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Messaggi - 0xdeadbeef

#436
Citazione di: anthonyi il 03 Gennaio 2019, 11:13:50 AM
Citazione di: viator il 02 Gennaio 2019, 21:39:04 PM
vengono eletti in democratiche elezioni nel corso delle quali essi non possono presentare la loro faccia ma solo i propri curricula certificati,

0xdeadbeef, la tua utopia è in fondo l'esatto contrario del populismo (E dire che ti consideravo un populista), l'impero dei tecnocrati. Prova a riflettere poi su un punto, chi certifica i curricula, ma soprattutto come si costruiscono gli stessi, se io ho chi mi assume con ruoli di responsabilità da qualche parte questo fa curricula, ma chi è che mi assume, un tecnocrate, che quindi ha il potere oltre che di darmi lavoro, anche di farmi fare carriera politica.
Un saluto.

Ciao Anthony
Non pretendo di essere coerentissimo nelle mie affermazioni, ma certo che se mi contraddicessi in
questo modo...
Mi hai scambiato per Viator, al quale mi riprometto di rispondere prima possibile.
saluti
#437
Citazione di: Ipazia il 02 Gennaio 2019, 17:01:25 PM
Aspetta che gli operai cinesi e i minatori africani si rendano conto di che cosa può fare la classe operaia e poi ne riparliamo. L'antagonismo "nazionale" può essere solo un momento tattico di una fase storica in cui il Capitale si presenta in forma finanziaria globalizzata. Ma alla lunga (forse mica tanto) bisognerà tornare a fare i conti con l'internazionalismo proletario, con la reale classe dei produttori di ogni ricchezza e bene, globalizzati pur'essi.


Ciao Ipazia
Non so, i camerieri delle catene "wok" dove a volte vado a mangiare mi sembrano molto orgogliosi di essere
cinesi, non camerieri...
Quanto agli africani, mi sembra si stiano ammazzando per la religione.
E comunque ritengo sia ancora troppo presto per una "proposta". Nel mio piccolo, visto che si parlava di
"battaglie" (perse in partenza) cerco quanto posso di sensibilizzare sui guasti del sistema mercatista;
sulla sua incongruenza; sulle sue basi falsamente scientifiche (e realmente teologiche).
Alle ultime elezioni ho votato Lega per disperazione. Non c'è nessun partito di sinistra che mi rappresenti
(tutti liberali, compreso quel Liberi e Uguali che inizialmente pensavo di votare, cioè tutti favorevoli
alla globalizzazione mercatista); forse "Potere al Popolo", ma ho pensato che la Lega fosse più vicina
di questi al, appunto, "popolo".
Ci vorranno decine di anni per fare un pò di chiarezza...
saluti
#438
Citazione di: Ipazia il 02 Gennaio 2019, 16:19:33 PM
Ciao Ox
Non vedo alternativa all'umanesimo per opporsi efficacemente all'inumanità del capitalismo. Non l'umanesimo ingenuo dei buonisti, ma un umanesimo che conoscendo il proprio nemico interno adotti gli opportuni correttivi razionali. Cos'altro suggeriresti ?

Ciao Ipazia
Mah guarda, anche Marx aveva perfettamente capito che con un generico "universalismo dei buoni sentimenti"
non si va da nessuna parte...
Aveva altresì, in nome del materialismo, rigettato il "soggetto storico" (nel nostro caso la comunità come
potere politico; come "stato"), ma per abbracciare l'"oggetto storico", cioè la "classe".
E', penso, inutile che io ti dica come e quanto questi argomenti siano stati dibattuti nel clima politico
successivo a Marx (come il "soggetto storico" sia ri-diventato centrale, ad esempio in Gramsci o in Lenin).
Ecco, secondo me va recuperata una visione nella quale il soggetto storico ridiventa centrale (non è uno
scherzo, perchè vuol dire rimettere in discussione l'intero materialismo storico; l'intera teoria per
cui la sovrastruttura ideologica è determinata dalla struttura economica).
Va, in parole povere, preso atto che la "classe" è risultata storicamente perdente (non è dunque questione
di giusto o ingiusto; ma, marxianamente, di crudo realismo), e che l'unico soggetto che può efficacemente
opporsi alla globalizzazione mercatistica è la comunità come "nazione".
E', naturalmente, un discorso molto lungo ed articolato (c'è anche da essere consapevoli di quanto "a destra"
esso possa portare...)
saluti
#439
Citazione di: Ipazia il 02 Gennaio 2019, 09:55:24 AM
Il capitalismo non ha inventato nulla in termini di gestione del potere. L'artificio di rendere "naturale" la disuguaglianza e la iniqua divisione delle funzioni sociali era già maturo all'epoca di Menennio Agrippa che ammansiva la plebe spiegando come funziona il corpo umano. Ma la retorica connessa era derivata direttamente dalla religione che in base ad una presupposta "legge divina" ungeva sovrani e ordinava preti per governare meglio la plebe e convincerla della "naturalezza" del marchingegno.


Ciao Ipazia
Ti faccio però notare che anche il marxismo condivide con il liberalismo quest'idea dell'uomo come
"homo homini deus" (tant'è che la sovrastruttura statuale andrà annullandosi nel "comunismo").
Come per Smith il perseguimento dell'utile individuale va necessariamente a formare l'utile
collettivo (appunto perchè si pensano tutti gli uomini come dei S.Francesco), così per Marx
tutti gli uomini vivranno necessariamente in pace e prosperità una volta annullate le
strutture economiche e le sovrastrutture ideologiche che li opprimono. Perchè? Ma naturalmente
perchè tutti gli uomini sono pensati come buoni...
Mi spiace ma non credo che con certe basi culturali ci si possa efficacemente opporre al "mercatismo",
cioè al capitalismo divenuto sistema totalitario, ontologico direi.
saluti
#440
Citazione di: anthonyi il 02 Gennaio 2019, 08:24:47 AM
Ciao 0xdeadbeef, ti ricambio gli auguri di Buon Anno, ho notato che nei tuoi ragionamenti tendi a sovrapporre il rapporto economia/società, con il rapporto stato/mercato, questo è evidente quando parli di Mill, ma lo stato e la comunità (O dimensione sociale) non sono la stessa cosa.
Non so se sai che Smith ha dedicato alla produzione di un'opera (Teoria dei sentimenti morali) che parla delle fondazioni della realtà sociale, e dei comportamenti comunitari più tempo di quanto ne ha dedicato alla Ricchezza delle nazioni, creando anche un forte problema interpretativo sull'essenza del suo pensiero, tuttora irrisolto (Smith sociale o individualista?).
Una forte socialità può essere la premessa di una maggiore eguaglianza (Perché esiste una maggiore predisposizione all'aiuto di chi è più debole, e perché le informazioni si trasmettono meglio e quindi vi è maggiore eguaglianza di opportunità) e questo non si realizza in alcun modo in antitesi con il libero mercato.
Al contrario un egualitarismo imposto dallo stato, è certamente in antitesi al libero mercato e allo stesso tempo può entrare in contrasto con i valori stessi della società che incarna ordinariamente valori di tipo meritocratico.

Un saluto.

Ciao Anthony
Mah, in sostanza dico che l'economia è diventata a tutti gli effetti potere politico...
Stato e comunità non sono "esattamente" la stessa cosa; ma è se mi permetti un sofisma, visto che in questo
genere di ragionamento (che non ha per scopo una distinzione "tecnica" fra le forme della politica) ritengo
che quel che importa è l'individuazione di un potere politico che sempre si instaura all'interno della
comunità (che sarebbe invero da distinguere dalla società). Un potere politico che, in genere, si identifica
con lo "stato" (tant'è che anche nei paesi anglosassoni quello è).
A me sembra che il pensiero morale di Smith sia riassumibile nel modo seguente: ognuno persegua il proprio
interesse personale e questo, per via di una naturale com-passione verso il prossimo, diverrà interesse
collettivo (in maniera del tutto identica al pensiero economico).
Questo genere di assiomi (in quanto tali evidentemente di matrice metafisica) nascono perchè si pretende
di conoscere l'"essenza" di una fantomatica "natura umana" (chiaramente ricondotta da Smith, in ossequio
alla cultura di cui è parte, all'"homo homini deus" di spinoziana origine), in maniera del tutto
speculare a coloro che ne ne parlano invece in maniera negativa (come l'"homo homini lupus" di Hobbes).
Il problema non è tanto nell'origine, quanto nel fatto che questi articoli di fede reggano
oggi tutta una impalcatura che si pretende "scientifica" (nella modernità si chiama "trickle and down";
consiste nel ritenere "automatico" il movimento di "sgocciolamento" della ricchezza dalle classi più
abbienti verso le meno, e la si insegna nelle più prestigiose - si fa per dire-  facoltà di economia.
saluti
#441
"Alle origini della disuguaglianza aggiungerei il caso, contro il quale non c'è politica o ideologia
che tenga.
Sebbene condivida molte analisi e proposte di Stiglitz, la candida ingenuità dei tardo keynesiani sulla
possibilità di controllo di un sistema economico, di stabilizzarlo e di ridurre le disuguaglianze è
veramente stupefacente.
Infatti credono che i grandi capitalisti o le classi dirigenti abbiano questo potere, per cui basta un
cambio di politica per risolvere i problemi".

Vorrei, prendendo spunto da questo intervento dell'amico Baylam in: "L'origine della diseguaglianza",
dire qualcosa sul cosiddetto "sistema", e spiegare un attimo perchè, a parer mio, Baylam ha ragione.
La diseguaglianza non è, come molti credono, una scelta politica. O meglio, lo è "anche", ma non
principalmente.
La diseguaglianza è nei fatti; è "naturale"; non naturale è semmai che divenga, poi, diseguaglianza sociale.
L'intera storia dell'occidente è la storia di un progressivo e sempre più prepotente emergere dell'individuo.
Vi sono, invero, importanti fasi un cui la "comunità" ri-prende il sopravvento; non saprei francamente dire
se l'emergere dell'individuo sia da condiderarsi ormai definitivo o meno; una specie di "filo rosso" mi
sembrerebbe però ben individuabile (nel senso di un progressivo emergere).
Insomma, secondo la mia tesi non vi è più eguaglianza sociale essenzialmente perchè non vi è più una sfera
del "sociale".
Il punto di vista della filosofia anglosassone (che, ricordo, nasce con G.d'Ockham proprio come negazione
degli "universali" - cos'altro è il celebre "rasoio" se non l'affermazione più radicale della particolarità?)
è ormai diventato il punto di vista non solo dell'intero occidente, ma di buona parte dell'intero pianeta.
E' all'interno di quel punto di vista (di quella che con termine ultraaccademico chiameremmo "weltanschauung")
che nasce la teologia dell'individuo (il Protestantesimo), seguita poi dall'economia dell'individuo...
Nel pensiero di Adam Smith, che è ancora oggi uno dei pilastri della moderna economia di mercato, il
perseguimento dell'utile individuale diventa, attraverso la mediazione di una "mano invisibile", perseguimento
dell'utile collettivo (concetto ancora ben visibile oggi, nella sua intrinseca assurdità, nei programmi
di insegnamento di molte delle più celebri facoltà universitarie di economia - sotto la denominazione di
"teoria dell'equilibrio perfetto dei mercati").
Queste radici concettuali arrivano fino al 900 all'interno di quello che viene comunemente definito "capitalismo".
Nel "capitalismo" comunemente inteso, però, il potere dello "stato", quindi il potere della comunità, è ancora
ben presente (basti guardare, ad esempio, al pensiero di J.Stuart Mill). E' esso, il potere dello stato, che
ancora impone all'economia le sue "regole".
Il capitalismo, cioè, non è ancora diventato "sistema"; lo diventerà durante il 900 per opera del cosiddetto
"Marginalismo", e soprattutto di F.A. Von Hayek.
La base filosofica (quella "tecnica" è in un concetto del valore economico come valore di scambio fra gli
individui) di Von Hayek è che ogni cosa che riguarda la "politica"; gli stati; il Diritto; nasce dal continuo
interscambio fra privati individui. Nulla vi è di "costruito" (Von Hayek infatti parla della filosofia europea
tradizionale come di una filosofia "costruttivista"), cioè di imposto dall'alto da un potere sovrano.
Dunque tutto nasce in maniera "spontanea", dal perseguimento privato di un preciso interesse (si noti come
sia evidente, in Von Hayek, il concetto basilare di Adam Smith).
Il potere politico, lo stato, diventa allora non quel potere che può risolvere i problemi, ma quel potere che
alla risoluzione dei problemi è d'impaccio (come nel celebre: "lo stato non è la soluzione del problema, lo
stato è il problema" di R.Reagan).
Ecco allora che il "capitalismo", cioè quel sistema nel quale lo stato ancora imponeva le sue regole, diventa
"mercatismo", cioè diventa quel sistema in cui è il mercato, è l'economia, a dettare le regole allo stato.
Ora, riprendendo un attimo la tesi di Baylam, come lui osservo che non basta certamente un cambio di politica
"spiccia" per mutare un quadro culturale venuto a formarsi così, in questo modo, nei secoli.
E come lui aggiungo che non vi è nessuna classe dirigente che ha questo potere (alla classe dirigente sta
semmai molto bene questo stato di cose - essendo già classe dirigente che interesse avrebbe a cambiarlo?).
Perchè questo è il "sistema", ed il "sistema" siamo noi stessi.
saluti ed auguri di Buon Anno
#442
Sì Ipazia, certo, ma sai bene che la realtà è molto più complessa e articolata...
Ti dicevo: "l'utilitarista/relativista potrebbe dirti che è impossibile far vivere sei-sette
miliardi di persone senza dover scendere a pesanti compromessi (sulla qualità dell'aria; sul
cibo etc.).
Ad esempio, ho per mio diletto qualche albero da frutto e un orto. Faccio un minimo di trattamenti
(due, tre all'anno), giusto per raccogliere qualcosa. Se mettessi le mie "produzioni" sugli
scaffali di un supermercato non venderebbero un cacchio (sono di brutto aspetto), e poi sono
scarsissime come quantità. Vendono, e vendono bene, quelle che subiscono 30-40 trattamenti
all'anno...
Fanno male? Sicuramente fanno più male delle mie. Sono ancora commestibili? Non lo so; qualche
controllo ci sarà pure; la gente le compra ed è contenta perchè sono perfette.
Ma la gente che le compra è consapevole? Di cosa? Subisce una cosiddetta "induzione" dei bisogni?
Può darsi, ma non c'è un gruppetto di potenti che a tavolino lo decide: questo è il "sistema", ed
il "sistema" siamo noi stessi.
Dobbiamo dunque lasciarci marcire? No, ci battiamo ma sia chiaro che ci battiamo nella più "nobile"
delle battaglie: quella persa in partenza.
Auguri di Buon Anno anche a te
mauro
#443
Citazione di: Sariputra il 30 Dicembre 2018, 18:35:52 PM

"La disuguaglianza è una scelta politica" di  Alessandra Cataldi e Eleonora Romano



Namaste


Ciao Sariputra
Mi limito a commentare il titolo del saggio di cui riporti interessanti brani...
"La diseguaglianza è una scelta politica": no, come dico sopra in risposta ad Ipazia il "sistema"
è prima di tutto un sistema culturale e, forse, perfino antropologico (per cui concordo con
Baylam sull'estrema difficoltà di cambiarne anche solo qualche aspetto marginale).
Ed è, come ovvio, un "sistema" improntato alla più profonda diseguaglianza ed ingiustizia.
Che dire (nel mare di cose che ci sarebbero da dire)? Già P.Sraffa letteralmente demolì i pilastri
della teoria dell'equilibrio perfetto dei mercati, che dal punto di vista economico reggono un
pò tutta l'impalcatura del "sistema". Ma Sraffa è stato presto dimenticato, ed il solo a
riconoscerne il valore scientifico fu, guarda caso, proprio quel P.Samuelson che della teoria
dell'equilibrio perfetto è stato fra i padri.
Il "sistema" ha fatto della scienza (non solo di quella economica) un articolo di fede; e un
articolo di fede non si può smentire (per cui Sraffa è finito all'inferno...).
Tutta la teoria del "mercato" ha fondamenti fideistici, a partire naturalmente dalla "mano
invisibile" del Reverendo A.Smith, che per magia sistema gli utili individuali in utile
collettivo...
Lo sanno tutti (quelli che lo vogliono sapere), ma tutti fanno finta di nulla...
saluti
#444
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 20:28:01 PM
Le evidenze sono scientifiche a livello di rigore simile, e forse superiore, a quello che serve a far funzionale il pc. Senza cibo si muore, l'aria tossica e il cibo adulterato uccidono o producono gravi patologie. Il relativismo qui toppa alla grande. Se siamo ridotti a scegliere tra salute e profitto l'etica ha  perso la sua battaglia e siamo precipitati in un piano non-etico. Che lascio ai relativisti.

Che fare ? Individuati i fondamentali umani, bisogna imparare a distinguere i comportamenti etici dai non-etici. Anche il comunismo reale ha avuto comportamenti non-etici. Alcuni giustificabili sulla base del contesto storico, altri del tutto no. Perfino in contrasto con la dottrina. Direi che in campo etico, soprattutto nella sua declinazione politica, siamo all'anno zero. L'utilitarismo capitalistico (inumano) e l'integralismo religioso (alieno) hanno fatto tabula rasa.

Ciao Ipazia
Senza cibo o con cibo di scarsa qualità si muore (prima), ma chi o che cosa stabilisce quando un
alimento è da considerarsi di qualità e quantità accettabile?
Stessa cosa dicasi per la qualità dell'aria o per il confort della "tana": chi o cosa dice quando
l'aria è da considerarsi sufficientemente pulita? Chi o cosa dice se è confortevole una "tana" da
50 metri quadrati o da 400?
No, da (estremo) critico dell'economia mercatistica dico che non possono esistere "evidenze",
"scientificità" e "assolutismi" in questi argomenti, e che il discorso politicamente affrontato in
questi termini è perdente in partenza.
Perchè, ritengo, il problema è essenzialmente un problema di "misura"...
Tempo fa, in un'altra discussione, citavo una storia curiosa di una coppia di anziani nell'URSS
ai tempi di Breznev.
Il marito, pluridecorato ed eroe della Seconda Guerra Mondiale, era letteralmente sepolto di
onoreficienze, e la moglie affermava che era per questo invidiata da tutto il vicinato.
Vivevano in un minuscolo appartamento, senza nessuno di quei "lussi" cui noi siamo abituati.
E allora dico: la ricompensa del "giusto merito" dev'essere una ventina di patacche placcate
d'oro o dev'essere un conto in banca con svariate decine di zeri?
Probabilmente, chissà, qualcosa nel mezzo, forse...
Perchè ha sommamente ragione l'amico Baylam qui sopra; questo "sistema" è ciò che si è venuto
a formare in secoli di mutamenti culturali e financo antropologici, e non è pensabile di
cambiarlo con un pò di politica "spiccia" (o perlomeno non è pensabile di farlo facilmente).
saluti
#445
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 17:09:32 PM
I miei fondamenti laici del "bene" li ho elencati qui . In ordine di importanza causale, eziologica, che si incarna in comportamenti etici. Ho pure posto la linea di demarcazione tra etica (prescrittiva: giuridica e comportamentale) e gusto (discrezionale, libero). Cambiano le forme fenomeniche di questo ordine, ma non la sostanza. Ciò che lo nega non è il vaso di pandora relativistico, ma comportamente non etici. Facilmenti dimostrabili pure loro.

L'intrecciarsi tra etica e uguaglianza non è casuale. Dimentichiamoci la "voce della coscienza", la percezione, che ci sono, ma sono puri epifenomeni psicologici e non ci permettono di capire nulla se non percorriamo a ritroso tutto il percorso di educazione etica che inizia con le primissime cure parentali finalizzate a salvaguardare l'alfa di ogni discorso etico: la vita del vivente. Persino quando la nega, in situazioni che non a caso vengono definite come il massimo sacrificio. Capace perfino di mettere d'accordo due visioni etiche distanti come teismo e ateismo. E neppure questo accordo è un frutto arbitrario del caso.

Ciao Ipazia
Ci vuol però qualcuno che decida quando l'aria può dirsi salubre (magari coniugando questo con il
diritto al lavoro, cone nel caso di Taranto...); quando il cibo basta ed è da considerarsi di qualità;
quando la tana è da considerarsi confortevole e così via.
E' chiaro che il tuo concetto di "bene" è quello della tradizione europeo-continentale, cioè quello di
un bene inteso come "in sè", e questo ti contrappone frontalmente
con l'altro concetto, quello relativistico e utilitaristico della tradizione anglosassone (che è dell'
amico Phil, naturalmente).
Bene, potrei dire anche di essere d'accordo con te, ma questo non ti toglie affatto le castagne dal
fuoco, perchè l'individuazione di quel qualcosa o qualcuno che dicevo in apertura di risposta pesa
come un macigno sulle tue considerazioni.
E allora: come lo individui? Forse sulla base di non meglio precisate "evidenze"? Forse sulla base
di una "naturalità"; di una "oggettività" che attibuisci a quelli che chiami "fondamenti laici del
bene"?
E se il relativista/utilitarista ti dicesse (magari l'amico Phil te lo dice - non ho sempre letto
tutte i suoi interventi) che per dare da vivere a sei-sette miliardi di persone dobbiamo per forza
scendere a pesanti compromessi sulla salubrità dell'aria, sulla quantità e qualità del cibo e sul
confort della tana?
In altre parole (e parafrasando C.Schmitt); chi o cosa decide nella situazione di emergenza? Chi è,
ovvero, che comanda?
Il relativismo/utilitarismo anglosassone ha una "ricetta" tutta sua (che è a mio parere riassumibile
nella visione filosofica di Von Hayek): il "mercato".
E noi? Noi (mi ci metto pure io, se permetti...) che, voglio dire, non condividiamo nulla di quella
visione cosa proponiamo? Forse il Soviet supremo? Un sovrano "illuminato"? Cosa?
saluti
#446
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:59:35 PM


Certamente lo sono. L'esperienza etica è troppo importante perchè ci limitiamo a percepirla come fossimo topi da laboratorio. Il compito magistrale della filosofia è trovare le origini delle cose e anche l'etica ha una sua origine. E' poco filo-sofico limitarsi a prendere atto dei fenomeni senza indagarne le cause. E' anche poco marxista. L'origine della disuguaglianza si intreccia continuamente con l'origine dell'etica e per capire la prima bisogna sporcarsi con la seconda. Sporcarsi le mani. Non basta la biblioteca.
.


Ciao Ipazia
Non sto dicendo che non è importante indagare la causa dei fenomeni etici; sto dicendo che è praticamente
impossibile, in essi, distinguere la causa, diciamo, naturale da quella culturale.
Del resto non intendo con questo mettere in discussione l'esistenza di criteri soggettivi e criteri
oggettivi.
Quando, rispondendo all'amico Phil, dicevo che le condizioni dei pensionati al minimo, la loro
difficoltà a mettere d'accordo il pranzo con la cena o il loro dover spesso rinunciare alle visite
mediche specialistiche, non sono frutto di una percezione (come lui mi pareva sottintendere) ma sono
condizioni oggettive, intendevo appunto distinguere fra la percezione e l'oggettività.
Solo che credo non vi sia una netta linea di demarcazione, per cui possiamo dire: "fin lì c'è la
percezione, oltre lì c'è l'oggettività. No, la faccenda è, per così dire, "sfumata".
Mi pare del resto che se volessimo fare un discorso veramente "serio" sull'etica bisognerebbe per
prima cosa intenderci sul significato di questo termine (e la cosa è meno scontata di quel che sembra).
Se infatti per "etica" assumiamo il significato di "condotta verso il bene", vediamo che il "bene"
può assumere due significati fondamentali (il bene come "in sè", tipico della filosofia continentale,
e il bene come oggetto di desiderio, quindi come relativo al soggetto, che è il concetto tipico
dell'utilitarismo della filosofia anglosassone).
Prima di discutere, si tratta dunque di scegliere la lingua con la quale si vuol discutere...
saluti
#447
A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un
certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci
quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è
forse nulla? Io non credo").
Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili.
Sgiombo afferma: "i postulati etici sono una percezione di fatto universalmente diffusa; per cause naturali
ben comprese dalla biologia evoluzionista". Ipazia sostiene invece: "i postulati etici sono dimostrabili nel
loro rapporto con la realtà materiale che li ha prodotti".
Per me sono piuttosto un qualcosa di più, diciamo, "aleatorio"; sono in definitiva dei "pensieri" sui quali
non mi interrogo più di tanto circa le cause (per una mia mancanza di conoscenze scientifiche appropriate e
perchè, soprattutto, ritengo capziosa una troppo netta distinzione fra la sfera del naturale e la sfera del
culturale); ma pensieri che "sono" qualcosa, non che sono nulla...
saluti ed auguri
#448
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 15:01:44 PM
cit. Oxdeadbeef: E.Levinas, che io considero uno dei più grandi filosofi del 900, diceva che l'Idealismo (che pure avversava
fieramente) ci ha lasciato una "Grande Verità": che fra una tesi e una antitesi avviene sempre una sintesi...
Insomma: ne resterà solo uno, diceva Highlander (mi pare).

E infatti è quello che sta avvenendo ed è disperante il vedere che gli unici ( a livello globale...) che si oppongono seriamente a "questa" sintesi sono... dei terroristi fanatici islamizzati  :o  ( che sospetto però siano pure essi funzionali alla sintesi stessa...)!...
Ricordo alcune pagine 'profetiche' di Y. Mishima, ma anche di tutta quella genrazione di scrittori giapponesi postsconfitta, da Dazai  a Tanizaki, che per primi vissero l'asservimento e l'annientamento di fatto della loro cultura, quasi come il 'primo vagito' dell'ordine nuovo che si andava dispiegando..."ti lascio il tuo tempio,o il tuo municipio, svuotato di ogni significato e valenza reale, e ti riempio le strade di lattine di Coca -Cola"...
Namaste

Ciao Sariputra
Se ciò che regge il nostro mondo (parlo in particolare dell'occidente) è la volontà di potenza, e se essa è
al medesimo tempo mezzo e scopo (come in Severino e, in un certo qual modo, in Max Weber), allora il
relativismo "esiste" solo fra i "topi da biblioteca"; fra i filosofi (vedi anche la mia precedente risposta a
Phil).
La volontà di potenza, per l'occidente (ma ormai per l'intero mondo, dice Severino), è senza ombra di dubbio
un mezzo: per raggiungere quale fine? L'occidente, con "Dio", ha visto la "morte" dello stesso concetto di
"fine", o scopo, per cui lo spazio che esso, il fine, occupava è stato preso dal mezzo: la volontà di potenza
ha per fine quello di incrementare ad infinitum se stessa.
Questo concetto è evidente, ad esempio, in certe manifestazioni della prassi come la finanza o l'economia in
generale. Già Weber, dicevo, lo notava (L'Etica Protestante) riguardo ai soldi, che da mezzo erano diventati
ANCHE scopo (che scopo ha la finanza, oggi, se non quello di far proliferare pezzi di carta?).
La stessa economia, con la legge cosiddetta "di scala", prescrive all'impresa di diventare sempre più grande
(nell'economia moderna o mangi o vieni mangiato).
Chiaramente non è argomento che si può svolgere in poche righe.
saluti (e complimenti, ti leggo sempre volentieri)
#449
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 15:38:13 PM

Bingo! Anzi, visto il periodo, tombola!  ;D  Il punto è proprio questo: come dicevo a Ipazia, il relativismo non fonda etiche, ma è solo chiave interpretativa (e qui rispondo anche a 0xdeadbeef) del panorama etico; per questo non è semplicemente l'antitesi dell'assolutismo, che invece fonda e ha fondato molte etiche "da gatto"  ;)
Il relativismo è su un piano ermeneutico a cui non ha senso chiedere di aprire scenari etici per il futuro o combattere le oppressioni, proprio come non si chiede ai topi di andare a cacciare i gatti; viene quindi spesso tirato in ballo impropriamente (almeno secondo me).

Ciao Phil
Difficile dire chi fonda e chi invece è fondato...
A rigor di logica no, il relativismo non fonda etiche (nel senso hegeliano, poi, di sicuro). Sul fatto che
invece non fondi "morali" ritengo ci sia da fare qualche precisazione.
Per tutta la filosofia anglosassone infatti la morale coincide con il perseguimento dell'utile individuale
(che è il "bene"); la qual cosa significa solo che la morale è "relativa" all'individuo (che altro?).
Ora, non mi sfugge certamente la differenza che c'è fra uno che dice: "questa cosa qua è assolutamente vera"
ed uno che dice: "credo che sta cosa qua sia vera, ma se tu invece pensi sia falsa la tua opinione vale la
mia".
Bah, posso anche plaudere al secondo individuo, ma nel mondo reale questo "filosofo" non reggerà mai
le sorti di nulla se non di se stesso (con buona pace di Platone - e stessa cosa dicasi per gli "improvvisati
portavoce qui sul forum"...).
Nel mondo "reale" abbiamo piuttosto visto come all'interno della stessa filosofia anglosassone e del suo
"relativismo morale" sia sorta l'"evidenza" del diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà (U.Grozio) ed
altre "evidenze", che hanno ricondotto l'oroginaria visione relativistica ad un assolutismo certo meno evidente,
ma non per questo meno invasivo...
saluti
#450
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PMNon a caso ho già scritto del relativismo che «è chiave di "sola lettura" di quelle [etiche] già esistenti (come dimostra chi dei due sia stato motore storico di conflitti e di rivoluzioni» (autocit.).

Senonchè, nel mondo "reale", visto che fra una tesi e una antitesi vi è sempre una sintesi (la Grande Verità
dell'Idealismo di cui parla Levinas - vedi mia risposta a Sariputra) il nostro "mansueto" relativismo si
sta affermando allo stesso identico modo dell'assolutismo...
Ah certo, si continua a parlare dell'etica come di quel qualcosa alla base dei totalitarismi del 900 (e non
del tutto a torto, per carità); del relativo come se esso fosse qualcosa di favorevolmente opposto alla
negatività dell'assoluto; ma poi, nella prassi?
saluti