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Messaggi - Kobayashi

#46
Tematiche Spirituali / Re: Io e Dio
17 Febbraio 2023, 15:28:56 PM
Citazione di: iano il 17 Febbraio 2023, 01:24:36 AMA me questo sembra come un indovinello dove chi lo ha posto non si rende conto di aver messo nella sua affermazione , senza volere, anche la risposta in chiaro, e non se ne è reso conto perchè l'ha espresso in modo circolarmente ridondante, per cui non è facile da estrarre, finché non si trova la chiave giusta.
Se la parola ha costruito la sua dimora nel divino, rendersi conto di essere portatori del divino equivale a rendersi conto di ciò che già sapevamo, di  essere cioè portatori della parola.
O no?
C'è da aggiungere altro che non risulti ridondante?
Sembra tutto un giro di parole, non voluto, per dire che se si possiede la parola allora sei divino, e perciò ti distingui in modo significativo da chi non porta la parola, che divino quindi non è, e noi quindi saremmo propriamente i pochi privilegiati, piuttosto che no.

È ovvio (ma non credevo di doverlo chiarire...) che la Parola, il Verbo, etc., non sono le parole, il linguaggio degli uomini, o la razionalità umana, ma, nel discorso teologico, simboli della trascendenza.

Simbolo: termine designante due metà di un oggetto che, spezzato, può essere ricomposto riavvicinandole.

Tu vedi solo una parte del simbolo. O meglio pensi che tutto si esaurisca nella parte materiale, strumentale, del simbolo. Non sentendoti chiamato verso ciò a cui rimanda la parte visibile rimani con la sola parte spezzata "terrena", e pensi che non ci sia il mistero, ma solo un gioco di parole, un indovinello, facilmente risolvibile una volta liberati dalla nebulosità del discorso teologico.
#47
Tematiche Spirituali / Re: Io e Dio
16 Febbraio 2023, 16:45:26 PM
Citazione di: Socrate78 il 16 Febbraio 2023, 16:35:48 PM[...] dire che l'altro è Dio significa divinizzare l'uomo, che è la peggiore blasfemia che mente umana possa concepire.

E l'Incarnazione che significato ha per te?
#48
Tematiche Spirituali / Re: Io e Dio
16 Febbraio 2023, 08:51:20 AM
Penso che si tratti solo della fase iniziale, poi viene la consapevolezza di essere, come gli altri, "portatore" del divino.

In ottica cristiana Giovanni Vannucci scriveva: "Attesa da millenni, preannunciata da generazioni di ispirati, la Parola ha costruito la sua dimora in Cristo [...] , punto di comunione tra la luce divina e la densità terrestre, il ponte benedetto dell'incontro tra la materia e lo spirito".

L'emergere di questo "punto di comunione" io me lo immagino come una specie di processo straziante, viscerale, ma necessario (perché verso il suo compimento siamo richiamati da mille segnali), sempre sul punto di regredire.

"Attraverso il ponte che riunisce l'abisso divino all'abisso umano, la silenziosa ed operosa presenza della Parola giunge e si espande su tutta l'umanità. Dio è in noi, l'immenso mistero dimora nella carne umana".
"[...] Dio è in noi, non in pochi privilegiati, ma in ognuno. È in noi nonostante le bassezze, le opacità, le perversioni, gli istinti confusi della nostra natura".
"La più esigente necessità, dopo l'Incarnazione, è accoglierlo [...]. L'ignorarlo od il sopprimerlo è la causa delle più dure sofferenze".

E conclude Vannucci descrivendo come la consapevolezza di questa presenza renda i nostri affetti universali. L'affinità è ora rivolta verso il tutto, verso l'unità dell'umanità.

A mio parere però non è così ovvio questo processo verso l'universale. Non si può semplicemente riprendere la dedizione greca (e poi cristiana) al logos universale, le nostre esigenze di introspezione così finemente trattate dalla letteratura degli ultimi due secoli e studiate da psicoanalisi ed esistenzialismo non possono semplicemente essere messe da parte come materiale di scarto.
Voglio dire: questo tema, quello della mistica greca dell'Uno (che poi ha attraversato tutta la nostra cultura fino a Hegel), la quale parte dall'ascesa dell'eros individuale verso l'universale, l'eterno, un processo quindi alimentato dalla purificazione dal contingente psicologico, da ciò che è più soggettivo, è un tema problematico...
#49
Tematiche Filosofiche / Re: Edonismo unica via?
07 Febbraio 2023, 07:45:06 AM
La filosofia negli ultimi secoli ha lavorato alla distruzione delle risposte fornite da metafisica e religione.
Poi è passata alla domanda. Alla domanda sul senso (forma contemporanea minimalista che racchiude le categorie della filosofia classica: finalismo, totalità, etc.). E ha iniziato a mostrare che tale domanda viene essenzialmente da fraintendimenti linguistici o da un'eredità culturale che si presenta sotto forme diverse che non sono state ancora del tutto smascherate.

Il mio interrogativo (forse un po' ingenuo) è il seguente: e se invece la domanda fosse legata in modo ineludibile a ciò che è l'uomo? Al di là della sua particolare cultura, religiosa o metafisica.
Se fosse una costante "eterna" e interculturale che poi assume forme storiche relative e come tali certamente superabili, ma senza che questo comporti la presenza di un cammino che necessariamente porti verso la risposta definitiva?

In questo caso la serietà della domanda ci impegnerebbe in una ricerca filosofica, spirituale, possibile solo accantonando l'immediata ricerca del piacere.
#50
Tematiche Spirituali / Re: I Papi e il caso Orlandi
05 Febbraio 2023, 11:14:48 AM
Claudia K., capisco i tuoi interrogativi, ma perché un cattolico dovrebbe sentirsi in qualche modo chiamato in causa nella giustificazione dell'operato del papa in quanto capo di stato o semplice uomo? Il papa è solo un vescovo, niente di più.
C'è dell'ingenuità nell'immaginarsi che un papa, per il solo fatto di essere stato eletto papa, assuma l'umanità profonda espressa nel vangelo.
Ma nell'accusa di diabolicità della condotta dei tre papi vedo il riflesso, forse da parte tua inconsapevole, del classico attacco dei mezzi di comunicazione dei paesi protestanti, soprattutto anglosassoni, che non hanno mai smesso di gonfiare ogni fatto di cronaca che coinvolge la Chiesa cattolica, essendo per loro la Chiesa cattolica l'espressione dell'Anticristo.
#51
Una ragione di allontanamento dalla Chiesa è la rappresentazione della fede come insieme di posizioni dottrinarie. Un'accentuazione dell'elemento teorico-dottrinario che si è consolidato nel corso del confronto con l'illuminismo, e che ha iniziato a sfumare solo con il Vaticano II.
È chiaro che essere credente non significa solo acconsentire ad una serie di posizioni teoriche, ma abbracciare un certo modo di vivere radicalmente diverso da quello cui il mondo ci costringe ad assumere.

Su Auschwitz dico questo: dopo di esso non è che non si può più credere in Dio; non si può più credere ad una certa rappresentazione di Dio, cui, per la verità, ben pochi anche prima credevano, ovvero un Dio onnipotente che interviene nella storia umana con atti di forza.
La storia di Gesù mi sembra chiara: incarnazione di Dio comunque soggetta alla violenza e alla morte. Che tuttavia nella risurrezione mostra che il divino, anche se più fragile di quanto ci si immaginava, non può essere del tutto cancellato dall'uomo, e continuerà a intrecciarsi con la sua storia richiamandolo a se'.
E paradossalmente proprio nell'esperienza del male, intendo il male originato dall'uomo, si può sentire questo richiamo, perché il male è sempre accompagnato dalla menzogna, ad Auschwitz fin dal cancello di entrata, per cui non si passa solo attraverso la sofferenza ma anche attraverso la falsificazione, la menzogna, che rimandano inevitabilmente al loro contrario, la verità dell'uomo.
#52
Citazione di: InVerno il 03 Febbraio 2023, 13:36:41 PM[...] Ci sono studi in zone di guerra dove si sono analizzate le persone che hanno subito traumi di varia natura bellica,  e la propensione alla "religiosità" dei soggetti traumatizzati è esponenzanzialmente più alta, sembra che il trauma sia una componente fondamentale della religiosità di una persona, d'altro canto se non ricordo male anche tra i religiosi di questo forum [...]
Possibile spiegazione (al di là di quella che la descrive come fuga dalla realtà): nell'esperienza del dolore si viene rimandati ad un bene illimitato, come il negativo "dimostra" l'esistenza del positivo, e questo orizzonte è sentito come il luogo vero che attende l'uomo da sempre.
Non so se scoprirlo negli ultimi istanti di vita garantisca qualcosa, ma non è per garanzie o convenienze che si vieni illuminati, si viene illuminati e basta.
#53
Tematiche Filosofiche / Re: Realtà e Verità
27 Gennaio 2023, 08:13:22 AM
La realtà è già vista, classificata, da me a partire da una certa cultura, da un'ontologia di base a cui la mia mente è stata educata fin dall'inizio della mia vita.
Per cui la verità intesa come rappresentazione conforme allo stato delle cose è una verità che non potrà mai trascendere quella grammatica di base appresa, una verità tutta interna a tale grammatica.
Come una sentinella del senso comune che ci allerta quando discorso e stato delle cose (che sono fatti della stessa "sostanza" linguistica, concettuale*) non collimano.
Per me questa roba non è filosofia.

* se mi dirigo verso gli alberi che sto vedendo dal mio giardino ovviamente rischio di andarci a sbattere; c'è qualcosa di solido là fuori, ma che quel qualcosa di solido sia "albero" è creazione della nostra mente, un'interpretazione culturale; è in questo senso che si può dire che la realtà è una creazione della mente.
#54
Tematiche Filosofiche / Re: Realtà e Verità
26 Gennaio 2023, 08:53:10 AM
Citazione di: bobmax il 25 Gennaio 2023, 13:37:45 PMSì, occorre a mio avviso affrontare il pensiero logico per verificarne la solidità dei fondamenti.
E poiché il pensiero non può che procedere in modo determinato, e quindi logico, questa ricerca ci porta inevitabilmente nella terra di nessuno. Dove svanisce la comprensibilità razionale.
Questo processo è in corso.
Ed è iniziato agli albori della razionalità. Il mito di Adamo e Eva lo testimonia.
Sono due i fondamenti del pensiero logico.
Uno è il molteplice, l'altro il divenire.
Entrambi sono infatti frutto di una divisione.
Divisione indispensabile per il nostro vivere e inoltrarci nel mondo.
Ma che non è la Verità.
Che non sia Verità non è una conclusione logica. Come potrebbe?
È invece una constatazione Etica!
Che tuttavia non si limita ad assecondare un desiderio forse impossibile. Perché è suffragata dalla debolezza che si inizia a percepire negli stessi fondamenti della logica.
E che la stessa scienza incomincia a porre in discussione.
Verificando per esempio la non necessità della variabile tempo, l'impossibilità di una effettiva determinazione, l'indissolubilità tra osservato e osservatore...
Una critica alla interpretazione logica della realtà già iniziata con la nascita della filosofia.
Forse ho capito.
Le tue affermazioni paradossali vanno viste come le conclusioni di un ragionamento sulla realtà, che tuttavia non sempre inserisci nei tuoi post.

Requisito fondamentale di tutto questo percorso è la convinzione, tipica dell'idealismo, che non ci siano limiti critici al pensiero, che non ci sia, come voleva Kant, qualcosa di non conoscibile.
Quindi se attraverso un'analisi logica dei fondamenti della realtà si conclude nell'assurdo allora anziché pensare che il problema sia la limitatezza dello strumento (la razionalità) e tornare quindi al senso comune delle cose, si accetta l'esito spiazzante, il quale è il perfetto ribaltamento di ciò che invece la cosiddetta realtà sembra mostrare.

La verità del mondo per esempio non è il molteplice ma l'Uno. Nella filosofia antica si arrivava a una tesi del genere, però, basandosi sulla concordanza tra il logos umano e il Logos che regge il mondo.
Tu invece mi sembra che da una parte mostri con la logica che è proprio il molteplice ad essere assurdo. E poi, nello stesso tempo, che i fondamenti della logica siano fragili. E dici appunto: così andiamo nella terra di nessuno.
Questo punto mi sembra contraddittorio, cioè seguire la logica fino in fondo nelle sue conclusioni paradossali prendendo dunque per vera la visione della realtà che ne esce e, contemporaneamente, dire che gli stessi fondamenti della razionalità siano arbitrari.

E infatti sostenere che la verità ha una fondazione etica non è puro irrazionalismo?
#55
Citazione di: Phil il 22 Gennaio 2023, 21:07:33 PMIl terzo momento è quello "fatale" dell'agnosticismo: nel momento in cui il credente sente come «inevitabile il dover dar conto a se stesso» (non a Dio) della credibilità della propria fede, l'ha già persa... (e magari temporeggia perché non se la sente di elaborare il solito lutto di cui sopra). Se ci si erge a giudici della fede, con anche solo la possibilità di ritenerla indegna di essere creduta (o, come accade sempre più spesso, la si personalizza con postille, asterischi ed interpretazioni personali) allora la fede religiosa non è più tale, ma diventa fede senza religione, o al massimo fede con religione "fatta in casa" (liberamente ispirata a quelle storiche).
Niente di nuovo dai tempi del medioevo: se la fede cerca appoggio fuori da sé, come già detto, sceglie di entrare in un campo minato dove non ha nulla da guadagnare in termini di credibilità. Basterebbe solo aver fede e godere dei suoi effetti positivi (in fondo, come diceva qualcuno «per la fede non c'è rimedio e non c'è ragione...»); se non se ne è capaci, per spirito critico o altro, il tentativo di compromesso teorico è spesso ancor più "debole" e fallace del dogmatismo da cui parte, perché non ne ha né la storia, da strumentalizzare ad hoc, né maggiore plausibilità empirica, non potendosi basare su rivelazioni o (pre)supposti eventi di contatto fra terra e Cielo.

Lo sforzo del cristiano di dare conto della propria fede, di spiegare i motivi della sua credibilità, non solo è ovviamente umano, comprensibile, ma risponde sopratutto al passo della prima lettera di Pietro (3,15): "dare risposta a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi".
Esiste una disciplina che si chiama teologia fondamentale che si occupa di questo.

Nel tuo ragionamento c'è molta arroganza. Tu pensi che partendo da questo ragionare sulla rivelazione il credente debba per forza finire nelle tue stesse conclusioni e diventare ateo o costruirsi una religione su misura etc.
Ma l'avevo detto fin dall'inizio: ci deve essere uno sforzo da una parte e dall'altra. Lasciarsi alle spalle la tentazione fondamentalista da una parte, ammettere la possibilità che ci sia della verità nella fede, dall'altra.
Qui invece, come sempre su questo tema, solo luoghi comuni.
#56
Tematiche Filosofiche / Re: Realtà e Verità
25 Gennaio 2023, 11:13:18 AM
Asserire che l'essere è tutto ciò che esiste, quindi la realtà, e che vi sia identità tra essere, realtà e verità, significa rifiutare l'accezione di pensiero come sforzo umano di comprendere il senso nascosto delle cose.
Probabilmente con la concezione di verità come rappresentazione linguistica (più o meno adeguata) di ciò che è reale siamo già alla fine del pensiero filosofico, perché poi è inevitabile che si tratti solo di una questione tecnica: problemi gnoseologici che fungono da momento critico prima della costruzione del pensiero storico e scientifico.
Ma qui, se ho capito bene, si tenta di ribaltare la decadenza connessa a questa trasformazione (l'appiattimento del pensiero al reale) con una svolta paradossale capace di ridurre il divenire e il tempo a pura apparenza.
Una metafisica costruita su fraintendimenti logici?
#57
@Pio e Phil

Attenzione a non semplificare.
Ci sono tre momenti distinti:
1) l'origine della fede (la conversione): evento senz'altro esistenziale più che attinente la conoscenza;
2) la decisione di dare seguito o di non dare seguito all'evento conversione;
3) il fatto inevitabile di dover dare conto a se stessi sulla credibilità, ragionevolezza e sensatezza di ciò in cui si crede.

Il credente, anche se alimenta la propria religiosità tramite prassi, non può mai evitare di interrogarsi su di essa.
#58
Ma il fine di un dialogo non è la conciliazione di posizione opposte, ma un ragionare insieme che può, naturalmente, anche finire in niente. Probabile che finisca in niente quando lo sforzo dei più è finalizzato alla sola dimostrazione dell'insensatezza di una certa posizione.

Venendo al nostro caso: la Chiesa si pone legittimamente il compito di dimostrare la credibilità della fede cristiana con la testimonianza e con il pensiero.
Sulla testimonianza nulla da ridire, il materiale abbonda ed è, almeno ai miei occhi, persuasivo.
Sul discorso teorico invece, nel confronto con la filosofia, si pretende maggiore rigore.
Tutto qua.
#59
In sintesi, da quello che leggo qui, la credibilità della fede cattolica si basa su due principi:

1) ognuno ha una fede; se non si ha fede in Dio si ha fede nel denaro, nel potere, nell'eros etc.; quindi la fede nel Dio biblico ha lo stesso grado di "spericolatezza" epistemica della fede in altre potenze. È abbastanza evidente che qui ci si dimentica apposta di dire che denaro, potere, eros sono cose che si incontrano nella realtà, non si ha bisogno di avere fede in esse; piuttosto si confonde la fede con l'adorazione; se adoro, venero, qualcosa, una potenza, di cui faccio esperienza nella realtà, questa mia devozione non è paragonabile con quella rivolta a ciò di cui non faccio in alcun modo esperienza;

2) l'ipotesi della creazione è addirittura più razionale rispetto l'ipotesi dell'origine casuale della vita; e poteva mancare la citazione di Fred Hoyle del boing 747? Certo che no. Ma non bisogna essere scienziati per capire che due processi così diversi, l'assemblaggio casuale di parti meccaniche e la formazione della vita (di cui peraltro la scienza fa solo ipotesi, non avendo ancora dimostrato niente in laboratorio – mentre il fattore casualità nei processi di duplicazione cellulare è ampiamente dimostrato dalla biologia molecolare) non sono commensurabili dal punto di vista statistico.
#60
Citazione di: Pio il 17 Gennaio 2023, 14:52:59 PMUn Dio come lo prospetti  tu non dà alcuna speranza. Perché sarebbe un dio a misura di uomo e la misura dell' uomo è DISPERANTE.  O tu ravvisi qualche speranza nell'uomo che non puzzi di autoconsolatorio e autoassolutorio? Dio non si incontra nell'interiorità ma nel POVERO e nel bisognoso. Ha un volto che ti interroga e ti chiede sempre qualcosa. È un dio FASTIDIOSO. Se non provi disagio davanti al povero non stai cercando DIO, ma te stesso. È tempo perso: non ti troverai. Incontrare Dio presuppone l'incontro tra due povertà: il povero, volto di Cristo, di fronte a te e la tua povertà d'amore. L'incapacità di amare il povero è l'incapacità di amare e riconoscere il volto di Cristo.
Perché il volto del povero sarebbe il volto del Cristo?
Io nel povero piuttosto rivedo me stesso...
La povertà vera è "piena" di bisogni, piena di frustrazioni e vergogna, quella di Gesù era indipendenza, distacco.