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Messaggi - doxa

#421
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
08 Luglio 2023, 21:37:12 PM
Offro alla vostra visione un altro quadro dedicato alla fienagione, realizzato dal pittore francese Camille Pissarro  (1830 – 1903), che  dal 1885 si dedicò anche alla pittura "impressionista".


Camille Pissarro, Le raccoglitrici di fieno, olio su tela, 1889, Kunstmuseum di Basilea.

Questo dipinto mi lascia perplesso. Ci sono contadine che raccolgono il fieno (o gli steli del grano ?) e lo avvolgono nel telo. Altre che raccolgono il fieno (?) con una sola mano mettendolo nelle ceste. A me sembra che raccolgano le spighe di grano rimaste in terra dopo la mietitura.

Nel passato i mietitori non potevano perdere tempo a raccogliere le spighe cadute sul terreno. Dopo di loro entravano in azione le spigolatrici e gli spigolatori: persone povere che raccoglievano quello che i mietitori lasciavano sul campo. La quantità di grano che riuscivano a raccogliere era esigua. I chicchi di grano che sfuggivano alla loro raccolta diventavano cibo prelibato per numerosi uccelli.

"Le spigolatrici" mi evocano il bel dipinto realizzato nel 1857 da Jean-François Millet, al quale dedicherò un post. Mi fanno anche ricordare la famosa poesia risorgimentale di Luigi Mercantini titolata "La spigolatrice di Sapri", dedicata alla spedizione "militare" di Carlo Pisacane nel 1857. Tale spedizione aveva lo scopo di cominciare una insurrezione armata antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie.

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#422
Pensarbene ha scritto
CitazionePurtroppo però il cervello NON AMA LA SPECULAZIONE,LA TRASCENDENZA, LA METAFISICA E LA FILOSOFIA checchè ne dicano i fautori di queste cose.

Ciao Pensarbene. Dal tuo lungo post ho preso soltanto due righe ma il testo intero è contestabile.

La tua certezza mi lascia perplesso. Io sono convinto del contrario.

Non dimenticare che la parola "filosofia"  è  di origine greca, composta dal lemma  filèin (= "amare"), e  da sofìa (= "sapienza"), ossia "amore per la sapienza".

Sono i filosofi che sono noiosi, non sanno scrivere, sono contorti nell'esporre i loro pensieri,  non fanno capire ciò che vogliono dire, non fanno amare la loro disciplina.  S'inventano neologismi difficili per spiegare cose facili.

All'università l'insegnante di storia della filosofia aveva la lezione alle 14.30. Per noi studenti era il momento della digestione e della sonnolenza post prandiale.  Parlava a voce bassa. Era un tormento rimanere svegli...

Oggi la filosofia ha molti problemi, per esempio quello di cercare di essere ancora presa sul serio e non decadere come disciplina astrusa nel dimenticatoio della cultura.

Nel nostro tempo la scienza è considerata la pietra di paragone cui debbono commisurarsi tutte le altre forme di conoscenza, anzitutto la filosofia.

La scienza si presenta come la guida più affidabile nelle decisioni che l' uomo deve prendere e come lo strumento più efficace per risolvere i problemi sempre più complessi della vita.

La scienza ha ereditato il peso e la posizione centrale che la Filosofia possedeva nella cultura europea del passato.

L' agire umano, a sua volta, diventa sempre più specialistico quanto più esso è guidato dalla scienza.

La logica della scienza è ormai adottata dalle grandi forze mondiali.

La nostra cultura è consapevole della progressiva specializzazione del conoscere e dell'agire, dove, in nome della scienza, la filosofia viene sempre più emarginata, perché inutile.

Ciò che invece la nostra cultura non riesce a scorgere è il carattere essenzialmente filosofico dell' emarginazione» della filosofia.
#423
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
05 Luglio 2023, 08:46:46 AM
Stamane vi offro come "colazione spirituale" la visione di due dipinti di Pieter Bruegel il Vecchio.

Le scene mostrano figure in primo piano dedite  alla mietitura di cereali e panorami.


Pieter Bruegel il Vecchio, Mietitura, olio su tavola, 1565, Metropolitan Museum, New York

Questa opera fa parte della serie "Mesi", rimasta incompleta:  dipinse soltanto cinque tavole.

La scena raffigura il lavoro e il riposo dei contadini durante la mietitura. Domina il  colore giallo degli steli e delle spighe del grano, invece  lo sfondo ha tonalità verdastre, grigie o grigio-azzurro come il luminoso cielo.

In primo piano due contadini tagliano le lunghe spighe di grano con le falci, mentre un terzo attraversa il campo tramite un varco, porta una brocca con l'acqua (il vino ?)  e  si dirige verso l'albero frondoso dove ci  alcuni contadini seduti in terra  che mangiano, bevono o riposano.

Più dietro, a destra, alcune donne legano i covoni e raccolgono le spighe tagliate.

Tornando sulla sinistra, nel varco in mezzo al campo di grano si vedono altre figure intente a mietere, mentre due uccelli sorvolano il podere.

In fondo, un carro agricolo carico degli steli di grano,  il campanile di una chiesa tra le fronde degli alberi; più a destra  ancora persone,  un'abitazione rurale, il castello, un bacino idrico.

--------

Il pittore olandese Pieter Bruegel il Vecchio purtroppo morì  nel 1569 in giovane età: aveva circa 40 anni. E'  noto come paesaggista e per le scene di contadini al lavoro.


Pieter Bruegel il Vecchio, La fienagione, olio su tavola, 1565, Lobkowicz Collections, Praga

La scena è ambientata  nel mese di giugno o luglio, nel tempo della raccolta del grano.

In primo piano, nell'angolo inferiore sinistro, un uomo  seduto sta affilando la falce;  al centro, tre ragazze si dirigono verso il sentiero che conduce in basso; poco dietro di loro, a destra, ci sono cinque contadini  in fila  che camminano, ognuno ha poggiato sulla testa il cesto con le spighe di grano, un altro, col cappello di paglia e la camicia rossa  è su un cavallo bianco con la cesta porta vivande che regge con il  braccio sinistro.

Nei due grandi cesti in primo piano non riesco a distinguere cosa contengono.

Tornando sulla sinistra, nella sottostante valle ci sono contadini intenti al taglio e alla raccolta degli steli di grano che caricano su un carro trainato da due cavalli.

Nello sfondo, sulla collina si vedono alcune case, una chiesa; a sinistra, lo sperone roccioso con un castello su una delle sommità.

Sulla destra la veduta della vallata traversata da un fiume, un  castello su una delle colline circostanti.

I differenti piani sono esaltati dai contrasti coloristici di toni caldi (primo e medio piano) e freddi (sfondo).
#424
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
04 Luglio 2023, 08:31:40 AM
Nell'arte occidentale, alla fine del XIV secolo,  la pittura paesaggistica o di paesaggio  cominciò ad essere oggetto di attenzione degli artisti, ma come sfondo,  non come tema autonomo.

Dipinti in affresco con paesaggi, attribuiti a Giotto, sono ad Assisi nella basilica superiore, nel ciclo pittorico con le "Storie di San Francesco" e in quello con le "Storie dell'Antico e Nuovo Testamento".

Le scene non  hanno tutte la stessa qualità esecutiva, furono  dipinte da più mani con la supervisione di un protomagister.


Pareti affrescate all'interno della basilica superiore di Assisi



Giotto, San Francesco dona il mantello a un povero, Assisi, Basilica Superiore

In questa scena il paesaggio  attrae subito l'attenzione dell'osservatore. E' evidente che la resa prospettica non è ancora definita: secondo gli studiosi san Francesco, il povero e il cavallo non poggiano i piedi direttamente sul terreno ma restano 'sospesi'. A me non sembra.

Un'altra interessante scena è quella della  "Predica agli uccelli".


Giotto: San Francesco predica agli uccelli, affresco, 1290 – 1295 circa, Basilica superiore, Assisi

Questo episodio è descritto nella "Legenda maior": è una biografia di san Francesco d'Assisi scritta da Bonaventura da Bagnoregio: "Andando  Francesco dal castello di Cannara  verso Bevagna insieme ai confratelli,  venne circondato da uno stormo di uccelli. I frati lo videro rivolgersi ai volatili, che lo ascoltavano con attenzione". 

San Francesco è raffigurato con il saio, scalzo, con  l'aureola della santità, nell'atto di benedire gli uccelli con la mano destra. 

A sinistra un compagno osserva la scena, ambientata in un paesaggio verdeggiante organizzato su due piani. Il primo piano è occupato dai personaggi mentre nel secondo piano sono disposti gli alberi.

Il leggendario episodio è molto amato dalla devozione popolare.

I colori originali dell'affresco sono sbiaditi. In passato l'opera  subì danni perché collocata sulla controfacciata ed esposta ad eccessiva umidità proveniente dall'esterno della basilica.
#425
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
03 Luglio 2023, 16:55:35 PM
La riforma luterana iniziò nell'ottobre del 1517 e Patinir dipinse "La fuga in Egitto" in quel periodo. Fu influenzato dalla nuova dottrina ?

Da tener presente che Patinir conosceva le opere di Hieronymus Bosch, dal quale riprese la capacità di evocare scenari fantastici.

La tendenza al paesaggio  come 'tema autonomo' e non sfondo di una scena con figure fu facilitata dalla soluzione dei problemi della prospettiva. Come non pensare a Brunelleschi, Masaccio, a Piero della Francesca e al suo trattato titolato "De prospectiva pingendi".



Nella pittura rinascimentale fu importante l'uso di colori più luminosi.

Leon Battista Alberti, nel suo trattato "De Pictura" del 1435-36, evidenziò come il colore non fosse una caratteristica propria del soggetto, ma dipendesse completamente dalla quantità di luce che investe il soggetto stesso.

E mi sovvengono alla mente i vedutisti veneziani del '700 (Canaletto, Bellotto ed altri); per l'arte olandese la pittura di paesaggio significò realismo ma anche la creazione di un mondo immaginario, da cui nacque, nella pittura francese, l'impressionismo: Monet, Manet, Renoir, Sisley, Pissarro. Furono questi  a insegnare a guardare in modo nuovo il mondo circostante: per loro, il paesaggio, studiato nei suoi aspetti più labili di luce e di colore,  fu una delle massime prove della pittura. Dopo di loro anche il paesaggio si configura secondo le esigenze delle nuove correnti artistiche (Seurat, Cézanne, Van Gogh).
#426
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
03 Luglio 2023, 12:14:24 PM
Pittura di paesaggio

Nell'arte occidentale la "pittura di paesaggio", dedicata  esclusivamente o prevalentemente alla rappresentazione dello scenario naturale, iniziò nel XVII secolo  come genere artistico autonomo, con le sue specificazioni di paesaggio ideale,  di locus amoenus o di veduta.

In precedenza, il paesaggio aveva sempre avuto  un ruolo secondario,  collocato come sfondo di ambientazione in dipinti di carattere laico o sacro.

Alla fine del XV secolo il fondo dorato delle pale d'altare cominciò ad essere sostituito dal paesaggio.

Nel XVI secolo nella pittura fiamminga il paesaggio diventa preminente nei dipinti religiosi e laici. Lo si può vedere, ad esempio, nel dipinto realizzato dal fiammingo Joachim Patinir: il riposo durante la fuga in Egitto.


Joachim Patinir, Riposo durante la fuga in Egitto, 1520 circa, olio su tavola, Museo del Prado, Madrid
In primo piano la Vergine e il Bambino, circondati dal paesaggio variegato.

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#427
Tematiche Spirituali / Re: Sullo spirito
01 Luglio 2023, 06:39:51 AM
Duc in altum ha scritto
Citazione- "...in principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque - ognuno può interpretarlo come meglio desidera, ma non si può dire che non c'è traccia del Paraclito nel Tanakh.

Pensarbene ha scritto
 
CitazioneNella Genesi si parla dello Spirito di Dio che aleggia sulle acque.

Confermo che nell'Antico Testamento non c'è la parola "Spirito".

Entrambi  avete letto la traduzione italiana.

In ebraico si usava "ruach" col  significato di vento, alito divino, respiro e non Spirito: "Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita" (Gn 2, 7).  

Se quell'alito di vita volete considerarlo "Spirito" come voi lo intendete, O. K..
#428
Tematiche Spirituali / Re: Sullo spirito
29 Giugno 2023, 18:04:48 PM
 Pensarbene  ha scritto
CitazioneLo spirito è qualcosa di impalpabile,sottile,leggero e apparentemente inesistente.
Citazione
 Non è materia energia,è intelligente,molto spesso geniale,fa quello che vuole e non ha limiti di spazio, tempo,dimensioni.
 Questo in termini generali.

Ciao Pensarbene.

Da cosa deriva la tua certezza dell'esistenza dello Spirito ?

"... il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va: così è di chi è nato dallo Spirito" (Gv 3, 8.

Credere o non credere nell'esistenza dello Spirito equivale a credere o non credere nell'esistenza di Dio.

Ma con "Spirito" ti riferisci allo  Spirito Santo ?

Nell'Antico Testamento non c'é traccia dello Spirito Santo nel senso cristiano.
#429
Hortus simplicium

L 'hortus conclusus abbaziale o conventuale era diviso geometricamente da aiuole separate e da vialetti, a volte anche coperti da pergole.



C'era l'area destinata alla coltivazione delle verdure per l'alimentazione  dei religiosi (herbaria),  un'altra al frutteto (pomaria), quella dedicata agli alberi ornamentali e  alle piante floricole,(viridarium), quella riservata alle piante ed erbe medicinali: l'orto dei "semplici" (hortus simplicium).

Gli speziali dividevano i farmaci in due categorie: simplex et composita, a seconda che fossero naturali o elaborati artificialmente.

Piante ed erbe  venivano sottoposte a vari trattamenti nel laboratorio chiamato "officina", perciò  le piante medicinali vengono anche chiamate piante officinali.

Foglie, cortecce, radici e fiori venivano essiccati e conservati nell'armarium pigmentariorum (c'erano più armadi, in legno, con sportelli senza vetri, per proteggere i preparati dalla luce), poi macerati nell'alcol o posti in infusione nell'acqua. Successivamente  traevano le sostanze per produrre, insieme ad altri prodotti, gli  olii essenziali, sciroppi, tisane,  creme, unguenti ed altri farmaci,  da dispensare ai confratelli e ai malati bisognosi:  pellegrini, viandanti,  abitanti nella zona.



L'addetto alla cura dell'orto  dei semplici e alla preparazione dei medicinali era il monachus infirmarius, cosiddetto perché vicino l'officina c'era l'infermeria. Egli era  erborista, farmacologo, anche "medico" e farmacista.

Ovviamente con lui c'erano altri religiosi che l'aiutavano, anche nello studio e la catalogazione di piante medicinali, con la collaborazione degli amanuensi e dei miniatori.

"Horti" o "Hortuli" erano i titoli  di libri di medicina monastica diffusi in Italia e in Europa nel Medioevo. Contengono la descrizione dei "semplici" coltivati negli orti dei  semplici con cui si preparavano le medicine.



Nel "Cantico delle creature", attribuito a Francesco d'Assisi, il santo scrisse: "Laudato si', mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fior et herba".

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#430
Nell'altro topic, dedicato al paesaggio, ho citato Francesco Petrarca (1304 – 1374) e Giovanni Boccaccio (1313 – 1375).

Messer Dante (1265 – 1321) lo colloco in questo topic, così completo la triade medievale del XIV secolo.

Nella Commedia dell'Alighieri ci sono scenari fantastici, selve, fiumi, itinerari rupestri, fiori nella "Valletta dei principi", il Paradiso terrestre e altre rappresentazioni metafisiche.

Un particolare locus amoenus il poeta lo descrisse nelle "Egloghe": due componimenti  di carattere bucolico in lingua latina. Una titolata "Vidimus in nigris albo patiente lituris" di 68 versi; l'altra  "Velleribus Colchis prepes detectus Eous" di 97 versi. Le scrisse tra il 1319 e il 1320, un anno prima della sua morte.



Concludo questo post ricordando che anche Dante per  scrivere  poesia aveva bisogno  dell'amore che gli "spiri dentro":

Amor che ne la mente mi ragiona
de la mia donna disiosamente,
move cose di lei meco sovente,
che lo 'ntelletto sovr'esse disvia.
Lo suo parlar sì dolcemente sona,
che l'anima ch'ascolta e che lo sente
dice: "Oh me lassa! ch'io non son possente
di dir quel ch'odo de la donna mia!".

Convivio III, 1 – 8

Forse Dante compose questi versi per la sua "donna gentile" (vedi Vita Nova XXXV ss.) ma qui reinterpretati come allegoria della filosofia, allo studio della quale il poeta si dedicò per trovare consolazione dopo la morte di Beatrice. Egli insiste sull'incapacità del suo intelletto di comprendere tutte le parole che lei gli rivolge e sulla sua difficoltà nell'esprimere compiutamente la bellezza di Beatrice.


#431

Thomas Cole, Sogno di Arcadia (veduta parziale), olio su tela, 1838,  Denver, Art Museum

Al centro della scena, in primo piano,  giovani uomini e donne, c'è chi suona e chi balla.

Sulla sinistra un gruppo di persone sta partecipando ad una cerimonia intorno ad un pilastro sormontato da un'erma  che rappresenta il dio Pan.

Ci sono molti fiori, alludono alla rinascita della natura nella stagione primaverile.

Allo stesso periodo dell'anno è  ambientato  il poema epico-filosofico "De rerum natura", in 6 libri,  scritto dal poeta e filosofo di epoca romana  Tito Lucrezio Caro  (circa 98 a. C. – circa 55 a. C.), seguace dell'epicureismo.

Il primo dei sei libri lo apre con un proemio, l'inno a Venere, divinità simbolo della bellezza, della voluptas, della  forza creatrice della natura.

"Genitrice della stirpe di Enea, gioia di uomini e dei,
Venere che dai la vita,
[...]
Te o dea voglio come compagna per comporre i versi
che io provo a scrivere sulla natura delle cose".
[...].


Per  Lucrezio la felicità della persona  saggia deriva dal piacere di stare insieme con amici in uno scenario campestre quando il tempo è propizio.
#432
Ciao Bob, hai ragione !

Col nostro modo di pensare l'Arcadia stanca. 

Forse ti piace di più Virgilio. 

Il poeta e scrittore  Publio Virgilio Marone (70 a. C. – 19 a. C. iniziò a scrivere le "Bucoliche nel 42 a. C. e le divulgò nel 39 a. C. circa. Sono una silloge di dieci carmi, detti "eclogae" (= poesie scelte),  di argomento agricolo e pastorale ma connessi alla guerra civile e ad altri avvenimenti nel I sec. a. C., come la "battaglia di Filippi", nel 42 a. C., a seguito della quale molte terre furono espropriate per distribuirle ai veterani. Lo stesso Virgilio fu espropriato del podere che aveva a Mantova.





Le ecloghe virgiliane mi sembrano un po' noiose, perciò ti  offro come lettura un componimento satirico del poeta e scrittore  Orazio (65 a. C. – 8 a. C.). E' titolato "Alfio l'usuraio", evoca anche l'ambiente bucolico.  E'  nella prima raccolta poetica  oraziana titolata "Epòdi", costituita da 17 componimenti satirici. 


Alfio l'usuraio

"Beato chi, lontano dagli affari,
come gli uomini delle origini,
lavora coi buoi i campi paterni,
libero da speculazioni;
e non lo svegliano trombe di guerra,
non trema alla furia del mare,
evita il foro e i portoni arroganti
dei cittadini piú potenti.
Cosí agli alti pioppi sposa i tralci
ormai cresciuti della vite,
contempla in una valle solitaria
le mandrie sparse che muggiscono,
recide col ronchetto i rami inutili
e innesta quelli piú fecondi,
versa il miele fuso in anfore terse
o tosa le sue pecorelle;
e quando l'autunno sovrasta i campi
splendente di frutti maturi,
gode a cogliere le pere d'innesto
e l'uva che emula la porpora,
per donarle a te, Priapo, a te, padre
Silvano, che vegli i confini.
È bello allora sotto un leccio antico
stendersi sull'erba compatta,
mentre fra gli argini scorre un torrente,
stridono nel bosco gli uccelli,
zampillano e bisbigliano le fonti,
invitando a un placido sonno.
Ma quando è inverno e fra i tuoni del cielo
Giove rovescia pioggia e neve,
con la muta dei cani in lungo e in largo
caccia i cinghiali nelle trappole,
tende su canne lisce reti fitte
per insidiare i ghiotti tordi
o, dolce preda, prende al laccio lepri
atterrite e gru pellegrine.
Chi fra tutto ciò non scorda le pene
che l'amore porta con sé?
Se poi una sposa onesta aiuta in casa
e alleva con dolcezza i figli,
come una sabina o la moglie arsa
dal sole d'un pugliese svelto,
e in attesa del tuo ritorno mette
legna sul focolare sacro,
chiude nei recinti il florido gregge,
munge le turgide mammelle
e, spillato dal tino il vino nuovo,
prepara un pranzo genuino,
in cambio certo non vorrei le ostriche
del Lucrino o i rombi e gli scari,
che per caso fra i tuoni una burrasca
ci portasse qui dall'oriente.
E piú di una gallina faraona
o del buon francolino ionico,
vorrei gustare a tavola le olive
piú succose colte dagli alberi,
o il lapazio di campo, l'erba malva
(un toccasana per lo stomaco),
l'agnella uccisa per le feste sacre,
il capretto strappato al lupo.
E a pranzo è dolce guardare le pecore
che sazie s'affrettano a casa,
guardare i buoi stanchi tirare a capo
chino il vomere sollevato,
e intorno ai Lari lucidi gli schiavi,
sciame che arricchisce la casa.'

Cosí parlava Alfio l'usuraio,
già pronto a farsi contadino,
e alle idi ritirò i suoi denari,
per darli a frutto alle calende".
#433
Teocrito, Theókritos in lingua greca. Era un poeta siceliota nato  nella Magna Grecia, a Siracusa (Syrákousai) nel 315 a. C. e vi morì nel 260 a. C. circa. 

Scrisse, carmi, epigrammi, inni e idilli.

Gli studiosi considerano Teocrito l' ideatore dell'idillio (dal latino idyllium): breve componimento poetico di tipo bucolico.

Dei  suoi 30 componimenti che formano la raccolta titolata "Idilli", 8 sono di ambientazione arcadica,  caratterizzata dal paesaggio agreste con ruscelli, animali che pascolano. I protagonisti  erano i pastori (bukòloi,) che  si sfidavano in gare  poetiche.  Si accordavano sulla scelta del giudice che doveva proclamare il vincitore, il quale riceva un premio.

I concorrenti gareggiavano alternandosi nel canto, denominato canto amebeo, che poteva riguardare tematiche libere o stabilite dal giudice; di solito i temi privilegiati  erano le vicende amorose.

Lo schema del canto era quello in cui si alternavano una domanda e una risposta; si creava, in questo modo, un sistema di corrispondenze e di contraddizioni fra chi proponeva la tematica e chi rispondeva.

Dai primi agoni pastorali cantati si passò  in seguito ai testi scritti.

L'ambiente bucolico evoca il Paradiso terrestre. A me fa pensare anche a Lucas Cranach il Vecchio e al suo dipinto titolato "Tentazione di Adamo ed Eva".


Lucas Cranach il Vecchio, tentazione di Adamo ed Eva, olio su tela, 1530, Kunsthistorisches Museum, Vienna

Cranach ha raffigurato il Paradiso come un locus amoenus con diverse scene, non in ordine cronologico, tratte dal Libro della Genesi.

In primo piano: Dio (con il manto rosso)  ammonisce Adamo ed Eva di non mangiare dall'Albero della conoscenza del Bene e del Male.

"Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male" (Genesi 2, 9).

"...ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire"
(Genesi 2, 17)

Dietro la coppia c'è accucciato un bianco cane levriero da caccia; più a destra arriva trotterellando un bianco cavallo; sotto di questo si vede la testa di altro cavallo mentre bruca l'erba.

Le  altre sparse scene vanno osservate da destra a sinistra.

In fondo a destra, dopo i tre bianchi agnelli (?) c'è la scena di Dio che crea  Adamo.

Segue l'albero della conoscenza del Bene e del Male carico di frutti.

Il serpente nella sembianza di donna  offre il frutto proibito. Eva già ne ha uno nella mano destra, un altro lo sta mordendo Adamo, in questo caso i frutti sono tre.

Più a sinistra, dietro un grande cespuglio, Dio estrae Eva dalla costola di Adamo.

Dopo l'albero, nel cielo c'è una nuvola con la raffigurazione dell'occhio di Dio. Adamo ed Eva tentano inutilmente di nascondersi dietro un cespuglio dopo aver trasgredito l'ordine divino.

Sull'estrema sinistra l'arcangelo Michele con la spada insegue e allontana  Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre.

Tre daini, di cui due in fuga, sono simbolicamente considerati messaggeri spirituali.

Concludono la rappresentazione due fagiani: simboleggiano la fecondità, la nascita e la rinascita.
#434
Nel precedente post per sbaglio ho scritto "Adesso propongo alla vostra attenzione un locus amoenus  immaginario, invece è da leggersi come hortus conclusus

L'hortus conclusus  (giardino chiuso, recintato) è presente anche nel Cantico dei Cantici, ma come espressione elogiativa  dello sposo alla sposa: "Hortus conclusus soror mea, sponsa, hortus conclusus, fons signatus".

"Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata
.
I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d'alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
Fontana che irrora i giardini,
pozzo d'acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.
La sposa
Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni,
soffia nel mio giardino
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti"
(IV, 12 – 16).


Domenico Morelli, Il sogno di Salomone, Galleria Nazionale di arte moderna, Roma
#435
Locus amoenus e hortus conclusus
 
Nella letteratura e nelle arti figurative la frase "locus amoenus" allude a un piacevole  luogo che invita all'otium e all'incontro di Eros con Venus nella natura bucolica, circondata da alberi, il canto degli uccelli, fiori, prati verdeggianti, la vicinanza di una  fonte d'acqua, ruscelli.
 
Il termine bucolica deriva dal sostantivo  greco "boukòlos" = "bovaro" (= l'addetto ai buoi da lavoro di un'azienda agricola).
 
Il locus amoenus non va confuso con l'hortus conclusus.
 
Un significativo esempio di entrambi, ma distinti, sono nell'Odissea (che ho già descritto nel precedente topic)
 
Omero descrive la natura dell'isola Ogigia abitata dalla divinità marina Calipso che amò, riamata, Odisseo (= Ulisse) e lo trattenne con sé per sette anni.
 
Ogigia, luogo paradisiaco dell'immortalità e della felicità. L'aedo narra che nei pressi della grotta-abitazione di Calipso c'è un lussureggiante bosco, prati, fiori, uccelli che cinguettano rigogliosi tralci di vite e quattro sorgenti d'acqua (= locus amoenus).
 
Ancora Omero, racconta di Ulisse naufrago nell'isola dei Feaci, della sua soccorritrice, la principessa Nausicaa, del re Alcinoo. La reggia circondata da un grande giardino con alberi e tanti frutti in ogni stagione (= hortus conclusus, giardino recintato).
 
Nel Medioevo ed anche nei secoli successivi l'hortus conclusus era quello annesso a monasteri e conventi: una zona adibita alla coltivazione di piante, anche medicinali,  e alberi fruttiferi.
 
Nei castelli e nelle residenze nobiliari i signori di solito adibivano un'area  a giardino con  fiori, alberi, piccoli  canali irrigui anche per i giochi d'acqua, e le dame vi passeggiavano.  
 
Adesso propongo alla vostra attenzione un locus amoenus  immaginario, dipinto in due versioni da Lucas Cranach, detto "il Vecchio" (1472 – 1553): il cognome di questo pittore e incisore tedesco è un toponimico, deriva dalla sua città natale, Kronach, in Baviera.
 

 Lucas Cranach il Vecchio: L'età dell'oro, olio su tavola, 1530 circa - Galleria Nazionale di Oslo.
 
Un'altra versione
 

Lucas Cranach il Vecchio, L'età dell'oro,  pittura ad olio su pannello, 1530 circa, Alte Pinakothek di Monaco.