Mah!..."Oppio dei popoli" mi sembra una definizione così trita e ritrita, soprattutto visto che è stata così sfruttata da un'ideologia ( tra l'altro, adesso, la Russia è uno dei posti più cristiani al mondo, basta sentire cosa dice Putin e le chiese ortodosse strapiene, dopo che per così tanti anni li avevani convinti ed educati a non frequentare le fumerie d'oppio
...che paradosso), che credo si dovrebbe almeno tentare un "passetto più in là"...altrimenti restiamo all'ottocento!Non vedo una così grande differenza nel credere nell'etica imposta da una chiesa o in quella imposta dai soviet...Infatti nel topic ', con l'introduzione della figura del Grande Inquisitore, si è posto anche il concetto d'"ipocrisia". Non mi sembra proprio, e @Apeiron l'ha chiarito in modo direi ineccepibile (se l'avete letto) che il discorso sia quello se l'etica del credente o quella dell'ateo siano superiori una all'altra ,o se bisogna essere credente per forza per essere una persona virtuosa. Infatti sia tu che Sgiombo state sbagliando mira in questa discussione,. a mio modesto parere . Quando si parla di trascendenza sembra che vediati solo preti neri che si stanno sbottonando l'abito talare per ...
Sia Apeiron che Davintro hanno infatti chiaramente detto che si può essere ugualmente virtuosi come credenti o come atei ( e non è una novità, lo diceva già Yeoshwa 2000 anni fa:"Non chi dice Dio, Dio, ma chi fa...). Davintro ha introdotto il concetto di libertà (anche dal chiesismo e dalle etiche imposte dall'alto...) riconducendo questa libertà alla possibilità di porla al di fuori della relatività storica umana, ma fondandola nell'assunzione di un principio esterno. E' evidente che questo è rifiutato da un materialista che non può concepire che ci sia una dimensione spirituale trascendente in cui alcune coscienze poggiano la propria sensazione di libertà. Il materialista/naturalista confida nel fatto che "stia su da sola"....
Ma Oxdeadbeef si poneva anche un altro problema: quello di trovare un'etica condivisa, visto che alcuni la ritengono posta esterna alla propria ipocrisia e altri invece la considerano interna e naturale e confidano che non sia anch'essa troppo ipocrita.
Perché Dostoevskij, che è il'convitato di pietra' di questo topic, va a ficcare la lama propria là, nel cuore della nostra ipocrisia. Quella del credente come quella dell'ateo, ognuno all'interno della propria fede ipocrita.
Perchè ognuno di noi è un Grande Inquisitore.
Sonja è un personaggio letterario in cui non vi è ipocrisia.
Il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della storia della coscienza. L'esperienza del sacro è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto dall'uomo per costruire un mondo che abbia un significato. Le ierofanie e i simboli religiosi costituiscono un linguaggio preriflessivo. Trattandosi di un linguaggio specifico, sui generis, esso necessita di un'ermeneutica propria.»
(Mircea Eliade, Discorso pronunciato al Congresso di Storia delle religioni di Boston il 24 giugno 1968.)
l termine italiano "sacro" deriva dal termine latino arcaico sakros, rinvenuto sul Lapis Niger, sito archeologico romano risalente al VI secolo a.C. e, in un significato successivo, indica anche ciò che è dedicato ad una divinità, ed al suo relativo culto; infatti, tale termine lo si trova, con medesimo significato, anche in altre lingue antiche come, ad esempio, l'ittita saklai e il gotico sakan.
La radice di sakros è, a sua volta, il radicale indoeuropeo sak, sag, col significato di avvincere, aderire, o sac-ate, col significato di seguire, o sap-ati, col significato di onorare, sempre sottintendendo una divinità, a tal punto che negli antichi testi Ṛgveda può anche diventare sinonimo di adorare
Ciao


Sia Apeiron che Davintro hanno infatti chiaramente detto che si può essere ugualmente virtuosi come credenti o come atei ( e non è una novità, lo diceva già Yeoshwa 2000 anni fa:"Non chi dice Dio, Dio, ma chi fa...). Davintro ha introdotto il concetto di libertà (anche dal chiesismo e dalle etiche imposte dall'alto...) riconducendo questa libertà alla possibilità di porla al di fuori della relatività storica umana, ma fondandola nell'assunzione di un principio esterno. E' evidente che questo è rifiutato da un materialista che non può concepire che ci sia una dimensione spirituale trascendente in cui alcune coscienze poggiano la propria sensazione di libertà. Il materialista/naturalista confida nel fatto che "stia su da sola"....
Ma Oxdeadbeef si poneva anche un altro problema: quello di trovare un'etica condivisa, visto che alcuni la ritengono posta esterna alla propria ipocrisia e altri invece la considerano interna e naturale e confidano che non sia anch'essa troppo ipocrita.
Perché Dostoevskij, che è il'convitato di pietra' di questo topic, va a ficcare la lama propria là, nel cuore della nostra ipocrisia. Quella del credente come quella dell'ateo, ognuno all'interno della propria fede ipocrita.
Perchè ognuno di noi è un Grande Inquisitore.
Sonja è un personaggio letterario in cui non vi è ipocrisia.
Il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della storia della coscienza. L'esperienza del sacro è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto dall'uomo per costruire un mondo che abbia un significato. Le ierofanie e i simboli religiosi costituiscono un linguaggio preriflessivo. Trattandosi di un linguaggio specifico, sui generis, esso necessita di un'ermeneutica propria.»
(Mircea Eliade, Discorso pronunciato al Congresso di Storia delle religioni di Boston il 24 giugno 1968.)
l termine italiano "sacro" deriva dal termine latino arcaico sakros, rinvenuto sul Lapis Niger, sito archeologico romano risalente al VI secolo a.C. e, in un significato successivo, indica anche ciò che è dedicato ad una divinità, ed al suo relativo culto; infatti, tale termine lo si trova, con medesimo significato, anche in altre lingue antiche come, ad esempio, l'ittita saklai e il gotico sakan.
La radice di sakros è, a sua volta, il radicale indoeuropeo sak, sag, col significato di avvincere, aderire, o sac-ate, col significato di seguire, o sap-ati, col significato di onorare, sempre sottintendendo una divinità, a tal punto che negli antichi testi Ṛgveda può anche diventare sinonimo di adorare
Ciao