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Messaggi - Federico Mey2

#46
Salve
Citazione di: viator il 19 Gennaio 2019, 15:01:19 PMSalve Federico. Ma a livello sociale, ripeto, il bene non esiste. Esso è un valore unicamente ETICO e non MORALE. Ciò che tu chiami bene sociale (morale) è ciò che serve a far funzionare la società evitando il più possibile il sorgere di conflitti dannosi alla sua struttura. E' un insieme di norme che permette, ad esempio, ad un milione di persone a vivere in cento chilometri quadrati senza scannarsi in nome di propri presunti diritti e sicuri egoismi. La morale esiste quindi per ragioni pratiche ed utilitarstiche...
La differenza fondamentale tra MORALE ed ETICA è che la prima cambia attraverso i tempi, i luoghi e le culture...
Allora DEFINIAMO che: (per la società) BENE=ciò che serve a far funzionare la società evitando il più possibile il sorgere di conflitti dannosi alla sua struttura; un insieme di norme che ... esiste per ragioni pratiche ed utilitaristiche, che cambia attraverso tempi, luoghi, culture.

Così va bene? Per me va bene, non capisco il problema!

Ad esempio, per la società ciò che è bene può essere descritto approssimativamente dalle sue leggi, scritte e non scritte.
Io sostengo che si può definire in qualche modo (ho usato la parola "morale") chi va verso questo bene e immorale chi ci va contro, verso il male di un determinato sistema di regole o etico (che, lo so, possono non coincidere!)

Fermiamoci qui, perchè se non siamo d'accordo su questo, il punto successivo non lo possiamo trattare!
Salve
#47
Citazione di: sileno il 19 Gennaio 2019, 16:10:50 PM
Citazione di: Federico Mey2 il 17 Gennaio 2019, 15:42:08 PM
2 - Moralismo - Richiamo a fare il Bene e disprezzare il Male;
3 - Moralismo - Atteggiamento filosofico che focalizza l'attenzione dell'individuo sul fatto che il suo pensare e comportarsi sia necessariamente Bene o Male.


I giudizi morali:"giusto e "sbagliato" sono pregiudizi? I giudizi morali sarebbero solo pre-giudizi che ci si propone di "dimostrare" per persuadere a indotti comportamenti, come notò Nietzsche? I doveri assoluti dei 10 comandamenti, che si obbediscono senza discutere analiticamente sulle loro possibili conseguenze, in che senso sono "virtù" giuste e buone? Perchè lo dice l'infallibile parola biblica di Dio? Ad esempio sarebbe stato sbagliato e immorale uccidere Hitler per salvare la vita di tante persone? La guerra approvata dai teologi quale "giusta", in quali casi e per chi lo è veramente Chi lo stabilisce? ...
il consequenzialismo giudica "giusto" e sbagliato" in base alle conseguenze, che possono essere previste o meno. L'"eterogenesi dei fini" infatti riconosce che le azioni umane possono conseguire effetti diversi da quelli che si volevano perseguire. E le teorie relativistiche? Sono valide solo se relativizzano pure se stesse, perchè non esistono verità assolute...
Salve. 
In continuità con i miei numerosi post sono mi ormai rassegnato a rispondere sistematicamente nello stesso modo:
Sono d'accordo che la definizione di Bene (e di Male) sia relativa, ho soltanto tentato di dire che se (per ipotesi) fisso una definizione di Bene (valida quindi eventualmente soltanto in un caso specifico, per un determinato sistema giuridico, ad esempio, o per una fede religiosa), è morale, moralista chi propone Bene e immorale chi propone il suo opposto.
Fermiamoci qui, perchè se non siamo d'accordo su questo, il punto successivo non lo possiamo trattare!
Salve
#48
Salve 
A mio parere il concetto di "peccato originale" è una rappresentazione della problematica che emerge nel momento in cui l'umano si confronta con sè stesso e si rende conto di essere incapace di gestirsi, di controllare la propria coscienza. 
Dalla consapevolezza di questa incapacità sorge paura, che causa come reazione il volersi ansiosamente liberare delle regole fino ad allora valide dentro di sè, facendo qualcosa all'esterno del quadro della razionalità, e come tale vissuto come emozione negativa (per aver sbagliato), detta "senso di colpa".

In altre parole individua il momento del sorgere dell'irrazionalità, ma non perchè sia irrazionale l'atto esterno, esso è soltanto l'effetto di un'irrazionalità che sorge dentro di sè, dal caos che molti hanno e che tutti giudicano irrisolvibile, dalla valutazione che l'umano non potrà mai essere capace di ordinare questo caos, dalla rassegnazione a che non sia più possibile ottenere la perfezione.
Questa valutazione è però sbagliata, questo errore deriva dalla debolezza spirituale.

Il legame e il rispetto per Dio e la religione rappresentava una "riparazione" di questo difetto originario, e nelle società occidentali veniva mantenuta una certa dignità ai valori morali obbedendo a Dio.
Con l'abbandono degli ultimi secoli delle Fedi la degenerazione dei valori è oggi diventata totale, ma il problema è a monte, nella debolezza spirituale, in particolare degli occidentali.
#49
Salve
Citazione di: viator il 19 Gennaio 2019, 00:16:11 AMLa MORALE, la quale non ha nulla a che vedere con i concetti di bene e di male : La morale è un valore SOLO COLLETTIVO che consiste nell'insieme dei comportamenti PUBBLICI utili od ammessi SOCIALMENTE all'interno di quel certo gruppo, società, tribù, cultura. 
Ma quello che è "ammesso" si può dire essere "Bene", per la società, ciò che è disprezzato o vietato "Male".
Citazione di: viator il 19 Gennaio 2019, 00:16:11 AMSe un riccone spende per sè i propri soldi, adotta un comportamento moralmente ammesso (se li gode, come permesso dalle Leggi e come - se non esplicitamente approvato - non vietato ed anzi sicuramente invidiato dal resto della società di cui fa parte.
Se lo stesso riccone dona metà del patrimonio ai bisognosi (scelta che nessuna morale esige anche se l'approva) compie una scelta rigorosamente individuale, facoltativa di carattere quindi ETICO.  
In entrambi i casi stanno facendo il Bene, usando 2 diversi concetti di Bene.
Quello che volevo sottolineare io è che esiste un concetto di colui che potremmo definire "moralista" che indica chi è diretto verso il Bene e contro il Male.
Fin qui non dovrebbero esserci dubbi.

Io propongo un altro concetto, definibile come si vuole, che indica colui che va sia verso il Bene che verso il Male (o meglio: verso il Bene o verso il Male). 
Esso è utile per porsi la grande questione filosofica, quasi per nulla posta nella storia della filosofia occidentale, di andare al di là del Bene e del Male.

Faccio un esempio: ci sono 3 individui: 
C è il signor Mario Rossi, timido cittadino italo svizzero che vive nei boschi cibandosi di bacche e radici.
A propone: amate immotivatamente tutti C!
B propone: odiate immotivatamente tutti C!
A si può definire morale, moralista, perchè rispetta sia il Bene della società (che "ammette" che qualcuno proponga di amare un altro), sia qualsiasi altro concetto di Bene.
B si può definire immorale, perchè propone odio immotivato, che non rispetta nè il Bene della società, nè l'altra idea di Bene definita prima "etica".

La mia proposta è di mettere sia l'atteggiamento di A sia quello di B in una stessa categoria, io l'ho chiamata, se si vede il mio articolo introduttivo, moralismo di tipo 3, e di definire la donna D, che per ipotesi non segue nè A nè B, amoralista.
(Tra l'altro quest'ultima situazione "amorale" permetterebbe a C di evitare la situazione moralista di tipo 3, che prevede di ritrovarsi nel bosco da un lato una persecuzione degli uomini seguaci di B che lo vogliono bastonare e dall'altro un pellegrinaggio di donne seguaci di A che lo vogliono amare (C non sa cosa farsene). Infatti C aspira probabilmente eventualmente a una sola escursionista che gli permetta di variare la sua solita dieta di sopravvivenza!)

Al di là della storiella, è difficile la mia proposta? 
Non è coerente con il titolo che ho proposto, che non chiedeva cos'è il Bene (ho letto distinzioni tra soggettivo e oggettivo, o tra ciò che è ammesso socialmente e ciò che è così interpretato individualmente...) ma come ci si pone di fronte a qualsiasi tipo di Bene, e al Male?

Comunque se non vi interessa la mia proposta, potete ovviamente continuare a non considerarla: io però ogni tanto la ricorderò per fare in modo che un eventuale lettore interessato ad essa, a ciò che ho proposto nell'articolo introduttivo, non si lasci sviare e magari la consideri.
Salve
#50
Insisto a dire che non avete capito (se mai foste interessati) il nocciolo della mia introduzione: cioè il fatto che la moralità si può definire evidentemente, come esplicitamente ammesso da voi:
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Gennaio 2019, 15:12:51 PM... Il "bene" dunque (quindi implicitamente la moralità, che è la condotta rivolta al "bene") ...
E la chiarificazione di cosa sia il Bene sono un discorso che non cambia questa definizione, che io ho chiamato n°2.
Io ho voluto poi aggiungere un altro concetto, che però non so come chiamare, e ho usato la stessa parola "moralità" (ma potrei usarne un altra), per indicare l'atteggiamento di chiunque legga le azioni altrui e proprie come non neutrali, o come Bene o come Male. 
Perchè è così difficile!? ... e spostate sempre il dibattito chiedendovi: "Che cosa è Bene"?

Colgo l'occasione per alcune correzioni all'articolo introduttivo:
Citazione di: Federico Mey2 il 17 Gennaio 2019, 15:42:08 PM
...

1 - Moralità sessuale - Regolamentazione/richiamo alla limitazione della sessualità (non SOLTANTO della passionalità: un ginecologo può fare cose molto più immorali);

...
Il mio concetto di amoralità (cioè disprezzo del moralismo tipo 2)      Volevo dire: DI TIPO 3
...
Personalmente, quando ragiono su argomenti morali, tendo ad evitare riferimenti al Bene come valore (Giustizia, Amore...) o al Male come disvalore (Razzismo, Persecuzione, Odio...), ...
Preferisco dire: ...TENDO AD EVITARE RIFERIMENTI AL BENE COME VALORE (ES. GIUSTIZIA, PIETA'...) O AL MALE COME ENTITA' ASSOLUTA IMMANENTE NELL'ANIMO UMANO...

Salve
#51
Citazione di: 0xdeadbeef il 17 Gennaio 2019, 20:10:57 PMCiao Federico Se ho ben compreso (mica facile...) la tua idea della morale è quella individuale, tipica della filosofia anglosassone. Cioè, se con quel termine, "morale", noi indichiamo la "condotta verso il bene", la specificazione si sposta su questo secondo termine, "bene", del quale sono dati essenzialmente due significati. Il primo è quello classico, che intende il "bene" come un qualcosa di "in sè" (in sostanza di assoluto); il secondo è appunto quello della filosofia anglosassone, che lo intende come "bene per me che lo penso" (relativo). In quel che scrivi, a me sembra appunto di rilevare questa tua preferenza per un "bene" come "ciò che tu pensi sia bene".
Inizio dicendo che il primo obiettivo del mio articolo non è di descrivere la mia morale ma chiarire delle definizioni di parole. 
Questa distinzione che fai del concetto 2 non mi sembra rilevante ai fini di definirsi in un modo o nell'altro, cioè morale (finalizzati al Bene, comunque questo sia determinato, oggettivamente o soggettivamente) o immorale (il contrario). Se io preferissi come dici tu il punto di vista soggettivo, o se preferissi l'altro, userei forse parole diverse? Non penso. Potresti eventualmente specificare che sei un moralista oggettivo o un moralista soggettivo!? No, diresti sempre che sei un moralista (ecco la definizione) e poi specificare la tua morale qual'è, in senso soggettivo o oggettivo come preferisci.
Il punto per me è capire l'altro concetto (il 3), che è diverso perchè non essere considerati tali (cioè essere amoralisti) significa disprezzare qualsiasi atteggiamento diretto verso il Bene (comunque esso sia determinato) e qualsiasi verso il Male.
Citazione di: 0xdeadbeef il 17 Gennaio 2019, 20:10:57 PMQuanto a Nietzsche io non penso affatto che egli intendesse "andare verso il male". Penso invece che la sua idea della moralità sia equivalente alla tua. saluti
Posso dare 3 livelli della mia conoscenza di Nietzsche: il primo dalla sola lettura del titolo detto "Al di là del Bene e del Male", favorevole alla mia idea. 
Il secondo, quello che risulta abbastanza evidente da una prima lettura è decisamente proponente odio, dominazione classista e razzista, attacco alle fedi moraliste (di tipo 2). Farebbe pensare al contrario, cioè che non è riuscito ad andare "al di là", si è semplicemente spostato in orizzontale. Ecco, nella mia prima fase di valutazione io credevo improbabile che fosse tutto lì, un grande pensatore doveva necessariamente riuscire ad elevare il proprio pensiero molto più in alto di quello che appare (io tento sempre di indagare oltre il livello dell'apparenza).
Per cui ero animato dalla convinzione che esistesse un terzo livello nel quale l'apparente parteggiamento per il Male fosse superato da un obiettivo superiore.
Purtroppo dopo una più recente rilettura questo livello non l'ho proprio trovato, ed il secondo che ho citato (quello sul quale si sono basati anche i tedeschi per la guerra, che leggendo questo autore non potevano certo cercare più in profondità, date le note limitazioni mentali in questo senso) costituisce la mia attuale valutazione, cioè lo vedo sullo stesso piano dei tedeschi (cioè molto in basso!).
Tu invece sostieni che proponesse, come me, proprio di superare il moralismo, e di condannare per questo il Male in modo drastico e assoluto? Non so, non credo, dovrei rileggere ancora, ma purtroppo non ne ho voglia!
Salve
#52
Salve, si usa spesso, perlomeno io lo faccio, questo concetto, ma ritengo che sia fonte di contraddizione non chiarirne la definizione.
Se in passato mi si chiedeva di definirmi morale o non-morale, potevo rispondere una volta in un modo, una volta nell'altro. Ma non perchè il mio modo di pensare sull'argomento fosse contraddittorio, o perchè esso sia mai cambiato nel tempo. E' la definizione, che è un po' ingannevole!

Elenco alcuni concetti esprimibili con parole che hanno nella propria radice il termine "morale":
1 - Moralità sessuale - Regolamentazione/richiamo alla limitazione della sessualità (non della passionalità: un ginecologo può fare cose molto più immorali);
2 - Moralismo - Richiamo a fare il Bene e disprezzare il Male;
3 - Moralismo - Atteggiamento filosofico che focalizza l'attenzione dell'individuo sul fatto che il suo pensare e comportarsi sia necessariamente Bene o Male, o meglio sulla necessarietà della loro esistenza;
4 - Ragionamento morale - Spazio filosofia che si interessa dei principi di ragionamento e comportamento.

Per quanto riguarda il concetto 1 e 4 non ci sono problemi a confrontarmi con l'argomento e non l'ho mai affermato di non essere morale. Anzi, forse oggi, con una maggiore maturazione, posso dire di essere tra i pochi "morali".
Il problema sorge invece per i due concetti centrali, e il terzo, quello che più mi interessa, non è probabilmente neanche considerato, anzi probabilmente chi sta leggendo, se lo ha capito, non gli dà la centralità che gli dò io.
La mia risposta tipica alla domanda se io fossi "morale" era che io sono "amorale", e questo non perchè avessi un istinto irrefrenabile a fare l'amore a letto (che comunque era vero), ma perchè usavo la definizione 3 (mia, personale) e non la 2.
Si dà il caso che, per la negazione del moralismo tipo 2, si usa correntemente il termine "immorale", per cui risulta implicito che "amorale" debba essere la negazione di un altro concetto.

Il mio concetto di amoralità (cioè disprezzo del moralismo tipo 2), è legato alla mia idea che la strada della perfezione sia quella che va "al di là del Bene e del Male".
Essa consiste nel non focalizzare l'attenzione sul Bene e sul Male, interiorizzarne la non necessarietà e la possibilità che nel mondo essi non esistano. La prima cosa per evitare questa strada (in cui uno dei due, se stimolato, produce quantità del suo opposto) è non essere ossessionati nè da uno, nè dall'altro. A mio parere il Cristianesimo è la religione più moralistica.

Personalmente, quando ragiono su argomenti morali, tendo ad evitare riferimenti al Bene come valore (Giustizia, Amore...) o al Male come disvalore (Razzismo, Persecuzione, Odio...), ma trovo altre strade per affrontare gli argomenti morali. Ciò vuol dire che da un lato non "propongo il Bene e disprezzo il Male" ma è assolutamente falso che "disprezzo il Bene e supporto il Male", che corrisponde al concetto di immorale.
La salvezza sta per me in un mondo dove entrambi gli opposti non esistono, non in un mondo dominato dal Bene, nè in uno dominato dal Male.

Equivoco su Nietzsche: com'è noto, un libro di questo autore si chiama proprio come un concetto-chiave del mio pensiero, quello che ho citato. In passato, sulla base di alcuni titoli e di una valutazione superficiale, sono stato portato a considerarmi un "fan" di questo autore.

Attualmente, dopo una valutazione migliore, considero che l'"andare oltre il Bene e il Male" per Nietzsche non significasse "superarli" come per me, ma "contrastare la legge morale che richiama al Bene e disprezza il Male".
Egli, stanco della legge e desideroso di libertà da essa, ha tentato la carta di ribaltarla, di ribellarsi ad essa sostenendo il suo contrario, l'immoralità, per essere libero.

Lo valuto molto puerile come tentativo, rispetto al mio, che è davvero un "andare oltre", mentre Nietzsche (e poi i tedeschi) non va oltre, va verso il Male, lontano dal Bene (senza poi riuscirci, ovviamente, tranne per il successo di avere ottenuto la libertà che cercava, ma nell'anarchia di oggi)!
In altre parole Nietzsche nega il moralismo di tipo 2, io quello di tipo 3, ecco l'equivoco in sintesi.
Salve
#53
Tematiche Filosofiche / Psicofilosofia: Risposta a Lou
15 Gennaio 2019, 08:35:23 AM
Citazione di: Lou il 14 Gennaio 2019, 18:12:48 PM
Citazione di: Federico Mey2 il 11 Gennaio 2019, 21:35:22 PM
Citazione di: Lou il 11 Gennaio 2019, 19:42:22 PMCiao Federico, l'idea e il sogno ^^ di "partire da zero" ...  mi risulta essere parte integrante del "pensiero filosofico occidentale".
...ma questo atteggiamento, che emergerebbe evidente anche da un linguaggio molto più semplice non l'ho percepito. ...
Capisco, sebbene parte del linguaggio filosofico nel PFO possa risultare ostico e, per questo ed altri aspetti, possa risultare controversa l'idea dello sguardo del bambino filosofo che permea il pensiero filosofico in oggetto, ritengo che, al di là delle numerose immagini e metafore che i filosofi ci offrono di questo sguardo, esso sia il fondamento che fa dellla filosofia filosofia e non altro, non religione, non esortazione, ma una strenua e incessante interrogazione nei confronti di sè, del mondo, di anima, dio a cui non da una ricetta, ma indica un percorso, questo sì, fornendo non risposte, ma educando a una autonomia di pensiero che non assicura forse i picchi spirituali dello zen o di delle religioni, il che forse rischia che a fronte di semplici intuizioni e curiosità che sfociano domande complesse, come quelle pongono i bambini, forse si esigono creazioni complesse.
Premetto che devo ancora maturare meglio il ragionamento, e non replico puntualmente alla tua osservazione.
La mia idea è che esista un atteggiamento mentale errato soprattutto in Occidente, e questo causa da un lato un errore di direzione dello sguardo, dall'altro la complessità immotivata. 
Lo definisco "ansia non frenata" di capire e di fare, dove ansia è connessa al concetto di "troppo" e quindi è un eccesso, un errore, una irrazionalità. Nel campo del "fare" si potrebbe iniziare un discorso lungo e piuttosto facile. 
Ma il problema è che esiste anche nel capire.
Bisogna andare a monte nella psicologia (e considerare anche che esistono differenze innate, non siamo in partenza tutti uguali, e la differenza può essere radicale: 0 o 1) per capire l'errore, dato dalla "pretesa" di capire, patologica, piuttosto che limitarsi a fare il "tentativo" di capire, elemento della filosofia sana.
La complessità, che mi sembra evidente, deriva anch'essa da questo errore psicologico di base.

Citazione di: Lou il 14 Gennaio 2019, 18:12:48 PM
Citazione di: Federico Mey2 il 11 Gennaio 2019, 21:35:22 PM
Citazione di: Lou il 11 Gennaio 2019, 19:42:22 PMesiste una complessità e una pluralità nelle filosofie, ma - forse - in ciò sta una certa ricchezza, una pluralità di sguardi.
Ho una certa contrarietà al pluralismo, se uno sta cercando la propria direzione, questa deve essere una, altrimenti, come si dice comunemente "non si crede in nulla". Ed è questo il problema di oggi.
Come "si dice" è interessante, forse come "si" dice però forse non individua la domanda filosofica: il punto è in cosa credere? Perchè le credenze sono necessarie? Il pensiero è credenza?
In cosa credere? (1a domanda). Non è credere che la terra è piatta o rotonda, e neanche l'avere il tesserino di appartenenza ad una Religione. Il concetto che ho usato di "credere" significa avere delle finalità esistenziali, spirituali (e non soltanto materiali), avere individuato una strada da percorrere. 
"Credere" non è necessario (2a domanda), infatti si può vivere avendo sole finalità materiali, cioè nell'economia, nella politica e anche nella religione (che spesso serve a dare una apparenza di spiritualità ad un sistema mentale totalmente materialistico). Ma chi vuole "elevare" il proprio pensiero, e il filosofo dovrebbe fare questo per definizione (anche colui che è veramente religioso), dovrebbe credere, cioè avviare quel processo mentale che lo porta a determinare fini e valori. 
Quindi dal mio punto di vista il livello di pensiero più elevato è credere (3a domanda).
#54
Citazione di: everlost il 13 Gennaio 2019, 21:02:59 PM
Citazione
Il principio fondamentale è la ricerca della Perfezione. L'idea è che la Perfezione esista, è possibile, in antagonismo con altre teorie psicofilosofiche (ad esempio il Cristianesimo), per le quali è irraggiungibile, non esiste. Per raggiungerla, la strada è semplice: si parte dal nulla. Nel nulla non c'è notoriamente nulla, quindi non c'è l'errore, quindi è perfetto (così ho anche dimostrato anche che la perfezione esiste!).


[/pre]
Buonasera Federico. Il ragionamento che fai a riguardo della Perfezione (che io ritengo inesistente ma non per motivazioni religiose) non mi convince molto. Secondo me, se siamo sicuri che nel nulla non c'è errore, d'altra parte non c'è e non ci può essere per definizione nient'altro, quindi come si fa ad affermare che lì c'è la perfezione? O che ci sia qualsiasi altra cosa? Nel nulla non c'è nulla, quindi il nulla non può essere né difettoso né perfetto. Secondo me tu utilizzi due concetti non omogenei mettendoli sullo stesso piano: mentre l'errore ha sempre valore relativo, la perfezione invece, volendo, può essere considerata assoluta intendendola come lo stadio più elevato di qualsiasi qualità che non può essere superato in alcun modo.In altri termini, per esempio potremmo dire che nel bello non c'è il brutto, Non sempre dove non c'è bruttezza c'è bellezza (chi cerca moglie o marito lo sa, ma lo sa anche, banalmente, chi acquista un oggetto al supermercato e pure chi legge una poesia o ammira un dipinto). 
Ciao Everlost! Forse si annida un discorso filosofico importante nelle nostre due diverse posizioni, al momento non so affrontarlo bene, ma si può procedere comunque! 
Io non mi interesso molto a definire per il gusto di farlo il concetto di perfezione, ma di essere in grado di spiegare il funzionamento della mente, la sua capacità di non contraddirsi. 
La psicofilosofia per me è questo: una disciplina rivolta a sapere cosa pensare e fare, non un sapere fine a sè stesso.

Io definisco la perfezione come assenza di errore: 1+1=2 è un ragionamento perfetto, e io non ho niente da dire. 
0+3=2 è sbagliato, te lo devo far notare. 
Se invece non hai ancora iniziato a fare i conti, io non ho niente da dire, resto in attesa e basta.
Citazione di: Federico Mey2 il 12 Gennaio 2019, 11:20:28 AMla Psicofilosofia non si occupa di ciò che è, ma di fare, decidere. E' il software del pensiero. Bisogna interessarsi del funzionamento della propria mente, nel senso di come agisce, io mi dico spesso: chiedersi quali sono gli schemi mentali dell'individuo. Il nulla dovrebbe essere quindi assenza totale di software: in realtà non è proprio così, diciamo che c'è il sistema operativo...la predisposizione cioè ad assumerli. La perfezione è un concetto che collego con la semplicità, l'ottimalità di questo software, e potrai contestare l'imprecisione di questa idea, ma sono anche convinto che non è necessario, se ci si rende conto di cosa stiamo parlando in effetti, cioè di psiche, della vita. Un esempio di imperfezione è una regolamentazione (in questo consiste il software) che dica all'individuo: ci sono 100 alberi di frutta, puoi mangiarli tutti, ma il 24° no! Questo è evidentemente una complicazione inutile alla semplicità della vita
Quello che invece sarebbe importante capire meglio, per me, sono le fasi successive a quella iniziale del nulla, cioè come più precisamente la mente umana è in grado di affermare che un'evoluzione dello schema (software) che ha in testa lo faccia restare nella perfezione (ovvero nell'assenza di errore, di contraddizione) oppure sia imperfetto.
A livello intuitivo sono convinto che questa distinzione si possa fare in modo perfetto e coerente, ma spiegarlo non è facile. Il punto di partenza è credo il fatto che esista uno schema di partenza (dopo il nulla cioè l'assenza di schemi) che è la Natura, le sue leggi. Le successive evoluzioni devono essere in ARMONIA con essa. E' un discorso che devo maturare meglio, nel tempo.
Ma ancora una volta, non è necessario, perchè nell'umanità l'imperfezione è di casa, perchè nella gran parte dei cervelli esiste un spazio caotico importante che porta ad un disequilibrio psicanalitico che è un terreno ideale perchè anche a livello sociale, in molte ideologie, si riflettano quei disequilibri.
L'errore cioè è evidente, non serve molto preoccuparsi della precisione nel capire cosa è perfetto e cosa non lo è.

Purtroppo non credo che mi sono spiegato bene, ma riferirsi al parallelo mente-computer (e suo software) è la cosa migliore. 
D'altro lato è opportuno, per capire la mia Psicofilosofia (che è disciplina che mira a definire le finalità e che cosa si deve pensare e fare), ma anche per vivere meglio, smettere di farsi i classici problemi fini a sè stessi, che come ho detto nella presentazione dell'argomento (nella sezione filosofica) si risolvono in un modo di ragionare estremamente contorto e poi non sono di nessun sostegno alla vita e all'umanità.
#55
L'amore per me è un sentimento di apertura e positività verso l'altra persona che consiste, quando lo si matura,nella fissazione di princìpi di ragionamento e comportamento che vengono posti alla base della relazione con essa. 

Esistono però almeno due livelli 
in cui questa "struttura direttiva" del proprio confronto con l'altro si forma.
Il primo lo chiamo "psicologico";  essa vive ad un livello conscio e comprensibile, e probabilmente è l'unica quando la relazione è più superficiale.
L'altro lo chiamo "dell'Anima", è meno conscia e comprensibile, e i Valori che si formano in essa sono "sentiti" più in profondità, anche se ciò non vuol dire che siano più considerati, e molti, i materialisti (coloro che vivono senza avere riflettuto sulla propria Anima), tendono ad agire sulla base del solo livello psicologico (ritrovandosi poi dentro di sè uno spazio oscuro che poi cercano di "coprire" come possono, contraddittoriamente, e vivono nell'irrazionalità).

Una questione con fondamentali conseguenze psicofilosofiche, morali, teologiche deriva, prima che dal chiedersi "da dove viene", dal capire "dove va".
Cioè potremmo indirizzare questo sentimento a una persona, possibilmente dell'altro sesso, o all'estremo opposto, indirizzarlo verso tutti (come consiglia il Cristianesimo).
E ci sono tanti altri casi intermedi, sia di categorizzazione più dettagliata, sia della qualità della sua intensità. 

Comunque se sapessi da dove viene sarei già lì ad aspettare che esca!!!!!
#56
Tematiche Spirituali / Re:critica all'etica cristiana
13 Gennaio 2019, 17:37:23 PM
Riassumendo, l'etica cristiana si fonda sul Bene assoluto, destinato indifferenziatamente a tutti gli umani reciprocamente.

Essa non è basata però sull'elemento psicologico dell'empatia (infatti viene disprezzata la morte non sofferente, e non c'è repulsione per la sofferenza animale), ma sulla sofferenza. E' quindi in fondo basata sul masochismo, piacere della sofferenza.
Essa non colpevolizza chi eventualmente la pensa diversamente e attacca l'ideale di fondo dell'ideologia stessa (il Bene assoluto). Chi lo fa infatti può comunque essere "salvato".
Essa propone che il Bene sia destinato agli altri indifferenziatamente e infinitamente. Ciò distrugge molti Valori, primo tra tutti la Famiglia, che si basano su un preciso ordinamento (presente istintivamente nell'umano) nella destinazione degli istinti affettivi.

Conseguentemente, se portato agli estremi può realizzare:
Se tutti accettano debolmente l'ideologia, un mondo ideale di Bene assoluto privo però di molti Valori umani, cito sempre la Famiglia.
Se qualcuno non è d'accordo, un mondo pessimo con immoralità dilagante e sempre senza Valori.
In un caso intermedio, con una morale non portata all'estremo:
Un mondo fatto di contraddittorietà dilagante e una fede superficiale e non assoluta.

Salve
#57
Citazione di: Freedom il 12 Gennaio 2019, 20:26:23 PMCosa sono per te le finalità spirituali?
Allora ti faccio esempio di finalità materiali: quella prevalente oggi, l'utilità individuale e collettiva, oppure nel passato estendere il proprio territorio nazionale più possibile, o difendere il proprio territorio, o fare il Bene, o il Male...
Si entra in uno spazio spirituale quando si mette in discussione la finalità materiale che solitamente è predefinita per l'individuo dalla società in cui esso si trova a vivere. Insieme a questa riflessione si discutono anche i princìpi...
L'elemento finale, ultima conseguenza di questa riflessione può essere una nuova finalità materiale, ma non c'è un collegamento diretto ad essa, è soltanto la foce del fiume della riflessione. 
Forse per farsi capire meglio potrei parlare di "finalità materiali" e, invece di "finalità spirituali", di "riflessione spirituale sulle finalità".
#58
Citazione di: Freedom il 12 Gennaio 2019, 12:40:01 PM
Citazione di: Freedom il 11 Gennaio 2019, 23:06:09 PMPuoi dirmi, anche in estrema sintesi se ti è possibile, quali sono le tue finalità, i tuoi valori ed i tuoi principi?  Quindi cosa intendi decidere? Come ritieni funzioni la tua mente? 
Allora, le prime due domande sono personali, non mi sembrano opportune per un forum di Filosofia. 
Per la terza, è molto ampia, è difficile rispondere! Rifaccio il parallelo umano/computer: si ragiona e agisce secondo schemi/software, che sono definiti normalmente dalla società (non da qualcuno o da chi ha il potere, ma dal potere d'influenza dell'intera società) e allora si resta materialisti, cioè ci si limita ad "eseguire". 
Oppure, data la capacità dello speciale computer-uomo di auto programmarsi, se lo si fa in autonomia dall'influenza della società, allora si resta sè stessi, si ha in mano la propria anima e ci si può dire spiritualisti.
#59
Citazione di: Freedom il 12 Gennaio 2019, 12:45:18 PM
Citazione di: Federico Mey2 il 12 Gennaio 2019, 12:00:53 PMSì, effettivamente ho dato per scontato cose che ho in testa. Si tratta di una specie di mito platonico mio. La mente di ognuno, il suo pensiero, è un palazzo a 10 piani. Anche il "pensiero" della società lo è, funziona parallelamente a quello dei singoli. Su ogni piano dei palazzi si svolge un "gioco di società", ci sono regolamentazioni, un linguaggio... Ma principi e finalità del gioco sono definiti al piano superiore. Si tende a "giocare" su un unico piano, eventualmente si sale di qualche livello, ma senza mai cercare di raggiungere l'ultimo piano, che è speciale. Quello è il piano che io chiamo "dell'Anima", dove si definiscono finalità e principi sulla base dei quali si deve "giocare" ai piani sottostanti. Vedo la società di oggi fatta da palazzi in cui si "gioca" ai piani inferiori e in cui nessuno ambisce a stabilirsi all'ultimo. Anche il palazzo della società non è interessata a esso: si guarda in basso e, posto che tutto sembra funzionare, non è necessario farlo.
All'ultimo piano c'è quello che qualche economista definisce l'1%. Cioè quelli che comandano ed i loro esecutori. Lo scopo principale del comando è mantenere i privilegi accumulati nei secoli.
No, non è ciò che intendo io. Per capirlo, elimina il "palazzo" della società, e pensa soltanto a quello individuale. L'economia e il materialismo non ti permettono di "guardare in alto". Quando hai riflettuto così, magari, pensa anche alla società e dove essa guarda: ma non c'entra il potere, non mi riferisco a quello. Bisogna ragionare in modo non materialistico per capire certe cose: ci sono finalità materiali e finalità spirituali: le seconde sono superiori, ma oggi non sono considerate, non ci si riflette.
#60
Citazione di: Freedom il 11 Gennaio 2019, 23:21:23 PM
Citazione di: Federico Mey2 il 11 Gennaio 2019, 21:35:22 PM
Citazione di: Freedom il 11 Gennaio 2019, 18:38:42 PMMa tu Federico Mey2, esattamente, cosa stai cercando? Dove vuoi rivolgere lo sguardo?
Mi sembra di avere già indicato il mio concetto di Anima, data dalle mie finalità più i miei principi, valori.
Scusa se insisto ma ho capito solo che ne dai una valenza socratica che è poi stato il primo a definirla. Sarà un mio limite ma non avverto una base solida da cui poter partire.
Non so esattamente la definizione socratica. Come ho scritto anche nell'altro forum, non è importante la parola Anima, potrei chiamarla anche Fede, o Maturità...
Citazione di: Freedom il 11 Gennaio 2019, 23:21:23 PM
Citazione di: Federico Mey2 il 11 Gennaio 2019, 21:35:22 PMSto cercando quello, l'ultimo piano del palazzo, quello dove si decide
Non ho capito.
Sì, effettivamente ho dato per scontato cose che ho in testa. Si tratta di una specie di mito platonico mio.
La mente di ognuno, il suo pensiero, è un palazzo a 10 piani. Anche il "pensiero" della società lo è, funziona parallelamente a quello dei singoli. Su ogni piano dei palazzi si svolge un "gioco di società", ci sono regolamentazioni, un linguaggio... Ma principi e finalità del gioco sono definiti al piano superiore. Si tende a "giocare" su un unico piano, eventualmente si sale di qualche livello, ma senza mai cercare di raggiungere l'ultimo piano, che è speciale. Quello è il piano che io chiamo "dell'Anima", dove si definiscono finalità e principi sulla base dei quali si deve "giocare" ai piani sottostanti.
Vedo la società di oggi fatta da palazzi in cui si "gioca" ai piani inferiori e in cui nessuno ambisce a stabilirsi all'ultimo. Anche il palazzo della società non è interessata a esso: si guarda in basso e, posto che tutto sembra funzionare, non è necessario farlo.