Esistenzialismo o filosofia dell'esistenza? Quest'ultima la si ritrova già in Platone. Propriamente l'esistenzialismo inizia con Kierkegaard, non senza l'ambivalenza che poi lo caratterizzerà. Dall'analisi del negativo contenuta ne "La malattia mortale", alla descrizione religiosa di "Timore e tremore", dalle apologie del cristianesimo alle oscurità del Diario: un quadro assai variegato dove si possono individuare due tendenze: una verso l'affermazione della singolarità, l'altra verso il confinamento nei particolarismi.
Sicché troviamo accanto alla descrizione universale degli stadi dell'esistenza (estetico, etico, religioso), la concentrazione su una spiritualità che non sa badare più all'essenziale e che si aggrappa disperatamente ai fatti storici (Gesù di Nazareth e Ponzio Pilato) per non ammettere la propria crisi... Così l'affermazione del Singolo che in mezzo alla Folla è in rapporto assoluto con l'Assoluto, la giusta smentita del razionalismo hegeliano, sono assieme — e senza motivo — alla caduta nell'ossessione del dolore, che si fa muto (sempre nel Diario) fino all'afasia.
Personalmente sarei propenso a ritenere che se il pensiero di Kierkegaard non avesse oscillato tra questi due poli, l'uno salvifico per il futuro non solo del pensiero occidentale, l'altro espressione di una grave crisi in Europa, lo stesso suo autore non sarebbe morto anzitempo e accanto alla grande opera di "Max Stirner" "L'unico e la sua proprietà", avremmo avuto l'altra "Il singolo e la folla"; e il totalitarismo, sia di destra che di sinistra, non si sarebbe impadronito delle strutture politiche.
Ma le contraddizioni della vicenda, non solo culturale, di S. Kierkegaard non vanno intese semplicemente pensando al già noto e al risaputo. Proprio all'inizio del suo Diario si trova un riferimento demonologico, a segnare l'ombra che aveva da sempre accompagnato le sue meditazioni... Non quindi nella sua biografia, ma nel caso sfavorevole che non solo lui aveva dovuto affrontare senza tutta l'accortezza, si può trovare la causa dell'impedimento; che non deve diventare un ostacolo.
Mauro Pastore
Sicché troviamo accanto alla descrizione universale degli stadi dell'esistenza (estetico, etico, religioso), la concentrazione su una spiritualità che non sa badare più all'essenziale e che si aggrappa disperatamente ai fatti storici (Gesù di Nazareth e Ponzio Pilato) per non ammettere la propria crisi... Così l'affermazione del Singolo che in mezzo alla Folla è in rapporto assoluto con l'Assoluto, la giusta smentita del razionalismo hegeliano, sono assieme — e senza motivo — alla caduta nell'ossessione del dolore, che si fa muto (sempre nel Diario) fino all'afasia.
Personalmente sarei propenso a ritenere che se il pensiero di Kierkegaard non avesse oscillato tra questi due poli, l'uno salvifico per il futuro non solo del pensiero occidentale, l'altro espressione di una grave crisi in Europa, lo stesso suo autore non sarebbe morto anzitempo e accanto alla grande opera di "Max Stirner" "L'unico e la sua proprietà", avremmo avuto l'altra "Il singolo e la folla"; e il totalitarismo, sia di destra che di sinistra, non si sarebbe impadronito delle strutture politiche.
Ma le contraddizioni della vicenda, non solo culturale, di S. Kierkegaard non vanno intese semplicemente pensando al già noto e al risaputo. Proprio all'inizio del suo Diario si trova un riferimento demonologico, a segnare l'ombra che aveva da sempre accompagnato le sue meditazioni... Non quindi nella sua biografia, ma nel caso sfavorevole che non solo lui aveva dovuto affrontare senza tutta l'accortezza, si può trovare la causa dell'impedimento; che non deve diventare un ostacolo.
Mauro Pastore