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Messaggi - Sariputra

#436
Mah!..."Oppio dei popoli" mi sembra una definizione così trita e ritrita, soprattutto visto che è stata così sfruttata da un'ideologia ( tra l'altro, adesso, la Russia è uno dei posti più cristiani al mondo, basta sentire cosa dice Putin e le chiese ortodosse strapiene, dopo che per così tanti anni li avevani convinti ed educati a  non frequentare le fumerie d'oppio  ;D ...che paradosso), che credo si dovrebbe almeno tentare un "passetto più in là"...altrimenti restiamo all'ottocento!Non vedo una così grande differenza nel credere nell'etica imposta da una chiesa o in quella imposta dai soviet...Infatti nel topic ', con l'introduzione della figura del Grande Inquisitore, si è posto anche il concetto d'"ipocrisia". Non mi sembra proprio, e @Apeiron l'ha chiarito in modo direi ineccepibile (se l'avete letto) che il discorso sia quello se l'etica del credente o quella dell'ateo siano superiori una all'altra ,o se bisogna essere credente per forza per essere una persona virtuosa. Infatti sia tu che Sgiombo state sbagliando mira in questa discussione,. a mio modesto parere . Quando si parla di trascendenza sembra che vediati solo preti neri che si stanno sbottonando l'abito talare per ... :o
Sia Apeiron che Davintro hanno infatti chiaramente detto che si può essere ugualmente virtuosi come credenti o come atei ( e non è una novità, lo diceva già Yeoshwa 2000 anni fa:"Non chi dice Dio, Dio, ma chi fa...). Davintro ha introdotto il concetto di libertà (anche dal chiesismo e dalle etiche imposte dall'alto...) riconducendo questa libertà alla possibilità di porla al di fuori della relatività storica umana, ma fondandola nell'assunzione di un principio esterno. E' evidente che questo è rifiutato da un materialista che non può concepire che ci sia una dimensione spirituale trascendente in cui alcune coscienze poggiano la propria sensazione di libertà. Il materialista/naturalista confida nel fatto che "stia su da sola"....
Ma Oxdeadbeef si poneva anche un altro  problema: quello di trovare un'etica condivisa, visto che alcuni la ritengono posta esterna alla propria ipocrisia e altri invece la considerano interna e naturale e confidano che non sia anch'essa troppo ipocrita.
Perché Dostoevskij, che è il'convitato di pietra' di questo topic, va a ficcare la lama propria là, nel cuore della nostra ipocrisia. Quella del credente come quella dell'ateo, ognuno all'interno della propria fede ipocrita.
Perchè ognuno di noi è un Grande Inquisitore.
Sonja è un personaggio letterario in cui non vi è ipocrisia.

Il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della storia della coscienza. L'esperienza del sacro è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto dall'uomo per costruire un mondo che abbia un significato. Le ierofanie e i simboli religiosi costituiscono un linguaggio preriflessivo. Trattandosi di un linguaggio specifico, sui generis, esso necessita di un'ermeneutica propria.»
(Mircea Eliade, Discorso pronunciato al Congresso di Storia delle religioni di Boston il 24 giugno 1968.)
l termine italiano "sacro" deriva dal termine latino arcaico sakros, rinvenuto sul Lapis Niger, sito archeologico romano risalente al VI secolo a.C. e, in un significato successivo, indica anche ciò che è dedicato ad una divinità, ed al suo relativo culto; infatti, tale termine lo si trova, con medesimo significato, anche in altre lingue antiche come, ad esempio, l'ittita saklai e il gotico sakan.

La radice di sakros è, a sua volta, il radicale indoeuropeo sak, sag, col significato di avvincere, aderire, o sac-ate, col significato di seguire, o sap-ati, col significato di onorare, sempre sottintendendo una divinità, a tal punto che negli antichi testi Ṛgveda può anche diventare sinonimo di adorare
Ciao
#437
@Davintro 
Se ho inteso bene...
Posso essere libero perché ho un principio che fonda la mia stessa libertà che è esterno al mondo (trascendente), pertanto non sono soggetto a dover sottomettere la mia etica e i miei principi ad un'imposizione mondana (all'etica e ai principi apparentemente buoni del Grande Inquisitore...del pensiero dominante, dell'organizzazione religiosa secolare,della moda del momento, ecc.). Lo posso fare o non lo posso fare, nella misura in cui sono libero di farlo solo se questa etica è mia e risponde alla mia coscienza ( pali vinnana-sanscrito vijnana).
Sonja (altro personaggio indimenticabile di Dostoevskij in Delitto e castigo) infatti, giovane prostituta costretta dalla famiglia a vendere il proprio corpo, nonostante l'esser stata usata/abusata laidamente da numerosi uomini, in ragione di questa libertà fondata  nel credere in Cristo, ossia in qualcosa  di 'grande' che non è "di questo mondo", che non è la puzza e il sudore di quegli uomini, che non è il loro sperma, nè i loro soldi gettatigli addosso, né la profondissima desolazione della sua esistenza, rimane profondamente libera interiormente e in ciò  palesa la sua gigantesca statura morale rispetto proprio a quegli uomini che ansimano sopra di lei...e questo salverà Raskol'nikov...
#438
Quando, in vari post, anche di non questa discussione si dice di religiosi che sono stati sanguinari, attenzione perchè il problema non è l'abbattimento della religione in sè e per sè, ma significa che NEMMENO le religioni sono riuscite a limitare la barbaria umana.
Quando ad esempio nella seconda lettera ai Tessalonicesi S.Paolo scrive del famoso" Mysterium iniquitatis"(in cui qualcuno vede addirittura le dimissioni di Benedetto XVI,) significa che nessuno, nemmeno le religioni e spiritualità sono esenti dalle contraddizioni del "male".Perchè e lo ribadisco, il problema è L'UOMO

Forse perchè l'UOMO ha smarrito lo stato d'armonia con la natura. Stato 'edenico' in cui vita e morte erano in comunione e armonia e l'uomo era in questa comunione, che per il Cristianesimo era Dio stesso ("Dio passeggiava nel giardino dell'uomo"). Poi l'uomo decide che non vuol più 'morire' ...inizio della fase del 'timore' e del 'terrore' ("Dove ti sei nascosto?) e del voler essere 'come Dio' (ossia non morire...)e quindi sforzo di emanciparsi dalla morte con la conoscenza ( cibarsi dell'albero della conoscenza ma non dell'albero della vita...) seguendo la menzogna che conoscendo sarai felice e vivrai 'per sempre' (inizio della fase eroica...l'arte e l'eroismo per sopravvivere alla morte nel ricordo altrui...). Poi la fase scientifica e religiosa ("Io ricostruirò l'Eden. Io ritornerò all'Eden. Io non ho bisogno di Dio...Io sono più buono di Dio (Grande Inquisitore). Io...Io...Io...).
E' l'"Io" che spezza l'armonia edenica e fa sorgere religione e scienza...per fondare in se stesso l'utopia e la falsità...

"Alla fine ti ho scovato costruttore di questa casa d'iniquità; le tue travi sono abbattutte, i tuoi muri riversi" Buddha Siddhartha Gautama

Pensieri e suggestioni in libertà...prendeteli così... :)

@Apeiron. Concordo ampiamente...
#439
La leggenda del grande Inquisitore è uno dei passaggi più enigmatici dei "I fratelli Karamazov". Si leggono, anche tra commentatori cristiani, interpretazioni totalmente diverse. Son passati molti anni da quando l'ho letto e quindi devo affidarmi alla memoria. Io vedo nella figura del grande Inquisitore la volontà di sostituirsi a Dio a "fin di bene", perché il G.I. ama  l'uomo, pensa di amarlo più di Dio stesso. Rinfaccia anzi a Cristo che il suo messaggio così sublime val bene 'per pochi', per degli eletti...ma la massa? Tutta quella gente che soffre, innocente, che non capisce e che non può, non ha la forza della sequela? Non la si può abbandonare, bisogna confortarla, dargli una speranza, financo "permettergli di peccare"...almeno un pò. Il G.I. è tollerante, lui vuole...accettare la proposta che il tentatore fa a Cristo nel deserto, non solo vuole...l'accetta " è da otto secoli che noi siamo con Lui". E qual'è la proposta? Accettare di trasformare le pietre in pane.Cristo rifiuta decisamente, le pietre sono pietre e non saranno Mai pane, ma...allora? Non ci saranno mai pance piene? non ci sarà mai il 'paradiso in terra'? Come puoi Cristo non pensare a utti quelli che soffrono, ai bimbi che muoiono, alla bambine violentate? Ecco 'noi' , dice il G.I. , pensiamo a loro e abbiamo creato qualcosa per portare loro il pane, per evitare le violenze (la chiesa?e il suo insegnamento? la razionalità umana?), ma per far questo abbiamo dovuto mentire, almeno un pò, abbiamo dato tranquillità, abbiamo promesso e ora "sono un pò felici". Pensando di amare più di Cristo stesso l'uomo, il G.I. assume un volto satanico perché  manifesta l'ipocrisia stessa dell'uomo:  dire di amare il prossimo come se stessi, ma non amare veramente, solo fingere di farlo".  Ivan indugia morbosamente nei particolari macabri e dolorosi: il bimbo a cui i turchi sparano in faccia, la bimba violentata,e...sembra che provi pietà per  questo, e piange e dice che Dio non esiste perché succede questo orrore...ma poi, proprio l'indugiare sui particolari, sui dettagli, sulla morbosità rivela il lato di profonda avversione e quasi di  'piacere' che prova nel raccontare...Ivan non ama veramente il bimbo ucciso, non piange veramente per "quel" bimbo...lui gode di questo perché lo conferma nell'illusione di amare veramente, più di un Cristo che non interviene..ma non comprende che Cristo E' quella bimba violentata, E' quel bambino che soffre e muore....E' l'abisso tra il dire d'amare e l'amare veramente. E' l'abisso che divide la creatura dal creatore, sembra dirci Dostoevskij...infatti Cristo sta in silenzio, non dice una parola a sua discolpa, lo fissa per tutto il tempo quasi sorridendo...e poi lo bacia! Il G.I. ne è sconvolto, ne è sconvolto ma non cambia idea...troppo attaccato alla sua idea di giustizia e d'amore...un'idea tutta umana.
#440
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
27 Gennaio 2019, 17:57:57 PM
 cit. Apeiron:Nel mondo occidentale ci sono alcune filosofie puramente 'immaterialistiche'. Ad esempio, il vescovo irlandese Berkeley riteneva che esistevano solo le coscienze e che l'esistenza dei fenomeni materiali era dovuto al loro fatto di essere percepiti (da cui il suo "esse is percipi" che viene di viene riportato come "esse est percipi"). Il fatto che la Luna non smette di esistere se non viene guardata è dovuto al fatto che Dio 'percepisce' le cose anche quando noi non le percepiamo. Questa posizione è detta 'idealismo soggettivo'. 

C'è poi l''idealismo oggettivo' di Hegel secondo cui, invece, tutte le cose sono manifestazioni di uno Spirito, una Coscienza superiore. Il mondo naturale stesso è una sorta di 'proiezione'. Direi che questa posizione è simile a quella Vedanta!

Quindi anche in occidente ci sono posizioni idealistiche. 


 Grazie Apeiron,
non si finisce mai d'imparare ( e scoprire i propri limiti ..e questo è buono!").
Ti chiederei di accettarmi come tuo discepolo...se non mi fossi già offerto ad Eutidemo!  :(
Non vorrei esser preso per un...poco di buono! Un baldracco filosofico... :-[ :-[
#441
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
27 Gennaio 2019, 16:18:30 PM
@Sari,

posso chiederti un chiarimento. Dicevi ad esempio: " Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc." (intervento #4). Ci sono due possibili interpretazioni:




In ambo i casi il 'materiale' non esisterebbe ma sarebbe solo una sorta di 'prodotto dell'immaginazione' della coscienza (quindi, 'immaterialismo'). Tuttavia, la (1) mi sembra più filosofia Vedanta che quella Cittamatra. Mi sembra che (almeno certe versione de) la Cittamatra siano più simili alla (2) che la (1) e che si dica che esista 'una mente' perché esiste solo una 'tipologia' (in un certo senso) di mente, ovvero che le menti condividano la stessa 'natura' (luminosità, consapevolezza ecc).

Intendevi dire la (1) o la (2)?


Una formulazione strettamente Cittamatra è la (2), ma come hai giustamente rilevato (e si vede che conosci bene l'argomento...  ;) ) nel momento in cui la differenziazione tra Sari,cvc,Apeiron,ecc. viene a cessare perché cessa l'accumulazione karmica che determina l'illusione della dualità e della personalità vi può essere ancora un criterio di differenziazione? La differenza che vedo rispetto al Vedanta è che questa/e coscienza è auto luminosa e 'vuota' (non è satchitananda per intenderci...). Cittamatra sorge, come ben sai perché ne abbiamo già discusso tra noi, in opposizione all'interpretazione madhyamika del Nibbana, posto in 'shunya', e che Cittamatra considera un pericoloso avvicinamente all'estremo del nichilismo perché secondo i fratelli Asanga e Vasubandhu un Nibbana senza coscienza del Nibbana è di fatto 'nulla' ossia nichilismo (errore commesso da Schopenhauer nella sua scorretta interpretazione del Buddhismo...) alla cui obiezione il Madhyamika oppone la sua: ossia che postulare il "solo-mente" (come l'ho chiamato...) viceversa avvicina il nibbana all'estremo positivo dell'eternalismo, sostanziando la coscienza stessa e quindi non conforme alla "via di mezzo" insegnata dal Buddha storico. Come sai il 'duello' interno a queste due scuole è durato sette anni, tra Chandrakirti e Chandragomin, in un memorabile e infinito dibattito all'Università di Nalanda e, da quanto riferiscono le cronache e la tradizione, senza che nessuno dei due prevalesse. Nota che entrambe queste scuole speculative sono strettamente buddhiste, né mai vi fu scomunica reciproca e che ambedue ebbero seguito profondissimo (tra lo zen e il Cittamatra l'influenza è palpabile...).
Però, come sai, io sono uno "della foresta" e quindi, seguendo il maestro, mi tengo lontano dal parteggiare per l'una o per l'altra... ;D
E' comunque un dibattito interessantissimo e, quando mi ci metto, a volte propendo da una parte e altre dall'altra... :(
Accettare una o l'altra però non fa essere più o meno "buddhisti".  :)

Ciao

In questo augusto consesso del forum volevo presentare la posizione Cittamatra ( che ho ribattezzato Solo-Mente) perché fautrice dell'esistenza del solo immateriale...posizione originale rispetto alla tradizione occidentale (almeno mi pare...vista la mia poca conoscenza in materia).
#442
Il livello d'incoerenza (HINC-human incoerency) e quindi d'"inconsistenza" di Arthur era elevatissimo.  Scaraventò per le scale un'anziana signora perché la sua voce lo infastidiva, provocandole lesioni (ovviamente essendo lui ricco e popolare e l'altra una poveraccia tutto si risolse in un lauto risarcimento e messo a tacere...). Veramente notevole per uno che parlava di 'noluntas' e d'ascetismo...Bisogna però dire che lui stesso era ben consapevole di questa sua incoerenza, questo stacco netto tra il dire e il fare. Infatti gli è attribuita la famosa frase. "la bontà di una filosofia prescinde dalla coerenza verso di essa del suo ideatore", vado a memoria... ( assai opinabile come concetto...). Consapevolezza  che difettava invece in Nietzsche (anche per la patologia psichica sottostante...) che professava "the power and the glory" nel mentre che era totalmente sottomesso alla madre...

"Un giorno, disturbato dalla stridula conversazione di un'anziana ricamatrice che chiacchierava con un'amica fuori dalla porta del suo appartamento, Arthur si scagliò sulla poveretta, gettandola dalle scale e provocandole lesioni permanenti. La donna gli fece causa e ottenne una sentenza favorevole che costringeva il filosofo a risarcirla con la somma di 15 talleri per ogni trimestre, a titolo di vitalizio. Dopo vent'anni, la donna morì e Schopenhauer, con cinica soddisfazione, annotava sul suo registro contabile: «Obit anus, abit onus (la vecchia muore, il debito cessa)».  :(
#443
La mia non era una critica rivolta a qualcuno in particolare, ma voleva essere una semplice constatazione dello 'spirito' che aleggia nel forum quando si discute su certi temi...
E anch'io scrivo su questo forum...non mi chiamo fuori... :)
#444
Citazione di: sgiombo il 26 Gennaio 2019, 19:04:29 PM
Citazione di: Socrate78 il 26 Gennaio 2019, 14:21:52 PMLa frase di Jacques Lacan "Se Dio esiste allora più niente è permesso...." significa sostanzialmente che se non viene postulato un fondamento assoluto (Dio) per distinguere ciò che è bene da ciò che è male, allora in teoria anche l'azione apparentemente più innocente potrebbe essere o rivelarsi anche un male ( non subito, ma a lungo termine), quindi a rigore nulla dovrebbe essere veramente permesso! La frase di Dostojeski è quindi capovolta da Lucan con un'altra frase speculare, ma che evidenzia lo stesso problema di fondo: l'inesistenza di Dio rende impotente la ragione nello stabilire in maniera certa e chiara che cosa permettere e che cosa invece vietare.
Premetto che spero proprio che non si finirà in una nuova rissa verbale da stadio fra teisti e atei. Per parte mia cercherò di fare del mio meglio. Rilevo che anche se se viene postulato un fondamento assoluto (Dio) per distinguere ciò che è bene da ciò che è male, allora in teoria anche l'azione apparentemente più innocente potrebbe essere o rivelarsi anche un male (non subito, ma a lungo termine), dal momento che nessun Dio si manifesta inequivocabilmente a tutti proclamando pubblicamente senza ambiguità ciò che é bene e ciò che é male, ma ci si deve fidare in proposito dei preti, sempre fallibili, malgrado le pretese del prete supremo (ma solo di una chiesa fra le tante) residente a Roma.

Eh sì!...Purtroppo si constata amaramente che le discussioni su questi temi tra atei e credenti sono praticamente impossibili su questo forum ( ma ritengo in generale, almeno per la mia esperienza...). Sembra ci sia troppa avversione reciproca. Gli atei a mio parere confondono il credere in Dio con il credere ai preti (anticlericalismo) verso i quali provano profonda avversione...e i credenti pensano sia impossibile che un ateo possa realmente cercare il bene, ma che lo farà sempre in misura relativa e pronto a seguire la 'moda'  del momento,e quindi a loro volta  provano avversione verso questa relativizzazione. Difficile su queste basi avere un proficuo scambio. Si diventa necessariamente 'faziosi'. Tra l'altro @Oxdeadbeef mi sembra avesse inteso la discussione sul piano che, a suo parere, senza un fondamento esterno all'uomo (indipendentemente se vero o semplice creatura dell'uomo stesso...) sia praticamente impossibile avere una morale/etica condivisa. Direi che diventare non semplicemente 'tolleranti' ma sforzarsi di contemplare le posizioni dell'altro, anche se le riteniamo  non confacenti al nostro sentire, sarebbe un passo importante sulla via di trovare un'etica condivisa. E' chiaro poi che l'identificarci con la nostra idea di essere atei o credenti, ed essendo questa basata di solito sul 'sentire' interiore, spesso oltre il ragionamento stesso, tende a renderci meno tolleranti che non su altre questioni su cui si può riflettere insieme , ma che non vanno a toccare il 'sentire profondo' personale di ognuno.E' un problema complesso, praticamente irrisolvibile a parer mio.
Non tutti i problemi sono risolvibili...  :(
Alla fine poi tutto sembra diventare un semplice rapporto di forza. Ma allora sarà solo l'etica del più forte ( o del più numeroso) che però non sarà mai un'etica condivisa e soprattutto diventerà un'etica che farà inevitabilmente delle vittime...come storicamente è successo, succede e succederà...perché "i più numerosi" o "i più forti" decidono ciò che è lecito fare...

Se mi è permessa una nota personale.
In gioventù mi sono avvicinato all'insegnamento buddhista  proprio perché non ne potevo più di questa 'gabbia' mentale creata dal dualismo ateismo-teismo. Non mi pareva vero di aver trovato uno che "se ne stava in silenzio" di fronte a queste domande... sorridendo serenamente. Lo trovavo molto "saggio "... :)
#445
"E' la virtù che chiama Iddio , non Iddio che chiama alla virtù" (cit. Sari della Contea.  :) ).
E la virtu è premio a se stessa perche essa stessa è Iddio (Severino Boezio)...è il "Figlio che chiama il Padre" (patristica..." Perché mi hai abbandonato?...) .
Dostoevskij ha ben chiaro che Dio non ha nulla a che fare con il dio dei teologi o che vada cercato con la ragione, il suo Dio è "il luccicare del tetto di quella casa che osservavo mentre stavano fucilando quei tre a cui toccava prima di me, e mi sembrò  cosa assolutamente evidente che in qualche modo ero vivo e che tra un minuto sarei stato quel bagliore, come non so...". D. parte da un'esperienza di coscienza 'dilatata', che poi proverà ancora, in altra forma, durante gli attacchi epilettici di cui soffriva, per approdare ad un Dio che è la radicale profondità dell'uomo e del suo mistero. È su questo livello che D. impegna tutta la sua opera. D. sa che dietro ad ogni piega umana si nasconde qualcosa per cui vale la pena esistere e capire, e probabilmente è proprio nell'esperienza dell'attesa della fucilazione e poi dell'epilessia, descritta in più pagine dei suoi diari e nel romanzo "L'Idiota": «Ci sono dei momenti in cui tutto mi si fa chiaro, in cui vedo l'aldilà; darei la vita senza timore per questi attimi» che coglie questa specie di "antropologia manifesta"...
Questa sorta di percezione del 'mistero' la ritroviamo nella visione allucinata di Ivan Karamazov, nella quale vi è l'incontro con il Diavolo. In questi stati alterati dell'essere la percezione sembra amplificarsi e raccogliere nuove dimensioni e verità della realtà. È qui che l'uomo fa esperienza dell'altro da sé in sé, secondo l'espressione di E. Zola.
D. arriva  fin dove la mancanza si fa sofferenza, passione e anche patologia. Guarda  impietosamente l'uomo nelle profondità del suo dolore e lì, proprio nel mezzo del dolore, contempla il mistero. Per lui è proprio questo  il punto in cui il Dio, che sente così intensamente, si fa compagno dell'uomo. È lì, ancora, il luogo/non luogo in cui si svolge la terribile battaglia tra bene e male: il cuore profondo dell'uomo. È quel luogo interiore in cui la menzogna si svela come tale e non ha modo di nascondersi. È il luogo in cui si sa, il luogo della conoscenza prima e ultima del sé, è il luogo del "bagliore intravisto eppure così evidente"..
In questa profondità, in cui l'immagine reale dell'umanità si mostra, la libertà è chiamata a reagire, a rispondere attraverso atti e vicende della vita, attraverso proprio quella virtù di cui parla Severino Boezio...

@Socrate
Sono d'accordo.

Comunque signori, credenti e non, io ho letto tutti i romanzi di D. e, nonostante siano passati molti anni da allora, il mio Dhamma buddhista ha vacillato parecchio davanti alla grandezza di questo pensatore/scrittore cristiano (ma non solo, filosofo a 360 gradi...) che amo profondamente e considero il più grande degli ultimi due secoli ( e so che molti la pensano come me...).
Che invidia ragazzi... :(  Come si fa a scrivere così bene?  


#446
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
26 Gennaio 2019, 14:20:50 PM
La solitudine vissuta in una foresta è profonda e creativa...ma poi ti viene a cercare il terrore senza-nome...superato questo terrore si può vedere la stella del mattino...
#447
cit.@Sgiombo: Ma questi sono problemi in senso lato filosofici.Non solo filosofie religiose, ma anche (e secondo il mio parere molti meglio, con molto maggiori chances di essere veritiere e dunque efficaci) filosofie laiche (come peraltro mi sembra in realtà possa -per lo meno, se non anche debba- essere benissimo inteso pure il buddismo; l' 'h" non riesco proprio a mettercela).

Certo! Ambedue e comunque anche le filosofie religiose hanno la possibilità , come di fatto avviene in misura sempre maggiore, di essere seguite dai laici ( studiare le filosofie religiose non è più appannaggio di preti, monaci o teologi...). La differenza notevole è che le religioni forniscono una 'pratica' concreta di vita da seguire ed hanno una valenza che vorrebbe essere universalistica( si rivolgono cioè all'intelligente come al meno intelligente, al ricco come al povero, all'istruito come all'incolto), cosa che mi sembra altamente difficile per la filosofia in senso strettamente comune (nell'accezione comune del sentire della gente al riguardo della filosofia...). C'è da aggiungere, giusto per cercare di individuare delle specificità, che le filosofie religiose  (almeno quelle serie...) sono  accomunate da una riflessione sostanzialmente positiva e salvifica dell'esistenza ( ed hanno una comune  etica condivisa...anche se spesso seguita con incoerenza). Nella filosofia laica troviamo invece posizioni che vanno dall'A alla Z ed etiche altamente differenziate, financo totalmente contrarie l'una all'altra. Richiedono una preparazione molto, molto profonda e non alla portata di tutti. Sono quasi elitarie...sono un prodotto delle elite (da sempre) per le elite...Mentre le religioni hanno diversi gradi di comprensione, adatte cioè ai diversi gradi di comprensione delle persone, le filosofie laiche no...Ti immagini il casalingo della Contea che legge e capisce Hegel? O Kant? ...arabo puro! (e gran pennichelle...). In un futuro potremmo avere persone più preparate che potrebbero apprezzare meglio la filosofia, ma sinceramente dubito...Temo anzi che proprio la filosofia andrà a soccombere al pensiero unico scientista dominante  prima delle religioni stesse , che anzi in parte stanno riguadagnando terreno, alimentate dalle difficoltà del vivere che, come giustamente dice Kobayashi, riemergono prepotenti in questi anni difficili...Se pensi che il n°2 del regime comunista di Pol Pol si è convertito al Buddhismo e che diversi ex funzionari comunisti del regime si son fatti battezzare dagli evangelici (fonte AsiaNews)...capisci che, al momento, per i poveri la religione è ancora in vantaggio sulla filosofia. Tanto per dare l'idea, si parla che nel continente sudamericano in soli vent'anni più di 180 milioni di persone hanno aderito ai movimenti neospiritualisti pentecostali evangelici. E il bacino "d'utenza" di questi movimenti  sta proprio nelle favelas più disperate. Vengono criticati perché si dice che approfittino della miseria e dell'ignoranza di questa gente, e in parte è vero, ma una mia  parente che vive in Brasile (Minas Gerais) mi diceva che non è proprio così. Queste organizzazioni offrono anche sostegno, aiuto e un senso di comunità che la politica e i vari partiti non sono più in grado di dare, essendo ormai rivolti solo a soddisfare il "mercato"...Quando sei solo e la pancia è vuota, non vai a leggere Schopenhauer o Nietzsche di solito...ti accontenti delle chiacchere del pastore strillone e confidi negli amici che ti sei fatto in chiesa...la cosa sembra "funzionare" meglio... :(
Ciao

P.S. Con questo non ho stabilito nessuna preferenza. Non ho innalzato la religiosità e non ho abbassato la filosofia, sia chiaro. Anche perché mi piacciono tutte e due...anche se sono un pò più negato per la seconda (limiti miei...) ;D
#448
cit.Freedom:"Assolutamente condivisibile il pensiero di chi sostiene che l'essere umano ha un bisogno ineludibile di essere devoto a qualcosa. Mi ricorda quello che diceva un famoso abate francese e cioè che se gli uomini non adorassero un Ente superiore adorerebbero le capre.

Credo, e spero di non sbagliarmi, che l'abate si riferisse al culto satanico che aveva proprio nella testa della capra un elemento centrale della sua simbologia. E' quindi molto probabile si riferisse alla pratica delle 'messe nere' che , specialmente in Francia, era diffusissima. Come dire: se non adori qualcuno in alto finisci per adorare qualcosa così in basso come la testa mozzata di una capra e a compiere atti sacrileghi. Il suo era un discorso chiaramente interno alla spiritualità cristiana.

#449
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
25 Gennaio 2019, 14:38:02 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:50:35 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 14:44:20 PMA mio modesto parere sarebbe improprio parlare di 'autoinganno' di questa "Solo-mente", in quanto non è possibile per essa 'osservarsi', e quindi discernere l'inganno. Nel momento che "si muove" crea nome-forma e quindi la 'realtà' fenomenica. Nel momento in cui cessa di 'muoversi' scompare nome-forma e la realtà fenomenica cessa d'esistere. Ciò che noi percepiamo come soggettivo non è auto-inganno, se non nella misura in cui e per cui non è "nostro" ma di essa. Il mio 'sentirmi' soggetto è del tutto identico al 'tuo' sentirti soggetto. Non abbiamo 'proprietà' nostre essendo queste 'proprietà' che riteniamo nostre solo increspature, onde sul mare della "Solo-mente"... Non è una visione teistica. In quanto , nella comune accezione, per Dio s'intende un essere/persona dotato di autocoscienza e volontà. "Solo-mente" non ha alcuna volontà ma potenzialità d'azione...pertanto anche l'idea di Dio è una creatura di "Solo-mente" che ne assegna le proprietà. Concordo con @acquario sul discorso della chiusura, sulla "solidificazione", ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
È un discorso interessante che però mi pare necessiti di un po' di linguaggio tecnico del Buddismo che non possiedo. Tuttavia il fatto stesso di essere buddista è un particolare tratto che caratterizza una personalità, una individualità.

Sì, hai ragione. Per questo ho lasciato da parte il discorso, perché mi rendo conto che necessiterei di usare termini tecnici della filosofia Cittamatra (vijnanavada o Wéishì zōng in cinese) buddhista che sarebbe veramente lungo e difficile (e probabilmente noioso per chi non è interessato...) poi rendere in modo coerente e accessibile nel nostro linguaggio comune. O almeno dubito di averne la capacità ... avendo pochissima preparazione a riguardo della filosofia dell'Occidente per trovare analogie..:(
Quindi è meglio non 'incartarsi' troppo... :)
#450
Spesso si usa la parola 'religione' e quasi ognuno di noi ha la sua definizione di questa. Però è anche vero che troppo spesso questa parola è usata in modo inesatto. Essa ha cosi tanti significati che dobbiamo per forza fare delle distinzioni.
Ciò che generalmente definiamo come 'religione' ebbe origine agli albori della cultura umana. Dobbiamo considerare l'importanza che aveva la religione per gli uomini primitivi. La sopravvivenza sulla terra deve essere stata più dura di quello che possiamo immaginare. Suppongo che i nostri antenati abbiano affrontato queste difficoltà e avversità della vita in due modi.
Un modo fu quello di trovare degli strumenti per la vita di ogni giorno e un altro modo era quello di rivolgersi con la preghiera a quel 'potere' che stava oltre le possibilità di questi mezzi.
Questi mezzi erano solo espedienti per rendere più semplice e vivibile la vita, più confortevole e comoda. L'uomo primitivo doveva catturare le prede con le sue mani quando andava a caccia o a pesca. In seguito iniziò ad usare pietre, mazze, archi, ami da pesca, reti e frecce. Questo sforzo di migliaia d'anno ha portato alla nostra civiltà tecnologica attuale.
D'altra parte, la preghiera rivolta al potere che è al di là dei limiti di quei mezzi e l'invocazione che è al di là delle forze umane si manifestava con l'invocazione per catturare una buona preda e quando il bottino era buono...lo offrivano al loro dio o dei. Poi ne mangiavano la carne e danzavano in una specie di estasi di gioia.
Con l'inzio delle colture agricole il tempo divenne l'elemento cruciale, nonostante tutti gli sforzi per sviluppare nuove tecnologie di coltivazione. Così c'era una festa in primavera prima di iniziare il lavoro nei campi e una in autunno per offrire le messi al proprio dio in segno di gratitudine.
In questi tempi antichi le possibilità dell'uomo, in termini di mezzi per il sostentamento quotidiano, erano così limitate che quasi ogniaspetto della vita aveva un significato religioso.
Lo comprendiamo bene leggendo le scritture Vediche, l'Antico testamento, il Corano, ecc. C'erano cerimonie per i compleanni, i matrimoni, i funerali, i culti ancestrali. Gli uomini si affidavano agli oracoli oppure alle arti magiche per curarsi, l'astrologia, la politica, le guerre, ogni cosa necessitava di preghiera e offerte.
La religione controllava tutti glia spetti della vita e aveva un potere assoluto sull'uomo.
La situazione ai nostri tempi è però cambiata. Il potere d'azione dell'uomo è enormente aumentato con lo sviluppo sempre più veloce della tecnologia. Questo ha fatto sì che noi ora, nella nostra vita quotidiana, stentiamo ad essere coscienti dei nostri limiti.
Così, se nel passato l'agricoltura, per esempio, era determinata in grandissima parte dalle condizioni meteorologiche, oggi possiamo contare quasi sempre su buoni raccolti. Anche se abbiamo un anno con un raccolto scarso, non siamo preoccupati per nulla di 'morire di fame' poiché i prodotti agricoli si possono acquistare in altri paesi. Se oggigiorno si muore di fame noi pensiamo sia 'colpa del governo'...
Non è più un disastro naturale, ma bensì una calamità provocata dall'uomo.
Anche quando siamo vittime di alluvioni, terremoti, eruzioni ed epidemie non pensiamo certo che siano stati provacati da 'demoni' e non pensiamo alla preghiera come rimedio o prevenzione, ma pensiamo che si possano prevenire con la tecnologia. Addirittura se soffriamo pensiamo che la nostra tecnologia è insufficiente, che c'è stato un errore tecnologico e  che naturalmente sia colpa del governo.
In poche parole è sempre un disastro provocato dall'uomo.
Una civiltà come quella attuale va bene come sistema pratico di vita, poiché i problemi di sussistenza vanno risolti nell'ambito degli strumenti per vivere.
Ci sono persone che tentano ancora di risolvere i loro problemi quotidiani (affrontare esami, scongiurare incidenti, salute, problemi familiari, successo economico, ecc.) attraverso la fede in una religione.
Questo è un 'residuo' del passato. Questo tipo di religiosità andrà a scomparire presto o tardi.
Possiamo quindi dire che l'uomo non ha più bisogno della religione? Io penso di no.
Se è vero che, in termini di sussistenza, le cose dovrebbero essere affidate allo sviluppo di mezzi per la nostra vita quotidiana, e quindi al progredire della scienza, il "problema di base" dell'uomo, la ragione della vita, deve diventare d'ora in poi la questione essenziale della religione.
Più la società umana si sviluppa, o meglio più sviluppa la tecnologia, teoricamente più semplice sarà il 'godere' materialmente della nostra vita. Ma avere meno problemi materiale comporta il sentirsi più 'vuoti' e quindi cominceremo a pensare alla ragione della nostra vita.
Gli esseri umani sono così complicati e soprattutto tormentati...Questo fenomeno è diventato molto diffuso, molto profondo. Molte persone si tolgono la vita, nei paesi tecnologicamente avanzati, perché sentono questa specie di vuoto. Non si uccidono per fame o per questioni di rapporti sociali. Si suicidano semplicemente perché hanno perso la ragione per vivere e sentono questo vuoto esistenziale. Ci sono tentativi di suicidio addirittura tra i bimbi delle elementari e delle medie. Moltissimi giovani sono diventati indifferenti e hanno perso entusiasmo per qualsiasi cosa. Ritengo che il vuoto esistenziale sia la causa soggiacente a questo fenomeno.
Più la società è materialmente ricca e più perdiamo il senso della vita e percepiamo spiritualmente questo vuoto. Lo sviluppo tecnologico non può curare questo vuoto esistenziale. Viviamo in una società tecnologicamente avanzata e ci siamo stancati della vita stessa...
Possiamo tentare di risolvere i nostri problemi con nuovi computers, affidandoci alla psicoterapia e per un attimo possiamo sentirci sollevati, influenzati dalla suggestione. Tuttavia, prima o poi, diventeremo di nuovo coscienti del problema esistenziale e sentiremo in modo ancora più intenso lo stesso vuoto...
Ovviamente è impossibile ritornare al vecchio modo di intendere la religione e rivolgersi a Dio con la preghiera per chiedere aiuto.
La religione intesa come "preghiera per l'aiuto divino" ha avuto origine come risposta al limite del potere dei primi strumenti umani. Oggi però il vuoto che sentiamo è legato al fatto di vivere con questi stessi strumenti. E' il vuoto della vita stessa. Dove e come possiamo trovare una risposta a questo vuoto? Al problema del significato della vita stessa? Secondo me questo è il problema a cui la religione autentica deve rivolgersi d'ora in poi. Dobbiamo evitare di continuare ad intendere la religione come "preghiera per l'aiuto divino".
Ancora oggi alcune religioni promettano la cura da malattie fisiche, ma credo sia ovvio che sia preferibile affidarsi alla medicina, con tutti i suoi limiti, che ci sono e sono ancora giganteschi.
Regolarizzare il traffico sulle strade è molto meglio che pregare per la sicurezza stradale. 
Invece di pregare per essere promossi è più costruttivo intervenire politicamente per avere scuole migliori.
Tutto quello che dovremmo chiedere alla tecnologia è proprio quello di risovere i problemi pratici. Risolvere i problemi pratici con la preghiera è superstizione, non religione autentica.
Dobbiamo abbandonarla allora questa religione? Per me no.  Man mano che la vita diventa sempre più materialmente godibile, il limite degli strumenti umani si rivela in quanto 'vuoto della vita'.
La religione, d'ora in avanti, deve dare risposta al problema di questo vuoto esistenziale. Nell'era tecnologica, il significato di 'religione' deve mutare e dobbiamo capire con più chiarezza che l'autentica religione diventerà sempre più importante nel futuro.

Liberamente adattato da Sariputra da uno scritto di Kosho Uchiyama roshi