Citazione di: Koba II il 06 Febbraio 2024, 11:54:53 AMSono abbastanza convinto che in realtà non si possa uscire dall'illusione.
Idealismo e positivismo ripropongono (per l'ultima volta) una concezione forte del sapere. Esprimono la possibilità che si possa avere un certo controllo sul mondo.
Ma in fondo la filosofia non nasce per soddisfare questo bisogno umano? C'è certamente alla base anche la meraviglia per le cose del mondo, ma da sola la meraviglia, la curiosità, non è sufficiente.
Anche senza accettare la tesi di Severino secondo cui la filosofia greca nasca come rimedio al dolore prodotto dalla consapevolezza del divenire, si vuole pur sempre, con una visione d'insieme, mettere ordine almeno nel pensiero, il che significa illusione di controllo.
Insomma da un'illusione all'altra.
Ma l'illusione è tale proprio perché ha qualcosa di vero. Se fosse falsa, non sarebbe capace di persuadere. Per esempio nelle credenze religiose, il politeismo non è più nemmeno un'illusione, altre religioni invece, mantenendo dei principi non del tutto confutabili, possono ancora fare proseliti, ma illudono in senso proprio perché spingono ad una visione totalizzante che in realtà non sono in grado di giustificare. E però la fede, quando è consapevole di questi limiti, non può essere giudicata come favola.
Spesso qui nel forum si parla di Uno. Vero e proprio rottame metafisico, direbbe qualcuno. Non è incredibile?
Eppure il pensiero di Parmenide ancora avvinghia, a distanza di millenni. Seppure sia forse la più radicale illusione, in quanto l'idea dell'essere come ingenerato, eterno, etc., può venir fuori solo dall'astrazione di tutto ciò che esiste (l'essere appunto, pensato come una specie di sostanza indeterminata, come tessuto del mondo) a cui si applica il principio di non contraddizione. Per cui tutto ciò che è, ogni cosa, non può essere e non essere nello stesso tempo. Il che conduce alla paradossale rappresentazione di un mondo privo di cambiamenti.
Come dire, l'eterna potenza illusoria della filosofia. Anzi, del sapere nel suo complesso.
Non penso che la filosofia nasca dalla meraviglia, almeno non è stato questo il motivo per cui ho iniziato la mia ricerca filosofica.
La meraviglia, la curiosità, hanno invece comportato il mio interesse per la scienza, e in particolare per le sue applicazioni pratiche.
E neppure credo che si filosofi per soddisfare un bisogno di controllo...
Anche la ricerca, di accrescere il controllo sulla natura, sospinge la scienza, non la filosofia.
Perché sebbene sia diffusa l'idea che all'origine della scienza vi sia la filosofia, questa idea è secondo me erronea.
La scienza e la filosofia hanno motivazioni differenti, sebbene non incompatibili tra loro.
La filosofia nasce invece con la consapevolezza del bene e del male.
Filosofia e teologia hanno infatti la medesima origine: l'Etica.
Ed è l'Etica la loro ragion d'essere.
Mentre la scienza ha lo sguardo rivolto alla natura.
Vi sono senz'altro scienziati filosofi, e sono tali proprio perché rivolti alla natura con sguardo etico.
Da cosa deriva la percezione di non poter uscire dalla illusione?
Perché si avverte la "verità" di questa impossibilità?
Perché è impossibile non illudersi?
Questa impossibilità non deriva forse dall'aver scambiato la scienza con la filosofia?
Scienza che, in un ultima analisi, è pensiero razionale applicato a tutto quello che c'è. Sia esso fisico o mentale, tutto quello che c'è ricade nell'ambito della scienza.
E la filosofia?
Ma la filosofia si occupa di quello che non c'è!
O meglio... la filosofia ha lo sguardo rivolto a ciò che soltanto si annuncia, che preme, che dona valore "davvero".
E che non c'è.


