali.
Ed infatti:
- la stragrande maggioranza degli altri animali comunica  in modo elementare, per semplici segni vocali che rappresentano oggetti ed azioni, ma senza un vincolo sintattico tra di essi che consenta loro l'uso di un vero e proprio linguaggio;
- determinati animali, invece, come le api, sembrano che abbiano un modo di comunicare più complesso, ma, in nessun caso, paragonabile a quello umano.
A meno che in questo FORUM, dietro qualche pseudonimo, non si nasconda un'ape!
:)
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Se il linguaggio, invece, come sostieni tu, servisse precipuamente a far funzionare i processi "interni", e solo l'1% venisse  utilizzato per comunicare "esternamente" con gli altri esseri umani, probabilmente la nostra specie si sarebbe estinta; o meglio, non si sarebbe mai sviluppata, in quanto il successo evolutivo dell'uomo è dovuto principalmente alle sinergie di scala, dovute alla collaborazione consentita esclusivamente dal nostro linguaggio complesso (compreso quello degli indigeni amazzonici).
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Nè mi pare una valida eccezione, sostenere che se il linguaggio avesse come scopo primario la comunicazione, i problemi di comunicazione non esisterebbero; ed infatti i problemi di comunicazione esistono proprio perchè noi ci avvaliamo del linguaggio.
Sostenere il contrario, sarebbe come dire che se gli aeroplani avessero come scopo primario la il volo, i problemi di volo non esisterebbero!
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D'altronde, la circostanza che nei computer il 99% del codice serve a far funzionare i processi interni, e solo l'1% viene utilizzato per comunicare con l'esterno, costituisce la controprova che per l'uomo non è affatto così; e, questo, proprio perchè l'uomo non è un computer, ed i suoi processi cerebrali sono molto diversi.
Ed invero non si è mai visto un computer litigare con un altro computer, e ricoprirlo d'insulti!
***
Quanto al fatto che il peso del linguaggio sul nostro sistema grava chiaramente, come per i computer, sul pensiero, e non sulla comunicazione, questo può essere vero; però, così come la comunicazione senza il pensiero sarebbe cieca, il pensiero senza comunicazione sarebbe muto...e, quindi, inutile.
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Un saluto! :)
#4104
Attualità / Re:COVID19 Il paradosso delle mascherine.
21 Febbraio 2021, 06:31:54 AM
Citazione di: Gyta il 20 Febbraio 2021, 00:19:59 AM
Veramente il "paradosso delle mascherine" è che la maggior parte usa quelle chirurgiche che non filtrano alcun virus in entrata né in uscita.
Il paradosso è dopo due anni un ministero di incapaci criminali.
(sembra la asl voglia fornire ai medici solo le chirurgiche.. follia..


In entrata il coefficiente di protezione è pessimo (intorno al 20%), ma in uscita è ottimo (intorno al 100%).
#4105
Tematiche Filosofiche / I paradossi del linguaggio.
20 Febbraio 2021, 11:45:12 AM
Ciao Jacopus. :)
Trovo ineccepibile la tua considerazione, secondo la quale "il linguaggio e la comunicazione umana rientrano nella categoria dell'analogico, ovvero nell'ambito di significati che hanno bisogno di un metacontesto, il più delle volte ambiguo e disponibile a interpretazioni o traduzioni multiple".
Meglio di così, non penso che si sarebbe potuto dire!
***
E' anche vero che conta molto anche il contesto in cui si svolge la comunicazione, e la specializzazione delle discipline, per cui "coscienza" ha un significato diverso se lo usa un filosofo, un medico, un teologo o il cosiddetto "uomo della strada".
***
Quanto a "matematizzare" il linguaggio giuridico, rendendolo scevro da interpretazioni linguistiche, lo ritengo:
- teoricamente un "sogno";
- praticamente, almeno per ora, un "incubo"!
Ed infatti la giustizia non può risultare da un calcolo algebrico, o dall'utilizzo di algoritmi; per cui, così come mi rifiuterei di farmi operare da un robot, allo stesso modo mi rifiuterei di farmi giudicare da una intelligenza artificiale.
Entrambi possono risultare utili (e in alcuni casi indispensabili) per aiutare l'uomo ad esprimere un giudizio, ma non certo per "giudicare" direttamente loro; ed infatti come diamine farebbe un "robot" a valutare uno "stato d'ira" ai fini dell'applicazione della relativa attenuante, e, più in generale, i vari "coefficienti psichici" della condotta da giudicare?
Dio ce ne guardi!
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***
Sono invece d'accordo che altro discorso è riuscire a mettere in comunicazione e far interagire le discipline scientifiche con quelle sociali, ovvero fra Naturwissenshaft e Geistwissenshaft, come dicono i nostri amici teutonici.
***
Un saluto! :)
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#4106
Tematiche Filosofiche / I paradossi del linguaggio.
20 Febbraio 2021, 11:18:15 AM
Ciao InVerno. :)
Trovo il tuo discorso molto interessante, e, in buona parte, condivisibile.
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D'altronde, nella nostra epoca "globalizzata", pullulano i "false friend", cioè le parole simili che in una lingua significano una cosa e in un'altra lingua significano una cosa diversa (o addirittura opposta); come, ad esempio, l'aggettivo "liberal(e)", che in USA è un predicato della sinistra, mentre, in Italia, lo è della destra.
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In effetti, forse, è più corretta l'accezione americana, essendo più generale e non ristretta al mero ambito economico.
Ed infatti la "democrazia liberale" si distingue dalla "democrazia" "tout court", in quanto:
- la prima contempla la necessità di "principi costituzionali" che garatiscano la "libertà" dei singoli e la "tutela"  delle minoranze;
- mentre la seconda no, potendo consistere in una "tirannia maggioritaria", costituita da un'assemblea di cinque leoni e tre gazzelle che devono decidere che cosa mangiare a pranzo.
***
D'altronde, anche a voler restringere la portata dei termini al mero ambito economico, secondo me qui in Italia si fa un po' di confusione tra "liberali" e "liberisti".
Ed infatti:
- mentre i "liberali" veri e propri sostengono il libero mercato perché ritengono che faccia crescere "un po' tutti", e aborriscono i "cartelli";
- i "liberisti", invece, sostengono che è giusto che i pochi sopravvivano e facciano profitto (anche formando "oligopoli") e che i molti possano pure andare a farsi fottere...e che questo andrebbe garantito dallo STATO
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Un saluto! :)
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#4107
Tematiche Filosofiche / I paradossi del linguaggio.
20 Febbraio 2021, 07:04:41 AM
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Sottotitolo: Ermogene, Agostino, il paradosso di Wittgenstein e quello di Kripkenstein.
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Nel dialogo "Cratilo", di Platone, Ermogene esordisce affermando quanto segue:
"Io, o Socrate, pur avendone discusso molte volte con costui e con molti altri, non posso convincermi che esista altra correttezza di nome se non <<la convenzione e l'accordo comune>>.  A me pare infatti che quando uno dà il nome a qualcosa, questo sia il nome giusto: e se poi ne mette al suo posto un altro, e non la chiama più con quello, per nulla l'ultimo nome è meno giusto del primo, come quando noi cambiamo nome ai nostri familiari, non per nulla questo nome cambiato come secondo è meno giusto di quello che era stato dato prima. Infatti da natura non c'è cosa alcuna che abbia nome, ma soltanto per la <<regola consuetudinaria>> di coloro che si sono abituati a chiamare in una determinata maniera e così la chiamano."
Nonostante le successive argomentazioni di Socrate (che, a mio sommesso parere, sono molto poco convincenti), quest'ultima affermazione di Ermogene la ritengo assolutamente ineccepibile; ed infatti, se io che scrivo e voi che leggete non condividessimo le stesse "regole linguistiche", voi non potreste comprendere quello che io sto scrivendo adesso.
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Nelle sue "Confessioni", Sant'Agostino ci propone, nella forma di un racconto, in prima persona la genesi del linguaggio nella mente di un bambino.
Da una parte vi sono gli adulti (i "majores homines") che parlano e agiscono, dall'altra vi è il bambino che osserva attentamente e che cerca di imprimere nella memoria il nesso tra il suono che sente pronunciare e l'oggetto che essi intendono, e che diviene manifesto in virtù dell'immediata chiarezza dei gesti e dei comportamenti di chi parla.Poi, all'esercizio attento del silenzio seguono i primi gesti linguistici: il bambino impara a piegare la bocca ai suoni degli altri e l'infanzia scompare, e con essa il ricordo di quel primo apprendimento.
Il bambino ora parla ed entra a far parte del "procelloso consorzio degli uomini"; ed infatti il suo attento e silenzioso osservare il comportamento dei "majores homines" gli ha infine indicato la via per far parte di una nuova comunità, per non sentirsi più straniero rispetto ai suoi stessi genitori.
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Nelle sue "Ricerche Filosofiche", Ludwig Wittgenstein prende le mosse proprio dal precedente passo di Sant'Agostino, osservando: "In queste parole troviamo, così mi sembra, una determinata immagine della natura del linguaggio umano. E precisamente questa: le parole del linguaggio denominano oggetti, e le proposizioni sono connessioni di tali denominazioni. In quest'immagine del linguaggio troviamo la radice dell'idea: ogni parola ha un significato. Questo significato è associato alla parola." (Ricerche filosofiche, a cura di M. Trinchero, Einaudi, Torino 1967, § 1).
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Ed invero tutte le proposizioni constano di "nomi" (nel senso di "denominazioni") ed hanno un "senso" proprio perché ci dicono in quale relazione stanno i nomi che le denominano.
Al riguardo, noi diciamo che:
- sono vere quelle proposizioni che ci dicono che le cose stanno proprio come stanno (ad es. che un elefante è più pesante di un topo)
- sono false quelle che propongono una relazione tra i nomi che non ha invece luogo tra le cose denominate (ad es. che un topo è più pesante di un elefante).
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A questo punto Wittgenstein ci invita a pensare al linguaggio come ad una cassetta degli strumenti, che racchiude, secondo un ordine vario, utensili che servono per diverse funzioni: ed infatti, proprio come gli strumenti della cassetta servono per avvitare, inchiodare, incollare e limare, così le parole servono per nominare cose, per indicare luoghi, per esprimere uno stato d'animo, per impartire ordini, per minacciare, per pregare e così via.
Cioè, semplificare la faccenda, come fa Sant'Agostino, dicendo che "tutte le parole denotano qualcosa" secondo Wittgenstein è un'espressione un po' troppo generica.
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Ed infatti, niente sarebbe più falso che credere che l'apprendimento linguistico consista semplicemente nell'imparare a ripetere certe parole: è necessario infatti imparare ad utilizzarle in un "gioco sintattico", in cui ogni singola mossa è conforme a una determinata "regola".
***
Considerando il linguaggio sotto tale aspetto, potremmo paragonare le sue "regole" a quelle del gioco degli scacchi; per cui potremmo decidere liberamente che, fatte salve tutte le altre regole degli scacchi, il pedone di re possa muovere, sia pure una volta soltanto nel corso di una partita, di tre caselle in qualunque direzione.
Si tratterebbe, ovviamente, di una regola che nel gioco degli scacchi comunemente in uso non c'è;  però non esiste un principio teorico in base al quale stabilire quali debbano "necessariamente" essere le "regole" con le quali usare i pezzi su una scacchiera.
Ed infatti, esistono appunto "giochi di scacchi eterodossi" (dette pure "varianti scacchistiche"), le quali sono modalità di gioco basate sugli scacchi, ma con un certo numero di cambiamenti.
Fra i "giochi di scacchi eterodossi" sono annoverati anche giochi più antichi dei moderni scacchi; quali, ad esempio gli "chaturanga", "shatranj", "xiangqi" e "shōgi", i quali possiedono delle caratteristiche in comune con gli scacchi moderni e derivano probabilmente da un precedente gioco comune.
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Quindi la stessa cosa, almeno secondo Wittgenstein, vale per il linguaggio, richiamandosi, secondo me, ad un famoso passo di "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Lewis Carroll: "The question is whether you can make words mean so many different things." ("La domanda è se puoi fare in modo che le parole significhino così tante cose diverse!").
E, come appunto si evince dalla mia parentetica traduzione, le "parole" di una lingua possono essere tradotte nelle "parole" di un'altra lingua; sebbene, tuttavia, le "regole" sintattiche siano (quasi sempre) comuni a tutte le lingue.
Ad esempio, in Latino ed in Tedesco, in genere il verbo si trova alla fine della frase ("Ego sum ex nubibus descensus", "Ich bin aus den Wolken gefallen"), mentre, invece, in Italiano, in genere, il verbo  si trova nel mezzo ("Io sono caduto dalle nuvole"); però, "sintatticamente", non è che poi ci sia una sostanziale differenza.
Tuttavia, sia in generale sia in particolare,nessuna "regola" linguistica può definirsi "assiomatica"
Di qui il famoso paradosso di Wittgenstein: "Una regola non può determinare alcun modo di agire, poiché qualsiasi modo di agire può essere messo d'accordo con una regola".
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Il paradosso di Kripkenstein prende le mosse e si sviluppa a partire da quello di Wittgenstein, laddove fa riferimento ad un esempio specifico di addizione, che potremmo pure non aver mai calcolato: 68 + 57.
Il risultato, dovrebbe essere 125, il quale è corretto, secondo Kripke, in due modi distinti:
- c'è una "correttezza matematica", per così dire interna alla regola dell'addizione, secondo cui 125 è la somma di 57 e 68, senza che senza che alcuna alternativa sia concepibile senza contraddizione;
- c'è però, al contempo una "correttezza metalinguistica", concernente il "significato" della parola "più" coinvolta nella proposizione sintattica.
***
Pertanto, secondo Kripkenstein ne conseguono due modalità diverse di concepire un risultato deviante:
- nel caso della correttezza matematica, scrivere, ad esempio, 124 al posto di 125, è un semplice errore di calcolo;
- in una prospettiva metalinguistica però, potrebbe non essere affatto un errore, bensì l'articolazione di un calcolo diverso che utilizza i medesimi segni dell'addizione, ma intendendo la parola "più" come la "somma di due numeri meno un'unità".
Se ho ben capito, allo stesso modo si potrebbe dire che "due più due fa sei", se io, con la parola "due", intendo "significare" il numero "3".
***
Messe le cose in questi termini, io non ci trovo niente di paradossale, perchè è ovvio che se decidiamo di denominare una cosa o un numero in modo diverso da prima, il senso della frase o del calcolo matematico cambia di conseguenza.
Ma io mi chiedo che "senso" abbia un ragionamento del genere!
***
A dire il vero, il ragionamento  di Kripkenstein è un po' più complesso; ed infatti il pensatore tedesco "riarticola" la dimensione metalinguistica alla luce delle nostre "intenzioni passate".
Cioè, secondo lui, la presunta costanza del significato del segno "più" è data dall'identità d'intenzioni in gioco, nel "passato" e nel "presente";  cioè, noi  utilizziamo il segno "più" nel presente per indicare l'addizione, e nel passato, "supponiamo", abbiamo sempre inteso quella funzione, e nessun'altra (scrivendo "più", cioè, intendevamo proprio quest'operazione e nessun'altra).
Ma Kripkenstein mette in discussione proprio questa certezza, e si chiede: "Ma siamo proprio sicuri che in passato io intendessi l'addizione con il segno più, e non piuttosto una funzione molto particolare, che possiamo chiamare "viaddizione", e secondo cui la risposta corretta è 5 e non 125? "
***
E poi si pone la seguente ulteriore domanda che deriva dalla prima: "Devo infatti applicare la stessa funzione che ho applicato in passato, ma il punto è proprio questo: data la finitezza degli esempi passati su cui ho fissato la mia intenzione, come faccio a determinare l'applicazione corretta in casi nuovi? Rispetto a quale regola l'applicazione sarà esatta?"
***
Infine conclude con la seguente domanda retorica: "Le applicazioni precedenti, finite, sono sempre compatibili con più regole distinte: l'"addizione", ma anche la "viaddizione", una funzione analoga all'"addizione" ma che come risultato da sempre 5 per numeri maggiori di 57.
Perché mai, dunque, non dovremmo aver sempre inteso un'operazione piuttosto che un'altra?"
***
A questo punto, sinceramente, non saprei proprio cosa rispondere, se non "E perché mai, invece, avremmo dovuto intendere di fare una "viaddizione" invece di una normale "addizione?"
A me, personalmente, non è mai capitato!
E a voi?
***
:)
#4108
Prima di chiudere le mie considerazioni al riguardo, vi voglio raccontare un aneddoto.
Tanti anni fa, da giovane, spesso mi trovavo in attrito con mia moglie perchè lei, la sera, voleva uscire per andare a cena fuori; mentre io, invece, di solito preferivo restare a casa, e le dicevo "...aspetta, chè vedo se riesco a finire di lavorare per tempo, e poi ti dico se me la sento di uscire o se sono troppo stanco!"
Lei, avendo capito l'antifona, a una cert'ora, senza dirmi niente, cominciava a truccarsi ed agghindarsi, e poi, alla fine, mi si presentava davanti tutta "in tiro" e pronta per uscire!
E quando io le dicevo che non ne avevo la benchè minima voglia, lei furbescamente replicava: "E che diamine, me lo potevi dire prima che perdessi tutto 'sto tempo a prepararmi; adesso che, ormai, sono tutta pronta, con che coraggio te la senti di dirmi che dobbiamo restare a casa?"
Al che, o io cedevo, o lei si vendicava con insopportabile geremiadi, e/o con piccoli ricattucci!
Ovviamente non intendo certo dire che tutti gli operatori sciisitici, pur immaginando benissimo che molto probabilmente la chiusura sarebbe stata prorogata a causa della "variante inglese", abbiano "fatto finta" di aver speso un sacco di soldi per essere pronti a riaprire, al fine:
- o di forzare la mano al governo, per costringerlo alla riapertura;
- ovvero per chiedere il risarcimento dei presunti danni se non ci fossero riusciti
Capiamoci bene: non intendo assolutamente dire questo!
Però, almeno "in alcuni casi", soprattutto quando la presunta spesa non viene analiticamente documentata, il sospetto mi viene; e comunque, sul fatto che tutti ci "marcino" un po', non nutro, invece, dubbio alcuno!
#4109
Ciao Sapa. :)
Posso senz'altro comprendere la gente che  era già negli alberghi, pronta e con gli sci già ai piedi; nonchè gli alberghi che, perciò, che già da giorni si erano attrezzati, per ospitare le _"orde scivolanti"_, che adesso sono costrette a tornare a casa, con la coda tra le gambe e invelenite contro le Autorità.
***
E posso anche capire chi ancora non era arrivato in albergo, ma aveva già pagato una qualche forma di "anticipo"; ed infatti, dopo la  prenotazione la maggior parte degli albergatori, soprattutto adesso, in tempo di COVID19, chiede un anticipo a titolo di "caparra".
***
Al riguardo, non molti sanno che:
- se è stata versata una "caparra penitenziale", ai sensi dell'articolo 1386 del codice civile,  l'albergatore la può trattenere nel caso di disdetta.
. se, invece, è stata versata una "caparra confirmatoria", ai sensi dell'articolo 1385 del codice civile, oltre a trattenersi l'acconto, l'albergatore potrebbe richiedere il pagamento dell'intero corrispettivo del soggiorno prenotato o del maggior danno subito (se non viene specificato nulla, secondo la prevalente giurisprudenza, si dovrebbe trattare della caparra confirmatoria).
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Per cui, ad un mio amico che intendeva prenotare un albergo di montagna per l'ultima settimana di febbraio ("erroneamente" credendo che per il 15 di febbraio fosse stata già prevista la riapertura delle piste da sci), io manifestai il mio vivo "dissenso", in quanto già dall'inizio del mese, vista la brutta aria che tirava circa questo maledetto contagio, io temevo che la chiusura sarebbe stata quasi sicuramente prorogata.
In ogni caso, lo sconsigliai vivamente di versare anticipi a qualsiasi titolo; o, semmai, soltanto a titolo di "acconto"; ed infatti, l'"acconto" conferma la volontà del cliente e nel caso di disdetta lo stesso cliente ha il diritto alla restituzione (ammesso che ci riesca).
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A quel punto, visto che io gli avevo spiegato che per il 15 di febbraio non era stata affatto prevista la riapertura delle piste da sci, ma che, molto probabilmente, come già accaduto in passato, la chiusura sarebbe stata prorogata alla scadenza, lui ha rinunciato.
Chi, invece, "a suo rischio e pericolo", ha preferito prenotare o, addirittura, già recarsi negli Alberghi, poi non può lamentarsi che la chiusura sia stata prorogata; ed infatti, sebbene a causa del cambio di governo tale proroga sia "formalmente" avvenuta "in zona Cesarini", tale decisione, vista la preoccupante situazione sanitaria, era già nell'aria da settimane.
Molte autorevoli personalità, sia scientifiche che governative, l'avevano predetta, come ho avuto modo di sentire con le mie orecchie!
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Al riguardo, peraltro, c'è da rilevare che gli albergatori:
- potranno regolarmente fruire della clientela già arrivata, la quale, anzi, visto che non potrà andare a sciare, "consumerà" molto di più quello che l'albergo ha da offrire (a pagamento);
- potranno lecitamente trattenersi le caparre penitenziali e confirmatorie, pretendendo per queste ultime anche la tariffa per il soggiorno non fruito.
In tale seconda ipotesi, a ben vedere, facendo il calcolo tra costi e benefici, forse molti alberghi, con la proroga delle chiusure degli impianti, potrebbero addirittura "guadagnarci"; e, questo, a spese degli  "clienti anticipanti a vuoto" per un servizio non fruito.
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Chi invece ci rimetterà di sicuro, sono:
- i clienti di cui sopra;
- gli impianti di risalita.
Questi ultimi, invero, subendo un gravissimo danno dalla (sia pur giustificatissima) proroga, secondo me dovrebbero ricevere indennizzi più di tutti gli altri; e dovrebbero riceverlo in tempo reale, per evitare che molte imprese falliscano, e che i loro dipendenti finiscano senza impiego (sebbene credo si tratti di impieghi solo stagionali).
Per gli alberghi, invece, secondo me bisognerebbe verificare caso per caso.
Un saluto! :)
#4110
La notizia mi ha molto rattristato, per due motivi:
1)
In primo luogo perchè costituisce una ulteriore "mazzata":
- sia per la nostra economia in generale, visto che possedendo noi la maggior parte delle strutture sciistiche alpine, la chiusura degli impianti sciistici costituisce un danno maggiore per noi piuttosto che per gli altri Paesi limitrofi;
- sia per lo specifico settore, che, effettivamente, si trova ora davvero in grave difficoltà
2)
In secondo luogo, perchè gli impianti si erano già costosamente attrezzati per la riapertura, e poi si sono dovuti "stoppare" di nuovo, con un ulteriore danno economico.
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Tuttavia mi rattrista anche la stupidità di alcuni commentatori televisivi, e di certi politici, i quali se la prendono con il governo (a prescindere dal suo colore) invece che con il virus.
Ed infatti, essendo privi di buon senso, e, per giunta, non avendo ben letto i relativi DPCM, tali commentatori credevano che il 15 febbraio fosse stata prevista la riapertura degli impianti, per cui hanno trovato assurdo un ripensamento all'ultimo momento.
Ma le cose non stanno affatto così!
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Ed infatti, l'ultimo DPCM, come i due precedenti:
- non aveva affatto previsto che il 15 febbraio si sarebbero potuti riaprire gli impianti (il che sarebbe stata una sciocchezza, perchè la sfera di cristallo non ce l'ha nessuno)
- aveva, invece, stabilito la chiusura degli impianti "almeno fino al 15 febbraio", salvo eventuale riapertura se, a tale data, la situazione epidemiologica fosse migliorata.
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Ma, poichè, in prossimità della scadenza di tale data la situazione epidemiologica non è affatto migliorata, ma, anzi, è gravemente peggiorata per l'"exploit" sempre più arrembante negli ultimi giorni della "variante inglese" (per non parlare di quella brasiliana e sudafricana) il governo ha giustamente prorogato la chiusura fino al 5 marzo.
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Adesso c'è solo da sperare che, in prossimità di tale prossima scadenza, la situazione migliori, e, quindi, che la chiusura non debba essere ulteriormente prorogata; ma spero che nessuno sia così sciocco da pensare che, adesso, il governo abbia già stabilito, in anticipo, che il 5 marzo gli impianti potranno riaprire!
Ed infatti non è assolutamente possibile prevederlo, perchè con questa maledetta "bestiaccia" di virus, e soprattutto con questa ultima contagiosissima variante (pericolosa pure per i bambini), non si può che navigare a vista, giorno per giorno.
E "ci andrà di lusso" se non si dovranno chiudere anche ulteriori attività, e tornare ad un "lock down" quasi totale; ma, grazie ai vaccini, spero tanto di no!
Però, chi può dirlo con sicurezza?
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P.S.
Non intendo qui discutere se fosse necessario o meno, "in generale", chiudere gli impianti sciistici; i quali, essendosi dotati di adeguate misure di prevenzione, ritenevano di poter garantire la sicurezza degli utenti.
Secondo me era comunque necessario, poichè, a prescindere dalla effettiva efficienza ed efficacia di tali misure, il problema (se mi consentite il "calembour"), era "a monte del monte"; e, cioè, negli assembramenti per raggiungere gli impianti, e farne uno uso (sperabilmente) sicuro.
Ma, come ho detto poichè ignoro sia le criticità logistiche per accedere agli impianti, sia la natura delle misure di prevenzione, sul punto non mi pronuncio; ed infatti tutti hanno il diritto ad avere una opinione, ma tutti hanno anche il dovere di avercela "informata".
E, in questo caso, la mia non lo è affatto, per cui preferisco non esprimerla! :-X
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