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Messaggi - Apeiron

#421
Angelo,

ok ti dico cosa è per me scienza, in modo schietto  la scienza è quella disciplina in cui si fanno misurazioni (seguendo certi protocolli condivisi) che restituiscono un numero (=misura quantitativa) con il suo errore. Si fa poi una teoria che cerca di "restituire" questi numeri (entro i loro errori): ovvero il risultato dei conti teorici dà un numero che deve essere compatibile (entro l'errore) con quanto misurato. Ma non finisce qua: la scienza deve essere anche predittiva, ovvero si devono poter fare nuovi esperimenti, i risultati dei quali devono essere compatibili con la teoria.

Ergo:

La grammatica, in fondo, non è altro che una forma di analisi scientifica del linguaggio. Anche un semplice vocabolario non è altro che sforzo di rendere scientifico, sottrarre all'opinabilità, il significato delle parole. In questo campo le scienze del linguaggio (semiotica, semantica, strutturalismo, etimologia, filologia), proprio in quanto scienze, hanno senz'altro moltissimo da offrire al campo di indagine della spiritualità.

La grammatica è lo studio delle proprietà di un linguaggio fatto in modo critico. Ma non dà nuove predizioni. Inoltre il linguaggio non è strettamente parlando un "fenomeno naturale", nel senso che le sue regole sono artificiali (non vi sono "scoperte" nello studio della grammatica). Idem per la semantica, la semeiotica (o semiotica? non mi ricordo sinceramente quale delle due è giusta ), l'etimologia e la filologia. La filologia per esempio riesce certamente a datare i documenti, a usare la critica per capire l'autore, il significato ecc. Certamente ha somiglianze con quanto si fa nella fisica, nella chimica ecc ma non è la stessa cosa. Ovvero è un'analisi critica, aperto all'analisi, al confronto, al dibattito ecc ma non si possono fare "nuovi esperimenti". Concordo però che quanto viene fatto in queste discipline è simile alla modellizzazione teorica atta a "riprodurre" i dati sperimentali (passati), ma l'aspetto predittivo, fondamentale per la scienza, non c'è. Per la psicologia in realtà c'è la psicometria che lavora effettivamente in modo più simile alla "hard science", nel senso che si creano modelli per nuovi esperimenti ecc. Ma non tutta la psicologia è scienza. Ma sinceramente non ci vedo nulla di male al non essere scienza.

Terrei questo separato da ciò che viene effettivamente fatto in "scienza naturale"

Ovviamente si parla di definzione di parole e nient'altro, ergo:

A questo punto credo che le osservazioni che poni sulla fisicità e sulla misurabilità si possano inquadrare con più frutto: si tratta di chiederci se esistono elementi analizzabili e misurabili all'interno stesso della spiritualità umana. A me sembra che in questo senso un campo estremamente fecondo, tutto da esplorare e da sottoporre a misurazioni di ogni genere, sia il linguaggio.

Certamente ci sono, l'esempio più banale è la ricerca neurologica. Tuttavia ci sono anche aspetti sociologici ecc. Fai conto che per essere "scientifico" è necessario che la "misurabilità" venga fatta da uno strumento di misura (in ultima analisi questo è il motivo per cui gli articoli scientifici usano un linguaggio impersonale. L'idea è che tutto ciò che viene fatto dagli scienziati possa essere fatto da un calcolatore). Se per "misura" e "analisi" invece intendiamo anche ciò che può essere analizzato nell'esperienza soggettiva (assumendo chiaramente che tra i vari soggetti (umani) ci sia qualcosa di comune in queste esperienze) allora sono d'accordo con te che effettivamente si possa parlare di "scienza". Dopotutto per esempio le religioni stesse in genere contengono l'idea che le esperienze soggettive pur essendo "private" possano essere parzialmente comunicate e quindi discusse, analizzate (ovviamente tutto questo nella storia ha avuto infelici conseguenze) ecc. In questo senso credo che si possa certamente fare un dialogo critico anche sulle esperienze spirituali e si possa stabilire anche la loro "natura". Non chiamerei questa attività "scienza", anche se concordo con te che effettivamente ci somiglia  :)  (strettamente parlando non considero nemmeno la logica e la matematica scienze  :) )

Un errore è quello di presupporre l'esistenza dell'immateriale (mente, spirito, anima e simili). In questo senso mi sembra che diverse indagini neurologiche abbiano tentato di individuare punti di contatto tra il materiale (materia cerebrale) e l'immateriale. Il fatto è che presupporre l'immateriale non è scientifico e soprattutto non è affatto chiaro, col risultato che alla fine non si sa nemmeno su cosa davvero si sta lavorando, cosa si sta cercando.

Un altro tipo di errore che mi sembra di aver notato è il tentativo collegare comportamenti spirituali a risultati sociali o psicologici; mi riferisco, ad esempio, a tentativi di stabilire se la persona spirituale riesce ad affrontare con più serenità le difficoltà, se riesce ad essere più efficiente nello studio, se riesce ad essere più altruista. Il difetto di queste ricerche mi sembra simile al primo: cercano di stabilire dei ponti tra la spiritualità e i fenomeni materiali del comportamento umano.  Questi ponti hanno il difetto di non partire da alcuna chiarezza in merito a che cosa si debba intendere con spiritualità e di conseguenza non chiariscono alcunché sulle relazioni tra coltivazione di spiritualità e fenomeni comportamentali osservabili e misurabili.


Concordo su entrambe le cose. Sulla prima vedi l'assurdo di gente che parla di "cose immateriali" e poi pretende di usare l'evidenza scientifica (quindi "materiale") per negare o "provare" l'esistenza di fenomeni immateriale. SInceramente trovo tutto ciò completamente fuori luogo e privo di senso. Sul secondo hai centrato il segno: quando parlavo di "effetti immediati" intendevo questo. Credo che ci sia molta confusione su questo argomento. Non che effettivamente ci possano essere ponti tra "i due mondi" (che in realtà ci sono), il problema è che un'analisi simile non dice praticamente nulla sulla spiritualità.  Concludendo comunque secondo me:

Se mettiamo in collegamento scienze del linguaggio e psicologia, potranno venir fuori relazioni e percentuali interessanti, ad esempio, tra la presenza in un certo linguaggio spirituale di certi termini, ad esempio "risurrezione", oppure "meditazione", e il modo in cui queste persone mostrano di risolvere certi problemi dell'esistenza, quali la morte, oppure la competizione tra gli esseri umani.

Una volta individuate direzioni di indagine di questo genere, mi sembra che la spiritualità sia capace di offrire in abbondanza campi di indagine misurabili, ben diversi dalle indagini che tentano di creare ponti, a cui ho fatto riferimento.


Sì concordo con te che in questo senso e solo in questo senso si può fare effettivamente un'analisi "quasi-scientifica" della spiritualità. In fin dei conti quello che si osserva è come un certo tipo di "idee" o convinzioni o "linguaggi" ecc abbiano un effetto su come uno tratta queste questioni esistenziali. Certamente in questo caso si possono fare anche studi statistici, "esperimenti" ecc e quindi ci si avvicina molto alla scienza, non meno secondo me della psicologia. Ma non direi che la grammatica, la filologia ecc sono scienze, per quanto detto sopra. Ovviamente ciò non toglie che possano avere applicazioni scientifiche o che dicano qualcosa "su di noi". D'altronde nemmeno l'arte, l'etica ecc sono scienze ma sono importantissime e dicono molto su di noi  ;)

@Green, sinceramente ti invito a farti un po' di viaggi nei laboratori scientifici e confrontare il rigore scientifico con la pratica dell'astrologia. Credo che ti basteranno poche ore per vedere dove in realtà sta l'arbitrarietà  ;D
#422
I miei "two cents"

Dipende da come si definsce la parola "scienza"  ;D. A mio giudizio NO, per il semplice fatto che secondo me la scienza-modello è la fisica - opinione che non deriva dal fatto che ho studiato fisica per qualche anno, ma dal fatto che il metodo scientifico di Galileo è stato introdotto nella fisica e per il fatto che tutte le altre scienze naturali sono nate modellandosi alla fisica. Personalmente ho grosse difficoltà ad includere la psicologia nella scienza, per esempio (il che secondo me non invalida la psicologia, così come la filosofia non è invalidata dall'essere in certe forme "meta-scientifica"). Sinceramente non vedo come possano essere definiti critieri per cui si possano fare esperimenti sulla "spiritualità" tali che possano essere sottoposti ad una analisi quantitativa (questa mi sembra la più basica definizione di "scienza": certamente la fisica, la chimica, la biologia ecc ci "entrano"... però come tutte le altre "definizione della scienza" ovviamente ha il problema della demarcazione / anche se nella pratica il problema della demarcazione non esiste: d'altronde per nuotare non è necessario avere una conoscenza del fenomeno in questione...). Certamente ci sono analisi scientifiche (specialmente neurologiche) degli effetti della pratica spirituale, però secondo me dicono molto poco della "essenza" della spiritualità. Per esempio sapere che la meditazione vipassana buddhista, la preghiera contemplativa dei carmelitani ecc hanno effetti al cervello misurabili con determinati strumenti di misura dice poco. A meno che non si è riduzionisti: in questo caso la pratica spirituale è solo ciò che può essere analizzato quantitativamente. Ma se uno non è riduzionista lo studio scientifico dell'attività cerebrale del meditatore, del contemplativo, del guru ecc dice poco o niente. Perché?

Citazione di: Sariputra il 18 Gennaio 2018, 18:15:38 PM
Citazione di: Kobayashi il 18 Gennaio 2018, 17:35:01 PMLa spiritualità come esperienza interiore mi sembra una definizione troppo generale. Io proporrei che ci siano tre condizioni per ammettere che un'esperienza possa essere ritenuta spirituale: 1. un cambiamento di se' 2. che questo cambiamento vada nella direzione di un distacco dal proprio Io, dalla propria individualità 3. che questo cambiamento sia vissuto come un movimento che sembra unirci a qualcosa che ci trascende, ad una forza che sentiamo essere qualcosa tipo una sorgente di vera vita etc.
Condivido in toto i tre punti "base" a cui ne aggiungerei un altro: 4. che questo cambiamento vada verso una diminuzione dell'egoismo e un aumento della generosità e benevolenza (quella che, in termini più postmoderni, si definisce come 'empatia'...). E ne aggiungo un altro di facoltativo ( ma non troppo...): 5. che questo cambiamento irrompa sotta forma di una sana "follia" esistenziale... :)

Nessuno di questi fenomeni secondo me ha una adeguata spiegazione "scientifica", a meno che ovviamente non si è riduzionisti. Per esempio il punto "3" (ma anche il punto "1" e il punto "4") va in direzione "meta-scientifica".  Se si accetta che la spiritualità ci fa "volgere" verso qualcosa che non è "rilevabile" dagli strumenti di misura allora dobbiamo ammettere che è "meta-scientifico". Questo perchè esperimento (che è diverso da "esperienza", vedere dopo) e analisi quantitativa sono essenziali alla scienza (filologia e semiotica secondo me non sono scienze, per esempio).

Tuttavia con un "abuso di notazione" (come direbbe un matematico  ;D ) la scienza può essere anche concepita come un'analisi critica dell'esperienza ("soggettiva" e "non"), ovvero come un'analisi che non è necessariamente quantitativa e rivolta allo studio di qualcosa che è rilevabile dagli strumenti di misura. In questo caso direi che la "scienza" è certamente contemplata dalla spiritualità - a parte poche eccezioni in cui si scambia la spiritualità per "bigottismo" - nel senso che anche il praticante deve essere in grado di "interpretare bene" le sue esperienze.  Per esempio molto spesso, specialmente nelle religioni orientali, un buon praticante - per essere tale - deve essere in grado di riconoscere le "caratteristiche" delle esperienze meditative, deve mettersi in discussione, deve "verificare" tramite l'esperienza diretta che le sue "posizioni" sono corrette ecc. In una spiritualità seria non ci sono "atti di fede" nel senso "banale" del termine: non si crede "acriticamente" con fede cieca. La spiritualità deve essere sempre accompagnata dal ragionamento, dalla saggezza ecc. Ci deve essere anche lo scetticismo che ci permette di distinguere ciò che "va bene" da ciò che "non va bene" e così via. Questo vale sia per una spiritualità religiosa che per una spiritualità "laica".
Inoltre una spiritualità ragionata in genere è aperta al dialogo perchè in genere si riconosce la complessità di questo tipo di "realtà". Il dialogo può essere tra un maestro e un discepolo oppure tra due "pari" oppure tra praticanti di spiritualità diverse. Nuovamente la "scienza" ci permette di compiere più sagge decisioni nel percorso da seguire. Quindi sì, se per "scienza" si intende semplicemente un'approccio critico all'esperienza (interiore od esteriore) direi che è quasi essenziale alla spiritualità.

Tuttavia nel mondo moderno con la sua "ossessione" alla specializzazione, alla fretta, alla pretesa di risultati immediati e utili al "maldefinito progresso" direi che una spiritualità laica o religiosa non può avere spazio. Inoltre la società odierna ha l'illusione di essere auto-sufficiente, di non avere bisogno di spiritualità e che non si impara nulla dalla saggezza "antica" (religiosa o meno). Ergo direi che anche una spiritualità laica avrà pochissimo successo (e forse anzi la spiritualità in toto potrebbe quasi del tutto sparire).




 
#423
Grazie @epicurus.  

Riguardo a "- Libri/appunti/articoli vari di logica matematica, paradossi ed enigmi vari. Ha tenuto in forma la mia capacità di ragionare. E la logica matematica mi ha insegnato la formalizzazione e l'astrazione. "  nel mio caso lo studio della fisica (e delle intepretazione della Meccanica Quantistica) e la lettura di libri come il "Tractatus" mi hanno aiutato in ciò.


Commento generico: ho scritto molto di me e sulle influenze che ho avuto dagli autori. Come si può notare spesso sono semplici "ispirazioni" (per esempio mi piace l'idea aristotelica del Motore Immobile come fine. Motivo per cui mi piace studiare la metafisica, trovo idee molto interessanti... anche se sono "insensate" o completamente false sono convinto che dicano "qualcosa" di importante). Ergo la mia idea non era quella di fare uno "show di erudizione", di "proclamare la mia enorme conoscenza enciclopedica" o "proclamare la verità", semplicemente di condividere un percorso raccontando le idee che mi hanno colpito di più nello studio della filosofia (grazie ad esse, ritengo che lo studio filosofico non sia futile). Semplicemente condivido queste idee per due motivi: perchè credo che anche altri ne trovino beneficio ed ispirazione (ovvero in parole povere per condividere un'esperienza ;)) e perchè, credo, si capisce un po' di più cosa dico e cosa mi interessa della filosofia. Ovviamente ciò non toglie che questo mio "cammino" o "navigazione" o "esplorazione" possa essere semplicemente una futilità o un'insensatezza ("ai posteri (ovvero ai lettori) l'ardua sentanza" ).  


Ad ogni modo credo che anche la differenza della "visione della filosofia" emerga molto da questi post. Per esempio un @epicurus pare essere molto interessato alla filosofia del linguaggio e agli enigmi della logica e della matematica, @sgiombo alla filosofia razionalistica (col significato però non contemporaneo del termine  ;) ) ecc
#424
@sgiombo,

hai ragione, ci sono sostanziali differenze tra i vari sistemi di cui è opportuno ricordarsi. Mi sono concentrato -come spesso mi accade - troppo sulle somiglianze (che trovo "spettacolari" e quindi me ne dimentico  ;D ).

Raggrupperei i pensatori in questo modo:
1) Bohm "ordine implicito"/Spinoza sull'Unità della Sostanza, determinismo ecc...l'interpretazione bohmiana (ovvero quella "non misticheggiante") della meccanica quantistica implica che - dicendola crudemente - ogni particella influenza tutto le altre (la divisione in sotto-sistemi è fatta per fini pratici) vista la "forte non-località" molto più forte di quella newtoniana che rende l'universo - nel senso dell'insieme di tutte le particelle - veramente "uno", non riducibile alla somma delle sue parti (olismo)... per dirla sinteticamente a causa dell'entanglement l'influenza delle altre particelle non cala all'aumentare della distanza come nel caso della gravità newtoniana, per esempio!;
2) Schopenhauer (che in realtà è quello che secondo me è simile alla tua posizione  ;), solo che avete due concezioni del "noumeno" diverse );
3) Platonismo/neoplatonismo: la somiglianza era data dal fatto che il molteplice esiste solo in quanto "esemplificazione" dell'universale (da qui la somiglianza con "natura naturans" e "natura naturata" - ma in fin dei conti nel platonismo le due sono separate, in Spinoza sono due aspetti della realtà... importante distinzione!);
4) nel pensiero cristiano sinceramente trovo somiglianze col platonismo per quanto riguarda la "partecipazione" ma come ben fai notare tu parlare di "esemplificazione" è fuorviante.

Potrei mettere anche gli eleati, Eraclito e gli orientali ma preferisco non farlo per evitare confusione.
#425
@sgiombo, altra osservazione veloce.

Riguardo al "razionalismo" di cui parli ti dirò che secondo me Bohm e Spinoza sono molto vicini: addirittura a volte gli stessi termini che usano sono simili. Per Spinoza c'era la "Natura Naturans" e la "Natura Naturata", che "seguiva" dalla prima come la proprietà che la somma degli angoli di un triangolo fa 180 gradi (nello spazio euclideo) segue dalla definizione di triangolo (il "necessarianismo"). Per Bohm c'erano l'Ordine Implicito e l'Ordine Esplicito, nozioni estremamente vicine a quelle del filosofo olandese. Simili idee si trovano in Hegel e Schopenhauer.

Faccio notare, comunque, come queste idee in genere vengono classificate come "olismo non-duale" (entrambi termini che spesso vengono abusati in occidente  :( ). Il senso è che in sostanza la realtà sia "unitaria" e che la molteplicità sia in realtà o illusoria, oppure che abbia un "grado ontologico inferiore" rispetto all'unità. In sostanza l'unità ha sempre la precedenza. Una simile concezione in fin dei conti è presente nella filosofia greca (Parmenide e gli Eleati, forse lo stesso Eraclito, lo stoicismo e il neoplatonismo), nella filosofia induista ("advaita" e simili) e nel daosimo (DaoDeJing, Zhuangzi), quindi in realtà non è davvero "nuova". Simili idee in realtà come dicevo nel messaggio precedente sono presenti anche nel cristianesimo stesso (perfino addirittura nelle parole attribuite a San Paolo...) in una forma un po' diversa: viene riconosciuta sì l'"unità" ma è un'unità che riconosce la "molteplicità" come qualcosa di reale (lo stesso forse vale per Platone e anche per Eraclito). Infine il "non-dualismo" è riconosciuto anche nel buddhismo Mahayana: le distinzioni tra le "cose" sono in realtà illusorie (la "vacuità"). Però nel caso buddhista la negazione di una effettiva molteplicità non riconosce l'esistenza di un vero e proprio "primum ontologico" (anche se il concetto di "interpenetrazione" di alcune scuole, in particolare quelle che si basano sul testo dell'Avataṃsakasūtra, lo ricorda molto) ;) sinceramente il fatto che tra ottimi fisici, come Bohm*, tornino idee così "antiche" che solitamente si trovano in tradizioni che sembrano esotiche (in realtà non lo sono, l'occidente sia cristiano che non cristiano in realtà è pieno di queste idee) fa veramente riflettere.

Ergo, come puoi vedere, la filosofia "razionalistica" di Bohm in realtà può vantare un fondamento molto solido nella tradizione filosofica sia orientale che occidentale.

*per esempio in Italia è stato fondato da alcuni ammiratori di Bohm questo centro, se ti va dagli un'occhiata http://www.paricenter.com/indexit.php
#426
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
16 Gennaio 2018, 11:33:54 AM
Sì, conoscevo la differenza tra il primo e il secondo Wittgenstein (ho letto sia il "Tractatus" che "Sulla Certezza"). Però non pensavo che avesse cambiato idea su temi come etica, spiritualità ecc

Grazie dell'appunto!  :)  mi informerò sulla cosa!
#427
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
16 Gennaio 2018, 00:35:12 AM
EPICURUS
Il Wittgenstein del Trattato è molto diverso dal Wittgenstein successivo, quest'ultimo forse avrebbe visto come infelice quella sua, ormai famosa, espressione, o, comunque, sicuramente l'avrebbe intesa in modo molto differente. La stessa concezione dell'etica cambiò molto in Wittgenstein.

Comunque per quanto mi riguarda, tale proposizione è troppo severa e restrittiva. Mi pare legittimissimo il mio parlare sul senso della vita nella misura nella quale mostro come sia un nonsense. 


APEIRON
Mi torna che la sua filosofia del linguaggio è radicalmente cambiata dopo il suo ritorno a Cambridge. Ma da quanto mi ricordo fino ad almeno il 1930 non credo che la sua opinione su religione ed etica fosse variata (ho letto la "Lezione sull'Etica" del 1929 e le Conversazioni con Schlick del 29-30. E da quanto ho capito non mi pare che la sua posizione sia cambiata di molto). A cosa ti riferisci? ;)

Ah ovviamente anche per me è "troppo restrittiva" ma a livello "ultimo" non posso che concordare. A livello "umano", no. In fin dei conti il discorso del "SIgnore degli Anelli" l'ho tirato fuori io  ;D
#428
@sgiombo,
anzitutto grazie del tuo contributo al topic!  ;)

Farei però due commenti. Uno su Berkeley. Nel mio "sommario" l'ho quasi tralasciato, menzionandolo en passant e l'ho fatto per errore in realtà. Eppure credo che sia molto sottovalutato per ragioni errate: in molti in sostanza lo scambiano per un "proto-solipsista". In sostanza Berkeley aveva una posizione molto più fine di quanto solitamente si pensa. Per lui la realtà coincideva con l'esperienza diretta. E qui sta il bello: noi pensiamo che dietro alle nostre sensazioni ci sia "qualcosa" che le produca. E pensiamo che questo qualcosa sia "là fuori" indipendente da noi - il problema è che una tale asserzione è infondata: in realtà la nostra esperienza consiste nell'insieme delle nostre sensazioni. E siccome le sensazioni non possono esistere se non c'è la mente, allora quella che noi chiamiamo "esperienza" in fin dei conti è un prodotto, per così dire della nostra mente. Se la mente "si spegne", sparisce anche qualsiasi sensazione, l'esperienza cessa e per quanto ci riguarda il mondo non esiste più. Questa fu la grande intuizione di Berkeley: "esse is percepi"! L'insieme delle nostre sensazioni in fin dei conti è "prodotto dalla mente". Questa idea avrà un'enorme influenza sul pensiero successivo, a partire da Hume. Vorrei far notare la somiglianza con la filosofia indo-cinese, per esempio la prima riga del primo e del secondo verso del Dhammapada buddhista recitano "La mente precede ogni stato mentale.". Ma a differenza della filosofia indiana per la quale è ben chiaro che la mente semplicemente interpreta la realtà (e le nostre sensazioni sono già interpretazioni - come capirà Kant) Berkeley va oltre e qui secondo me c'è l'aspetto rivoluzionario della sua filosofia: non siamo a contatto con "le cose" esterne ma con le sensazioni, le quali senza di noi non esistono. A questo punto davvero si può accusare il buon vescovo anglicano di "solipsismo metafisico", ma il suo è solo "epistemologico". E qui ha il colpo di genio: così come noi creiamo la realtà percependo allora per evitare di scivolare nel solipsismo assume che c'è una realtà esterna - ovvero che se anche muoio e cesso di esistere comunque "il mondo" esiste ancora. Ma come? Semplice: la religione cristiana afferma che Dio "crea". Ecco dunque salvata la capra (la filosofia idealistica) e i cavoli (il mondo): il mondo esiste in quanto percepito da Dio! Osserviamo poi che noi stessi però nasciamo e moriamo, quindi in fin dei conti siamo creature. Ecco che noi stessi esistiamo perchè Dio ci "percepisce".

Sinceramente trovo la filosofia di Berkeley geniale perchè ha messo insieme l'idealismo che stava nascendo sin da Galileo e Cartesio (con la distinzione tra qualità primarie e secondarie) con la religione cristiana (ritengo poi che è interessante notare come lo stesso Cartesio "si è servito" di Dio per avere la garanzia della conoscenza sulla realtà  :o ). La novità però che ha portato è stata la re-interpretazione dell'idealismo e della cristianità. Invece l'idea che Dio è sia il creatore che il sostenitore di tutto (= ovvero che la creazione è un processo che continua anche adesso e in ogni momento...) è un'idea che in realtà è un'interpretazione molto antica tra i teologi cristiani. Senza andare a scomodare i soliti mistici* ecc per i quali Dio è sempre presente ecc lo stesso Tommaso d'Aquino (che più o meno ha "creato" l'ortodossia cattolica) afferma che tutto ciò che esiste, esiste per "partecipazione" (anzi l'idea non è nemmeno strettamente parlando filosofica visto che ad esempio già San Paolo nella Bibbia arriva a dire che "In lui [Dio] infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" - Atti degli Apostoli, 17,28 ma ci sono diversi passi molto simili altrove). L'idea nella filosofia è presente almeno fin da Platone secondo cui tutto esiste per la "Forma del Bene", che è il Sole dell'Esistenza. Metafora molto simile viene usata poi nelle Upanishads indiane. Secondo me Berkeley è sottovalutato in quanto vescovo ma in realtà la sua idea è stata geniale: è riuscito a conciliare molto bene l'"antica filosofia" con quella che stava nascendo. Anzi è il perfetto esempio di "cristiano filosofo" e ce ne sono in realtà parecchi dello stesso calibro (sia tra quelli considerati "ortodossi" sia tra quelli che non lo sono), secondo me  ;)

Il secondo commento che volevo fare è molto più breve e parla del materialismo. Di per sé filosofi "materialisti" come Epicuro ecc mi piacciono. Non escludo chiaramente che in un'ottica materialista non ci possa essere la virtù, anzi talvolta la virtù viene pensata ancora di più "premio a sé stessa" in questa ottica. Il problema è che, secondo me, la realtà va ben oltre il materialismo.

*(Eckhart, Suso, Cusano, Teresa d'Avila ecc ma la lista credo che sia davvero lunga e sicuramente ce ne saranno tanti che non conosco ;) )
#429
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
15 Gennaio 2018, 15:05:33 PM
@Sari,
comunque quando hai scritto: "Se "brama, odio e illusione" sono le radici di ciò che è nocivo, quali sono le radici di ciò che è salutare, per il buddhista?
-assenza di brama è salutare
-assenza di odio è salutare
-assenza d'illusione è salutare
Si continua a presentare ciò che è positivo con una terminologia che è di negazione. Questo ricorre continuamente nei testi ed è una caratteristica tipica del Buddhismo, che a noi occidentali suona forse 'fastidiosa', visto che siamo  gente che tende ad 'affermare'. Ma ovviamente ha pure il suo fascino... e  permette di evitare di cadere in definizioni  forse troppo circoscritte e limitative, date dal linguaggio...


Riguardo all'Abhidhamma... Ho letto da qualche parte che al posto di nirvana si usa "asankhata-dhatu", ovvero "elemento non-condizionato". E nuovamente si dice che non è questo, non è quello, non ha quelle caratteristiche ecc. Tutto molto "apofatico"    cosa si nasconde dietro a queste negazioni?

Noi naturalmente vorremmo una chiara definizione e affermazione di cos'è questo stato e invece...si continua per negazioni:
L'elemento detto Nibbana è:
-estinzione della sofferenza
-assenza di ciò che è condizionato.
-estinzione del ciclo di nascita e morte.
-non-nato, non-divenuto, non-composto, ecc.
-cessazione della sofferenza.

Buddha Gotama è perfettamente consapevole dei pericoli di qualunque affermazione sull'elemento  detto Nibbana/Nirvana. Qual'è un pericolo? Nel momento che lo si definisce in un concetto , immediatamente la mente lo pone 'esterno' ad essa. Una nuova cosa da investigare. Diventa un condizionamento, un nuovo kilesa.  Siddhartha vuole indicare che il Nibbana non è un nuovo concetto da aggiungere alla propria collezione. Non si 'studia' il Nibbana, si realizza ( è più simile alla bastonata che alla rflessione su cos'è una bastonata... ). E' uno stato di liberazione esistenziale. Il 'cibo' va gustato, ecc.
E qui ritorna il problema della moralità (sila)...
"

Qui hai centrato in pieno la questione. Mi spiego: anche io sono "convinto" che dietro alle negazioni ci sia l'affermazione. Ovvero "assenza di brama = generosità" (o meglio: l'assenza di brama "rende libera" la generosità) come ben dici tu. Il problema è che "logicamente" per così dire "assenza di brama" è semplicemente "assenza di brama". Ovvero logicamente se si legge "Il Nibbana è l'assenza della sofferenza" oppure "il Nibbana è la cessazione dell'esistenza (= che a livello ultimo è sofferenza)" non si capisce la "positività". E l'interpretazione "negativistica" in fin dei conti dice: "il Nibbana è l'assenza della sofferenza". L'ambiguità per noi occidentali è proprio qui: per noi l'assenza di sofferenza è semplicemente "assenza di sofferenza", non è un qualcosa di "positivo". Allo stesso modo quando viene detto "Il Nibbana è la cessazione del samsara" non è "automatico" capire che dietro la negazione del samsara "c'è dell'altro". Ovviamente dire che "Il Nibbana è la cessazione del samsara e nient'altro" è diverso da dire che "il Nibbana è la cessazione del samsara". Però come chiaramente sono d'accordo con te: il Nibbana buddhista non è la "semplice cessazione" come alcuni buddhisti antichi e moderni pensano. Ma è come con la "generosità" e "l'assenza della brama": così come uno "diventa" generoso quando non ha brame, allo stesso modo il linguaggio negativo/apofatico non è definitivo ma rimanda ad altro. Ovvero "il Nibbana è la liberazione dai condizionamenti" significa: "il Nibbana è il non-condizionato" ovvero una "realtà" (ergo per seguire l'esempio della brama/generosità... "la realtà del Nibbana si "manifesta" con la cessazione del Samsara"). Il problema è la"reificazione": se uno si crea un concetto del Nibbana rischia di allontanarsi da esso, come giustamente dici ;) Certo in fin dei conti ci vuole fede e convinzione, bisogna per così dire esserne "convinti"  ::)  


P.S. Sul resto rispondi quando vuoi... tanto il problema è sempre quello di "avere fiducia"  ;) personalmennte mi ci vuole un po' di "positività" anche nel linguaggio per essere convinto ma in fin dei conti non è certo un problema del buddhismo, ma è di Apeiron  ;D  direi anche che se ne è discusso abbastanza e credo che sia giunta l'ora di interrompere la discussione, per quanto mi riguarda (ovviamente Sari, la tua risposta la leggo  :) )... al massimo scriverò un post in cui metto insieme le informazioni più interessanti che sono uscite in questa lunghissima discussione (dura da metà febbraio 2017  :o ) e risponderò a chiarimenti se qualcuno è interessato. Però direi che non credo di avere altro di nuovo o di necessario da condividere su questo argomento. Su questo tema quindi o si accetta che è "mera negatività" come fanno alcuni (cosa che personalmente non farei mai per "coscienza"), oppure si ha la fiducia che dietro al linguaggio negativo ci sia l'espressione della positività (fiducia, che si dà il caso, non ho  ;D ). Credo che la sotto-discussione del buddhismo riguardante "cosa è il Nibbana?" abbia raggiunto il termine, andare avanti forse crea solo confusione.
Dunque è ora che questa discussione cessi... (dietro a queste parole c'è una battuta semi-seria  ;D )

Ad ogni modo, dimentiavo, ringrazio tutti coloro che hanno partecipato alla discussione. Ma mi si lasci ringraziare in particolare il Sari per la sua chiarezza, disponibilità e pazienza  ;)
#430
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
15 Gennaio 2018, 14:39:12 PM
Grazie @epicurus per aver esposto la tua opinione  :)



SCRIVI
Prendiamo la riposta "Dio" che alcuni potrebbero dare ad entrambe le domande, come tu stesso suggerisci. Dio fa parte del tutto, come può essere una risposta legittima? E' come se un ateo rispondesse "Universo", ok, non sta rispondendo alle due domande di cui sopra, ma a qualcos'altro. Forse è un modo per dare importanza a Dio (o all'Universo), ricadendo nell'interpretazione umana della domanda del senso della vita, ma non è la risposta alla domanda metafisica: Dio fa parte della vita ed il mitologico senso della vita (se non fosse un nonsense) deve essere qualcosa d'altro rispetto anche a Dio.

Risposta di Apeiron:
Ottima osservazione, ci "mediterò" sopra  :) Su questo tipo di questioni secondo me è un po' come dire "su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" (Wittgenstein) - secondo me quel "ciò" è qualcosa di reale, col discorso di "Dio" dicevo questo (che è un po' diverso dal discorso dell'etica*). Per altri letteralmente la Storia è una sorta di mito, ma appunto non è la mia opinione.

*l'etica è qualcosa di diverso dal "senso dell'esistenza" (Wittgenstein non capì a quanto pare questa distinzione). Non a caso appunto dell'etica invece parlo - ma qui c'è un po' di "platonismo personale"  ;)
#431
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
15 Gennaio 2018, 00:19:50 AM
@Sari,
Sì direi che è una soteriologia senza escatologia...

Quando mi riferivo al "Senso" che è qui e ora mi riferivo al fatto che il Nirvana non è da ricercarsi nel futuro, ma il prima possibile. Addirittura anzi c'è anche adesso, "qui e ora"... il problema è che lo cerchiamo  ;D  "Vi è, monaci, un non-nato..." (si usa in fin dei conti il presente)

Stesse considerazioni si possono fare sicuramente sull'induismo: anche qui c'è samsara e il Senso non lo troveremo mai continuando nella "ruota".
Il daoismo forse è un po' diverso... però con la sua enfasi a "non-agire", "dimenticare" ecc si arriva alla spontaneità (cosa anche molto zen), ovvero ad agire senza scopo, senza "agenda" (ovvero senza piani) ecc. Siccome l'Escatologia in fin dei conti è un fine, un piano - direi che questo tipo di filosofie cercano di vedere il Senso Qui e Ora, non in un futuro lontano ma Adesso, in questo momento presente. Ed è proprio per questo che stanno avendo successo. Viceversa le religioni "escatologiche" stanno un po' perdendo, per così dire, la popolarità.

Personalmente non nego di avere l'illusione (?) del progresso e anzi non mi è facile accettare la sua assenza :( ancora più difficile mi è accettare che oltre al fatto che siamo "intrappolati" in questa ciclica esistenza la liberazione è raggiunta solo da pochissimi.



Ah la frase "Unico appunto sulla tua risposta... non porrei strettamente parlando in questo modo." Errata Corrige: "Unico appunto sulla tua risposta... non porrei [la questione,] strettamente parlando[,] in questo modo." ormai perdo le parole per strada  :(



@Green,
se ti interessa la parte più "esoterica" delle religioni prova ad informarti sul Vajrayana (tantrismo). Su di esso so praticamente niente, però se è la parte "esoterica" che ti interessa credo che ti possa interessare ;)  come poi dice il Sari il buddhismo non condanna la "mondanità": ci sono azioni buone, quelle che in sostanza "migliorano" il karma. Ergo anche i piaceri sensoriali non sono condannati di per sé. Il problema è che non danno la liberazione e la soddisfazione ultima, quella per cui appunto nasce la religione. Di per sé anzi da questo punto di vista in oriente con i piaceri sono molto più equilibrati e liberi da taboo che da noi. Però se uno ricerca il "sovramondano"  ;D



Sul resto concordo col Sari, specialmente sull'eccesso della concettualizzazione... ad un certo punto bisogna "lasciar andare"  anche quella ;)
#432
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
14 Gennaio 2018, 20:20:54 PM
SARIPUTRA
Al Buddhismo non interessa 'salvare il mondo', la storia non ha alcun senso, l'uomo non va da nessuna parte....di questo ne abbiamo già ampiamente discusso. Difficile da accettare forse, ma è così , è la loro impronta ( tipicamente indiana...).

APEIRON
Unico appunto sulla tua risposta... non porrei strettamente parlando in questo modo. Concordo che essendo la Storia secondo queste tradizioni indiane ciclica non ha un senso ultimo, un fine. Però il senso del buddhismo è proprio quello di "salvare", ovvero il "bodhi", il Risveglio. Anzi già la pratica della morale fa vedere come il "senso" in un certo senso (scusa il pessimo gioco di parole   ;D ) c'è. Anzi secondo l'India sembra che il senso della vita sia quello di "abbandonarsi", è il mondo in un certo senso che non capisce ciò (lo stesso vale, secondo me, per il daoismo)  ;) di certo in queste tradizioni (e il daoismo) non c'è alcun progresso del mondo, è sempre il solito "gioco" con le sue regole (il karma) che però non danno una soddisfazione ultima. Il problema, stando a queste tradizioni, è che cerchiamo il Senso (con la "S" maiuscola) nel futuro dove non c'è. Ma non direi che non c'è il Senso  :) concordo però che anche per chi in occidente è uscito dalle religioni abramitiche pensare che non ci sia progresso è molto deprimente :( in sostanza al buddhismo non interessa il "fine del mondo" ma ci vuole liberare dalla convinzione che ci sia un effettivo progresso ;)
#433
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
14 Gennaio 2018, 19:53:10 PM
@sgiombo,

personalmente la questione di "Dio" la vedo molto diversamente dal "tipico" modo in cui lo si vede. Per me è "legato" al "valore" della vita: in un certo senso è ciò che rende la vita "sensata"  ;) il problema è che cercare di articolare cosa possa vuol dire questo "senso" è molto rischioso. Motivo per cui per me è quasi un "reminder" che faccio a me stesso, ovvero è legato al "mistero dell'esistenza". Ergo la domanda "perchè esiste qualcosa anziché il nulla?" secondo è sensata ma non può avere risposta - vige il "Nobile Silenzio" (sottolineo il termine "nobile"). Altri credono veramente che l'analogia della "storia" sia quasi da prendere alla lettera, io personalmente no. Però col tempo ho curiosamente imparato a rispettare quel tipo di visione della vita anche se la ritengo un "estremo". L'altro estremo è la visione "nichilista" - Nietzsche, Cioran & co. Personalmente preferisco una via di mezzo - il problema è che tra i due estremi sopracitati c'è moltissimo "spazio" e molta varietà! Quindi lungi da me credere che la mia sia l'unica via di mezzo  :D  Per dirla spinozisticamente "Dio" è ciò che "chiude" la realtà...

Per quanto riguarda la morale... ne abbiamo già discusso altrove e avevamo già visto che qui tra noi due c'è un profondo dissenso. Per me la "morale" è "qualcosa di reale" perchè si riferisce in particolar modo alla nostra mente. La morale la vedo come un esercizio di "purificazione" (per così dire, anche se il termine "purificazione" è un po' anacronistico...) della mente stessa. Questo è il fondamento "oggettivo" dell'etica (è oggettivo perchè avendo tutti noi una mente simile, ne segue che...). Ergo: l'etica e la matematica per me hanno lo stesso "grado" ontologico, qualunque esso sia. Secondo me la "legge morale" è tanto reale quanto la "legge di gravità" - entrambe sono regolarità relative a "qualcosa" che esiste. Il problema è che sono due tipi diversi di "regolarità"... l'Eudaimonia e la "virtù" sono il premio a sé stesse: significa che l'eudaimonia e la virtù sono qualcosa di reale, non sono "meri concetti". Per quanto riguarda la virtù non riesco a trovare una spiegazione "riduzionista"  che mi convince pienamente. Nel senso che la spiegazione evolutiva è di per sé corretta ma la trovo incompleta.

Riguardo al razionalismo e allo spinozismo sono due visioni della realtà che rispetto perchè contrastano fondamentalismi, superstizioni ecc ma le ritengo incomplete. Spinoza l'ho sempre ritenuto molto affascinante e lo rispetto molto. Non sono d'accordo col suo "determinismo estremo" per cui tutto ciò che accade, accade per necessità. Ma lo considero davvero un grande  :)
#434
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
14 Gennaio 2018, 17:32:21 PM
Grazie della sempre ottima risposta, ci "mediterò" sopra  ;) risponderò con molta calma nei prossimi giorni! Lasciami fare due commenti:



SARIPUTRA


Prima di fare alcune considerazioni sulle tue domande, vorrei sottolineare come , in questo topic sul Buddhismo, oltre a sviluppare e approfondire il significato di parte di questa complessa e antica dottrina, siamo riusciti a presentare pure i dubbi,  le apparenti incongruenze, le difficoltà all'approccio date da un sistema culturale e filosofico profondamente diverso dal nostro, nel quale viviamo e siamo cresciuti; oltre alle difficoltà interpretative dovute alla traduzione di termini che non hanno un corrispettivo esatto nei nostri vocabolari. Questo trovo sia interessante per coloro che, magari, leggeranno o rileggeranno questi post che, almeno personalmente, propongo senza intenti missionari o di proselitismo.Probabilmente restano più utili a chi li scrive che non a chi li legge, visto che, del Buddhismo e sul Buddhismo, nel web si può trovare un'incredibile vastità di informazioni, impossibile solo da immaginare quand'ero giovane e mi avvicinavo con curiosità all'argomento.



APEIRON
Sì esatto! Lo stesso vale per me sull'intenzione: mi considero un "mero" viandante... semplicemente mi piace esplorare. Tuttavia ritengo che questo tipo di discussione possa andar bene sia per chi è veramente interessato al buddhismo sia per chi ne vuole avere una conoscenza "superficiale": fa sempre bene ascoltare prospettive diverse sulla realtà, proprio per evitare il proselitismo di cui parli. Riguardo all'utilità per chi scrive: certamente, ritengo la scrittura un'aiuto per "riordinare" la mente e devo dire che il Forum è un ambiente che aiuta molto. Ma ritengo che anche chi legge può ricevere utilità: l'argomento in fin dei conti è molto complesso ed è facile perdersi nei "meandri" della rete. Se si cercano informazioni sul "nirvana" (per esempio) si trova un sacco di informazioni apparentemente contraddittorie dovute al diverso uso delle parole stesse. Banalmente essere consapevoli di ciò aiuta secondo me  ;) ovviamente il sapere che c'erano 18 scuole buddhiste nei primi tempi e sapere le dottrine di ciascune non aiuta un granché a capire l'essenza di questa "religione" se non si pratica. Tuttavia aiuta ad avere una "prospettiva" d'insieme, a limitare la tendenza al "fondamentalismo" ecc. Direi che anche l'aver scritto ben 4 (!) interpretazioni del "nirvana" differenti, ad esempio, sia utile. Il rischio ovviamente è restare sulla superficie e vagare a vuoto ... oltre che un sovraccarico di informazioni completamente inutile (l'obesità intellettuale di cui parlavi). Ci vorrebbe una via di mezzo, credo. 





SARIPUTRA

Più che una causa persa sei una causa non a tiro del bastone nodoso che ho appoggiato sull'uscio...sai che grandinata!!     

P.S. Ho letto adesso il tuo ultimo post. Risponderò con calma...vedo che giri intorno al Nirvana come un leone attorno alla gazzella. Ma la gazzella è veloce e il leone è...'appesantito' 
Sul concetto filosofico di 'appesantito' lascio a te la riflessione,,,
 Scherzo ovviamente e, a proposito di scherzi, una barzelletta buddhista:


Che cosa accade a uno studente buddhista completamente assorbito dal computer con cui sta lavorando?
Entra nel Nerdvana ! 


APEIRON
In quel secondo messaggio effettivamente ho fatto un esercizio di ordine: semplicemente ho scritto una sorta di "sommario" (in esso non c'è nulla di nuovo) di quanto ho capito sul "nirvana" in questi mesi (manca l'interpretazione "mentalistica" a dire il vero ma è un "misto" tra la seconda e la terza che ho scritto...). Riguardo al mio rapporto col nirvana: l'analogia è molto buona... anzi a dire il vero questo "girare attorno" è anche rischioso: diventa quasi una "droga". Si prende gusto a farlo e allo stesso tempo è una cosa molto fastidiosa, magari ad un certo punto questo processo di "girare in tondo" cessa da sé una volta che mi ha completamente stufato ;D ... ma perchè lo faccio? è solo una mancanza di "fede"  :-[ motivo per cui bisogna "praticare".



Riguardo al Nerdvana (battuta bellissima ;) ) purtroppo hai ragione. Sto lavorando alla tesi ed effettivamente sto 8-12 ore al PC al giorno... anche in questo senso ragionare ad esempio sul Dhamma è qualcosa che aiuta... ma come diceva un mio amico una volta: si vive con i piedi e non con la testa ::)
#435
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
14 Gennaio 2018, 15:22:02 PM
Per chi è attratto dal concetto di "vacuità" ma è allo stesso tempo respinto da tale concetto (come me) ritengo che sia interessante considerare questa cosa.

Nella Repubblica di Platone, Socrate dice che "La Forma de Bene" è la causa ontologica di tutto ciò che è conoscibile: ciò pone tale "Forma" oltre ogni cosa. Certamente sia in occidente che in oriente spesso l'Assoluto è stato posto oltre ciò che "è" e ciò "non è" (almeno in qualche senso della parola "essere").  In fin dei conti l'idea è che la causa contenga "in potenza" l'effetto - e che quindi l'effetto in qualche modo "pre-esista" nella causa: senza la causa l'effetto non esiste. Per esempio: il fuoco può accendersi dove è presente l'ossigeno. Quando questo viene meno viene meno la possibilità dell'accensione del fuoco: il fuoco cioè esiste come possibilità. Chiaramente tutto ciò che esiste è "possibile": se per esempio la gravità funzionasse in modo diverso pianeti, stelle, galassie ecc non potrebbero esistere. Il ragionamento dunque che Platone (e molti altri filosofi, in realtà spesso vicini all'eresia dell'ortodossia che è in voga in un dato momento storico  ;D ) fa è il seguente: tutto ciò che "accade" se accade è anzitutto "possibile", ovvero il "programma" dell'universo ne permette l'esistenza! Ergo anche la distinzione potenza-atto di Aristotele: la pianta "pre-esiste" nel seme come "potenzialità". Il nostro stesso corpo "pre-esiste" nella materia come possibilità. L'attualizzazione però dipende da un certo numero di cause, senza le quali l'esistenza non avviene.

Quest'ultima parte del discorso è ciò che accomuna tutte le scuole buddhiste, in fin dei conti nel documento ecumenico buddhista citato da Sariputra:
"Accettiamo la legge universale di causa ed effetto insegnata nelpaticcasamuppada (origine interdipendente o genesi condizionata) e, in accordo con questo, affermiamo che tutto è relativo, interdipendente e interrelato e che niente nell'universo è assoluto, permanente e duraturo."
Tutto ciò che esiste grazie a determinate condizioni (o cause) è impermanente, condizionato e quindi in ultima analisi "incompleto". Questa è una verità che è in fin dei conti accettata da molte filosofie che ho citato sopra: ogni "cosa" in fin dei conti per esistere e non meramente essere possibile necessita di condizioni, tolte le quali "non esiste". La differenza del buddhismo è che secondo questa "filosofia" tutto ciò che "partecipa" a questa "legge universale di causa effetto" non ha l'assoluta priorità ontologica, ovvero non esiste alcuna "Causa Prima" in alcun senso di questa espressione. Qui si discosta pesantemente dal pensiero di Platone, Daodejing, delle Upanishads, di alcuni mistici cristiani ecc
Tuttavia come in questo passo dell'Itivukkata https://suttacentral.net/it/iti43:
"Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall'Arahant, e così ho sentito: "Vi è, monaci, un non-nato—non-divenuto—non-creato—non-formato. Se non ci fosse il non-nato—non-divenuto—non-creato—non-formato, non ci sarebbe alcuna conoscenza della liberazione da ciò che è nato—divenuto—creato—formato. Ma poiché vi è un non-nato—non-divenuto—non-creato—non-formato, vi è la conoscenza della liberazione da ciò che è nato—divenuto—creato—formato."... L'unica salvezza è calma, permanente oltre il comune ragionare, non-nata, non-prodotta, priva di sofferenza, senza macchia, la cessazione di tutte le sofferenze,"

E sempre nel documento ecumenico:
"Seguendo l'insegnamento del Buddha, riteniamo che tutte le cose condizionate (sankhara) siano impermanenti (anicca) e imperfette, e pertanto insoddisfacenti (dukkha) e che tutte le cose condizionate e non condizionate non abbiano un sé (anatta)."

Ma cosa sarà mai questo "incondizionato"?  :)  Sicuramente non un "primum ontologico", un Sole del Mondo che è causa (in qualche senso della parola) di tutto altrimenti sarebbe la stessa cosa in fin dei conti di Brahman, Dao ecc Ma cos'è?

Risposta breve e secca (sautrantika): la permanente cessazione della sofferenza. Ovvero la permanente cessazione dell'insorgere di fenomeni impermanenti prodotti da cause e condizioni.

Risposta alternativa (classica): un "qualcosa" che è fuori dall'universo (d'altronde è nell'"universo" che non si trova niente di permanente come afferma il documento ecumenico).


Altra risposta: è la "vacuità" (mahayana). La vera natura di tutte le cose: ovvero il non essere "cose". E nemmeno il "non essere cose" è una cosa. Come pensare questo? Una immagine che mi sono fatto io è la seguente: pensiamo ad esempio al cielo. Se ci sono le nuvole sembra che che ci siano "cose solide". Tuttavia a ben guardarle non sono "cose" (a differenza di ciò che dicono Platone &co). Nemmeno il cielo è una cosa. Ma è proprio grazie al fatto che "non sono cose solide" che anche nelle giornate nuvolose si ha comunque un po' di luce. Quindi la vacuità è anche "apertura", "luminosità", "trasparenza". "essere senza confini" ecc. Dire che l'incondizionato è qualcosa è sbagliato. Semplicemente la liberazione è questa "apertura". Ma che ne è di Platone & co?
In sostanza hanno "reificato" tutto, ovvero hanno "reso reali" dei concetti astratti. Certamente convenzionalmente ci sono rocce, esseri ecc ma a ben guardare (dicono i buddhisti) non ci sono rocce, esseri ecc a livello ultimo. E quindi non c'è bisogno di una "causa prima". In un certo senso paradossalmente mentre Platone &co dicevano che l'assoluto è "oltre l'esistenza e la non-esistenza" la vacuità dice: tutto, ogni cosa, in un certo senso è oltre esistenza e non-esistenza. In sostanza l'errore di Platone &co è stato confondere l'ontologia con l'epistemologia.
Abbiamo così liberato la mente dai dubbi e dalle perplessità? Forse  ;D