Citazione di: Angelo Cannata il 26 Giugno 2017, 13:14:09 PME' interessante l'idea di considerarsi una parte autocritica dell'universo, se questo sia però d'ostacolo al nostro cammino spirituale o meno io non ho risposta,non per gli altri, ne ho una per me. Penso che l'empatia verso il soccombente sia una sorta di lusso nutritivo, non innato nella nostra indole ma dipendente dalla nostra attuale posizione nella catena alimentare. In tempi remoti l'affinità umana andava non al soccombente ma al vincitore, le divinità erano rappresentate dal predatore non dalla preda, passerà molto tempo prima che Bambi farà piangere i telespettatori che vedranno in esso un figlio braccato dalle ingiustizie. La nostra relativa tranquillità nutrizionale ci concede il lusso di immolarci al suo posto, ma era più umano l'uomo che dormiva nella pelle di leone per assorbirne la forza e la vitalità, o l'uomo che si strugge immedesimandosi nella preda del leone, e decide quindi di mangiare solo insalata per evitare il male nel mondo?Citazione di: InVerno il 26 Giugno 2017, 11:20:03 AMLo dico io che le parole portano solo disaccordoNon mi sembra che le parole siano tanto peggiori di altre forme di comunicazione: dipende da come vengono trattate. Esse sono uno strumento comunicativo come tanti altri e ogni strumento ha i suoi limiti, non esistono strumenti in grado di garantire l'intesa. D'altra parte, si può perfino tener presente che ciò che è sofferenza del non intendersi, per certi versi, è anche un fattore di creazione di contenuti nuovi: se tutti ci intendessimo sempre al 100%, sarebbe molto più ridotta la possibilità di pervenire a contenuti nuovi, perché le idee circolerebbero in forme molto meno esposte alla possibilità del nuovo.
Queste dinamiche dell'intendersi e non intendersi possono essere applicate perfino all'intendersi con se stessi: cioè, meno male che spesso il nostro "pensare di aver pensato effettivamente ciò che pensiamo di aver pensato" è inesatto, illusorio, ingannatorio, altrimenti anche nel nostro cervello le idee sarebbero molto meno aperte al rinnovamento.
Detto in termini più universali, non diventa altro che un'apologia del male: certo bene si crea solo grazie al male. Tuttavia, da esseri umani possiamo darne una valutazione umana: non è detto che, se ciò spesso crea progresso, sia il modo ideale di progredire.
Questo mi dà occasione di rispondere anche a ciò che avevi scritto in precedenza:Citazione di: InVerno il 17 Giugno 2017, 17:30:32 PML'unica cosa che disturba di quel video è immaginarsi al posto della gazzella, sostituirsi e immaginare di vivere le sofferenze della gazzella, ma se non fosse per questo gioco di prospettive dove noi diventiamo il cucciolo, saremmo tranquillamente capaci di comportarci come il bonobo (casistica ampiamente documentata). Gran parte dello scandalo del video scompare se al posto della gazzella c'è un pesce, semplicemente perché per noi è meno difficile empatizzare con un pesce. Questo non ci rende buoni, ne rende buono o cattivo Dio, le cose vanno semplicemente cosi.Sì, le cose vanno semplicemente così, ma, se vogliamo considerare tutto da un punto di vista neutrale, non è che le regole dell'universo abbiano diritto di esistere più delle mie: nell'universo non esistono diritti, esistono solo meccanismi. E allora, se io sono un essere umano, perché non dovrei portare avanti la mia prospettiva umana? Sì, la gazzella divorata è solo "una cosa che va così", ma perché io non dovrei portare avanti il mio provare dolore, il mio vedermi al posto della gazzella? In questo senso io faccio una mia riflessione che arriva all'umanesimo proprio partendo dal materialismo: sì, l'universo è fatto solo di meccanismi che vanno avanti senza diritti di nessuno, senza morale, senza criteri di giustizia. Ma a me sembra che in tutto questo sia anche presente nell'universo un continuo criticare se stesso, sotto forma di esplorazione di meccanismi, dinamiche, dimensioni sempre nuove. In questo senso, io che critico l'universo, cioè critico la sua freddezza nel lasciare che la gazzella sia divorata, non sono altro che una parte di quest'universo che critica se stesso. E allora perché non farla questa parte? Se io, nella mia prospettiva di umano, vedo che si possono tentare vie diverse di organizzazione dell'esistenza, meno crudeli, meno ingiuste, dovrei astenermi da questa ricerca solo perché tanto l'universo è quello che è? Ma anch'io sono quello che sono! E allora, se ogni parte dell'universo porta avanti il suo essere quello che è, perché io dovrei astenermi dal portare avanti quello che io sono, quindi le mie sensibilità umane?
La simpatia suscitata dal capriolo è pur sempre un'arma di affermazione di sé, al pari dei crudeli denti del leone che spezzano la schiena del bufalo; ma, se a me umano le armi della simpatia risultano migliori, perché meno violente, di quelle usate dal leone, perché non adoperarsi per favorirle? Se tanto vale tanto, tutto vale tutto, un fiore con la sua bellezza non sta facendo altro che aggredire l'ambiente per invaderlo, perché non scegliere ciò che a noi umani appare meno violento? Se la morte di Dio mi risulta una forma di progresso verso la non violenza, a causa del fatto che Dio, alla richiesta di dar conto di essa, risponde col silenzio e in questo modo propone un modello di esistenza ambiguo, disonesto, irresponsabile, visto che Dio è anche il modello dei suoi seguaci, colui da cui bisogna prendere esempio, perché non portarla avanti, o per lo meno discuterne?
Quale dei due esercita la critica più legittima e fondata, quale dei due è più in sintonia con il contesto? Credo nessuno dei due, credo si tratti in ogni caso di superfetazioni illusorie e accessorie, non per questo inutili o non valevoli di analisi, ma comunque non centrali nell'idea di un cammino spirituale. Ciò che è certo è che il "male" ha cambiato sponda "recentemente", prima il male era la preda che riusciva a fuggire, non quella divorata, e allora non posso chiamarlo "male", forse al massimo "ciò che mi fa soffrire" o "ciò che va a mio svantaggio", entrambe le cose di relativa poca importanza all'interno di un cammino spirituale, che mi sembrava avessimo concordato dovesse inanzitutto destrutturare e chiarificare la propria visione sul mondo, epurando per primi gli interessi di parte e personali.
Se è vero come credo, che l'atto dello spogliarsi degli accessori e delle verità, stia alla base di un cammino spirituale fruttuoso, anche l'empatia, o come meglio l'avrebbe chiamata Goethe nel suo afflato universale "affinità elettiva" purtroppo deve essere abbandonata, e questo insegna che un cammino spirituale radicale è fondamentalmente un percorso solitario e asociale, come hanno sempre dimostrato gli asceti stereotipati. E mi costa ammetterlo, perchè per ora come te, preferisco "essere umano" e guardare al bene degli altri, anzichè allontanarmi con il mio spirito.
