Citazione di: Apeiron il 30 Gennaio 2017, 12:51:42 PMSono anche io convinto che sia impossibile liberarsi completamente della metafisica, tuttavia questo non significa che non abbia senso dirsi "antimetafisici" (nel paradosso di usare la metafisica per farlo) nel senso di voler determinare uno sforzo latente che determina le proprie scelte. Da un certo punto di vista assomiglia al paradosso di Achille e la tartaruga, mentre Achille corre verso l'assenza di metafisica, la tartaruga metafisica si è già mossa. E' un paradosso collegato all'esistenza del tempo, da cui nessuno si può affrancare.Citazione di: InVerno il 30 Gennaio 2017, 00:57:22 AMCitazione di: Apeiron il 29 Gennaio 2017, 18:53:47 PM@Inverno se fosse possibile fare quell'operazione avremo compreso il mistero della vitaAnche io ho pensato ad un esperimento simile, non in mare ma di un uomo nato e vissuto in una stanza bianca senza riferimenti. "Purtroppo" nonostante questo tipo di esperimenti disumani fossero comuni durante la WWII non ne ho trovato traccia di realmente realizzati, se non in via ipotetica. Simpatico l'anneddoto invece di un guru indiano che disse "quando arrivano degli occidentali, specialmente molto religiosi, la prima cosa che bisogna fare con loro è "destrutturarli" "sgonfiarli", sono cosi pieni di teoria che si possono impiegare anni, ma è possibile". E' possibile? Non lo so, ma è anche vero che per quanto si può essere puristi, non sempre il "risultato esatto" è preferibile ad un "risultato dallo stesso risultato". Intendo dire, che dubito sia realmente possibile farlo, la propria sopravvivenza sarebbe in grave rischio l'attimo dopo l'esserci riusciti. Tuttavia, è probabile, che si possa immaginare un piano inesistente, immaginario, che corrisponde a quell'oceano di cui parli. Una finzione, e qui bisogna essere disposti ad accettarla, ma che ha lo stesso risultato quando uno vi si adagia, e possa essere spenta e accesa a piacimento. Altra, peraltro, abilità che alcuni guru "vantano", la capacità di accendere e spegnere il cervello quanto di aprire e chiudere la mano. Anche qui bisorrebbe essere prudenti tuttavia, come ben sappiamo, esso non si spegne nemmeno nel sonno. E' tuttavia curioso che quasi tutti lo anelino, in determinate forme. Chissa forse ha a che fare con qualche ricordo uterino? Ne ho sentito parlare. Detto questo, vedi, la mia legatura ha funzionato, ho invocato il tessuto invisibile del mondo e ho legato te al mio bisogno, quello di una risposta interessante, attraverso le maglie invisibili che ci tengono insieme la legatura ti ha raggiunto, e tu me l'hai data. Cosa dovrei credere? Di essere un mago? (il magoi greco sarebbe un ciarlatano in realtà) Sembra stupido ma ci sono tracce di desideri molto più puerili e improbabili che venivano invocati nello stesso modo, se un giorno venisse trovata una tavoletta con scritta la mia legatura non farebbe certo notizia, ne lo farebbe oggi se potessi ascoltare le preghiere di qualcuno. E' interessante notare tuttavia che la segretezza di questi desideri li renda magia, in questo caso parlavi bene dicendo che "nasconde le cose". Le tavolette per esempio venivano seppellite non potevano essere lette, le preghiere sono fatte nel privato riserbo, nella capanna dello sciamano si entrava da soli... Insomma , sembra troppo facile "chiedere pubblicamente" se vogliamo provare davvero a noi stessi che c'è un intreccio tra noi e il "totalmete Altro", dobbiamo autocostringerci a scrivere un biglietto in una bottiglia e lanciarlo nell'oceano e aspettare che arrivi sulla spiaggia dell'altro. Allora e solo allora potremo dire di aver fatto un "miracolo".a parte gli scherzi da quanto ci ho capito io Wittgenstein aveva notato delle "rassomiglianze di famiglia" tra i vari riti. E la più forte di tutte è che la parte più "profonda" di questi riti non era testabile. Esulava dall'analisi empirico-razionale. Posso provare scientificamente che se confesso i miei peccati Dio me li ha perdonati? No, altrimenti non sarebbe un rito e "avere fede" non avrebbe senso. Se io ho fede nel rito in questione il rito stesso lo percepirò in modo diverso da uno che è esterno al mio sistema religioso-rituale. Ma questa è "magia"? Forse sì, perchè in comune con la magia è che non è comprensibile. Ma non può essere magia in senso di "occultismo" (usavo in questo modo la parola "magia" nei miei post). Se credo nel karma o nella Provvidenza certi fatti li interpreterò in modo diverso da uno che non crede in nessuna delle due cose. Tuttavia si può parlare di "errori"? Certamente non dal punto di vista scientifico! E Wittgenstein non voleva affatto "creare" un modello, una teoria. A che sarebbe servita? Puoi davvero capire un rito senza viverlo? Wittgenstein si fermò a dire: ci sono dei riti e ci sono chiare somiglianze tra i riti. Ma non posso dire di più anche se ho la tentazione di connettere i punti. Tutto ciò cosa c'entra con la metafisica? Beh se quello che penso io è vero ognuno di noi capisce la realtà in modo che dipende dal contesto in cui è e dalle sue caratteristiche individuali. Quello che capisce un giapponese della parola Dio ("Kami") e quello che capisce un indù possono essere due cose diverse. Questo perchè a causa delle nostre caratteristiche non possiamo che avere una comprensione della realtà incompleta e distorta e quindi "siamo costretti" per capire la realtà a trattarla come una "collezione di oggetti" - enti. In modo simile posso impegnarmi finché voglio a capire la realtà senza ricorrere a pensarla come formata da "parti", "cose", "pianeti" tuttavia non ci riuscirò, secondo me, mai. Perchè? perchè è come "volare con le ali", cosa per noi impossibile. Sottolineo però "in modo simile" perchè a mio giudizio per come siamo, e come ragioniamo (non solo noi occidentali) se vogliamo "costruire" una teoria sul mondo non possiamo rinunciare a ragionare in termini di enti. Per lo meno una teoria che rinuncia a ciò non riesco nemmeno ad immaginarmela! Sarebbe ancora considerabile "teoria"? Qualche anno fa lessi un esperimento mentale. Supponiamo che un'intelligenza viva in un luogo senza distinzioni come ad esempio un oceano estessissimo di modo che non ci sia niente da "contare e distinguere". Esisterebbe il concetto di "numero"? Se no riuscirebbe a fare una "matematica"? E tale disciplina sarebbe conforontabile con la nostra? Ma: una tale intelligenza può veramente esistere in un mondo indifferenziato, dove non c'è l'Altro (ossia un'identità separata, ossia un ente)? Ci può essere una mente senza che questa abbia come idee (innate?) "questo" e "quello", "me" e "l'altro"? Esiste una mente senza differenziazioni? Esiste una mente che è senza concetti come "verità", "etica", "esistenza", "io", "questo", "quello"? Perchè stiamo parlando di questo in questo thread. Eliminare la metafisica in toto secondo me è impossibile perchè servirebbe un'intelligenza diversa. Ma tale intelligenza sarebbe "intelligenza"? Potremo indagare tali intelligenze e teorie senza finire a dire insensatezze?
La mia risposta in realtà era divisa in due parti, la parte dell'esperimento voleva essere una "critica" all'antimetafisica. Personalmente riconosco che della metafisica si tende ad abusare troppo ma a mio giudizio la metafisica è un modo di spiegare la realtà che abbiamo noi. La vera domanda è: è universale? Ora nell'esperimento mentale volevo fare in modo di far riflettere di quanto le intelligenze che possiamo immaginarci in realtà sono estremamente simili alle nostre, vuoi per il nostro DNA, vuoi perchè Dio ci ha creati così. Se quell'essere in un mondo indistinto potesse avere una logica, una metafisica o come si possa chiamare secondo me per noi sarebbe incomprensibile (e viceversa). Possiamo davvero "capire" qualcosa senza ragionare in termini di distizioni. Si potrebbe anzi dire che tale intelligenza comunque formulerebbe una metafisica minimale in cui esiste solo lei e ciò che è esterno a lei. Questo si può però portare allo stremo: se il solipsismo fosse davvero la corretta descrizione della realtà sarebbe possibile formualrlo? Potrei io parlare di me senza che ci sia qualcosa di esterno. Per parlare di me dovrei infatti comunque distinguermi almeno da cose immaginarie, ma ciò sarebbe possibile? Questo era il senso dell'esperimento mentale e questo è anche a mio giudizio l'argomento a favore della mia convinzione che non possiamo liberarci della metafisica in toto. Al minimo la metafisica infatti è semplicemente una "spiegazione" della realtà sensibile.
Per quanto riguarda i riti. Allora: quello che dici tu è tutto vero però non bisogna confondere religione/magia e superstizione/occultismo. Ad esempio posso delirare e dire che il tumore non si cura con la chemioterapia ma si cura con la sola preghiera. Posso continuare ad auto-ingannarmi e pensare così anche dopo aver fatto il giro di tutti gli ospedali del mondo. Tuttavia questo è una interpretazione errata della preghiera. Visto che il rito della preghiera è l'espressione di una speranza. Se si realizzasse sempre sarebbe come dire una formula magica. Il fatto che non sia così banale la faccenda fa capire che la preghiera è un tentativo di fare un legame con Dio. La "magia" intesa così non è una scienza falsa ma un atto di fiducia.
Buona giornata
Riguardo alla differenza tra preghiera e magia penso che ti sbagli, e derivi dal "sentire comune" di quella che chiamiamo magia, che pensiamo sia un atto che preveda il compimento e non l'errore. La magia, nelle società moderne o che si sono affrancate da essa, è quasi sempre usata come strumento nei racconti fantastici, dove le leggi fisiche sono alterate in modo tale che "fuzioni". A questo punto per equivalenza noi crediamo che chi crede nella magia, creda necessariamente che essa funzioni sempre, che quanto meno avrà un risultato anche se non esattamente quello sperato. Questo però è conflittuale con l'esperienza empirica, di cui tutti abbiamo esperienza, qualsiasi sia il nostro "credo", anche se il valore di essa è inversamente proporzionale all'epoca in cui siamo vissuti. Dubito fortemente che l'innamorato dopo decine e decine di tentativi di legare a se l'amata tramite la magia, non vedendone avverato nemmeno uno, continui a pensare che la magia esuli dall'errore. E suppongo che ben presto questo "errore" abbia trasformato la "convizione" in "speranza". E' vero che spesso la colpa veniva dato al mago (non a caso quasi sempre ci sono divisioni linguistiche tra i "maghi che funzionano" e i "ciarlatani") ma più l'uomo affina la sua capacità di intendere il mondo attraverso l'esperienza empirica, più necessariamente la magia si trasforma da "infallibile" a "speranza". Ma la domanda è, che speranza dovremmo avere di vedere un determinato evento avversarsi, se non considerassimo la possibilità che esso avvenga? E cosa nutre questa "possibilità"? Il dogma, di credere in determinati eventi magici (passati, e a lunga distanza dalle telecamere), e che la loro esistenza, permetta a noi (per pensiero magico) di sfruttare quella stessa capacità di piegare il tessuto spazio-temporale. Maometto è volato sulla luna con un cavallo alato, ma crederlo non è necessario per avere una vita migliore, ma per poter pregare.. per avere la speranza, che quella piegatura delle leggi fisiche, avvenga anche per me. Da un certo punto di vista si potrebbe dire che la preghiera è una forma di "magia empirica" nel senso che utilizza supposti precedenti che hanno funzionato, per giustificare la speranza che i propri desideri si avverino. Ed ecco il "collegamento dei puntini" di Frazer e compagnia cantante..
Buona giornata

a parte gli scherzi da quanto ci ho capito io Wittgenstein aveva notato delle "rassomiglianze di famiglia" tra i vari riti. E la più forte di tutte è che la parte più "profonda" di questi riti non era testabile. Esulava dall'analisi empirico-razionale. Posso provare scientificamente che se confesso i miei peccati Dio me li ha perdonati? No, altrimenti non sarebbe un rito e "avere fede" non avrebbe senso. Se io ho fede nel rito in questione il rito stesso lo percepirò in modo diverso da uno che è esterno al mio sistema religioso-rituale. Ma questa è "magia"? Forse sì, perchè in comune con la magia è che non è comprensibile. Ma non può essere magia in senso di "occultismo" (usavo in questo modo la parola "magia" nei miei post). Se credo nel karma o nella Provvidenza certi fatti li interpreterò in modo diverso da uno che non crede in nessuna delle due cose. Tuttavia si può parlare di "errori"? Certamente non dal punto di vista scientifico! E Wittgenstein non voleva affatto "creare" un modello, una teoria. A che sarebbe servita? Puoi davvero capire un rito senza viverlo? Wittgenstein si fermò a dire: ci sono dei riti e ci sono chiare somiglianze tra i riti. Ma non posso dire di più anche se ho la tentazione di connettere i punti. Tutto ciò cosa c'entra con la metafisica? Beh se quello che penso io è vero ognuno di noi capisce la realtà in modo che dipende dal contesto in cui è e dalle sue caratteristiche individuali. Quello che capisce un giapponese della parola Dio ("Kami") e quello che capisce un indù possono essere due cose diverse. Questo perchè a causa delle nostre caratteristiche non possiamo che avere una comprensione della realtà incompleta e distorta e quindi "siamo costretti" per capire la realtà a trattarla come una "collezione di oggetti" - enti. In modo simile posso impegnarmi finché voglio a capire la realtà senza ricorrere a pensarla come formata da "parti", "cose", "pianeti" tuttavia non ci riuscirò, secondo me, mai. Perchè? perchè è come "volare con le ali", cosa per noi impossibile. Sottolineo però "in modo simile" perchè a mio giudizio per come siamo, e come ragioniamo (non solo noi occidentali) se vogliamo "costruire" una teoria sul mondo non possiamo rinunciare a ragionare in termini di enti. Per lo meno una teoria che rinuncia a ciò non riesco nemmeno ad immaginarmela! Sarebbe ancora considerabile "teoria"? Qualche anno fa lessi un esperimento mentale. Supponiamo che un'intelligenza viva in un luogo senza distinzioni come ad esempio un oceano estessissimo di modo che non ci sia niente da "contare e distinguere". Esisterebbe il concetto di "numero"? Se no riuscirebbe a fare una "matematica"? E tale disciplina sarebbe conforontabile con la nostra? Ma: una tale intelligenza può veramente esistere in un mondo indifferenziato, dove non c'è l'Altro (ossia un'identità separata, ossia un ente)? Ci può essere una mente senza che questa abbia come idee (innate?) "questo" e "quello", "me" e "l'altro"? Esiste una mente senza differenziazioni? Esiste una mente che è senza concetti come "verità", "etica", "esistenza", "io", "questo", "quello"? Perchè stiamo parlando di questo in questo thread. Eliminare la metafisica in toto secondo me è impossibile perchè servirebbe un'intelligenza diversa. Ma tale intelligenza sarebbe "intelligenza"? Potremo indagare tali intelligenze e teorie senza finire a dire insensatezze?