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Messaggi - iano

#4126
Tematiche Filosofiche / Riconoscibilta’
24 Settembre 2021, 15:33:34 PM
Citazione di: viator il 24 Settembre 2021, 13:03:26 PM
Salve. Citando da iano : "Oggetti ed esseri viventi sono riconoscibili in quanto i primi banalmente permangono, ma i secondi meno banalmente, sono riconoscibili pur mutando".


Perfetta coerenza logica, adattissima all'esplorazione di questo argomento.


Infatti i vulcani - ad esempio - risultano riconoscibili quali essere viventi, dal momento che durante le eruzioni mostrano dei mutamenti. Saluti.
Perfetta coercizione logica, nell'isolare una frase dal contesto per attribuirmi una castroneria megagalattica, pratica a te così consueta che ti renderebbe perfettamente "riconoscibile"  anche in mancanza di firma.
La sfida, se la vuoi raccogliere , consiste nel dire in che modo si riconosce l'identità di ciò che pur muta.
Nelle tue critiche ad esempio, prendendole come esempio, mutano le parole, ma il loro costrutto è sempre lo stesso, e teso a voler diminuire l'altra parte, elevando per contrasto la tua. Nel mutare quindi qualcosa permane che ti connota senza che si possano avere dubbi. Sei sempre il solito.
Ciò che voglio suggerire è che sotto certi mutamenti vi è un nocciolo duro di costanza di cui tu sembri esemplare esempio.
#4127
Attualità / Le opinioni dei virologi
24 Settembre 2021, 03:55:47 AM
Più si sa' e meglio è, ma solo se si è preparati a gestire un nuovo diluvio di informazioni, e se nessuno nasce imparato, tanto meno nasce preparato  a ciò che imparerà.
#4128
Attualità / Re:Le opinioni dei virologi
24 Settembre 2021, 03:22:46 AM
Citazione di: anthonyi il 23 Settembre 2021, 13:44:26 PM
Sembra che il governo abbia deciso di creare un regime di controllo sull'opportunità che hanno i virologi, o altri esperti, di esprimere opinioni pubbliche sull'epidemia.
La tesi sulla quale questa limitazione è stata sostenuta é quella che l'espressione di molteplici opinioni differenziate abbia prodotto confusione e paura tra i cittadini, che poi si è tradotta in una crescita dei novax.
Personalmente non condivido la tesi, anche perché la gran parte della propaganda novax proviene da soggetti che sono tutto fuorché appartenenti al mondo degli esperti della sanità ufficialmente riconosciuti.
E' vero che questi soggetti spesso e volentieri  strumentalizzano le differenti opinioni per creare confusione, per dare l'idea di una scienza che non sa cosa dire, ma lo fanno insieme ad un'insieme di ipotesi dietrologiche e di interpretazioni della realtà fortemente manipolate, che lasciano pensare che probabilmente riuscirebbero a creare confusione anche senza sfruttare le differenziazioni del dibattito scientifico.
Forse sarebbe più utile cercare di zittire questi "leoni da tastiera", d'altronde che logica c'è nel limitare il diritto di espressione dei competenti, quando non c'è nessun controllo nell'espressione degli incompetenti?
Non credo che  la soluzione proposta al problema sia praticabile, ma il vero problema , finalmente, a mio parere, è stato ben individuato.
Non ha senso censurare, ma il problema è nell'inevitabile disequilibrio creato dalla fine di una "censura di fatto", quella imposta dalla limitatezza dei mezzi prima di internet.
In attesa che l'equilibrio si ricrei occorrerebbe sensibilizzare i virologi a desistere volontariamente dall'esprimere la loro opinione, se non dentro la cerchia degli aventi competenza , come prima, necessariamente , per limitatezza di mezzi, avveniva. Un invito a una momentanea autocensura per prendersi il tempo di riorganizzare le idee.
Per quante previsioni si facciano, le nuove tecnologie riescono sempre a farci goal  in contropiede..
Senza volere questa pandemia è divenuta una palestra dove mettere alla prova la competenza di ognuno, di qualunque tipo fosse, e senza escludere le buone intenzioni, come genericamente mi pare si faccia.
Ma chi lo ha fatto con buone intenzioni ha capito subito l'errore e si è già pentito e autocensurato.


Comunque, aver capito la vera fonte del problema, innocente in quanto impersonale, internet, è già qualcosa , e già da adesso sappiamo che qualunque evento si presenterà per la prima volta sulla nuova scena digitale sarà un nuovo problema "inatteso".


Mi chiedo quanti di noi, nel nostro piccolo, nel bene e nel male , non abbiano fatto scelte che in era pre-internet non avrebbero fatto, e che magari, sempre nel bene e nel male,  gli abbiano cambiato la vita.

Io scommetto tutti, quanto scommetto che pochi abbiano preso coscienza  della vera causa.
#4129
Tematiche Filosofiche / Riconoscibilta’
24 Settembre 2021, 01:04:33 AM
Se l'essere è cio' che resta , in quanto riconoscibile , il dissidio fra essere e divenire si dissolve, pagando però un tributo.
Se ciò che è, è ciò che è riconoscibile come tale, ciò implica un soggetto riconoscente che esclude l'assolutezza dell'essere.
Infatti l'essere assoluto, che è in quanto tale, seppure possa tollerare con sufficienza chi così lo difinisca, senza che ciò sia necessario a confermarne l'esistenza, non tollera chi pretendesse di conferirgli ciò come riconoscimento.
Ma se l'essere non può prescindere da un soggetto riconoscente allora l'essere è il risultato di una relazione che si svolge nel tempo, e l'esistenza non è nel presente, ma in un tempo quantizzato seppure non fatto di quanti tutti uguali.
L'illusione del presente, come istante, nasce dal fatto che il risultato di un processo relazionale, in quanto teoricamente perfettamente riconoscibile come tale in continuo, finché ne resta memoria, diventa un assoluto temporale, perfettamente riconfermabile perché perfettamente riconoscibile, perché perfettamente posseduto finché la sua memoria non si deteriora.
Eterno, che prescinde quindi dal tempo, come ne prescinde un istante , che è un tempo nullo, quindi quel  nessun tempo  che chiamiamo presente.
Assoluto ed eterno in teoria, se eterna fosse la memoria.


Chi è dunque l'essere vivente?
Al minimo è una materia del cui mutamento conserva relativa memoria almeno per un quanto di tempo non definibile, posto che la materia sia propriamente la sua essenza.
#4130
Tematiche Filosofiche / Riconoscibilta’
24 Settembre 2021, 00:22:14 AM
Gli esseri materiali e gli esseri viventi hanno una proprietà comune.
Di solito si intende che sia la stessa materia di cui pure gli esseri viventi sono fatti, quindi , in base a ciò, ci si chiede da cosa scaturisca la differenza che fra essi chiaramente percepiamo.
Se la materia è la base comune, come nasce la vita a partire da essa?
In base alle premesse la domanda sembra inevitabile, e ciò mette in secondo piano, fino a nasconderlo, un altro aspetto che hanno in comune.
Là riconoscibilità.
Oggetti ed esseri viventi sono riconoscibili in quanto i primi banalmente permangono, ma i secondi meno banalmente, sono riconoscibili pur mutando.
La riconoscibilità quindi va' oltre la permanenza.
La riconoscibilità negli esseri viventi là si riassume nell'attribuzione di un io individuale, il quale permane, pur mutando l'individuo.
Ma come facciamo a riconoscere l'individuo, seppur muta?
Ad affermare che è lui in quanto "io" ?
Occorrerà escludere che la condizione per la riconoscibilità sia dunque la permanenza, che ciò che è tale rimanga tale e quale.
Possiamo quindi estendere l'attribuzione di un  "io" a ciò che è riconoscibile, non in quanto permane tale e quale.
Nel considerare quale sia il meccanismo che consente la riconoscibilità non dovremmo però dare per scontato che il punto da cui partire, come ovvia base, sia il riconoscimento della permanenza.
Infatti, come sarebbe possibile, si dirà, non riconoscere, confermandolo, ciò che non muta?
Ma ciò che sembra ovvio forse non lo è.
Non esiste nulla di ovvio.
Il riconoscimento perfetto della permanenza implica infatti una perfetta comprensione e conoscenza dell'oggetto, cosa in se' per nulla ovvia.
Altro non è che una semplificazione percettiva, semplificazione da cui la scienza stessa non è immune.
La permanenza, fino a prova contraria, è solo un apparenza , che però non esclude l'individuazione di oggetti "viventi o meno" .
#4131
Tematiche Filosofiche / Il tempo "percepito"
23 Settembre 2021, 23:20:40 PM
Citazione di: Eutidemo il 23 Settembre 2021, 06:06:16 AM
Ciao Iano. :)
A dire il vero, io, con riguardo alla questione del tempo, io non ho mai parlato dello "zero", il quale, "matematicamente", è senz'altro un "numero" (quasi) come gli altri; non ho mai messo in dubbio una cosa del genere.
Vedi, al riguardo, il mio topic <<Lo "zero matematico", lo "zero fisico", lo "zero metafisico" e l'"Uno">>.
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/lo-'zero-matematico'-lo-'zero-fisico'-lo-'zero-metafisico'-e-l''uno'/msg51930/#msg51930
***
Per quanto, però, riguarda il "tempo percepito", "zero secondi" è un tempo assolutamente "non percepibile"; e, quindi, ai fini del presente topic denominato <<il tempo "percepito">>, è esattamente "tamquam non esset"!
***
Per questo dicevo che cercare di "cogliere l'attimo fuggente", in realtà, è come cercare di "abbracciare un fantasma"!
***
Un saluto! :)
***
È quel quasi che mi preoccupa, infatti.😅
Lo spunto che ci dai è comunque non banale e molto stimolante.
Non si può non considerare infatti che l'essere è dato nel presente, e che se questo non esiste allora l'essere non è. Non vi è alcun oggetto.
Si può ancora notare che proprietà attribuite agli oggetti, come ad esempio una velocità, non sarebbero proprie dell'oggetto, come cosa esistente nel presente.
Infatti a rigore , per la fisica, esiste solo ciò che si misura, e ciò che si misura è una velocità media, non riferita quindi ad un oggetto propriamente detto, come esistente nel presemte, ma dentro ad un intervallo temporale non nullo, e quindi non esistente nel presente , e quindi come non esistente.
Per poter attribuire all'oggetto una velocità istantanea occorre eseguire un calcolo infinitesimale, come processo al limite, riferito quindi ad un oggetto che però esiste in un tempo che non è limitato al presente.
Se possiamo, seppure indirettamente, attribuire una velocità istantanea, ad un oggetto, ciò prova che l'oggetto esiste, perché ne abbiamo prova indiretta, pur non avendone percezione istantanea.
Ciò dimostra che la nostra percezione, che sia quella sensibile o quella scientifica, prevede stratificazioni alla cui superficie sta ciò che appare.
Se occorreva una prova che il nostro rapporto con la realtà è indiretto ne abbiamo appena adesso illustrata una.
Percezione sensibile o scienza non fa' sostanziale differenza.
Sono modi diversi di fare  la stessa cosa per tramiti stratificati.
In conclusione, o non esitono gli oggetti come li definiamo, come esistenti nel presente, o, se esistono, non hanno una velocità, e magari chissà' quanti altri attributi che gli riconosciamo chiudendo tre occhi.
Quando definiamo un oggetto lo facciamo con precisione e rigore, ma quando il gioco fuori dalle definizioni si fa' reale gli oggetti mostrano insospettabile flessibilità, fino a perdere la loro fisionomia.
Eppure è come se avessero un loro "io" che c'è lì fa' individuare , come quando incontriamo un amico dopo tanti anni, trasformato, eppure è proprio lui, senza dubbio.
#4132
Tematiche Filosofiche / Essere e determinismo.
22 Settembre 2021, 11:32:19 AM
@Eutidemo.
Tu dici che l'essere scaturisce dal rapporto fra due forze, o, come in un lapsus froidiamo avevo prima scritto , fra due forse  :D  , la causalità e la casualità, dove io suggerivo di farlo scaturire, seppure innescando il paradosso uovo-gallina , dalla sola causalità.
Quindi in effetti ho poi già dato il benvenuto al caso nella questione ,come tu mi avevi  saggiamente già suggerito.
Personalmente non ho alcun preconcetto sulla casualità e non mi sento diminuito dal suo eventuale essere reale.
O se preferisci L non mi sentirei meno diminuito dalla esistenza esclusiva del suo concorrente, la causalità.
Entrambi, se assunti in modo esclusivo, o non portano a nulla o in alternativa a nulla di promettente.
Concordo quindi nel farle concorrere perché ciò lascia una via alla speranza.
Ma il punto è che se esse possono concorrere, essendo contraddittorie, allora sono ognuna di esse, prese in modo esclusivo ad essere diminuite.
Detto ciò ci rimane da dire in che modo concorrono, cosa che io , pur confusamente ho provato a dire.
Infatti di ognuna delle due cose parliamo credendo di sapere di cosa parliamo, ma poi non sappiamo ben dire.
C'è però, a mio modo di vedere,  una asimmetria da correggere prima di affrontare la questione, che avvantaggia storicamente la causalità sulla casualità.
Dovremmo ammettere appunto che in sede separata non sappiamo ben dire dell'una come dell'altra, mentre io credo che dicendo in sede congiunta  avremo allora detto insieme dell'una e dell'altra.
Questa nuovo racconto deve partire propriamente da una critica al determinismo senza paura di sentirsene orfani.
Come Bobmax suggerisce il nesso causa effetto non è cosa evidente anche quando appare.
Io potrei dire...partiamo da una distribuzione casuale conscio di non sapere bene cosa dico.
Quindi mi chiedo se a quella distribuzione non possa imporre un ordine.
In effetti ciò è sempre possibile.
Ma allora in che senso quella distribuzione era casuale?
Nel senso che non ci avevo ancora individuato un ordine, che è sempre possibile individuare.
Tuttavia su quell'ordine/caso affermavo che non si può fondare l'essere inteso come permanenza, anche solo relativa, ma sul fatto che quella distribuzione ordinata, casualmente verificatasi, possa ripetersi.
L'essere è nel ripetersi del caso.
È ciò che permane finché si ripete.
Non è banale che qualcosa si ripeta, ma nessuno ha mai detto che l'essere lo sia.
L'essere non è un caso , ma non può che basarsi sul caso.
#4133
Tematiche Filosofiche / Il tempo "percepito"
22 Settembre 2021, 10:31:43 AM
@Ciao Eutidemo.
Non si può dire che il tuo ultimo post manchi di interesse ( come tutti i tuoi post) quanto di coerenza.
Tuttavia devo notare che esso si basa su un assunto criticabile, e cioè che zero non valga come valore di una misura, e che anzi non sia proprio un valore.
Ma questa è cosa di cui abbiamo già discusso, di come lo zero abbia faticato e ancor fatichi ad essere ammesso fra i numeri, e prima ancora di lui la stessa unità.
Ciò vale più in generale per i concetti matematici nuovi, i quali faticano ad affermarsi, ma quando ci riescono non mancano poi di disegnare nuovi mondi che riescono a resistere alla verifica dei fatti, come quello che con le geometrie non euclidee ha disegnato Einstein.
Il mondo di Einstein però non ne esclude altri alternativi come quello quantistico, per cui, obtorto collo, a quanto pare Eraclito , Parmenide e compagnia possono coesistere.
Motivo per cui è da un po' che io ho smesso di cercare la verità dentro e con la filosofia, intesa in senso largo, scienza compresa, e siccome non vedo altri mezzi per cercarla , ho proprio smesso di cercarla.
Da un punto di vista matematico è ammesso rappresentare il presente con un punto purché poi non si creda che la rappresentazione del presente coincida con la sua realtà.

Ma questo vale per ogni cosa che rappresentiamo, presente compreso.
#4134
Tematiche Filosofiche / Essere e determinismo.
22 Settembre 2021, 00:49:26 AM
Citazione di: Jacopus il 22 Settembre 2021, 00:29:48 AM
Il puro essere che non si sporca le mani, come lo definisci tu, è il secondo motore dell'universo, il caso. È un po' più difficile da accettare, perché la mente umana è strutturata "culturalmente" a cercare sempre una causa, e la causa della causa e così via e in questa logica il caso non esiste. Al max non esistono gli strumenti così sofisticati per calcolare e appurare tutte le cause, compresa quella che mi fa scrivere su un forum di filosofia, con un dito piuttosto che un altro, seduto piuttosto che sdraiato, in lingua italiana piuttosto che tedesca, elaborando questi pensieri piuttosto che altri. Ragionando in questo modo, inevitabilmente il caso scompare, altrimenti riaffiora come elemento non controllabile dell'evoluzione fisica ed organica. L'altro attore in scena è la libera volontà. Un trio sul quale abbiamo ragionato a lungo.
Suggestivo il caso come secondo motore.
Ma come tu stesso dici il determinismo non chiama in causa il caso, ma l'essere.
Il caso inoltre non si ripete ciclicamente e non può perciò diventare il pezzo di un motore , il quale, se fosse meccanico, sarebbe ciclico.
Ciò su cui mi hai fatto riflettere è che il determinismo apparentemente si limita a reclamare soltanto l'essere, ma in effetti reclama una ciclicità, ripetitività, proprie di un motore meccanico.
In una situazione puramente casuale chi ci impedisce di mettere arbitrario ordine additando a "caso" cause ed effetti?
Quel caso e quell'ordine però non sono destinati a ripetersi.
Non sembra allora un caso che la ripetibilità che la scienza pone a suo fondamento sia parimenti a fondamento del,determinismo, anche se a prima vista  ciò non  appare.
E infatti, prima di leggere il tuo post, a me non appariva.
Mi limitavo infatti a reclamare l'essere per dar luogo al determinismo.
Ma chi decide , dato l'essere, quali siano le corrette relazioni di causa ed effetto fra le tante teoricamente possibili in mancanza di qualcosa che oggettivamente le validi, come ad esempio un ripetersi, una ciclicità, che meglio di un vago ordine può contrapporsi al caso?
È allora, provando a fare il passo più lungo della gamba ,non è forse sulla ciclicità, su ciò che mutando si ripete con costanza, che meglio si potrebbe fondare l'apparente immutabilità e persistere dell'essere, così che l'essere non sia ciò che è, ma ciò che ripetendosi persiste?
Questa era in effetti l'intuizione che avevo in testa quando ho aperto la discussione, ma non così chiara  come adesso.
Mi chiedevo infatti se il problema dell'essere e delle cause e degli effetti non fosse lo stesso dell'uovo e la gallina.
#4135
Tematiche Filosofiche / Essere e determinismo.
22 Settembre 2021, 00:10:55 AM
Perché abbia luogo il determinismo occorre che qualcosa sia da additare come causa od effetto.
Senza essere non vi è causa.
Ma senza causa ed  effetto può darsi l'essere?
Riuscite a immaginare un essere che non sia causa di nulla o effetto di qualcosa?
Un essere come potenziale causa che però potrebbe non avere mai luogo?
O addirittura un essere speciale, definito come impossibilitato ad essere causa?
Un puro essere che non si sporca le mani?
Da un punto di vista filosofico forse si.
Ma da un punto di vista scientifico ciò che di nulla è causa non è rilevabile, e a tutti gli effetti quindi non esiste.
#4136
Tematiche Filosofiche / Il tempo "percepito"
21 Settembre 2021, 23:40:02 PM
O forse e più giusto dire che la realtà della nostra percezione non esaurisce la realtà.
Noi percepiamo cose che esistono solo nella realtà della nostra percezione, come un punto o un istante e legati da una logica in base alla quale si può dimostrare che se un punto  o un istante avessero luogo nella realtà fuori dalla nostra percezione, essi non potrebbero avere alcun effetto reale, quindi come se non esistessero.
Con ciò non intendo perorare la causa di una realtà quantizzata, perché  quanto detto nel post precedente potremmo ripeterlo mettendo un quanto di tempo al posto di un istante senza provocare grossi cambiamenti di senso, a meno di non definire un quanto di tempo come il tempo minimo della nostra percezione, ma ciò puzzerebbe troppo di antropocentrismo.
Da un punto di vista concettuale infatti un quanto è stretto parente di un punto, ed entrambi assolvono alla stessa funzione.
L'istante e il quanto non esistono nella realtà, ma solo nei racconti sulla realtà.

#4137
Tematiche Filosofiche / Il tempo "percepito"
21 Settembre 2021, 23:01:45 PM
Citazione di: Eutidemo il 21 Settembre 2021, 12:32:34 PM

In fisica, gli "istanti" sono le coordinate sull'asse del tempo; per cui, allo spostamento nello spazio Δx sull'asse del tempo, corrisponde l'"intervallo" di tempo Δt, definito come la differenza tra due istanti:
Δt01 = t1 − t0 = 2 s − 0 s = 2 s
E fin qui non ci sono problemi!
***
Poniamo, ora, che l'intervallo di tempo tra gli istanti t0 e t1 sia pari a 2 secondi; per cui, se stiamo osservando un fenomeno che si svolge tra questi due istanti di tempo, diciamo che la sua durata è  di 2 secondi.
Dei quali 2 secondi, però, in base ai ragionamenti precedentemente fatti:
- 1 appartiene al passato, e, quindi, non esiste (più);
- 1 appartiene al futuro, e, quindi, non esiste (ancora) neanche lui.
***
Mi rendo conto che, in questo modo, si ha l'impressione di cadere nelle aporie di Zenone: quella della "freccia" e quella di "Achille e la tartaruga".
Ma non è esattamente così!
***
Ed infatti, senza voler necessariamente frazionare il tempo all'infinito, se è vero che  l'intervallo di tempo tra gli istanti t0 e t1 è pari a 2 secondi esatti, non c'è dubbio che:
- uno di essi appartiene al "passato", e, quindi, non esiste (più);
- l'altro appartiene al "futuro", e, quindi, non esiste (ancora) neanche lui.
In mezzo ai due, invece, dove dovrebbe esserci il "presente", non c'è assolutamente "niente"; altrimenti avremmo che l'intervallo non è dato da "due secondi tondi", bensì da "due secondi più qualcosa", che costituisce l'intervallo tra i due!
***
Tuttavia, visto che il tempo per come a me "sembra" di percepirlo, in fondo, è una "successione di eventi", i casi sono due:
- o il tempo è un'illusione, quantomeno a livello percettivo;
- oppure mi sto solo facendo le seghe col cervello...tanto per "passare il tempo"!
;)
***
Propendo per la seconda ipotesi!

***
Ciao Eutidemo.
Temo che il tuo sia proprio invece un problema zenoniano.
Possiamo comunque ridurlo ad un problema matematico.
Ma prima di scendere nel dettaglio della questione vorrei proporti subito una soluzione.
Secondo il tuo esempio abbiamo un segmento lungo 2 secondi diviso in due, dove il primo secondo è il passato e il secondo è il futuro.
Ma il punto che divide in due il segmento appartiene sia al passato che al futuro.
Ma ciò è assurdo. Quindi abbiamo dimostrato che non appartiene ne' al passato nel al futuro, e lo diremo perciò presente, o anche Giovanni, ma non potremo certo dirlo presente ne' futuro.


Se lo volessimo riguardare come problema Zenoniano, quale io credo sia, lo si potrebbe tradurre come segue:
Dato un segmento lungo un secondo, se gli togliamo un estremo, quanto diventa la sua lunghezza?
Una possibile risposta è che non è variata, quindi è lungo ancora un secondo.
Quindi se il passato si prende un secondo nel tuo esempio e il restante lo prenota il futuro, ancora un punto resta, che aspetta solo di essere nominato.


Ma ora, senza uscire fuori da questi diletti , rilancio con un altra zenonaniata,posto di averti convinto. A me pare infatti che un istante è un puro concetto matematico nel quale "non avremmo il tempo" di percepire nulla, essendo la sua durata nulla.
Quindi, seppure abbiamo dimostrato che il presente , almeno in questi termini cavillosi, esiste, noi non potremmo però percepirlo.
Ma allora come facciamo a percepirlo?


La percezione infatti è un processo che richiede tempo.
Quindi, seppure il presente fosse un istante, la sua percezione non è istantanea.
Se il presente è un punto noi lo possiamo percepire solo se non viviamo esclusivamente in quel punto, ma dentro un segmento temporale abbastanza lungo da consentirci di percepire quel punto.
C'è una percezione del tempo e un tempo della percezione.

Tutto questo per dire che il tempo, posto che esista, è una cosa, e un altra è la sua percezione.
Noi possiamo parlarne solo perché lo percepiamo, ma la realtà vera non è la realtà della nostra percezione.


#4138
A me pare che la fine delle ideologie abbia decretato l'apparente fine delle ipocrisie dei più che dicevano di aderirvi.
Ma le ipocrisie hanno solo cambiato forma.

Gli italiani ricattano da sempre o sono ricattati da un potere che sentono estraneo : "Poi dice che uno si butta a destra...." e alla fine, non ottenendo più la minaccia effetto, gli è toccato pure farlo , per ipocrita coerenza, anche perché, con la globalizzazione, non ci si capisce più nulla.
Non si sa' più chi ricattare.


Cosa mimando l'atto di buttarsi a destra, non trovando nessuno che li bloccasse, ci sono finiti davvero, ridicolo epilogo di decenni di chiacchiere da bar.
#4139
Tematiche Filosofiche / Prima e dopo il BIG BANG!
20 Settembre 2021, 15:02:47 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2021, 14:44:03 PM
Fantasia fin troppa. Per chi se la può permettere. Per gli altri la verità è combinare il pranzo con la cena senza rischiare la pelle ed in un contesto amabilmente socievole: un fine che ha mooolto senso. La verità della scienza è combinare la teoria con i risultati di un esperimento. Ed anche qui serve molta fantasia. Come Ipazia, quando su una nave dimostrò che un peso caduto dall'alto di un albero cade perpendicolare, malgrado il moto della nave e lo spazio-tempo trascorso tra rilascio e atterraggio del grave. Forse leggenda, ma pesante e densa di senso, e verità, a venire.
Se la metti in questi termini allora mi piace essere d'accordo.
Ma i castelli che costruiamo con la fantasia  sono fatti di mattoni sfornati dalla poco premiata ditta filosofica.
Se gli si dà' abbastanza tempo arrivano a solidificarsi assumendo l'apparenza di immutabilità , come si ponessero oltre il mondo del divenire, in metafisichilandia.
O almeno così andavano le cose fino a un certo punto.
Oggi anche chi non fa' in tempo ad avere un inizio che già è finito si dice solida materia.
La materia, ciò che era sinonimo di solidità, più non lo è.
Solida si, ma quanto?
Il tempo che dura, anche un nulla.
È notizia dei nostri giorni che la collaudata (solida ?) teoria standard venga messa in discussione da uno scostamento della misura rispetto a quella prevista di un milionesimo di un milionesimo e giù di lì , d'un secondo.
Ma cosa c'era prima della teoria standard e cosa ci sarà dopo?
Questa è la domanda corretta che ammette risposta.
Cosa c'era prima della teoria del Big Bang e cosa ci sarà dopo?
A questa domanda possiamo rispondere: un altra teoria.
#4140
Tematiche Filosofiche / Re:Prima e dopo il BIG BANG!
20 Settembre 2021, 14:29:09 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2021, 10:19:52 AM

Questo è l'effetto d'insieme, stocastico anche in senso trilussiano. Invece bisogna andare nel dettaglio e si scoprirà che la tratta da alcune parti dura (e quindi vale) di più di quella tratta da altre parti e che c'è una verità pure nel fatto che non duri più. Gli apprendisti stregoni hanno stanato l'atomo, ma dopo qualche catastrofe si sono accorti che le loro arti magiche erano (ancora) inadeguate a gestire quella forza arcana. Per un po' ne hanno corretto la gestione ma alla fine, gestirla, coi mezzi attuali, è diventato così dispendioso che hanno dovuto dirigere l'episteme, e il senso scientifico ed etico connesso, verso altri lidi.
Stocastico trilussiano? :-\
Mi pare che stai con un piede dentro e uno fuori.😊
La sostenibilità della ricerca più che limitarla, la invalida come ricerca di verità.
Non esiste un edificio teorico, per quanto si confermi solido, che resista al tempo.
Seppure non manca certo di valore  la sua durata.
Più che improvvisarci come cercatori di verità dovremmo farci maestri su come si costruisca il nuovo sul vecchio, perché  questa è la costanza sulla quale scommetto.
Non è necessariamente una evoluzione in senso positivistico, ma un allineamento continuo fra teoria e teorizzatore/ sperimentatore.
Pensare che tutto ciò non abbia un fine non sembra essere credibile, ma ancor meno credibile è che lo abbia.
Che senso dovrebbe avere, avere un fine?
Difficile davvero da immaginare un fine, tanto che non riusciamo a immaginarne uno diverso dal ritorno a ciò che è già stato, al paradiso primordiale.
Come dire....fantasia zero.
Ci si fa' più figura ad astenersi.


Tuttavia finché dura la teoria c'è la teniamo cara, come cara ci è la pelle, che seppur si sia gonfiata fino alle orbite satellitari, rimane un limite che è dimensionale.
Ciò  che non muta è infatti questo limite che ci definisce come parte; ciò che muta è la sua definizione.
Il nostro io e' il fil rouge che lega queste successive partizioni, e che per esser tale abbisogna di continue conferme.
Cogito ergo sum, ma il pensiero ci mette nulla a svanire.