Sgiombo, non era mia intenzione coinvolgere il paradosso del mentitore, ma non sempre sono consapevole delle conseguenze delle mie idee o delle loro origini.
Più di una volta, hai richiesto di attenerci al "sodo" della discussione, evitando le questioni di mero linguaggio. Tuttavia non è ben chiaro dove finisca il nostro vero disaccordo e dove inizi la questione linguistica. Io riconosco che praticamente nessuna nostra conoscenza è esente dall'errore (più precisamente e tecnicamente, io sostengo il fallibilismo), pure tu condividi ciò, però continui a dire che per me la consapevolezza dei limiti della razionalità è del tutto irrilevante e di nessuna utilità. Lo credi davvero a fronte di quello che scrivo e, sopratutto, a fronte del fatto che sto discutendo con te da parecchi giorni proprio su questo argomento? Avere opinioni differenti su un argomento non significa essere disinteressato di quell'argomento.
Tu scrivi che io confondo la razionalità pura dalla ragionevolezza pratica. Ma tu come giustifichi l'utilizzo della ragionevolezza pratica? Non puoi, giusto? La ragionevolezza pratica altro non è che un comportamento irrazionale, fideistico, per te, è corretto? In pratica, ogni tua azione in questo mondo sarebbe irrazionale, epistemicamente ingiustificata. Anche il tuo parlare del fatto che è molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano (invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna), è un parlare irrazionale, perché, come dicevo, non si può parlare di probabilità o meno di questo a voler essere rigorosi... A me pare, quindi, che il tuo parlare di "ragionevolezza pragmatica" è indistinguibile da "irrazionalità fideistica". E per me questo è un gran problema.
Non solo. Tu dici, in pratica, "se non ci siamo sbagliati, allora la deduzione è certa". Ok, ma questo non cambia il fatto che la deduzione specifica non è certa, proprio perché possiamo sbagliarci. E' come dire "se non ci sbagliamo, allora i giudizi sintetici a posteriori sono certi"... ma in pratica se non ci sbagliamo, allora tutta la tua tesi è sbagliata, nel senso che tutto il tuo dubitare sarebbe sbagliato.
Rimane il fatto che, per i tuoi standard, non si ha certezza che il razioscetticismo sgiombiano sia vero, quindi è una tesi come tutte le infinite altre logicamente possibili, perciò su di essa bisogna sospendere il giudizio (e non difenderla, come fai tu).

Più di una volta, hai richiesto di attenerci al "sodo" della discussione, evitando le questioni di mero linguaggio. Tuttavia non è ben chiaro dove finisca il nostro vero disaccordo e dove inizi la questione linguistica. Io riconosco che praticamente nessuna nostra conoscenza è esente dall'errore (più precisamente e tecnicamente, io sostengo il fallibilismo), pure tu condividi ciò, però continui a dire che per me la consapevolezza dei limiti della razionalità è del tutto irrilevante e di nessuna utilità. Lo credi davvero a fronte di quello che scrivo e, sopratutto, a fronte del fatto che sto discutendo con te da parecchi giorni proprio su questo argomento? Avere opinioni differenti su un argomento non significa essere disinteressato di quell'argomento.

Citazione di: sgiomboQui la questione non mi pare sia meramente linguistica, affatto. Se l'essere razionale implica l'essere non-razionale, allora c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella caratterizzazione che tu fai della razionalità.Citazione di: epicurusQui si ratta di differenze meramente terminologiche; e mi sembra che siamo riusciti a "tradurcele" reciprocamente in maniera abbastanza soddisfacente.
Naturalmente non ho mai pensato che tu sia malato di mente, anzi, tutt'altro. Quello che io ho detto è che la tua superrazionalità implica l'infermità mentale, e lo hai detto pure tu... che per vivere la vita di tutti i giorni si deve essere fideisti, cioè non essere razionali. Un superrazionalista puro sarebbe infermo mentalmente, anzi, sarebbe morto in pochissimo tempo. Ecco è in questo che io vedo una riduzione all'assurdo della tua concezione della razionalità: non vedo come possa essere chiamata "razionalità" ciò che ha tali conseguenze.
Tu scrivi che io confondo la razionalità pura dalla ragionevolezza pratica. Ma tu come giustifichi l'utilizzo della ragionevolezza pratica? Non puoi, giusto? La ragionevolezza pratica altro non è che un comportamento irrazionale, fideistico, per te, è corretto? In pratica, ogni tua azione in questo mondo sarebbe irrazionale, epistemicamente ingiustificata. Anche il tuo parlare del fatto che è molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano (invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna), è un parlare irrazionale, perché, come dicevo, non si può parlare di probabilità o meno di questo a voler essere rigorosi... A me pare, quindi, che il tuo parlare di "ragionevolezza pragmatica" è indistinguibile da "irrazionalità fideistica". E per me questo è un gran problema.
Citazione di: sgiomboNon si può essere certi che si sia effettivamente fatta una deduzione corretta o meno, anche (non solo) per la fallibilità della memoria (giudizio sintetico a posteriori circa come é-diviene o meno la realtà).Anche questa tua riflessione potrebbe essere sbagliata, non trovi? E questo ci provoca un certo disagio epistemico che, io credo, ci suggerisce che come stai impostando la questione è sbagliato.
Ma si può essere certissimi che se la si fa, allora la conclusione dalle premesse é certa (certamente vera).
Il giudizio lo dobbiamo sospendere sulla circostanza di fatto reale o meno che la deduzione sia stata effettivamente fatta, e fatta correttamente.
Non sulla sua verità nel caso (ipotetico) sia fatta (in qualsiasi tempo).
Non solo. Tu dici, in pratica, "se non ci siamo sbagliati, allora la deduzione è certa". Ok, ma questo non cambia il fatto che la deduzione specifica non è certa, proprio perché possiamo sbagliarci. E' come dire "se non ci sbagliamo, allora i giudizi sintetici a posteriori sono certi"... ma in pratica se non ci sbagliamo, allora tutta la tua tesi è sbagliata, nel senso che tutto il tuo dubitare sarebbe sbagliato.
Rimane il fatto che, per i tuoi standard, non si ha certezza che il razioscetticismo sgiombiano sia vero, quindi è una tesi come tutte le infinite altre logicamente possibili, perciò su di essa bisogna sospendere il giudizio (e non difenderla, come fai tu).