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Messaggi - iano

#4486
Scienza e Tecnologia / Infinito.
03 Maggio 2021, 02:01:02 AM
Fin qui non ho detto, credo  nulla di nuovo rispetto a quanto reperibile sui testi di matematica, e l'autore è un certo Cantor.
Come la vedo io?
Direi che infinito non equivale ad indefinito.
Ogni infinito ha una sua definizione, a volte in chiaro e a volte nascosta, e se diverse sono le definizioni diversi saranno potenzialmente  gli infiniti che ne derivano.
Quindi confrontabili , se si trova un criterio di confronto .
Inventiamo così nuovi numeri, e ciò sembra a prima vista arbitrario, quanto inutile.
Sarebbero come minimo numeri ben strani.
La loro costruzione però paradossalmente esemplifica il modo in cui i numeri nascono.
Ma il modo in cui Cantor crea i nuovi numeri ha a che fare più con la filosofia che con la matematica, e magari io ho postato nella sezione sbagliata.
Si tratta infatti di un balzo del pensiero.
La matematica infatti di per se' si può vedere come la storia di nuovi numeri che si propongono prepotentemente ai matematici, che alla fine sono costretti a subirli.
Così li usano senza ammetterlo.
Poi li ammettono, ma li connotano in modo dispregiativo , come immaginari, complessi, etc...
Quindi infine li accettano completamente.
Ma non è questo il modo, mi pare, in cui sono nati i numeri di Cantor., che se li andati a cercare con un salto del pensiero, senza essere costretto a subirli per necessità di calcolo al fine di risolvere problemi di matematica.
Non ne so' abbastanza da poter dire se questi numeri abbiano una applicazione pratica, ma ci scommetterei.
La loro genesi però mi ha reso finalmente chiaro cosa sia un numero. Come nasce.
Un viaggio verso l'infinito con ritorno al punto di partenza .
Cioè al 2, oppure all'uno, oppure allo zero, secondo come ci pare, o meglio ancora a nessuno.
Perché ciò che non sembra avere una vera fine, non ha forse neanche un vero inizio.
Infine, se l'acquisizione del concetto di numero equivale ad un salto "evolutivo" , Cantor ha eseguito un bis.
La matematica sembra farsi sempre più astratta, e per alcuni sempre più assurda , perché almeno a prima vista sempre meno aderente alla realtà .
Secondo me non c'è mai stata alcuna aderenza alla realtà, se non nella misura in cui non avevamo coscienza della sua origine.
La matematica si applica alla realtà, e sono proprio i suoi successi applicativi , non sempre presenti alla nostra coscienza,  ad avercela fatta confondere a volte  con essa.
La matematica non è la realtà, ma una sua parte, e vive in un mondo a se', nella misura in cui noi lo siamo.
#4487
Scienza e Tecnologia / Infinito.
03 Maggio 2021, 01:14:10 AM
Infinito, si , ma quanto infinito?
Questa domanda sembra avere un senso.
#4488
Scienza e Tecnologia / Infinito.
03 Maggio 2021, 00:36:13 AM
Un insieme infinito di oggetti non ha alcun numero di oggetti.
Infatti non è 1, non è 2, ...., non è "n", non è alcuno.
Quindi infinito non è un numero.
In particolare da ciò segue che due insiemi infiniti non hanno lo stesso numero di oggetti, e al contempo non hanno un diverso numero di oggetti.
Sembrerebbe quindi non si possa dire quale sia più grande, quale più piccolo, o se sono uguali.
Ciò è vero se per poterli confrontare dobbiamo contare i loro oggetti.
Ma non è necessario contare i loro oggetti per confrontarli.
Nel caso di due insiemi finiti di oggetti infatti possiamo dire se sono uguali oppure no ,senza bisogno di contarne gli oggetti.
O meglio, è sufficiente  contare fino a uno, che però per gli antichi non equivale a contare.
Per loro numero significava moltitudine, e il primo numero era quindi il 2.
Per gli antichi il numero 1 non "contava".
Per sapere se due insiemi finiti hanno pari moltitudine è sufficiente applicare una corrispondenza " uno a uno".
Se ad ogni oggetto del primo corrisponde un solo oggetto del secondo, e viceversa, allora possiamo dire che i due insiemi posseggono lo stesso numero di oggetti, senza conoscere neanche il numero.
Ma se non occorre conoscere il numero, siccome gli insiemi infiniti non ne hanno, allora questa corrispondenza ci permette di confrontare insiemi infiniti permettendoci di dire se si equivalgono oppure no.
Non hanno un numero , ma sono ancora moltitudini confrontabili.
Ma se sono moltitudini confrontabili, allora hanno una grandezza, che potremmo contrassegnare con un simbolo.
Potremmo anche decidere di chiamare quel simbolo "numero".
Naturalmente si tratterebbe di nuovi numeri, prima sconosciuti, proprio come sconosciuti a lungo come numeri  sono stati lo zero e l'uno.
#4489
Attualità / Caino e Abele
01 Maggio 2021, 12:49:01 PM
Alla base del veganesimo , come leggo su Wikipedia, vi è l'antispecismo, corrente filosofica che giunge a conclusioni cui molti di noi del forum sembriamo essere autonomamente giunti .
In una recente discussione rispondevo a Jacopus che se la differenza fra noi e gli altri animali è "quantitativa", le società civili e religiose sono però fondate  su una ipotesi di differenza qualitativa, sottintendendo che il portare alle sue conseguenze l'ipotesi quantitativa equivarrebbe alla rivoluzione delle rivoluzioni.
Le specie esistono per convenzioni, alle quali possiamo aggiungere liberamente come ulteriori criteri distintivi  le scelte alimentari, definendo la nuova specie dei vegani. :)
Si discute spesso fra noi in base a quali ulteriori criteri si possano distinguere le specie evolute da quelle non evolute, e in generale se una tale distinzione possa avere un senso.
Io non credo abbia un senso, se non relativo, e che cambia comunque con le conoscenze che acquisiamo.
In genere le specie non hanno la possibilità di scegliere cosa mangiare, meno che la nostra.
Questo ci fa' più evoluti?
Sicuramente in un mondo sempre più globalizzato e controllato dalle multinazionali l'unico reale potere che resta ai singoli per influenzare la politica  non è il voto democratico ,ma scegliere liberamente cosa consumare, nella misura in cui possiamo farlo, e in quella misura possiamo definirci una nuova specie.
In un certo senso possiamo decidere a priori, piuttosto che a posteriori che specie siamo, e questo è un po' quello che fanno i vegani , costituendosi di fatto  in specie, annegando nell'acqua che non vogliono bere.
Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei.
#4490
Tematiche Filosofiche / La coscienza degli animali.
28 Aprile 2021, 23:56:51 PM
Comunque ogni distinzione che facciamo è artificiosamente funzionale a un relativo contesto, che a buon diritto può essere il nostro pensiero, volendolo illustrare.
#4491
Tematiche Filosofiche / La coscienza degli animali.
28 Aprile 2021, 23:17:13 PM
Ok.
Posso convenire che la conoscenza intervenga sempre , ma allora dobbiamo riguardare l'istinto come conoscenza sedimentata, cioè non cosciente, e perciò non facilmente modificabile.
Conviene forse meglio distinguere bene fra ragione e istinto , seppure esista fra di essi una continuità che ognuno di noi ha sicuramente sperimentato nel corso della sua vita.
Ciò che facciamo ripetitivamente , col passare del tempo tendiamo a farlo sempre più senza pensarci.
Sembra che in conseguenza di azioni ripetitive si modifichi significativamente il cervello.
Così un pianista ha un suo specifico cervello, e un piastrellista un altro, detto in soldoni.
Questo non è certo un esempio di comportamento istintivo , ma da l'idea di come si costituisca l'istinto.
In effetti esso deriva comunque da esperienza e conoscenza.
Le stesse cose si possono fare sia pensandole che non pensandole.
Meno abbiamo bisogno di pensarle più abbiamo acquisito  mestiere, e per gli animali l'istinto è un po' il mestiere di vivere.


Se ci capita di fare occasionalmente un mestiere diverso dal nostro e' bene pensare a cio' che facciamo.
In un certo senso l'uomo è un animale senza un vero .mestiere che deve sempre pensare a cio' che fa'
Non ha un mestiere se il bicchiere è mezzo vuoto, ma li ha tutti se è mezzo pieno.
Così ci adattiamo a qualunque tipo di officina naturale, e abbiamo anche imparato ad edificarne di nostre su progetto.
#4492
Tematiche Filosofiche / La coscienza degli animali.
28 Aprile 2021, 22:35:29 PM
Ciao Daniele e benvenuto.
Ma non è contraddittorio riferirsi alla mente relativamente all'istinto?
Certamente la realtà non corrisponde del tutto ai nostri schematismi semplificativi, che possono quindi sempre essere rivisti, e mi pare sia ciò che tu faccia, ma non mi è chiaro per qual motivo.
Mi pare infatti tu introduca complicazioni la cui necessità  andrebbe giustificata.
Una risposta ragionata negli schematismi che usiamo è ben distinta da una risposta istintiva, e per ogni tipo di risposta possiamo trovare un buon motivo nel fatti noti.
Come fa' l'istinto a rivolgersi alla ragione?
In un certo senso possediamo diversi cervelli individuabili in diverse zone abbastanza distinte fisicamente e questo sembra confermare la bontà delle nostre schematizzazioni.
Ma la differenza sostanziale direi che la fa' il modo in cui comunicano queste parti, e se mente e istinto avessero fra loro l'intima  confidenza che tu sembri attribuirgli, allora potremmo considerarli una cosa sola.
Non sono esperto della questione però e mi fermò qui.
#4493
Tematiche Filosofiche / La coscienza degli animali.
28 Aprile 2021, 22:27:35 PM
Una differenza quantitativa oltre ad essere una ipotesi più semplice è più aderente ai fatti.
Le nostre società civili e religiose sono state fondate però sull'ipotesi qualitativa.
#4494
@ Ipazia.
Mi limito a sottolineare il riferimento che fai ai diversi gradi di astrazione , come causa che con diverso grado di  evidenza fa' apparire le cose, quando evidenza appare, in vece di coscienza, dal che nasce il senso delle cose in se'.
Penso che il fatto di fare uso smodato di coscienza fra tutti i viventi ci faccia dimenticare che non tutto ciò che facciamo ed elaboriamo passa per la coscienza, che in se' comporta solo un modo diverso di fare le cose.
Così diversa ci appare la natura delle cose, passando dal materiale all'etereo.
Infine, se le buone teorie trovano conferma da fatti ignoti quando le si è elaborate, ciò dovrebbe rassicurarci che viviamo in una realtà concreta , se relativamente pochi fatti noti bastano ad agganciarla,facendoci sentire coerenti ed aderenti ad essa.
#4495
Citazione di: viator il 27 Aprile 2021, 13:00:03 PM
Salve Iano. Citandoti : "Sembra paradossale che noi si pretenda di affermare verità su ciò che è una astrazione, l'umanità".

L'umanità è una categoria fondata su di una molteplicità di concretezze Ciò che è astratto è il CONCETTO DI CATEGORIA, non la umanità in sè nel suo complesso, la quale è semplicemente un concretissimo insieme di concretezze particolari (i suoi componenti). Auguri.
Io concordo sia con te che con Ipazia.
Forse non mi sono espresso felicemente, ma non trovò un modo migliore di dirlo.
L'umanità è una astrazione , relativamente alla conoscenza che ne abbiamo, è una astrazione, che ha un concreto corrispondente reale.
Forse il tenere distinto, ma collegato, ciò che è da ciò che conosciamo è un concetto filosofico nuovo?
In effetti nella mia ignoranza non saprei rispondere.
Fatto sta che quando ci chiediamo quale sia l'origine dell'uomo inevitabilmente ci riferiamo a ciò che conosciamo, che non coincide con ciò che è.
Non sempre ciò ci appare evidente, ma non dovrebbe essere questo il nostro caso.
Insomma, mi sembra evidente che esistono diversi modi di definire una specie, quindi al di fuori della sua definizione non esiste alcuna specie.
#4496
Tematiche Culturali e Sociali / Andare d’accordo.
27 Aprile 2021, 12:03:37 PM
Quando gli altri sono d'accordo con noi dovremmo provare soddisfazione, ma il mio atteggiamento a tal proposito non è così facilmente descrivibile.
Maggior soddisfazione provo quando , in presenza di un disaccordo, riesco ad immedesimarmi nelle ragioni degli altri, provando letteralmente a mettermi al loro posto.
Cosa per niente facile, quindi credo il mio atteggiamento dipenda da una insana attrazione per le cose difficili.
Ma credo nasca anche dall'aver piena coscienza che sono quel che sono per caso, e che avrei potuto benissimo essere altro, e la curiosità di provare come  sia essere altro da se' non mi pare insana in se', ed è anche un modo per beffare il caso facendo uscire più facce insieme al lancio del dado,
Così a volte ho la sensazione di sentirmi solo in mezzo a tanti che con me concordano, e sentirmi in compagnia da solo con tanti diversi me che non sempre concordano.
Diciamolo pure.

È già tanto quando andiamo d'accordo con noi stessi, e a volte l'odio che portiamo verso gli altri equivale al proiettarci negli altri.
Cioè nel riuscire ad immedesimare gli altri con parte di noi stessi.


E alla fine, seppure non fosse nei miei propositi aprendo questa discussione, mi pare di avervi proposto una definizione "operativa" di cosa sia odio e di cosa sia amore.
L'amore è anche intimità, ma nulla è più intimo dell'odio, anche se poi sono gli altri a farne le spese.
#4497
Ciao Ipazia.
Perdonami se non riesco a seguirti per mancata comprensione dei tuoi termini tecnici, ma certamente io non do' all'astrazione  una connotazione negativa.
Semplicemente affermo che non può esistere conoscenza senza astrazione, per cui in essa va' cercata l'origine di ogni cosa che conosciamo.
Attraverso essa effettivamente ci inventiamo cose che non esistono, ma che hanno una corrispondenza funzionale con la realtà.
Non sempre però ciò ci appare evidente, come appare evidente quando decidiamo i criteri che definiscono una specie.
Il fatto che le inventiamo le cose  non significa che sono gratuite, ma che possono essere determinate con relativi gradi di libertà.
Possiamo chiederci quale sia l'origine di ogni cosa, ma avendo la coscienza che la risposta dipende dalle libertà definitorie che ci siamo presi, almeno quando ne abbiamo coscienza, e questa coscienza col tempo mi pare in genere si sia accresciuta, e non mi è chiaro da cosa nasca la ritrosia ad usarla.
Ma con un tale punto di vista , se lo si abbraccia, l'ipotesi creazionista è incompatibile.
Mi sarei aspettato una convergenza fra le tue e le mie idee, ma probabilmente non ho ben capito cosa intendi, per miei limiti.
Posso non avere coscienza dell'astrazione che porta all'uomo perché essa non nasce dalla necessità di chiedere ad ogni individuo vivente se tifa per l'uomo, mentre non posso non avere coscienza del fatto che i milanisti sono una astrazione.
Infatti per costruire quel gruppo di tifosi devo intervistare tutti i viventi, e quindi non posso non sapere quello che faccio.
Per fortuna siamo in grado di dividere i viventi in specie con criteri più praticabili.
Da dove viene l'uomo?
La domanda ha senso completo se il concetto di uomo viene "da se'" , se cioè non è una costruzione arbitraria.
Siccome per me lo è, allora la domanda in assoluto non ha senso per me.
Nell'ambito della teoria evoluzionistica ha invece il senso preciso che deriva dalla precisa definizione data della specie uomo.
#4498
Milanisti e interisti non sono specie diverse perché nulla di significativo li distingue, e le specie nascono appunto dall'esigenza di distinguere fra loro, a fini conoscitivi , i viventi,, dandogli così un nome , nei limiti in cui ci è possibile farlo,  , cosa che  Dio stesso , a quanto pare, ci ha lasciato come compito. Poteva farlo lui, ma non lo ha fatto.
#4499
Nella misura in cui l'uomo esiste ha senso chiedersi come sia nato.
Nella misura in cui sia una astrazione ha senso chiedersi solo come sia nata l'astrazione.
La nostra conoscenza procede per astrazioni, ma non di tutte le astrazioni abbiamo coscienza.
Le conoscenze cui giunse Euclide  nei suoi elementi di geometria erano vere perché evidenti erano le sue premesse.
Ma oggi nessun matematico qualifica come evidenti le premesse da cui parte.
Gli uomini continuano però ancora  a farlo nel loro procedere non rigoroso.
Poco male, tutto ciò continua ad avere un senso, ma solo finché non pretendono di affermare verità assolute.
Si può continuare a credere quel che si vuole per fede, ma questa è tutta un altra storia.
Non posso non chiedermi se chi si ostina a portare prove alla propria fede sia un vero credente.
La risposta è che ciò' è possibile perché non esistono veri credenti, e veri non credenti, dato che dividere gli uomini in cedenti e non credenti è una astrazione a sua volta, dove però il criterio di inclusione rimane libero e soggettivo, non dovendosi da esso trarre conoscenza condivisibile alcuna..
Ognuno è libero di aderire.
Da ciò non trarremo conoscenza alcuna , come dal saper come si dividono i milanesi fra interisti e milanisti, che, se specie fossero, sarebbero ben strane.😅

#4500
Sembra paradossale che noi si pretenda di affermare verità su ciò che è una astrazione, l'umanità.
Pure la scienza lo fa', ma con molti se e molti ma, sapendo che il valore di ciò che afferma eredità i limiti delle necessarie ipotesi poste a premessa.
Parliamo in genere di esseri viventi che possono farsi rientrare dentro a diverse categorie in base a criteri arbitrari.
Possiamo allargare e restringere queste categorie a piacere variando i criteri di inclusione, e queste sono le premesse su cui si basa la teoria dell'evoluzione, con tutti i limiti che ne conseguono.
Basterebbe osservare ciò per destituire di fondamento l'ipotesi creazionista  dell'umanità , perché essa si basa su una umanità che viene data per ovvia, che non necessità cioe' di criteri che la delimitino definendola.
Se usiamo criteri più liberali ci allarghiamo ai mammiferi, fino a giungere alla categoria che racchiude i viventi.
Potremmo allora spostare l'ipotesi creaziomista ai viventi, chiedendoci come è nata la vita.
Ma a rigore , anche così , non stiamo  uscendo dal gioco delle arbitrarie categorizzazioni..
Se va' bene, ammesso e non concesso, ci ritroviamo di fronte a una variegata moltitudine di viventi , individui che dovremmo poter tutti nominare se pretendiamo di conoscerli.
Ciò ovviamente è impossibile se non raggruppandoli secondo possibili criteri, dando nome ad ogni gruppo.
Quindi  l'umanità la creiamo noi. O meglio noi creiamo il criterio, e da quello poi discende l'umanità , e ben sappiamo come questi criteri siano cambiati nel tempo, di modo che chi oggi rientra nella categoria umana, ieri non vi rientrava.
Con l'aumentare delle conoscenze la scelta dei possibili criteri si è allargata, aggiungendo alle somiglianza fisiche l'analisi del DNA, e così via, così che al mutare delle conoscenze possiamo "creare" sempre nuove specie cui dare nuovi nomi.
Così la creazione continua ad "agire".
Da un punto di vista filosofico abbiamo a che fare con un vecchio vizio.
Prima ci inventiamo le cose e poi ci convinciamo che esistano davvero , fino a giungere al paradosso di chiederci come sono nate.
Come se davvero non lo sapessimo.