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Messaggi - iano

#4411
Ricapitolando.
Platone non potendo fondare l'esistenza di ogni cosa  su un unico contenitore di cose, la fonda su due contenitori  esclusivi, ma che essendo uno la negazione dell'altro, uno perfetto e l'altro non perfetto,  li fonda di fatto su una loro relazione che ne contraddice l'esclusività.
Se due contenitori comunicano fra loro allora sono un solo contenitore.
Ma questa visione , nella misura in cui la condividete, e correggetemi se sbaglio, riguarda meglio la moderna topologia che la vecchia, per quanto ancora attuale, geometria delle perfette forme di Platone., che quindi Platone non poteva condividere con noi.
Puoi prendere un contenitore, ad esempio una sfera, puoi manipolarla strozzandola al centro, ma dal punto di vista della moderna topologia non ne hai modificato la sostanza.
Hai effettuato cioè una operazione invariante , per cui hai ottenuto nulla di diverso da ciò che avevi: un unico contenitore.
Gli spazi topologici, ma qui lo dico e qui lo nego perché non sono un esperto, includono come spazio particolare quell'unico che conosceva Platone, anche detto spazio euclideo, dove le operazioni varianti sono le traslazioni delle figure.
Un triangolo rimane tale se lo sposti un po' più in là'.
Le dimostrazioni dei teoremi di Euclide, basate sul confronto delle figure, si basano sulla possibilità di traslare le figure senza modificarne l'essenza, perché ciò egli crede essere nella natura delle cose comprese le cose perfette, mentre questa possibilità è ciò che fonda la loro particolare esistenza.
#4412
In un certo senso Platone aveva visto giusto secondo me sul fatto che non tutte le cose che sembrano  esistere possano esistere  condividendo lo stesso mondo .
Così ha fondato la loro esistenza sulla esistenza di mondi diversi, ma senza fondare, andando così a ritroso, l'esistenza, se non sull'esistenza stessa, mentre pare a me meglio, col senno di poi, fondare l'esistenza sulla possibilità di condividere mondi diversi, che  giustifichino ancora  , in questo diverso modo , il diverso grado di esistenza delle cose.
Tanto crederemo di poter vivere contemporaneamente e realmente in questi diversi mondi, come se ciò non fosse paradossale, tanto potremo credere nell'esistenza delle cose in se'.
Platone risolve il paradosso affermando che viviamo in un unico mondo, ma che per un gioco di riflessi possiamo attingere ad altri mondi, mondi esclusivi fra loro, ma non tanto da non poter condividere cause ed effetti, e che quindi tanto esclusivi non sembrano.
Quindi di fatto non risolve il paradosso , ma lo trasla altrove.
#4413
Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 17:35:22 PM
Buon pomeriggio. Azzardo una critica alla storia della filosofia. A mio giudizio tutto andò bene fino a Parmenide. Dopo di lui arrivò Platone. Senz'altro fu Parmenide a porre la questione dell'essere, ma io mi chiedo come mai i filosofi si siano tuffati in una bimillenaria speculazione circa l'essere senza sapere su cosa si fondasse il linguaggio. In effetti sul Cratilo di Platone vi è un dialogo sul significato delle parole, ma dopo averne letto qualche parte mi era sembrata farraginosa la dissertazione di Socrate . Del resto anche nel Menone mi era sembrata del tutto arbitraria la spiegazione su come lo schiavo apprendesse la geometria, tanto che fu messa in crisi da Leibnitz in maniera non del tutto esauriente. Mi chiedo dunque se il problema riguardante il fondamento del linguaggio fosse inattuale. E mi chiedo come mai possa essere, almeno in parte, ancora inattuale tale problematica.
Giusta osservazione.
Se qualcosa è solo per me allora io sono un visionario.
Se si condivide una visione allora essa corrisponde a qualcosa che è, e se si condivide attraverso il linguaggio allora l'essere è basato sul linguaggio, ma più in generale su qualunque meccanismo di condivisione.
Quindi l'essere corrisponde a una visione comune.
Se tutti vedono qualcosa allora quella qualcosa è , anche se, secondo me ,in un senso diverso da quello comunemente inteso, che non so' se riesco a spiegare.
L'essere non è in se' ma in noi in quanto visione condivisa la cui funzione è quella di farci condividere esperienze.
Se tutti noi condividiamo lo spazio di Newton allora noi viviamo insieme in quello spazio, nel senso che agiamo in modo coordinato  in esso, ma lo spazio di Newton non è in se'.
Infatti lo stesso si può dire dello spazio tempo di Einstein che corrisponde a una diversa visione.
Ciò che 'vediamo" non è , se non nella misura in condividiamo la visione, ad esempio attraverso il linguaggio.
Quindi l'essere si fonda sui mezzi di condivisione come ad esempio il linguaggio.
La possibile pluralità degli spazi comporta che ciò che essi contengono non abbia una esistenza in se', perché non c'è uno spazio univoco , uno spazio in se'.
In genere credo non sì traggano le giuste conseguenze dal fatto che, quando si ammettesse l'esistenza delle cose in se', diventa però poi difficile spiegare il loro diverso grado di concretezza, come se esistessero diversi gradi dell'esistenza.
Credo che questo diverso grado meglio possa fondarsi sui diversi meccanismi di condivisione , e che perciò su di essi possa meglio fondarsi l'esistenza.
Di fatto noi ci comportiamo come se le cose davvero esistessero, ma siamo anche in grado di modificare lo spazio delle cose in cui agiamo . Naturalmente possiamo vivere in uno spazio se vi possiamo agire in coerenza, e quando ciò sembra possibile tendiamo a fondare l'esistenza dello spazio che viviamo e delle cose che contiene su quella coerenza.
Ma in effetti esistono diversi spazi parimenti coerenti nei quali troviamo utile poter vivere.
Però, finché ci era dato vivere in solo spazio era facile fondare la sua esistenza sulla sua coerenza.

#4414
Ciao Jacopus.
Non si può dire che sia tu che Phil facciate sfoggio di cultura, ma la incastrate quanto basta in un discorso che nella sua coerenza appare ancora come autonomo, ed è quindi un piacere leggervi.
Io costruisco il mio pensiero post dopo post facendo sponda al vostro, e così quella che ho provato ad esporre è una idea di cultura come collante funzionale di un uomo definito come animale diffuso, così come è maturato nella mia testa qualche post prima.
Se questo animale è diffuso, cioè fatto di parti fisicamente separate, allora il collante che le unisce funzionalmente rimane in bella vista, fuori dal più solito contenitore animale, ed è ciò che chiamiamo cultura .
Ciò che conta credo sia la funzione e non il modo in cui si realizza , e in quest'ultimo sembra esserci un salto nell'uomo, o forse è solo appunto che è posta in nella vista, da farci apparire un salto, quando di solito è celata dentro una superficie chiusa che basta diversamente a definirne genericamente a catalogo il contenuto.
La cultura rimane in via prioritaria quella relazione che unisce funzionalmente i diversi individui animati di una specie , escludendo le parti inanimate.
Ma le specie in se' hanno vera origine in una definizione libera e non univoca, seppur non perciò arbitraria.
Ne possiamo allargare ,individuandoli , i confini definitori fino a ridurci alle sole specie animata e  inanimata che sembrano separate da un confine ancor meno arbitrario, se possibile.
Ma dobbiamo ammettere che non sappiamo bene cosa sia anima e cosa materia e che specie nell'uomo il cercare di definire tale confine sembra risultare alienante.
E tuttavia, come quando alcuni paradossalmente affermano che siamo diventati schiavi di una tecnica che domina il pianeta, di fatto ammettiamo come di poter mettere a catalogo di Linneo, aggiornandolo, una nuova specie inanimata.
Le definizioni sono per gli uomini un po' come le favole peri bambini. Possono terrorizzarli popolandole di mostri cattivi, e questa è un po' la sorte toccata la tecnica in certe favole di oggi, quando invece appena ieri arriva come il principe azzurro sul cavallo bianco.
Per quanto beneficio porti a me la nuova tecnica, individuo adulto. restio ad adattarvisi, io volentieri l'abolirei, ma sarebbe l'acida vendetta di un vecchio giunto alla fine, abbastanza saggio però da sapere che ciò che lui è ed è stato, consapevole o meno di esserlo, risiede fisicamente, culturalmente ed eticamente in vecchie tecniche ormai inglobate e che non spaventano più nessuno.
Se guardò gli effetti che le nuove tecniche promettono di avere sull'umanità ne restò in effetti terrorizzato, perché ciò che vedo proiettarsi è un alieno.
Ma è l'evoluzione stessa ad essere una storia di alienazioni, e certamente noi siamo quei mostri di oggi che gli antichi paventavano, al pari di quel che noi oggi facciamo.
Peccato non siano ancora qui con noi, per poterci dire se è davvero così brutto quel che vedono, e se ciò  che temevano si è davvero realizzato.
Certo è inevitabile preoccuparsi della nostra sorte e non sembra facile rassegnarsi ad essere parte di una storia più grande di noi, ma in fondo, se le definizioni di specie e di individui hanno un senso, è proprio quello di esser unici e di voler restare tali, diversamente dai progetti che la natura ha su di noi e sulle altre specie, alla quale evidentemente non piace vincere facile, guadagnandosi con fatica e con ingegno ogni sua nuova specie.
Le specie competono fra loro nello spazio naturale, ma prima ancora con se stesse nel tempo.
#4415
Citazione di: Jacopus il 20 Maggio 2021, 16:15:28 PM
Iano. La distinzione fra noi e la natura non nasce da una distorsione temporale. Non è un processo di chi la sa più lunga ( o di chi corre più veloce). La distinzione in realtà è opera della natura stessa, allorquando dopo svariati esperimenti durati un milione di anni circa ci ha dotati del cervello più complesso esistente sul pianeta terra. La natura ama la vita, gli esperimenti e la diversità. Ed ecco che prova a vedere come se la cava questo essere, fisicamente poco più forte di un cane di taglia media ma con un sistema nervoso centrale eccellente. Da quel sistema nervoso centrale è scaturito l'allontanamento dalla natura. Genesi, il primo libro della Bibbia, forse inconsapevolmente ( o forse consapevolmente, gli ebrei non sono mai da prendere alla leggera), descrive quel passaggio, simbolizzandolo nell'albero della conoscenza del bene e del male. Se preferisci il cordone ombelicale che ci connetteva alla natura è stato tagliato con l'avvento della cultura. La cultura non è solo un fatto tecnico. Nel senso che intendo qui, la Cultura (Kultur) è il processo autoriflessivo che ogni umano apprende in modi più o meno sofisticati. Da quel processo autoriflessivo nascono le scelte "etiche" ed è per questo che l'albero ha a che fare con il bene e il male. Ma l'etica  è strettamente connessa con la cultura come tecnica. Il mito di Prometeo, in questo senso, è il perfetto contraltare del racconto di Genesi. In tutto ciò, l'uomo non deve neppure dimenticare che il colpevole di tutto ciò, ovvero il suo cervello, è comunque a tutti gli effetti, composto di cellule e di processi biochimici del tutto assimilabili a quelli della più semplice lumaca di mare. Dei, demoni, esseri naturali. Siamo tutto ciò, allo stesso tempo, ma non siamo più natura e non possiamo cercare nella natura giustificazioni per il nostro agire. Piuttosto il discorso dovrebbe essere rovesciato. Il nostro agire deve essere giustificato dal nostro senso di responsabilità nei confronti della natura. Un senso di responsabilità reciprocamente conveniente. Ed anche questo senso di responsabilità va cercato nell'intreccio fra elementi biologici e storici dell'uomo.
Avvertimento finale: non è detto che homo sapiens sia la specie definitiva, all'apice della scala evolutiva. Con noi la natura potrebbe anche aver preso una sonora cantonata. I prossimi millenni ci sapranno svelare questo enigma.
Ciao Jacopus.
Non è che voglio essere critico per partito preso, ma credo che si possano dare letture alternative  del salto umano che ci farebbe guardare la base naturale dal quale è stato spiccato dall'alto in basso, essendocene staccati.
Che si domini il pianeta intanto è opinabile, e non perché affermandolo siamo di parte, ma perché la scelta dei parametri valutativi è libera.
Cambiando quella scelta i microbi , base di lancio di ogni altra specie, non hanno mai smesso di dominare.
Tutte queste nuove specie sembrano aver mantenuto degli antichi, quanto attuali progenitori, una membrana che li racchiude e li definisce dentro una superficie chiusa, ma se si guarda meglio in effetti l'uomo in ciò fa' eccezione.
Basta ammettere che la tecnica, seppur posta fuori di esso, ne sia pienamente parte, o se si preferisce, come acutamente nota Phil ci ridefinisce come un vestito su misura,che parte dalle bibliche foglie di fico intrecciate per arrivare ai tessuti non tessuti e va' ancora oltre, se vogliamo mantenere la metafora della superficie che ci racchiude definendoci.
In tal senso siamo speciali, in quanto animali diffusi che hanno delegato fuori dell'originario confine le proprie funzioni vitali, di modo che, ciò che dentro è rimasto in disuso lo si è potuto destinare a nuovi usi, specie il cervello, non importa quanto grande, perché il nostro non è neanche il più grande nel pianeta. Gli stessi dinosauri in passato ci superavano, ma non per questo dominavano il pianeta.
La cultura quindi possiamo vederla come naturale effetto di tutto ciò, volta a mantenere, ridefinendola, l'unità non più fisica, ma ancora funzionale, perché ciò conta, del nuovo animale diffuso, e quindi in definitiva non come causa del fenomeno detto uomo.
Come sempre ben dice Phil, il cosiddetto peccato che ci ha originati, traduce biblicamente la coscienza d'un salto definitorio, non potendoci più riguardare come gli altri animali, provandone estraniazione.
A prima vista infatti siamo ben diversi, ma se riaggiustiamo la definizione di animale, torniamo ad essere ben naturali, non avendo mai smesso di esserlo. E come potremmo?
Certamente abbiamo responsabilità, ma chi non ne ha? Chi si limita a prendersi cura solo di se' ignorando tutti gli altri?
Forse che la cultura occidentale non deve qualcosa a una lupa che ha allattato due gemelli invece di divorarli?
Ora è arrivato il momento di prenderci cura della natura entro il cui confine certamente stiamo, comunque vogliamo definirci,  con atto magari parimenti "contro natura" , così come i voraci lupi a volte fanno.
Magari è solo che i lupi se ne infischiano delle definizioni, e In parte non sarebbe male seguire questo buon esempio.
Ma siccome uomini siamo ,e non lupi, e perciò amiamo le,definizioni, trovare almeno il coraggio di ridefinirsi diversamente ancora naturali.

#4416
Citazione di: Alexander il 21 Maggio 2021, 08:24:15 AM
Che sia dovuto al fatto che l'individualismo/narcisismo esasperato in cui siamo immersi ("età dei selfie" è stata anche definita) spinge molti a prendersi un pò troppo sul serio? Sembra che ci sia un bisogno di proiezione del proprio ego.

Non sarebbe questa là novità', ma il fatto che il tutto non si svolga entro un riservato ambito di competenza, dal quale venga inviato ogni tanto un messo a dir questo e dir quello ufficialmente in pubblica piazza, essendosi prima messisi d'accordo su cosa dire.
Manca l'ufficialità, non l'autorevolezza.
Gli autorevoli  competenti dovrebbero mettersi prima d'accordo, invece di presentarsi in ordine "sfascio" , seppure, a onor del vero, alcune virologhe , o come dir si voglia, si presentino così bene , sorridenti e scosciate, che io un pensierino ce l'avrei fatto pure. Inevitabile se anche per quelli seri e bravi , anche quando bruttini, le proposte di matrimonio fioccano.
Comunque ne'  l'inatteso contestò, che inatteso non era, ne 'il diritto ad essere informati, giustificano una comunicazione così disorganizzata ritardando pesantemente la già di per suo disorganizzata campagna vaccinale.
#4417
Tematiche Filosofiche / Dogma e Doxa
21 Maggio 2021, 12:40:32 PM
Citazione di: Eutidemo il 21 Maggio 2021, 05:07:58 AM

Tuttavia, almeno in campo scientifico, non bisogna confondere quello che viene accertato e dimostrato una volta per tutte, come, ad esempio, che la terra è rotonda (o meglio, un po' a pera), e quello che, invece, è ancora soggetto ad ulteriori ricerche scientifiche e ad ipotesi alternative.

Ciao Eutidemo.
Credo che per dirimere il vero dal falso andrebbe specificato il contesto.
Se ad esempio il contesto è quello della teoria di Einstein, è falso che fra due masse si eserciti una forza di gravità. Se il contesto è quello della teoria Newtoniana invece è vero.
Le ipotesi della terra piatta e " sperica " 😅 si riferiscono certamente allo stesso contesto, che è quello dello spazio euclideo che è anche lo spazio della nostra percezione, ed in quel contesto è vera la seconda, dando per scontato che non intendiamo limitarci al giardino di casa, ma in genere e a rigore non andrebbe dato nulla per scontato.
Volendo spaccare il cappello in quattro quindi non possiamo escludere che in un nuovo contesto non ancora sperimentato la terra possa risultare  piatta.
Molto difficile da immaginare, ma a rigore non si può  escludere.
Prima di Newton non era immaginabile che un corpo potesse esercitare una forza su un altro corpo se non per diretto contatto , o indirettamente per contatto con un terzo corpo che mediasse la forza, come  un etere che potesse intercorrere fra i due.
Einstein ribalta di nuovo la situazione, e dice che i corpi si movono come sui binari ferroviari ( spazio tempo di Albert).
Quindi fra le due opinioni , quella di Newton e quella di Albert, quale è vera?
Tenderemmo a dire quella di Einstein perché spiega più cose, ma in effetti non sono confrontabili in quanto ogni teoria si  crea il suo spazio diverso.
Se lo spazio in cui confrontiamo una terra piatta con una terra sferica è quello euclideo, che equivale a quello Newtoniano, nonché della nostra percezione, allora la terra è sferica.
Fossi un terrapiattista quindi non getterei la spugna 😇
Mai dire mai.
#4418
Tematiche Filosofiche / Sottosopra.
20 Maggio 2021, 14:55:30 PM
Ciao Alexander.
Perché no. Nessuno ci impedisce di dire che ogni individuo , con relativo punto di vista annesso, faccia specie a se', ne' che diversi punti di vista che coabitino nello stesso individuo perdano perciò la loro specificità.
#4419
Tematiche Filosofiche / Sottosopra.
20 Maggio 2021, 14:32:39 PM
Ciao Niko.
In sostanza concordo.
Il fatto che la conoscenza e la percezione abbiano carattere relativo, non implica che non siano pertinenti alla realtà , ma solo che ci sono diversi modi di vedere le cose nessuno dei quali è speciale in se'.
Non credo che esista il pericolo che la realtà venga a mancarci sotto i piedi, se un sopra e un sotto, anche quando se ne sveli il carattere non oggettivo , non perciò smette di rapportarci con la realtà, cioè non smetta di relazionarci ad essa.
In effetti possiamo parlare della realtà solo in virtù di questa relazione ,e la realtà non decade quando questa relazione  perde la sua presunta esclusività.
#4420
La mia impressione è che non riusciamo ad uscire dal paradosso dell'essere e non essere allo steso tempo natura.
Poniamo ciò che è artificiale in contrapposizione a ciò che è naturale.
Cioè ciò che costruiamo in contrapposizione a ciò che non costruiamo.
Nella misura in cui siamo prodotto di un artificio , siamo capaci parimenti di decostruirci invertendo il processo, chiamandolo ritorno alla natura, dalla quale però non ci siamo mai allontanati.
È come se prendere coscienza delle cose equivalga a distruggerle, come ci insegnano i bambini, provando alienazione.
La distinzione fra noi e la natura nasce da una distorsione temporale.
Una singolarità temporale in cui coabitano passato e presente .
Non so' bene  perché, ma mi viene in mente la barzelletta di quello che andando in cinquecento si accorge di esser seguito da una mucca.
Non potendo credere ciò possibile accelera , ma ad ogni accelerazione la mucca risponde con una pari accelerazione così che non riesce a staccarla.
Insistendo quindi ad accelerare, avendo adesso la mucca la lingua di fuori, si compiace almeno di averla sfiancata, finché questa non lo sorpassa,  non avendo mancato , come previsto dal codice della strada, di aver segnalato prima la propria intenzione.
Quanta saggezza racchiudono le migliori barzellette, che vanno alla ricerca dei paradossi, senza attendere che questi ti affianchino.
#4421
Tematiche Filosofiche / Re:Sottosopra.
20 Maggio 2021, 12:14:43 PM
Citazione di: baylham il 20 Maggio 2021, 11:57:57 AM
Non capisco perché gli oggetti non esistano mentre esiste il punto di vista, il quale mi appare a sua volta un oggetto.
Mi ricorda "i fatti non esistono, esistono solo interpretazioni", asserzione che non condivido affatto.
Che il sopra o il sotto siano convenzionali non toglie il fatto che tali concetti siano comprensibili da quasi chiunque, anche da molti animali, che sebbene privi del linguaggio, riescono a fare questa distinzione.
La tua critica è più che ben centrata, tanto che l'attendevo.
Posso rispondere in modo credo incompleto che il sopra e il sotto non smettono di svolgere la loro funzione una volta che se ne sia svelata l'artificiosa origine, e se ciò che è artificioso si mostra essere così utile, allora potremmo trarne esser utile in generale cercare sempre nuovi punti di vista che generino nuove artificiosità potenzialmente parimenti utili, ma senza sperare di poter ottenere qualcosa di sostanzialmente diverso da un sopra e un sotto.
Possiamo arricchire i nostri punti di vista, cambiando di fatto noi stessi, ma non possiamo cambiare l'essere un punto di vista, se è ciò che ci definisce.
Il cielo per definizione è sopra e se smette di essere sopra smette di esistere.
La stessa cosa vale per noi, in quanto punti di vista.
Ci sarà sempre un cielo sopra di noi, finché ci siamo noi.
#4422
Tematiche Filosofiche / Dogma e Doxa
20 Maggio 2021, 11:25:44 AM
Ciao Eutidemo.
Sono felice che condividi nella misura in cui io stesso ho compreso quel che voglio dire, perché appunto non sempre è limpida a noi stessi l'origine delle nostre opinioni.
Quando dico che l'apparenza è figlia della condivisione sto facendo in effetti una affermazione forte.
Sto dicendo che non esistono apparenze individuali.
Quando tutte le critiche convergono ha ancor senso parlare di critiche?
Non è ciò che traduciamo nella definizione  di dogma, come di ciò che esclude le critiche ?

#4423
Tematiche Filosofiche / Re:Dogma e Doxa
20 Maggio 2021, 10:59:10 AM
Le definizioni sono relative, ma ciò non toglie che esse siano pertinenti alla realtà, a meno di non ammettere che si possano produrre a caso.
#4424
Tematiche Filosofiche / Re:Dogma e Doxa
20 Maggio 2021, 10:19:44 AM
Citazione di: Eutidemo il 20 Maggio 2021, 06:33:46 AM

- per "dogma", si intende una  "verità" che si accoglie per vera o per giusta, senza ammettere, al riguardo, alcun esame critico o discussione;
- per "doxa", invece, si intende  l'"opinione" che una o più persone si formano nei confronti di specifici fatti o credenze, in assenza di precisi elementi di certezza assoluta per stabilirne la sicura verità.
***
Sotto il profilo etimologico le due parole greche "δόγμα" (dogma) e "δόξα" (doxa) derivano entrambe dal verbo "δοκεῖν", che significa "apparire" o "sembrare" (al soggetto della frase).

Diremo ,senza uso di virgolette ,che per dogma si intende una apparenza che non ammette critiche e per doxa quella che le ammette.
Si può criticare solo ciò che appare, ma come si fa' ad escludere di poterlo fare?
Lo si può escludere solo per definizione e in tal senso ci saranno sempre dogmi, in quanto non si può escludere una definizione per definizione.
Infatti qual'e' l'origine delle apparenze ? Bisogna prima dimostrare che essa ha smesso di agire per poter dimostrare che ogni apparenza si è fatta opinione.
Ogni definizione ha un suo motivo. Da dove si origina la necessità di definire il dogma, perché non è che si facciano definizioni a caso.
Credo che questo sia il vero tema, su cui Jacopus ha già dato una risposta, come di una tradizione di cui si è persa memoria senza perderne quella condivisione che è madre delle apparenze.
Il dogma è ciò che si condivide, ma non si sa' più  perché .
Ciò che è notevole e' che ciò si dimostri esser possibile.
Condividere senza un apparente motivo.
#4425
Tematiche Filosofiche / Sottosopra.
20 Maggio 2021, 03:24:04 AM
Gli oggetti , quanto le loro relazioni, non esistono se non come prodotti del nostro punto di vista, allo stesso modo in cui non esiste un sopra e un sotto.
Ma la loro artificiosità appare solo quando prendiamo coscienza del punto di vista.
Oggetti e loro relazioni nascono e muoiono insieme.
Se sparisce il sopra svanisce il cielo.
Arriva sempre il momento in cui l'esistenza di ogni cosa diventa  insostenibile.