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Messaggi - iano

#4216
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
12 Agosto 2021, 05:12:38 AM
Il vero problema credo consista nel fatto che la scienza sembra aver monopolizzato i fatti , di modo che i filosofi , che scienziati non sono, si sentano autorizzati nella loro riflessione a poterne prescindere.
Così al massimo i nuovi fatti sono per loro solo fonte di fastidio indiretto, perché la impersonale società umana di certo non ne prescinde, e in quella loro sono obbligati a vivere, trovando magari rifugio negli antichi testi .
Ma in quei testi noi dovremmo cercare solo l'esempio di come i nuovi fatti creano il nuovo senso comune.
Il problema della ricostituzione di un nuovo senso comune sta nel fatto che esso si basa su cose ovvie per tutti ( che senso comune sarebbe sennò?).
Ma a questo mondo non vi è nulla di ovvio, e di questo dobbiamo ricordarci quando si rende necessario smontare il vecchio senso comune per rimontare uno nuovo.
Scoprire la non ovvietà dell'ovvio e' il compito dei filosofi.
Se poi nel farlo si prova anche un sottile malsano piacere, meglio ancora, anche se ciò , come la storia ci insegna, non è esente da rischi.
Purtroppo, infatti, ci prendiamo sempre troppo sul serio.
Ci prendiamo troppo sul serio quando ciò che traiamo dal nostro rapporto con la realtà diventa la realtà stessa.
Purtroppo sembra che senza far ciò non si riesca a costituire un senso comune.
Non può esistere senso comune laddove non si crede davvero a ciò che si "vede".
Ma purtroppo ciò che si vede non corrisponde mai direttamente alla realtà , ma solo al nostro relativo rapporto con essa che sempre si rinnova.
Un nuovo modo di vedere deriva da un nuovo quadro della conoscenza il quale ci da' un senso e un fine.
Non c'è nulla di predefinito che il nuovo quadro deve contenere , anche se non si inventa nulla da nulla.
Ma nessuno a priori può dire, come fa' Paul 11, che il quadro deve spiegarmi come ha origine il mondo e come la vita si origina dalla materia, come fossero ovvi quesiti ineludibili.
Non c'è proprio nulla di ovvio.
Se poi il quadro contiene l'origine del mondo e il come dalla materia sorga la vita, questo è solo funzionale al quadro di oggi, e potrebbe non più esserlo a quello di domani.
Ma per un filosofo non dovrebbe esistere nulla di ovvio in se'.
Ciò che oggi sembra aver un senso domani lo perde e ciò che conta è solo che sia funzionale alla creazione di un quadro della conoscenza attuale quanto provvisorio.
#4217
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
12 Agosto 2021, 04:27:35 AM
Citazione di: Kobayashi il 11 Agosto 2021, 12:16:15 PM

@iano
Secondo me non siamo qua per questo.
Perché non è soltanto una questione di conoscenza.
Non si tratta solo di capire la realtà, ma anche di dare un senso al mondo.
Il nichilismo (di cui stiamo trattando) non è il risultato di un deficit di conoscenza, la cui soluzione garantirebbe l'uscita da questa fase storica della civiltà occidentale.
È un problema più profondo e che non ha soluzione, nel senso che dovendosi realizzare un cambio radicale dei fondamenti della nostra civiltà, non può essere affrontato come se si trattasse di un rompicapo.
La filosofia può ripensare a fondo alcuni temi della sua tradizione, ma a volte le difficoltà sono enormi, non solo per l'oggettiva difficoltà di certi testi, ma perché è come se l'orizzonte di senso in cui questi testi sono nati, si sia perso per sempre.
Sono rimasto colpito da una frase di Heidegger in cui dice che l'idealismo classico tedesco (Hegel e Schelling) ormai ci risulta troppo lontano: non siamo più all'altezza del compito della comprensione (vera e profonda) di quella stagione della filosofia.
Si tratta forse di un'esagerazione, e tuttavia è interessante l'espressione "essere all'altezza del compito di ripensare una tradizione filosofica".
Non si tratta di un deficit di conoscenza, certamente.
Si tratta di trovare di volta in volta un quadro per la conoscenza includendo i nuovi fatti, e in questo quadro è già incluso un senso.
I nuovi fatti mettono in discussione il vecchio quadro, e questa è la fase nichilista, in attesa di un nuovo quadro comprensivo di nuovo senso.
Avere un nuovo quadro comprensivo dei nuovi fatti equivale a comprendere la realtà relativamente ad essi.
Il problema della comprensione vera e profonda delle passate stagioni filosofiche, che tu certamente trai da diligente studio, è certamente reale. Ma non fa' che certificare che gli uomini cambiano e con loro il quadro delle conoscenze da cui deriva un nuovo senso comune.
Ci sono certamente dei limiti di comprensione, ma temo siano accentuati dal fatto che oltre cercare di capire dovremmo al contempo trarre esempio.
Il vero processo di comprensione a mio parere equivale a una verifica di equivalenza fra due processi indipendenti, che nel nostro caso sono processi filosofici.
Il processo degli antichi e il tuo attuale.
Io certamente non sono diligente nello studio, ma ritengo anche di avere un buon alibi per ciò.
Mi basta leggere poco degli antichi filosofi perché da ciò parta il mio filosofare.
Una volta ripreso il testo filosofico, magari più in là' nel tempo, ancor meglio se per caso, non potrai che mettere a confronto il tuo processo filosofico recente, con quello del testo.
Se trovi buona coincidenza hai ben capito allora, al di là' del significato delle parole, che mutano nel tempo come mutiamo noi, ma non mutano del tutto i meccanismi del pensiero che ci accomunano agli antichi.
Tutti noi credo proviamo soggezione per la grandezza dei filosofi passati, ma questa soggezione non ci aiuta a comprenderli.
Meglio tentare una dissacrante immedesimazione.
Ci sono anche delle controindicazioni in ciò.
Perché se poi io ti dovessi illustrare il pensiero di Aristotele rischio, seppur in buona fede, di illustrati il mio.
Ti dirò cosa ha detto Aristotele ma in effetti ti dico cosa penso io.
Non so' se riesco a spiegarmi bene, ma sto cercando di dire che la scarsa disponibilità dei testi scritti, per non parlare della tradizione orale, ti obbligavano a metterci del tuo, e sarebbe un peccato se la disponibilità di testi antichi, che altro non è che ricchezza di fonti, inaridisse la nostra.
Il vero antidoto al nichilismo è usare la propria testa , e finché da ciò deriva ricchezza di pensiero di quale nichilismo ci dovremmo preoccupare?
Vedremmo in esso solo un banale cippo che segna un percorso di pensiero sempre in corso.
Io davvero non riesco a trarre preoccupazione da tutto ciò, e forse è un pregio o forse un difetto. Non so'.
Come si fa' a parlare di mancanza di valori se non vi è alcuno di noi che ne è privo?
Quello che manca è solo un nuovo senso comune che non mancheremo di trovare strada facendo, come sempre si è fatto.
I problemi, quando li viviamo in prima persona, sembrano sempre più grandi di quello che sono.
Gli antichi filosofi li hanno già affrontati e risolti e noi dovremmo trarne esempio ancor prima che comprensione.
Nessun testo filosofico ci dice davvero come è fatto il mondo, ma ci dice come siamo fatti noi che con quel mondo ci relazioniamo . In esso possiamo sempre riconoscerci ed immedesimarci e questo vale più  che capire.
#4218
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
11 Agosto 2021, 10:57:20 AM
La distinzione fra materia e spirito spiega molte cose, ma non è necessaria in se'.
Essa non è inevitabile, seppure quando non riuscissimo a vedere come disfarla per poi diversamente ridefinirla.
Però non per questo siamo autorizzati a credere che la realtà corrisponda a ciò cui siamo stati capaci filn qui di giungere.
La volontà non si esplica solo nella relativa applicazione della conoscenza, ma anche nel cambiarne il quadro, il quale ogni volta che viene ridefinito somiglia a un fine, cioè a ciò che giustifica una azione dalla lunga vista.
Quando il quadro è in via di ridefinizione per fatti nuovi da includervi non può che sentirsi la mancanza momentanea di questo fine.
Si può quindi ben comprendere  la frustrazione di Paul 11 per l'arduità del compito che ci attende.
Ma non resta allora che mettere in moto la volontà di ridefinire il quadro della conoscenza, e ciò non può che renderci felici, essendo maestri nel suo uso.
Chi non è felice infatti quando chiamato a mostrare l'arte in cui eccelle , e ancor più  se il compito non appare facile?
Siamo qui per questo, no?
#4219
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
11 Agosto 2021, 10:04:56 AM
Leggendo i vostri ultimi post, della cui accessibilità mi compiaccio, diverse sono le domande che mi si affollano nella mente.
La tentazione di semplificare al fine di giungere a una risposta sembra compito quasi banale per una mente come la mia non appesantita da conoscenza della materia, e così mi accingo a fare.
La distinzione fra sensibile e sovrasensibile, così come là si fa', là si può anche disfare, se si vuole riportare ad unità l'essere.
La mia sensazione è che si eviti di mettere in evidenza i diversi gradi dell'essere, coi quali però non si può non fare i conti.
Un modo per farlo è privilegiare ora un grado, ora l'altro, come il sensibile e il soprasensibile, cercando di derivare uno dall'altro o viceversa.
Però a me pare che se vogliamo cercare l'origine dell'essere non dobbiamo cercarla in uno dei tanti aspetti con cui ci appare, ma derivarla da tutti questi insieme.
La ricchezza delle forme in cui ci appare l'essere è tale da farci apparire queste forme antitetiche, testimoniando invece solo la diversificazione e complessità del nostro rapporto con la realtà che tali forme produce.
Il considerare prevalente una forma sull'altra, come storicamente è avvenuto,  se da un lato lo si può vedere come uno scusabile quanto inevitabile errore, dovrebbe però equivalere ormai a una presa di coscienza del fatto che nessuna forma è privilegiata riportando le diverse forme ad una unità che io suggerisco trovarsi nel rapporto con la realtà, che è unico seppur vario.
Nel caso specifico dell'uomo questo rapporto contempla un pesante uso della coscienza, ma più in generale ciò riguarda credo gli esseri viventi, apparendo solo meglio evidente nell'agire umano per motivi quantitativi.
Da ciò traiamo l'idea di un agire volontario , che io non mi sogno di negare, ma credo al contempo che non ci aiuti a capire il relegare tale volontà al solo uomo.
Così facendo infatti poi non possiamo che restare sorpresi delle soluzioni escogitate dalla natura, come cose meravigliose se venute veramente da se', senza alcuna volontà guida.
Le distinzioni servono a capire, ma quando vogliamo allargare la nostra comprensione non serve stiracchiare quelle distinzioni all'infinito, ma occorre disfarle per ricomporle , se è il caso, diversamente.
Così mi sembra essere arrivato storicamente il momento di disfare sensibile e sovrasensibile se vogliamo approfondire la nostra conoscenza rendendone un quadro più aderente ai nuovi fatti.
Certe discussioni filosofiche che sembrano ripetersi all'infinito trovano credo la loro causa in una inconscia astrazione , che l'uomo, pur nel suo divenire, rimanga tale, e  ciò sembra derivare da un nostro inconfessato desiderio.
Così la nostra conoscenza semplicemente si accumula affollando oltre la sua capienza il relativo quadro, anche quando è arrivato il momento invece di cambiarlo.
Di disfarlo per diversamente ricomporlo.
Questa è una esigenza ciclica perché quando hai completato l'album di figurine Panini, non ti resta che comprarne uno nuovo.
Bisogna per forza porsi un fine per agire?
Ciò sembra essere inevitabile perché la conoscenza genera previsioni che giustificano l'intervento della volontà come scommessa sulle diverse possibili opzioni da intraprendere.
Per fine però si è soliti intendere una scelta a lunga scadenza. Meglio se appare definitiva, ma ciò è in netto contrasto con la dinamica della vita.
Così, in tal senso, a volte sembra mancare un fine nell'agire, ma ciò non può mai essere , ma solo apparire.
È solo una distorsione percettiva che riguarda l'individuo, che non riesce a vedere il fine della vita, composta di individui, pena la sua fine.
Si tende , per motivi che non so', forse legati all'istinto di sopravvivenza, a idealizzare l'essere in un Dio che tutto sa' e che tutto può, ma a cui alla fine manca un buon motivo per fare alcunché. Dio è l'essere senza un fine.
Strano che proprio in esso si cerchi una guida, un fine da perseguire.
Ciò significa solo che una qualunque possibile distinzione , come è ad esempio l'essere, quando portata oltre i limiti di ciò che l'ha generata , non può che mutarsi nella sua negazione.
#4220
@Paul 11.
Lodevole il tuo tentativo di rendere meno ermetico il nocciolo di questa discussione.
L'infinito è una molteplicità.
Non è un numero perché alla molteplicità non corrisponde alcun numero preciso.
Perché quando si chiama in causa la molteplicità è implicito che ci si sta astenendo volutamente dal contare.
Tuttavia, se l'infinito è una molteplicità che bisogno abbiamo di chiamarlo in causa, come cosa nuova?
Per capirlo occorre sgombrare il campo da un malinteso.
Per conoscere una quantità non è necessario contare.
Non sempre , quantomeno.
Insiemi fino a 4,5 elementi li percepiamo, nella loro quantità, senza contarli.
Da qui nasce il concetto di molteplicità .
È là quantità che non riusciamo a percepire, ma che possiamo solo contare.
Ma nel momento in cui generalizziamo il contare per qualunque insieme, allora si divarica la storia della molteplicità da quella di infinito.
Infatti la molteplicità non è più indefinita, ma solo in attesa di essere contata, mentre l'infinito eredità solo la indefinitezza.
Questa non è una storia rigorosa dell'infinito, ma solo una mia invenzione che spero stimolante per voi, sperando di non essere stato ermetico a mia volta.
In effetti l'ermetismo, al di là' della sua origine storica, inteso nell'accezione corrente, credo abbia molto a che fare con storie inventate che non si vuole ammettere come tali.
Ma, quando ammesso come tale, direi essere lodevole e stimolante esercizio.
Illuminante comunque la tua critica su Severino. Grazie.
#4221
Tematiche Filosofiche / La verità
11 Agosto 2021, 02:44:12 AM
Come tutti voi ho la mia idea di cosa sia, ma più ci ragiono sulla verità e meno ci "credo".
Non perciò ho meriti o demeriti essendo tale mio atteggiamento semplicemente l'effetto della cultura nichilista  dentro cui, volente o nolente, sono immerso.Alcuni di voi potranno delineare la storia della verità dentro alla più grande storia dell'uomo, e altri invertendo tale gerarchia.
Ma nessuno di noi può immaginare quale sarà la sua funzione nella storia a venire, ne' se avrà ancora un ruolo determinante, anche se per molti tale questione non sembra nemmeno potersi proporre.
Seppure il concetto di verità abbia svolto un ruolo centrale nella nostra storia, nel bene e nel male, difficile è immaginare il suo ruolo nel futuro ,e io , per quanto mi sforzi, riesco a vederlo solo in negativo.
Mi chiedo quindi se non si possa sostituire con un concetto nuovo?
Davvero non riusciamo a farne a meno?
Esso ha avuto un suo ruolo finora e credo che alcuni di voi sapranno ben ripercorrerne la storia tessendone magari le lodi.
Eppure occorre ammettere che a tuttoggi di essa verità non possediamo un solo esempio, se non la verità ammessa per fede, che però ne è solo un surrogato.
Neanche la matematica, che per alcuni è l'ultimo rifugio certo per la sempre più discussa verità, è in effetti tale.
Quando la matematica afferma che se è vero questo allora è vero quello, non sta affermando in effetti alcuna verità.
Sta semplicemente affermando che esistono diversi modi, fra loro equivalenti, di affermare la stessa cosa, e affermare una qualunque cosa, o affermarla in modo diverso ma equivalente, non significa affermare alcuna verità.
Con tutto ciò io non sono qui per fare una campagna contro la verità , fine a se stessa.
Sono qui per dire che il mio intuito mi dice che nella società del futuro il concetto di verità è destinato ad estinguersi, ma non prima di aver fatto tanti danni.
È una profezia se volete, o un superamento della preoccupazione generata dal nichilismo con una preoccupazione di segno opposto , che quella fa' impallidire nella mia percezione.
L'imperante populismo, non nuovo in se', ma sorprendente nella spudoratezza dei nuovi modi che ne aumentano gli effetti, piuttosto che comprometterli, sono una avvisaglia di quanto temo.
Il populismo non è cambiato ma i suoi effetti sono amplificati dalla società digitale interconnessa.
Ogni populismo ha la sua verità discutibile, ma sempre meno discussa.
Ciò sembra paradossale perché la nuova società sembra allargare la platea della discussione.
Nella realtà invece essa sembra produrre l'effetto opposto, favorendo come mai prima quella che è una tendenza umana, di chiudersi ognuno dentro alla roccaforte sempre più inespugnabile della propria verità.

#4222
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
11 Agosto 2021, 01:47:50 AM
Citazione di: paul11 il 11 Agosto 2021, 00:03:21 AM
Se mai ci fosse oggi una scimmia troppo intelligente per essere scimmia e ancora scema per essere umano......gli consiglierei di rimanere quello che è .
Alcune specie come gli squali, i coccodrilli e le libellule sembrano aver risposto al tuo invito e sono rimaste uguali a se stesse da milioni di anni.
Però quando parliamo di specie ci riferiamo a convenzioni, a specifiche definizioni scientifiche, a particolari , che come tu lamenti, ci distolgono dal generale.
In che senso quell specie dovrebbero rispondere al tuo appello se, essendo pure convenzioni, di fatto non esistono?
Se vogliamo tenerci più sul generale dovremmo parlare di esseri viventi, ma senza uscire anche così dal solito circolo vizioso.
Cosa sono veramente gli esseri viventi.
Sembriamo ben saperlo, ma quando poi indaghiamo più a fondo le definizioni iniziano a farsi sfumate.
Si può dire che i virus siano vivi come pure no.
Dipende solo in che senso lo diciamo.
È il senso è sempre quello scientifico di catalogare ciò che a rigore non è catalogabile in assoluto.
Esistono diversi modi di fare un catalogo , nessuno dei quali corrisponde a verità, ma ognuno dei quali ha una funzione.
Così ha senso parlare di scimmie e di uomini se ci teniamo dentro ai limiti funzionali che hanno generato il catalogo che contiene scimmie e uomini.
Ma andiamo fuori dal catalogo quando incitiamo le scimmie a fermarsi.


Io non credo che la filosofia sia mai nata ne' che sia mai morta.
La verità è che facciamo sempre filosofia anche quando non lo sappiamo, e perciò essa non sempre appare in evidenza.
Ognuno di noi ha la sua filosofia anche quando lo nega.
Il filosofo è chi questa coscienza persegue, conscio del fatto che la sua filosofia influenza la sua vita.
È quello che non nasconde la testa nella sabbia del cielo, come sembra abbia detto FN , se non cito imprecisamente a memoria ciò che ha citato da Ipazia.
Le diverse notevoli citazioni fatte da Ipazia su FN mi inducono a credere questo filosofo fosse un vero poeta di cui dovremmo provare a seguire l'esempio, più che a cercare di capire cosa abbia voluto dire davvero.
Ma poi chi sarà davvero questo superuomo?
Magari un uomo che ha smesso di credere di essere un uomo, perché molte e diverse sono le sue possibili definizioni, nessuna delle quali corrisponde al vero.


Ogni catalogo convenzionale nasce in funzione del suo uso, ma non bisogna mai confondere le convenzioni mediante le quali interagiamo con la realtà, con la realtà stessa.
Non dobbiamo più in generale  usare un catalogo oltre gli scopi che lo hanno generato.
Se si costruisce un catalogo dove si ritiene utile per un qualche preciso motivo distinguere gli esseri viventi per il colore della pelle, attenzione a non credere che quegli esseri esistano davvero.
Non esistono esseri inferiori e superiori se non per accidentale ordine alfabetico di accidentale catalogo.
Esiterà però temo sempre chi farà  uso improprio di un catalogo.
Perché ciò avvenga devono verificarsi due condizioni:
1. Esso deve credere che esista una verità.
2. Deve credere che quel catalogo corrisponda alla verità e ci sarà sempre qualcuno disposto a crederlo.


Qual'e' dunque il vero compito del filosofo?
Quello di scegliere un catalogo fra tanti, fra quelli passati presenti e futuri e chiamare quello verità?
Detto così appare un compito dozzinale. Poco glorioso in effetti.
Forse si può fare meglio.


#4223
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
11 Agosto 2021, 00:44:11 AM
Citazione di: paul11 il 04 Agosto 2021, 23:36:47 PM
@iano
Non c'è mai una netta distinzione, questo è l'errore dell'indagine scientifica. oltre che entrare nelle particolarità perdendo di vista spesso il quadro generale. C'è sempre una relazione.







Ho isolato questa frase perché, magari riscritta con qualche aggiustamento, è il centro della mia filosofia.
Non c'è mai una netta distinzione. È vero. Anche ciò che sembra nettamente distinto se meglio indagato perde la sua definitezza. Ciò perché ogni distinzione, cioè ogni cosa,  nasce da un preciso nostro rapporto con la realtà ed è funzionale ad esso e la sua distinzione inizia ad apparire vaga quando lo consideriamo come cosa in se', andando oltre i confini che l'hanno generata.
Il motivo per cui c'è  una relazione fra le cose e' che sono il prodotto della stessa interazione con la realtà .
Non è che la scienza perde il quadro generale, ma volutamente lo ignora.
Ciò vale in genere per ogni processo conoscitivo, se lo si considera strettamente funzionale all'azione, e non come puro atto contemplativo.
Una azione che voglia essere efficace deve concentrarsi sull'essenziale che sia ad essa funzionale, non perdendosi sul generale.
Se pensiamo che una pura contemplazione che non perda di vista il generale possa condurci alla verità, stiamo sottintendendo che forse potremmo non giungere mai alla verità , perché non sappiamo per quale via la contemplazione possa condurci ad essa, sperando solo di poterla intuire, e stiamo così sottintendendo che potenzialmente il raggiungimento della verità non comporta di fatto un improponibile spesa di energia.
Si tratterebbe però di una verità fine a se stessa, non spendibile in termine di azioni.
La fisica invece è una ricerca che investe qualcosa che poi ha in cambio qualcosa di spendibile,, cioè una inevitabile ricaduta in termini di azioni.
La ricerca scientifica, pur non riferendosi al generale, perché ogni suo esperimento riguarda volutamente un sistema isolato e quindi particolare, è essa stessa azione con ricadute tecniche che ci ridefiniscono, evolvendoci in tal modo.
Il raggiungimento della verità , posto che abbia senso cercarla, equivarrebbe alla fine di ogni azione e di ogni evoluzione.
Più in generale, se ci riflettiamo bene, quali azioni dovrebbe promuovere la conoscenza della verità?
Io non riesco a immaginarlo. A me sembra in effetti alcuna che non sia un'azione che si ripeta in un eterno ed inevitabile ciclo . Un uomo che conosca la verità se non si annulla in essa è condannato a ripetersi per sempre.
Sarebbe perfettamente definito una volta per tutte ed immodificabile. Finalmente puro essere , esente dal divenire, perché una ciclica ripetizione non può dirsi vero divenire, ma solo un diverso modo di essere.
Un essere comunque stabile, finalmente corrispondente alla definizione in se', in quanto tale, stabile, al massimo condannato a una ciclica ripetizione.
È incredibile che ciò a cui molti di noi aspirano è invece, a ben considerare una condanna.
La peggiore delle condanne.

#4224
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
04 Agosto 2021, 22:48:18 PM
@ Kobayashi.
Chiarezza espositiva che deriva da chiarezza di idee.
Che in questo periodo storico ognuno si limiti a guardare il proprio ombelico è irrefutabile, tanto che mi sorprendo regga ancora l'istituzione familiare.
Altre famiglie allargate basate sulla solidarietà, come ad esempio nell'ambiente di lavoro, si sono disciolte.
Mi chiedo però se non rientri ciò nelle normali dinamiche individuo- comunità.
Sembra che la nostra evoluzione si sia fermata a metà strada fra individualismo e socialità, per cui l'altra metà di noi non mancherà di farsi risentire riorganizzandosi sotto nuove bandiere.
Tutti quelli che fanno volontariato hanno già un motto:
Lo faccio perché ricevo del bene, e quindi non sono pessimista e mi limito ad osservare queste dinamiche che in effetti corrono veloci, come forse non mai nell'arco di una sola vita , come mi pare tu ben fai.
#4225
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
04 Agosto 2021, 19:51:42 PM
Citazione di: viator il 04 Agosto 2021, 17:36:18 PM
Salve iano. Citandoti : "ma io però non posso che riproporre i miei suggerimenti tendenti a cercare la sostanza comune a corpo e anima".



Toh ! E se si chiamasse energia ? (Sostanza materiale in quanto ingrediente di un corpo e contemporaneamente sostanza immateriale se invece riferita ad una forma (l'anima E' LA FORMA PER ANTONOMASIA).


Per farla proprio semplice semplice : DICONO CHE UN CORPO SIA FATTO DI SOSTANZA (ATOMICA) TENUTO ASSIEME DALL'ENERGIA...........MENTRE SECONDO ME L'ANIMA E' FATTA DI FORMA (IMMATERIALE E QUINDI SPIRITUALE) CONFIGURATA E DELIMITATA SEMPRE DALLA ENERGIA. Salutoni.
Già mi pare Ipazia abbia fatto notare a Paul 11 che parlare di materia senza parlare di energia sia inattuale, e quindi un materialismo che si riferisca alla materia non sembra essere aggiornato, quantomeno.
Non è l'energia la sostanza che cerchiamo, e adire il vero, nonostante quanto abbia scritto,in verità  io non cerco nessuna sostanza.
Quindi mi sono espresso in modo impreciso.
Non la cerco non perché escludo che ci sia.
Anzi io la ipotizzo come una necessità.
Io la chiamo realtà, altri in altro modo.
Da quella traiamo tutto attraverso le nostre interazioni con essa.
Traiamo tutto ciò che ci serve per spiegare i fatti in nostro possesso.
Ciò che traiamo chiamiamo di volta in volta con nomi diversi per diversi utilizzo.
Oggi anima e materia, domani altro.
Noi filosofi dovremmo tenerci in questa generalità, e non fissarci su ciò che di volta in volta traiamo dalla realtà, come se fosse la realtà.
Se a te la materia appare banalmente per quel che è, mentre l'energia ti appare come più sfuggente, di modo che ami fantasticarci sopra, le cose però non stanno così.
Che alla base di materia ed energia vi sia un unica sostanza ormai lo sappiamo, e c'è lo ha ben spiegato Einstein.
Quindi fondare una filosofia sull'energia vale come fondarla sulla materia.
Non sfuggi cioè dalla gabbia del materialismo, anche se lo chiami energismo.
Però quale sia questa sostanza unica che si presenta ora come materia ora come energia, trasformandosi una nell'altra, non sappiamo e in fondo non occorre sapere.
Ciò che occorre,sapere e' che dal rapporto con la realtà possiamo trarre diverse cose.
Possiamo decidere anche di cestinarle per trarne di nuove, che meglio spieghino fatti nuovi.
In base alla teoria che applichiamo la realtà risulta fatta di cose diverse, anche in contrasto fra loro.
Ciò non è un problema, perché le teorie non si applicano tutte insieme in genere, ma una per volta, e ogni volta è come se la realtà fosse fatta quindi di cose diverse.
Ma ciò ovviamente non ha senso. La realtà non è fatta di nessuna di quelle cose.
Non è fatta di materia ne' di energia ne' di sottili sostanze spirituali.
Queste cose diverse sono solo le cose che risultano a noi in ragione del diverso modo in cui interagiamo con la realtà, e solo perciò sono diverse fra loro ed eventualmente anche in contrasto fra loro.
Andare alla ricerca della teoria unica, la teoria del tutto, cosa significa allora traducendola nei termini di cui sopra, se li si accetta ?
Significa ammettere che vi sia un modo privilegiato di interagire con la realtà, che archivi ogni altro modo alla voce "era primitiva".
Traducendo la ricerca della teoria del tutto in questi termini a me appare meglio chiara la sua mancanza di senso.
La cosa può riprendere senso solo se, come in questa discussione si fa', se si ammette che esista davvero questo modo "diretto ed univoco" di rapportarsi con la realtà . Paul 11 lo chiama intuito.
Io a modo mio ho provato,a confutare ciò tirando in ballo come discrimine la coscienza, che come tu sai è il mio cavallo di battaglia, come ormai tutti sanno che il tuo è l'energia.
#4226
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
04 Agosto 2021, 16:15:43 PM
Citazione di: paul11 il 04 Agosto 2021, 11:03:40 AM



La conoscenza immanente è quella intuitiva ,in quanto identificarono la prima conoscenza come "intelletto spirituale", per questo alcuni poi divideranno la percezione dall'appercezione. Potrei dire metaforicamente che "la natura parla all'uomo" e lo fa senza mediazioni. Questo stato "mentale" è tipico nei bambini non ancora condizionati dall'educazione "tecnica" scolastica. La ragione viene dopo, essendo ordinatrice e regolatrice di ciò che lo "spirito intellettuale" aveva precedentemente "intuito".


Il discorso è complesso e bisognerebbe studiarsi attentamente  le forme ontologiche utilizzate dal criticismo kantiano e poi dalla fenomenologia husserliana per capire cosa hanno dovuto inventarsi  fra apriori  e noumeni , per ovviare all'antico metodo "animico" che ha l'uomo come "innatezza".
E' l'intuito che apre a scoperte innovazioni e non la ragione che orami è delegata all'ordinatore computazionale dei dati che è una macchina come il meccanicismo cartesiano.


Non so se sono riuscito almeno a instradare il discorso......non è facile ,perchè noi oggi tendiamo a proiettare nel passato la nostra "mentalità", sbagliando quindi le esegesi ed interpretazioni.





Hai instradato il discorso con indubbia maestria, ma io però non posso che riproporre i miei suggerimenti tendenti a cercare la sostanza comune a corpo e anima.
Infatti, considerati in modo isolato, a me appaiono paradossali e sfuggenti l'uno non meno dell'altro.
Quando proviamo a indagarli non sembrano cose così ben distinte e definite, restando comunque utili distinzioni convenzionali.
Bisogna essere ben certi di una loro distinzione reale per passare poi a chiedersi come fa' a nascere la vita dalla materia.
È una domanda che si perde nei secoli dei secoli. Ma da cosa nasce, perché se ci rifletti non è così ovvia come appare.
Chiediamoci perché la domanda inversa non abbia avuto pari considerazione.
Andiamo ad indagare gli antichi , ma per capire l'origine dei loro pregiudizi la cui forza sembra ancora attuale.
Tu invece credi che il problema stia solo nell'indagare vecchi pensieri con nuova mente, confidando che una volta ovviato a tale difficoltà  si possa recuperare nella sua interezza la vecchia saggezza, dimenticando che gli antichi saggi avevano lo stesso problema, e che erano pieni di pregiudizi di cui non avevano piena coscienza.
Essere lontani temporalmente da loro, con nuova  mente, non ha infatti solo svantaggi, perché ci permette di prendere ben coscienza dei loro pregiudizi, che transitando lungo i secoli sono spesso ancora i nostri, in un corto circuito temporale.


Provare a ricomporre corpo e anima in una presunta sostanza unica è compito da far tremare i polsi, ma forse che noi filosofi ci spaventiamo per i compiti complicati? In Verità  amiamo e andiamo a cercarceli.
Ma non è da sperare che l'intuito possa soccorrerci nel compito.
Esso stesso infatti è una distinzione utile quanto fittizia, più facile però, in quanto tale, da sgamare
Cosa differenzia infatti l'intuito dalla ragione se non il mancato intervento della coscienza?
Il nichilismo disassembla le vecchie distinzioni, ma poi bisogna diversamente ricomporle, perché di esse non possiamo comunque fare a meno. Ciò è sempre avvenuto come avviene che i serpenti crescendo cambiano pelle, perché senza quella non possono comunque vivere.
Prendere coscienza di questo ciclo, finalmente, lo renderebbe più agevole nel suo svolgimento necessario ad un uomo che si evolve , che acquisisce sempre nuova mente.
Il progresso per l'uomo è una costante crescita della coscienza, o meglio una crescita del suo utilizzo, con la quale si possono fare in modo diverso cose che si possono fare anche senza.
In quest'ultima mia frase ti invito a ricercare il nuovo paradigma che cerchi per la filosofia.
Le vecchie distinzioni non sono pienamente  adeguate al nuovo uomo cresciuto di una taglia, perché nutrito con nuovi fatti.
Se tutto va' bene, se conieremo nuove e più adatte distinzioni inventando nuovi "immanenti" agli uomini del futuro si riproporranno gli stessi problemi che tu hai ben esposto.
Si chiederanno come fare a capire davvero con la loro nuova mente cosa noi intendevamo davvero, trovandosi magari dentro alla solita fase nichilista dove si distrugge tutto quello che noi ancora in verità non abbiamo creato.
Era FN che parlava di eterni cicli che si ripetono?
In un certo senso è così.
Ma si ripetono perché alla fine noi possiamo prenderne coscienza, ciò che esclude che possano dirsi davvero uguali., perché noi almeno saremo diversi ogni volta.
Il meccanismo però rimane sempre quello del serpente.
Il serpente la sua coscienza c'è l'ha, ma al pari di noi non la usa in modo esclusivo.
Mi chiedo a cosa penserebbe, avendone coscienza, quando cambia pelle.
Certo non deve essere una bella sensazione  . Qualcosa che immagino somigli alle nostre cicliche fasi nichiliste.

Allora ti chiedo se ,in quanto abile indagatore di storie passate, tu non riesca a individuare queste mi e supposte vecchie fasi nichiliste, posto che ne sia rimasta memoria.
#4227
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
03 Agosto 2021, 17:28:59 PM
@ Paul 11
Il problema dell'unificazione delle teorie scientifiche da dove nasce?
Mi pare sia un problema più filosofico che fisico, seppure solo i fisici possono risolverlo.
A volte ci riescono e a volte no?
Ma dove sta scritto che si può fare e si debba fare?
Tu , in quanto filosofo, potresti invece provare ad unificare qualità e quantità.
Invece tu non solo dai per scontato che non ci sia un legame fra esse, ma anche che la qualità prevalga.
A me però mi pare di averti dato un papabile esempio di questo possibile legame.
Tu però dici che il rosso è immanente.
Ma la percezione dei colori serve a distinguere con quale frequenza abbiamo a che fare.
Lo stesso fa' la lancetta che si posiziona sulla scala graduata di uno strumento, indicando un numero.
Dunque quel numero è immanente, se pure il rosso lo è.
Strettamente il compito dei fisici è quello di spiegare i fatti inquadrandoli in una teoria che sia possibilmente essenziale e non ridondante.
Unificare diverse teorie e' un modo di eliminare quelle ridondanze.
Ma, seppure i fisici vadano alla ricerca della teoria unica, questo non è strettamente il loro vero lavoro.
Non è scritto da nessuna parte che questa teoria debba esistere, mentre inutili ridondanze sono sempre da ricercare , perché sempre possibili e sempre eliminabili.
Non ti rispondo sugli altri punti perché, come ho già scritto, condivido le risposte di Ipazia, con la quale in effetti, quando la capisco ( cioè raramente😊) concordo sempre.
Purtroppo, come tu stesso hai notato, e io non ho mai nascosto, sono abbastanza ignorante, e la mia propensione verso la fisica deriva solo da qualche anno passato a scaldare la sedia di una facoltà di fisica.


Strettamente la fisica non serve a spiegare il mondo ma ad interagire con esso, e raggiunge comunque lo scopo anche con diverse teorie separate e non unificate, e non importa se ciò derivi da imperizia o da necessità.
Quest'ultimo punto è più un problema filosofico e certamente il problema dell'unificazione è più pertinente alla filosofia in genere, piuttosto che alla fisica.
Così avrebbe certamente senso che noi ci potessimo il problema di unificare qualità e quantità senza pregiudizio per una o l'altra cosa, se non per il,fatto che meglio sappiamo cosa sia quantità che non qualità, e quindi necessariamente dovremo partire dalla quantità, senza nascondersi dietro alle immanenze, le quali puzzano sempre di un che di troppo.
Sono tollerabili, ma non auspicabili, e dovremmo curare di non farle proliferare in modo incontrollato.


Se cerchi un paradigma per una filosofia unificata io lo vedo solo nella matematica.
Di essa infatti gli stessi fisici si lamentano per la sua sempre crescente invadenza.
Questa lamentela ovviamente non è un fatto fisico, ma un fatto che riguarda i filosofi che non dovrebbero mancare di pesare.
Se i fisici di ciò si lamentano vuol dire che non è stata una loro azione cosciente il privilegiare sempre più la matematica.
È la realtà, quando con essa interagiamo, a imporsi alla nostra coscienza, e non viceversa.
Ragionare su queste cose secondo me è fare filosofia, e senza aver paura di sporcarsi con la fisica e con la matematica, perché i fisici, anche se raramente lo ammettono, non hanno mai smesso di sporcarsi con la filosofia.
Perché sennò secondo te andrebbero alla ricerca della teoria unificata?
#4228
Citazione di: and1972rea il 01 Agosto 2021, 16:08:55 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 22:58:17 PM
Citazione di: viator il 13 Giugno 2021, 16:48:19 PM
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Se così non fosse..............non riusciremmo neppure a riconoscerli e nominarli, gli effetti e le cause. Saluti.

Difficile da sostenere in tribunale. Il giudice, qualsiasi giudice, preferisce restare imbranato e schiavo del suo metabolismo intellettuale, distinguendo l'assassino dall'assassinato e condannandolo in quanto causa dell'effetto "omicidio".
Che causa ed effetto emergano fenomenicamente nelle misure osservabili senza dover rispettare una successione ordinata di passaggi attraverso il tempo e lo spazio in un certo sistema di riferimento è un fatto di cui la generazione Z è ormai persuasa fin dai primi cicli di studio scolastici. Per noi nipoti e pronipoti di coloro che  incredibilmente scoprirono quei controintuitivi modi di apparire del reale ,invece, risulta ancora ostico accettare la conseguenza logica di quelle evidenze , e cioè, che non solo un effetto può avere istantaneamente la propria causa a miliardi di anni luce di distanza da sé stesso  , ma che quella stessa causa può aver dato origine al proprio effetto in un tempo futuro rispetto a quello stesso sistema di riferimento, un tempo che ha ancora da venire. Cause , quindi , posticipate ai loro effetti  , e logiche sovversive del divenire...
Ciao Andrea.
Non credo di aver capito, ma mi pare che l'azione istantanea di Newton sia un paradosso che Einstein ha risolto.
Se Newton avesse avuto ragione sparirebbe il tempo, restando l'universo fermo in un istante in cui si ammucchierebbero tutte le cause e tutti gli effetti.
Poi magari anche lo spazio tempo avrà pure i suoi paradossi, ma quello che mi pare suggerisca Ipazia è che le cause e gli effetti, e quindi in definitiva anche l'essere che serve a giustificarli, nascono da una ipotesi teorica molto pesante, che si possano isolare parti di universo fra loro, considerandone una e ignorando le altre.
Ciò, come sempre mi pare dica Ipazia, in pratica funziona, ma rimane il fatto che tale ipotesi di comodo non corrisponde a realtà .
Quindi cause ed effetti, e quindi in definitiva anche l'essere, sono il risultato di una ipotesi che non corrisponde a realtà.
Quindi dovremmo concluderne che la realtà non è fatta di essere , di cause e di effetti, se non come il risultato delle nostre parziali interazioni con essa, in quanto certamente i risultati di quella interazione sono parte della realtà stessa.
Noi stessi in effetti ci consideriamo un sistema isolato dalla realtà.
Ciò non è vero, ma in pratica funziona.
Ma se è vero che agli effetti pratici l'universo si presta ad essere suddiviso in diversi universi-parte non c'è però l'evidenza che ci sia un modo univoco per farlo e ad ogni modo corrisponderanno quindi presumibilmente diversi oggetti esistenti con diverse cause e diversi effetti.
#4229
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
02 Agosto 2021, 16:37:37 PM
Citazione di: paul11 il 02 Agosto 2021, 13:34:04 PM
5) scienze e quindi conoscenza quantitativa e non qualitativa




Concordando con la risposta di Ipazia, vorrei aggiungere qualcosa solo su questo punto.
Il rosso è una qualità, ma corrisponde ad una frequenza, quindi ad una quantità, un numero.
Non voglio spingermi con ciò a dire che possiamo assegnare un numero ad ogni qualità , ma che non ha senso, almeno a prima vista, provare ad assegnare qualità alle quantità, per quanto sarebbe ottimo oggetto di riflessione.
Ma quello che voglio far notare è che il rosso è il prodotto di un processo dove non interviene la coscienza, mentre la corrispondente misura di frequenza è il risultato di un processo cosciente.
Cosa ne possiamo dedurre?
Che le stesse cose si possono ottenere con uso della coscienza oppure no, posto che vedere il rosso abbia un fine pratico e non trascendentale, per quanto implichi un giudizio estetico, giudizio però dal quale non sono esenti neanche le equazioni dell'elettromagnetismo.
Tutto ciò possiamo ben immaginare che comporti pro e contro su cui si può  discutere.
Se c'è un Dio noi siamo probabilmente il suo esperimento sui presunti vantaggi dell'uso della coscienza fra i viventi.
È possibile che Dio ultimamente ha esagerato con la manopola della coscienza e lo strumento di misura è andato a fondo scala su "nichilismo".
Cosa significa questo? Non lo sa' neanche lui, perché l'esperimento è ancora in corso.
Io credo che "noi" filosofi ci siamo autoassegnati un compito difficile quanto gratificante: provare ad osservarci da fuori.
Non è forse neanche un compito poi così difficile come sembra , una volta che fai pratica, come succede per tutti i mestieri.
Nella misura infatti in cui siamo coscienti di noi, in quella stessa misura possiamo astrarci, diventando altro, soggetto ed oggetto al contempo.
La sostanza di cui siamo fatti non è un confine ben definito e impenetrabile come sembra.
Nella commedia recitano gli individui ma più soggetti recitano diverse parti.
Basta metterti una parrucca o accendere uno spettrometro e non sei più lo stesso personaggio.
#4230
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
02 Agosto 2021, 13:20:58 PM
In un certo senso le teorie sorgono dall'esperienza con i loro assoluti a premessa e nel processo comunque interviene la coscienza, perché senza di essa non può esserci teoria.
Ma non nel modo così sistematico come a noi, noi che attualmente abbiamo abusivamente occupato il centro della consapevolezza, ci piace credere.