Il vero problema credo consista nel fatto che la scienza sembra aver monopolizzato i fatti , di modo che i filosofi , che scienziati non sono, si sentano autorizzati nella loro riflessione a poterne prescindere.
Così al massimo i nuovi fatti sono per loro solo fonte di fastidio indiretto, perché la impersonale società umana di certo non ne prescinde, e in quella loro sono obbligati a vivere, trovando magari rifugio negli antichi testi .
Ma in quei testi noi dovremmo cercare solo l'esempio di come i nuovi fatti creano il nuovo senso comune.
Il problema della ricostituzione di un nuovo senso comune sta nel fatto che esso si basa su cose ovvie per tutti ( che senso comune sarebbe sennò?).
Ma a questo mondo non vi è nulla di ovvio, e di questo dobbiamo ricordarci quando si rende necessario smontare il vecchio senso comune per rimontare uno nuovo.
Scoprire la non ovvietà dell'ovvio e' il compito dei filosofi.
Se poi nel farlo si prova anche un sottile malsano piacere, meglio ancora, anche se ciò , come la storia ci insegna, non è esente da rischi.
Purtroppo, infatti, ci prendiamo sempre troppo sul serio.
Ci prendiamo troppo sul serio quando ciò che traiamo dal nostro rapporto con la realtà diventa la realtà stessa.
Purtroppo sembra che senza far ciò non si riesca a costituire un senso comune.
Non può esistere senso comune laddove non si crede davvero a ciò che si "vede".
Ma purtroppo ciò che si vede non corrisponde mai direttamente alla realtà , ma solo al nostro relativo rapporto con essa che sempre si rinnova.
Un nuovo modo di vedere deriva da un nuovo quadro della conoscenza il quale ci da' un senso e un fine.
Non c'è nulla di predefinito che il nuovo quadro deve contenere , anche se non si inventa nulla da nulla.
Ma nessuno a priori può dire, come fa' Paul 11, che il quadro deve spiegarmi come ha origine il mondo e come la vita si origina dalla materia, come fossero ovvi quesiti ineludibili.
Non c'è proprio nulla di ovvio.
Se poi il quadro contiene l'origine del mondo e il come dalla materia sorga la vita, questo è solo funzionale al quadro di oggi, e potrebbe non più esserlo a quello di domani.
Ma per un filosofo non dovrebbe esistere nulla di ovvio in se'.
Ciò che oggi sembra aver un senso domani lo perde e ciò che conta è solo che sia funzionale alla creazione di un quadro della conoscenza attuale quanto provvisorio.
Così al massimo i nuovi fatti sono per loro solo fonte di fastidio indiretto, perché la impersonale società umana di certo non ne prescinde, e in quella loro sono obbligati a vivere, trovando magari rifugio negli antichi testi .
Ma in quei testi noi dovremmo cercare solo l'esempio di come i nuovi fatti creano il nuovo senso comune.
Il problema della ricostituzione di un nuovo senso comune sta nel fatto che esso si basa su cose ovvie per tutti ( che senso comune sarebbe sennò?).
Ma a questo mondo non vi è nulla di ovvio, e di questo dobbiamo ricordarci quando si rende necessario smontare il vecchio senso comune per rimontare uno nuovo.
Scoprire la non ovvietà dell'ovvio e' il compito dei filosofi.
Se poi nel farlo si prova anche un sottile malsano piacere, meglio ancora, anche se ciò , come la storia ci insegna, non è esente da rischi.
Purtroppo, infatti, ci prendiamo sempre troppo sul serio.
Ci prendiamo troppo sul serio quando ciò che traiamo dal nostro rapporto con la realtà diventa la realtà stessa.
Purtroppo sembra che senza far ciò non si riesca a costituire un senso comune.
Non può esistere senso comune laddove non si crede davvero a ciò che si "vede".
Ma purtroppo ciò che si vede non corrisponde mai direttamente alla realtà , ma solo al nostro relativo rapporto con essa che sempre si rinnova.
Un nuovo modo di vedere deriva da un nuovo quadro della conoscenza il quale ci da' un senso e un fine.
Non c'è nulla di predefinito che il nuovo quadro deve contenere , anche se non si inventa nulla da nulla.
Ma nessuno a priori può dire, come fa' Paul 11, che il quadro deve spiegarmi come ha origine il mondo e come la vita si origina dalla materia, come fossero ovvi quesiti ineludibili.
Non c'è proprio nulla di ovvio.
Se poi il quadro contiene l'origine del mondo e il come dalla materia sorga la vita, questo è solo funzionale al quadro di oggi, e potrebbe non più esserlo a quello di domani.
Ma per un filosofo non dovrebbe esistere nulla di ovvio in se'.
Ciò che oggi sembra aver un senso domani lo perde e ciò che conta è solo che sia funzionale alla creazione di un quadro della conoscenza attuale quanto provvisorio.