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Messaggi - iano

#4291
Ciao Mauro.
Ma sei sicuro che nelle università facciano tali affermazioni che a me sembrano singolari in assoluto, e non perché celino altro?
La ragione è uno strumento attraverso il quale ci rapportiamo alla realtà, ma cio' non  implica che  la realtà sia razionale.
Allo stesso modo che ci rapportiamo alla realtà attraverso la nostra emotività,  senza che ciò implichi nulla di particolare.
#4292
Tematiche Filosofiche / Lo starec Zosima
28 Giugno 2021, 06:20:29 AM
Citazione di: bobmax il 27 Giugno 2021, 09:54:48 AM
@Daniele22

Il pensiero razionale non aggiunge nulla alla verità. Solo la chiarifica.

Pensando, analizzando, non scopro alcun'altra verità che non sia già presente in me. Ma la chiarifico mettendola alla luce. Considerandone le implicazioni, la realtà esce dalla nebbia.

Da questo tu passo si deduce che identifichi la verità con la realtà. Una ridondanza di termini che non aiuta la chiarezza.
Io preferisco parlare solo di realtà.. si deduce che [size=78%]tu inoltre contieni una verità in quanto parte della realtà, che in termini più semplici significa che tu sei parte della realtà. la quale è indipendente dalla coscienza che tu ne puoi avere, la quale ultima può emergere grazie alla ragione.[/size]
Condivido, ma mi sembra un modo complicato di dire che la coscienza non ci esaurisce e che la sua quota è variabile.
Può aumentare alimentando l'io, o diminuire prosciugandolo, ciò che al limite equivale per te all'annullamento.
Ma un pur totale annullamento della coscienza non annulla la realtà. Non porta cioè al nulla, ameno che tu in un grande polpettone non confondi realtà, verità e coscienza.
Comunque fin qui in parte mi ci trovo, ma quando insisti sul padre e il figlio unigenito e compagnia mi sembra come se tu ed io vivessimo su pianeti diversi senza possibilità di comunicazione.
In un certo senso è vero che se tu chiudi gli occhi della coscienza la realtà si dimostra essere il nulla, al quale aneliti pare a ricongiungerti, ma solo perché confondi coscienza con realtà.
La ragione non può condurre a nessuna verità, nel senso di un accesso diretto alla realtà, ma è solo un modo di manipolare utilmente una sua descrizione funzionale.
Funzionale ad una interazione con la realtà, da non confondere con la realtà stessa.
Il tuo agire non richiede necessariamente uso di coscienza, ma nella misura in cui la usi ti ritrovi con un prodotto ( di scarto, indesiderato? ) che è la coscienza del male, ma che in effetti è solo la coscienza che usi ,senza che ciò sia strettamente necessario, nel tuo agire.
È nell'azione che vedi il male, e nel suo annullamento il bene.
È una prospettiva rinunciataria.
Chi non agisce, non puo' fare alcun male. Chi non fa' non sbaglia.
Per eliminare questo prodotto indesiderato, per tornare al nulla come tu dici, devi annullare la coscienza.
Il male per te non è certamente nella realtà, ma nella coscienza che usi nell'interfacciarti ad essa.
Si può annullare la coscienza della realtà, ma ciò non significa che la realtà equivalga al nulla.
Che bisogno ci sarebbe della ragione se essa servisse solo a chiarificare la verità che è in te?
Sembrerebbe solo un esercizio sterile.
#4293
Diciamo che l'individuo sarebbe un paradosso se poi non vi fosse condivisione sedimentata in una percezione comune o che venga da contingente professione di fede, e cosa è l'idea di un Dio unico se non la sublimazione di ciò.
Dio è la soluzione all'apparente paradosso di tanti individui che tendono naturalmente ad unità, raggiunta compiutamente la quale però si annullerebbero, perdendo la loro funzione che è quella di dare a questo fantomatico individuo unico l'onniscienza che solo tante menti indipendenti e occhi diversi puntati ovunque possono dare.
In un certo senso, se tutti vediamo rosso, è solo un fatto di fede che viene da lontano.
Una religione di cui nessuno ha più memoria, ma che tutti continuano a professare, e non si offendano i daltonici per il banale esempio.🙏
#4294
Citazione di: Eutidemo il 26 Giugno 2021, 06:47:09 AM
Ciao Iano. :)
Sono d'accordo con te sul fatto che qualunque testo può e deve essere interpretato.
Sono anche d'accordo con te sul fatto che:
- i cristiani, e più in generale i credenti, possono dare interpretazioni anche molto diverse fra loro, ma sono tali in quanto si fissano ad interpretare gli stessi testi;
- i non credenti, invece, si caratterizzano dal riuscire a trarre ispirazione spirituale da ogni possibile testo.
***
In base a tale classificazione, a ben vedere, io dovrei essere considerato un "non credente", in quanto, appunto, traggo ispirazione spirituale da ogni possibile testo, anche di religioni non cristiane; ma, se, a volte, mi definisco "cristiano", forse è perchè traggo ispirazione spirituale principalmente da testi cristiani.
Tuttavia, a ben vedere, questo può dipendere anche (e soprattutto) dal fatto che sono nato a Roma; ed infatti sono sicuro che, se fossi nato alla Mecca, trarrei ispirazione spirituale principalmente da testi musulmani.
"Cuius regio, eius et religio!"
***
Tuttavia, personalmente, provo molte "affinità elettive" con i testi dell'Advaita Vedanta; soprattutto perchè certi passi di autori cristiani, che non ne avevano mai sentito parlare, risultano praticamente "identici" ai VEDA (vedi Meister Eckart, Angelus Silesius e molti altri).
E lo stesso dicasi per alcuni "sufi" musulmani!
Questo, secondo me, si spiega con il fatto che la consapevolezza dell'ESSERE che sottende tutto l'ESISTERE, è connaturata ad ogni uomo, che, in ogni luogo e in ogni tempo, si sia posto "seriamente" il problema (a cominciare da Parmenide e da Platone); poi, ovviamente, tale consapevolezza è stata diversamente declinata nelle differenti "spiritualità religose", ma, nella sostanza, resta sempre la stessa.

Il dove si nasce sembra infatti legarsi al credo, e ciò sembra paradossale se si è davvero liberi di credere, non essendo liberi di nascere.
La soluzione del paradosso è che c'è una certa convenienza nel credere quel che si dice di credere.
Non è necessariamente un male questa tensione preminente all'integrazione sociale, purché non si consideri un male la tendenza opposta, che è poi ciò che rende una società dinamica e non immobile e granitica come le leggi scolpite sulla pietra.
Concordo che ci sia una consapevolezza comune dell'essere che porta a convergere religioni nate indipendentemente, e io ho suggerito che questa comunanza nasca da una percezione comune, perché il confine fra ciò che vediamo e ciò che immaginiamo è più labile di quanto non vogliamo credere e ed è allo stesso modo per tutti, perché condividiamo una percezione di fondo.
Sebbene la scienza attuale abbia messo a nudo le approssimazioni del sistema percettivo, non potendosi però vivere sempre nel dubbio di ciò che si percepisce, abbiamo da un lato deciso di "credere a quel che vediamo" e per contrappeso le approssimazioni del sistema percettivo sono diventate materia di costruzione religiosa, a libera interpretazione e credo, che però, una volta fissati per convenzione diventano , base su cui si edificano le società.
C'è, in un modo o nell'altro, una esigenza di base che ci porta a voler condividere, perché la nostra interazione con la realtà, se da un lato usufruisce della ricchezza di punti di vista individuali, richiede unità di azione per essere efficace.
Non è difficile condividere una religione perché condividiamo le stesse approssimazioni percettive, se non le ammettiamo semplicemente come tali.
La mia è una ipotesi ardita e forse semplicistica, ma se crediamo alle apparizioni della madonna è perché crediamo in ciò che vediamo o in alternativa sentiamo.
Ogni tanto sento mia madre chiamare il mio nome, ma lei non c'è più, e in quei momenti li nessuno può chiedermi di usare ragione .
Però non è che poi nel luogo dove ho sentito la voce costruisco una cattedrale, se non dentro di me, perché è lì che ho sentito la voce.
Se però li costruissi una cattedrale attorno ad essa nascerebbe una nuova società.
Ciò che percepiamo comunque non manca mai di avere conseguenze, in un modo o nell'altro, e la portata di queste conseguenze e' forse ciò che finora abbiamo mancato di ben considerare.

#4295
Tematiche Filosofiche / Lo starec Zosima
26 Giugno 2021, 00:25:16 AM
Citazione di: Jacopus il 21 Giugno 2021, 23:17:08 PM
"Perchè dovete sapere, miei cari, che ciascuno di noi è senza dubbio colpevole per tutti e di tutto sulla terra, non solo per la comune colpa universale, ma individualmente ognuno per tutti gli uomini e per ogni uomo sulla terra." Solo quando sarà raggiunta questa consapevolezza "ciascuno di voi avrà la forza di conquistare il mondo con l'amore e di lavare i peccati del mondo con le proprie lacrime".


Dostoevskij fa dire queste parole al monaco Zosima, che è steso sul letto, in articulo mortis. Vi lascio riflettere su questa frase senza alcun commento, almeno per ora.
Sembra qui che la colpa individuale sia propriamente  quella di essere un individuo.
Riguarda quindi ogni singolo individuo e perciò è anche universale.
Spariti gli individui , fattisi un solo mondo per amorevole collante, sparisce anche la colpa.
Ma questo conglomerato sarebbe ancora un individuo, quindi ancora colpevole?
Diciamo allora meglio che la colpa non è essere un individuo, ma un individuo fra tanti.
Una colpa ben singolare,  anzi plurale.
Adamo, solo, non aveva colpa.
#4296
Permettetemi una battuta.
Non occorre che Dio abbia le corde vocali.
È sufficiente che abbia le labbra, visto che noi siamo in grado di udire il labiale.
Cioè di ascoltare un movimento che non produce alcun suono.
E questo sarebbe un appoggio , labiale quanto labile, al punto di vista di Phil, che comunque sposo.
Dio può certo farmi sentire la sua voce senza emettere suono, e non solo Dio.
Dio può mandarmi visioni in sogno perché in sogno vedo ad occhi chiusi, e a volte non so' se sogno o son desto.
Quindi da perfetto ateo mi chiedo quanto questi "fenomeni percettivi" ormai ben noti abbiano giocato un ruolo nella nascita delle religioni.
Sempre da perfetto ateo, nella pur contraddittoria frase in cui si afferma che Dio è logos, vedo racchiusa una profonda saggezza.
Ma sempre da perfetto ateo traduco quella frase, senza voler essere blasfemo, con "l'uomo è logos" ,  e anche di più.
Nel senso che la "realtà " in cui viviamo è una possibile descrizione, fra le tante, della vera realtà.
Descrizione e non interpretazione, perché la realtà si può descrivere, ma poi ie descrizioni vanno interpretate.
E ciò è tanto più vero quanto le descrizioni non sono operative, ciò che è completamente vero per un testo come la Bibbia.
Ma in generale qualunque testo va' interpretato.
I cristiani , e più in generali i credenti, possono dare interpretazioni anche molto diverse fra loro, ma sono tali in quanto si fissano ad interpretare gli stessi testi. Sempre gli stessi.
Mentre i non credenti si caratterizzano dal riuscire a trarre ispirazione spirituale da ogni possibile testo.
Ogni credente sceglie la sua interpretazione, e ogni miscredente i suoi testi.
Io non rinuncerei mai alla libertà di scegliere i miei testi, per quanto so' bene che tale scelta molto deve al caso.
Forse non sarò davvero libero di scegliere, ma infine ciò che a me interessa è la sensazione di benessere che provo nel sentirmi tale.
I credenti cercano la saggezza racchiusa nei loro testi, i non credenti cercano a loro volta la conoscenza nei loro, e ciò da' conto del perché la conoscenza sia associata dai credenti al peccato originale, mentre i non credenti giudicano un vero peccato la rinuncia al piacere umano della conoscenza, ma senza farne una questione capitale.
C'è però un punto a favore dei credenti.
Ogni società umana si basa su un testo che deve essere accettato da tutti, e loro sanno bene come si fa', mentre gli atei mostrano a volte anarchica difficoltà .
Questo è il motivo della longevità delle società religiose, abbarbicate ai loro testi sacri contro ogni legge della gravitazione, per cui essi dovrebbero mollare probabilmente i loro appigli in misura proporzionale alle contraddizioni che si accumulano nel tempo col mutare dei linguaggi e del senso comune.
Ma in fondo mi auguro che ciò non avvenga mai e che essi possano continuare a provare la soddisfazione che sta nel loro credere a qualcosa  come la mia sta nel credere a tutto e a niente.
#4297
@Socrate78.
Sinceramente sono scioccato dal tuo discorrere ancora di razze pure, anche se se è evidente che le tue intenzioni non hanno nulla a che vedere con la recente tragica storia.
Il vero problema non è come interpretare la Bibbia, ma il peso da dare a qualsiasi libro, che sia di scienza, sacro o altro.
Nessuno libro è da prendere alla lettera, perché esso è una possibile descrizione della realtà, e se lo si prende alla lettera, se si crede a ciò che esso riporta, siccome esso non corrispondera' mai alla realtà, si cercarla' allora di conformare la realtà, distorcendola, a quel libro.
Così ad esempio se si crede ad un libro che dica che gli uomini si dividono in maschi e femmine, prima o poi arriva qualcuno che ritiene di dover eliminare quegli uomini che non corrispondano alla descrizione del libro, perché se il libro dice la verità allora quegli uomini sono errori della natura, e vanno perciò epurati.
Così si crederà davvero che esiste una specie homo sapiens, ben distinta da altre specie homo, di modo che una possa dirsi pura e l'altra no, e su ciò costruire castelli in aria, che quando va' bene non hanno conseguenza alcuna, ma non sempre purtroppo, come ci insegna la storia è stato così.
#4298
Ciao Eutidemo.
Per me il vero mistero della Gioconda è che sia il quadro più famoso di Leonardo pur non essendo il migliore, e magari per il motivo, come tu dici, che è stato più volte rimaneggiato.
Mi chiedo cosa ci vedano davvero tutti quelli che vanno ad ammirare il quadro.
Tutti si concentrano nella sala della Gioconda, lasciando quindi sguarnite le altre sale, e questa mi sembra la vera notizia buona per i visitatori più accorti e meno fanatici del Louvre.

Posso aggiungere, già che siamo in tema di dissacraziome che ho trovato il David di Michelangelo grottesco con quel suo testone?
Quanti se ne saranno accorti , ma si sono ben guardati dal dirlo?
In generale mi chiedo quanti riescano davvero a dare un giudizio di una opera d'arte senza lasciarsi influenzare dai pregiudizi.
Ebbene, sembra che il testone del David non appaia tale in prospettiva se lo si guarda dal punto da cui era previsto lo si guardasse, per tacere di altro che altrimenti grande davvero non appare, anzi.😇
Ma io questo non lo sapevo quando gli ho dato del testone.
Però nella pittura di Michelangelo ancora mi chiedo cosa ci trova la gente .
Per le sculture invece mi inchino adorante., anche per quella che, seppur rimaneggiata, o meglio ripensata come sembra essere stato il Mose, ' pure mi sembra la più bella..
Infine la Gioconda mi sembra più che eccezionale, l'eccezione alla regola del genio Leonardesco.
Ma mi chiedo, se è la sua storia  avvolta nel mistero che l'ha resa famosa, la gente allora cosa cosa va' a vedere veramente?
#4299
Citazione di: Alexander il 24 Giugno 2021, 01:02:28 AM
La prima guerra mondiale fece circa 14 milioni di morti, la seconda ne fece sui 60 milioni e il dopoguerra altri 20. E Questa mattanza di vite umane fu possibile grazie ai progressi scientifici nella produzione e uso di armi sempre più sofisticate e terribile. Il pianeta è sull'orlo del collasso e questo è stato possibile grazie al poderoso progresso scientifico che ha permesso un sempre maggiore sfruttamento delle risorse naturali. Non è tutto oro ciò che luccica. Poteva andare diversamente (tipo un progresso scientifico meno legato al profitto e allo sfruttamento politico dello stesso)? Forse sì, ma non lo sapremo mai...
Bisogna decidere se la scienza siamo noi o è altro da noi.
Se la scienza siamo noi allora i responsabili siamo noi.
Se non siamo noi la responsabilità è della scienza, ma è ovvio che ciò non ha senso. Come fa' la scienza ad essere responsabile?
La scienza siamo noi e non si può fermare senza annullare noi stessi.
Siamo noi a decidere cosa fare della scienza perché siamo noi a decidere cosa fare di noi stessi.
Certo, poteva andare diversamente, ma secondo me c'è un pregiudizio di fondo che falsa la nostra visione delle cose.
La scienza non è un punto di discontinuità nella storia dell'uomo, ma è l'uomo da sempre, con il suo agire.
L'uomo è cambiato nel tempo e oggi il suo agire lo chiamiamo scienza .
Se si prende piena coscienza di ciò allora io mi concedo il lusso di essere ottimista.
Se si continua a colpevolizzare la scienza come altro da noi allora la vedo dura.
Non sto imputando ciò a te Alexander.
Ho preso solo spunto dal tuo post nel quale affermi comunque fatti non negabili.
Tuttavia se si seguisse rigorosamente la logica del tuo post dovremmo forse auspicare un ritorno alle guerre puniche, perché facevano meno morti?
Ma eravamo uomini a quei tempi e ancora lo siamo e non abbiamo fatto nessun progresso, ma semplicemente siamo cambiati. In meglio, in peggio?
Come si fa' a dire?
Quale metro dovremmo usare per giudicare?
È sufficiente contare i morti di ogni nuova guerra?
Il "progresso " scientifico crea disparità?
Ma è l'agire umano a creare disparita, eppure siamo arrivati fin qui tutti insieme.

#4300
@Socsrate.
La ricerca scientifica non è obiettiva , in quanto ricerca dell'uomo, il quale tende ad attribuire o meno autorità ad alcuni ricercatori o filosofi in genere, ma non in via definitiva e continuativa , come si è verificato per millenni.
Il principio di autorità è stato combattuto dalla scienza non in se', ma in quanto esclusivo metro per dirimere ogni questione.
Non esiste teoria scientifica che non possa non configurarsi come pregiudizio, perché la ricerca può essere spinta o meno da un fine, ma non ha una fine.
L'avversione verso la scienza nasce da una sua sopravvalutazione, come quando tu credi, e ti sfido a dire su quale base, che essa possa dire se è più intelligente un nero oppure un bianco.
Tu sembri affermare infatti ciò come se la cosa avesse un vero senso, e intendo un senso operativo, in quanto la scienza e ricerca e quindi azione.

La scienza altro non è che l'agire dell'uomo, che da' forma al suo essere, ed essa non può essere considerata dunque in modo negativo, ameno di non voler professare come alternativa positiva la sua immobilità ed  il suo annullamento , e questo a me sembra intendano certe religioni che spostano la vera vita in un altrove indefinito.
In questo contesto attuale dovremmo quindi limitarci a non fare del male, e questo è di fatto un invito all'inazione, perché chiunque fa' sbaglia.
È un invito a rinunciare alla nostra natura, dove si cerca di combattere la scienza portandola in un campo che non è il suo, quello della ricerca dell'obiettività e della verità, per poi dire che essa a ciò non è adatta.
Infatti non lo è.
Essa non è in concorrenza con la tua religione .
È tutta un altra storia. È la storia del l'agire umano.
Un agire che non ha un fine e una metà, anche quando chi agisce ciò a volte si figura.





#4301
Ciao Bobmax.
Puoi ben essere certo che non conoscerai mai la verità, almeno così come tu la intendi, e almeno in questa vita.
Ma allora come fai a prendere resposabilmente posizione in nome di non sai cosa?
Però se di verità parliamo allora certamente qualcosa di diverso da ciò che tu intendi forse intendiamo, senza perciò necessariamente concordare su cosa sia, e semmai prendiamo posizione in relazione a come la intendiamo.
Per me è ciò che si differenzia dall'opinione in quanto volutamente cercata e non semplicemente constatata, come ciò che gli uomini hanno prodotto senza una precisa intenzione.
Non si tratta di una differenziazione di sostanza, ma di metodo che implica una volontà di ricerca.
Così ad esempio questa ricerca è approdata ai giorni nostri a una precisa definizione di caos, mentre invece nell'opinione corrente non è ben chiaro cosa sia, e in tali termine credo tu lo intenda.
Lo intendi come non sai cosa, in opposizione a qualcosa, la verità, che parimenti non sai.
Il caos è semplicemente una situazione reale, che quindi può ben esistere, della quale non abbiamo pieno controllo, dato che non di ogni cosa possiamo avere il controllo.
La ricerca filosofica e la scienza che da essa deriva, tendono appunto a dirimere il caos attraverso una ricerca mirata, non accontentandosi dell'opinione degli uomini che deriva da esperienze umane sparse e casuali.
Il concetto di verità nasce quindi da una volontà di una ricerca mirata in cui gli uomini uniscono ,concentrano, e organizzano le loro forze, ma da ciò in effetti non può nascere alcuna verità, se non per scusabile illusione.
Il caos non è il caso, ma a prima vista gli somiglia.
Parimenti la scienza a prima vista sembra dirci la verità, ma così non è.
Verità e caso sono concetti limite cui non corrisponde nulla di reale.
In questo senso la verità è il nulla, nel senso che non corrisponde realmente a nulla.
Si comprende perché ne parliamo, ma non dovremmo prendere troppo sul serio quel che diciamo.

#4302
Citazione di: viator il 19 Giugno 2021, 17:53:07 PM




Mi limito quindi a porre il quesito seguente : "Per la persona di fede (il credente in Dio) quale delle due volontà è da considerarsi quella principale, ovvero - in via fondamentale - a quale delle due si dovrebbe attribuire il primato ?. Alla volontà umana? Oppure a quella divina ? O infine......dipende dai casi?". Saluti.
Che sia quella di Dio o che sia quella dell'uomo, la volontà è riferita al singolo individuo, perché è ovvio che non si può parlare di volontà dell'umanità.
Senza voler essere sacrilego, è ovvio che diverse volontà confliggano potenzialmente alla pari, a meno che non tutti gli individui siano posti in partenza alla pari.
Se Dio non è alla pari dell'uomo per il credente, ma superiore, allora la risposta al tuo quesito viene da se'.
Ma , data questa risposta come ovvia, posta la superiorità di Dio, la vera domanda poi è ... cosa ce ne facciamo allora della volontà del singolo uomo? A cosa serve?
Ma ,io, da non credente , non sottostò ad alcuna volontà superiore, a meno che non si potesse parlare di volontà dell'umanità, perché in effetti la mia volontà confliggr con le leggi con le leggi della società, che hanno certamente una derivazione naturale, ma non perciò hanno carattere univoco, essendo diverse le società.
Se potessimo assegnare una volontà ad ogni società, queste volontà confliggono alla pari, facendo ognuna riferimento in qualche modo ad una volontà superiore a quella dell'individuo, come se appunto esistessero volontà superiori a quella dell'individuo.
Ora è evidente che la volontà di una società, sia che là si riferisca al suo Dio eletto che ad altro, se ne potessimo parlare, è superiore a quella del singolo individuo che la compone.
Se ne potessimo parlare è ovvio che prevale la volontà della società, qualunque sia il suo sponsor, di origine divina o meno.
Banale ancora notare che le diverse società, a qualunque sponsor si affidino, non possono non fare riferimento ad una base comune umana, altrimenti detta naturale.
La difficoltà sta nel non poter attribuire alle diverse società umane, o alla intera umanità ,una volontà, seppure le società e l'umanità intera si comportino proprio come se la avessero.
Così si supera questa difficoltà attribuendo quella volontà ad un individuo detto Dio assunto come sponsor di quella società.
Divino è il processo di identificazione di una società .
Certamente quindi la volontà di Dio, o della società, sarebbero superiori, se se ne potesse parlare, e i credenti hanno trovato il modo di parlarne, creando però un paradosso dal quale poi non riescono ad uscire.
Perché rimane irrisolto per loro il problema di cosa farsene della loro volontà.
L'unica modo di uscire dal paradosso è quello di mortificarla, denigrandone la natura.

#4303
Il punto è che studiare il greco per studiare la filosofia, come esorta a fare Green, non senza ragioni, scoraggia chi, non potendo/ volendolo fare, nondimeno vorrebbe filosofare perché a ciò lo spinge la sua natura.
Se io, pur a spizzichi e bocconi, provo a leggere gli antichi come i moderni filosofi, come ad esempio Heidegger, non posso non restare ammirato e soggiogato.
E così mentre leggo Heidegger sono hieidggeriano, e mentre leggo Platone idem.
Ma se mi sono lasciato libero di filosofare, se ho sviluppato la mia filosofia, allora diventa facile, quando non immediato per me realizzare che la penso in modo opposto ad Heidegger, che mi appare antico come pensiero, e che il mio pensiero sia invece una rielaborazione riveduta e corretta del pensiero di Platone, tanto riveduta da apparir altro.
A seconda di quale strada si scelga, ci saranno diversi modi di filosofare, posto che unica e condivisa sia l'esigenza di farlo (o un unica filosofia come dice Daniele), quello dello storico della filosofia è quella del dilettante istintivo.
Sono davvero da mettere queste in contrapposizione o da far convivere felicemente , posto che comunque qualunque strada scegliamo non potrà mai dirsi una scelta definitiva, se non per il fatto che se non hai fatto almeno il classico iniziare a tarda età lo studio del Greco può non avere senso ?
Se ora io decidessi di studiare Heidegger in modo approfondito lo farei solo per capire da dove arrivino le sue idee balzane, perché ciò è interessante capire.
Ode ancora attive e ben presenti su questo forum come nella società .
Posso solo dire che quel poco che ho letto di Heidegger, mentre lo leggevo, mi trovava d'accordo pienamente.
Ma la stessa cosa potrei dire in pratica di quel poco di ogni filosofo che ho letto, e in tal senso poco importa da quale interpretazione è da quale traduzione ciò che ho letto derivava.
Probabilmente qualunque traduzione e interpretazione mi avrebbe trovato d'accordo.
Succede però che poi io mi dimentichi, o creda di dimenticarmi, di ciò che ho letto, sviluppando la mia filosofia, che a posteriori posso confrontare con quella di Heidegger e di Platone, come sopra detto.
Così Platone mi vien da metterlo fra i moderni, nel senso che lo sento molto vicino, ed Heidgeer invece no, e posso dire ciò con critica certa è quasi immediata, perché a confrontare diversi pensieri, quando ben presenti al di là' delle tante parole che hanno prodotto, è un attimo.
Hidgeer è certamente presente e attuale nella cultura contemporanea , quanto è evidente la contraddizione presente nel suo pensiero.
Come scrive Maurizio Ferraris nella "Repubbilca" di giovedì, 17 giugno in una critica ad Heidegger:


Tra varianti e vaccini il virus forse se ne va'.
Quello che sono certo non se ne andrà, almeno a breve, è un assunto di fondo, l'idea che siamo padroni della natura e schiavi della tecnica.
È ovviamente vero il contrario ,il virus,  in quanto natura, ci ha messo in ginocchio, il vaccino, in quanto tecnica, ci offre una tregua. E allora perché neghiamo l'evidenza?


E allora, buttiamo via Hiedgeer?


Per quel poco che ne so' è uno che ha cambiato idea nel corso della sua vita.
E questo devono fare i filosofi.Questo significa essere filosofi, perché se cambi idea allora vuol dire che pensi.
#4304
Percorsi ed Esperienze / Astrologia - Almanacco 2021
18 Giugno 2021, 05:57:57 AM
Polvere di stelle siete, e polvere di stelle tornerete e poi tocca sempre a me mettere in ordine, esclamò la Filosofia.
È un compito ingrato quello che mi assegnate voi uomini, in quanto ignorate la mia vera natura.
Dall'ordine non nasce nulla perché esso è condannato a replicare se stesso.
Pensate davvero che a ciò possa ridursi la realtà?
Ne' a ciò ne' al suo contrario.
Ordine e disordine sono solo due costellazioni che essa proietta nella vostra mente.

Se mi fuggite per divertirvi è perché non avete compreso la mia natura.
Io mi pongo fra voi e la realtà come fantasia.
I vostri padri filosofi mi usavano, e perciò erano tali.
Dunque cosa vi hanno insegnato?
Forse che  il loro insegnamento era finalizzato ad opprimervi con la loro autorità?
Non li avete presi, e non vi prendete voi troppo sul serio , al punto che poi per fuggire a tale pesante oppressione vi tocca strologare, ubriacandovi di distillati stellari ?
#4305
Ambiente e patrimonio genetico mi sembrano due facce della stessa medaglia.
Nel patrimonio genetico infatti è codificata l'influenza ambientale, ,ma in barba al comportamento determinismo che da ciò dovrebbe derivare, molto si deve al caso, motivo per cui due gemelli possono avere ben diversi comportamenti.