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Messaggi - maral

#436
Attualità / Re:La rivolta dei migranti
04 Gennaio 2017, 21:55:13 PM
In Costa d'Avorio c'è tuttora uno stato di guerra civile latente con atti di violenza estrema sulla popolazione tra gruppi di potere e bande locali, fomentate dalla ex potenza coloniale francese, che dura da anni per il controllo delle monocolture di cacao e caffè, risorse alimentari che vengono esportato a tutto vantaggio delle multinazionali straniere. http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/20/costa-davorio-bambine-soldato-dafrica-vittime-e-killer-della-guerra-civile/1066369/.
E' ora di piantarla con questa disinformazione ributtante sulla situazione nell'Africa sub-sahariana e con la penosa baggianata ripetuta alla nausea per farla sembrare vera, che basta un visto turistico per chi scappa dall'Africa subsahariana, è come raccontare che agli ebrei sarebbe bastato un visto turistico per scappare dalla Germania nazista alla vigilia della seconda guerra mondiale e se non lo facevano era perché erano delinquenti e meritavano di finire bastonati e nei campi di sterminio.
In Costa d'Avorio si muore per la guerra civile, la violenza, la miseria e la fame dopo che le ex potenze coloniali occidentali con le loro multinazionali la hanno ridotta in quello stato.
#437
Tematiche Filosofiche / Re:Quell'Astrattista di Kant
03 Gennaio 2017, 23:04:21 PM
CitazioneLa razionalità umana è mediazione, dialettica, operare differenti passaggi logici che implicano una durata temporale, ma ciò è solo la conseguenza della nostra finitezza ontologica che pone la mente umana di fronte ad una molteplicità di oggetti divisi spazialmente, e l'elaborazione di relazioni logiche per ordinare e rendere ragione di tale molteplicità presuppone la diacronia, la costante necessità di superare in ogni momento i limiti della nostra coscienza, che sono i limiti dovuti alla sua umanità, mentre una mente divina non avrebbe necessità di mediare temporalmente la conoscenza razionale, ma avrebbe un visione totalizzante ed immediata del reale attraverso un'intuizione intellettiva immediata.
Davintro, a fronte di quello che hai scritto mi chiedo che razza di mente di avere se riesci a spiegare non solo com'è la mente umana, ma pure come è necessario che sia quella divina. Su quale punto di vista ti sei collocato per godere di un così esteso panorama?
#438
CitazioneIl detto che ora è solamente ironico, "mamma li turchi!", era il grido di allarme delle vedette italiane (per lo più ragazzini) non appena intravedevano le navi maomettane poichè intente a frequenti saccheggi e rapimenti di donne, fanciulle e ragazzi che venivano stuprati e mandati ad arricchire gli harem dei signori turchi. Altro che pacifica convivenza! Avreste dovuto viverci in quei luoghi e a quei tempi. Fareste meglio a tacere invece di offendere quella che fu una grande sofferenza subita dai nostri avi
Esattamente quello che facevano anche i Cristiani, come i Crociati quando entrarono in Gerusalemme. Ma lo facevano pure volentieri sugli altri Cristiani. E comunque nell'Alto Medioevo fu proprio proprio l'Islam a conservare un faro di civiltà nel bacino del Mediterraneo e particolarmente in Spagna, finché non arrivarono los Reyes Catolicos a massacrare e bruciare la gente in piazza. Se la civiltà occidentale è potuta rinascere da quei secoli di distruzione fu proprio grazie a quegli Islamici che i libri di Aristotele preferivano leggerli e studiarli, anziché distruggerli, ammesso che ai tempi si trovassero sovrani cristiani che sapessero leggere e scrivere.
Se Maometto era un brigante non c'è dubbio che rispetto a molti cristiani, papi e vescovi compresi, avrebbe avuto molto da imparare per far bene il mestiere.
#439
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
02 Gennaio 2017, 12:51:44 PM
In effetti stiamo dicendo la stessa cosa, ma evidenziandola sotto aspetti diversi. Tu affermi che la luce non può non esserci ed è un errore identificarla con il frammento credendo che nel frammento stia tutta la luce e sono perfettamente d'accordo, solo aggiungo che non c'è altro modo di intravvedere la luce se non nel frammento considerato, a partire dalla prospettiva particolare che si riflette in quel frammento, in relazione agli altri frammenti. In tal senso la verità assoluta (che è sempre) non può che manifestarsi nel limite relativo che solo temporaneamente la definisce.
#440
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
02 Gennaio 2017, 12:40:25 PM
Bè, non ho detto che tutto sia psicosi, ma che la psicanalisi potrebbe essere intesa come una forma psicotica :).
D'altra parte però è vero che la stessa esistenza umana che si trova esposta sul bilico di una frattura potrebbe essere considerata come una sorta di psicosi che ha effetto nell'unità originaria, come uno stato "border line" cosmico che si manifesta in modo diverso in ogni individuo e in cui la normalità o anormalità individuale è data dal rapporto con il contesto in cui questi è inserito.
In fondo spesso, soprattutto di questi tempi, si ha come la sensazione di vivere in un mondo di matti di cui si è comunque parte partecipe e in cui è improbabile trovare un filo sensato. Un motivo dovrà pur esserci  :D
#441
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
02 Gennaio 2017, 10:56:48 AM
Citazione di: davintroE la psicanalisi ricadrebbe pienamente in quel paradigma classico (ma aggiungerei anche medioevale e moderno da Cartesio fino all'ottocento) basato sul dualismo razionale-irrazionale col primo termine che alla fine riesce a dominare il secondo rendendolo adeguato ad esso: conosciuto, spiegato, razionalizzato, mentre la coerenza verso l'assunto richiederebbe, al contrario, la caduta nello scetticismo scientifico, l'impossibilità per la ragione di svincolarsi in alcun modo dalle pulsioni desideranti individuali.
Concordo su questa considerazione: la terapia con cui la psicanalisi affronta il disturbo mentale resta evidentemente fondata sul logos interpretante, quindi non è coerente con il proprio assunto, resta a metà strada (e forse proprio per questa incoerenza non risolve la malattia psichica, soprattutto se di tipo psicotico o caratteriale, anzi, soprattutto nel primo caso può persino peggiorarla), ma è anche vero che proprio l'incoerenza della teoria mostra la validità dell'ipotesi che ne sta alla base, ossia la provenienza di ogni discorso logico da una matrice pre-razionale e pre-logica (preferisco indicarla in questo modo, piuttosto che con la parola "irrazionale" che ha senso solo collocandosi sul piano di una razionalità giudicante indipendente) che viene a trovarsi in qualsiasi elaborazione interpretativa, compresa inevitabilmente quella psicanalitica.
Si potrebbe forse dire, estremizzando il discorso, che la psicanalisi non cura la psicosi, perché rappresenta essa stessa una forma di psicosi, per quanto ben inserita nei termini sociali. 
#442
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
01 Gennaio 2017, 23:10:58 PM
Sì Acquario, quella luce, se c'è Verità (e sarebbe contraddittorio negarlo), può solo essere una, ma per accadere non può che apparire molteplice e molteplicemente frammentata. In questa molteplicità l'unità può essere solo evocata in termini di relazione tra i frammenti (quindi ciascuno relativamente agli altri nel tentativo di ritrovare il "simbolo" unificato, dove però il "simbolo" nel suo accadere è ancora sempre e solo nel frammento che ora appare).
Questo significa che a tutti gli effetti la Verità che è Una e assoluta non è possibile in alcun modo che si possa manifestare e che possa venire detta in modo veritiero come Una e assoluta, se non in senso del tutto astratto e puramente formale, ossia senza contenuto.
#443
Non si è mai completamente soli, da soli non si può vivere, non si può nemmeno respirare. Poi c'è chi pensa di poter godere della compagnia di se stesso, ma anche costui in realtà non è solo e il pensarlo lo inganna.
#444
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
01 Gennaio 2017, 19:21:58 PM
Già, ma se la luce possiamo vederla solo in un riflesso dello specchio? Se il Tutto è troppo grande per gli occhi e dunque ci rende ciechi? Non ci resta allora che un frammento dello specchio per poter vedere qualcosa.
#445
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
01 Gennaio 2017, 19:01:08 PM
Citazione di: sgiombo il 01 Gennaio 2017, 17:34:15 PM

Non trovo alcun dualismo fra pretesa razionalità umana e irrazionalità naturale nell' epicureismo )e in altre filosofie razionalistiche di tutti i tempi).
Perché 1- razionale e 2- irrazionale non sono forse due principi nel pensiero classico in contraddizione reciproca? E forse che a partire da Platone (nella sua visione dell'anima rappresentata come una biga, ma certo ancor prima, dall'inizio della filosofia greca) non si è detto che il logos razionale deve governare l'irrazionale e la mente il corpo? Si tratta di un dualismo che fonda lo stesso pensiero occidentale, epicurei e stoici compresi e la cui dicotomia si approfondisce nel pensiero cristiano (spirito e materia, creatore e creato) e poi scientifico (soggetto raziocinante e oggetto osservato, res cogitans e res extensa). Non so come fai a non vederlo, visto che sempre di due cose (la razionalità e la sua negazione pulsiva biologica e materiale) e non di una si parla.

CitazioneCiò che "sta oggettivamente alla radice di tutto" non è neé razionale né irrazionale, è reale e basta: più o meno razionale o irrazionale può essere l' uomo nell' atteggiarsi di fronte alla realtà.
Certo, la radice non è né razionale né irrazionale, ma se è l'uomo a porre questa distinzione nel suo modo di atteggiarsi di fronte alla realtà, questo uomo non è forse nella realtà anche quando così si atteggia? Il suo atteggiarsi qualificando il reale non è forse ancora reale e quindi originariamente prima di ogni distinzione tra razionale e irrazionale? E questo indistinto primario è quello che Freud intende come inconscio (concetto estraneo a Epicuro e a tutta la filosofia classica), al di là di ogni dicotomia, al di là del bene e del male, al di là del vero e del falso, prima del due che pone ognuna di queste concettualizzazioni dicotomizzanti l'unità indistinta.

CitazioneEpicuro non ignorava certo l' irrazionalità dei desideri, ma giustamente rilevava che per essere felici (il più umanamente possibile) essa va razionalmente valutata, e in base a questa valutazione razionale si deve agire (senza farneticazioni mitologiche inutili e fuorvianti).
E chi ha detto che Epicuro ignorasse l'irrazionalità dei desideri? Ma quella valutazione razionale che rende felici guidando il desiderio non apparteneva all'irrazionalità dei desideri, era altra cosa, quindi le cose erano da sempre due: 1- razionalità del pensiero guida e 2- irrazionalità del desiderio che va guidato (invecchiando mi sono un po' rimbambito, ma almeno fino a due so ancora contare :) ).

In realtà comunque nel pensiero greco le cose non erano così semplici (1 e 2), ma questa è stata l'aspetto concettualizzante che ha dominato per secoli nel pensiero occidentale, fino alla seconda metà del XIX secolo.
#446
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
01 Gennaio 2017, 13:03:02 PM
Il "frammento di verità" che è stato preso in considerazione mi pare dica che La verità è uno specchio andato in frantumi, ognuno ne raccoglie un pezzetto e rispecchiandosi in quel in quel frammento sostiene (ingannandosi) che lì sta tutta la verità.
Anch'io, come ognuno che partecipi alle riflessioni proposte commette lo stesso errore, ognuno vede il proprio frammento, un frammento finito di quella totalità che gli riflette qualcosa di se stesso per poter dire "Ecco, il mondo è questo, dunque io sono questo" ingannandosi, perché già un nuovo frammento cade nelle sue mani e il precedente è perso nell'istante stesso in cui ci si è riconosciuti: l'immagine che ci restituiva è diventata qualcosa che non è più se non per come appare nel nuovo frammento, forse un ricordo, forse un'illusione che non si potrà mai riconoscere vera o falsa.
Bisognerebbe poter raccogliere ogni pezzo del grande specchio frantumato, metterli insieme e la Verità (la verità di tutto e di noi stessi) apparirebbe allora per come è, unica e intera, la Verità di tutto e di noi stessi. La Verità sta quindi nella relazione necessaria tra i frammenti, nella loro ricomposizione simbolica ove il simbolo è il disco intero che si ruppe? La Verità sta quindi nella relatività di ogni frammento che di volta in volta ci troviamo in mano? Ma anche questo non è forse ancora solo un frammento di verità e quindi una pretesa che non ha nulla di vero?    
E' proprio come nel paradosso del mentitore: la Verità pare che sia ciò che ci dice di non essere Vera (solo un'apparizione parziale e riflessa in cui ogni simbolo ci inganna, è un volerlo credere Vero, ma non è Vero), ma allora come può mai essere Vero anche che essa non è Vera?
Chi dunque, avendo tra le mani l'intero, ha spezzato lo specchio? Non sarebbe a costui che potremmo chiedere finalmente cos'è la Verità, per riunire il Simbolo che continuamente accade (ossia cade nelle nostre mani) come un frammento parziale della sua unità e continuamente ci ripete di non essere questo frammento che ora accade, ma di essere in ogni frammento che accade e ci cade in mano? Io non sono questo, eppure sono proprio questo che sta accadendo.
Forse la verità è un sogno spinto dal desiderio di essere reale, ma il sogno è già reale, anche se solo nei suoi frammenti può presentarsi e questo che dico non è che uno di quei frammenti, gli altri siete voi per come, dal mio frammento posso immaginarvi e io, per come dai vostri frammenti posso immaginarmi in continua reciprocità, ogni volta diversi, ma ciascuno trascinato a ricostruire continuamente un'unità che accadendo va in frantumi.
#447
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
31 Dicembre 2016, 22:35:26 PM
Citazione di: sgiombo il 31 Dicembre 2016, 16:51:31 PM
se si ammette per veri (si crede infondatamente veri) un minimo di assunti indimostrabili né logicamente né empiricamente, allora si può distinguere fra verità (predicati circa la realtà tali che la realtà é ad essi "conforme", così come essi predicano che sia) e falsità (per lo meno in un numero limitato di casi, non esistendo da nessuna parte la perfezione).

E che la verità della scienza "in sé" non sia condizionata socialmente, che non sia "valida nel contesto sociale che la rende vera" ma sia invece vera oggettivamente.

Il punto è che qualsiasi assunto indimostrabile si assuma come punto di partenza esso è "assunto" sulla base di un percorso storico e sociale che va ben al di là di qualsiasi scelta razionale degli individui, è assunto sulla base di un modo di sentire la "verità" che resta negli individui e nei gruppi fondamentalmente inconscia e di cui la posizione assuntiva di certi principi è un effetto contingente e mai assoluto.
Questo vale anche per la scienza attuale che potrebbe essere "oggettivamente" vera (ossia vera in sé, come se con la scienza si potesse godere dello sguardo dell'assoluto, di un Dio che può vedere ciò che è in modo panoramico) solo se fosse al di fuori di ciò che interpreta e descrive (appunto come Dio), ma non è così, poiché anche il modo di pensare scientifico è il prodotto (e non l'origine trascendente) di una storia sociale sterminata, fatta di un numero infinito di prassi che sono andate modificandosi e continueranno a modificarsi reciprocamente, dunque continuerà a modificarsi il senso di quegli stessi assunti e quindi quelle stesse verità e metodologie scientifiche che ora si ritengono oggettivamente incontestabili, in modo del tutto ovvio. Questa non è una affermazione scettica o solipsistica, è la pura constatazione che nessun osservatore storico (quindi non trascendente come una divinità creatrice fuori dal mondo) può considerarsi al di sopra della storia che genera il suo modo di osservare, di fare e di pensare il significato di ciò che pensa e osserva e nel contempo che ogni osservatore partecipa della realtà nel contesto specifico che gliela presenta. Non è allora possibile raffrontare la verità ritenuta vera un tempo con quella ritenuta vera oggi, proprio perché tale giudizio comporterebbe un situarsi fuori dalla storia che produce ogni ieri e ogni oggi, ogni osservatore e ogni principio a cui ci si affida. Non c'è alcun percorso progressivo verso la verità, un simile progresso può apparire tale solo relativamente alla verità attuale che solo oggi funziona come verità vera, solo relativamente al contesto che oggi la produce che non può essere il contesto (sociale, culturale) che produceva la verità nel passato. Il difetto di buona parte della scienza (e anche di molta filosofia) è, per usare un termine psicanalitico, quello di rimuovere il fatto di essere sempre e comunque il risultato di una storia immensa di cui ogni attribuzione di senso è sempre arbitraria, poiché sempre in realtà si partecipa della verità nel continuo divenire dei suoi significati relazionali.
La scienza, proprio in quanto prodotto del fare umano (delle tecniche umane), è sempre condizionata dai modi di fare che generano modi di capire e di pensare che non possono essere gli stessi in tempi e luoghi diversi e nemmeno possono pretendere di essere più veritieri rispetto a quelli di altri tempi e luoghi.
Le classi dominanti che incarnano le idee dominanti in realtà sono sempre transienti; esse si affermano in quanto interpretano esigenze storiche e tentano di resistere anche quando i contesti che proponevano quei significati culturali e sociali che le favorivano sono mutati. Pensano allora di poter imbrigliare la storia con il mantenimento inamovibile di quei principi di cui proclamano l'oggettività formale incontestabile, ma che essi stessi, senza saperlo, con le loro pratiche, hanno contribuito a mutare e, con la violenza ferocemente conservatrice di tale pretesa, inevitabilmente tramontano, insieme a quelle idee che ora sono diventate come gusci vuoti, strutture artificiose e soffocanti prive di senso (e in questo consiste l'abbattimento della vecchia morale che effettua Nietzsche per affermarne una nuova oltre i vecchi concetti di bene e di male, ma anche il pensiero politico economico e sociale di Marx si muove nella stessa direzione, poiché ogni classe sociale è portatrice di aspetti congruenti di realtà nel divenire storico).
L'unica certezza su cui sarei pronto a scommettere è che le nostre attuali "visioni oggettive" tra qualche secolo (o forse prima) appariranno del tutto inconsistenti in ragione delle nuove prassi che verranno, e che le nuove visioni saranno intese come doverose correzioni e rivisitazioni in senso oggettivo e razionale di quelle che le hanno fondate. Così è per la meccanica quantistica di Copenhagen, così è per la psicanalisi e per qualsiasi principio morale o di cura medica e così sarà per tutte le teorie che vengono e verranno a sostituirle nella pretesa di guida delle prassi.

CitazioneC' é pensiero "classico" (o antico) e pensiero "classico". Nell' epicureismo (non é classico? Certamente é antico) questo dualismo non c' era.
E nemmeno in molti altri filoni di pensiero antichi e moderni molto più razionalistici della psicoanalisi.
Certo, intendevo l'epicureismo come pensiero classico (per questo ho scritto "nell'epicureismo e nelle altre forme di pensiero classico", ove l'epicureismo è una di queste).
La differenza con la psicanalisi è proprio qui: mentre nel pensiero classico, epicureismo compreso (per come ci è pervenuto), c'è un dualismo contrapposto tra razionalità del logos governante e irrazionalità della natura, con il pensiero post nicciano e con la psicanalisi questo dualismo viene superato nella posizione di una fondamentale matrice inconscia pulsante che sta alla radice di tutto, è il regno della pulsione e dei suoi vitali che precedono ogni razionalità e di conseguenza ogni irrazionalità, è questa matrice che dà forma a ogni forma vitale (stabilendo così anche ciò che è irrazionale agli occhi del razionale). 
I punti "razionali" (e credo perfettamente condivisibili anche da un freudiano) che tu presenti sono le regole con cui la razionalità esercita il suo dominio raziocinante (quindi soppesante e calcolante) sugli impulsi irrazionali dettati da una necessità che Freud intende fondamentalmente biologica. Ma questa sfera pulsionale, non è altra cosa, ma l'unica matrice sovra individuale di quella stessa razionalità che consente all'essere umano di costituirsi come individuo realizzando la propria autonomia esistenziale. E' il flusso da cui ogni nostro pensiero e sentimento trae origine e questo né Epicuro, né le altre forme di pensiero classico, mi sembra lo avessero pensato (forse un'intuizione simile la si ritrova nel pensiero filosofico-mitologico orientale, proprio perché in tale ambito la filosofia non ha mai inteso annullare la mitologia come ha fatto il pensiero logico occidentale fin dalle sue origini).

Buon anno Sgiombo e felice nuovo anno a tutti! :)
 
#448
CitazioneMa se uno in cuor suo sa di non aver mai fatto del male ad una mosca, perché deve portarsi dietro la croce e la colpa di una società ingiusta che - proprio perché ingiusta - deve essere indulgente coi farabutti (e mi scuso per quest'altra brutta parola)?
Non la metterei nei termini di una "colpa", non c'è una colpa nella società, e ogni società si rivela nei suoi aspetti giusti o ingiusti nel rapporto condizionante verso ogni singolo individuo che quella società esprime nel suo specifico modo di vivere e sentire. Si tratta piuttosto di accorgersi del fatto che ognuno di noi, nel suo personale modo di essere onesto o farabutto è il risultato di un mondo collettivo che di necessità lo precede e che egli stesso, agendo in ragione di questa necessità, viene a mutare secondo una risultanza collettiva. Il vederla in questo modo non significa essere indulgente con i farabutti e men che meno con il proprio sé farabutto (che c'è sempre, anche nella persona migliore), ma tentare di comprendere la dinamica da cui i nostri modi di agire sono determinati e, alla luce di questa comprensione, trarre le conseguenze per le nostre azioni e i nostri modi di pensare. L'unica colpa (l'unico "peccato") sta nel sentirsi individualmente esentati da questa comprensione (una comprensione culturale, non morale), magari in virtù di meriti che si vogliono sentire come del tutto privati.
E' così che nel mito della storia, capita che il brigante di oggi sia l'eroe di domani, il restauratore della giustizia, che a sua volta finirà con l'avere a che fare a che fare con i briganti di domani, ossia i successivi redentori di giustizia.   
#449
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
31 Dicembre 2016, 10:31:45 AM
Citazione di: sgiombo il 30 Dicembre 2016, 09:41:47 AM
Notando en passant che nello stesso modo, per questi stessi motivi potrebbero essere  oggettivamente interessante anche la frenologia di Gall o le teorie di Lombroso che hanno comunque segnato la visione culturale di un'epoca rispettivamente a livello mondiale e italiano.
Certamente anch'esse lo sono dal punto di vista interpretativo del significato, rimanendo, come la psicanalisi, discutibili. Qualsiasi ipotesi che si afferma storicamente è valida nel contesto sociale che la rende vera, quando questo ambito muta la pretesa di verità di quell'interpretazione scompare ed essa appare come una pseudo scienza rispetto al nuovo modo di vedere le cose che si viene affermando mostrando una diversa verità (e quindi una diversa realtà nelle cose), la quale sarà a sua volta messa in discussione dagli ulteriori contesti culturali e sociali che andrà a produrre. E' questa la storia del pensiero umano in cui non si può mai raggiungere nessuna teoresi definitiva, ma ogni volta l'interpretazione che emerge appare quella più scientificamente e realisticamente valida.  La differenza tra vera scienza e pseudoscienza emerge in ogni epoca solo nel presente, non in una pretesa di una verità universalmente valida in sé, al di fuori dal tempo e dai contesti.

CitazioneChe la pulsione del piacere nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche non capisco che cosa possa significare se non la banale ovvietà che il piacere è soddisfazione di desideri (cosa arcinota dai tempi di Epicuro e anche precedenti).
Che il piacere consista nella soddisfazione (razionale) dei desideri è certamente un'idea antica, presente nel pensiero epicureo e in generale in tutto quello classico; la novità freudiana consiste nel ritenere che l'istanza razionale che guida la realizzazione del desiderio (l'io) non è che il prodotto di matrice inconscia di quella stessa pulsione che si illude di poter dominare, controllare e censurare moralmente. Questo significa che mentre nel pensiero classico c'è una dualità tra natura (irrazionale) e pensiero (razionale), ovvero tra materia e spirito in cui il secondo giunge a prevalere sulla prima, con la psicanalisi questa dualità scompare, poiché in ogni caso la razionalità non è che il prodotto della pulsione e solo da essa prende continuamente forma.
#450
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
29 Dicembre 2016, 23:33:37 PM
CitazioneChe siano interessanti o meno é ovviamente del tutto soggettivo (personalmente trovo molto più interessante le favole di Biancaneve o di Cenerentola; che peraltro non hanno mai indebitamente preteso alcuna dignità scientifica, contrariamente a quelle di Freud).
No, sono oggettivamente interessanti avendo comunque segnato la visione culturale di un'epoca. Che poi tu possa trovare piú interessanti le favole di Biancaneve o di Cenerentola, anche questo è sicuramente interessante, potresti provare a fondare una teoria della psiche partendo dall'interpretazione di queste due fiabe, magari fondando una nuova teoria della psiche dagli effetti epocali.
L'idea per nulla banale di Freud è che la pulsione del piacere (a cui in un secondo tempo si aggiungerà la pulsione di morte) nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche (idea piuttosto innovativa rispetto ai tempi in cui si riteneva che la psiche fosse un ente di matrice del tutto spirituale, non credi?) e questa rappresenta un'autentica rivoluzione che ha base filosofica nel pensiero nicciano e origine in quello di Brentano. A determinare il contesto culturale in cui nasce la psicanalisi vanno considerati inoltre il clima scientifico e quello sociale dell'epoca: il progresso scientifico: in particolare la teoria darwiniana a cui Freud si interessò, I modelli dell'elettromagnetismo in fisica e gli studi sull'ipnotismo in campo medico che rivelarono a Freud l'importanza delle suggestioni inconsce e quindi l'esistenza di una dimensione non cosciente determinante le azioni indipendentemente dalla volontà del soggetto.
Il mito di Edipo è fondamentale proprio in tal senso: Edipo infatti non sa che è lui la causa della pestilenza a Tebe, cerca la soluzione in modo razionale, guidato dal suo io, senza riuscirvi. Non sa che Giocasta, la regina, è sua madre con cui lui ha avuto dei figli, non sa che l'uomo che ha ucciso tornando da Delfi e dopo aver risolto con acume razionale l'enigma della Sfinge, era suo padre e quando lo viene a sapere si acceca.
Nella teoria psicanalitica convergono e si intrecciano tutti questi temi filosofici, scientifici, mitologici e proprio per questo è estremamente e oggettivamente interessante. Ed è interessante anche il fatto che, pur essendo centrata sull'interpretazione della genesi della psiche maschile e sul ruolo del padre, Freud ottenne i maggiori successi nella cura dell'isteria, che era un disturbo nevrotico legato soprattutto alla sessualità femminile.
Infine non possiamo dimenticare che oltre alla teoria analitica junghiana e la profonda rivisitazione Lacaniana, la teoria psicanalitica freudiana ha determinato nel corso del 900 un fiorire di letture certamente molto interessanti sul significato della natura dell'essere umano, tra queste vorrei ricordare in particolare quelle della Klein sugli aspetti psicotici autodistruttivi nel bambino e di Bion, ancora sul rapporto bambino - madre e individuo - società.