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Messaggi - iano

#4201
Percorsi ed Esperienze / Tre libri.
20 Agosto 2021, 17:22:28 PM
Tre libri che hanno lasciato un segno , o che vi sono venuti incontro, sul vostro percorso di vita.
Un modo per conoscersi meglio e al contempo un suggerimento di letture estive.
Inizio io.


1. Il deserto dei tartari. Dino Buzzati.


2. Il nome della rosa. Umberto Eco.


3. Gesummorto. Guelfo Civinini.


#4202
Tematiche Filosofiche / La verità
19 Agosto 2021, 12:58:20 PM
Citazione di: Kobayashi il 19 Agosto 2021, 11:21:21 AM
[Anche i metafisici vanno in vacanza... Ne approfitto per aggiungere alcune riflessioni filo-nicciane]

Solo gli oggetti astratti del pensiero possono vantare un'eterna stabilità. Le idee di Platone, appunto.
Così siamo arrivati a ipotizzare l'esistenza di un mondo vero, quello delle idee, tramite una ricerca della verità che, in realtà, pur celandolo, ha il proprio nucleo in un giudizio di valore per ciò che permane, e solo in esso.
Ma siamo arrivati, seguendo Nietzsche, anche al ribaltamento di mondo vero e mondo apparente. La realtà è soprattutto soggetta al cambiamento. La stabilità è invece prodotta dal lavoro della ragione per le esigenze legate alla conservazione della vita.
Ma la vita non è solo conservazione ma anche sviluppo. Per questo motivo l'arte, con la sua produzione di immagini che ci spingono a trascendere la nostra condizione presente, è superiore alla verità.
In tal senso il mondo di Platone è potenzialmente stabile in effetti , non perché le astrazioni siano scolpite sulla deperibile pietra. ma perché trascrivibili e tramandabili in eterno .
In tal modo esse entrano in concorrenza con le leggi fisiche della natura.
La fisica non ci porta alla verità, ma ci invita a condividere le stesse esperienze, e la condivisione è tale perché il prodotto delle stesse esperienze, a sostanziale equivalenza di soggetto, è identico.
La comprensione non è comprensione della realtà, ma condivisione di azione.
La potenza della scienza non è nella verità, ma nella forza di un'azione condivisa.
Noi impariamo per imitazione.


Essenziale alla vita però non sembra essere solo il registrare, ma anche il perdere casualmente le informazioni.
Il tornare d essere un foglio bianco su cui riscrivere.
La materia non registe e non dimentica.
Il mondo di Platone sembra davvero, in tal senso, un mondo a parte, come una biblioteca labirintica, potenzialmente eterna.
Quali pro e quali contro possiede questa biblioteca?
Per chi cerca la verità essa è un posto eletto, ma vista la su tendenza a crescere potenzialmente senza fine anche un posto in cui perdersi.
#4203
Tematiche Filosofiche / La verità
19 Agosto 2021, 12:00:27 PM
Citazione di: Kobayashi il 19 Agosto 2021, 11:21:21 AM
[Anche i metafisici vanno in vacanza... Ne approfitto per aggiungere alcune riflessioni filo-nicciane]

Possiamo dire che sia nel senso comune che nella tradizione filosofica occidentale la verità è intesa essenzialmente come conformità tra ciò che si pensa e la realtà.
Heidegger fa notare che, per essere precisi, la conformità è doppia, riguarda due aspetti:
- tra ciò che asserisco o penso e le cose reali (tra la proposizione e la realtà – e qui sorge la domanda: cosa c'è in comune tra la dimensione del linguaggio e quella del mondo in modo che uno rimandi all'altro, pur essendo le due dimensioni materialmente di natura tanto diversa da sembrare inconfrontabili?);
- tra la cosa che ho davanti rispetto a come dovrebbe essere, per cui si può dire che questa cosa è effettivamente un tavolo, un vero tavolo; in questo caso il confronto si pone tutto sul piano della realtà.


Il rimando è puramente funzionale, relativo a chi asserisce , soggetto mutevole, che però può mettere nero su bianco ciò che asserisce, tramandandolo potenzialmente in eterno.
Ciò che non si conserva però è il significato dell'asserzione al mutare del soggetto con il ricambio generazionale.
La difficoltà di interpretazione di uno scritto sancisce propriamente lo stretto relativo legame funzionale.
Chi asserisce al contempo significa, ma non chi legge, a meno che non condivida le stesse esperienze che hanno generato l'asserzione.
Comprendere in modo stretto non significa condividere una asserzione, ma le esperienze che l'hanno prodotta.
Per quelli che hanno fatto esperienze simili si fa' presto a capirsi. Basta una parola, un richiamo o anche un solo sguardo.
Paradossalmente la realtà ,invece, nel suo continuo divenire permane.
Essa mediamente è sempre uguale a se stessa.
La vita invece muta. Nella vita è il vero divenire, ed è questo il divenire che davvero ci allarma psicologicamente.
La materia e l'energia divengono e si trasformano, ma senza avere una vera storia, anche se noi cerchiamo di attribuirgliene una, con un inizio e una fine.
Quella della materia è sempre la stessa storia, ma la vita si differenzia perché registra il suo divenire e ciò la rende diversa.
La materia non conserva in se' traccia della sua storia.
In tal senso la materia non diviene, al contrario della vita.
Il linguaggio , di qualunque tipo, che registra , è da associare quindi strettamente alla vita.
Anche qui se ci riferiamo alla vita , e non all'uomo, parlando di linguaggio tutto si semplifica.
Il linguaggio è ciò che lascia il segno, e la vita è segnata dalla sua storia.


La seconda conformità, quella in cui là conformità assume la sembianza di una evidenza, tale appare, perché manca la registrazione del processo. Così un tavolo appare immediatamente un tavolo per il motivo che si ignora, come se non vi fosse mai stato, il processo che ha generato là conformità.
In effetti quel processo è scritto dentro di noi, ma non accessibile facilmente alla coscienza. Per questo il tavolo sembra VERAMENTE un tavolo.
La scienza , regno delle asserzioni coscienti, ci da' un esempio di quel processo, a causa della cui coscienza salta via l'evidenza con la relativa immediata verità.
#4204
Tematiche Filosofiche / La verità
16 Agosto 2021, 18:44:18 PM
Citazione di: Ipazia il 16 Agosto 2021, 14:32:02 PM
Come hai correttamente osservato "veritas" e "aletheia" sono le due facce, soggettiva e oggettiva, della stessa medaglia. La razionalità disvela l'enigma di un fenomeno reale.

Mi pare ci sia già tutto. Non vedo alcuna necessità di metafisicizzare la questione: nuda veritas.
concordo con te che a quello che scrive Kobayashi c'è sempre poco da aggiungere.
Particolarmente significativa la citazione di FN, che contiene credo la risposta al tuo quesito sul bisogno di metaficizzare :
"Il vero è ciò che si tiene fermo per esigenze più o meno vitali connesse alla prospettiva assunta."
Da un lato occorre non avere coscienza della prospettiva che assumiamo, e ciò è possibile nella misura in cui non abbiamo voluto assumere una particolare prospettiva, ma ci troviamo in una prospettiva senza saperlo.
Chi tiene fermo il vero non sa' di tenerlo fermo.
Perché lo si tenga fermo occorre che lo si localizzi e lo si può localizzare solo a partire dalla nostra posizione/prospettiva , avendone coscienza.
Questo sarebbe appunto il paradigma della relativa scienza, che procede per ipotesi e dimostrazioni al fine di inquadrare i fatti.
La scienza è predittiva. Nasce dai fatti e conduce ai fatti.
È un paradigma quasi perfetto per interagire con la realtà se non fosse per una fondamentale mancanza che influisce psicologicamente.
Essa predica il dubbio continuo , e di ciò l'agire risente.
Da qui l'esigenza di una rassicurante pezza metafisica., per cui noi non siamo un punto di vista variabile e il nostro agire non è una scommessa ogni volta da vincere.
La verità è una necessità vitale.
Il problema si presenta solo quando la nostra prospettiva, nostro malgrado, muta , perché nuovi fatti , alla lunga, la fanno trasparire.
E sottolineo "alla lunga".
Non si può negare infatti che i nuovi fatti non sempre sono propriamente nuovi, ma è la nostra considerazione su essi ad essere nuova.
Molte grandi scoperte scientifiche , prima ancora di essere ufficializzate, erano già sotto gli occhi di tutti.
Le ferme verità sono una necessità ineludibile, ma sono anche , come si dimostra, un formidabile paraocchi.
Ti chiedo dunque,da perfetto ignorante, se il superuomo di FN, non sia quello che riuscirà a fare meno dei paraocchi senza alcuna conseguenza psicologica.
Di cosa significhi comunque tenere ferma la verità abbiamo un mirabile esempio naturale che è il nostro sistema percettivo.
Qualunque sia la nostra opinione in merito, non vi è alcuno di noi che , ai fini del suo agire , non manchi di credere in quel che vede, e tu stessa sei solita far l'esempio del paracarro, cui facciamo ben a credere nel nostro andare.
Ma se usciamo fuori dalla nostra prospettiva allora entriamo in un altra realtà dove i paracarri potrebbero non esistere.
Nella nostra fase nichilista in effetti non teniamo fermo più alcun paracarro, e la sua considerazione non può che essere negativa, non avendo noi ancora  acquisito l'abilità di vivere contemporaneamente in mondi diversi, dove esistono o non esistono i paracarri, e dove non abbiamo più bisogno di ingoiare la pillola metafisica che ci distende i nervi.
Dove noi continueremo ad avere necessariamente un punto di vista, ma dove noi non saremo più quel punto di vista.
In questa coincidenza sta la metafisica, la quale in fondo quindi è cosa necessaria, finché lo sarà, ma pure cosa alquanto banale.
Verità, metafisica e simili hanno un loro motivo e una loro origine , ma da cercare dentro e non fuori di noi.
Quei motivi spariranno quando noi non saremo più noi.
#4205




Il fatto che si possano sperimentare percezioni alterate dell'io in condizioni particolari e insolite, potrebbe voler dire che tale percezione dipende dal contesto ambientale dal quale riceviamo un continuo feedback di conferma, ma basta appisolarsi perché il feedback venga a mancare in parte.
Il sognare sapendo di sognare potrebbe essere la conseguenza di un feedback affievolito , ma ancora presente. O meglio di un feedback che sia la somma di diversi feedback ambientali in concorrenza.
Possiamo supporre che sia un feedback puro e costante a darci un senso di realtà, quello che proviamo nella vita di tutti i giorni, o in stati eccezionali, ma che ci appaiono parimenti reali.
Se le cose stanno così questo senso di realtà si produce in modo automatico, istintivo, indipendentemente cioè dalla nostra volontà razionale.
Possiamo concludere che crediamo a ciò che percepiamo, lo consideriamo cioè reale, in presenza di un feeddback non contraddittorio, di qualunque tipo esso sia.


#4206
Tematiche Filosofiche / La verità
15 Agosto 2021, 10:26:17 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Agosto 2021, 08:59:05 AM
è il postulato che risale al venerabile Guglielmo da Occam: non fare con molto quello che si può fare con poco.
Per un verso o per l'altro questo postulato non ha mai perso di attualità.
Oggi lo chiamano sostenibilità, ed accomuna materia e vita.
La ricerca della verità in se', per come là si intende, è agli antipodi di questo postulato.
Ma la funzione che questa ricerca svolge, al di là' degli intenti dichiarati, e ben altra storia.
Quella che vorrei provassimo a scrivere qui , iniziando dal notare che molto di ciò che da questo postulato è derivato spesso lo si è detto verità, nonostante esso non ne esprima alcuna.
Grazie Ipazia per le puntuali e istruttive risposte.
#4207
Tematiche Filosofiche / La verità
14 Agosto 2021, 23:25:19 PM
@Ipazia.
Giustissimo porre l'accento sulle regolarità,che riguardano la realtà, comunque la riguardiamo.
Quello di regolarità mi sembra inoltre un concetto, nella sua generalita', meno problematico di quello di determinismo.
Mi spingerei a dire perfino essere una verità , finché non si scende nel dettaglio delle regolarità specificando a quali cose ci si riferisce, con relative cause,,effetti è relativo "mondo" di interesse.
Il prodotto delle regolarità per la coscienza da come risultato la prevedibilità.
Che te ne pare?😄
Mi spingerei anche a dire che le regolarità, con l'aggiunta di certificante coscienza  sono all'origine della vita.
(Quantomeno mi sembra più elegante esposizione di una vita che sorga dalla materia)
Una considerazione che sorge in me nel momento in cui mi si toglie di fronte quell'ostacolo al pensiero costituito dalla monopolizzazione che facciamo della coscienza.
Anche qui tutto appare più semplice se associamo la coscienza alla vita , piuttosto che all'uomo.
Non ho mai riflettuto a fondo su ciò, ma credo sarebbe il caso farlo.
Non è che se ci togliamo qualche pregiudizio di troppo, arriviamo così alla verità, ma a volte così si riesce a stemperare qualche mistero.
#4208
Tematiche Filosofiche / La verità
14 Agosto 2021, 22:05:35 PM
Vi lascio con un dubbio.
Ma questo ferragosto esiste davvero?
Nel caso...buon ferragosto a tutti.
Che possiate viverlo in serenità, per quello che ognuno può.
#4209
Tematiche Filosofiche / La verità
14 Agosto 2021, 21:28:57 PM
@Tiziano.
Io credo in un semplice paradigma che semplifica la comprensione delle cose.
Le cose sono ciò  che deriva dal nostro rapporto con la realtà, e fanno parte della realtà solo in questo senso.
In questo quadro le cose si semplificano ulteriormente se si crede che la matematica faccia parte di noi e che non sia intrinseca alla realtà. Siamo un risultato della natura comprensivo di matematica, quindi comunque, almeno in tal senso, la matematica ha a che fare con la realtà.
A me sembra meraviglioso che possiamo vedere il mondo come se fosse euclideo, ma in effetti non è euclideo ne altra cosa.
Possiamo vederlo quindi come ci pare a seconda  della matematica che adottiamo.
La matematica è un linguaggio.
Un linguaggio rigoroso nel senso che riesce a dimostrare l'uguaglianza che sta sotto alle diverse frasi del linguaggio, quindi meglio si presta rispetto al linguaggio corrente nel descrivere i prodotti del nostro rapporto con la realtà, perché potenzialmente non è un linguaggio ridondante.
Nella misura in cui confondiamo le cose, prodotto delle suddette nostre interazioni con la realtà , con la realtà stessa, diventano allora inquietanti le realtà alternative che la scienza ci descrive matematicamente., messe a confronto con la realtà che ci propone il nostro incosciente sistema percettivo.
È questa contrapposizione ad essere inquietante.
Ma se non vi è contrapposizione, ma solo complementarietà ,l'inquietudine ... forse...sparisce, o muta solo forma.
In pratica siamo capaci di vivere in mondi paralleli, che però sono sempre lo stesso mondo risultante in diverse forme.
Di fatto ogni parte della matematica è potenzialmente ciò che struttura un possibile mondo.
Questi mondi diversi però hanno un senso solo se riusciamo a viverci dentro, proprio come se fossero la vera realtà, e per poterlo fare abbiamo bisogno di crederlo.
Impossibile infatti vivere nel continuo dubbio se ciò che vedo o teorizzo corrisponda a ciò che è .
L'essere è un atto di fede che risolve questo problema.
Se noi crediamo nelle particelle subatomiche allora ce le immaginiamo, cioè le "vediamo".
Non è propriamente l'avere occhi naso e simili cose a renderci speciali.
Meraviglioso sembra che tale processo di "vedere" si sia prodotto in noi senza coscienza, e che lo stesso possiamo riprodurre in scienza e coscienza.
Abbiamo anche imparato a condizionare il nostro sistema percettivo per rimediare ai suoi malfunzionamenti, malfunzionamenti che ci hanno aiutato a rivelarne la natura.
In questo quadro a me tutto sembra molto naturalmente semplice ed esaltante , più che inquietante.


In breve la verità è una necessità vitale legata ad una nostra fondamentale capacità, che è quella di porre fede nelle cose, le quali si presentano in diverso grado di esistenza , a seconda della fede che ci poniamo.
#4210
Tematiche Filosofiche / La verità
13 Agosto 2021, 18:56:54 PM
La differenza sta nel fatto che Einstein ha scelto la matematica dello spazio tempo, mentre la matematica euclidea dello spazio sensibile nessuno ricorda di averla scelta.
Una differenza di dettaglio, che si chiama coscienza.
Viene quindi da sospettare per analogia, che le "verità " che funzionalmente affiancano la nostra coscienza debbano avere un equivalente inconscio.
#4211
Tematiche Filosofiche / La verità
13 Agosto 2021, 18:18:23 PM
Citazione di: tiziano gorini il 13 Agosto 2021, 16:56:39 PM
Io me la cavo coi giochini di parole: c'è la Verità con la V maiuscola, su cui non ho nulla da dire. perché se dico che non esiste mi frego affermando di fatto la Verità che la Verità non esiste, se dico che esiste è una inutile tautologia; invece esiste  la verità con la v minuscola, che mi sa che è una proposizione analitica, ad esempio: la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° , poiché altrimenti non sarebbe un triangolo proprio della geometria euclidea, quindi all'interno della geometria euclidea questa è una verità; infine c'è la verità che è vera se e solo se qualcuno trovo degli indicatori di verità validi - direi meglio: validati - nella realtà, cioè prove, credo che questa sia una proposizione sintetica; ad esempio è vero che un asino vola se e solo se trovo un testimone attendibile che mi fornisce prove di aver visto un asino volare.
Ovviamente semplifico, nascondendo sotto il tappeto tutti i dubbi e le aporie che la nostra misera razionalità non ce la fa ad affrontare. Perciò io consiglio in proposito uno scetticismo gentile: non quello assertivo di Pirrone, ma quello argomentativo di Carneade, o in epoca moderna, di Russell.
Tuttavia alla fin fine, come qualcuno ha già scritto, in pratica quel che conta è l'epistemologia incorporata nella nostra mente di animale che si è evoluto (?) in un certo modo, con un certo apparato cognitivo, per cui il mondo è così come noi lo percepiamo ed esperiamo.
Ciao Tiziano.
Si è vero, se diciamo essere vero che la verità non esiste ci freghiamo da soli.
Se ne parliamo ci sarà quantomeno un motivo, e quello che ho provato a spiegare credo coincida con l'epistemologia incorporata di cui dici, nel senso che la verità è un problema della realtà solo nella misura in cui noi ne siamo parte.
Per quanto riguarda la verità matematica che un triangolo ha somma degli angoli interni di 180 gradi, vale come modi diversi di dire la stessa cosa. Cioè è vero che dire triangolo equivale a dire che etc...cioè è vero che dire questa cosa equivale a dire quest'altra perche' lo si può dimostrare.
Ma se a questa banalità  si riduce la matematica si ci potrebbe chiedere da dove derivi tutta la sua potenza.
Verrebbe da dubitare perfino su quanto affermava Galilei, che la natura è un libro scritto con caratteri i quali sono cerchi e triangoli, e che non può comprenderla chi quelli non intende.
Credo che le cose stiano diversamente, e bisognerebbe riflettere sul fatto che la matematica ci istruisce sul fatto che cose equivalenti non appaiono a prima vista per niente simili, e spesso continuiamo a percepirli come distanti, anche quando ne abbiamo la prova.
Essa ci invita quindi a cambiare punto di vista perché essi sono quantomeno diversi ai fini della descrizione del nostro rapporto con la natura mediante la matematica.
La matematica quindi non ci dice nulla della natura in se', ma solo dei prodotti della nostra interazione con essa, aiutandoci a capire quali si equivalgono al di là' della diversa apparenza.
Ad esempio dire che la somma degli  angoli interni di un un triangolo è 180 gradi equivale a dire che la somma delle aree dei quadrati costruite sui cateti del triangolo rettangolo  è pari all'area del quadrato sull'ipotenusa.
Si dimostra essere vero, eppure sembrano due cose molto distanti fra loro nella nostra percezione.
È significativo notare che la geometria euclidea coincide con la nostra percezione , e per duemila anni la " verità " dell'una ha rafforzato la "verità " dell'altra, finché le loro verità sono crollate insieme.
Così oggi la nostra "percezione scientifica" può servirsi di qualunque branca della matematica si voglia e i nostri punti di vista si sono moltiplicati fino all'inverosimile.
Però non è vero che la matematica descriva la realtà, ma i prodotti dei nostri rapporti con essa, secondo un preciso punto di vista, o se si vuole secondo una precisa matematica, e tutto ciò dimostra che la percezione sensibile e' nella sostanza uguale alla percezione scientifica , ed entrambe si basano sulle banali , ma non tanto, verità matematiche.
#4212
Tematiche Filosofiche / La verità
13 Agosto 2021, 06:19:26 AM
Se la realtà fosse completamente caotica questa sarebbe una verità cui nessuno potrebbe accedere.
Sarebbe una verità che nessuno potrebbe testimoniare perché non vi sarebbero testimoni, a meno che non si possano astrarre completamente questi dalla realtà
Il solo poter testimoniare qualcosa ci conduce quindi ad una certezza, che la realtà non sia completamente caotica.
Questa sembrerebbe essere propriamente una verità provata, contrariamente alla premessa da me fatta,  che non esiste alcuna verità.
Devo però, contraddicendomi ancora, confermare la mia premessa, se per verità si intende qualcosa che sia eternamente tale.
Di questo non potremo mai avere prova.
Una tale verità non è dimostrabile, ma solo assumibile per convenienza o per fede.
È una verità metafisica perché non ammette prova.
Una verità che va' oltre il nostro campo visivo, perché sta al di là' di esso, o in alternativa perché coincide con il nostro sguardo, e che non può quindi derivarsi dal nostro rapporto con la realtà nella misura in cui da essa ci astraiamo.
Se non ci è dato cercare una eterna verità fuori di noi , non resta che rivolgere il nostro sguardo su noi stessi, e in particolare su una nostra specifica capacità, forse la più significativa, ma al contempo quella su cui meno si pone l'accento.
Infatti l'eterna diatriba fra chi crede in qualcosa e chi non crede in nulla, distoglie il nostro sguardo dall'essenza della questione : "noi siamo capaci di credere".
Questa è un altra verità, ma ancora non eterna, al minimo perché noi non lo siamo.
Questa capacità è fondamentale se ci pensiamo bene.
Infatti, anche quando parliamo di verità provate, esse sono tali solo a condizione che noi crediamo nelle prove.
Sia che ci si atteggi a materialisti piuttosto che no, al centro di ognuno di noi vi è una fede.


La verità comunque non è legata in modo indissolubile all'eternità, la quale richiede una fede che va' oltre la fede nella prova.
Il mondo domani potrebbe sparire, come non fosse mai stato, ma finché noi siamo esiste la fede nell'eternità.
Quella fede siamo noi.
Quell'aspettativa vitale che ciò che avviene si ripeterà.
#4213
Interessante la critica che Cantor fa' dell'infinito potenziale di Aristotele: "... l'infinito potenziale ha solo una realtà presa a prestito, dato che un concetto di infinito potenziale rimanda sempre a un concetto di infinito attuale che lo precede logicamente e ne garantisce l'esistenza."
Con l'ipotesi dell'infinito potenziale Aristotele cercava di esorcizzare l'infinito attuale, per riportare ordine nel mondo.
L'infinito per i greci era infatti Apeiron , nel significato di caos, compreso quello originale da cui si genera il mondo, che invece è ordinato e non ammette residui di Apeiron, cosa che  l'infinito attuale minacciava di essere.
Parafrasando Cantor, come si fa' a concepire che il mondo ordinato derivi dal caos se non perché esso è attuale?
#4214
Tematiche Filosofiche / La verità
12 Agosto 2021, 15:55:37 PM
Citazione di: Kobayashi il 12 Agosto 2021, 15:19:49 PM

Intorno alla verità si consideri anche il prospettivismo di Nietzsche.

A un organismo vivente appaiono delle specifiche cose in funzione della forza interna dominante (una pulsione, un interesse dominanti).
Questa forza dominante interna determina la prospettiva che assume.
E dalla sua prospettiva si apre un microcosmo di parvenze, di cose che appaiono.
La verità è parvenza, cioè la verità è quella realtà che appare e che il vivente tiene ferma per conservare se stesso.
La logica aiuta ad unire, raccogliere, semplificare. Dalla magmatica realtà di cose che appaiono in funzione della prospettiva assunta ne esce fuori una struttura permanente (l'essere nel senso del platonismo).
La verità quindi è errore (dal punto di vista di una filosofia che considera la verità solo ciò che è eterno).
Ma è un errore vitale perché per conservare la vita è necessario fissare una struttura permanente.
Ma nello stesso tempo ciò che si conserva immutato troppo a lungo può essere un ostacolo allo sviluppo del vivente.
Del resto l'avvicendamento delle prospettive apre a nuovi ambienti e quindi nuove cose, le quali sono certamente parvenze ma non illusioni (che sono giudicate tali solo dal punto di vista sclerotizzato dell'essere stabilito in precedenza).
Per non perire sotto il peso della verità abbiamo l'arte. Certo non come consolazione, ma come attività del creare forme capaci di facilitare quel processo vitale dell'andare al di là di se'.
Però, questo Federico N. 😊 più cose postate di lui e più lo apprezzo.
In effetti esso ci dice da dove nasce la necessità o bisogno di una verità.
Da un lato ciò con cui abbiamo a che fare è solo parvenza ( i detrattori come ben scrivi , direbbero illusioni).
È una parvenza funzionale, senza la quale non potremmo vivere, perché verrebbe a mancarci il rapporto con la realtà.
Dall'altro non si può vivere nel dubbio continuo della realtà di ciò che ci appare.
Non ci basta quindi assumere le parvenze come verità, ma dobbiamo crederle tali.
Il nostro sistema percettivo è comprensivo di tale atto di fede.
Esso ci porta naturalmente a credere a ciò che vediamo.
Il sistema scientifico ai suoi inizi si avvicinava bene a ciò entrando perfino in concorrenza col sistema percettivo nel determinare cio' che è vero., tanto che all'inizio del novecento ci eravamo convinti di conoscere tutte le verità fisiche che occorreva conoscere, dovendosi al massimo aggiustare qualche dettaglio.
Le cose però sono andate diversamente .
Sappiamo molte più cose, con maggiore certezza, nessuna delle quali però ci appare certamente vera.
Ciò intendiamo quando affermiamo che la nuova scienza non è intuitiva.
Vivere nel mondo della nuova scienza significa vivere dentro a un dubbio continuo.
Questo è uno scoglio che la filosofia dovrebbe aiutare a superare.
Ma forse come dice Federico, ci vorrebbe un altro uomo per riuscirci.
Un altro uomo però, dico io, lo si crea passo dopo passo, e la filosofia a questo serve.
#4215
Tematiche Filosofiche / La verità
12 Agosto 2021, 15:25:45 PM
Citazione di: paul11 il 12 Agosto 2021, 12:11:18 PM
@viator
A volte sei s-confortante...... significa o non leggere bene o non capire.


Che si riduca all'infinito un qualcosa che è generato da qualcosa, che a sua volta  ha generato.......non cambia proprio un fico secco. Qualcuno , o qualcosa ha iniziato, PER PRIMO, a generare.
Se non fosse cosi trovami una giustificazione logica della generazione dell'universo .


Avevo scritto che la verità assoluta e incontrovertibile, l'unica in quanto tale,  è appunto il qualcosa o qualcuno che ha generato "tutto"......il resto è interpretazione deduttiva  che si incontra con quella induttiva e aggiungerei intellezione intuitiva.
Quindi che tu adduca o produca tue considerazioni a discendere, è appunto un tuo punto di vista, persino su come o cosa io stesso interpreterei.
Io non vedo ciò come una necessità, una verità certa, seppur da definire nei dettagli..
Altro e' invece assumere ciò come vero perché spiega bene le osservazioni astronomiche.
Ciò non toglie che rimane una ipotesi di cui domani potremmo fare a meno a seguito di nuove osservazioni.
Il paradigma che applico è quello matematico, dove si assumono le ipotesi più varie per i più vari motivi delle quali alcuna ha evidenza di verità in se'.
Ciò può essere visto come un limite, però è l'unico paradigma per il quale mi sbilancerei a dire che " è vero" che funziona.
In generale però l'idea che il mondo debba essersi generato da qualcuno o da qualcosa mi dice poco del mondo e molto di te, e comunque quindi non è poco, essendo tu stesso comunque parte di questo mondo.