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Messaggi - iano

#4186
Consideriamo ora quali siano le conseguenze indesiderate di un continuo porre e togliere fede, come io ho definito la filosofia.
Società durature meglio si costruiscono su fedi definitive.
Società fondate sulla filosofia, sempre per come io l'ho definita, sono ancora di la' da venire.
Ma, ponendo fede nell'impossibile, allora....
#4187
@ Bobmax.
Mi piace la tua descrizione di nichilismo, semplice e comprensibile.
Tuttavia , se astraiamo la funzionalità di una definizione in generale, ciò che ci rimane in mano è sempre una definizione sempre troppo semplicistica.
Il problema sta nel fatto che ponendo fede nelle nostre definizioni, non avendo piena coscienza dei contesti funzionali che le hanno generate , trascendendole quindi, andiamo a costruire castelli in aria all'interno dei quali il nostro pensiero entra  in un loop infinito.
È semplicistico credere che vi sia un after coscienza è un before coscienza.
Ancor più fuorviante attribuire queste due fasi nettamente distinte all'uomo.
Credo quindi che sarebbe sano esercizio filosofico ribaltare le nostre definizioni per vedere l'effetto che fa'.
Verificare se in tal modo certi misteri svaniscano come neve al sole, trovando lampante spiegazione.
È cio' che succede, io credo, se attribuiamo la coscienza, seppur variamente distribuita fra le diverse specie, agli esseri viventi in genere.
Cioè come una delle caratteristiche che distingue la vita dalla materia.
Le nostre azioni non sono mai completamente conscie o completamente inconscie , anche se ci piace semplicisticamente cos' semplificare per amor di classificazione razionale.
L'unità della realtà, non saranno certo le nostre semplicistiche definizioni , funzionali al nostro rapporto con essa , a spezzarla.
Ciò detto, io credo che si possa riguardare il nichilismo sotto nuova luce.
Viviamo continue fasi individuali nichilistiche  alternate a fasi non nichilistiche, in base a quanta coscienza usiamo, che poi tendiamo a generalizzare impropriamente estendendole all'intero genere umano.
Ma è paradossale affermare che l'umanità stia attraversando una fase nichilistica visto che essa non possiede una coscienza.
Ciò succede perché impropriamente ci si riferisce a volte all'uomo intendendo l'umanità.
Un altro esempio di definizione semplicistica, come lo sono inevitabilmente tutte le definizioni, è quella del " libero arbitrio si o libero arbitrio no"entrando anche qui in un loop infinito del nostro pensiero.
Il libero arbitrio riguarda l'individuo, ed è credo ciao che  meglio lo definisce dandogli un senso, ma i suoi effetti acquistano significato se riferiti all'insieme degli individui.
Eppure l'insieme degli individui non possiede alcun libero arbitrio.
Si dice che il libero dia potere all'uomo, ma il vero potere lo possiede l'umanità, che invece non ha alcun libero arbitrio.
Se le nostre definizioni hanno dei limiti dovremmo anche limitarne l'uso evitando di trarne indebite conseguenze ponendovi cieca fede.
Ma il guaio è che esse funzionano solo se quella fede vi poniamo.
Come si risolve allora questo problema ?
Considerando che siamo tanto capaci di porre fede quanto di toglierla.
Per come la vedo io questo esercizio è la filosofia.
#4188
Percorsi ed Esperienze / Abitudini alimentari.
29 Agosto 2021, 20:28:54 PM
Citazione di: viator il 29 Agosto 2021, 18:21:08 PM
Salve sapa, iano e poi tutti quanti. E' vero. Mi sento un martello pneumatico. Però - vi assicuro - il mio bieco implacabile cinismo  lo esercito solamente nei confronti di chi so (o credo, o spero) sia un adulto ed una persona compiutamente matura.......mai mi permetterei di rivolgermi in certi termini a dei bimbi o a dei "minusdotati".

Vi chiedo di perdonarmi se urto la sensibilità di qualcuno, ma il fatto è che penso che certi "luoghi virtuali", essendo pubblici come il presente Forum, si prestino meglio a far mostra di ragionamenti che di sentimenti. D'altra parte - credetemi - se io possedessi dei sentimenti (e per comodità facciamo finta che io non ne possieda) potrei trovare i sentimenti altrui urtanti con i miei, ma a tal punto troverei giusto non lamentarmene affatto poichè personalmente considero appunto le sensibilità come affare troppo personale, individuale, ondivago ed intimo per poter venir affrontato e codificato all'interno di un pubblico dibattito.

Insomma, tanto per intenderci..............ciascuno privilegia la propria modalità espressiva e la propria visione del mondo, quando dialoga. C'è chi usa l'idealismo, chi la fantasia, chi il materialismo, chi l'ideologia.................io uso l'ironia.

D'altra parte ancora, io credo che le persone - senza eccezione alcuna - siano tutte collocabili all'interno di una delle quattro seguenti categorie :

       
  • gli amorfi
  • coloro che possiedono una ideologia
  • coloro che sono posseduti da una ideologia
  • coloro che diffidano di ogni ideologia e passano il tempo a sbeffeggiare gli appartenenti alle tre categorie precedenti.
Si veda a quale delle quattro categorie - secondo ciascuno di voi - io sembrerei appartenere.

Su con la vita !............sopportatemi finchè ce la farete e salutoni a tutti quanti.
In effetti ogni volta che ricevo una tua critica non mi ci riconosco mai, come se a forza tu volessi intrupparmi dentro una categoria da te precostituita.
Ma, come ammonisce Jacopus, va bene ideologizzare o categorizzare razionalmente, ma ponendovi fede con misura, quanto basta.
Come ha ben intuito Sapa la poesia mi è scappata, e lo ringrazio per averla considerata tale, in un momento di pausa fra una zappata e una picconata.
Credo che tutti noi italiani di una certa età,proprio  come Jacopus , abbiamo , o abbiamo avuto un nonno contadino.
Il mio, nonno, Sebastiano , lavorava per la Marchesa di Cassinile, e di lui ho purtroppo solo un vago ricordo.
Si portava mio padre sul carretto in un terreno che lavorava.
Da grande mio padre avrebbe voluto ritrovare quel terreno, ma non ricordava più il posto.
Io non credo nel paradiso, ma quando penso ai miei cari morti, mi auguro che vi sia e che li abbia accolti, e mio padre lo immagino in paradiso ad occupare non una nuvola, ma quel terreno finalmente ritrovato.
Qui, dove adesso mi trovo, nei pressi di Cassibile, il turismo è esploso all'improvviso, colpa temo anche di un certo accidentale Montalbano , più che di una avveduta programmazione della regione Sicilia.
Tutto ciò che la modernità, come descritto da Jacopus, non era riuscita a portarsi vis,  ci sta pensando il turismo.
Così do'la caccia a cio' che ancora, ma ancora  per poco , è rimasto di genuino, anche in termini di cibarie.
Purtroppo i sapori e i profumi di cui pure siamo fatti , ci precedono nella dipartita da questo mondo, ovunque andremo, e io credo da nessuna parte.
In quale paradiso si trova adesso la persa sapienza delle olive alla stimpirata che ormai nessuno sa' fare?
La mia è una caccia dove le prede si sono fatte sempre più rare, ma per quello che mi è dato provo ancora a vivere il mio scampolo di paradiso in terra.
Possibile Viator che anche a te non ti scappi un po' di poesia pensando al tuo vecchio nonno contadino e ai persi profumi e sapori di una volta ?
Lasciati andare per una volta , e raccontaci.😁
#4189
Percorsi ed Esperienze / Abitudini alimentari.
29 Agosto 2021, 12:58:44 PM
Quando ero ragazzo in famiglia era una rarità mangiare carne, e quella poca che si mangiava era dovuta alla benevolenza di un macellaio nostro vicino, forse perché invaghito di mia madre, ma il cui ricordo porto comunque sempre nel cuore. Quando l'umanità mi pare sia tutta da rottamare, penso a Lorenzo Marino, il macellaio nostro vicino, e torno a sperare.
Ma certo mangiare carne, per la quale il concetto di genuinità  non bisognava allora nemmeno scomodare, non era allora per me  una abitudine.
Con il benessere è arrivata invece l'abitudine alla carne agli estrogeni e agli antibiotici.
Così, tristemente, quando mi capita oggi di mangiare carne genuina, quella le cui dimensioni sono indifferenti alla temperatura della padella, non riesco a gustarla, in particolare quella di maiale, di una sdolcinatezza insopportabile, e il pollo si salva a malapena.
Ma, a parte le soggettive e accidentali abitudini del gusto, c'è un dato che mi appare subito in modo oggettivo.
Ne occorre molta meno quantità  per saziarsi.
Non so' se voi avete avuto esperienza simile. Cioè nel piatto sembra esserci vera sostanza.
Per quanto riguarda invece gli impagabili pomodori, sedano, cipolle , cetrioli e compagnia insalatante, quando li riconosco come genuini , non posso mancare di ringraziare quel creatore a cui pure non credo.
Ma l'oscar del buon odore non va a cosa purtroppo incommestibile.
Esso è  l'odore della terra rivoltolata da una zappa, e ancor più se condita con acqua di pozzo o di gebbia.
Io il paradiso me lo immagino così .
In quel paradiso si non mi spaventerebbe l'eternità passata a veder l'acqua percorrere i solchi per profumare i campi.
#4190
Eppure si è ucciso e si continua ad uccidere in nome di un testo.
#4191
Tematiche Culturali e Sociali / Eureka!
28 Agosto 2021, 03:59:24 AM
Esatto Ipazia😊
Inoltre , leggendo l'articolo di Giuliano Aluffi sul Venerdì di Repubblica di ieri, che recensisce  Il saggio  " Archimede, l'arte della misura" (Il mulino) , del matematico Marco Andreatta, sembra in poche pagine di capire finalmente tutto su Archimede.
Se queste sono le premesse il saggio ben promette, posto che della benemerita casa editrice il Mulino si potrebbe comprare tutto ad occhi chiusi, anche solo per premiarla per il suo lungo e benemerito impegno negli anni.
Questa sarà dunque la mia prossima lettura...deciso.
E dove meglio farla se non nei luoghi in cui Archimede visse , qui, dove adesso mi trovo?  ;D
Apprendo con dispiacere, secondo certi calcoli fatti dai genetisti, che nonostante la comune nascita, io e Archimede ( e mi dispiace per Archimede) abbiamo la stessa probabilità di condividere geni come fra me ed un eschimese.
Ma la cultura, quella si', grazie ai libri, non conosce perdite di memoria, ne' impedimenti di pandemia.
#4192
Tematiche Culturali e Sociali / Eureka!
27 Agosto 2021, 19:14:09 PM
È l'esclamazione di Archimede , in uno degli aneddoti forse più citati al mondo, che fa' uscendo dalla vasca da bagno , dopo aver notato, udite udite, che immergendosi in essa ha spostato un volume d'acqua pari al volume del suo corpo.
Bella scoperta. Ci voleva proprio un genio per arrivare a questa conclusione?
Eppure in base a questa osservazione Archimede risolve il problema di verificare se l'artigiano al quale è stata consegnata una certa quantità di oro per fare una corona, lo abbia usato tutto, non mischiandolo con altro metallo meno nobile.


Sul venerdì di oggi il suddetto aneddoto è riportato per l'ennesima volta.
Esso spicca però perché è l'unico che spiega, almeno a mia memoria, quale si stata la vera natura della scoperta di Archimede.
Voi, che questo aneddoto avrete letto molte e molte volte , sapete qual'e' la vera natura della scoperta di Archimede che di solito viene data per nota, e quindi non spiegata, magari perché chi cita l'aneddoto di solito non la conosce nemmeno?

#4193
Disillusi e disincantati tutti,  ormai dalle nostre parti, non più soggetti ad esaltazione, nel bene e nel male, con un esempio tragico non al di là del tempo, ma appena al di là' dei nostri confini , di ciò che eravamo, forse è arrivato il momento di sollevare la testa dai nostri libri per riflettere obiettivamente sul loro potere.
La scrittura è una tecnologia che ha stravolto il mondo. Come e perché?
I talebani ci nuotano ancora dentro come pesci. Noi abbiamo iniziato appena a tirare la testa fuori.
#4194
Dalle nostre parti i politici, non potendo combattere la satira, si sono impossessati dello strumento dell'avversario.
Così afferma in un intervista apparsa sul "Venerdì della Repubblica" di oggi Mario Cardinali, direttore del "Vernacoliere".
Si potrebbe dire, parafrasando Andreotti, che la satira logora chi non la fa'.


In chiusura , in risposta all'accusa di abuso di termini volgari , Cardinali dichiara : "sapesse quanto ho dovuto studiare per poter dire bene tutte queste volgarità "
Come dire che per fare della buona satira ci vuole  molta serietà.
Sarà per questo che i politici che se ne sono impossessati appaiono solo volgari, mancandogli da sempre quella serietà che hanno smesso ormai di fingere.
Ma è davvero un male la fine della necessità di questa finzione?
In molti a me pare, non solo i politici, con la fine delle cosiddette ideologie, hanno smesso di recitare le loro parti
#4195
Ci può stare. :)
Rimane da spiegare come cambiano le parole , o il loro significato,e quindi i pensieri e infine noi.
Domani sarà possibile pensare ciò  che oggi è impossibile pensare, per restare in tema.
Con difficoltà però possiamo ripensare pensieri passati , perché pensati con parole desuete, da reinterpretare.
Paradossalmente un linguaggio che non si presta al pensiero, quello matematico, richiede meno di essere reinterpretato, e al limite non lo richiede per nulla.
Però è un linguaggio poco agevole per chi non si impegna a studiarlo, mentre il linguaggio corrente lo impariamo senza studio alcuno.
Il linguaggio registra la nostra esperienza che possiamo condividere con altri in modo agevole quanto impreciso, o preciso quanto difficoltoso.
La scienza così, con la sua matematica, non dimostra nulla, per tornare ad E. Fromm, ma si limita a descrivere in modo preciso ( non ridondante, non interpretabile) la nostra esperienza.
Ma descrivere la nostra esperienza non vale alcuna dimostrazione.
Quando Aristotele diceva infinito pensava al caos, mentre noi oggi pensiamo ad altro.
Ma l'infinito descritto matematicamente da Cantor noi lo "pensiamo" come lo ha "pensato" lui e così sarà pensato in futuro.
Per esorcizzare il caos Archimede pensava l'infinito come potenziale.
Cantor, e noi con lui, lo pensiamo attuale.
#4196
Citazione di: ricercatore il 23 Agosto 2021, 17:45:37 PM
@bobmax
nell'idea che mi ero fatto, alcune grandi scoperte della Scienza sono state guidate da uno spirito "folle" che ha spinto lo Scienziato a credere che c'era qualcosa di possibile nell'impossibile, a vedere qualcosa di concreto dove altri invece non vedevano nulla.
questa attitudine alla ricerca e all'esplorazione dell'ignoto, la vedevo simile allo spirito che anima il Mistico, l'Uomo che cerca Dio (non l'Uomo "superstizioso" che utilizza Dio proprio per zittire i suoi dubbi)
chiaramente poi lo Scienziato deve raccogliere quella follia e con razionalità deve riportarla sui binari del metodo scientifico

quindi, nonostante l'apparente contrasto tra Scienza e Fede, in realtà le vedo più alleate che rivali
La storia della scienza non sempre là si racconta come si dovrebbe.
Là si racconta infatti come opera di geni illuminati, ma è opera collettiva umana, dove c'è sempre quello che raccoglie il testimone per ultimo.
Le scoperte scientifiche sono un po' come la mela di Newton.
È vero che cade per gravità in testa al genio che li si trova a passare,  ma solo quando è matura.
Le grandi scoperte future sono già appese agli alberi per chi le sa guardare e direi che in ciò non vi è alcun misticismo.
#4197
Citazione di: ricercatore il 24 Agosto 2021, 11:39:42 AM
@iano: si, probabilmente ho usato "impossibilità" in maniera impropria.

se non interpreto male il tuo pensiero, in sostanza il "credere" è una funzionalità innata del nostro cervello che non dipende dalla Cultura (in questa parola ci metto anche le credenze religiose e filosofiche) nella quale siamo cresciuti
il nostro cervello ricerca continuamente connessioni, tenta di individuare caUSalità nella caSUalità e questo è alla base di ogni credenza.

tuttavia mi rimane un dubbio.
l'Occidente, fondamentalmente cristiano, è stato la culla della Scienza: le maggiori scoperte sono state fatte da uomini e donne appartenenti a questa fetta di mondo.
l'Oriente, che filosoficamente invita a stare nel presente (nel qui ed ora) e non guarda al futuro (addirittura sembra che i Cinesi non abbiano nella loro grammatica il concetto di futuro lontano, ma solo di futuro prossimo e che quindi non siano buoni risparmiatori per questo motivo), è stato teatro di un numero inferiore di scoperte scientifiche.
è anche questo un caso (nel quale cerco inutilmente una spiegazione)? oppure è un'osservazione sensata?
Si, credo che là capacità di credere sia fondamentale per la vita, in genere,  ma noi meglio possiamo parlarne per quel che ci riguarda, come specie umana.
Da essa deriva il senso di realtà, cioè il credere in ciò che vediamo , senza necessariamente aver fatto alcuna professione di fede.
La scienza prevede invece in modo esplicito questa professione di fede, che sia una fede nelle risultanze sperimentali.
La differenza non è sostanziale, se non dal punto di vista psicologico.
Dobbiamo infatti prendere atto che ciò che siamo soliti chiamare realtà , non è in effetti tale, ma è il risultato delle nostre interazioni con la realtà che in un modo cosciente (proprio della scienza) o non cosciente ( proprio della percezione sensibile) poniamo in un quadro sufficientemente coerente da consentirci di agire dentro esso come se  fosse la realtà .
In questo senso, in un era preglobalizzazione , ogni cultura era letteralmente una realtà a se', ognuna adattata a un diverso contesto .
In era di globalizzazione sembra che le diverse culture siano destinate a convergere verso la "realtà occidentale" che però al pari delle altre culture è di fatto "accidentale".
Questa cultura, a differenza di altre, ha spinto sull'individualità, con i suoi pro e i suoi contro.
Immagino che un contro sia dover programmare un futuro a lunga scadenza, necessità meno stringente per chi si sente parte di un tutto, un tutto dove si limita a svolgere la sua funzione "qui ed ora", per la qual cosa basta lo scarso potere decisionale individuale che gli è culturalmente concesso.
Comunque la partita non è ancora finita. Chi vincerà, l'individuo o la comunità?
Il risultato è ancora aperto.
Ma io credo che chiunque vincerà, perderemo tutti.
Credo infatti che la ricchezza potenziale stia nella diversità.
Quindi non tanto nell'individualità in se', ma nella potenziale diversità che questa può produrre.
Oggi siamo sulla strada di perdere tante "culture individuali" che andranno a convergere in una sola.
Non ci sono culture superiori in assoluto, ma culture diverse che concorrono apportando diversi punti di vista e ricchezza di soluzioni.
Se oggi una vince sulle altre ciò è un fatto puramente contingente, ma non più reversibile, come finora è avvenuto, nell'alternarsi continuo di nascite e morti di culture sempre nuove.
La globalizzazione è per sempre.


Magari domani avremo la nuova cultura venusiana e quella marziana , diverse nella misura in cui verrà a ristabilirsi una inerzia comunicativa nel tempo reale.


Concludendo, in un certo senso tuto è vero e nulla è impossibile, ma ogni possibile verità rimane sterile finché non viene condivisa. Cioè finché non vi porremo fede tutti insieme.
La scienza è maestra in ciò, ma difetta su un punto, nel creare un senso di realtà.
Credo che questo sia lo scoglio che l'uomo dovrà superare nella sua evoluzione.
Occorrerà ribaltare i termini della questione.
Una cosa non sarà più vera perché tutti la vediamo, ma la vediamo se tutti la crediamo vera.
#4198
Ciao Ricercatore.
Credo che il concetto di impossibilità sia più ricco e complesso di una frontiera ultima da superare, che è il senso in cui mi pare tu lo usi.
Non concordo con E. Fromm, sia perché la scienza non dimostra nulla, sia perché la capacità di credere è a fondamento dell'uomo, e quindi anche della sua scienza.
Diciamo che tendiamo a vedere discontinuità dove non ve ne sono, e su queste la metafisica costruisce i suoi castelli in aria .
In effetti il concetto di impossibilità mi sembra si fondi su quello di verità.
Ad esempio è impossibile che due elettroni di pari spin stiano sulla stessa orbita atomica, ma questo è vero solo se si considera vera la relativa teoria fisica.
Le impossibilità vengono a seguito di una verità e non vivono quindi di vita propria.
Sono i confini che marcano le verità.
Sono le colonne d'Ercole che limitano le verità, non superabili, pena il crollo di quelle verità.

#4199
È un bene scegliere il minore dei mali?
#4200
Ciao Eutidemo.
Leggendo il tuo interessante post viene da riflettere in generale su cosa significhi comunicare.
Si potrebbe schematizzare la comunicazione, in senso riduttivo,  come uno scambio di codici convenuti in modo più o meno cosciente, ai quali  corrispondono concetti già  posseduti da entrambi i soggetti comunicanti.
Dubito fortemente che esista la telepatia, ma nel caso esistesse potrebbe essere difficile dimostrala, magari perché più che eccezionali soggetti sedicenti telepati, potrebbero esistere  sue manifestazioni diffuse  a tutti i soggetti, ma così eccezionali da passare quasi inosservate ai soggetti stessi coinvolti.
Infatti, seppur molto raramente, mi succede, più che di leggere nell' altrui pensiero, di credere di ascoltare qualcuno dire qualcosa , senza però poter giurare  che quel qualcuno abbia pronunciato qualcosa.
Ciò che caratterizza queste esperienze è avere subito la certezza che quel qualcuno abbia detto quella tale cosa, seguita poi a una certa distanza di tempo dal dubbio che io abbia davvero ascoltato qualcosa.
Una sensazione che quindi si avvicina a una lettura del pensiero, seppur in modo molto episodico e comunque che si verifica in stati di emotività superiore alla media.
Confesso , forse per delicatezza, o per il timore di esser preso per matto, di non aver mai chiesto conferma al soggetto , se avesse detto davvero o solo pensato quel che ho creduto di udire.
Da un punto di vista percettivo è dimostrato che siamo in grado di udire ciò che non è stato mai detto.
E sempre da un punto di vista percettivo provo a spiegarmi il fenomeno che ho sopra riportato con un analogo che riguarda la nostra capacità di leggere velocemente un testo scritto.
Lo leggiamo velocemente per il motivo che non lo leggiamo tutto, ma desumiamo parte di ciò che non leggiamo dal contesto che leggiamo.
Però non ci accorgiamo di ciò, credendo di leggere veramente tutto.
Così a me sembra di sentire il non detto desumendolo dal contesto detto.
Non so' se a voi è mai successo ciò, però certo la prima cosa che mi viene d pensare in questi casi è che sono un telepate, ma non certo a comando e sottoponibile a un test.

Bisognerebbe anzitutto conoscere tutte le condizioni che producano il fenomeno ed essere poi in grado di controllarle.
Insomma, più che dimostrare la improbabile telepatia sarebbe interessante indagare quei fenomeni percettivi che sbrigativamente possiamo spiegare con la telepatia.
La telepatia non esiste forse, ma l'idea di telepatia da qualche parte deve essere sbucata fuori.