Fin qui non ho detto, credo nulla di nuovo rispetto a quanto reperibile sui testi di matematica, e l'autore è un certo Cantor.
Come la vedo io?
Direi che infinito non equivale ad indefinito.
Ogni infinito ha una sua definizione, a volte in chiaro e a volte nascosta, e se diverse sono le definizioni diversi saranno potenzialmente gli infiniti che ne derivano.
Quindi confrontabili , se si trova un criterio di confronto .
Inventiamo così nuovi numeri, e ciò sembra a prima vista arbitrario, quanto inutile.
Sarebbero come minimo numeri ben strani.
La loro costruzione però paradossalmente esemplifica il modo in cui i numeri nascono.
Ma il modo in cui Cantor crea i nuovi numeri ha a che fare più con la filosofia che con la matematica, e magari io ho postato nella sezione sbagliata.
Si tratta infatti di un balzo del pensiero.
La matematica infatti di per se' si può vedere come la storia di nuovi numeri che si propongono prepotentemente ai matematici, che alla fine sono costretti a subirli.
Così li usano senza ammetterlo.
Poi li ammettono, ma li connotano in modo dispregiativo , come immaginari, complessi, etc...
Quindi infine li accettano completamente.
Ma non è questo il modo, mi pare, in cui sono nati i numeri di Cantor., che se li andati a cercare con un salto del pensiero, senza essere costretto a subirli per necessità di calcolo al fine di risolvere problemi di matematica.
Non ne so' abbastanza da poter dire se questi numeri abbiano una applicazione pratica, ma ci scommetterei.
La loro genesi però mi ha reso finalmente chiaro cosa sia un numero. Come nasce.
Un viaggio verso l'infinito con ritorno al punto di partenza .
Cioè al 2, oppure all'uno, oppure allo zero, secondo come ci pare, o meglio ancora a nessuno.
Perché ciò che non sembra avere una vera fine, non ha forse neanche un vero inizio.
Infine, se l'acquisizione del concetto di numero equivale ad un salto "evolutivo" , Cantor ha eseguito un bis.
La matematica sembra farsi sempre più astratta, e per alcuni sempre più assurda , perché almeno a prima vista sempre meno aderente alla realtà .
Secondo me non c'è mai stata alcuna aderenza alla realtà, se non nella misura in cui non avevamo coscienza della sua origine.
La matematica si applica alla realtà, e sono proprio i suoi successi applicativi , non sempre presenti alla nostra coscienza, ad avercela fatta confondere a volte con essa.
La matematica non è la realtà, ma una sua parte, e vive in un mondo a se', nella misura in cui noi lo siamo.
Come la vedo io?
Direi che infinito non equivale ad indefinito.
Ogni infinito ha una sua definizione, a volte in chiaro e a volte nascosta, e se diverse sono le definizioni diversi saranno potenzialmente gli infiniti che ne derivano.
Quindi confrontabili , se si trova un criterio di confronto .
Inventiamo così nuovi numeri, e ciò sembra a prima vista arbitrario, quanto inutile.
Sarebbero come minimo numeri ben strani.
La loro costruzione però paradossalmente esemplifica il modo in cui i numeri nascono.
Ma il modo in cui Cantor crea i nuovi numeri ha a che fare più con la filosofia che con la matematica, e magari io ho postato nella sezione sbagliata.
Si tratta infatti di un balzo del pensiero.
La matematica infatti di per se' si può vedere come la storia di nuovi numeri che si propongono prepotentemente ai matematici, che alla fine sono costretti a subirli.
Così li usano senza ammetterlo.
Poi li ammettono, ma li connotano in modo dispregiativo , come immaginari, complessi, etc...
Quindi infine li accettano completamente.
Ma non è questo il modo, mi pare, in cui sono nati i numeri di Cantor., che se li andati a cercare con un salto del pensiero, senza essere costretto a subirli per necessità di calcolo al fine di risolvere problemi di matematica.
Non ne so' abbastanza da poter dire se questi numeri abbiano una applicazione pratica, ma ci scommetterei.
La loro genesi però mi ha reso finalmente chiaro cosa sia un numero. Come nasce.
Un viaggio verso l'infinito con ritorno al punto di partenza .
Cioè al 2, oppure all'uno, oppure allo zero, secondo come ci pare, o meglio ancora a nessuno.
Perché ciò che non sembra avere una vera fine, non ha forse neanche un vero inizio.
Infine, se l'acquisizione del concetto di numero equivale ad un salto "evolutivo" , Cantor ha eseguito un bis.
La matematica sembra farsi sempre più astratta, e per alcuni sempre più assurda , perché almeno a prima vista sempre meno aderente alla realtà .
Secondo me non c'è mai stata alcuna aderenza alla realtà, se non nella misura in cui non avevamo coscienza della sua origine.
La matematica si applica alla realtà, e sono proprio i suoi successi applicativi , non sempre presenti alla nostra coscienza, ad avercela fatta confondere a volte con essa.
La matematica non è la realtà, ma una sua parte, e vive in un mondo a se', nella misura in cui noi lo siamo.