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Messaggi - Apeiron

#436
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
14 Gennaio 2018, 10:54:26 AM
SARIPUTRA
I cinque precetti base seguiti da ogni buddhista sono:
-astenersi dall'uccidere o provocare danno agli esseri viventi.
-astenersi dal prendere ciò che non è stato dato.
-astenersi da una vita sessuale sregolata.
-astenersi dal mentire e dall'usare toni volgari e offensivi.
-astenersi dal prosecco ( sigh!   ), dalle droghe e dalle sostanze che alterano la lucidità mentale.

APEIRON
-astenersi dal mentire e dall'usare toni volgari e offensivi. (sigh! ahia non posso far polemiche  ;D )
Tornando seri credo che già se si seguissero solo questi precetti, anche con la dovuta moderazione (mi riferisco alle sostanze che alterano la lucidità mentale  ;D ) il mondo sarebbe veramente un posto migliore senza aggiungerci gli altri... Interessante! Ma ahimé l'uomo è "peccaminoso"  ::)

SARIPUTRA
A questi se ne aggiungono tre di facoltativi:
-astenersi dal mangiare dopo mezzogiorno e fino all'alba seguente.
-astenersi dal cantare, ballare , far casino , ecc. e dai gioielli, profumi costosi, trucchi cosmetici vari.
-astenersi dal riposare in letti troppo comodi e troppo grandi.
APEIRON
Nooooooooooooooooooo che faccio col mio letto comodissimo su cui voglio giacere dopo una lunga giornata in cui ho provato a fare qualcosa di produttivo? Uffa  e siamo solo ai primi 8 precetti  :(

SARIPUTRA
I monaci poi ne seguono un altro di importantissimo, per l'ordinato:
-astenersi dal ricevere denaro, oro, argenti, criptovalute, assegni postdatati, obbligazioni subordinate Tier I e Tier II, ecc.
APEIRON
Questo è molto interssante... mi pare di aver visto che in alcune scuole Mahayana e tibetane (ah, ho scoperto che tibetano =/= vajrayana) ci sono monaci che possiedono qualcosa che appartiene a quanto stai dicendo. E da qui mi sorge la domanda (in realtà due non indipendenti): come fanno questi a praticare un "buddhismo" autentico? O inversamente: quanto di "settario" c'è nel Canone Pali?  ::)

SARIPUTRA
[ dolore (dukkha) ] -----> [ fede (saddha) ]----> [ gioia (pamojja ]-----> [ estasi (piti) ] ----->[ serenità (passaddhi ) ] -----> [ felicità (sukha) ] -----> [ Samadhi ] -----> [ retta conoscenza ] ----->[ avversione (nibidda) ] ----->[ distacco (viraga) ]------>[ liberazione (vimutti) ] -----> [ conoscenza dell'estinzione (khaye nana) ].
APEIRON
Un po' di commenti. Ritengo molto interssante che è proprio "dukkha" il primo anello di questa catena (che tra l'altro ha 12 elementi, come l'altra che ci condanna a "declino e morte"  :o ): come dire che ci vuole un certo grado di dukkha per veramente praticare il buddhismo. Il secondo poi è "saddha"... ovvero quando ormai sei messo male l'unica cosa che puoi fare è "ancorarti" al "rifugio". Poi è interessante che c'è una fase in cui "si sta bene" (fino al "samadhi")... ma poi c'è una fase di "avversione" (traduzione errata?) subito prima della "liberazione" e della "conoscenza dell'estinzione" (conoscenza di che?). Comunque mi chiedo se questa catena valga anche in altri contesti ::)

SARIPUTRA
Il Buddhismo riconosce, in linea di massima, tre grandi fini:
 a) una migliore rinascita.
b) libertà dalla rinascita.
c) la felicità in questa vita.
Nell'Abhid. il Buddha afferma: " Io sono uno di quelli che vivono felici nel mondo" (ye ca pana loke sukham senti aham tesam annataro ti).
I punti a e bnon sono compatibili tra loro. Il c è compatibile sia con il primo che con il secondo.
Il fine 'a' è alla portata del laico buddhista che segue i cinque precetti e coltiva benevolenza e compassione verso ogni essere senziente.
il fine 'b' è specificamente l'obiettivo del monaco buddhista ( bhikkhu ) ma non è negato alle possibilità del praticante laico.
Il fine 'c' è realizzabile da ogni praticante buddhista, laico o monaco che sia.
APEIRON
E qui secondo me c'è qualcosa di molto curioso. Anzitutto il fatto che la migliore rinascita è visto come qualcosa di "rispettabile" e questo secondo me contrasta l'interpretazione per cui il Buddhismo significa "tutto fa schifo, meglio svincolarsi anche se ciò significa il Nulla". Riguardo al "c"... ecco credo che questo punto sia per così dire ciò che attrae al buddhismo molte persone: i risultati sono in questa vita, quindi tutti possono usare la saggezza buddhista per questo motivo. Il "b"... Sommum Bonum: bhavanirodha ("cessazione dell'esistenza" ovviamente tutto dipende da cosa significa "esistenza"  :( )


Abbiamo un duplice sistema di valori, che si ricollega a tre tipi fondamentali di 'bisogni':
1) bisogni nocivi ( akusala) che non conducono a nessuno dei punti a-b-c- sopra descritti.
2) bisogni salutari ( kusala) che conducono ad una migliore rinascita ed almeno ad un certo grado di felicità in questa vita.
3) libertà dai bisogni, che conduce alla libertà dalla rinascita e alla felicità compiuta in questa vita.

SARIPUTRA
La rinascita è un problema, non è cosa da augurarsi, per il buddhista. Ma se proprio dobbiamo rinascere è meglio un buona rinascita piuttosto che una pessima...e fin qua tutti si dicono d'accordo.
Il problema più importante , agli occhi del Buddha, riguardava i motivi che spingono alle azioni e ai pensieri nocivi. Egli riteneva che, il potersene liberare,  era di per sè una motivazione per seguire la moralità ( sila) e creare così i presupposti per la realizzazione dei punti a-b-c.
Per il Buddhismo i fattori motivazionali dell'azione non sono innati né ereditati, quanto secondari, condizionati dalla percezione sensoriale.
Se ci si libera da questi motivi, apparirà "qualcosa" di simile ad una 'purezza' originaria della mente ( citta ): "Questa citta era luminosa ma venne corrotta da macchie provenienti dall'esterno" (Ab. I 10).

Il Buddhismo, generalmente, usa una terminologia negativa che però ha un valore emotivo positivo, così come si presenta nella letteratura buddhista.

Il Buddhismo delle origini era un metodo pratico, non una scienza e nemmeno una filosofia, pertanto è naturale che l'unica classificazione realistica  del Sentiero risulti basata sui risultati dei bisogni.

Oltre alla classificazione in risultati buoni e risultati cattivi troviamo due ulteriori distinzioni:
-distinzione in relazione ai gradi di coscienza.
-distinzione in relazione ai gradi di pianificazione e premeditazione impliciti.

Se un essere immerso nei pensieri mondani vi chiede ( a voi aspiranti occidentali al buddhismo che avete letto fin qui e vi siete ormai convertiti... ) "Cos'è il Buddhismo, o fuori di testa?"
Voi rispondete semplicemente: "Nulla a cui aggrapparsi".

APEIRON
Quanto puntualizzi qua è molto interessante: noi occidentali che vediamo il buddhismo "da fuori" ci concentriamo immediatamente sul suo "Summum Bonum". Però come ben dici qui in realtà il "primo nemico" del buddhismo sono le azioni nocive e quindi lo sviluppo di sila. Ergo sila in sostanza è quella pratica per cui si "prepara" la mente per riuscire a liberarsi. Noi commentatori occidentali ce ne dimentichiamo e pensiamo che sia il "nirvana" il primo "obbiettivo": invece no, è sila. Si parte da lì, si comincia a "tirar fuori" la "luminosità", dopo si comincia con la meditazione ecc.
Il problema è che il mondo del 2018 (passa il tempo  :(  ormai è dal 2015 che mi informo sul buddhismo, sono passati tre anni e continuo a girare attorno  ;D ) è ben diverso dal mondo di quei tempi... e questo è un problema perchè riuscire a "tradurre" il buddhismo delle origini "in questo mondo" è qualcosa di strano  :(

Riguardo alla definizione "nulla a cui aggrapparsi"... beh in fin dei conti è un "motivo" ricorrente in molte tradizioni e filosofie. La "promessa" è che quando non ci si aggrappa a nulla, paradossalmente si ha il "massimo". La positività in fin dei conti è molto chiara in quasi tutte le tradizioni, nel buddhismo per qualche motivo si mette la "a" privativa ovunque: asankhata, amata (non-condizionato, non-morte ecc). Questo ahimé crea ambiguità.

Riguardo all'Abhidhamma... Ho letto da qualche parte che al posto di nirvana si usa "asankhata-dhatu", ovvero "elemento non-condizionato". E nuovamente si dice che non è questo, non è quello, non ha quelle caratteristiche ecc. Tutto molto "apofatico"  ;)  cosa si nasconde dietro a queste negazioni?

Per alcuni, come molto probabilmente per i Sautrantika, niente. Il nirvana è "la cessazione".

Per gli abhidharma (non solo theravada): una volta capita l'insostanzialità dell'esistenza condizionata si "prende conoscenza" dell'"asankhata dhatu", che è qualcosa che "esiste". Di certo non è la "mera assenza" dei cinque aggregati. Per l'abhidhamma theravada l'universo è composto da 4 elementi (ho letto da qualche parte): citta (mennte), cetasika (stati mentali), rupa (materia) e "asankhata dhatu" (o nirvana). I primi due sono "mente", il terzo è materia e l'ultimo non è materia e nemmeno "mente". Ad ogni modo in queste scuole è riconosciuto come un "qualcosa che esiste, un incondizionato"  :)

Infine il Mahayana... Qui si parla di vacuità. Questo è vuoto, quello è vuoto, tutto è vuoto ecc.  Ma "vacuità" significa potenzialità? Mi spiego: in una stanza vuota posso muovermi e posso vivere! Ovvero la vacuità è "pura potenzialità"? Se "la vacuità è materia, la materia è vacuità" (Sutra del Cuore), questo significa che il vuoto è la potenzialità per cui può esistere la forma? Anche perchè non è molto diverso dai Sautrantika, altrimenti. Se sparisce tutta l'esistenza condizionata non rimane nulla  ;)  e sappiamo che "sabbe sankhara anicca e dukkha" (tutta l'esistenza condizionata è impermanente e dolorosa). Ma questo come fa a non essere nichilismo?  ::)  vabbeh ormai è da anni che ci penso e non mi ha mai convinto veramente. Credo che sia una causa persa... o che sono una causa persa  ;D
#437
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
13 Gennaio 2018, 10:38:35 AM
@sgiombo,

non ti ho scambiato per nessuno, mi sono espresso male di nuovo io  ;D

appunto so che non mi hai chiesto a riguardo della "metafisica" (e ho detto nel mio post che la mia risposta andava oltre le tue domande ;) ). Hai voluto distinguere il problema dello scetticismo da quello del "senso della vita", "del motivo per cui c'è qualcosa ecc". Ma Epicurus secondo me ha problematizzato la "metafisica".

Per essere più espliciti: sono due problemi diversi. Il problema dello scetticismo è un conto, quello del "senso della vita" un altro. Sul primo siamo d'accordo. Sul secondo pare di no  ;)  



Tuttavia entrambi sono problemi "meta-fisici", sui quali secondo me è lecito fare ipotesi. Se poi uno creda che ad esempio il problema dello scetticismo sia possibile fare ipotesi mentre sull'altro no è un'altra cosa. Così come è un'altra cosa ancora dire che è ragionevole pensare che lo scetticismo sia risolvibile mentre è irragionevole pensare ad un senso della vita.


In sostanza la mia domanda ad Epicurus è questa... giustamente non possiamo dire che il "senso della vita" sia risolvibile allo stesso modo del senso per cui si va al panificio (su cui concordo). Possiamo poi anche discutere secondo me se tutto l'universo è una simulazione al computer (come hanno fatto alcuni), possiamo discutere se le altre menti esistono o meno, possiamo discutere se l'universo è veramente regolare o no, se esiste la vita dopo la morte o meno ecc. Ergo la mia domanda è: è lecito fare le domande (A2) e (B2) oppure sono semplicemente senza senso?

L'analogia che solitamente uso è la seguente: se c'è un motivo per cui esiste qualcosa anziché il nulla è in fin dei conti una situazione simile alle opere di fantasia. Nel senso che quando uno scrittore scrive un libro nel quale c'è una "morale" il "senso" del libro può essere interpretato sia come la "trama" (ovvero cosa succede) sia il motivo per cui è stato scritto (ovvero la "morale" della storia). Nel primo caso la storia stessa deve avere un "fine", ovvero gli eventi avvengono in modo da avere una certa conclusione (si pensi a come si usano le profezie nel fantasy o nella fantascienza). Nel secondo caso invece il senso è dato da tutta la storia stessa (come ad esempio avviene nelle favole). Chiaramente un libro può avere entrambi questi tipi di senso, uno dei due o nessuno dei due. Secondo me la domanda "perchè esiste qualcosa anziché il nulla?" ha una risposta affermativa se l'analogia del libro che ho appena esposto si può applicare al "tutto" (come ad esempio avviene in molte religioni teistiche dove si parla di Provvidenza ecc). Dire ad esempio che non c'è il "senso" significa affermare che l'analogia di cui sopra non si applica al caso "reale". Oppure la domanda è un'insensatezza "illuminante": in questo caso anche se è "fuorviante" ritenere che si applichi l'analogia del libro possiamo comunque dire che per certi versi questa analogia ci comunica indirettamente qualcosa (sinceramente questa posizione mi pare trovarla in diversi artisti).  Infine possiamo semplicemente dire che la domanda stessa è un semplice non-senso come "il bello è più alto del legno". Secondo me vale qualcosa di simile al'"insensatezza illuminante" nel senso che ovviamente l'universo non è un "libro" però la "morale" non è semplicemente una convenzione umana ;) Chiaramente per un cristiano il nostro mondo è molto simile ad una "storia che si sta scrivendo" visto che c'è Autore, morale, trama, profezie ecc (non a caso nascono i problemi tra onniscienza dell'Autore e il libero aribitrio....) - insomma è un po' come vivere (non leggere ma vivere) la storia de "Il Signore degli Anelli". Si può vedere anche https://it.wikipedia.org/wiki/Mito. Nelle "visioni del mondo" in cui c'è un senso della vita e della storia il mondo stesso è visto come un "mito" e noi viviamo la sua storia. Oggi invece la distinzione tra "mito" e realtà è molto più netta e marcata. Non a caso la "morale" e il "senso" sono parole che usiamo per descrivere opere di fantasia, non certo in genere la realtà. Personalmente sono orientato ad una posizione che è una "via di mezzo" delle due. Nel senso che la nostra vita non è come quella di Gandalf, Aragorn, Frodo ecc (personaggi del Signore degli Anelli) ma strettamente parlando cose come l'etica, i valori ecc si riferiscono a qualcosa di "reale" e non sono semplici "finzioni dell'intelletto".  Ovviamente è solo la mia personalissima opinione ;)


Spero ora di essere stato chiaro, intendevo questo e certamente il mio intervento non aveva alcuna intenzione "maligna" LOL. Mi scuso per l'equivoco, sgiombo  :) pensavo che bastasse dire che i due problemi sono diversi però entrambi (a loro modo) meta-fisici. Secondo me è lecito speculare su entrambi, secondo altri no ;) Volevo sentire l'opinione di Epicurus.

Meglio adesso? :)
#438
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
12 Gennaio 2018, 18:35:24 PM
@sgiombo, credo che hai frainteso quello che volevo dire. Visto l'equivoco, colgo l'occasione di usare questa mia risposta al tuo ultimo post per una volta per tutte dire qual è la mia posizione su meta-fisica ecc (quindi di fatto è una risposta che va oltre gli scopi del tuo post...). Non so se possa aiutare però visto che il termine "metafisica" è stato usato, beh a questo punto è "giusto" dare ad esso un significato non troppo ambiguo.

Allora se per metafisica l'attività di studio della realtà che parte dal presupposto che si possa avere una "teoria rigorosa" delle cose completamente dimostrata, inattaccabile ecc allora anche io sono d'accordo che questo tipo di "metafisica" è effettivamente dogmatica, oltre che probabilmente impossibile (via Goedel più che Wittgenstein e filosofi del linguaggio vari, postmordenisti ecc). Motivo per cui riguardo alla domanda: "è possibile dimostrare l'esistenza di altre coscienze oltre la mia?" non risponderei con un categorico e secco "NO!" ma con un "molto probabilmente no, ma onestamente non saprei".

Se invece per "metafisica" si intende l'attività (non dottrina, attenzione!) in cui si fanno ipotesi sulla realtà e se ne discute la ragionevolezza senza avere necessariamente la pretesa di "dimostrare tutto" allora in questo caso mi ritengo un "metafisico". Su questo credo si siano avuti molti equivoci, polemiche ecc in queste ultime settimane. Tutti questi equivoci secondo me nascono dal non saper distinguere la razionalità dalla ragionevolezza. Altri equivoci e altre polemiche sono nate probabilmente anche perchè a parole come "metafisica" si danno significati differenti. Oppure da incomprensioni completamente involontarie che nascono magari dal fatto di non esprimersi in modo chiaro... Secondo me almeno per questo tipo di "metafisica" è giusto ammetterlo. Mi sembra la cosa meno dogmatica che ci sia, però amen come ho detto altrove non mi va spiegare il motivo per cui ritengo che questa metafisica sia ammissibile (le domande ad Epicurus erano rivolte a sentire la sua opinione su questo tipo di metafisica non certo ad iniziare la discussione se è ammissibile o no. Se lui ritiene che non lo è, ok. Si dà il caso che per me invece è ammissibile...). Per esempio dico che l'universo è regolare anche se non è possibile dimostrare una tale affermazione ma considerando il successo della scienza non credo che la matematica "funzoni" per "puro caso". Vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/The_Unreasonable_Effectiveness_of_Mathematics_in_the_Natural_Sciences

Come per esempio quest'ultimo caso. Non avevo intenzione di dire che il problema è lo stesso. Semplicemente volevo dire che secondo me chiedersi "la vita ha un senso?" oppure "perchè esiste qualcosa anziché il nulla?" sono certamente domande che non si riferiscono a nulla di empirico ma secondo me questo non ne invalida il senso. Per esempio* se il cristianesimo è vero entrambe hanno perfettamente senso e hanno anche una risposta almeno parziale (=visto che il "piano di Dio" in fin dei conti è conoscibile dall'uomo in minima parte. Ergo a rigore sono domande la cui risposta c'è ma trascende le nostre capacità). Se invece ad esempio Cioran (e altri anti-natalisti non religiosi contemporanei) ha ragione invece la prima o ha una risposta negativa o è insensata mentre la seconda o è un "imponderabile" (=questione irrisolta), o è un'insensatezza (=domanda senza senso).

Attualmente ritengo entrambe domande che hanno un senso (in particolare la seconda è legata all'Eudaimonia...) e hanno una risposta ma tale risposta "va oltre le nostre capacità". Si dà il caso poi che altrove ho già detto non ero d'accordo con il tuo spinozismo  ;D



La domanda l'ho fatta più che altro per semplice curiosità sulla posizione di Epicuro  ;) dire che tali domande sono senza senso è ben diverso da dire che non hanno una risposta o sono imponderabili!



*Ho citato il cristianesimo come titolo d'esempio.
#439
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
12 Gennaio 2018, 11:59:43 AM
Buon anno Webmaster  :)

Personalmente: l'Eudaimonia, intesa come l'esistenza autentica (ovviamente, si dà il caso che non ho ancora trovato cosa voglia dire per me "esistenza autentica"...)  :)



Citazione di: epicurus il 12 Gennaio 2018, 11:00:58 AM

Innanzitutto, noi diamo e cerchiamo motivi in una moltitudine di contesti di vita ordinaria e le risposte sono solitamente semplici e immediata. Esempio: il motivo del mio andare al panificio è che mi serve del pane. X ha uno scopo e tale scopo è il motivo di una sua data azione. Ma allora perché non è così banale chiedere "qual è un motivo per cui dovrei vivere?"? Penso perché il vivere è la precondizione di avere scopi e motivi particolari. La differenza tra (A1) "Qual è il motivo per cui vai al panificio?" e (A2) "Qual è il motivo per cui dovrei vivere?" è in qualche modo simile alla differenza che c'è tra (B1) "Perché c'è un divano nuovo in casa mia?" e (B2) "Perché esiste un universo invece del nulla?". Spiegare un fatto, cercare motivi, presuppone l'esistenza di altri fatti che possono essere presi come motivi e spiegazioni. Ma (A2) e (B2) si vogliono innalzare sopra ogni cosa, quindi non abbiamo più nulla da utilizzare per rispondere. (Vedi: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-ce-qualcosa-anziche-il-nulla/msg12877/#msg12877) Infatti se alla domanda di questo topic rispondessi "Un motivo per vivere è X", ci si potrebbe chiedere un motivo di tale scelta, e così via. La domanda, intesa nel senso metafisico, non ha risposta perché non è una domanda ben formulata..
Epicurus, quanto tempo e buon anno anche a te!  :) Curiosità: secondo te (A2) e (B2) sono domande senza senso o sono enigmi impossibili da risolvere con la sola razionalità (che è diverso dal concetto di "ragionevolezza "! per esempio non ho mai trovato una dimostrazione per cui le altre persone sono coscienti - e quindi non posso a rigore crederlo "razionalmente" - ma ritengo ragionevole che lo siano ;) ) ?  è lecito fare delle ipotesi di risposta a tali domande o non posso farlo?
#440
Presentazione nuovi iscritti / Re:Roberto, mi presento
10 Gennaio 2018, 13:12:28 PM
Benvenuto  :D

Citazione di: Roberto89 il 10 Gennaio 2018, 11:48:25 AMho solo alcuni autori più o meno preferiti, di cui troppo pochi contemporanei.

Il fatto che tu non abbia "troppi" contemporanei tra i preferiti potrebbe non essere un male... non sempre l'andare avanti nel tempo implica un progresso  ;D  Personalmente sono molto contrario a molte forme che assume la filosofia contemporanea  ;)
Personalmente trovo più "buona filosofia" tra alcuni scienziati contemporanei rispetto a tanti filosofi contemporanei (anche se purtroppo la pratica filosofica sta scomparendo un po' ovunque :( )

Ma ovviamente è solo la mia opinione!

Ti auguro tutto il bene per il tuo percorso!
#441
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
09 Gennaio 2018, 15:17:47 PM
Donde evitare di creare nuove polemiche non mi metto a sostenere la metafisica (personalmente non ritengo che la metafisica sia unicamente ciò che pensa Angelo, ma le nostre discussioni in merito non hanno portato a nulla) contro il relativismo (a parte quello ontologico che secondo me è un'altra forma di metafisica per come la intendo io). Quello che faccio è cercare di riassumere l'argomentazione dell'autore del testo (con cui concordo) in poche righe sulle varie forme di "relativismo" che confuta. Spero di riassumere bene... lo faccio per comodità del lettore (non perchè voglio tornare a discutere di questo argomento, almeno per ora). Se eventualmente qualcuno si accorge che non ho capito l'argomentazione dell'autore del link, lo faccia presente ;)

RELATIVISMO EPISTEMOLOGICO (o "cognitivo"...)
In questo caso la posizione è che in sostanza ogni verità è prospettica (Protagora, ad esempio) o "soggettiva". Il problema è che dire "non ci sono verità universali ma solo soggettive" ci fa (se vogliamo ancora usare la logica...) concludere che o anche la frase "non ci sono verità universali ma solo soggettive" contiene una verità soggettiva oppure che essa è una verità universale. Nel secondo caso allora non è più relativismo, nel primo caso la posizione diventa auto-contraddittoria in quanto in fin dei conti si cerca di parlare di altre prospettive quando in realtà a rigore non si potrebbe uscire dalla propria. Non a caso si dice che la propria è una prospettiva e che la propria "visione del mondo" dipende da certi condizionamenti. La stessa affermazione "non ci sono verità universali ma solo soggettive" viene esposta da un soggetto che è condizionato da certe cose piuttosto che altre e quindi anche tale affermazione è a sua volta prospettica e quindi a rigore è auto-contraddittoria perchè parla anche delle altre prospettive utilizzando la propria (e siccome la verità dipende da prospettiva a prospettiva anche la stessa affermazione "non ci sono verità universali ma solo soggettive" è dichiarata da una prospettiva e quindi a rigore non può dire nulla su altre prospettive per quanto espresso dalla posizione stesa). Se infatti la verità dipende dalla prospettiva allora anche l'affermazione ritenuta vera "la verità dipende dalla prospettiva" è a sua volta detta in una prospettiva e non può valere per tutte. Ergo questa posizione che spesso è dichiarata essere meglio delle altre è in fin dei conti inconsistente.

RELATIVISMO LINGUISTICO
In questo caso invece si mette in evidenza il condizionamento del linguaggio. Infatti in fin dei conti anche per filosofare si usa il linguaggio ed è ragionevole pensare che le mappe che ci facciamo sulla realtà dipendono dal linguaggio che usiamo. Il problema però è che estremizzare questa posizione produce un'auto-contraddizione in quanto a questo punto anche la posizione stessa è stata detta in un linguaggio specifico e quindi diviene essa stessa relativa. Quindi in nessun modo può essere presa come una verità valida per tutti i linguaggi (o tutte le grammatiche) e quindi è inconsistente.

RELATIVISMO CULTURALE
Qui il condizionamento è dato dalla cultura. Ci sono culture diverse e esse hanno valori diversi. Da qui si deduce che anche la "verità" e i valori sono dipendenti dal contesto. Il punto è che la stessa posizione viene - a rigore - fatta in un certo contesto ed ergo non può valere - a priori - negli altri contesti. Tuttavia si dice che "i valori dipendono dalla cultura in cui si è"... dicendo questo però si tenta di affermare una "verità" che vale anche per altre culture - inconsistente.

RELATIVISMO ETICO
Questa è la parte più "scottante". Empiricamente (sic!!!) osserviamo che la gente ha una miriade di opinioni su ciò che è "giusto" e ciò che è "sbagliato". Il relativismo etico afferma: "il concetto di giusto varia da soggetto (o comunità) a soggetto (o comunità), non ci possono essere valori universali". Il problema qui è più sottile perchè il relativismo etico ha anch'esso una miriade di posizioni. Una è l'a-moralismo, la negazione che sia possibile definire il concetto di "giusto". Questa posizione ha una miriade di difficoltà pratiche: se non è possibile definire il concetto di "giusto" allora ne segue che l'etica stessa è illusoria, non si possono fare giudizi e quindi A RIGORE non si può nemmeno affermare che "i peggiori crimini sono ingiusti".  Il relativismo etico solito invece dice che "giusto e ingiusto dipendono da soggetto a soggetto": qui però si ha lo stesso problema del relativismo cognitivo, ovvero che se tale posizione è presa per vera allora implica l'esistenza di una meta-prospettiva che sappia dire cosa è giusto per uno e cosa è giusto per l'altro. Inoltre ha lo stesso problema dell'a-moralismo. Se non si ammette che certe azioni sono ingiuste certamente come fa notare @Angelo si elimina il problema di "ostracizzare" per motivi indimostrati certi comportamenti ma allo stesso tempo ciò toglie qualsiasi giustificazione razionale a ritenere che certe azioni sono effettivamente "crimini" (con le ovvie conseguenze del caso). Ergo se il relativismo etico può effettivamente "vantare" la tolleranza in quanto non impone ad un soggetto X l'etica di un altro soggetto Y a rigore non dà alcuna giustificazione sul fatto che certe azioni sono effettivamente "crimini" e quindi di fatto cade nell'a-moralismo.  Ma come ha detto @sgiombo in altri lidi: relativismo =/= tolleranza, rifiuto del relativismo =/= intolleranza. Anche perchè per un relativista a rigore non c'è alcun motivo per cui un relativista può essere o meno tollerante.

RELATIVISMO STORICO
La verità (o i valori) dipende dal contesto storico. Tuttavia se ciò è vero, tale frase è stata pronunciata in un determinato contesto storico e quindi non vale per ogni contesto storico. Quindi il relativismo che dice che invece la verità muta nella storia è inconsistente.

PER TUTTE LE VARIANTI
Se il relativismo vuole presentarsi come posizione "migliore" delle altre e deve convincere gli altri ci sono due problemi. Se è definita migliore introduce una gerarchia che contraddice il relativismo stesso (in quanto se c'è la gerarchia si introduce qualcosa che non è relativo). Se cerca di convincere gli altri diventa una verità universale ma appunto se diventa una verità universale il relativismo è falso.

Secondo me questi tipi di relativismi sono confutati (i primi tre utilizzando un'argomentazione logica), il quarto invece più che altro da un punto di vista pratico (confutazione che ha senso visto che l'etica in fin dei conti è pratica) ma non solo.

Visti questi problemi i proponenti del relativismo devono anch'essi - se sono appunto disposti a fare auto-critica - cercare di risolvere tali obiezioni. Ad oggi non ho trovato alcuna risposta soddisfacente e quindi il relativismo non "mi convince". Anche perchè tali "vie di fuga" o sono anch'esse inconsistenti (dichiarando di non esserlo) o si risolvono nel rifiuto della logica stessa (e se uno rifiuta la logica non è possibile argomentare) oppure assumono una forma di solipsismo epistemologico ("posso conoscere solo ciò che è della mia prospettiva. Non faccio affermazioni sulla prospettiva altrui.") che secondo me ha i suoi problemi.

Detto questo lascio la palla chi ha voglia di discutere di queste obiezioni al relativsmo. A me cercare di confutare una posizione che è già stata (a mio giudizio, ovviamente, con le argomentazioni che ho scritto sopra) confutata non interessa più. Chi vuole continuare a discutere lo faccia, lascio volentieri l'ultima parola.

.

Buona discussione a tutti

P.S. L'autore della pagina web citata fa attacchi ad hominem. Non era mia intenzione essere d'accordo a fare attacchi ad hominem e spero che siano stati ignorati dai lettori. Ergo vorrei che chi legge i link che ho postato non prendesse ciò che dice l'autore con la mia opinione sulla cosa.

Inoltre quando ho parlato di "edificante" mi riferivo al fatto che la polemica spesso non lo è. Se in queste discussioni ho offeso qualcuno o ho usato un linguaggio non adatto al Forum me ne scuso con l'Hotel Logos. Non era comunque intenzionale.

Viceversa non ho perso l'interesse per il relativismo ontologico ma quello è un altro paio di maniche!
#442
Grazie a cvc, iano, anthonyi e a Domingo94  :) 

Negli ultimi giorni sto riscoprendo Aristotele e ho notato che quanto mi ricordavo di lui era completamente errato. Questo è il perfetto esempio della mia "fallibilità"  ;D  senza volerlo ho travisato il filosofo. Per esempio il "Primo Motore Immobile" non è la "causa iniziale" di tutto il moto, bensì la causa finale, ovvero "ciò verso cui tutto tende". Inoltre l'etica consiste nel trovare ciò che è "bene" e anche qui il "telos" (lo scopo) ha un ruolo fondamentale. Devo dire che sono sorpreso per quanto sono riuscito a travisare questo interessante pensatore  ;) 

Chiedo perdono a tutti i "fan" (se ce ne sono) di Aristotele. L'ho sempre ritenuto il "minore" del trio Socrate-Platone-Aristotele. Ma dopo questa "riscoperta" non lo vedo così distante dagli altri due ;)
#443
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
07 Gennaio 2018, 12:11:51 PM
Segnalo sul tema del relativismo tre link (che rimandano, in realtà alla stessa pagina web) secondo me molto interessanti che possono essere d'ispirazione per le discussioni. Purtroppo la pagina web è in inglese e l'argomentazione in tutti i casi è lunga, quindi non riesco a tradurre in italiano.

Il primo è una confutazione (a mio giudizio, corretta) del "relativismo epistemico"* anche nelle varie sue forme più sofisticate, più precisamente: relativismo etico, relativismo culturale e relativismo "linguistico" (ispirato dal lavoro di Wittgenstein, Rortry, Whorf, Derrida ecc).  Comunque: il link su questa questione è http://www.friesian.com/relative.htm.

Il secondo link per certi versi è un rifiuto di tutte le "ontologie" - ergo è un rifiuto anche del "relativismo ontologico" anche se con quest'ultimo ha interessanti "somiglianze" (così come ha somiglianze con la filosofia di Madhyamaka sulla vacuità, almeno in certe sue varianti). Il link è http://www.friesian.com/undecd-1.htm.

Infine una interessante rirproposizione delle antinomie kantiane. http://www.friesian.com/antinom.htm.

*La versione del "relativismo" di @fdisa ovviamente NON è criticata da questo link
 
Off-Topic:
Purtroppo ad oggi ho due motivi per non andare a fondo nella discussione. Primo: sono temporaneamente troppo impegnato per fare argomentazioni ben fatte (anche a riguardo delle opinioni dell'autore del link che ritengo interessanti ma non sono sempre d'accordo. Anche se ritengo che almeno nel primo link siano difficili da confutare  ;) ). Secondo: questo tipo di discussioni spesso degenera in polemiche non "edificanti" come è successo recentemente in un altro topic. Queste polemiche nascono, secondo me, da una diversa concezione di cosa è la "filosofia", argomento che volendo potrebbe essere trattato separatamente. Personalmente non ho cambiato idea dal secondo post dall'alto che trovate qui (https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-fare-filosofia/15/). Però forse potrebbe essere anche interessante rirproporre a distanza di più di un anno tale discussione (magari fra un po' di tempo)  ;)
#444
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
06 Gennaio 2018, 12:50:14 PM
Cerco ora di completare la risposta, visto che nei prossimi giorni non avrò molto tempo.

La questione dei maestri... beh è da un po' di tempo che ci penso anche io. In effetti l'idea della successione "apostolica", ovvero del fatto che la "verità" è tramandata da persona a persona è un tema ricorrente in moltissime tradizioni, buddhismo compreso. Nello zen c'è la questione dei patriarchi: lo zen si "auto-giustifica" facendo risalire i primi maestri zen da una catena di "maestri" (ovviamente, risvegliati) che culmina col Buddha stesso. Nel buddhismo tibetano pare che sia ancora più importante la presenza del "guru". Nel buddhismo theravada la presenza diretta del maestro è meno importante però chiaramente anche qui è presente l'idea che è "nella scuola" theravada che è contenuta la "verità" (da quanto ho capito in certe "sotto-scuole" c'è la figura del patriarca, ma potrei sbagliare). Quello che c'è da chiedersi è: quanta "conta" la differenza tra lo studio individuale e lo studio sotto un maestro (anche qui secondo quanto si sa della vita del Buddha, anche lui prima del risveglio ha "studiato" sotto vari maestri)? Personalmente - ma potrei sbagliarmi - non credo che in assenza di maestro la saggezza si interrompa, sarebbe un controsenso: di certo però la presenza del maestro aiuta nell'apprendimento (e di molto) però la scelta di un maestro in fin dei conti è una scelta che condiziona, è una scelta definitiva. Se, per esempio, scelgo di seguire il buddhismo insegnato da "x" allora mi affido a lui. Viceversa un approccio senza un maestro fisso rischia di essere superficiale. Ergo l'idea sarebbe quella di sceglierne uno ma restando "mentalmente aperti". Purtroppo è difficile conciliare le due tendenze e certamente la presenza di moltissime sotto-scuole della miriade di scuole esistenti con ciascuna che dichiara di contenere la "verità" non aiuta per niente. Ritengo interessante lo sviluppo del dialogo inter-religioso inziato (in particolare) il secolo scorso: probabilmente il numero di "tradizioni" calerà. Sinceramente lo spero visto che questa molteplicità genera un sacco di confusione (per esempio ormai anche dire di essere cristiano o buddhista significa dire poco vista la miriade di "sottoscuole".).

Riguardo al "sublime" sì è una cosa che mi interessa molto e ritengo "valida" per me una religione se riesce a darmi il senso del sublime, ovvero il senso di essere dinnanzi a qualcosa che posso riuscire ad ammirare. Il buddhismo per esempio mi lascia con un senso di "meraviglia"/ammirazione proprio quando parla dell'immisurabilità, della profondità, dell'incondizionalità ecc e anzi scoprire che questa "profondità" la si può "trovare" "purificando" noi stessi lo trovo estremamente interessante. Il platonismo invece mi piace per un motivo che può essere definito "opposto": ovvero dalla contemplazione non di questo potenziale bensì nell'ammirazione dell'ordine che si manifesta nel kosmos. Considerando che appunto il "kosmos" è un tema che non è trattato dai buddhisti (a meno che non si identifichi esso con la "coproduzione") e che lo studio della matematica (per esempio) è anche uno studio del "logos"  e che in fin dei conti questi concetti hanno avuto l'acme proprio nella filosofia greca e platonica (curiosamente nella filosofia buddhista il concetto più vicino al logos è il Dhamma...)... beh comprendi che per me è difficile abbracciare il buddhismo, come invece ha fatto Sari. Ma tornando ai "maestri": il platonismo ben che vada lo leggo dagli scritti e le eventuali pratiche "dietro" di esse sono oggi estinte. Quindi capisco benissimo la tua perplessità nella mancanza che certamente si ha senza seguire una tradizione "viva".

Poi inoltre l'idea buddhista è che bisogna "svincolarsi" anche dalla coproduzione condizionata: non c'è certamente uno spirito "affermativo" della legge di causalità, come invece è presente in Spinoza (anche se per motivazione differenti, d'altronde Spinoza riteneva ogni evento inevitabile...). Quindi la tua triade "soggetto-oggetto-desiderio" dev'essere "abbandonata" nel buddhismo (la cosa interessante è,come dicevo, cosa significa questo "abbandonare"/svincolarsi). Ma anche qui il buddhismo non è un blocco unico e in fin dei conti Nagarjuna scrisse che tra samsara e nirvana non c'è la minima differenza.

Infine per quanto riguarda la "predisposizione": credo che l'idea sia che ci sia un "livello" della nostra coscienza attivo anche prima delle sensazioni. Questa se vogliamo è la "base" su cui si fonda tutto il nostro "bagaglio karmico", ovvero come percepiamo il mondo, le nostre predisposizioni: ovvero è il livello che di fatto è la base della nostra "personalità" - ovvero è quello ciò che fonda "l'io empirico" (se vuoi è alla base della differenza individuale ed è quello che mantiene in essere la stessa persona dalla nascita alla vecchiaia). Chiaramente un buddhista ti direbbe che devi "abbandonare" anche questa tua "identità".
Infine sul nutrimento e la distruzione... beh credo che entrambe le letture siano corrette per quanto riguarda l'esistenza condizionata: infatti il "divenire" non è altro che la continua creazione e distruzione di fenomeni momentanei e quindi in un certo senso il fuoco è l'esempio migliore - è un processo di creazione e di distruzione (una vera e propria sintesi di "opposti" e non a caso piaceva ad Eraclito ma mentre Eraclito voleva il fuoco sempre acceso, Buddha lo voleva estinguere...). L'idea - credo - è che finché si rimane nell'esistenza condizionata non si può avere una "creazione" libera dalla possibilità della "distruzione"*. La soluzione per i buddhisti? "Estinguere" il processo completamente  ;)

*ogni esistenza condizionata in fin dei conti ha sempre il pericolo della distruzione. Infatti se le condizioni vengono meno vi è la distruzione. A rigore secondo me l'esistenza condizionata è contingente (nel senso che può essere distrutta - per definizione). L'affermazione che "tutta l'esistenza condizionata è impermanente" ovvero che l'esistenza condizionata prima o poi verrà distrutta è l'affermazione indimostrabile dalla semplice definizione di "condizionamento" su cui "devi avere fede" (e la fede è data in fin dei conti dalla fede nella Perfetta Saggezza/Inerranza del Buddha che non è "onniscienza" ma è qualcosa in fin dei conti di "simile"....)

P.S. Per dare un esempio di quanto poco sia ben definito il "buddhismo" oggi. Ho trovato questa citazione (http://www.friesian.com/undecd-1.htm in inglese) attribuita a Zhiyi, il fondatore del buddhismo Tendai (538-597 d.c.): "quello che uno può dire è che l'unica mente è tutte i fenomeni (dharmas) e che tutti i fenomeni sono l'unica mente... [la relazione tra l'unica mente e i fenomeni] è oscura, sottile ed estremamente profonda...". Ci sono tendenze "monistiche" innegabili anche nel buddhismo, specie in quello cinese.
#445
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Gennaio 2018, 22:45:00 PM
Ciao Green risposta flash (se ti va di leggerla prima di imbarcarti nell'impresa  ;D ),

direi che il paticca-samuppada è il "nucleo" del buddhismo (una sutta credo che faccia l'equazione Dhamma=paticca-samuppada). Ogni "fenomeno" è senza essenza perchè esiste a causa di condizioni ("nutrimento") e queste condizioni a loro volta esistono a causa di un nutrimento ulteriore, il quale a sua volta esiste se c'è nutrimento.... Se ci fosse un'essenza il nesso causale si bloccherebbe ad un certo punto (un po' come mettere un sasso in una corrente).

Mi ricorda Spinoza, anche se con le ovvie precisazioni. Secondo Spinoza (che però era determinista) da un lato c'era la catena di fenomeni ma dall'altro c'era la Sostanza che era la causa "ontologica" di questa catena.

Diverso è il discorso del buddhismo: similmente c'è la catena causale - questo dipende da quello, quello da quell'altro ecc ma non c'è un "principio ontologico" (senza il quale non esisterebbe nulla). La "liberazione" in fin dei conti è la "cessazione della catena". Quindi a questo punto la domanda è: cosa rimane?

Per Spinoza era semplice: la Sostanza stessa.

Per il buddhismo personalmente vedo un'ambiguità e non a caso ho parlato di 4 possibilità. 1) uno "stato indefinibile" "per il risvegliato non esiste alcuna misura ecc" 2) una "mente indefinibile"* 3) l'unica realtà incondizionata "esiste un non-nato..." 4) il nulla. La "4" secondo me nasce dall'utilizzo del riduzionismo: non siamo nient'altro che i condizionamenti.

Se il Sari ci porta 200 pagine di risposte... beh probabilmente farà azzittire la mia "mente di scimmia"  ;D



*Qui si capisce lo zen quando dice "tu sei già risvegliato, te ne devi solo rendere conto  ;D "


Ma secondo me con la metafora del fuoco il principio del patticca-samuppada è chiaro: la nostra "esistenza" (ovviamente parola da interpretare) è come una fiamma. Finché si nutre continua a bruciare, tolto il nutrimento si estingue. Ergo intuitivamente è chiaro: dove c'è la condizione del mantenimento del "divenire" (o "esistenza") questo continua, una volta tolta la condizione esso si estingue. Ovviamente una cosa è l'intuizione immediata, un'altra è l'interpretazione corretta (ovviamente la "4" volendo è la più intuitiva ma quella che è più sbagliata, secondo me  ;) )


Buona ricerca!
#446
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Gennaio 2018, 15:18:29 PM
@Green, ti rispondo parzialmente sulla questione della coproduzione. Sì diciamo che è uno dei temi più "controversi". Qui l'idea è che ogni fenomeno - eccetto il Nirvana - "nasce" secondo condizioni e non appena il "nutrimento" finisce "cessa". La legge della coproduzione per un buddhista non è solo "mentale" ma è anche per la "materia" e non a caso gli esempi che Buddha (o chi per lui) porta sono anche fisici: il fuoco, la bolla d'acqua, il miraggio ecc. Nessuno di questi fenomeni è "permanente" proprio perchè non esiste senza alcune condizioni che lo "alimentano" e tolto il "nutrimento" cessa*. Riguardo all'idea della catena dei 12 elementi (ignoranza...) anche questi si danno "manforte" l'uno con l'altro ed è proprio questo il motivo per cui ci può essere la liberazione. Se uno di essi fosse incondizionato la salvezza non sarebbe possibile (cosa non capita, fra gli altri, da Schopenhauer che assolutizzò "tanha", la brama). Questa fu l'intuizione che ebbe sotto l'albero ovvero che "questo nasce perchè c'è quello... questo cessa perchè non c'è più quello". Ergo lo stesso vale anche per "soggetto" ed "oggetto": tolto l'attivo cessa anche il passsivo. Ma i condizionamenti sono ciò che mantengono in vita un fenomeno che è destinato, una volta mutate le condizioni, a perire. E questo non è un problema ovviamente per le entità inanimate (da qui credo la passione per la natura presente in ogni cultura) ma diventa causa di violenza, dolore, conflitto, competizione e prevaricazione tra gli esseri "senzienti". L'unico modo per "svincolarsi" è appunto quello di lasciar andare il "nutrimento" e ciò chiaramente porta alla "cessazione". Cosa rimane? altra questione spinosa. Alcuni dicono una Realtà Incondizionata (Abhidhamma, Theravada classica...), altri parlano di uno stato indefinibile (Nagarjuna), altri di una mente senza alcun supporto e altri ancora ritengono che non rimane proprio niente.

Qui si capisce che il buddhismo, ancor più dell'induismo, è assimilabile allo gnosticismo: in fin dei conti se il "nutrimento" è il male l'unica cosa sensata da fare è svincolarsi. Fortunatamente però questa tendenza gnostica è moderata dagli insegnamenti sull'amore, compassione, servizio, dono (dana), mente luminosa ecc. Però concordo con te, resto anche io perplesso da tutto questo. Dici che sono un romantico e che mi piace la gioia solitaria (vero). Ma mi piace moltissimo anche condividere la gioia, la mia esperienza e sentire quella altrui. Ma anche questa attività necessita in fin dei conti di un nutrimento  :-[  ergo è impermanente...  :-[

E se non si accetta questa tendenza buddhista-advaitin-spinozista sulla "rinuncia "incondizionata" a sé"... beh rimane poco altro: forse appunto la Comunione con altre "anime" e soprattutto col "Soggetto" con la "S" maiuscola. Solo un Dio dopotutto può trasformare il condizionato in incondizionato ecc. E col Dio cristiano il Buddha condivide "solo" l'infallibilità (non può mai mentire, mai fare una azione errata, può conoscere il karma di tutti ecc) ma non l'eternità o l'onnipotenza (né tantomeno la capacità di creare dal Nulla). Se non si accetta il cristianesimo si può accettare ad esempio sia la reincarnazione e la presenza di un Dio personale. Oppure... oppure qualcosa come il platonismo (teista o meno) dove la virtù si manifesta nella vita "concreta". Il mercato in realtà è pieno di "offerte" però secondo me ognuna ha i suoi aspetti problematici, purtroppo.

Di certo la sola filosofia però non ci porta alla Luna, purtroppo e spesso ci fa perdere di vista perfino il dito!

*Ritengo interessante che così come la coscienza "visiva" è chiamata così perchè si "nutre" della vista, lo stesso vale in quei testi per il fuoco - il nome viene dato al nutrimento. Quando il fuoco non ha più nutrimento cessa, quando la coscienza non ha più nutrimento cessa. Ma cosa voleva dire per un indiano del tempo "cessare"? 

Completo la risposta appena posso ;)
#447
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
05 Gennaio 2018, 13:08:46 PM
Ti ringrazio @Angelo del chiarimento (il problema di quel tuo post era che era breve, categorico e commentava solo quel paragrafo (ignorando il resto). L'idea di un "intervento netto" e "fuori dalle righe". Vedo fortunatamente che l'offesa non era la tua intenzione)... non ho cambiato idea però sulla questione ma - come dicevo - il tuo scetticismo estremo non mi piace proprio perchè separa la vita (il come si vive che è indubitamente marcato dall'avere "certezze", seppur temporanee) e la filosofia (che per me è una disciplina che dovrebbe contenere sia lo sviluppo spirituale che conoscitivo - e affinché questo sia possibile deve avere un fondamento, come per esempio quello che è "ragionevole" sviluppare sia lo spirito che la conoscenza...). Chiaramente non pretendo di avere "in mano" l'unico modo per fare filosofia.
Detto questo il "pensiero debole" ha certamente aspetti interessanti che dovrebbero essere sviluppati anche da chi non condivide in "toto" tale filosofia. Per chi come me cerca di andare a scoprire "nuove terre" (anche per starci stabilmente...) è un tipo di filosofia che non attrae. Tuttavia continuare a discutere rischia di creare polemiche ed equivoci quindi mi defilo da questa discussione (chiedo scusa a @Green per avergli dato il suggerimento di venire di qua a discutere ma purtroppo non me la sento di riprendere in mano questa discussione... almeno per ora)

Riguardo ad @Angelo sono stato troppo precipitativo e me ne scuso. Ma la prossima volta cerca di esprimerti meglio. Sinceramente sentirsi dire una frase simile non è molto "bello".
#448
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
04 Gennaio 2018, 20:02:59 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 00:23:46 AM
Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 00:01:53 AM... non riesco a capire come la "soggettività" - ovvero l'impossibilità di "uscire" dalla nostra prospettiva e riuscire a conoscere delle altre - non venga vista come una sorta di gabbia...
La soggettività è una gabbia, certo che è una gabbia. Ma se ciò ci risulta essere la condizione in cui ci troviamo, non ha senso rifiutare che sia così solo perché non ci piace. Ma a quanto pare questo discorso con te non funziona, visto che hai più volte dato conferma che a te non interessa trovare verità, ma solo cose che ti piacciano. Se una cosa non è di tuo gradimento, automaticamente ti orienti a pensare che non può essere verità; se invece ti piace sei propenso già in partenza a ritenere che si tratti di qualcosa di vero. Vedendoti ragionare così, mi viene a risultare come conseguenza che qualsiasi cosa che dici non ha alcun valore.

Quando mi riferivo alla "gabbia" mi riferivo al fatto che se è vero che non posso uscire nemmeno parzialmente dalla mia prospettiva allora non posso (a rigore) comprendere nemmeno l'altro (nemmeno parzialmente).

Per quanto riguarda la tua ultima frase del post (quella che "qualsiasi cosa che dico non ha alcun valore") mi spiace sentirlo dire, perchè a quanto pare è da un anno che leggi i miei post che contengono solo cose che non hanno "valore" (il che è ironico visto che ho aperto un topic proprio su questo tema ma probabilmente non ho capito nella mia vita nulla di valore). Ovvero mi spiace averti fatto perdere tempo un anno, visto che https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-fare-filosofia/15/ in data 8 ottobre 2016 affermavo che:

CitazioneDo anche io la mia opinione.

La ricerca filosofica è il tentativo di comprendere il più possibile la "realtà". Nasce da un bisogno intrinseco dell'uomo, che secondo me tutti hanno ma di cui non tutti ne sono coscienti, di avere una "visione del mondo". Chiaramente è un "surplus" nella vita e quindi per forza di cose richiede molta fatica, specialmente quando si è in un ambiente dove questa ricerca non è contemplata.  

Perchè mi dedico alla filosofia? Beh semplicemente perchè non voglio passare la mia vita "dormendo" (nel senso che voglio essere sempre cosciente per quanto possibile di quello che sta succedendo). Fin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione. Se nessuno si fosse mai messo a filosofare saremo ancora nelle caverne: questo perchè senza la filosofia non si è coscienti dei problemi e quando uno non è cosciente di un problema come può trovare una soluzione al problema?

Chiarisco subito con un esempio: la scienza e la tecnica sono "figlie" della filosofia perchè sicuramente sono nate dal bisogno di prevedere e comprendere i fenomeni naturali (scienza) e di cambiare la realtà in modo da renderla adatta al nostro benessere (la tecnologia). Chiaramente uno prima di imbarcarsi ad esempio nella scienza deve riconoscere che l'ignoranza è un problema e questo è già filosofia.

Inoltre ci sono applicazioni della filosofia anche al carattere esistenziale ed etico. Nel primo caso è la filosofia che ci spinge a chiederci ad esempio domande come: "come posso ridurre la sofferenza?", "come posso uscire dall'angoscia", "come posso dare uno scopo alla mia esistenza?". Nel tentativo di rispondere a queste domande sono nate le religioni, l'arte e anche la psicologia. Nel secondo caso una riflessione ci mostra subito che non è affatto banale chiedersi come "ci si deve comportare", "che principi etici bisogna seguire ecc". Da qui è nata se vogliamo anche la politica.

Perchè dunque faccio filosofia? Perchè credo che sia l'attività più caratteristicamente umana di tutte, e avendo una sola vita e sapendo che questa vita è breve e piena di affanni voglio "viverla" al meglio. Tutto qui. So che non è una vita facile (non ho conosciuto nessuna persona angosciosa quanto me, per esempio) però d'altronde piuttosto di vivere una vita "da macchina" preferisco soffrire per la libertà e per la comprensione delle cose.

ovvero anche allora scrivevo cose simili riguardo al "velo di Maya". Mi spiace averti fatto perdere tempo un anno, quindi. Se è vero che la motivazione che sta dietro a quello che scrivo inficia il "valore" di quello che scrivo, allora significa che è da più di un anno che non scrivo niente di "valore". Spero che per qualcun altro i miei scritti abbiano un minimo di valore.  
 
Per la cronaca: non dico che la completa liberazione dalla "gabbia" è possibile. Ma ritengo che sia plausibile pensare che una parziale liberazione invece lo è. Si dà il caso che non posso dimostrarlo però ritengo ciò più plausibile del categorico "non si può fare".  E siccome a quanto pare non sono l'unico a vedere la condizione come quella di una "gabbia". Personalmente la "gabbia" non mi piace. Allo stesso modo non mi piace la malattia però in genere cerco di curarmi (altrimenti schiatto). Siccome la gabbia non mi piace e siccome il categorico "non si può ottenere nemmeno una parziale liberazione" non mi convince cerco comunque di "uscirne". Non pensavo che questo tentativo di "uscire parzialmente dalla gabbia" invalidasse ogni cosa che dico e scrivo ma a quanto pare è così. Forse solo chi "accetta" la verità (di non poter liberarsi parzialmente dalla gabbia) senza metterla in discussione produce pensieri "validi". Si dà il caso che io questa "verità" la metto in discussione, invece.  

(E si dà il caso che invece i tuoi post in genere li leggo con molto interesse (ovvero secondo me quello che dici ha valore) ;) se ti sei arrabbiato per il discorso del "solipsismo"... ho detto che sei "solispsista epistemologico" solo perchè è ciò che concludo leggendo le tue affermazioni, ovvero quello che stai dicendo secondo me è che la filosofia "giusta" è quella di un solipsismo epistemologico. Detto questo se il mio linguaggio in questo e in altri post è risultato offensivo chiedo scusa.)


@Sari concordo, specie sulla sfiducia.

@Phil, già sono d'accordo...

Detto questo per me questa discussione è chiusa!

P.S. I moderatori possono cancellare questo post se lo ritengono opportuno.
#449
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
04 Gennaio 2018, 00:01:53 AM
PHIL
Includere il soggetto nelle proprie riflessioni significa sicuramente tenere ben presente la convenzionalità delle discriminazioni mentali, a cui allude il post profondo e onirico di Sariputra, sia riflettere sull'uso del linguaggio utilizzato nelle indagini, sia essere guardinghi e diffidenti da ciò che la nostra stessa mente ci propone d'istinto (come doverosamente ci ricordi), ma soprattutto tener presente l'opinabilità/arbitrarietà relativa dei propri criteri di scelta, a cui si riferiva Apeiron, se non l'ho frainteso (e prima di lui Godel e, abbastanza prima di loro, mutatis mutandis, Aristotele...).

APEIRON
Anche se ci "hai preso" nel senso che ritengo che bisogna essere consapevoli dei propri criteri di scelta e del fatto che possono essere arbitrari, ritengo che sia "ragionevole" pensare che si possa indagare anche oltre "il Velo di Maya" della nostra individualità e che si debba anche scegliere l'alternativa che ci sembra più "ragionevole". Personalmente ritengo in parte "ragionevole" (ovvero un'idea plausibile) quanto segue:
"It is a perennial philosophical reflection that if one looks deeply enough into oneself, one will discover not only one's own essence, but also the essence of the universe. For as one is a part of the universe as is everything else, the basic energies of the universe flow through oneself, as they flow through everything else. For that reason it is thought that one can come into contact with the nature of the universe if one comes into substantial contact with one's ultimate inner being."
Traduzione mia: "è una costante riflessione filosofica che se uno (o una) guarda profondamente dentro sé stesso, uno scoprirà non solo la propria "essenza" ma anche quella dell'universo. Perchè uno è parte dell'universo e di tutto il resto e le "energie" di base dell'universo "fluiscono" attraverso egli stesso, così come "fluiscono" attraverso tutto il resto. Per questo motivo si pensa che uno può entrare in contatto con la natura dell'universo se entra in contatto sostanziale con il suo "essere ultimo"... (virgolette aggiunte per indicare che secondo me non è possibile una comprensione totale della natura dell'universo come suggerisce questo passo ma è possibile una comprensione parziale)
testo tratto da https://plato.stanford.edu/entries/schopenhauer/#4
Personalmente ritengo ciò ragionevole anche se c'è una arbitrarietà data dal fatto che non so dimostrare quanto ho appena citato.  Tuttavia il fatto di non saperla dimostrare non significa che: 1) ciò non sia possibile 2) è falso 3) è futile. L'affermazione contraria, ovvero che l'introspezione non dice niente sulla "natura delle cose" è secondo me altrettanto arbitraria e inoltre blocca il cammino.

Comunque sinceramente con tutti questi discorsi sul "soggetto"... sinceramente non riesco a capire come la "soggettività" - ovvero l'impossibilità di "uscire" dalla nostra prospettiva e riuscire a conoscere delle altre - non venga vista come una sorta di gabbia. Ma anche questa è una "mia" arbitraria "fissazione". Non pretendo che sia condivisa da altri.

Quindi Phil, ritengo che sia giusto fare una sana analisi delle proprie convinzioni e mettere in luce quanto esse siano arbitrarie. Ma tra una convinzione che mi permette di navigare alla scoperta di nuove terre e una convinzione che invece mi "convince" (scusate il gioco di parole) a pensare che la scoperta di nuove terre è impossibile, preferisco la prima. Altri preferiscono la seconda, buon per loro. Credo che qui davvero entri nel gioco la psicologia.
#450
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
03 Gennaio 2018, 19:01:59 PM
@Green, anzitutto dico che in linea di massima concordo con te: la "pienezza" e la "vacuità" sono opposti inscindibili. In fin dei conti se uno è un completo egoista la sua vita sarà vuota, viceversa se uno è "senza-sé" (anatta) la sua vita paradossalmente sarà "piena" (da qui il messaggio di Zhuangzi: "dimentica gli anni, dimentica le distinzioni. Salta nell'infinito e rendilo la tua dimora" (capitolo 2)...). Curiosamente sto apprezzando molto di più anche il cristianesimo dopo aver studiato i testi buddhisti...


Secondo me bisogna anche considerare il contesto in cui Buddha ha insegnato. Come dicevo tempo fa a Pierini allora andava di moda la ricerca del nettare (amrita, ambrosia...) e l'idea era che si beveva tale "succo" trovandosi la cosa giusta con cui identificarsi. Buddha capì che questa strada era ancora in fin dei conti "egoistica" e quindi per "salvare" ha messo in risalto la "vacuità" e ha lasciato "implicita" la pienezza ("Il Tathagata è profondo...", "non riesci a capire il Tathagata nemmeno ora in questa vita", "non c'è alcun modo di misurare colui che è risvegliato", "monaci c'è un non-nato, non-formato"...). Il problema è che dire all'uomo occidentale moderno "il Buddhismo nega Dio e l'anima" fanno capire all'occidentale che il buddhismo è un'antica forma di epicureismo, cosa falsa. Ergo secondo me forse se Buddha esistesse ora probabilmente direbbe le stesse cose ma rimarcando di più l'aspetto positivo.

Un altro pensiero. Buddha non ha mai negato esplicitamente l'esistenza dell'Io anche se ha detto "ogni cosa è senza Sé" (l'unica volta che gli è stato chiesto perchè non lo ha negato esplicitamente ha detto che la posizione "l'Io non esiste" suggeriva un "annichilazionismo"). Non lo ha fatto per un motivo preciso secondo me: in fin dei conti è proprio la domanda "cosa sono io" quella che fa iniziare la ricerca spirituale e dire "l'Io non esiste" avrebbe stroncato sul nascere il cammino (più o meno è l'obiezione che ho fatto a Cannata nel topic aperto da viator su anima e spirito). Ergo secondo me e mi compiaccio di vedere che tu la vedi allo stesso mio modo la "positività" è semplicemente "implicita". In fin dei conti l'idea è che la meditazione e il graduale "impoverimento" dell'io renda la mente "luminosa" (mal che vada secondo i testi buddhisti uno con la "mente luminosa" rinasce come "deva" - essere "luminoso"). In sostanza si potrebbe quasi dire che chi rinuncia a tutto paradossalmente "vince su tutto".

La catena casuale: https://www.canonepali.net/2015/05/sn-12-2-paticca-samuppada-vibhanga-sutta-analisi-delle-coproduzioni/.

Unica cosa: la vacuità non dice che prima c'era qualcosa e ora c'è la vacuità. La vacuità dice che ciò che per il Risvegliato non c'è più è avidya ed è "cessato" il processo che si basava su avidya. Anzi è proprio il fatto che avidya è una realtà condizionata "il filo di Arianna" (espressione usata da Schopenhauer) per uscire dall'esistenza ciclica.

Riguardo al discorso della filosofia indiana vs occidentale. Sì concordo con te ed è un altro motivo per cui non riesco ad abbracciare in pieno la filosofia indiana. Nella Repubblica si richiede al "filosofo" addirittura di tornare indietro nella Caverna ad amministrare la politica (per certi versi ciò è simile al cristianesimo "bisogna essere nel mondo ma non del mondo"...). Una cosa simile difficilmente verrebbe in mente ad un indiano (non a caso indù e buddhisti vogliono uscire dal "ciclo" il prima possibile col "parinirvana") - però è anche vero che il buddhismo mahayana (e il daoismo...) sono più vicini alla posizione per cui bisogna rimanere nel mondo ma non essere "del mondo". Sinceramente questi parallelismi fanno riflettere. "Meravigliano"... ovvero inducono a riflettere  ;D

P.S. Se non erro https://www.canonepali.net/2015/06/udana-1-10-bahiya-sutta-bahiya/ contiene un parallellismo con un passo biblico:
"Dove acqua, terra, fuoco ed aria non trovano appoggio:
[le stelle non splendono]*

il sole non è visibile,
la luna non appare,
l'oscurità non si trova.
"
Mi pare che nella Bibbia si dica che nel Regno dei Cieli anche in assenza di Sole e Luna l'oscurità non si trova...
*nelle versioni inglesi è presente la frase "le stelle non splendono"