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Messaggi - iano

#4336
Tematiche Filosofiche / Tutti filosofi.
08 Giugno 2021, 10:42:11 AM
Ma il carattere del filosofo è quello di un accumulatore compulsivo, invogliato dal fatto che lo spazio contenitore sembra indefinito.
La cosa non sembra avere un senso, finché ciò che sembra superfluo non trova un uso inatteso.
Avere un attrezzo pronto all'uso risolve un problema diversamente irrisolvibile di fatto ,dovendosi costruire l'attrezzo giusto al momento.
Siamo qui per tenere i nostri attrezzi ben oliati, anche se non sappiamo se avremo mai modo di usarli.
Somiglia più ad un assicurazione a vita  contro gli eventi più improbabili, che a un biglietto della lotteria a breve scadenza.
Ciò che esclude la possibilità che diventi un giocatore è il fatto che per giocare devi prima conoscere le regole.
Un costo nascosto del biglietto della lotteria.
Anche il capire come fare a incassare l'eventuale vincita mi sembra una fatica di troppo.
L'unica possibilità di arricchirmi per me  è il dissotterrare un tesoro per il piacere di scavare in se'.
#4337
Tematiche Filosofiche / Tutti filosofi.
08 Giugno 2021, 09:46:21 AM
Citazione di: Ipazia il 08 Giugno 2021, 09:35:56 AM
No, ma neppure se componiamo un pensiero. Il sapere non è a buon mercato.
A meno che non riusciamo a venderlo. 😁
Perché sembra in effetti che si tenti di affermarsi vendendo i propri pensieri.
#4338
Tematiche Filosofiche / Un'umile teoria
08 Giugno 2021, 09:14:21 AM
Forse la comprensione della portata del pensiero di Goedel, non certo diffusa, potrebbe essere agevolata dal capire da dove arrivi la pretesa assiomatica.
Questa discussione potrebbe essere una buona occasione per chiarire alcuni concetti come coerenza e completezza.
Un buon esempio di sistema coerente col quale tutti abbiamo sufficiente confidenza è la geometria di Euclide.
E' essa quindi al contempo un buon esempio di teoria incompleta .
Ma allora, posto che tutti abbiamo capito cosa significhi coerenza, cosa significa incompletezza riferendosi alla geometria di Euclide?
Capiremo allora meglio il possibile senso di un parallelismo fra verità e giustizia, per meglio capire, come mi pare di intuire, se un sistema sociale non possa escludere vittime , o se invece ne preveda  il sacrificio a sua fondazione.
A spanne direi che è vera la seconda che ho detto, almeno usando la logica, se è vero che un sistema sociale nasca per esclusione. Nasca cioè, in un senso qui chiaro, incompleto.
Non vorrei, come temo, che ogni sistema sociale trovi la sua giustificazione nell'opporsi agli altri, essendo tutte soluzioni parimenti insoddisfacenti dello stesso problema.
Ma si tratta di un vero o di un finto problema?
L'assiomaricita' , in particolare, quale problema vorrebbe risolvere?
#4339
Tematiche Filosofiche / Teoria del caos.
07 Giugno 2021, 22:51:36 PM
Di solito viene introdotta con l'esempio del battito d'ali di una farfalla che genera un uragano, in stile perfettamente  deterministico, seppur volutamente  paradossale, e quindi forse fuorviante.
La teoria ci dice che un mondo perfettamente deterministico non è perciò perfettamente prevedibile.
Chi può infatti prevedere che a una farfalla si possa imputare un uragano, seppure ciò non possa escludersi a priori?
Se possiamo descriverlo mediante una equazione la teoria ci dice che il mondo è prevedibile , a meno dell'errore sperimentale con cui determiniamo le variabili dell'equazione, fin tanto che le soluzioni dell'equazione varino in un range dimensionale tanto più simile a quello in cui si muovono le variabili dell'equazione, e quanto più lontano a quello del range in cui varia l'errore.
Quando ciò non avviene il risultato è il caos, cioè un mondo prevedibile solo in teoria, ma non di fatto.
La scienza quindi si è appropriata a modo suo del caos contrapponendolo di fatto al caso.
A naso però direi che la storia del caos non coincide con quella del determinismo.
Rimane comunque affascinante il come si riescano a convertire i termini a un diverso significato alla bisogna, snaturandoli nel precisarli, perché magari la nostra percezione del caos, per quanto vaga e confusa, di certo non coincide con la precisa definizione che ne da' la teoria,  che allo stesso tempo può apparirci però convincente e accettabile.

Non è propriamente questo il compito che si propone la teoria, ma di fatto ci da' una definizione ricevibile della "confusa" idea del caos.
A volte sembra davvero che gli scienziati rubino il mestiere ai filosofi, sarà magari perché  tutti comunque uomini siamo, alla fine.
#4340
Tematiche Filosofiche / Tutti filosofi.
07 Giugno 2021, 22:24:11 PM
Non so' perché, ma mi viene in mente un mitico venditore ambulante di biglietti della lotteria a Genova.
Il suo slogan era : tutti ricchi! tutti ricchi! " ; bastava comprare da lui un biglietto della lotteria.
l'unico povero restava lui, che con quell'attività di certo non si arricchiva. :D


E allora siamo tutti filosofi se compriamo un pensiero ?
#4341
Tematiche Filosofiche / La comprensione delle cose.
07 Giugno 2021, 21:50:02 PM
Riassumendo, la mia teoria è che la matematica non sia inspiegabilmente efficace nello spiegare la realtà ( infatti i matematici la creano apparentemente a nessuno scopo in particolare, se non per il piacere di farlo) perché essa in effetti non spiega la realtà , ma crea oggetti che possono mettersi in relazione con la realtà , quindi comprendere le cose significa ripercorrere il processo che le ha generate, posto che i matematici stessi non sanno dire completamente bene qual percorso abbiano seguito.
Solo a posteriori generano un percorso simile, ma quasi mai identico ( si può giungere allo stesso posto per diverse strade) che permetta a tutti di condividere ciò che hanno creato.
Tutto sembra essere stato sotto il loro controllo cosciente nell'atto creativo, ma così non è del tutto, e ciò rende conto del fatto che il percorso per il quale le cose si generano non richiede in se' uso di coscienza.
Possiamo dire che vediamo rosso quando ci colpisce un onda elettromagnetica entro un range preciso di frequenza, ma perché vediamo il rosso rosso e non giallo , questo probabilmente non lo sapremo mai, e in fondo non occorre saperlo, se non nella misura in cui vogliamo inventarci nuovi colori se servisse, cui magari non corrisponda alcuna frequenza.
Impossibile? No.
Il sistema percettivo gia' lo fa' , quando vede rosa, colore che non fa' parte dell'esclusivo club dell'arcobaleno.
Ma se possiamo inventarci il rosa allora possiamo inventarci ciò che ci pare, se serve, una volta compreso il meccanismo che genera le cose, e il miglior modo per capirlo è provare propriamente a generarle ex novo, ma più verosimilmente partire provando a rigenerare vecchie cose.
Ciò che gia' crediamo di sapere, ma non per questo possiamo dire di ben comprendere pienamente.
Ma non è la realtà che dobbiamo comprendere. Noi possiamo comprendere solo ciò che possiamo generare, e che abbiamo generato in relativa coscienza in combutta con la realtà.
Intendo dire per combutta, esperienza o  esperimento in ragione di quanta coscienza sia stata usata.
#4342
Tematiche Filosofiche / La comprensione delle cose.
07 Giugno 2021, 21:00:58 PM
Ciao Tiziano.
Intanto grazie per essere tornato in tema.
No, non credo che le nostre visioni coincidono.
Io non credo che esistano cose in se', se non una generica realtà la cui vera natura possiamo solo indurre, e molto debolmente, dal fatto ad esempio che la conoscenza, ciò che deriva dalla nostra interazione con essa, sia possibile, dal che induco che essa sia coerente, ma poco altro e comunque con ampio margine di dubbio.
Le cose che a noi appaiono dalla interazione con la realtà dipendono dal particolare tipo di interazione ( la stessa cosa appare come onda o come particella a seconda di come la indago, appare cioè come cose diverse, quindi forse non è corretto dire che sia la stessa cosa, come se avesse una esistenza in se') , a cui però non è facile risalire essendo un percorso interindividuale ed esteso nel tempo. Questo è anche il motivo per cui tutti vediamo le stesse cose, dal che credo erroneamente si deduca la realtà di quelle cose.
Io percepisco soggettivamente , ma il sistema percettivo non è soggettivo.
Parimenti non è soggettivo il percorso che porta ad una teoria fisica, che è ancora un modo di "vedere" le cose tutti insieme.
La piena comprensione delle cose che percepiamo equivale quindi a ripercorrere, non a ritroso, ma ancora in avanti , a ripartire da un punto qualsiasi papabile come tale sul percorso che ha generato quelle percezioni.
Ammesso che ciò sia possibile, non è pensabile però  poterlo fare per ogni cosa che percepiamo o teorizziamo con successo.
Ma se si riesce a farlo almeno in un caso, se in quel un caso avremo piena comprensione, allora sapremo cosa significhi davvero capire.
I procedimenti matematici sono un poco una esemplificazione di quanto sopra detto. Essi per analogia ci suggeriscono infatti che un teorema, per quanto possa apparire complicatamente gratuito, possa farsi risalire a qualcosa di ancora gratuito se vuoi, ma logicamente più semplice.
Si può ben supporre credo che la nostra percezione delle cose, che derivano dall'interazione con la realtà, si sia evoluta dal semplice al complesso.
E a dimostrazione di ciò le nostre percezioni sembrano avere diversi gradi di consistenza .
Percepiamo la materia, come percepiamo il tempo, come percepiamo le idee, ma in diverso grado.
Il mondo come ci appare è un po' come tutti ci mettiamo d'accordo che ci appaia, detto grossolanamente.
È una illusione collettiva, ma non gratuita perché ha una relazione con la realtà, e in quanto collettiva ci permette di agire nella realtà come un solo individuo.
Allora si possiamo parlare con piena proprietà di soggettività, la soggettività dell'umanità.
Ma infine a cosa serve capire almeno una cosa, possedere almeno un esempio di come una cosa si sia generata?
Serve a capire come si generano le cose per, una volta noto il meccanismo, provare a generarne di nuove.
In effetti la scienza cio' fa' già da un po'. Genera , a volte con nostro disappunto, nuovi oggetti strani e improbabili , che prima non percepivamo e lo fa' con relativa coscienza, ma non piena coscienza. L'intuito nel processo scientifico gioca ancora un ruolo decisivo.
Capire come comprendiamo la realtà significa aumentare il grado di coscienza con cui interagiamo con la realtà, e da ciò forse potremo sperare di indurre ancora qualcosa su di essa, anche se questa ultima parte non è quella che mi appassiona.
Mi piace solo rompere i giocattoli per capire cosa c'è dentro.
Ma cosa c'è dentro al giocattolo?
Come ogni bambino ha sperimentato con delusione dentro il giocattolo non c'è nulla.
Per comprendere l'essenza del giocattolo devi provare a rimontarlo, il che , come ogni bambino sempre sa' , non è propriamente facile.


La natura stessa, a quanto pare condivide con noi questa difficoltà, secondo la legge per cui l'entropia non può diminuire.
Capire significa capire che ciò che stiamo distruggendo difficilmente riusciremo a ricomporre, se la natura stessa fatica a farlo.
#4343
Ho usato in questa discussione il termine "paradosso" per attrarre audience, ma nonostante ciò, o forse per ciò audience non ha avuto.
Ma ciò che è nato come un gioco è diventato nel corso della discussione un sospetto, che la natura dei principi fisici sia davvero paradossale.
Non so' neanche se il termine sia adeguato a ciò che intendo.
Voglio dire che il mio intuito rifiuta di accettare che la natura sia condizionata da principi che appaiono ai miei occhi come arbitrari.
Certo non nel senso che sono una nostra invenzione gratuita.
Deriviamo essi infatti dalla nostra interazione con la natura.
Ma proprio perciò mi sento di ascriverli propriamente alla natura di questa interazione, che non alla natura.
Dal fatto stesso che questa interazione sia possibile possiamo derivare l'unico limite della natura, se così possiamo dirlo, che risiede in una sua coerenza di fondo che si riflette nelle teorie che la descrivono come requisito ad esse necessario.
Se non è possibile per principio misurare contemporaneamente posizione e velocità, prendendo il principio di indeterminazione ad esempio,  ciò non è cosa che riguarda la natura, perché posizioni e velocità non riguardano la natura, ma una sua possibile descrizione.
In quanto limiti i principi riguardano più noi che la descriviamo.
Il termine stesso "limite" è insoddisfacente.
Noi non abbiamo limiti infatti che non derivino dalla nostra struttura fondamentale.
Il nostro limite coincide col nostro essere, e il descrivere l'essere come limite non sembra del tutto appropriato.
Il giorno che un principio della fisica fosse violato, dovremmo riscrivere le nostre teorie, e sapremo allora che noi siamo cambiati profondamente, perché noi siamo le nostre teorie ad immagine della natura. Cambiano i mezzi che riflettono, cambiano le immagini. Avversiamo le nuove teorie per spirito di conservazione, e non a caso esse spesso vengono proposte da personaggi poco raccomandabili , disadattati sociali, bastian contrari , diversamente sapiens.
Ma il tutto avviene in tempi così lunghi che non c'è ne accorgiamo.
Se qui ne parliamo è perché questi tempi si sono accorciati da farci intravedere qualcosa.
La conoscenza ci ha posti davvero fuori dal paradiso naturale, e ci è dato solo osservarlo da fuori.
La nostalgia del paradiso perduto è però una perfetta illusione.
Il paradiso non appare mai tale se non quando lo puoi guardare da fuori.
Quando ci sei dentro non lo sai, e quando lo sai ne sei fuori, quindi di fatto non te lo godi mai.
Quello di cui possiamo godere nel nostro vivere  è dell'esser ciò che siamo, ma senza mai affezionarci troppo a quel che siamo se vogliamo godere di più vite insieme.


So' cosa risponderete in coro.
Una vita basta e avanza.
E se è così non mi resta , in fondo, che inchinarmi alla vostra saggezza.


Il dolore è funzionale alla vita, ma ad una sola, perché fa' si che nessuno voglia ripetere l'esperienza, a meno che non se ne perda memoria.
Eppure a me sembra di aver vissuto in questi tempi già  più vite insieme.

Non male per un pigro strutturale, o forse proprio per ciò , tendendo a lasciarmi vivere.
#4344
Filosoficamente parlando, la vera illusione sta nel credere che sia possibile una conoscenza priva di pregiudizi, e che anzi essa , come eroe mitico, proceda abbattendo pregiudizi.
In effetti procede, o meglio ,muta, cambiando un pregiudizio con un altro.
Questo è un esempio, giusto o sbagliato che sia, di cosa intendo per contributo della filosofia all'esplicitazione del processo di conoscenza.
Prendere coscienza ad esempio della irrinunciabile funzione del pregiudizio, ma di nessuno di essi in particolare.
Certamente esso crea illusioni, il cui valore però allora va' parimenti rivisto e rivalutato.
Sono parte del processo, sia che medino i sensi, sia che medi la scienza.
Senza di essi non ci sarebbe alcuna scienza e percezione, e quindi alcuna conoscenza.
Perciò la matematica , con i suoi pregiudizi in forma di assiomi , si mostra così "spiegabilmente" efficace .
#4345
Il metodo scientifico è una chimera, mezzo animale  e mezzo macchina.
È flessibile e variabile in quanto macchina, è immediato e costante in quanto animale.
Propongo di associare questa inflessibile costanza, alla certezza dei principi fisici., che quindi risiedono nella chimera e si riflettono sulla realtà, ciò che si può illustrare col mito della caverna di Platone, con riflessione in senso inverso.


P.S. Ho parlato di chimera per esemplificare il concetto, perché invece sono fautore di un uomo "esteso" , comprensivo della sua scienza, della sua percezione, dei suoi sensi, della sua unità elaborativa, dei suoi strumenti, etc...
Sono fautore di ciò sempre nel solito senso si ciò che meglio spiega le cose in quadro semplice e ordinato.
Ultima , ma non ultima, considerazione.
Nel processo di esplicitazione di cui sopra la filosofia gioca in casa.
#4346
Tenerli separati significa considerarli strumenti distinti , che prevedono un diverso uso, ma che condividono la stessa funzione.
I diversi sensi sono gia' un esempio di "separati in casa".
Lo strumento scientifico si aggiunge ad essi a "modo suo" , ma non è un modo sostanzialmente diverso, solo diverso.
Tutti fanno capo alla stessa unità  di elaborazione dati.
Il modo dello strumento scientifico, a differenza dei sensi, è esplicito , perché mediato da massiccio uso di coscienza.
Si guadagna in precisione , ma si perde in immediatezza.
La condivisione dello strumento invece rimane.
Con lo strumento scientifico si guadagna in flessibilità.
Si produce una teoria per ogni occorrenza in tempi non evolutivi.
Si produce una babele biblica. Si perde unità.
Si rimpiange la perdita di unità e si va alla ricerca della teoria del tutto, per ritrovarla.
Raramente tiro in ballo la metafisica, ma mi sembra l'unica giustificazione a questa ricerca di unità, il cui modello starebbe mell'unita' percettiva, che la scienza stessa però di fatto descrive come una illusione.
Una volta che la scienza ha rilevato le illusioni della percezione , non gli rimane che andare alla ricerca, per analogia, delle illusioni da essa prodotte .
La scienza altro non è che un esplicitazione del processo percettivo ancora in corso.
Naturalmente tutto ciò che affermo non è verità, ma una assunzione che ha valore nella misura  in cui crei un quadro unitario, come una rastrelliera in cui riporre in modo ordinato vecchi e nuovi  attrezzi.

In questo quadro mi chiedevo quali potessero essere gli analoghi percettivi dei principi fisici.


Di essi si dice che  non dipendono ne' dalla variabile "bontà degli strumenti" , ne' dalla variabile "perizia dello sperimentatore" , e che perciò sono relativi alla realtà.
E se dipendessero da una variabile nascosta?
Cioè da quella parte ancora non esplicitata.

#4347
Ciao Ipazia.
Terrei separate scienza e percezione per quanto possibile, ma ognuna ha comunque da insegnare qualcosa all'altra.
#4348
Percorsi ed Esperienze / Levitazione casalinga!
03 Giugno 2021, 13:36:57 PM
Ciò che mi preme maggiormente capire è cosa significhi capire, e tu a mio parere hai dato un buon esempio di cosa sospetto sia.
Riuscire a ripercorrere in modo autonomo la via per la quale le cose si generano.
Certo è una via impervia per chi volesse comprendere ogni cosa.
A me basta sapere che è possibile farlo,avendone almeno un esempio come quello che ci hai illustrato, e farlo acquista comunque a volte  un senso, perché anche chi precedendoci ha edificato la conoscenza non sempre aveva chiaro quale strada stesse percorrendo.
Sappiamo sempre quando siamo giunti alla metà, ma per quale strada ci siamo arrivati quasi mai, anche perché non è mai un percorso individuale fatto in un tempo breve, come quello che ci è dato vivere.
#4349
Ciao Viator.
Grazie per le precisazioni.
Non è l'immaginazione ad essere basata sulla percezione infatti , ma azzarderei vero il contrario.
È il ragionevole quadro che ci facciamo della realtà ad essere suscettibile di essere condensato in una immagine, che nel caso della percezione appare come immediato, ma tale non è.
Mentre nel caso della scienza è ovvia la mediazione che lo genera, anche se non sempre riusciamo a tradurla in soddisfacimenti immagini che agevolino la nostra comprensione.

È vero, in questo periodo scrivo molto, come quando i nodi dei nostri tanti pensieri vengono al pettine.
Ti confesso che mi sarei aspettato una critica sull'assimilazione della percezione all'indagine scientifica, che però mi pare semplifichi la comprensione di molte cose diverse ponendole in un quadro coerente.
Così mi sono chiesto ciò che in ambito scientifico chiamiamo principio che corrispondente può avere in ambito percettivo, e non mi sembra di averlo trovato.
Il problema è che anche quando non si faccia coscientemente questa assunzione è inevitabile mischiare percezione e indagine facendo confusione.
Certamente i principi, come tutte le cose in fisica si assumono veri fino a prova contraria, ma con la differenza che su essi con fiducia costruiamo tutta l'impalcatura della nostra conoscenza, e a me sembra che essi siano lì per dirimere la confusione di cui sopra.
Sono veri in quanto rimediano ad un altrettanto certo, per quanto non chiaro, errore concettuale che nasce da una qualche spontanea e quindi non voluta analogia fra scienza e percezione.
#4350
Se pensiamo di poter in tal modo determinare una mela, possiamo ben aspettarci allora poi di trovare un principio di indeterminazione.
Un principio , quindi cosa in se' vera , ma che è solo il contraltare della pretesa di poter davvero determinare qualcosa in se', nella sua vera essenza.