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Messaggi - iano

#4111
Penso che i mondi in cui viviamo ce li creiamo noi, condividendoli, ma non abbiamo piena coscienza del come li costruiamo e condividiamo, e per questo ci appaiono a volte meravigliosi e pieni di magia.
Siamo drogati di questa meraviglia e cerchiamo di provocarla a bella posta in noi e negli altri.
#4112
Percorsi ed Esperienze / Dubito ergo sum
01 Ottobre 2021, 12:15:44 PM
Citazione di: Kobayashi il 01 Ottobre 2021, 09:50:35 AM
Io non dubito solo di due cose (non considerando qui le evidenze empiriche di cui comunque lo scetticismo esistenziale non si interessa): della presenza del male nella vita umana e del fatto che gli uomini tendono ad allontanare da se stessi la consapevolezza di essa.
Rimozione, ottundimento, distrazione programmata, rielaborazione ideologica: si ottiene sempre lo stesso risultato di poter vivere con una certa leggerezza ma inevitabilmente decentrati, lontani da se, immersi in uno stato illusorio, perché la consapevolezza della morte e del dolore fa di noi quello che siamo, delle creature particolari, inadeguate, fragili, e tragiche.

Ci si può forse liberare da quel senso di illusorietà della vita di cui parla Alexander tornando a pensare al male, senza però le consolazioni illuministiche di un avvenire redento tramite l'azione umana guidata dalla ragione. Per quanto ciò sia l'unica cosa decente da fare dal punto di vista politico, se non si riconosce prima l'originaria provenienza comune dal dolore, dal succedersi tragico delle generazioni negli stenti fisici e mentali, non ci potrà mai essere non solo autentica fratellanza, ma nemmeno vera comprensione dell'altro.

Per questo motivo il cristianesimo rimane il "racconto" insuperato e insuperabile.
Difficile che mi trovi più d'accordo su un post, che io però riscriverei con parole mie fino a farlo apparire altro.
In effetti è quello che credo di aver fatto nei miei post precedenti.
Aggiungerei solo che l'autentica fratellanza ,per giungere alle quale indichi il percorso, è però già prima di tutto un dato di fatto, seppur in continuo divenire, cui siamo giunti non si sa' per quale percorso. È una comprensione di fatto dell'altro, una constatazione che si rinnova nel cambiamento. Una evidenza che però ha dietro una lunga storia ignota e una davanti il cui percorso mi sento di condividere come tu lo indichi, considerando però il cristianesimo un esemplare racconto fra tanti, ognuno dei quali pone l'accento su qualcosa di particolare, ma nessuno si pone a 360 gradi, incompletezza cui la filosofia cerca di porre rimedio.
Non abbraccio alcuna fede, paradossalmente perché considero la fede un fatto fondamentale, e perciò mi tengo sempre libero di abbracciarne una. Questa è in effetti per me l'essenza della filosofia.
Non propriamente il dubbio , il quale non può che esercitarsi su ciò che già si è costituito, ma sulla libertà di costruire ciò su cui poi  il dubbio si eserciterà.
L'unica accortezza è avere consapevolezza che di tale processo la coscienza non è unico attore, e forse neanche il principale.
#4113
Percorsi ed Esperienze / Dubito ergo sum
01 Ottobre 2021, 11:25:26 AM
La vita non va' vissuta, ma diverse sono le vite che viviamo senza volere.
Il guado fra una e l'altra è il dubbio il cui superamento rimane sempre incerto.
Se il dolore ci porta a credere che la vita non val la pena di essere vissuta ciò è verità, in quanto il dolore ci trasforma traghettamdoci, quando ci riesce, da una vita non più vissuta a una nuova da vivere.
#4114
Percorsi ed Esperienze / Dubito ergo sum
01 Ottobre 2021, 10:48:48 AM
@ Alexander.
Per quanto ci arrovelliamo c'è dentro di noi qualcosa di inattaccabile dal dubbio perché non consapevolmente acquisita.
Essa giustifica perché alle domande dei bambini rispondiamo con le favole, mancando però al contempo l'occasione di prendere coscienza che ci raccontiamo favole .
Infatti in che altro modo potremmo rispondere?
Qualunque risposta che voglia essere ragionevole, nel momento in cui proviamo ad esporla, non ci appare più tale.
Ci rendiamo conto in quei casi di esserci bevuti delle favole, e che solo con quelle possiamo quindi rispondere.
Non c'è alternativa se non nel modo, apparendo convinti o meno nel farlo.
La mia impressione è che quando i bambini reiterano domande alle nostre risposte è perché non le abbiamo raccontate con convinzione. Non ci dicono che la nostra risposta è inadeguata, ma che non è convincente perché non appariamo tali.
Tutto fila liscio finché i bambini con le loro domande non ci costringono ad attivare il dubbio che sorge dalle nostre balbettanti risposte.
Le cose filano finché non vi si insinua occasionalmente il dubbio, e continuano a filare, se, pure non trovando una risposta, rinunciamo al momento a trovarla , accantonando il problema.
Effettivamente hai ragione nel chiedere perché la vita va' vissuta.
In effetti la vita non va' vissuta, ma là si vive.
Scorre senza un perché.
Quando occorre ridefinirla, evolvendosi essa, sorgono quei perché.
La risposta a quei perché non può che essere creativa.
In questi mutamenti la vita appare come dolore, perché in effetti è una non vita, ma un passaggio fra una vita che si lascia per un altra a cui non sappiamo se giungeremo.
Anche quando siamo ben convinti di volerla vivere, ci troviamo poi a volte col problema di come fare a far passare il tempo. Così a volte ci inventiamo giochi i quali ci prendono fino al punto da divenire essi motivo vitale.
La vita non va' vissuta, ma se la  si vive è perché non è del tutto assoggettata al dubbio, se non nei momenti di difficile passaggio.
Se la vita fosse dubbio continuo chi vorrebbe viverla, ma chi lo ha detto che lo è?
Ci manca la coscienza che la coscienza non ci esaurisce.
Come dice bene kobaiashy tendiamo ad allontanare la consapevolezza, ma ciò non è un male, ma cosa che  viene da se' come naturale.
La vita è come un atto di fede. Ha una ragione che lo genera , ma è tale solo se non la contiene.
Mistero della fede sul quale la vita si regge.
Quando c'è il perché non c'è vita, quando c'è vita non c'è il perché.
#4115
Percorsi ed Esperienze / Dubito ergo sum
01 Ottobre 2021, 05:19:38 AM
@Ipazia.
Forse riesco adesso a focalizzare la differenza fra il tuo e il mio pensiero.
Tu intendi che una ricerca portata avanti con onestà intellettuale possa generare qualcosa in cui iniziare a credere , continuando a mantenere magari il beneficio del dubbio, e in questo inizio io vedo una tensione alla verità.
È una visione molto condivisa , che non condivido, dove tu ti differenzi solo per esprimerla al meglio possibile.
La esprimi in modo chiaro e con poche parole, perciò posso criticarla con facilità. Tanti giri di parole, tanto dire e non dire serve solo a prevenire le critiche, ponendovi bastoni fra le ruote.
Io credo invece che i mondi in cui viviamo non siano mai la realtà, se non intesi come parte di essa come noi stessi che li costruiamo siamo parte.
Diciamo che è la selezione naturale a fare giustizia di un rapporto con la realtà che non sia "intellettualmente onesto", come non sostenibile.
È vero che nei successivi mondi che distruggiamo col dubbio, e costruiamo con la fede, sembra esserci una progressione, ma essa è solo lo specchio della nostra evoluzione la quale, per quel che ne sappiamo, non è rivolta a nessun fine e a nessuna verità.
La vita è fatta per essere vissuta, e su questo invece so' che ben concordiamo, per quanto possa sembrare una banalità a dirsi come a farsi. Ma, banale o meno, è sempre benvenuta.
#4116
Percorsi ed Esperienze / Dubito ergo sum
01 Ottobre 2021, 04:30:53 AM
Citazione di: Ipazia il 30 Settembre 2021, 21:57:59 PM
La questione mi pare sia stata risolta con notevole grado di certezza epistemologica dal venerabile Descartes con il dubbio metodologico, a partire dal cui cogito autoreferenziale si inoltra verso la visione chiara e distinta del mondo.

Sempre consapevoli della soggettiva autoreferenzialità di base, che si rispecchia (speculazione) nel peer review con altri umani, rispetto ai quali la problematica maggiore diventa l'onestà intellettuale e l'assenza di conflitti di interesse nella valutazione intersoggettiva di un fenomeno.

Avuto garanzie di ciò e conferme sperimentali non falsificate del fenomeno si può cominciare a credere in qualcosa.
Hai detto veramente tanto con poche parole.
Io ci vedo una buona descrizione della percezione sensibile, che infatti condividiamo onestamente in modo non conflittuale, quando vediamo tutti le stesse cose, tanto da iniziare a credere che siano realtà.
Ma perché sia vera realtà, intesa come quella in cui si agisce, occorre completare l'atto di fede in modo inconscio.
Perché la coscienza agisce di modo che ciò che inizia non conclude mai.


Ma cos'è veramente il dubbio?
Si dubita su qualcosa su cui esiste un accordo, una condivisione,  che ponendo il dubbio intendiamo ridiscutere.

Ma senza l'uscita di scena della coscienza questo processo non avrebbe mai uno stop.
È infatti l'atto cosciente che , quando si ripete senza più clamori conflittuali, perché ormai diffusamente condiviso, a divenire evidenza , perché  ripetuto come un mantra , del cui significato si è persa memoria, tende a perdere cosciente consistenza.
L'essenza della percezione condivisa è infatti ciò che fai senza pensare, non implicando più l'essere individuale del cogito ergo sum. Non cogito, dunque concordo.
Si passa così attraverso un processo lungo e continuo dal dubito ergo sum, al non dubito ergo è.
Del come il dubbio genera il senso di realtà, quando va' a buon fine.
#4117
Percorsi ed Esperienze / Dubito ergo sum
01 Ottobre 2021, 03:59:27 AM
Dubito ergo sum...cosciente.
Il dubbio è il figlio della coscienza che può creare dipendenza e portare a perdita di senso della realtà con conseguente impedimento all'azione. La diagnosi è inedia da dubbio. La cura è un atto di fede.
Per agire infatti occorre uno spazio di azione e perché vi sia uno spazio in cui agire occorre credere che vi sia, fuor di ogni dubbio.
L'atto di fede è la medicina contro gli  effetti della coscienza perché esso crea l'evidenza.
Ciò che è in quanto è, e non perché io decido che sia risolvendo un dubbio.
Il dubbio distrugge i mondi perché la fede possa costruirne sempre di nuovi.
Come Peppone e Don Camillo in continuo conflitto, ma senza poter fare a meno uno dell'altro.
#4118
Ciao Eutidemo.
Ho un po' l'impressione di essere quello che ti rompe le uova nel paniere.
Per cui dici che ho ragione, però...
Però trovo tutti i tuoi post interessanti perché è come se avessero tutti un fil rouge nascosto.
Sei un mago dilettante che cerca di scoprire da solo i trucchi che stanno dietro ai numeri di magia.
Bella la illustrazione della tua scoperta del trucco della levitazione.
Ma se i numeri di magia hanno sempre il loro trucco , è come se tu sperassi che la natura ,  non avendo trucchi , possa mostrarsi pure davvero magica almeno in qualche suo aspetto.


Se di suggestione si tratta, come sospetti, nello "strano  caso del 17", è perché forse non ti limiti a verificare i fatti, ma li provochi, caricandoli delle tue aspettative.


È come se, mentre nei numeri di magia ti adoperi a smascherare il trucco, nelle magie che ci propone natura tu ti adoperassi con tensione mistica, ad occultarlo.


Tu non ci credi, ma pure ci speri, ed è come se dicessi che se riesci a convincere gli altri di ciò che speri , allora è perché forse invece è proprio vero.


La matematica , e quindi i numeri, non hanno nulla di magico.
I matematici lo sanno, eppure se dedicano la vita alla loro materia è perché vi trovano qualcosa di magico.
Lo spirito dei pitagorici non è mai morto.


C'è qualcosa di molto profondo in tutto ciò, che al pari della verità ci spinge a ricercare, ma di alternativo alla verità.


È il gratificante senso di incredulità e meraviglia , che proviamo sia davanti ad un gioco di magia  sia di fronte ai fenomeni naturali, che cerchiamo di riprodurre.
Siamo drogati di verità quanto di meraviglia.
#4119
Ciao Eutidemo.
La storia del metronomo interno mi sento di confermarla, avendola in parte sperimentata.
Però, svegliarsi al "numero 17" come cosa significante , comporta dare un valore assoluto a ciò che non ne ha, come le unità di tempo, in quanto invece sono arbitrarie.
Anche non volendo considerare la questione "modulo", cambiando il quale il 17 non appare più, basta cambiare  unità di misura, perché al posto del 17 appaia come ricorrente un altro numero.
Pitagora "ricava" l'orrore del 17 in modo arbitrario ma a partire da considerazioni di tipo assoluto, perché basate sul calcolo, ma siccome poi la sfiga agisce nella realtà, per coerenza occorrerebbe avere 17 cose reali coinvolte nel caso sfigato non arbitrariamente determinabili.
Questi non possono essere le ore o i minuti o i secondi, e non mi viene neanche un esempio reale coerentemente adeguato.
Se anche poi non si volesse considerare tutto ciò, si potrebbe affermare in base alla teoria degli errori, che tu ti sei svegliato in effetti al numero 16 o al numero 18, che secondo Pitagora sono di buon auspicio per il giorno che viene.
Infatti se il tuo orologio spacca il minuto, seppure tu abbia fatto buoni rilievi cronometrici, non sporcati cioè da suggestione, il tuo errore di lettura ( dovuto non a te ma allo strumento) è comunque di un minuto, perché la bontà  dello strumento" vale quanto la sua più piccola tacca di lettura.
Se anche usassi un orologio atomico rimarrebbe sempre l'errore di una unità, per quanto piccola.
Incommensurabile è dunque la sfiga che ci affligge. :D
#4120
Tematiche Filosofiche / La metafisica del numero.
27 Settembre 2021, 14:47:28 PM
Ciao Eutidemo.
In effetti azzarderei che la vera metafisica dei Pitagorici riguardi l'armonia ,perché i loro numeri non sono semplicemente aritmetici.
I numeri  per loro sono spaziali ( in una fusione fra geometria e aritmetica) e si possono comporre quindi a creare , non solo banalmente un altro numero, ma forme geometriche armoniche, e da ciò si poteva trarre , interpretandole,  loro importanza e significato.
Ma quale interpretazione era corretta e perché?
Quella data da Pitagora, secondo il presunto statuto della setta dei Pitagorici , in quanto lui la traeva direttamente grazie al suo rapporto privilegiato col divino. Un mago dunque, se non proprio un Dio.
I numeri di Pitagora , essendo estesi, potevano infatti mischiarsi come le carte di un prestidigitatore con effetti mirabili. Famoso quel numero di un suo seguace in cui si fanno apparire i solidi platonici, ognuno dei quali , in un crescendo musicale , va' ad associarsi alla rispettiva sfera celeste.


Ma poi perché queste sfere con solidi allegati  dovrebbero suonare, mi sono sempre chiesto?
Abbagnano risponde puntuale.
Qualunque oggetto mosso velocemente in aria, suona.


Quindi, tutto sommato, se pure queste tessere pitagoriche compongono meraviglie, alla loro base stanno comunque i fatti, anche se non si trattava dei nostri fatti, ma dei fatti loro.
E quindi, alla fine, vien da chiedersi cosa sia veramente cambiato, se ognuno pone fede alle proprie costruzioni mirabolanti perché basate tutte sui fatti loro?😁
#4121
Vai a dormire sempre alla stessa ora con precisione al minuto?
Però ci dai la distribuzione dei minuti ma non delle ore di sveglia.
Ma, a meno che tu non ti svegli dopo 17 minuti, il 17 non appare mai, se si tratta di numeri naturali come lo è il 17 in questione.
Infatti ti svegli ai minuti 77, 137, 197... ;)
Mentre appare con frequenza il numero 17  solo se consideriamo i numeri modulo 60.
Se cambiamo modulo il 17 non appare più.
Io non ci credo, ma se è così, occhio al 60 Eutidemo. Quello è il tuo vero numero sfigato, perché fa' apparire sempre il 17. 😅
#4122
Tematiche Filosofiche / La metafisica del numero.
27 Settembre 2021, 11:20:22 AM
Fisica, non metafisica.
Fisica come risultato, in forma matematica, dell'interazione con la realtà i cui passi , i fatti, sono rilevati e registrati.
Non solo il risultato finale, come nella percezione sensitiva, è evidente, ma ogni passo che porta a quel risultato è esplicito.
Il numero è la sostanza del nostro rapporto con la realtà, sia che ne siamo consapevoli , sia che ne siamo inconsapevoli.
E , al minimo, nella misura in cui ci sostanzia, è sostanza del mondo.
La visione dei Pitagorici però, non perciò,  perde la sua poesia, così come la luna ancora ne è oggetto.
I matematici di oggi possono pure dichiararsi Platonici, ma secondo me quando fanno matematica entrano in estasi mistica e godono...come Pitagorici.
#4123
Tematiche Filosofiche / La metafisica del numero.
27 Settembre 2021, 10:38:32 AM
Da almeno un decennio possiedo la "storia della filosofia" di Nicola Abbagnano, ed ho iniziato a leggerla.
Metafisica del numero è il titolo del 14esimo capitolo.
Ecco un breve estratto:
Aristotele ritiene quindi quindi che i Pitagorici abbiano attribuito al numero quella funzione di "causa materiale" che gli Ionici attribuivano ad un elemento corporeo.....omissis.....In realtà se gli Ionici per spiegare l'ordine del mondo ricorrevano ad una sostanza corporea, i Pitagorici fanno di quell'ordine stesso la sostanza del mondo.


Oggi nell'ambiente scientifico e non, si lamenta una crescente invadenza della matematica nelle teorie fisiche.
A pensarci bene questa lamentela suona strana, infatti di cosa dovrebbero essere fatte le teorie scientifiche, se non di matematica?
Anche perché, se di altro fossero fatte, di cosa altro sarebbero fatte?
Esse ovviamente non sono gratuite, perché aderiscono ovviamente ai fatti, ma non sono fatte di quelli.


Scrive ancora Abbagnano: Il numero come sostanza è l'ipostasi dell'ordine misurabile dei fenomeni.


Le particelle elementari hanno preso il posto di acqua, terra, aria e fuoco, aderendo molto meglio ai fatti, ma non si discostano dall'essere le cause materiali assunte dagli ionici che i Pitagorici avevano invece escluso.
Esse sono in effetti un modo per descrivere i risultati dell'ordine misurabile profetizzato dai Pitagorici, i quali hanno avuto davvero la vista lunga.
Profezia che quanto più si adempie tanto meno viene tollerata.
Nei fatti la matematica si è fatta da strumento, sostanza prima.
Nei fatti, si, ma per digerire la cosa ci vorrebbe la fede dei Pitagorici nei numeri, cosa che nemmeno i matematici oggi anno, essendosi la loro disciplina più un platonico sollazzo, e tutto è andato bene finché la matematica è rimasta la preziosa ancella dei fisici.
Ma la profezia dei Pitagorici oggi , non è vezzo ne' una fede, ma un fatto.

#4124
Tematiche Filosofiche / Riconoscibilta’
25 Settembre 2021, 00:21:46 AM
Citazione di: paul11 il 24 Settembre 2021, 23:53:10 PM
E' la mente la parte identitaria, non può spegnersi mai, nemmeno durante il sonno. La presenza continua della mente garantisce l'identità: solo dei traumi che implicano un'offesa forte al mentale potrebbero sconvolgere l'identità. Coscienza quindi non intesa come "essere coscienti", essere presenti necessariamente dagli stimoli del mondo, perché  continua nella contemplazione, nella meditazione, nel sonno profondo appunto ed è per questo che lo stato comatoso non è detto che sia assenza; è assenza fisica, nel senso lontananza fra corpo e mente , ma non del tutto dal  mentale, diversamente la mente ritornando  come presenza nel corpo non si riconoscerebbe , con enormi problemi evidenti.
E per legarla alle recenti discussioni sul tempo, chi  ha avuto esperienze di coma, figuriamoci il tempo oggettivo ......non esiste proprio  se non come omeostasi fisica biologia e metabolismo del proprio corpo che ovviamente continua a vivere
Ciao Paul 11.
La continuità nel riconoscimento, resa possibile da una mente che non si spegne mai, mi sembra un punto fondamentale da aggiungere. Grazie.
Credo appunto che la mente si concentri con continuità  su alcune cose, considerate importanti, e su altre meno.
Se ad esempio un oggetto traslando nello spazio cambia colore, mi chiederò come mai è cambiato il colore, e non come mai è sparito un oggetto e al suo posto ne è apparso un altro.
Questo è il motivo, se mi è concesso di esprimermi coloritamente, per cui viviamo in uno spazio fatto di posizioni e non in uno spazio fatto di colori.
Con ciò voglio dire che avremmo potuto vivere in uno spazio di colori se il nostro interesse vitale a cio' si fosse rivolto.


Un essere in quanto tale presenzia il suo spazio come un monolite che non ammette spazi alternativi.
Un essere in quanto riconoscibile definisce invece il suo spazio, e gli spazi possibili sono tanti quanti sono i diversi possibili  modi di riconoscimento.
In effetti poi viviamo noi uomini contemporaneamente almeno in un altro spazio, quello sociale , che non è euclideo, perché non vi è nulla da traslare di nostro interesse.😊
Panta rei?
Quasi. Tutto cambia sempre  meno sempre  qualcosa e ciò che non cambia definisce le spazio dove le cose cambiano.
I matematici costruiscono sempre nuovi spazi per diletto, senza altro motivo, ma poi i fisici se ne appropriano per costruirci dentro i loro mondi fatti di variabili e di costanti, le quali stesse definiscono gli oggetti che in quelli abitano.
Gli oggetti dello spazio Euclideo di Newton non sono completamente gli stessi di quelli dello spazio di Einstein, perché c'è un diverso modo di riconoscerli.

#4125
Tematiche Filosofiche / Riconoscibilta’
25 Settembre 2021, 00:01:53 AM
@aJacopis.
Mi sembra interessante in particolare confrontare come fanno percezione e scienza a riconoscere gli oggetti ( viventi o meno) di loro interesse.
Sappiamo che è un interesse volto al sociale ,che ci fa' impegnare nel riconoscimento dei volti buona parte del nostro cervello.
Lo so' bene io che con l'età ho perso gran parte di questa capacità.
Se si passa dall'essere come cioè che è, a ciò che è riconoscibile, la prospettiva scientifica immagino che cambi completamente , e quindi la stessa scienza.
È un compito che i matematici hanno già svolto nel loro campo, dando un denominatore comune alle diverse geometria, dove ogni geometria è caratterizzata da ciò che non cambia nelle trasformazioni applicate ai loro elementi.