certamente, come scrive Angelo Cannata, il modo in cui mostriamo di rispondere a degli atti di generosità altrui sono un fattore determinante per future possibili amicizie. Tuttavia per quanto riguarda l'amicizia vale lo stesso discorso dell'amore: dal mio punto di vista le condizioni fondamentali dell'amicizia sono la stima reciproca e comuni interessi (e le due cose sono sempre in qualche modo fortemente legate). Le azioni dettate da generosità certamente contribuiscono a dare un'immagine della persona positiva, ma non sono necessariamente sufficienti a costituire un'immagine tale da pensare di investire tempo ed energia nell'amicizia. Come l'amore, anche l'amicizia nasce dalla spontaneità soggettiva che porta a simpatizzare con qualcuno, indipendentemente dalla necessità di ricambiare un gesto benefico nei miei confronti. Il fatto di ringraziare anche quando si esce dal ristorante, al di là del fatto che non ha razionalità, dato che i pasti mi vengono offerti non certo per affetto, ma in cambio di soldi, rientra in una convenzionalità di cortesia e di educazione che una volta non seguita conduce, nella nostra cultura, ad esprimere un segno di ostilità, ragion per cui, pur constatandone l'illogicità del gesto, sto sempre attento uscendo da un negozio, un bar, una pizzeria a ringraziare, perché non desidero mostrare ostilità a persone verso cui non ho nulla contro. Ma la cortesia e l'etichetta sono bel lontane dall'identificarsi con l'amicizia, con la vera amicizia, per quanto possano contribuire in una certa misura a favorirla. Resto convinto che la sopravvalutazione del valore positivo della gratitudine consiste in un fraintendimento dell'idea di amore, che viene visto come ciò che conduce chi ama a privarsi di qualcosa che viene offerto a chi si ama. Una visione in fondo materialistica, che considera la vita interiore come pervasa da un'energia finita, che si perde ogni volta che si spende, come fosse l'energia elettrica che si consuma fino a esaurirsi quando viene in atto, e non coglie il carattere spirituale, che conduce ad una sorta di "autoricaricamento psichico", a una creazione di nuove forze, l'amore porta energia motivazionale che viene espressa nelle azioni conseguenti verso il destinatario del sentimento, ma che non svuotano l'amante, perché il fatto che l'amore rispecchi la sua sensibilità valoriale ripaga interiormente di piacere il tempo, le energie spese, per il bene dell'amato. Questa è la conseguenza del carattere libero e spontaneo dell'amore. In questo contesto un "dovere etico" della gratitudine ha davvero poco senso. Sia in quanto inutile, dato che non c'è nulla da ripagare quando chi ci beneficia li fa per amore o affetto, sia perché se la nobiltà dell'amore sta nella spontaneità, nel suo rispecchiare una libera sensibilità interiore, un forzato dovere oggettivo di ricambiare un affetto al di là del suo presentarsi in modo spontaneo, produce solo una degradazione del sentimento