Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - PhyroSphera

#436
Citazione di: iano il 15 Aprile 2024, 22:04:39 PMLe grandi narrazioni la fanno troppo facile, perchè ciò è ad esse funzionale, inventando letteralmente i soggetti della narrazione, che entrano così a far parte della nostra cultura , e siccome siamo fatti di cultura non meno che di carne, le due cose contribuiscono in pari modo secondo me a determinare il genere, e in particolare sul genere io credo che la cultura lasci un imprinting non eliminabile, per cui quando la nostra cultura  cambia, non possiamo far altro per non cadere in contraddizione, che trasformare l'atto sessuale in un gioco che salvi capra e cavoli, scavando la vecchia cultura seppur relegandola alla sola sfera sessuale.
Alla fine quindi mi sembra voler vincere facile intervenire sulla carne, che non sull'imprinting culturale, perchè in un caso, sulla carne, cosa fino ieri impensabile, e possibile intervenire, mentre nell'altro, cosa in genere pensabile, invece di fatto non si può intervenire per quanto attiene la sfera sessuale, o almeno così io credo in base alla mia esperienza.
Se si potesse intervenire col bisturi sull'integrità di quell'imprinting culturale lo faremmo?
La mia personale esperienza appunto dimostra che quell'imprinting non si può eliminare ma lo si può rendere innocuo, all'occorrenza.
Sul versante della carne però non ho esperienza, e su ciò non mi sento ti poter pontificare.
Ma l'integrità del corpo in generale non fà parte della mia metafisica, sia per difetto che per eccesso.


È assai ovvio che è proprio sulla cultura che si può intervenire; gli interventi al corpo di cui diciamo sono menomazioni con l'aggiunta di plastiche che fanno solo sembrare qualcosa che non è.
Io dico che la filosofia non va fatta per distrarsi e la vera scienza non fa lega con le distrazioni.

Mauro Pastore 
#437
Citazione di: InVerno il 15 Aprile 2024, 19:19:53 PML'idea alla base dei movimenti per i diritti delle persone sessualmente divergenti non è di contrapporre la natura alla nurtura ma che esse siano sovrapposte, il sesso come layer biologico ed il genere come costrutto sociale, talvolta in armonia talvolta no. Si tratta di operazioni di cambio di genere, dove le persone hanno accesso alla possibilità di alterare elementi di ciò che socialmente costituisce l'idea di un uomo e di una donna, non di cambiare biologicamente sesso. Il fatto che ci sia una minoranza di estremisti (tralaltro in Italia sono rari) che sostengono cose buffe è uno sporco piacere delle pubblicazioni di destra che ogni tanto si divertono a mettere in prima pagina l'asino di turno per raccontare versioni iperboliche di concetti innocui. I criticismi seri a queste cose sono tutte "piccole cose per piccole narrative" quindi volano troppo basso per chi dovrebbe fare opposizione, che preferisce anatemi e retorica.
Il punto però è anche questo: non ci sarebbe niente di male in una cultura non sottomessa alla natura, ma a volte la si volge contro la natura e anche sotto l'apparenza dei diritti umani. Certo in questo la cultura trova la propria morte; ma nel frattempo la natura viene offesa; e questo nella pratica significa anche adolescenti impediti nella maturazione sessuale, adulti privati dei veri organi sessuali... Tanto per restare all'esempio fatto.
La scoperta che l'uomo è essere votato più alla cultura è relativa; nella comparazione con gli animali non razionali, si direbbe che il nostro istinto è debole; ma considerando semplicemente noi stessi, si può dire che il nostro istinto è quello che è. Quindi l'idea di natura è necessaria quanto quella di cultura. Capito questo, si potrà affrontare il discorso sui rapporti tra natura e cultura. Non c'è dubbio che in noi umani l'istinto è meno importante che negli altri animali; ma resta istinto. Sicché l'orrore istintivo suscitato dalle manipolazioni e sottrazioni commesse contro la piena sessualità, non è arretratezza né mancanza di cultura... Come non lo è neppure il notare che un reggipetto è inutile per un maschio, e che la libertà culturale non rende un abito inappropriato appropriato. Chi ci gioca ci gioca, ma non bisognava poi scherzare anche con le carte d'identità.
(Ho risposto così pure ad altri messaggi, indirettamente.)

Mauro Pastore 
#438
Citazione di: Jacopus il 15 Aprile 2024, 08:41:36 AMPhyrosphera, nel primo intervento, scrive molte cose interessanti, nel senso che sono indizi di un percorso e di un processo, che agli occhi di Phyrosphera è negativo, mentre per me ha aspetti più positivi che negativi. Partiamo dall'etica del viandante. Galimberti richiama la filosofia di Heidegger, per il quale è necessario abbandonare ogni "Grund" perché in esso c'è sempre un "Abgrund". (Fondamento vs Abisso). In questo processo vi è anche l'abbandono di ogni identità di genere, poiché la scelta umana si emancipa da ogni Grund, anche da quello biologico. I fondamenti sono in crisi ma si tratta di una crisi emancipativa, poiché ogni giusnaturalismo è una catena che l'umanità (o meglio una parte dell'umanità) è costretta a sopportare. Dio, il patriarcato, le tradizioni, il genere, il sangue, la terra, il partito, il piccolo padre, il Conducator, il nihil sub sole novi, L'homo homini lupus, il liberalismo come supposta legge naturale, sono tutte dimensioni che si collegano per sottomettere l'uomo a supposte regole "fondanti", Grund, che incatenano l'umanità. In questo basso continuo è però presente una melodia che è quella della ricerca di una umanità adulta che cerca in essa la propria autonomia. Un "Grund" non più situato in modo alienante al di fuori di essa. È in questo percorso ben ci sta anche il patto modificato fra Adamo e Gesù. Affinché però questo processo sia davvero emancipatorio "bisogna studiare". L'umanità deve essere preparata altrimenti si rischia di oscillare fra revanchismo fondativo (ad esempio sovranismo), cacofonia (social digitali) e timidi segnali di ricerca autonoma di senso come spera Galimberti e prima di lui, Heidegger. È chiaramente tutto ciò è il piano ideologico di un conflitto legato al dominio materiale e chi domina e non mollerà facilmente la presa se non c'è coscienza collettiva di questi passaggi.
Ma questo abbandono del fondamento e rapporto con ciò che è oltre, come pensarlo? Se lo si pensa come snaturatezza, è solamente un disastro. Difatti un disastro umano attestano anche alcune risposte qui, che affermano un arbitrio assoluto che è direttamente esiziale.

Mauro Pastore 
#439
Citazione di: niko il 14 Aprile 2024, 16:15:07 PMIo preferisco se periscono gli omofobi, i bigotti ignoranti e i transfobici.

Il piu presto possibile.
Invocare il rispetto per la integrità del corpo non è una fobia. Al contrario il vostro modo di considerare l'omosessualità e in genere la sessualità è fobico. Fingere di essere per la emancipazione e invece finite col fare pubblicità alle asportazioni dei genitali. 

Mauro Pastore 
#440
Quest'oggi ho compiuto una piccola incursione in una libreria. Davo un'occhiata ad alcuni titoli e riflettevo. Uno attirava particolarmente la mia attenzione, "L'etica del viandante", di U. Galimberti. Leggevo la nota di copertina... Come, abbandonare le certezze proprio mentre la tecnica è piegata a scopi di dominio, evitare una radicale alternativa restando sempre nello stesso destino? Mi veniva in mente quindi una disastrosa dichiarazione pubblica dell'autore, che cercava di giustificare le cosiddette "transizioni" sessuali facendo impropriamente appello alla psicologia junghiana e agli archetipi di Anima e Animus, che agiscono nella nostra mente a parti invertite: l'anima nei maschi, l'animus nelle femmine. Il fatto è che da questa configurazione non nasce proprio nessuna possibilità di cambio: in ciascuno è presente una controparte sessuale, ma restiamo sempre o maschi o femmine. Fortuna che Galimberti lo annunciano come un junghista e non un junghiano; ma nemmeno così sta bene.
Un altro libro colpiva la mia attenzione, "La crisi della narrazione Informazione, politica e vita quotidiana", di Byung-Chul Han. Sono da poco finite le Grandi Narrazioni, adesso rischiano di finire proprio le narrazioni? Questo forse è troppo, sarebbe la morte di tutta la società. Ma non c'è da scherzare con questa crisi, che io notavo già da tempo. Mi veniva in mente un episodio di tantissimi anni fa'. Ero a Londra, nella metropolitana, seduto di fronte a un giovane studioso del Talmud. Iniziavamo a colloquiare e il discorso sùbito toccava materie religiose: il Libro della Genesi, la creazione del mondo e dell'uomo, la parola Adamo che non significa veramente "primo uomo" ma "uomo", e le mie osservazioni successive, cioè che nelle Scritture cristiane lo stesso termine è un nome di persona. Tempo dopo, io pensavo che Adamo non significa neppure "tutti gli uomini" e che la storia della sua Caduta deve essere una vicenda diversa da come generalmente si ritiene: l'abbassarsi della sfera personale all'àmbito della pura materialità, "polvere sei, polvere ritornerai". Questo evento coinvolgeva tutti, perché l'uomo è un essere sociale; ma non fu, non è l'accadimento di tutti... È con consapevolezze come questa, che le Grandi Narrazioni volgevano al termine; non che non avessero avuto un senso. Oggi, fuori dalla libreria, mi passava per la mente anche una nozione di teologia: la dottrina del Nuovo Patto in Cristo, che sostituisce quello con Adamo. Dio forse praticava un avvicendamento, o una sostituzione che lasciava un avvenimento inconcluso, sottraendo da un processo giudiziario la parte di umanità che non era stata protagonista della Caduta? Da molto tempo a questa parte io dico sostituzione...
E così opterei anche per altre sostituzioni. Davvero la nostra società e cultura deve sopportare errori come quelli di Umberto Galimberti, a discapito finanche della stessa integrità del corpo? Se alcuni sono effettivamente caduti in tale abisso, bisognerebbe incentrare la storia di tutti sui loro errori? Le vere Grandi Narrazioni non erano sbagliate, la loro fine è stata dovuta a un ampliarsi degli orizzonti; e adesso la crisi delle narrazioni nella nostra società dovrà servire per far perire i falsi resoconti, quelli che non sanno dire neppure maschio o femmina.

Mauro Pastore
#441
Citazione di: PhyroSphera il 13 Aprile 2024, 16:20:19 PMIo ho riflettuto e la questione mi si è posta in termini precisi e sono giunto a delle conclusioni.

Alle rappresentazioni del negativo sono correlate possibili paure o inquietudini senza bisogno di un credere e tantomeno di una fede.
Tuttavia tali rappresentazioni possono coinvolgere fede e credenze.
La figura di Satana è un esempio fondamentale: si tratta di un "angelo decaduto", la realtà angelica è connessa alle credenze nell'aldilà. Il racconto di questa decadenza include la menzione di Dio (l'angelo Lucifero invidia Dio, così cade), che attiene all'àmbito della fede. Certo però che Dio e aldilà non sono solo oggetto di fede, anzi certe volte ci si può rapportare ad essi anche senza fede. La negatività della figura di Satana è effettiva solo se si considera Dio, ed è significante solo se si considera l'aldilà.
Per ciò che riguarda il cosiddetto demonio, si tratta di una figura tratta dall'immaginario pagano: il dèmone, la potenza della natura che comunica i destini, che porta la conoscenza della divinità, si riduce, dismette la propria funzione, come l'angelo decaduto che non fa più da tramite per Dio. Il dèmone non illustrando più i destini, non è più la stessa cosa; è il demònio. Quest'ultima figura è effettivamente negativa entro la generica relazione col divino e coi poteri misteriosi della natura; ma anche il mondo monoteista, non solo quello politeista, ne attesta la negatività, diversamente però.
Per ciò che concerne la realtà del diavolo, ho trovato indiretta corrispondenza ad essa in un gioco detto diàbolo, consistente nel distaccare un oggetto dalle corde cui sospeso sopra e farlo ricadere ivi; una lotta per vincere una forte componente di casualità. Si tratta di trovare una particolare coincidenza, dicibile dunque diabolica. Genericamente, si può secondo me definire diàbolo (a mio avviso termine anche etimologicamente connesso con 'diavolo') 'un gioco per imparare la virtù del distacco e ricontatto vincendo il caso'. Questa azione può tramutarsi nella sua copia, cioè nella tendenza a separare senza più far ritornare profittando del caso, che è proprio la definizione di diavolo. Si tratta di una realtà effettivamente negativa entro il rapporto con l'ulteriorità, ovvero aldilà, essendo questo non esperibile, non essendo possibile cioè praticare tale allontanamento tra aldiquà e aldilà senza causare una fine, senza provocare una morte.
Come si vede, la paura per il diavolo inerisce alla fede e alle credenze religiose, trattandosi di realtà in vari modi correlata a Dio e aldilà, senza i quali la rappresentazione del negativo e la sua manifestazione non sarebbero effettive. Ma dato che Dio e aldilà sono esistenti indipendentemente dalla fede e dalle credenze in essi, che sono l'Assoluto e l'ulteriorità, tale paura non esclude nessuno, dato che la contrarietà ad essi è tale per chiunque. Come la realtà della fede e delle credenze è sperimentabile negli altri, così l'oggetto che suscita quella paura è considerabile anche senza provarne paura cioè anche solo tramite quella altrui. Tuttavia l'esperienza della vita di chiunque, così come incontra in un modo o nell'altro Assoluto ed ulteriorità, ovvero Dio e aldilà, inevitabilmente si confronta anche con la potenziale o attuale contrarietà verso di essi. Sicché a tutti capita almeno una volta di sperimentare la negatività estrema, anche se non per tutti capita direttamente. Diversi infatti sono non solo i modi di intendere ma pure le circostanze! La ineffettività delle rappresentazioni del Negativo comunque non può esserci sempre.

Mauro Pastore
Aggiungo che la credenza sul demonio è da annoverare nell'àmbito delle superstizioni. Infatti il Negativo non richiede fede ma accortezza.
Si crede negli angeli, ma non si tratta di un'azione unica come per Dio, da fare in tutti i casi; non ha senso credere in un angelo decaduto perché in tal caso non c'è un tramite valido. Inoltre non è il credervi che ne attesta la negatività.

Generalmente si può affermare che il credere e la fede sono adatte solo per le realtà positive, anche quando i relativi oggetti sono mondani o presenti nel mondo.


Mauro Pastore
#442
Citazione di: PhyroSphera il 13 Aprile 2024, 10:57:43 AMQual è il rapporto che fede in Dio e credenze nell'aldilà hanno con le fedi e il credere in cose di questo mondo?
Credere in Dio, credere nella forza della politica...

E riguardo alla credenza nell'esistenza del diavolo? Certo è ovvio che porre fede nel demonio sarebbe un tragico sproposito... Neanche credere nel diavolo funziona. Ma credere nella sua esistenza? È un modo più opportuno per pensare tale realtà negativa? O è meglio provare direttamente paura per essa?

La credenza nell'esistenza del diavolo è parte della religione o del mondo non religioso o di entrambi? È tramite una forma di credenza che nel monoteismo si teme e si pensa il diavolo? O senza questo tramite? O in tutti e due i modi? O esso è il modo che i politeisti hanno nel rapportarsi alla questione? E gli atei? Ci credono ma pensano diversamente, o non ci possono proprio credere, né pensarci?

Non esiste solo la teologia, c'è anche la demonologia ed è uno studio che la filosofia può compiere con molto vantaggio.


Mauro Pastore
Io ho riflettuto e la questione mi si è posta in termini precisi e sono giunto a delle conclusioni.

Alle rappresentazioni del negativo sono correlate possibili paure o inquietudini senza bisogno di un credere e tantomeno di una fede.
Tuttavia tali rappresentazioni possono coinvolgere fede e credenze.
La figura di Satana è un esempio fondamentale: si tratta di un "angelo decaduto", la realtà angelica è connessa alle credenze nell'aldilà. Il racconto di questa decadenza include la menzione di Dio (l'angelo Lucifero invidia Dio, così cade), che attiene all'àmbito della fede. Certo però che Dio e aldilà non sono solo oggetto di fede, anzi certe volte ci si può rapportare ad essi anche senza fede. La negatività della figura di Satana è effettiva solo se si considera Dio, ed è significante solo se si considera l'aldilà.
Per ciò che riguarda il cosiddetto demonio, si tratta di una figura tratta dall'immaginario pagano: il dèmone, la potenza della natura che comunica i destini, che porta la conoscenza della divinità, si riduce, dismette la propria funzione, come l'angelo decaduto che non fa più da tramite per Dio. Il dèmone non illustrando più i destini, non è più la stessa cosa; è il demònio. Quest'ultima figura è effettivamente negativa entro la generica relazione col divino e coi poteri misteriosi della natura; ma anche il mondo monoteista, non solo quello politeista, ne attesta la negatività, diversamente però.
Per ciò che concerne la realtà del diavolo, ho trovato indiretta corrispondenza ad essa in un gioco detto diàbolo, consistente nel distaccare un oggetto dalle corde cui sospeso sopra e farlo ricadere ivi; una lotta per vincere una forte componente di casualità. Si tratta di trovare una particolare coincidenza, dicibile dunque diabolica. Genericamente, si può secondo me definire diàbolo (a mio avviso termine anche etimologicamente connesso con 'diavolo') 'un gioco per imparare la virtù del distacco e ricontatto vincendo il caso'. Questa azione può tramutarsi nella sua copia, cioè nella tendenza a separare senza più far ritornare profittando del caso, che è proprio la definizione di diavolo. Si tratta di una realtà effettivamente negativa entro il rapporto con l'ulteriorità, ovvero aldilà, essendo questo non esperibile, non essendo possibile cioè praticare tale allontanamento tra aldiquà e aldilà senza causare una fine, senza provocare una morte.
Come si vede, la paura per il diavolo inerisce alla fede e alle credenze religiose, trattandosi di realtà in vari modi correlata a Dio e aldilà, senza i quali la rappresentazione del negativo e la sua manifestazione non sarebbero effettive. Ma dato che Dio e aldilà sono esistenti indipendentemente dalla fede e dalle credenze in essi, che sono l'Assoluto e l'ulteriorità, tale paura non esclude nessuno, dato che la contrarietà ad essi è tale per chiunque. Come la realtà della fede e delle credenze è sperimentabile negli altri, così l'oggetto che suscita quella paura è considerabile anche senza provarne paura cioè anche solo tramite quella altrui. Tuttavia l'esperienza della vita di chiunque, così come incontra in un modo o nell'altro Assoluto ed ulteriorità, ovvero Dio e aldilà, inevitabilmente si confronta anche con la potenziale o attuale contrarietà verso di essi. Sicché a tutti capita almeno una volta di sperimentare la negatività estrema, anche se non per tutti capita direttamente. Diversi infatti sono non solo i modi di intendere ma pure le circostanze! La ineffettività delle rappresentazioni del Negativo comunque non può esserci sempre.

Mauro Pastore
#443
Citazione di: Eutidemo il 12 Aprile 2024, 17:24:00 PM
Ieri, 11 aprile, il Parlamento europeo ha espresso a larga maggioranza (336 voti a favore, 163 contrari, 39 astensioni) la volontà di modificare l'articolo 3 della "Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo" aggiungendo a tale disposizione il seguente comma: "Ognuno ha il diritto all'autonomia decisionale sul proprio corpo, all'accesso libero, informato, completo e universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi servizi sanitari senza discriminazioni, compreso l'accesso all'aborto sicuro e legale".
***
I deputati, inoltre, hanno condannato il fatto che, in alcuni Stati membri, "l'aborto sia negato dai medici, e in alcuni casi da intere istituzioni mediche, sulla base di una clausola di 'coscienza', spesso in situazioni in cui un eventuale ritardo metterà in pericolo la vita o la salute della paziente".
***
In particolare, il Parlamento sottolinea che in Italia l'accesso all'assistenza all'aborto "sta subendo erosioni e che un'ampia maggioranza di medici si dichiara obiettore di coscienza, cosa che rende estremamente difficile 'de facto' l'assistenza all'aborto in alcune regioni".
***
Secondo il testo, "I Paesi dell'Ue dovrebbero garantire l'accesso all'intera gamma di servizi relativi alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti, compresa l'educazione sessuale e relazionale completa e adeguata all'età". "Dovrebbero essere messi a disposizione metodi e forniture contraccettivi accessibili, sicuri e gratuiti, nonché consulenza in materia di pianificazione familiare, prestando particolare attenzione al raggiungimento dei gruppi vulnerabili".
***
Al riguardo, secondo me, non sarà molto facile formulare, in modo giuridicamente corretto, l'articolo in questione.
***
Ed infatti:
.
1)
La dizione testuale: "Ognuno ha il diritto all'autonomia decisionale sul proprio corpo", secondo me, va ben oltre il cosiddetto "diritto all'aborto"; ed infatti, stando alla lettera, tale formulazione implica anche il "diritto  al suicidio" (assistito o meno), il quale, in effetti, costituisce l'"estremo diritto all'autonomia decisionale sul proprio corpo".
Sulla qualcosa io sono completamente d'accordo, perchè, almeno secondo me, soltanto il singolo individuo può avere il "diritto di vita o di morte" riguardo alla propria persona; a mio parere, cioè, nè lo Stato nè la Religione hanno il diritto di negare a nessuno tale fondamentale diritto!
Ma, ovviamente, questa è solo la mia discutibilissima opinione; che ho già esposto ampiamente in altri miei TOPIC!
***
.
2)
Tuttavia, la dizione testuale: "Ognuno ha il diritto all'autonomia decisionale sul proprio corpo", restringe, invece, almeno secondo me, una concezione troppo estesa del "diritto all'aborto".
***
Ed infatti:
a)
Salvo mettersi a fare della filosofia (secondo me di carattere molto "sofistico"), una "morula" potrà pure essere considerata un "corpo umano" "IN POTENZA"; però, "IN ATTO" non è affatto nè un corpo nè una persona.
***
Ed infatti noi esseri umani consideriamo e definiamo le cose soltanto quando sono "IN ATTO", e non certo quando sono  soltanto ancora "IN POTENZA"; altrimenti non solo ogni discorso perderebbe di senso, ma crollerebbe qualsiasi ordinamento giuridico.
***
Ed invero, ragionando per analogia logica, visto che procedere alla eliminazione di "alberi" senza autorizzazione è vietato dalla legge, dovrebbe essere sanzionato anche chi dà da mangiare delle "ghiande" ai maiali; poichè, in effetti, la "ghianda" non è altro che una "quercia in potenza".
Un conto è un "uovo" (sia pure fecondato) ed un altro conto è un "pulcino" ancora nell'uovo; provate ad ingoiare l'uno e l'altro, e così noterete subito la differenza.
***
Per cui, a mio avviso, almeno fino ad un certo stadio, l'embrione è senz'altro "parte del corpo della madre", e non certo "un corpo a sè stante" (tantomeno una "persona"); anche se poi, si cade nella vieta "aporia del mucchio", cioè 2 sassi non fanno un mucchio, 3 nemmeno, 4 neanche...e allora quand'è che si ha un mucchio?
***
Per cui, al riguardo, ogni ordinamento giuridico stabilisce "discrezionalmente" (e più o meno "arbitrariamente") un diverso mese di gravidanza, oltre il quale l'aborto diventa un reato; ma, secondo me, non si può fare diversamente, perchè è molto difficile stabilire se lo sviluppo del feto costituisca una progressione "discreta" oppure  una progressione "continua)!
La verità è spesso molto complessa ed elusiva!
.
b)
Però, sempre salvo mettersi a fare della filosofia (secondo me di carattere molto "sofistico"), trascorso un congruo periodo di tempo, il feto, ormai, cessa di essere un "corpo umano" "IN POTENZA, ma lo diventa decisamente "IN ATTO"; al riguardo, secondo me, a nulla rileva che, per qualche tempo, non sia ancora "autonomamente" in grado di sopravvivere al di fuori della placenta.
***
Ed infatti neanche un malato nel polmone artificiale, o alimentato e ventilato artificialmente "è in grado di sopravvivere autonomamente; ma nessuno negherebbe mai che si tratti un "essere umano" con un proprio "corpo" (dotato di testa, di braccia e di gambe).
In tal caso, quindi, secondo me, la madre  ha certamente "il diritto all'autonomia decisionale sul proprio corpo", ma "non più su quello del figlio";  perchè quello che tiene in grembo da mesi, ha ormai un suo proprio "corpo (quasi) perfettamente formato", e, quindi è un "altro corpo", sul quale la madre non può più vantare nessun diritto decisionale (almeno nei casi di normale gestazione "fisiologica"); ed infatti, in tali casi, quasi ovunque nel mondo l'aborto è proibito.
.
c)
Il problema, invece, si pone quando, per eventi patologici, l'ostetrico può salvare solo uno dei due "corpi"; come si deve regolare in tale ipotesi?
***
Al riguardo, secondo me, i casi sono due:
- se la madre è cosciente, sta a lei decidere, perchè, anche se teoricamente non avrebbe più alcun diritto all'autonomia decisionale sul corpo del figlio, è solo lei che può decidere chi dei due deve sopravvivere ("mors tua vita mea" e viceversa);
- se la madre, invece, non è cosciente, a decidere non può che essere il medico.
Il quale, almeno secondo me, "ceteris paribus", in via di principio dovrebbe decidere di salvare la madre; ed infatti, sebbene si tratti di una atroce "alternativa del diavolo", a mio parere, è pur sempre meglio lasciare una madre senza figlio (la quale può averne un altro), che un figlio senza madre (il quale non potrà mai avere un'altra madre).
Ma, altre considerazioni a parte (su cui sorvolo perchè sono ovvie), sulle quali, per brevità, sorvolo, anche queste sono solo mie opinioni personali.
***

Nel diritto dovrebbero essere specificati tutti i corpi, anche quelli in formazione, quest'ultimi considerati per ciò che sono, non persone ma vita umana.
Inoltre il riferimento all'aborto va contestualizzato: l'aborto accade entro una crisi.
Non si può e non si deve fare di una crisi la normalità, altrimenti non la si può contrastare. La vita è fatta per superare le crisi ma quelle che già accadono.

Mauro Pastore
#444
Qual è il rapporto che fede in Dio e credenze nell'aldilà hanno con le fedi e il credere in cose di questo mondo?
Credere in Dio, credere nella forza della politica...

E riguardo alla credenza nell'esistenza del diavolo? Certo è ovvio che porre fede nel demonio sarebbe un tragico sproposito... Neanche credere nel diavolo funziona. Ma credere nella sua esistenza? È un modo più opportuno per pensare tale realtà negativa? O è meglio provare direttamente paura per essa?

La credenza nell'esistenza del diavolo è parte della religione o del mondo non religioso o di entrambi? È tramite una forma di credenza che nel monoteismo si teme e si pensa il diavolo? O senza questo tramite? O in tutti e due i modi? O esso è il modo che i politeisti hanno nel rapportarsi alla questione? E gli atei? Ci credono ma pensano diversamente, o non ci possono proprio credere, né pensarci?

Non esiste solo la teologia, c'è anche la demonologia ed è uno studio che la filosofia può compiere con molto vantaggio.


Mauro Pastore
#445
Storia / Re: IN CHE SENSO UNA STORIA CRISTIANA?
13 Aprile 2024, 10:28:41 AM
Citazione di: Ipazia il 13 Aprile 2024, 08:13:03 AMNon credo siano favolette:

https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://web2.infn.it/fisicainbarca2011/images/stories/genova/gps_pallavicini.pdf&ved=2ahUKEwjB-_S4wr6FAxXowAIHHS7hBHgQFnoECDIQAQ&usg=AOvVaw31ZFSQf9L4SLhYZlsryruA

Questi calcoli sono ancora più necessari nei voli spaziali e ci vuole qualcosa più di un post per falsificarli.

Decisamente più improbo il trasferimento delle origini apologetiche del cristianesimo dalla fede alla storia.
Se ho ben capito, tu dici che il cristianesimo nasce da una apologia di un contenuto, il quale però il cristiano non possiede. Cioè tu staresti dicendo che il cristianesimo è un'impostura.
Io dico che si tratta di un movimento non facilmente identificabile ma neppure direttamente falsificabile. Io per esempio riconosco alla figura di San Francesco di Assisi un significato cristiano che non attribuisco al giudizio emesso dall'inquisizione contro Giordano Bruno. Questa distinzione non è direttamente falsificabile. Certo esistono molti inganni, per cui identificare la storia cristiana non è cosa scontata.
Penso che tanta parte dell'evento cristiano contenga anche tanti eventi non cristiani ma che comunque esista un evento cristiano. Bisogna identificarlo. 

Mauro Pastore 
#446
Storia / Re: IN CHE SENSO UNA STORIA CRISTIANA?
13 Aprile 2024, 07:30:56 AM
Citazione di: PhyroSphera il 16 Luglio 2023, 22:34:44 PMCi si chiede spesso che senso abbia la storia cristiana, perché mai tanta assolutezza e tanta determinazione. In che senso la congiunzione di eternità e tempo in un evento? Proprio uno solo? E come sarebbe possibile? La risposta sarebbe a senso unico: Dio, onnipresente, non può avere rapporti particolari con il mondo. Senza negare che questa sia un'affermazione pienamente logica, se ne deve affermare però l'incompiutezza: si tratta di considerare anche la particolarità di un'altra eventualità, alla quale sono legati i bisogni della religione cristiana.
Invece che ripensare soltanto la vicenda dell'umanità con Dio, si deve ripensare pure l'accadere del negativo in relazione alla nostra storia. Insomma, al racconto di Dio e dell'uomo deve aggiungersi quello dell'umanità e del diavolo... Se ci si rende conto che il potere del negativo è nel mondo variamente esistente, nel tempo e nello spazio, allora si comprende pure che la religione di Cristo non serve sempre e dovunque né ugualmente.
Rimane il fatto che questa seconda vicenda, dalla quale dipende la presenza del Cristo, ovvero del Logos, è molto oscura e non precisabile in termini perentori; ma è pur vero che non è neanche inconoscibile.
Dunque le tradizioni cristiane non vanno trattate quali pretese impossibili; nel notare l'ignoranza restante si deve porre un'incognita non assoluta; non bisogna eccedere nel relativizzare le cronache storiche a disposizione di comunità e chiese cristiane.
Si deve inoltre avere la massima cura nella individuazione delle vere dottrine. Si scoprirà per esempio che la cosiddetta Incarnazione non è ritenuta dai teologi una esclusiva del solo Gesù di Nazareth: Lutero riteneva parte di essa anche il pane consacrato al rito; la più ampia dottrina ortodossa postula non un solo Gesù Cristo ma tanti; v'è un cattolicesimo che annovera tutte le cose come luoghi possibili della Rivelazione in Cristo. Tutto questo pare spalancare sorta di abisso dove niente più è certo, invece si scopre che c'è altro a fare da discriminante: la presenza del negativo.
Così si capisce per esempio come mai il Cristianesimo in Oriente è stato meno importante che per l'Occidente, a prescindere da accettazioni o rifiuti particolari.

In che senso una storia cristiana? Senza pretendere troppo, è possibile; e non è detto che quella che già veramente possediamo sia inadeguata...


Mauro Pastore
Ritengo che la mia riflessione sia molto utile per provare a meditare sulla identità e destino non solo del cristianesimo ma anche degli altri monoteismi. In che senso un Patto eterno col popolo ebraico? Cosa si deve intendere per "popolo eletto"? Il Corano è uno solo, resta sempre lo stesso? La Chiesa cristiana dov'è realmente?

Mauro Pastore
#447
Citazione di: anthonyi il 12 Aprile 2024, 07:57:59 AMPiù che nuovo medioevo, l'attuale situazione della guerra, almeno da parte di Putin, sembra voglia riproporre un ritorno alla guerra fredda.
Non sono pienamente d'accordo sul fatto che "la storia trascina", la storia la fanno gli uomini, e ciascuno ha il suo ruolo di trascinatore, anche se in parte trascinato dagli altri. E' per questo che Putin, da una parte manda cannoni e missili in ucraina, dall'altra manda menzogne in giro per il mondo occidentale, fa tutto parte dello stesso progetto.
Preciso che io non ho detto che il nuovo medio evo sia il conflitto armato in Ucraina..

Mauro Pastore 
#448
Citazione di: anthonyi il 12 Aprile 2024, 17:18:39 PMQuesta è una delle ipotesi interpretative del male, inteso semplicemente come negazione, distruzione, del bene. ce n'è però un'altra, che definisce il male come progetto, volontà esplicita, personalistica, e quest'ultima credo sia la più coerente con la narrazione demonologica delle religioni che conosciamo.
Sicuramente la dottrina della privatio boni non è specificamente cristiana né monoteista, tuttavia non bisogna confondere l'elemento demoniaco con il male stesso. Le rappresentazioni del demonio delle religioni monoteiste servono per evitare il male.

Mauro Pastore
#449
La storia della ontologia era per Emmanuel Lévinas una storia di violenza. Il concetto di essere ivi dominante un concetto costringente, separante. Si tratterebbe cioè di un affermare confinando, contro lo stesso riferimento a Dio.
Il parmenideo essere in quanto tale sarebbe un circolo vizioso, l'heideggeriana eventualità dell'essere una prigione del tempo.
Si tratterebbe di riconoscere la distinzione tra la totalità contenuta nelle affermazioni ontologiche e la infinità indicata dalle affermazioni teologiche, nella storia confuse a svantaggio del discorso su Dio.

In verità Parmenide fu l'autore di un Poema sulla Natura non di una trattazione astratta. L'Essere ivi nominato è realtà cosmica, una condizione della esistenza, Dio immanente. Il pensiero ebraico di Lévinas attua una preferenza per la trascendenza, senza contemperare in sé il panteismo, e il suo rifiuto è polemico, non neutrale, la vicenda di sopraffazione da lui riferita non essendo un evento oggettivo.

Che ruolo assegnava Heidegger alla propria ontologia? L'incompiutezza di Essere e tempo testimoniava sia l'ambizione di sbarazzarsi completamente di tutto l'armamentario tradizionale delle essenze sia la non raggiungibilità di un còmpito simile. Un tentativo di imprigionamento, non una vera reclusione del tempo dunque, che ciononostante Lévinas non ammetteva, rifiutando l'assenza di limiti nella ricerca del divenire.

Antiimmanentismo e prevenzione etica, da cui un resoconto inevitabilmente di parte, secondo una missione particolare, la stessa degli ebrei ai tempi di Mosè e Davide, ma in un altro contesto storico e geografico... Trattare Magna Grecia e Germania come l'Egitto e la Palestina è operazione quanto meno eticamente dubbia, la filosofia greca non era un movimento idolatrico e il pensiero tedesco era tutt'altro che inavvertito. Perché sottrarre alla teologia la rigorosità delle affermazioni eleatiche, perché rifiutare il risultato della ricerca filosofica tedesca? Come messo in evidenza da numerosi suoi appartenenti, v'era nell'ebraismo europeo di quei tempi anche un antagonismo dai tratti chiusi e intolleranti, incapace di accogliere la differenza dei luoghi e dei tempi. Certo questi recavano una realtà duplice. Durante l'antichità l'Ellenismo fu per gli ebrei una via fatale per l'abbandono della propria identità e nella modernità il Germanesimo uno strumento per la fine della propria caratteristica vicenda. Ma la filosofia poteva essere un'occasione per risolvere o attenuare i conflitti.

Più radicale e non inavveduto il pensiero di Nikolaj A. Berdjaev. Questi arrivò a dire che l'essere non esiste. Si tratta di capire di cosa si stia negando. Bisogna distinguere l'esistere dall'essere, contro le identificazioni che sono state continuamente fatte (io direi, probabilmente a causa del linguaggio limitato di Platone, che si esprimeva — ricordiamolo — in una lingua dialettale, quindi a causa delle altrui indebite interpretazioni e proiezioni). Non c'è dubbio che c'è un essere esistente, ma non c'è dubbio che c'è ne è un altro inesistente, ciò oltre il mero giudizio di verità e falsità.
Mentre l'attività di Emmanuel Lévinas va inquadrata nei limiti del suo particolare contesto ebraico, dal quale egli aveva secondo me preteso troppo, quella di Nikolaj A. Berdjaev va valutata entro il suo particolare contesto russo-ortodosso, con la voglia di acquisire le conquiste della cultura europea-occidentale e al contempo con il senso di una radicale e incontenibile differenza. Esule dalla Unione Sovietica, anticomunista, religiosamente anarchico, Berdjaev si era volto all'esistenzialismo e indicava quel che era più di un idolo, un passo nel vuoto, un dire niente. Una non-esistenza, a mio avviso non dell'essere del Poema di Parmenide o di quello dello Studio inconcludibile di Heidegger. Invece che un nichilismo, è una esclusione della irrealtà, una buona affermazione per smascherare una falsa storia, non per screditare altre storie.


N.B.
Sicuramente Lévinas coi propri pensieri fece anche centro. È infatti il suo sistema applicabile perfettamente a una parte della produzione filosofica di Emanuele Severino, dove Essere e Pensiero si trovano chiusi in un cerchio fatale, da cui si possono trarre solo giudizi inadeguati, che lo stesso Severino non sempre evitò. Quando però questi in alcune sue Lezioni cominciava a dire di eternità dell'essente invece di eternità di tutti gli enti, i quali spesso aveva indicato incautamente proprio in qualità di cose, il discorso volgeva diversamente.



Mauro Pastore
#450
Citazione di: PhyroSphera il 12 Aprile 2024, 14:12:29 PMCerto che questa conclusione non resta senza possibili dubbi.

Infatti ci si può sempre domandare: perché Dio ha iniziato un tal evento?
Ma la teodicea non è fatta per risposte definitive e la soluzione di Berdjaev è assai positiva.

Mauro Pastore