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Messaggi - iano

#4171
Tematiche Filosofiche / I mondi che creano i libri
09 Settembre 2021, 21:34:29 PM
Ciao  Estak e benvenuto.
A molti verrà il dubbio che sia la sezione giusta, ma non a me.
Credo infatti che la realtà in cui crediamo di vivere sia una invenzione artistica di grado superiore rispetto ad un libro, il quale ultimo bene esemplifica come cio' avvenga.
Invenzione non gratuita, come non è mai del tutto gratuito un libro.
Diciamo che i libri di fantascienza mi facevano l'effetto che descrivi, finché la scienza non ha superato in quell'arte la fantascienza.
#4172
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio: Hegel
07 Settembre 2021, 11:22:11 AM
Citazione di: Ipazia il 06 Settembre 2021, 18:47:31 PM
La finalità c'è nel secondo canale evolutivo (autocoscienza) degli organismi viventi: vivere a lungo e bene. Mutuata direttamente dal reale del primo canale evolutivo basato sul dna.
Io la farei ancora più semplice.
La vita è caratterizzata, e ciò infatti non vale per la materia, da una registrazione dell'esperienza che diventa pregiudiziale nell'agire.
Il processo è unico, ma la sua evoluzione, coi suoi salti, può tradursi in diverse fasi, delle quali , ultima, ma non ultima, e' l'autocoscienza.
Infatti non può esserci una differenza sostanziale fra coscienza e autocoscienza.
La fase attuale io direi essere la scienza.
Fase non ancora matura se è vero che la scienza siamo noi, ma la percepiamo ancora come aliena.
Nella misura in cui la percepiamo ancora come altro da noi , tendiamo ad attribuirgli poteri che vanno oltre le nostre possibilità, come ad esempio il potere di tendere alla verità , attribuzione che ha origine nell'iperuranio platonico, dove le distanze da noi vengono marcate dall'essere un mondo oltre il nostro, quindi tanto più oltre noi.
L'autocoscienza è quindi la demarcazione arbitraria di un processo continuo.
Un processo che coinvolge gli individui ,e anzi non può prescindere dagli individui, ma che marca i suoi punti quando le diverse esperienze diventano condivisione, quando tutti cioè, al di la' delle soggettive esperienze, iniziano a "vedere" le stesse cose, come se ie individualità ciclicamente si ricomponessero ed è ciò che da' un senso all'umanita'.
Sbagliato quindi considerare l'intersoggettivita' come probante prova di verità.
La prossima tappa del processo evolutivo della coscienza sarà quella in cui ringrazieremo il concetto di verità come il catalizzatore del risultato raggiunto , ma non più presente nel risultato.


Immaginate di possedere la coscienza di un virus, e provate a immaginare quale salto di coscienza farete ( facile a farsi) quando vi sarete evoluti in uomini, e immaginate adesso di essere uomini e un pari salto di coscienza ( facile a dirsi, più difficile a immaginarsi, o forse no? Mi sentirei però di escludere fin da adesso che in quella fase si discuta ancora di verità, percepita ormai come un astruso iperuranio di cui nessuno parla più).


Quello che è certo è che la filosofia è ancora attuale se la verità è per noi un concetto ancora così attuale.
Ma la filosofia non morirà con la verità.
Nel processo di evoluzione della coscienza occorreranno sempre catalizzatori senza dei quali non si ottiene nulla.
#4173
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio: Hegel
06 Settembre 2021, 18:38:37 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Settembre 2021, 16:53:04 PM
Posso concordare sul dualismo natura-cultura, soma-psiche, dna-memoria storica, ma non vedo alcun finalismo al di là del legittimo e razionale desiderio della psiche umana di vivere bene e in buona salute.

Trasferire tale desiderio in meccanismi finalistici precostituiti sa più di religione che di scienza e lo stesso uso del Geist crea più di qualche confusione col Got, svolgendo entrambi la stessa funzione finalizzatrice.

La storia dimostra che non vi è alcun messianico Spirito a dirigere le vicende umane, come non vi è nell'intelligenza intersoggettiva che si arrabatta, toppando spesso clamorosamente, per ottimizzare la vita sociale. Cosa che non accadrebbe se vi fosse una scienza infusa a priori.

La "razionalità" della natura è la risposta che ogni organismo vivente elabora per sopravvivere. Si tratta per lo più di automatismi che hanno superato l'esame evolutivo e la cui efficacia retroattiva "appare" razionale. Il reale (evolutivo) impone la regola che noi, a posteriori, definiamo razionale facendo l'unica cosa assennata che ci è concessa: prendere atto che le cose stanno così e così. Ovvero che il reale è razionale, ma solo nel senso che è l'unica fonte autorevole di razionalità. 

L'affermazione inversa (il razionale è reale) è invece millantatrice assai perché pretende di sottoporre la realtà ad autoproclamate razionalità che variano dalla saggezza al delirio. Per cui non ci farei grande affidamento. (Lo Spirito hegeliano è inaffidabile tanto quanto l'imperativo categorico kantiano)

Insomma, tutto il contrario dell'impossibile. Di cui non si sente la mancanza, essendo il possibile ancora e sempre così carico di misteri da disvelare e possibilità da realizzare.
Concordo, ma a partire da questo contesto che promette di spiegare le cose spiegabili in modo semplice , dovremmo cercare di trarre l'origine di cose che sembrano meno semplice da spiegare, come la ricerca di verità, di un senso, di una finalità. Non mi sento orfano di tutto ciò, ma credo che meritino un'analisi ,  perché seppure in se' non esistono, svolgono comunque una funzione.
A me sembrano ipertrofie da uso di coscienza, e la coscienza è qualcosa che se non intacca la semplicità del quadro lo rende più articolato.
L'effetto del arbitrio si avvicina al limite al caso al crescere del numero di individui coscienti.
Possiamo avere dubbi sulla realtà del libero arbitrio, ma non dovremmo averne sui suoi effetti, che al crescere degli individui viventi tende ad equipararsi al caso che agisce , se agisce, sulla materia.
Libero arbitrio e caso sono assimilabili anche nel dubbio che accompagna la loro esistenza.
Il caso più non esistere , ma la risposta che ogni organismo vivente elabora per sopravvivere non può che basarsi su esso.
Confesso a questo punto di essermi perso, ma spero di aver dato qualche spunto.


Quello che voglio sottolineare è che la convinzione che non vi sia una finalità, che condivido, sembra essere al contempo per alcuni motivo di frustrazione, la quale forse potrebbe essere mitigata da una una ipotesi da cui si origina la ricerca di un fine.
Può non esistere una finalità, ma esistono gli effetti di una ricerca di finalità.
Può non esistere una verità, ma parimenti esistono gli effetti di una ricerca di verità.
Può non esistere un senso della cita, ma gli effetti di una sua ricerca certamente esistono.
Se tutto ciò non modifica la semplicità del quadro che si vuole delineare, lo rende però più interessante.
Posso dire che non esistono verità, finalità, senso, ma non posso considerare in tal modo chiusa la questione filosoficamente.
#4174
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio: Hegel
05 Settembre 2021, 12:06:53 PM
Citazione di: Kobayashi il 05 Settembre 2021, 09:46:12 AM
Credo che l'identità di pensiero ed essere in Hegel vada concepita a partire dal fatto che ogni cosa singola che incontro la posso conoscere solo tramite universali, concetti.
Non molto diversa, mi sembra, è la posizione di chi poi nel Novecento, riflettendo sul linguaggio, dirà che si può andare alla fontana solo perché ho la parola "fontana".
Certo, rimane la questione etico-politica della predilezione che può andare a cadere o sull'aspetto più generale o su quello particolare.
Cioè la questione che nella frase "Socrate è uomo" devo decidere se dare maggior rilievo al soggetto (Socrate nella sua singolarità, nella sua vicenda particolare etc.) o al predicato (all'umanità di Socrate, alla razionalità cui lui partecipa come tutti gli uomini).

Per quanto riguarda il solipsismo, si tratta di un rischio che riguarda più il soggettivismo moderno che una filosofia come quella di Hegel.
Basta pensare a Cartesio che scatena il dubbio per ottenere un criterio per distinguere ciò che è sicuramente vero, per fondare la nuova epistemologia, e alla fine si ritrova con l'ipotesi che anche ciò che è chiaro ed evidente possa essere solo una colossale illusione (l'ipotesi del genio maligno), ipotesi che può scongiurare solo tramite il Dio cristiano.
Nella bella discussione su Cartesio che ha preceduto questo topic, a un certo punto lo "scontro" si è concentrato tra una lettura di Cartesio come libero pensatore e Cartesio come sincero cristiano.
A me sembra che su questo abbia ragione Lou: Cartesio fa appello a Dio per le esigenze del suo sistema, per uscire da un impasse teoretico di difficile soluzione.
Anzi, di impossibile soluzione. Perché se si arriva al livello di scetticismo che anche ciò che è certo può essere solo un'illusione sofisticata, che senso ha allora, rimanendo all'interno di questo livello di dubbio, parlare di prova ontologica di Dio? Quale affidabilità potrebbe mai avere in questa fase del sistema?

È interessante però vedere l'elemento paradossale della filosofia di Cartesio. Combatte la Scolastica per fondare la nuova epistemologia moderna. Per questo si lascia alle spalle ogni credenza, ogni presupposto culturale, ogni autorità. Sceglie quindi la via distruttiva dello scetticismo. Ma volendo arrivare a ciò che è assolutamente incontrovertibile è costretto a esagerare con il dubbio da cui può però liberarsi solo affidandosi a Dio.
Più solido vuole essere il sistema e maggiore è la necessità di presupposti metafisici indimostrabili.
Insomma, alla fine di fatto Cartesio è come se avesse voluto rimettere a verifica l'ipotesi divina, confermandone la necessità.
Quello che manca all'ipotesi divina e' però il carattere di evidenza, di modo che Cartesio dimostra che l'evidenza si basa su una non evidenza.
Non so', confesso, fino a che punto ho stiracchiato la questione per portare acqua al mulino dell'idea che insiste nel mio cervello attualmente, che appunto una evidenza non può che basarsi su una ipotesi nascosta, quindi indicibile, un Dio innominabile.
Come controprova di ciò, quando le ipotesi non sono nascoste, le conseguenze non sono evidenti.
Possono con difficoltà intuirsi, e con pari difficoltà a volte dimostrarsi, senza ancora che il risultato, con tutto ciò, seppur vero, ci appaia evidente.
Mi sembra così, applicando il metodo del dubbio Cartesiano, di poter distinguere il vero dall'evidente, i quali a noi sembrano coincidere ,come caso particolare , seppur notevole, solo nell'ambito della nostra percezione sensibile.
Da ignorante, e da quello che voi dite, e in particolare dal tuo bel post, traggo che Cartesio ha quasi portato a termine il compito che si è prefissato, mancando solo qualche dettaglio finale, che toccherebbe scrivere a noi.
Io provo a riscrivere il finale ammettendo un Dio , ma solo in quanto indicibile. In quanto ipotesi nascosta, senza la quale non può esservi alcuna evidenza. La verità non può basarsi dunque sull'evidenza, se questa a sua volta è figlia di ipotesi di cui possiamo solo dire che sono ignote quanto potenzialmente arbitrarie.

A riprova di ciò, man mano che la scienza con l'uso affina il suo metodo, scovando con crescente abilità ed eliminando le ipotesi nascoste, le sue conclusioni appaiono sempre meno evidenti .
Eppure, se, come voglio , non dirò vere, sono però sempre più congruenti ad interfacciarci con la realtà nel nostro agire, quanto sempre meno evidenti.
La verità ha carattere di immediatezza. Ciò dimostra che non esiste alcuna verità, perché non esiste nulla che non sia mediato. Quando non appare la mediazione appare una verità.
Ciò che noi perseguiamo come meta massima di sapienza è figlia di necessaria ignoranza.
Per dirla con un Socrate riadattato, so' di non sapere, e ciò è sapere gia tanto, come ho provato a spiegare.
Infatti più cose so' , meno verità mi appaiono.
#4175
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
04 Settembre 2021, 19:35:18 PM
Occorre accettare come vero solo ciò che si presenta alla mente come chiaro e distinto.
Questa è l'idea di Cartesio.
Un bel passo avanti per i suoi tempi.
Ma è ancora attuale questo modo di vedere?
Io i miei dubbi, pur non chiamando direttamente in causa Cartesio, li ho espressi in modo chiaro e distinto.  :)
Dietro ciò che appare chiaro e distinto, quindi vero secondo Cartesio, c'è sempre una assunzione nascosta.
Neppure la scienza, e financo la matematica, sono immuni a ciò.
Ma la matematica è certamente il miglior esempio di cui disponiamo di teoria che ben esplicita le sue assunzioni, ma le verità cui si giunge a partire da quelle assunzioni chiare e distinte, non sono altrettanto necessariamente chiare ed immediate, eppure sono vere, seppur si tratta di una verità tautologica.
Difficilmente di solito quelle verità si intuiscono ,e , a volte, con maggior difficoltà le si dimostra., e una volta dimostrate si stenta a credervi.
#4176
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Fede nell'Impossibile
03 Settembre 2021, 18:27:22 PM
Citazione di: Ipazia il 02 Settembre 2021, 07:38:40 AM
Se cerchiamo l'impossibile possiamo tranquillamente negare l'evidenza e (con)fabulare a gogò per far passare il tempo alla fermata del tram o della vita.

Bisogna capire cosa si intende per evidenza prima di negarla. Se c'è una cosa per nulla evidente infatti è proprio l'evidenza.
Io ho proposto essere il prodotto di ipotesi non evidenziate , cioè nascoste, e che sempre ci saranno, perché il nostro procedere non è mai del tutto cosciente.
Non vi è nulla di impossibile se non vi è nulla di vero.
La fede nell'impossibile è la tensione ad uscire dalla verità precostituita quando la sua evidenza inizia a sbiadire lasciando apparire al su posto il suo essere  gabbia nella quale ci sentiamo costretti.
L'impossibile è la conseguenza logica di una evidente verità.
Una verità indiscutibile , perché non ne conosciamo la genesi e quindi nulla possiamo dire.
Ma una volta scopertane la genesi, ciò che sembrava impossibile diventa possibile.
Cosi nascono nuove verità, ogni volta quelle veramente vere, e nuove impossibilità conseguenti.
La fede nell'impossibile è una fede divenuta vacillante nella verità di moda.
Il risultato è una nuova gabbia in cui sentirsi di nuovo liberi finché non ci appariranno chiari i suoi confini, scoperte le nuove ipotesi nascoste.
È compito della filosofia scoprire queste ipotesi nascoste, e la loro scoperta non ha nulla da invidiare a quelle della  fisica, perché esse parlano di noi quanto quelle della fisica parlano di altro da noi.

#4177
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio: Hegel
03 Settembre 2021, 16:29:06 PM
@Jacopus.
Ma qual'e' l'alternativa a considerare tutto come oggetto e a manipolare ogni cosa come oggetto?
Io credo che l'unica alternativa sia trattare tutto come oggetto, ma senza aver piena coscienza di farlo.
Non voglio qui sottacere l'assunto su cui baso le mie brevi ( spero) osservazioni:
"Ciò che possiamo fare usando coscienza possiamo farlo ugualmente, ma in diverso modo, senza usare coscienza."
Cosa è questo pensare di pensare se non un prendere atto di aver in parte esplicitato i nostri processi mentali?
E quali risvolti negativi nuovi dovrebbe comportare questo surplus di uso di coscienza che non fossero già prodotti da un agire meno cosciente, se non il fatto che di essi più difficilmente si può oggi tacere o ammantare di fumose auree ideali che compensavano la nostra vista corta di allora?
La questione a me pare quindi molto semplice.
Ciò di cui rimane da discutere è se sia bene o meno l'incremento di coscienza.
Non è ne' bene e ne' male.
C'è un incremento di fatto che viene da lontano, testimoniato dalla reazione di lunga data per un ritorno alla inconsapevolezza beata originaria.


Se con Galilei abbiamo aperto gli occhi, dopo Cartesio non possiamo più chiuderli.
Non si torna più indietro.
Possiamo solo dire del come andare avanti.


#4178
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
02 Settembre 2021, 05:39:11 AM
Riassumendo.
Quando le assunzioni che facciamo non sono a noi evidenti, saranno le loro conseguenze ad apparirci come indiscutibilmente evidenti.
Indiscutibili o perché, come dice Bobmax, senza fare assunzioni ( che Bobmax chiama verità) non si può discutere di nulla, o perché le abbiamo fatte, ma non ne abbiamo coscienza, e quindi parimenti non possiamo discuterne.
Esse ci appariranno quindi evidenti, come ciò di cui "non occorre discorrere".
In ciò è la prova della nostra superbia, diventando indiscutibile ciò di cui non siamo, almeno ad oggi, in grado di discutere.
Se non oggi, siccome diveniamo, domani potremmo essere in grado di farlo.
Così il divenire non è alcuna verità, ma una possibilità sempre aperta.
Però se anche il divenire ci disturba, allora c'è in noi una volontà di potenza assoluta.
Noi, così come qui ed ora,,e così  per sempre.
È una aspirazione, chiamiamola spirito di conservazione , che ben comprendo.
Voglio dire.... alla fine sono umano anch'io. 😀
Però preferisco evitare di vivere in questa gabbia di troppo.
Forse non sono veramente libero, ma assumo di esserlo, e questo da un senso alla mia individualità, e ad una vita che val la pena di essere vissuta, che non si riduca ad una spazientita attesa alla fermata di un bus chiamato verità.
Una impossibile verità, anche se in lontananza ci sembra di scorrerlo il bus.
Sembra lui finalmente, sta per arrivare.
O forse non è lui, ci siamo sbagliati.


Ecco, certe discussioni filosofiche somigliano a quelle fatte alle fermate dei bus, per ingannare l'attesa, maledicendo il caos che regna nell'azienda municipalizzata dei trasporti.
#4179
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
02 Settembre 2021, 05:06:43 AM
Citazione di: bobmax il 01 Settembre 2021, 21:10:35 PM
Iano, non sto giocando ad attribuirti alcuna verità.
Perché non ve n'è alcun bisogno.
Infatti tutto il tuo discorso si fonda su evidenti verità.

Alcune inevitabili, perché senza verità non è possibile alcun dire.

Ciò a cui mi riferivo è però la "verità" del divenire.
Il quale, proprio per questa sua verità annulla molte altre.

E il divenire è per te certezza.
Così come il molteplice.

Che per te siano verità è evidente dal tuo discorso.
Perché se le mettessi in dubbio non lo potresti fare.

Ma la verità più perniciosa e per la quale ho deciso di scriverti, è la verità etica!

Quando affermi che il male non esiste e questo è il paradiso non è forse verità?
E qui non si tratta del mondo illimitato o meno. O dell'indeterminato a cui torneremo oppure no.
Qui si pretende di conoscere la Verità!

Che sta oltre qualsiasi logica o  costruzione razionale. Perché riguarda ciò che davvero conta: il Bene!

Neghi la Verità perché ritieni di conoscerla.
Il divenire è certezza matematica. Infatti contiene anche il suo opposto, il non divenire, come valore zero del divenire.
Ora, se uno nega il divenire, sta dicendo di fatto che esso può assumere solo il valore zero.
Se uno invece non lo nega non sta escludendo alcuna possibilità, quindi non sta affermando alcuna verità.


Certo che non si può fare alcun discorso se non a partire da dati punti fermi. Ma che bisogno c'è di chiamarli verità, ed ancora evidenti per maggior peso...e addirittura inevitabili ?
Si può parlare di assunzioni, le quali non sempre sono presenti alla nostra coscienza , ed a ciò ho cercato di legare l'evidenza e la nascita del concetto di verità
Il molteplice , ti concedo, sembra essere una assunzione inevitabile, perché non potremmo fare alcun discorso se non esistono almeno un io e un altro che io chiamo realtà .
Sono assunzioni minime, curando per quanto è possibile che non ve ne siano di nascoste, dalle quali possiamo derivare, come prodotto della loro interazione ogni cosa, che perciò non sarà mai con certezza assoluta, perché assoluto non è quel rapporto.
Le verità, le evidenze, sono invece il prodotto di una interazione con la realtà nella misura in cui le assunzioni che facciamo, ciò su cui poniamo fede, non sono a noi coscienti.
La nostra capacità di credere, che io spesso definito fondamentale, non è necessariamente legata alla  coscienza.
Ogni volta che qualcosa ci sembra evidente, ovvio, cioè indiscutibilmente vero, sotto c'è un porre fede a qualcosa non esplicitato.
Così, ad esempio, come mi pare di intuire, Lucrezio ricava magistralmente la dimostrazione che il mondo sia infinito, ma partendo dall'ipotesi  taciuta, perché evidentemente ovvia per lui, che il mondo sia Euclideo.
Ecco come nascono le verità .
Sono convinto che abbiamo e continueremo ad avere ipotesi nascoste.
Ma che siano nascoste o meno non si può fare alcun discorso senza.
Quando qualcosa mi appare evidente, ovvia, vera, io vado alla ricerca dell'ipotesi nascosta.
Se lo studio degli antichi viene fatto pregiudizialmente alla ricerca di una possibile verità perduta fra le righe, si rischia di perdersi nei dettagli, senza astrarne la sostanza, la quale io suggerisco sia ad esempio che sempre ci saranno ipotesi nascoste e in conseguenza di ciò percepiremo sempre evidenti e indiscutibili verità.
L'infinito ,nell'esempio riportato su Lucrezio, era appunto un dettaglio nel quale ti sei perso.
La sostanza era la verità che arriva come indiscutibile conseguenza di una nascota assunzione.
Una volta svelata l'assunzione , basta negarla, e la verità sparisce.


La razionalità non è una gabbia, in quanto noi siamo razionalità , a meno che noi stessi non siamo la nostra gabbia.
Ma, se gabbia noi siamo, il credere davvero nelle definizioni di comodo attraverso le quali interagiamo con la realtà , la rendono davvero angusta più del necessario, e comprensibile allora diventa l'attesa di un nulla liberatorio.


Sono definizioni utili, ma da non prendere mai troppo sul serio.


La verità etica?


Non esiste nessuna verità etica.
Esiste un apprendere per errori che poi si evita di ripetere.
Se però ci piace sopravvalutarci allora parliamo pure di verità etica.
#4180
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
01 Settembre 2021, 15:31:39 PM
Citazione di: atomista non pentito il 01 Settembre 2021, 15:20:39 PM
Personalmente approvo in toto quanto letto ( e capito)
A questo punto e' sempre piu' forte la mia idea che nella semplicita' sta la possibilita' di essere felice ( con tutto cio' che questo fa ricadere di positivo sul soggetto e cio' che lo circonda) ,  proprio per depotenziare quel senso di colpa o arrabbiature , tensioni e quant'altro , dalle ns parti i vecchi sostenevano " par quat di che l'uma da vivi......"ossia " per quattro giorni che abbiamo da vivere" sottintendendo il non c'e' ragione di sprecarli con la negativita' ed il male ( che pure esistono)
Dunque si poteva dire la stessa cosa in modo semplice e lineare ?😊
Lasciami allora ancora dire che non solo la vita, al di la' delle apparenze, è semplicita', ma sembra proprio non tollerare le complicazioni , come non sostenibili.
Però la strada che porta alla semplicità non è necessariamente semplice, quando ci si mette di mezzo la coscienza che ha come coda il nichilismo, in attesa di perderla per evoluzione.
#4181
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Fede nell'Impossibile
01 Settembre 2021, 15:07:49 PM
Sostanzialmente vivere, come fanno senza difficoltà teorica alcuna gli esseri che usano poca coscienza, evitando perciò gli inconvenienti del suo troppo uso e tenendosi solo i vantaggi, facendocene padroni veri nell'uso.
Ma non illudiamoci di eludere il cosiddetto male perciò.
Come dice Paolo Conte: "È un mondo adulto, si sbaglia da professionisti"
Noi procediamo per errori, ma solitamente poi non li ripetiamo.
In qualunque mondo decidiamo di vivere, ingenuo o adulto che sia, continueremo ad imparare sbagliando e quegli errori sono i veri confini di quel mondo oltre i quali non si dovrebbe più andare, dopo esserci andati.

Però non traiamo da ciò, complice la nostra coscienza abnorme, un senso di colpa che ci blocchi.
Mi sentirei di dire che il nichilismo è il rovescio della medaglia dell'intensità d'uso della coscienza, che però in se' è un fattore evolutivo puramente accidentale.
Ma la soluzione non è tornare indietro, in un paradiso di inconsapevolezza, posto che ciò,in modo puramente accidentale potrebbe verificarsi,,ma andare avanti imparando per pratica, come abbiamo sempre fatto noi esseri viventi, più o meno accidentalmente coscienti.
Tutto ciò potrà apparire banale.
Ma dovremmo rinunciare a ciò in nome di cosa?
In nome della verità?
Sarebbe come dire che rinuncio all'automobile in nome della scatola del cambio.
#4182
Attualità / Re:Il valore di un uomo
01 Settembre 2021, 14:56:32 PM
A me sembra il prodotto paradossale di un compromesso impossibile fra ciò ciò che quegli amministratori di Motta sono e ciò che ci si attende che siano.
Come dice Ipazia il fatto stesso che obtorto collo si siano prestati paradossalmente è un buon segno.
Resta un lungo percorso ancora da fare ma la cui meta non è propriamente edificante.
Infatti la metà comunque riduttiva , a mio parere è poter sostituire il termine femminicidio con partnercidio.
Una metà edificante sarebbe non dover usare alcuno di questi termini, ma questa è ovviamente utopia.
#4183
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
01 Settembre 2021, 14:27:42 PM
Citazione di: bobmax il 01 Settembre 2021, 08:28:33 AM
Quindi, Iano, secondo quanto affermi dovrei godermi il paradiso, in cui sono, finché ci sono...
Non vi è nessun male, ma solo per ora.
Perché potrei cambiare idea e non essere più nel paradiso.

Il bene e il male pari sono.
Però un domani chissà...

E questo lo chiami essere.

Mentre per me è proprio il contrario, è non essere.

Non essere che deriva dalla assolutizzazione dell'esserci.
Ossia essere inteso come ciò che è qui, ora.
Essere che prima non era e poi più non sarà.

Accelerazione del divenire, che annulla ogni verità.
Tranne, evidentemente, questa stessa "verità"...

Questa è l'essenza del nichilismo. Come ben descritto da Severino.

Tra essere o non essere il nichilismo è la scelta del non essere.

Viceversa, la scelta dell'essere tiene ben distinti il bene e il male.
Con la speranza che il divenire, che è inteso come svelamento dell'essere, giunga infine a eliminare il male. Perché non verità.
Io non assolutizzo l'essere. È l'esatto contrario.
Almeno su questo concordiamo, anche se poi dici che il nichilismo è la scelta del non essere, intendendo immagino un esserci altro ,non in questo mondo, che altro non ti appare come un accidentale guado da passare facendo meno danni possibili.
Ma poi le nostre strade si divaricano del tutto.
La tua la vedo come un futile progetto in cerca della verità e in attesa del nulla.
Sulla tua ricerca di verità posso immedesimarmi , quindi non ho difficoltà a comprenderti.


Essere che prima non è e poi non sarà....è vero, ma ti sfugge il fatto, che noi, esseri viventi siamo ancora qua.
Come minimo direi che la tua idea di essere è un po' snob. Un essere riservato ad una eletta schiera , seppur poi ripudiata e in fase di espiazione.


Il divenire che annulla ogni verità tranne questa?
È evidente che stai giocando ad attribuirmi almeno l'affermazione di una verità.
Ora, mi pare di avere ben spiegato come si origina il concetto di verità, ma io ti invito a non prenderti troppo sul serio e quindi a non prendere troppo sul serio qualunque concetto noi produciamo.
Io credo che sia arrivato il momento da un lato di riconoscere il buon lavoro svolto, storicamente dal concetto di verità, e dall'altro di derubricarlo in un porre fede in qualcosa su cui poi costruiamo il mondo in cui viviamo, che è un interfaccia fra noi e la realtà, e perciò variabile, e perciò noi siamo divenire.
Di Severino, come dei filosofi in genere ,so' poco e nulla, ma da quel che traspare da quel che ne riportate ogni tanto qui traggo grande sorpresa dal fatto che un filosofo dei nostri giorni mi appaia così antico.
Non fraintendermi. Non esiste obbligo di modernità. Ma è l'esperienza, il nostro divenire, che ci rinnova.
È allora mi chiedo in quale mondo tutto suo abbia vissuto questo Severino.


Io noto significative coincidenza nella nostra storia di uomini, e ritengo perciò utile porvi fede, ma non sto affermando così alcuna verità.
Domani potrei ritrattare tutto, ma non ci provo gusto a farlo. Semplicemente mi sento libero di farlo.


Se credessi nella verità coerentemente dovrei dirti che il mondo in cui viveva Lucrezio era fittizio, e ciò è dimostrabile.
Ma da ciò non traggo che il mondo in cui viviamo noi si avvicina di più alla verità.
Traggo che è parimenti fittizio quanto funzionale al nostro essere vivi, come appunto lo era per Lucrezio e sento il mio essere in continuità con esso. Altro che venire dal nulla per tornare al nulla.
È la tua prospettiva, che tu assolutizzi impropriamente, che ti fa' vedere ciò.
Per potere tu credere nell'assoluto devi prima crederti assoluto, o che lo sei stato e che tornerai ad esserlo.
Per me ciò significa sopravvalutarsi fino al ridicolo.


Lucrezio ha dimostrato che il mondo è senza limiti.
Infatti esso dice: poniamo di trovarci al confine del mondo e da lì tiriamo una freccia.
Se la freccia lo supera allora non era il confine.
Se non lo supera allora c'è altro al di la' che si oppone, quindi ancora quello non è il confine.
Quindi il mondo non ha limiti.
Questo è il mondo Euclideo in cui viveva letteralmente Lucrezio.
Noi abbiamo compreso che sono possibili altri mondi in cui vivere.
Magari un mondo parimenti illimitato, come quello lineare di Lucrezio, eppure senza confini.
Ciò che per Lucrezio sembrava impossibile per noi è possibile.
Che lezione traiamo da ciò?
Che siccome noi non siamo diversi da Lucrezio ( non è passata un eternità fra noi e lui) , aspettiamoci di scoprire nuovi mondi che oggi ci appaiono impossibili, come apparivano a Lucrezio.
Dunque, diversamente da Lucrezio, noi viviamo su una sfera, che è finita, ma non ha limiti?
Così è se ci pare , finché ci pare.
Non c'è nessuna verità in nessun mondo in cui decidiamo di vivere.
Teniamo solo conto del fatto che la fede che poniamo nel mondo in cui viviamo, somiglia tanto più alla verità , quanto più non abbiamo deciso coscientemente le basi su cui erigerlo.
Sono le ipotesi nascoste. Ci sono sempre.
Per Lucrezio era l'ipotesi di un mondo lineare, che era per lui evidentemente vera, per il motivo che lui non l'aveva neanche fatta.
Caro, e sottolineo a me molto caro Bobmax, è in questo involontario gioco di prestidigitazione mentale che si annida la verità, non come ciò che non sappiamo ma che dobbiamo aspirare di sapere, ma come ciò che non occorre sapere perché appare subito evidente.
Essa è la parte visibile di una massa sommersa di ipotesi nascoste, che sempre ci saranno, perché non tutto passa ( non essendovene necessità) per la nostra coscienza.
Ma il nostro divenire passa a volte per la scoperta di ciò che era prima sommerso.
Quando ciò avviene sappiamo qualcosa in più non del mondo, ma di noi stessi.
Di come siamo in rapporto a ciò che eravamo, e di come forse saremo.

#4184
Tematiche Culturali e Sociali / Fede nell'Impossibile
01 Settembre 2021, 06:50:40 AM
Non è verità, Bobmax, è ciò in cui pongo fede oggi e domani non più , perché noi così mutiamo nel nostro rapporto con la realtà.
Conoscere la verità, toccare i confini della realtà, sarebbe la vera gabbia.
La fine del nostro rapporto con la realtà. Il nostro annullamento. Il nostro divenire realtà indistinta.
Ciò inevitabilmente avverrà, ma è cosa che viene da se'.
Tutto quello che noi possiamo fare è accelerare maldestramente questo passaggio, facendolo diventare un fine.
Sarebbe la fine anticipata di ciò che ci da' un senso nel nostro rapporto con la realtà .
La realtà, di cui noi siamo solo parte, di ciò dovrebbe ringraziarci?
Noi ne siamo solo parte, e ciò se vuoi e' un mistero , ma col quale possiamo ben convivere.
Pongo fede sul fatto che l'individuo abbia un dovere, quello di restare tale finché può.


Ribadisco comunque che là capacità di credere, o di porre fede in qualcosa, è ciò che sta a nostro fondamento, e la ricerca della verità è solo una distorsione innocente di quella capacità, innocua finché non ci blocca.
Ma ci vuole davvero malata perseveranza nel rinunciare ad essere in attesa di non essere.
Cosa ci stiamo a fare allora qui?
Siamo qui per esserci finché siamo.
#4185
Citazione di: bobmax il 31 Agosto 2021, 12:31:45 PM
@Iano
Apprezzo questo tuo modo spontaneo di inoltrarti nel mondo. Questo cercare di evadere dalle gabbie che costantemente crea il pensiero razionale.
Così come la convinzione che nessuna "verità" conosciuta possa mai essere la Verità!

Tuttavia non condivido l'idea che, visto che nessuno conosce la Verità, allora possiamo tranquillamente fare a meno dei pensieri che altri, nella storia, hanno sviluppato.
E soprattutto, considero indispensabile la fede nella Verità.
Se manca, è impossibile qualsiasi effettivo dialogo.

Ignorare il pensiero di chi è venuto prima non è inessenziale. Perché pur non essendo Verità, questo pensiero è una componente fondamentale della nostra ricerca. Costituisce le spalle dei giganti sui cui noi possiamo salire.

Certo, su quali spalle sta a noi deciderlo, ma farne a meno è una presunzione che non porta da nessuna parte.
Noi possiamo fare forse un gradino, non tutta la scala.

Certamente il pensiero, nel momento stesso in cui è formulato, ha già una perdita di profondità.
Il pensiero, infatti, o è determinato o non è.
E per determinare applica necessariamente delle categorie, che altro non sono che delle semplificazioni, delle generalizzazioni.

Ma questa perdita è inevitabile. E pure necessaria, perché solo limitando possiamo diventare consapevoli di qualcosa.

Cercare invece, come tu fai, di saltare a piè pari sia il limite del pensiero determinato sia i suggerimenti che ci giungono dal passato, non è forse una manifestazione di volontà di potenza?

Certamente occorre andare oltre la razionalità. Proprio in quanto la conoscenza razionale non può che essere parziale, incompleta, e perciò in sostanza non vera.
Ma con tremore e timore...

La pretesa di semplificare a prescindere, non è forse essa stessa semplicistica?
Non è forse auto contraddittorio affermare qualcosa, dire qualsiasi cosa, negando la Verità?
Giuste critiche, dalle quali nemmeno provo a difendermi, se non per evidenziare qualche fraintendimento.
Io non ci provo nemmeno ad andare oltre il razionalismo, ad uscire dalla gabbia, ma solo a prenderne piena coscienza, almeno quanto basta per apparire meno ingenui.
A priori non considero nemmeno una gabbia il restare invischiati nei testi dei filosofi passati, ma credo che non li si possa comprenderli limitandosi a studiarli, ma imitandoli. Cioè prendendo spunto da essi per fare filosofia.
Mi basta una frase di un grande filosofo e inizio a filosofare, e così mi rimane poco tempo per studiare.
Questa è la mia presunzione.
Che non si riesca ad esprimere la profondità di pensiero è invece la tua.
È sufficiente liberarsi dai condizionamenti che ci limitano.
Non è nei pensieri altrui , ne' nei miei che vado a cercare la verità, perché essa non è ciò che tu credi.
Non c'è alcun pericolo che qualche grande l'abbia trovata e noi ce la siamo persa.
Non è questo il motivo per cui leggo, quando li leggo, i grandi.
Ma per capire cosa sono io in rapporto a ciò che erano loro.
Non c'è alcuna persa sapienza da trovare nelle vecchie scartoffie, ma quanto basta per capire quanto quegli uomini siamo ancora noi e quanto più non siamo.
Questa critica non è rivolta in particolare a te, anzi...
Pure la sensazione che si faccia sfoggio di sapere fine a se stesso, meritoria citazione in genere, permane.
Le vecchie pergamene servono per costruirci ali e per volare.
Non c'è nessun gigante sulle cui spalle salire. Ci siamo solo noi, ieri oggi e domani.
Forse non lo sai, ma Newton, quando schernendosi disse di non aver altro merito che di essere salito sulle spalle dei giganti, stava facendo un riconoscimento ad Hooker, il quale però era un nano deforme.
Strano personaggio davvero questo Newton, ma se davvero lo vuoi comprendere devi provare ad immedesimarti in lui.
Non dimenticare che noi facciamo parte della grande tribù delle scimmie, maestre nell'apprendere per imitazione.
Mi spiace che tu perda tempo a cercare cioè  che già hai, da sempre.
Non c'è mai stata nessuna rottura fra noi e la natura.
Nessun peccato, nessun male, nessuna cacciata dal paradiso.
Nel paradiso ci sei già.Goditelo


La razionalità non è da superare, ma da capire, perché la razionalità siamo noi, e noi ,ed essa con noi, non produciamo alcuna verità .
Noi poniamo fede e la togliamo come ci aggrada ponendo le fondamenta dei mondi in cui viviamo.
Noi dobbiamo svolgere il nostro dovere di individui, trovando il pieno coraggio di farlo, senza paura di sbagliare.
Sbagliato è solo porsi dei limiti nel farlo, sprecando la nostra esistenza, in attesa del nulla.
Non sopravvalutarti , non sottovalutarti, sii te stesso