SARIPUTRA
I cinque precetti base seguiti da ogni buddhista sono:
-astenersi dall'uccidere o provocare danno agli esseri viventi.
-astenersi dal prendere ciò che non è stato dato.
-astenersi da una vita sessuale sregolata.
-astenersi dal mentire e dall'usare toni volgari e offensivi.
-astenersi dal prosecco ( sigh!
), dalle droghe e dalle sostanze che alterano la lucidità mentale.
APEIRON
-astenersi dal mentire e dall'usare toni volgari e offensivi. (sigh! ahia non posso far polemiche
)
Tornando seri credo che già se si seguissero solo questi precetti, anche con la dovuta moderazione (mi riferisco alle sostanze che alterano la lucidità mentale
) il mondo sarebbe veramente un posto migliore senza aggiungerci gli altri... Interessante! Ma ahimé l'uomo è "peccaminoso" 
SARIPUTRA
A questi se ne aggiungono tre di facoltativi:
-astenersi dal mangiare dopo mezzogiorno e fino all'alba seguente.
-astenersi dal cantare, ballare , far casino , ecc. e dai gioielli, profumi costosi, trucchi cosmetici vari.
-astenersi dal riposare in letti troppo comodi e troppo grandi.
APEIRON
Nooooooooooooooooooo che faccio col mio letto comodissimo su cui voglio giacere dopo una lunga giornata in cui ho provato a fare qualcosa di produttivo? Uffa e siamo solo ai primi 8 precetti
SARIPUTRA
I monaci poi ne seguono un altro di importantissimo, per l'ordinato:
-astenersi dal ricevere denaro, oro, argenti, criptovalute, assegni postdatati, obbligazioni subordinate Tier I e Tier II, ecc.
APEIRON
Questo è molto interssante... mi pare di aver visto che in alcune scuole Mahayana e tibetane (ah, ho scoperto che tibetano =/= vajrayana) ci sono monaci che possiedono qualcosa che appartiene a quanto stai dicendo. E da qui mi sorge la domanda (in realtà due non indipendenti): come fanno questi a praticare un "buddhismo" autentico? O inversamente: quanto di "settario" c'è nel Canone Pali?
SARIPUTRA
[ dolore (dukkha) ] -----> [ fede (saddha) ]----> [ gioia (pamojja ]-----> [ estasi (piti) ] ----->[ serenità (passaddhi ) ] -----> [ felicità (sukha) ] -----> [ Samadhi ] -----> [ retta conoscenza ] ----->[ avversione (nibidda) ] ----->[ distacco (viraga) ]------>[ liberazione (vimutti) ] -----> [ conoscenza dell'estinzione (khaye nana) ].
APEIRON
Un po' di commenti. Ritengo molto interssante che è proprio "dukkha" il primo anello di questa catena (che tra l'altro ha 12 elementi, come l'altra che ci condanna a "declino e morte"
): come dire che ci vuole un certo grado di dukkha per veramente praticare il buddhismo. Il secondo poi è "saddha"... ovvero quando ormai sei messo male l'unica cosa che puoi fare è "ancorarti" al "rifugio". Poi è interessante che c'è una fase in cui "si sta bene" (fino al "samadhi")... ma poi c'è una fase di "avversione" (traduzione errata?) subito prima della "liberazione" e della "conoscenza dell'estinzione" (conoscenza di che?). Comunque mi chiedo se questa catena valga anche in altri contesti
SARIPUTRA
Il Buddhismo riconosce, in linea di massima, tre grandi fini:
a) una migliore rinascita.
b) libertà dalla rinascita.
c) la felicità in questa vita.
Nell'Abhid. il Buddha afferma: " Io sono uno di quelli che vivono felici nel mondo" (ye ca pana loke sukham senti aham tesam annataro ti).
I punti a e bnon sono compatibili tra loro. Il c è compatibile sia con il primo che con il secondo.
Il fine 'a' è alla portata del laico buddhista che segue i cinque precetti e coltiva benevolenza e compassione verso ogni essere senziente.
il fine 'b' è specificamente l'obiettivo del monaco buddhista ( bhikkhu ) ma non è negato alle possibilità del praticante laico.
Il fine 'c' è realizzabile da ogni praticante buddhista, laico o monaco che sia.
APEIRON
E qui secondo me c'è qualcosa di molto curioso. Anzitutto il fatto che la migliore rinascita è visto come qualcosa di "rispettabile" e questo secondo me contrasta l'interpretazione per cui il Buddhismo significa "tutto fa schifo, meglio svincolarsi anche se ciò significa il Nulla". Riguardo al "c"... ecco credo che questo punto sia per così dire ciò che attrae al buddhismo molte persone: i risultati sono in questa vita, quindi tutti possono usare la saggezza buddhista per questo motivo. Il "b"... Sommum Bonum: bhavanirodha ("cessazione dell'esistenza" ovviamente tutto dipende da cosa significa "esistenza"
)
Abbiamo un duplice sistema di valori, che si ricollega a tre tipi fondamentali di 'bisogni':
1) bisogni nocivi ( akusala) che non conducono a nessuno dei punti a-b-c- sopra descritti.
2) bisogni salutari ( kusala) che conducono ad una migliore rinascita ed almeno ad un certo grado di felicità in questa vita.
3) libertà dai bisogni, che conduce alla libertà dalla rinascita e alla felicità compiuta in questa vita.
SARIPUTRA
La rinascita è un problema, non è cosa da augurarsi, per il buddhista. Ma se proprio dobbiamo rinascere è meglio un buona rinascita piuttosto che una pessima...e fin qua tutti si dicono d'accordo.
Il problema più importante , agli occhi del Buddha, riguardava i motivi che spingono alle azioni e ai pensieri nocivi. Egli riteneva che, il potersene liberare, era di per sè una motivazione per seguire la moralità ( sila) e creare così i presupposti per la realizzazione dei punti a-b-c.
Per il Buddhismo i fattori motivazionali dell'azione non sono innati né ereditati, quanto secondari, condizionati dalla percezione sensoriale.
Se ci si libera da questi motivi, apparirà "qualcosa" di simile ad una 'purezza' originaria della mente ( citta ): "Questa citta era luminosa ma venne corrotta da macchie provenienti dall'esterno" (Ab. I 10).
Il Buddhismo, generalmente, usa una terminologia negativa che però ha un valore emotivo positivo, così come si presenta nella letteratura buddhista.
Il Buddhismo delle origini era un metodo pratico, non una scienza e nemmeno una filosofia, pertanto è naturale che l'unica classificazione realistica del Sentiero risulti basata sui risultati dei bisogni.
Oltre alla classificazione in risultati buoni e risultati cattivi troviamo due ulteriori distinzioni:
-distinzione in relazione ai gradi di coscienza.
-distinzione in relazione ai gradi di pianificazione e premeditazione impliciti.
Se un essere immerso nei pensieri mondani vi chiede ( a voi aspiranti occidentali al buddhismo che avete letto fin qui e vi siete ormai convertiti...
) "Cos'è il Buddhismo, o fuori di testa?"
Voi rispondete semplicemente: "Nulla a cui aggrapparsi".
APEIRON
Quanto puntualizzi qua è molto interessante: noi occidentali che vediamo il buddhismo "da fuori" ci concentriamo immediatamente sul suo "Summum Bonum". Però come ben dici qui in realtà il "primo nemico" del buddhismo sono le azioni nocive e quindi lo sviluppo di sila. Ergo sila in sostanza è quella pratica per cui si "prepara" la mente per riuscire a liberarsi. Noi commentatori occidentali ce ne dimentichiamo e pensiamo che sia il "nirvana" il primo "obbiettivo": invece no, è sila. Si parte da lì, si comincia a "tirar fuori" la "luminosità", dopo si comincia con la meditazione ecc.
Il problema è che il mondo del 2018 (passa il tempo
ormai è dal 2015 che mi informo sul buddhismo, sono passati tre anni e continuo a girare attorno
) è ben diverso dal mondo di quei tempi... e questo è un problema perchè riuscire a "tradurre" il buddhismo delle origini "in questo mondo" è qualcosa di strano
Riguardo alla definizione "nulla a cui aggrapparsi"... beh in fin dei conti è un "motivo" ricorrente in molte tradizioni e filosofie. La "promessa" è che quando non ci si aggrappa a nulla, paradossalmente si ha il "massimo". La positività in fin dei conti è molto chiara in quasi tutte le tradizioni, nel buddhismo per qualche motivo si mette la "a" privativa ovunque: asankhata, amata (non-condizionato, non-morte ecc). Questo ahimé crea ambiguità.
Riguardo all'Abhidhamma... Ho letto da qualche parte che al posto di nirvana si usa "asankhata-dhatu", ovvero "elemento non-condizionato". E nuovamente si dice che non è questo, non è quello, non ha quelle caratteristiche ecc. Tutto molto "apofatico"
cosa si nasconde dietro a queste negazioni?
Per alcuni, come molto probabilmente per i Sautrantika, niente. Il nirvana è "la cessazione".
Per gli abhidharma (non solo theravada): una volta capita l'insostanzialità dell'esistenza condizionata si "prende conoscenza" dell'"asankhata dhatu", che è qualcosa che "esiste". Di certo non è la "mera assenza" dei cinque aggregati. Per l'abhidhamma theravada l'universo è composto da 4 elementi (ho letto da qualche parte): citta (mennte), cetasika (stati mentali), rupa (materia) e "asankhata dhatu" (o nirvana). I primi due sono "mente", il terzo è materia e l'ultimo non è materia e nemmeno "mente". Ad ogni modo in queste scuole è riconosciuto come un "qualcosa che esiste, un incondizionato"
Infine il Mahayana... Qui si parla di vacuità. Questo è vuoto, quello è vuoto, tutto è vuoto ecc. Ma "vacuità" significa potenzialità? Mi spiego: in una stanza vuota posso muovermi e posso vivere! Ovvero la vacuità è "pura potenzialità"? Se "la vacuità è materia, la materia è vacuità" (Sutra del Cuore), questo significa che il vuoto è la potenzialità per cui può esistere la forma? Anche perchè non è molto diverso dai Sautrantika, altrimenti. Se sparisce tutta l'esistenza condizionata non rimane nulla
e sappiamo che "sabbe sankhara anicca e dukkha" (tutta l'esistenza condizionata è impermanente e dolorosa). Ma questo come fa a non essere nichilismo?
vabbeh ormai è da anni che ci penso e non mi ha mai convinto veramente. Credo che sia una causa persa... o che sono una causa persa
I cinque precetti base seguiti da ogni buddhista sono:
-astenersi dall'uccidere o provocare danno agli esseri viventi.
-astenersi dal prendere ciò che non è stato dato.
-astenersi da una vita sessuale sregolata.
-astenersi dal mentire e dall'usare toni volgari e offensivi.
-astenersi dal prosecco ( sigh!

APEIRON
-astenersi dal mentire e dall'usare toni volgari e offensivi. (sigh! ahia non posso far polemiche

Tornando seri credo che già se si seguissero solo questi precetti, anche con la dovuta moderazione (mi riferisco alle sostanze che alterano la lucidità mentale


SARIPUTRA
A questi se ne aggiungono tre di facoltativi:
-astenersi dal mangiare dopo mezzogiorno e fino all'alba seguente.
-astenersi dal cantare, ballare , far casino , ecc. e dai gioielli, profumi costosi, trucchi cosmetici vari.
-astenersi dal riposare in letti troppo comodi e troppo grandi.
APEIRON
Nooooooooooooooooooo che faccio col mio letto comodissimo su cui voglio giacere dopo una lunga giornata in cui ho provato a fare qualcosa di produttivo? Uffa e siamo solo ai primi 8 precetti

SARIPUTRA
I monaci poi ne seguono un altro di importantissimo, per l'ordinato:
-astenersi dal ricevere denaro, oro, argenti, criptovalute, assegni postdatati, obbligazioni subordinate Tier I e Tier II, ecc.
APEIRON
Questo è molto interssante... mi pare di aver visto che in alcune scuole Mahayana e tibetane (ah, ho scoperto che tibetano =/= vajrayana) ci sono monaci che possiedono qualcosa che appartiene a quanto stai dicendo. E da qui mi sorge la domanda (in realtà due non indipendenti): come fanno questi a praticare un "buddhismo" autentico? O inversamente: quanto di "settario" c'è nel Canone Pali?

SARIPUTRA
[ dolore (dukkha) ] -----> [ fede (saddha) ]----> [ gioia (pamojja ]-----> [ estasi (piti) ] ----->[ serenità (passaddhi ) ] -----> [ felicità (sukha) ] -----> [ Samadhi ] -----> [ retta conoscenza ] ----->[ avversione (nibidda) ] ----->[ distacco (viraga) ]------>[ liberazione (vimutti) ] -----> [ conoscenza dell'estinzione (khaye nana) ].
APEIRON
Un po' di commenti. Ritengo molto interssante che è proprio "dukkha" il primo anello di questa catena (che tra l'altro ha 12 elementi, come l'altra che ci condanna a "declino e morte"


SARIPUTRA
Il Buddhismo riconosce, in linea di massima, tre grandi fini:
a) una migliore rinascita.
b) libertà dalla rinascita.
c) la felicità in questa vita.
Nell'Abhid. il Buddha afferma: " Io sono uno di quelli che vivono felici nel mondo" (ye ca pana loke sukham senti aham tesam annataro ti).
I punti a e bnon sono compatibili tra loro. Il c è compatibile sia con il primo che con il secondo.
Il fine 'a' è alla portata del laico buddhista che segue i cinque precetti e coltiva benevolenza e compassione verso ogni essere senziente.
il fine 'b' è specificamente l'obiettivo del monaco buddhista ( bhikkhu ) ma non è negato alle possibilità del praticante laico.
Il fine 'c' è realizzabile da ogni praticante buddhista, laico o monaco che sia.
APEIRON
E qui secondo me c'è qualcosa di molto curioso. Anzitutto il fatto che la migliore rinascita è visto come qualcosa di "rispettabile" e questo secondo me contrasta l'interpretazione per cui il Buddhismo significa "tutto fa schifo, meglio svincolarsi anche se ciò significa il Nulla". Riguardo al "c"... ecco credo che questo punto sia per così dire ciò che attrae al buddhismo molte persone: i risultati sono in questa vita, quindi tutti possono usare la saggezza buddhista per questo motivo. Il "b"... Sommum Bonum: bhavanirodha ("cessazione dell'esistenza" ovviamente tutto dipende da cosa significa "esistenza"

Abbiamo un duplice sistema di valori, che si ricollega a tre tipi fondamentali di 'bisogni':
1) bisogni nocivi ( akusala) che non conducono a nessuno dei punti a-b-c- sopra descritti.
2) bisogni salutari ( kusala) che conducono ad una migliore rinascita ed almeno ad un certo grado di felicità in questa vita.
3) libertà dai bisogni, che conduce alla libertà dalla rinascita e alla felicità compiuta in questa vita.
SARIPUTRA
La rinascita è un problema, non è cosa da augurarsi, per il buddhista. Ma se proprio dobbiamo rinascere è meglio un buona rinascita piuttosto che una pessima...e fin qua tutti si dicono d'accordo.
Il problema più importante , agli occhi del Buddha, riguardava i motivi che spingono alle azioni e ai pensieri nocivi. Egli riteneva che, il potersene liberare, era di per sè una motivazione per seguire la moralità ( sila) e creare così i presupposti per la realizzazione dei punti a-b-c.
Per il Buddhismo i fattori motivazionali dell'azione non sono innati né ereditati, quanto secondari, condizionati dalla percezione sensoriale.
Se ci si libera da questi motivi, apparirà "qualcosa" di simile ad una 'purezza' originaria della mente ( citta ): "Questa citta era luminosa ma venne corrotta da macchie provenienti dall'esterno" (Ab. I 10).
Il Buddhismo, generalmente, usa una terminologia negativa che però ha un valore emotivo positivo, così come si presenta nella letteratura buddhista.
Il Buddhismo delle origini era un metodo pratico, non una scienza e nemmeno una filosofia, pertanto è naturale che l'unica classificazione realistica del Sentiero risulti basata sui risultati dei bisogni.
Oltre alla classificazione in risultati buoni e risultati cattivi troviamo due ulteriori distinzioni:
-distinzione in relazione ai gradi di coscienza.
-distinzione in relazione ai gradi di pianificazione e premeditazione impliciti.
Se un essere immerso nei pensieri mondani vi chiede ( a voi aspiranti occidentali al buddhismo che avete letto fin qui e vi siete ormai convertiti...

Voi rispondete semplicemente: "Nulla a cui aggrapparsi".
APEIRON
Quanto puntualizzi qua è molto interessante: noi occidentali che vediamo il buddhismo "da fuori" ci concentriamo immediatamente sul suo "Summum Bonum". Però come ben dici qui in realtà il "primo nemico" del buddhismo sono le azioni nocive e quindi lo sviluppo di sila. Ergo sila in sostanza è quella pratica per cui si "prepara" la mente per riuscire a liberarsi. Noi commentatori occidentali ce ne dimentichiamo e pensiamo che sia il "nirvana" il primo "obbiettivo": invece no, è sila. Si parte da lì, si comincia a "tirar fuori" la "luminosità", dopo si comincia con la meditazione ecc.
Il problema è che il mondo del 2018 (passa il tempo



Riguardo alla definizione "nulla a cui aggrapparsi"... beh in fin dei conti è un "motivo" ricorrente in molte tradizioni e filosofie. La "promessa" è che quando non ci si aggrappa a nulla, paradossalmente si ha il "massimo". La positività in fin dei conti è molto chiara in quasi tutte le tradizioni, nel buddhismo per qualche motivo si mette la "a" privativa ovunque: asankhata, amata (non-condizionato, non-morte ecc). Questo ahimé crea ambiguità.
Riguardo all'Abhidhamma... Ho letto da qualche parte che al posto di nirvana si usa "asankhata-dhatu", ovvero "elemento non-condizionato". E nuovamente si dice che non è questo, non è quello, non ha quelle caratteristiche ecc. Tutto molto "apofatico"

Per alcuni, come molto probabilmente per i Sautrantika, niente. Il nirvana è "la cessazione".
Per gli abhidharma (non solo theravada): una volta capita l'insostanzialità dell'esistenza condizionata si "prende conoscenza" dell'"asankhata dhatu", che è qualcosa che "esiste". Di certo non è la "mera assenza" dei cinque aggregati. Per l'abhidhamma theravada l'universo è composto da 4 elementi (ho letto da qualche parte): citta (mennte), cetasika (stati mentali), rupa (materia) e "asankhata dhatu" (o nirvana). I primi due sono "mente", il terzo è materia e l'ultimo non è materia e nemmeno "mente". Ad ogni modo in queste scuole è riconosciuto come un "qualcosa che esiste, un incondizionato"

Infine il Mahayana... Qui si parla di vacuità. Questo è vuoto, quello è vuoto, tutto è vuoto ecc. Ma "vacuità" significa potenzialità? Mi spiego: in una stanza vuota posso muovermi e posso vivere! Ovvero la vacuità è "pura potenzialità"? Se "la vacuità è materia, la materia è vacuità" (Sutra del Cuore), questo significa che il vuoto è la potenzialità per cui può esistere la forma? Anche perchè non è molto diverso dai Sautrantika, altrimenti. Se sparisce tutta l'esistenza condizionata non rimane nulla


