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Messaggi - iano

#4276
Citazione di: Federico Mey2 il 11 Luglio 2021, 15:47:57 PM


Ma non mi interessano le valutazioni storiche: vorrei sapere se secondo voi oggi, la filosofia come stile di vita potrebbe essere una strada da seguire, come una religione in sostituzione del declinante cristianesimo.
Che tu ne sia cosciente o meno, che tu lo desideri o lo fugga, ciò che pensi, cioè la tua filosofia, determina il tuo stile di vita.
Ma credo che tu questo lo percepisca perfettamente, come percepisci che da ciò possa derivare un isolamento non cercato, ma che sospetti possa derivare dal tuo comportamento coerente coi tuoi pensieri.
Tu tendi ad una filosofia, se non a una religione, che ti faccia usciere dall'isolamento senza perdere di coerenza.
#4277
Citazione di: Eutidemo il 08 Luglio 2021, 14:48:01 PM
a)
Suo padre diceva di aver visto anche lui dei fantasmi in quella casa.
b)
E' notorio che la presenza di fantasmi raffredda la temperatura circostante.
c)
E' parimenti noto che i fantasmi non possono passare sopra l'acqua.
***
Su una collina di fronte casa a me e alla mia compagna è apparsa una sfera luminosissima.
Eravamo abituati a vedere luci sulla collina di notte, ed erano le torce dei vigili del fuoco che periodicamente spegnevano gli incendi del solito piromane.
Ma quella era una sola, più grande e più luminosa, e non si muoveva come le torce dei pompieri.
Era immobile, fra gli alberi,  sopra la collina.
Un disco alieno disee la mia compagna...speranzosa.
Non esistono dissi io.
Allora dimmi cos'è ribatte lei.
Allora misi in campo tutta la mia "fede razionalista" e ci arrivai.
Quindi gli dissi che fra pochissimi minuti , se pazientava, gli sarebbe apparsa  la natura vera di ciò che vedeva.
Quindi sorse la luna piena fra gli alberi in cima alla collina.


Sempre la mia compagna mi racconto di aver sentito un soffio gelido e poi di aver visto un'ombra.
Io , mettendo in moto sempre la mia fede razionalista , spiego che non è insolito vedere cose che non esistono.
Si tratta di un normale fenomeno percettivo.
Avevamo avuto un recente decesso di un parente  in casa, ma nonostante ciò sembro'  fidarsi della mia spiegazione sentendosi rassicurata.
Ma il giorno dopo la stessa cosa successe anche a me.
Prima il soffio gelido in faccia, quindi un ombra scura passare veloce dal corridoio buio.
Vista con la coda dell'occhio.


Scavando ancora al fondo del barile della mia razionalità non posso non notare la stessa sequenza.
Prima la sensazione di freddo in faccia, poi la visione , seppure un ombra nel buio.
Spiegazione.
Se mi aspetto di vedere un fantasma, perché lo desidero, o perché sono stato suggestionato da un racconto, mi sembra normale sentire un brivido per poi vedere dopo, in sequenza, ciò che mi aspetto di vedere.
Quindi il punto B) secondo il quale si abbassi la temperatura circostante non è del tutto sostenibile.
I brividi non dipendono necessariamente da un abbassamento della temperatura circostante, ma anche solo interna al corpo.
Certo, abbiamo percepito ciò come un soffio, ma non mi sembra essenziale...
Il fenomeno era sperato o atteso per suggestione.
Comunque non si è più verificato.
Alla possibile spiegazione del secondo caso sono giunto solo adesso grazie a te Eutidemo, qualcosa più quindi di pochissimi minuti di attesa , ma sapendo pazientare alla fine la spiegazione sorge sempre.


E la storia che i fantasmi non passano sull'acqua?
Questa non la sapevo, ma è troppo singolare per essere inventata e quindi anche lei avrà' la sua spiegazione, immagino


Da ragazzo, quando ancora i ragazzi potevano circolare per strada senza eccessivi pericoli, forse per limitare i miei spostamenti , mi avevano fatto credere che in un giardino vicino vi era il fantasma di un soldato morto li'.
Questo non era servito a limitare il mio raggio di azione, ma , quando giungevano le prime ombre della sera ,passavo da quel giardino a velocità supersonica con un tale terrore, che non riesco a immaginarne uno superiore, neanche se vedessi veramente oggi un fantasma.
Una volta cresciuto e capito l'inganno, arrivai alla certa conclusione che, forse i fantasmi esistevano davvero, ma nessuno , vero o immaginario,mi avrebbe mai più spaventato.
E così è stato.
#4278
A me sembra che la cosiddetta fisica non possa non accorgersi di essere piena zeppa di metafisica non appena solleva la testa dalla sua prassi consolidata.
In effetti a me pare che la metafisica sia un prodotto, desiderato o meno, dell'uso della coscienza, che in se' non è necessaria nel determinare la prassi secondo la quale ci rapportiamo con la realtà.
Dalla prassi  possiamo trarre una teoria come cosa non certo superflua, ma neanche necessaria. La teoria è gia' metafisica, ma correntemente la intendiamo ancora come fisica.
Perché appena alziamo la testa dalla prassi non possiamo fare a meno di chiederci cosa sia una teoria e la risposta non può che essere di tipo metafisico.
Se riduciamo la fisica allo stretto necessario essa è prassi, ma se vogliamo giustificarla dobbiamo fare metaprassi.
La fisica come la intendiamo confusamente, dando cioè per scontato di averne una visione condivisa, è in effetti prassi e metaprassi insieme.
Un polpettone che ammette un metapolpettone che è ciò che correntememte intendiamo con metafisica.
La scienza, se fosse strettamente tale, cioè prassi, non avrebbe certamente nulla da suggerirci riguardo alla metafisica.
Ma siccome non è mai strettamente tale per come la intendiamo di solito ha invece molto da dirci in proposito.
Credo non ci sia un solo modo di estrarre una teoria dalla prassi, per cui la teoria non si potrà dire essere strettamente attinente ai fatti.
Ma nella misura in cui la teoria estratta diventa una strada che la scienza seguirà allora essa ha a che fare con l'etica.
Quale interpretazione della meccanica quantistica fra le tante possibili prevalga non è scienza, ma non è indifferente alla scienza.
La scienza è il nostro agire secondo coscienza, ma l'azione in se' non richiede coscienza.
Il suo uso, e quindi la scienza, non è perciò separabile da un etica.
Trarre una teoria o un altra dalla prassi è tendenzioso , anche se di solito, fissati come siamo nella ricerca della verità, non ci accorgiamo di ciò.
Inevitabilmente avrò fatto confusione fra scienza e prassi, ma si tratta come sempre di pensieri in corso.
#4279
Citazione di: Socrate78 il 07 Luglio 2021, 13:50:56 PM
La prospettiva panteistica identifica Dio con la natura, con il creato in pratica. Spinoza era un filosofo panteista, infatti riteneva valido il principio del "Deus Sive Natura" (Dio ossia la natura) e per lui tutta la realtà era espressione di una mente divina impersonale. Ma se la divinità o la coscienza superiore si identica con la natura, e nella natura è presente il male nelle sue diverse forme (sopraffazione, sofferenza, competizione, morte, ecc.) allora il male stesso diventa espressione della divinità, quindi una prospettiva panteistica finisce per portare ad una forma di pessimismo cosmico, poiché vorrebbe dire che la coscienza superiore che informa il creato avrebbe in sé qualcosa di sbagliato, e tutto il mondo diventerebbe espressione di un principio cattivo, simile alla Volontà di Schopenhauer, che era una forza che opponeva gli esseri gli uni agli altri in una lotta continua e senza senso, e l'amore stesso in Schopenhauer era visto come un espediente della volontà per generare altri esseri destinati alla sofferenza.
Il panteismo quindi non può che portare al pessimismo, se si è davvero logicamente coerenti. E' corretta quindi la mia idea secondo cui il panteista coerente non può che essere pessimista?
A proposito di ciò che ha senso e di ciò che non ha senso...
La "lotta continua" e' ciò che da senso agli individui.
Quindi, se la lotta continua e' male allora il male e' l'individualita'.
Preferirei parlare però di interazione fra individui indipendenti, cosa che , espressa in tali termini, non sembra tanto male.
Se si parla di lotta continua si tradisce già un malevolo pregiudizio.
Credo invece non abbia senso parlare di coscienza della natura quanto non abbia senso parlare di coscienza divina.
Infatti a malapena sappiamo dire cosa sia la coscienza riferendoci a noi animali.
Come facciamo allora ad attribuirla ad altro da noi?
Mi sembra voler fare il passo più lungo della zampa.
Semmai , le meraviglie prodotte da una natura incosciente , mi sembrano le prove che attribuiamo eccessiva importanza alla coscienza , se quelle si possono produrre senza uso di coscienza e così facendo indirettamente attribuiamo di fatto troppa importanza a noi, nella misura in cui , per l'uso intenso che facciamo della coscienza ,  ciò ci caratterizza nel regno animale.
Da non credente mi pare blasfemo attribuire a Dio caratteristiche che, fino a prova contraria, sono solo animali, e in specie umane, come il possedere una coscienza.
Se tutto è cosciente è la coscienza a perdere di senso.
#4280
Se vie e' una fisica allora vi è una metafisica ad oriente come ad occidente, ma come dice Jacopus mobili, non definitive, di modo che una segue il destino dell'altra.
#4281
Tematiche Filosofiche / Re:Zen zero
07 Luglio 2021, 10:44:23 AM
@Phill
Concordo su tutto.
Credo che la condivisione sia il punto centrale.
Secondo lo Zen ogni individuo può riprodurre la stessa esperienza senza mediazioni, e in modo indipendente, una volta azzerati i pregiudizi .
La medesima esperienza  è riproducibile in modo indipendentemente  individuale perché vi è un unita' di fondo.
Ciò che condividiamo in modo profondo, senza volere, e senza poter dire.
Esso ci invita a considerare il nocciolo duro a noi comune, quello da cui è sempre possibile ripartire.
La scienza ci invita invece a riprodurre esperienze non comuni,mediate perché comprensive di istruzioni d'uso, invitandoci a farle nostre, perché diventino patrimonio comune, nella misura in cui le stesse esperienze diano lo stesso risultato, che può essere perciò condiviso.
Lo Zen è ricerca geologica di antichi strati sedimentati e la scienza è un accumulo di strati in corso.
Per uno come me, che odia leggere le istruzioni, e allo stesso tempo vorrebbe riuscire a far funzionare le cose, lo Zen ha il suo fascino.
Esso sembra dirci che la soluzione dei problemi è semplice perché è gia' dentro di noi, uguale per tutti, se la sai cercare.
O forse ci dice che non occorre alcuna soluzione, perché non esiste alcun problema , se non quelli che noi stessi pregiudizialmente  ci creiamo.
Effettivamente, almeno a livello individuale, molti dei nostri problemi sono dei non problemi, la cui natura una sana pratica Zen può svelarci.
È una pratica pacifica, di quelle che non fanno alcun danno, ma che possono fare tanto bene, nella misura in cui i pregiudizi possono far male.
La scienza in effetti sembra avere il vizio di crearci dei problemi che alterano il nostro pacifico tran tran e non è strano perciò che si crei molti nemici.
Si figura problemi che non esistono.
Sembra quindi in apparenza che crei problemi più che risolvere i problemi quando si presentano.
O, per quelli che la amano, sembra risolvere problemi, prima che questi si presentino.
In effetti è da considerare che nel competitivo mondo naturale quando un problema si presenta è gia' troppo tardi se non possiedi già la soluzione.
#4282
Ciao Phil.
Raccolgo il tuo invito, a passare da una confusa intuizione ad una trattazione eventualmente scusabilmente prolissa, in prima approssimazione.
Potrei provare a proporre l'essere come una qualità emergente ( non so' se qualità sia il termine giusto) al pari di quello che oggi si tende a dire del tempo.
In effetti l'essere, al pari del tempo, come diceva S.Agostino, è quella cosa che tutti sanno, ma nessuno sa' dire.
Quindi l'essere in se' non esiste, se non nel senso sopra detto,  ma è un prodotto della nostra interazione con la realtà .
Questo spiegherebbe perché  "esso" ci appaia in forma diversa a seconda di come lo indaghiamo.
Come particella o come onda , senza che nella realtà esista alcuna particella o alcuna onda, se non come prodotto di un particolare esperimento.
#4283
Ciao Mauro.
Credo che non conviene l'intera schiera dei filosofi, passata e presente e forse anche futura.  :D .
È però sempre utile esercizio provare a capovolgere il senso comune, anche perché l'essere non ha poi tutta quella sostenibilità che si vuol credere.
Se non si possono sostenere cause ed effetti senza l'essere, potrebbe essere vero anche il contrario.
Dal mio punto di vista non è importante se l'una o l'altra cosa o entrambe corrispondano a verità, perché io non vado in cerca della verità, ma di una possibile descrizione della realtà funzionale al nostro rapporto con essa.
Alla luce delle riflessioni filosofiche che ci induce la nuova scienza, e in particolare la fisica quantistica, l'essere comunemente inteso non appare più cosi' centrale.
Condivido con Viator una intuizione che preme, seppur confusa, nel ridefinire tutta la questione dell'essere delle cause e degli effetti.
Secondo una possibile interpretazione della fisica quantistica il mondo non è deterministico e ciò credo equivalga a  una descrizione insoddisfacente per tutti, nessuno escluso.
Che lo sia o non lo sia ciò viene comunque espresso nei termini dell'essere e forse è proprio per ciò che risulta insoddisfacente ..
Mi chiedo quindi se fosse possibile una descrizione più soddisfacente modificando l'ordine dei termini, provando a scambiare  le ipotesi con i teoremi .
Se Kant non è d'accordo alla fine sono solo fatti suoi.☺️
Si scherza ovviamente, però per me cosa ne pensi tu vale quanto ne pensa Kant e cosa ne pensa Kant lo sappiamo.


In altri termini, per poter sostenere il determinismo, se non ci fosse stato l'essere, lo si sarebbe dovuto inventare.
Metti che le cose siano andate proprio così, anche se noi non potremo mai dimostrarlo.
Ma nel momento in cui il determinismo non dovesse essere più sostenibile, che fine farebbe l'essere?
Questo è l'esperimento mentale filosofico che propongo , che, non lo nego , può provocare vertigini. 😂
#4284
Tematiche Filosofiche / Zen zero
06 Luglio 2021, 00:36:46 AM
Disquisendo dell'aratura che non ara il campo, finché l'inesplicabile Zen lo si non-esplica con queste deliziose frasi, diventa impossibile non amarlo, seppur fraintendendolo , come diversamente non si potrebbe non fraintendere ciò che non si possa spiegare a parole.
Tuttavia associare il pregiudizio alle parole in modo vincolante non sembra una necessità ineludibile.
Come si fa' a dimostrare che al di là' delle parole non regni ancora il pregiudizio.
Lo Zen invita a guardare i fatti in se', ma questo in effetti è quel che dice di fare anche la scienza, la quale, volendo essere predittiva non può non essere pregiudiziale.
Per la scienza la considerazione di un fatto crea il pregiudizio di fatti nuovi da verificare.
Lo Zen cerca la verificazione nel semplice fatto come questione chiusa e conclusa cui non va' aggiunto altro.
Vedo lo,Zen più come una pratica utile ad accelerare il ricambio di pregiudizi, operazione da sempre complicata e penosa nella storia della scienza , anche quando tale necessita' appare ineludibile con le evidenze accumulate nel tempo.
Lo Zen allora mi appare come un espediente o meglio una buona pratica per azzerare tutto ( o quasi come ben dici) per poter poi ripartire. Lo Zen pero è bravo solo ad azzerare.
#4285
Citazione di: Donalduck il 05 Luglio 2021, 23:58:54 PM
Citazione di: iano il 05 Luglio 2021, 23:43:28 PM
Discorso corretto, ma a dire il vero la matematica dei giorni nostri ha ormai rinunciato all'intuitività, o auto evidenza degli assiomi.
Non mi risulta proprio, dovresti precisare a cosa fai riferimento, e soprattutto spiegare con parole tue in che senso e in che modo ritieni che sia possibile rinunciare all'intuitività degli assiomi.
Senza questa precisazione è impossibile discutere il resto.
La precisazione è dentro alla storia recente della matematica in particolare, e della scienza in generale, a partire dalle geometrie non euclidee che possiedono assiomi per nulla intuitivi, ma la cui utilita' nella costruzione delle nuove teorie fisiche di successo è indiscutibile.
#4286
Citazione di: Donalduck il 05 Luglio 2021, 22:27:13 PM
Citazione di: viator il 05 Luglio 2021, 20:46:26 PM
Citazione di: Donalduck il 05 Luglio 2021, 18:57:59 PM
La domanda la trovo senza senso, perché pretende di definire il concetto più fondamentale di tutti, l'essere, con concetti da esso derivati e da esso dipendenti. Mi sembra chiaro che una causa per esser tale deve innanzi tutto essere, idem per l'effetto.

Salve donalduck. Certo che la domanda da me posta ha senso, solo che la risposta che io gli fornisco è situata al di fuori dei due termini utilizzati all'interno della domanda............dal momento che - se leggi attentamente quel che io ho scritto - la mia tesi è che l'essere consista nell'insieme - intrinsecamente indistinguibile - di causa ed effetto, e non certo nell'uno o nell'altro ente. Saluti.

Salve. Forse non sono riuscito a rendere bene l'idea. Se vogliamo parlare di definizioni, la cosa migliore è prendere in considerazione la matematica e la logica matematica, in cui il procedimento della definizione è esplicito e chiaro. Coma certamente saprai, si parte da una serie di assiomi non dimostrati e dati per intuitivi, e a partire da quelli poi si definiscono altre entità e le relazioni tra le diverse entità. Si parte dai concetti più semplici e irriducibili e per arrivare a quelli derivati e complessi.
Ora, il concetto di essere è il più fondamentale di tutti e si può considerare come l'assioma fondamentale di qualunque filosofia e di qualunque tipo di speculazione. Senza presupporre questo concetto (che resta semplicemente intuitivo, e a mio parere, essendo l'assioma fondamentale, è impossibile da definire) i termini "causa" ed "effetto" non hanno nessun significato possibile, sono solo suoni o simboli privi di senso, che non denotano nulla e tantomeno possono definire qualcosa.
Discorso corretto, ma a dire il vero la matematica dei giorni nostri ha ormai rinunciato all'intuitività, o auto evidenza degli assiomi.
Se le cose stanno così allora acquista un senso chiedersi dal punto di vista filosofico, in ossequio alla libertà che la matematica ci concede oggi, se l'essere non possa vedersi come un teorema, e non come un assioma.
Forse mella testa di Viator, seppur in maniera confusa , era presente proprio questa intuizione.
Questa possibilità, che forse non ha avuto il coraggio di portare fino in fondo.
Anche perché ci vuole del coraggio a provare a scalzare l'essere,dal posto centrale che ha sempre occupato mella storia della filosofia.
È però una possibilità da prendere in seria considerazione secondo me, e Viator a modo suo sembra averci provato.
Ha provato a far fare alle cause e agli effetti il sorpasso dell'essere, che però non si è compiuto, di modo che sono rimasti appaiati.
Consideriamo per un attimo il vantaggio di considerare l'essere come teorema e le,cause e gli effetti come assiomi.
Non dovremmo più giustificare il divenire dell'essere, essendo esso il prodotto stesso del gioco di cause ed è effetti, che ovviamente non andrebbero riferite  quindi all'essere, ma a se stesse, senza altra giustificazione, come si conviene ad ogni assioma, al di là' di ogni non necessaria, per quanto sempre gradita, intuitizione.
A ben pensarci in effetti , nella misura in cui tutta la nostra conoscenza là si può descrivere come un gioco di cause ed effetti, questi sembrano centrali più che l'essere che fa' la figura della punteggiatura che le divide.
#4287
Citazione di: viator il 04 Luglio 2021, 16:37:56 PM






è possibile individuare (prego indicare esempi concreti privi di vaghezza o prolissità ideologica) un qualsiasi comportamento amoroso umano il quale non abbia per scopo (diretto/indiretto/eventuale/tendenziale) la soddisfazione di un desiderio, di un bisogno, di una facoltà, di una utilità..................che competa a chi mette in atto il comportamento amoroso stesso ?







Siamo un mix di comportamenti egoistici ed amorosi nella misura che ha deciso la nostra evoluzione.
Se siamo ancora qui significa che quel mix, insieme ad altri fattori parimenti importanti,  ha funzionato.
Il calcolo che conta l'ha fatto la impersonale evoluzione che ci ha reso autenticamente capaci di amore disinteressato e parimenti di egoismo "disinteressato", perché è questo disinteresse a garantire il giusto mix stabile che ci vuole, e che i calcoli dei singoli in dipendenza di mode del momento e cause varie accidentali non potrebbero garantire.
L'amore del singolo deve essere disinteressato, perché questo è l'unico modo per,garantire stabilmente un interesse che riguarda l'umanità, come dice Socrate, con ricadute sul singolo quindi, senza alcun calcolo fatto del singolo..
Se andiamo ad analizzare con obiettività  i veri vantaggi.che il singolo riceve dal suo comportamento egoistico, quali sarebbero questi vantaggi?
Questi vantaggi sono solo un alibi per giustificare il suo naturale egoismo.
Allo stesso modo a volte sentiamo il bisogno di crearci un alibi, di giustificare di fronte agli altri il nostro naturale comportamento amoroso.
Ricapitolando, che esempio ti dovrei portarti?
L'esempio di un comportamento individuale o collettivo?
Se ci riferiamo all'umanita' non possiamo attribuire ad essa alcun calcolo di convenienza.
Se invece ci riferiamo al singolo il calcolo che esso fa' riguarda solo la sua eventuale convenienza a dissimulare le sue naturali e disinteressate pulsioni secondo come crede di doversi adeguare appunto alle contingenti convenzioni sociali.
Non direi quindi che da ciò si possano trarre esempi credibili e significativi nel senso che chiedi.
Dalla montagna in cui guardi in basso insieme a Scorate, ci vede meglio Socrate.
Il comportamento amoroso, al di là dei depistaggi che ogni singolo mette in atto, è sinceramente disinteressato.
E fin qui tutto bene.
Apparirà forse meno bene  che lo stesso valga per il comportamento egoistico, come mi pare di dover affermare per coerenza logica.
Vale per l'umanità lo stesso paradosso quantistico per cui essa sembra fatta di individui che fanno scelte libere, come pure è vero, ma la figura che si crea alla fine è sempre quella di un unica onda che si diffrange,
Eppure ogni elettrone, proprio come ogni singolo singolo individuo, si può dimostrare che sceglie da solo dove andare.
Credo sia arrivato il momento di provare a capovolgere il corrente punto di vista secondo il quale sia utile all'individuo far vita sociale , dato che si potrebbe parimenti dire che l'umanità trova utile il costituirsi in individui.
Se questo discorso vale allora non c'è alcun esempio da portare.


#4288
Tematiche Filosofiche / Zen zero
05 Luglio 2021, 18:04:38 PM
Non è una nuova scuola buddista che si rifà' allo Zen, ma solo una tragica battuta che echeggia il pregiudizio nichilista sullo Zen  che aspirerebbe al nulla.


Dice il maestro Suzuki : lo Zen non insegna nulla: solo ci mette in condizione di svegliarci e di divenire coscienti. Non insegna, addita.


Si tratta invero di un nulla denso di possibilità , nessuna delle quali però ha a che fare con il linguaggio scritto e parlato, scevro quindi dai pregiudizi che con esso si possono costruire.
Possibilità cui può accedere l'io solo per esperienza diretta del singolo, non mediata.
In tal senso lo Zen è l'esaltazione dell'individualità, e quindi non è una religione .
Non c'è un testo sacro da interpretare, ma solo un io da sondare attraverso la propria esclusiva coscienza.


Dice Thomas Merton in "Lo Zen e gli uccelli rapaci" :
Il dilemma umano è che non possiamo comunicare ordinariamente senza parole e segni, mentre perfino l'esperienza ordinaria tende ad essere falsificata dall'abitudine della verbalizzazione.
Gli strumenti del linguaggio ci pongono in grado di stabilire anticipatamente che cosa pensiamo delle cose, e ci inducono troppo facilmente  a formarci di esse le idee più conformi ai nostri preconcetti logici e alle nostre formule verbali. Invece di vedere le cose e i fatti come sono, li vediamo come riflessioni e verificazioni di giudizi che abbiamo precedentemente  formulato nella nostra mente. Dimentichiamo come si vedono semplicemente le cose e sostituiamo ad esse le nostre parole e le nostre formule, manipolando i fatti in modo da vedere solo ciò che si adatta convenientemente ai nostri pregiudizi.
Lo Zen  usa il linguaggio contro il linguaggio per demolire questi preconcetti e distruggere la " realtà fittizia mella nostra mente affinché possiamo vedere direttamente. Lo Zen  dice, come ammoniva Wittgenstein  : "Non pensare, guarda!"


Tutto ciò è molto interessante .
Si esalta l'individuo e la sua percezione cosciente compresa quella sensoriale, anche se ovviamente l'invito a guardare non è rivolto specificamente ai sensi, che però non vengono esclusi.
È un invito a guardare a 360 gradi scevri da ogni pregiudizio, specie quelli che derivano dalla nostra descrizione di fatti antecedenti.
Molto interessante dicevo, ma rimane scoperto il come si costruisca nel tempo la nostra percezione.
Ma , dico io, e se la nostra percezione non fosse altro  che qualcosa che si è costruita nel tempo come un accumulo di pregiudizi condivisi?
Con tutta l'ammirazione che ho per lo Zen, il mio intento vorrebbe essere quello di un elogio del pregiudizio, perché, per quanto esso tenda a persistere, non è però mai eterno.
Esso è fatto di parole, ma non perciò indistruttibile, destinato ad essere sostituito da un nuovo pregiudizio, fatto sempre di parole.
Se eliminiamo le parole eliminiamo davvero il pregiudizio?
Certamente quello esprimibile in forma verbale.
Ma è l'unico possibile?
Non è che scavando al fondo della nostra coscienza , andando al di là' delle parole, come invita a fare lo Zen, non ci troveremo altro che pregiudizi sedimentati in diversa forma, fatti di non parole?
In qualche modo siamo un accumulo di esperienze, non importa in che modo codificate.
Un sistema vale l'altro.
#4289
Tematiche Filosofiche / Lo starec Zosima
03 Luglio 2021, 11:47:30 AM
Bobmax, quale contenitore  tu credi di essere per contenere tante colpe?
Sarai certamente colpevole quanto tu desideri crederlo, ma non intravedi in ciò un senso di ridicolo?
Certamente noi siamo responsabili, nel senso che ci percepiamo come causa di ogni possibile cosa, ma la colpevolezza che da ciò possiamo trarre  è leggera come leggere , nella loro reale inconsistenza, sono le cose, o in alternativa pesante in ragione del loro gravità, che deriva dal loro essere in quanto tali.

L'essere è un punto di partenza irrinunciabile, ma che debba esserci un punto di partenza è solo una esigenza della razionalità, con la quale o senza la quale la realtà rimane tale e quale.
Le cose hanno un inizio perché sono una costruzione, e da qualche parte bisognerà' pur iniziare a costruire.
Sta a noi ,e solo  a noi , decidere se è un bel gioco o una condanna, se [size=78%]giochiamo per giocare o per vincere, dove la vittoria è però la fine del gioco.[/size]

Voler vincere è molto, ma molto più bello di vincere.
#4290
Tematiche Filosofiche / Lo starec Zosima
03 Luglio 2021, 10:36:24 AM
Citazione di: bobmax il 28 Giugno 2021, 09:20:14 AM
@Iano

Il tuo ragionamento non fa una piega.
Infatti coglie le tautologie e i circoli del mio discorso.
E li interpreta come ridondante non senso.

Questa interpretazione è inevitabile per il pensiero che ritiene di essere autosufficiente.
Ossia che il sistema logico razionale si regga da se medesimo.

Questo pensiero non si avvede del limite insuperabile che lo circonda, e che lo fonda pur rimanendo incomprensibile.
Questo limite è volutamente ignorato dalla razionalità, per la quale tutto è razionale, e se non è razionale semplicemente non è.

Questo convincimento è la base del nichilismo.

Esiste un nichilismo forte, consapevole di se stesso, che vede il deserto di cui è certo e lo affronta. Alla Leopardi, per intenderci.

Tuttavia molto più diffuso è invece un nichilismo debole, inconsapevole di se stesso. Che non vede o non vuol vedere il deserto che il pensiero razionale gli mostra.
E allora o fugge, abbandonandosi ad ogni lasciata è persa, oppure si dedica alla "cultura", all'arte, magari pure alla discussione di temi importanti, come in questo forum... perché questo è il suo piacere, o non sarà invece solo per riempire il vuoto?

Con "verità" e "realtà" mi riferisco
all'esserci.

Per quanto riguarda l'esserci, la realtà è, ma non mi avventuro oltre ciò.
La realtà contiene tutto, ma non è un contenitore, perché le cose che continente non sono se non in potenza.
Non sono tali una volta per tutte, ciò che vale solo per la realtà.
Perché la realtà sia un contenitore occorrerebbe specificare cosa contiene, e a ciò ambisce una certa razionalità ingenua.
Ma che sia ingenua o meno le cose che la razionalità fa' emergere dal loro essere potenziale sono sempre fra loro relazionate. Questa relazione fra le cose  emerge immancabilmente insieme alle cose.
Se facciamo emergere cose diverse cambiano le loro relazioni.
Che queste cose non abbiano una esistenza autonoma, come ci illudiamo sia, lo si comprende ogni volta che ne vogliamo sondare gli esatti confini, risultando evanescenti, tramutandosi a volte le cose, nella loro apparenza nel loro opposto.
Cos la materia ,che il razionalismo vorrebbe porre a fondamento della realtà , mostra la sua inconsistenza , tramutandosi nel suo opposto , mostrando di essere fatta di vuoto.
Noi che cosa siamo?
Siamo una di quelle cose, non ben definibili, in quanto privi di una esistenza definitiva.
Le cose, seppur prive di questa speciale esistenza riservata alla sola realtà, sono pur tuttavia conoscibili, in quanto relazionate fra loro, perché nascono già comprensive di quelle relazioni.
Ciò non vale per la realtà ,essa non è conoscibile, in quanto essa non possiede relazioni non possedendo alcuna cosa oltre a se'.
In effetti essa è' solo una ipotesi necessaria alla conoscenza delle cose.
Naturalmente non sarò stato esente da contraddizioni nel mio scritto, ma il mio scopo non è quello di conoscere la verità, ma di non scambiare la mia conoscenza per quella.
Essa è un miraggio nel deserto, che rende però il deserto qualcosa di diverso da quello che tu vuoi credere.
Esso è un continuo fiorire di possibilità.
È possibile la conoscenza in quanto gli oggetti della conoscenza non esistono in se' , ma sono costruiti dentro una realtà di possibilità.
Non pretendo di conoscere la realtà in se', altrimenti detto di conoscere la verità ,perché ciò per me è cosa priva di senso.
Desidero solo andare fino in fondo alla inconsistenza delle cose, non figurandomi ciò che ho estratto dal mondo delle possibilità che la realtà mi regala,  come essenze della realtà stessa.
La realtà non è un deserto se ogni volta così diversamente rifiorisce.
Siamo già nel giardino dell'Eden, e lo sappiamo pure, ma il saperlo in se' non è necessario, in quanto solo una possibilità in più fra tante.
In quanto tale la conoscenza non va' snobbata quanto non va' sopravvalutata.
Mi dispiace che tu interpreti tutto ciò in senso negativo, come male.
In fondo non è essa, la conoscenza, una cosa così importante da meritare tanta attenzione nel bene e nel male.
Mi limiterei a goderne per quel che è, senza attendere che, qual bel gioco essa sia, non mi si riveli, come immancabilmente succede, e come sia tema credo di questa discussione, solo in punto di morte, quando la possibilità che io sono non diventi più "realmente" sostenibile.
Che la vita non sia un continuo dissimulare, un continuo negare, una continua rinuncia, ma il suo contrario , per quanto essa non è comunque niente di che' in particolare. Non sopravvalutiamoci. Godiamo in umiltà.
Non prendiamoci troppo sul serio perché rischiamo di apparire ridicoli come ridicoli ci appaiono nella loro tragicità uno Hitler o uno Stalin.Qual'e' infatti la loro colpa se non l'essersi presi troppo sul serio?
Non noi non saremo così cattivi magari, ma in genere comunque parimenti ridicoli nel nostro voler fissare la realtà delle cose una volta per tutte, come un deserto in cui fioriscano eterni fiori di plastica, come quelli che si vedono anche ai cimiteri.