Mi sembra superfluo e un po' fuori tema ricordare qui tutte le caratteristiche di unicità della filosofia greco classica occidentale, sappi comunque che non credo che "tutto sia filosofia", credo nella specificità della filosofia come metodo.
Credo anche che l'afflato etico, eudaimonistico, politico e tecnico della filosofia sovrasti di gran lunga il suo afflato "epistemico" e sia, in essa e per essa, molto più fondamentale. Per quanto il filosofo possa essere "tuttologo", la filosofia non è ricerca di conoscenza qualunque o fine a se stessa, è e resta ricerca di conoscenza utile alla vita, individuale e collettiva.
Vedere la filosofia come "epistemica" è una gran proiezione del moderno sull'antico, nel senso preciso che è (solo!) il capitalismo, l'unica società a poter valorizzare la conoscenza fine a se stessa, e quindi in cui la ricerca della conoscenza fine a se stessa è (perfettamente!) razionale. Il capitalismo, fa i soldi pure dai parchi giochi, diseneyani e scientifici e quindi ri-razionalizza a posteriori l'infinità dei possibili atti conoscitivi afinalistici, e finanche voyeuristici umani, i quali sono follia e squarcio quantomeno problematico sulla follia per pressoché tutte le altre umane forme di società, dai Maori alla Grecia antica. Le quali, necessariamente fanno una cernita, tra conoscenze utili e inutili. A loro, per quanto pure loro abbiano delle elites sociali o intellettuali e si sforzino di entrarci, nessuno li paga, per gigioneggiare all'infinito e verso l'infinito in un parco giochi. Se guardano intorno, vedono che neanche il Faraone o l'Arconte, lo fa. Ecco: la filosofia è molto di piu' l'arte di questa continua inevitabile cernita, piuttosto che essere tecnicamente o specificamente epistemica. Conoscenza del bene, del bello, dell'utile eccetera.
E quindi, la filosofia nasce come antireligiosa, ma, inevitabilmente, tradendo se stessa, finisce per nutrire le forme e rilanciare le forme più ipertrofiche e tarde, della religione, come una sorta di metafisica di ritorno. Quando sei in grado di sostenere e argomentare tutto, è inevitabile sostenere e argomentare paradisi artificiali e mondi a misura d'uomo. Il canto del cigno eccetera.
Il teatro, la democrazia assembleare diretta, lo schiavismo come contro-etica del lavoro (la ricchezza compra l'agio di non fare un cavolo tutto il giorno non altra ricchezza), il maschilismo come sublimazione e subordinazione della donna, la società pre-scritturale e dell'oralità, la pederastia come amore non familistico e frammentazione sociale dell'autorità paterna, la logica come anti sofistica in un agone politico reale e non come automazione del linguaggio e del pensiero sono i principali presupposti, della forma di vita specifica della filosofia. Più ci si allontana, da tali presupposti, più la filosofia si avvicina al suo destino negativo/inevitabile, di diventare nutrimento paradossale per una religiosità consolatoria e nichilistica di ritorno. Infatti, il trauma della messa a morte del giusto, da ciò che non deve essere in assoluto ripetuto (Socrate, lo stato normale, e formalmente iniziale, della filosofia) diventa ciò di cui è interiormente e esteriormente auspicabile la ripetizione infinita (Cristo, il suo stato, invece, tardivo e delirante, che ne testimonia una diretta inversione, negli scopi e negli auspici generali, non gia' nel metodo, che per assurdo, anche stante l'inversione, degli scopi, resta invariato).
Non è possibile tornare alla realtà, e all'innocenza di una vita solo vigilante e vigile, dopo il sogno, così come non è possibile tornare alla filosofia, dopo la sua fase di asservimento totale alla religione. Forse, non è neanche auspicabile, ma non è questo il punto. Quello che di buono e di salvabile ci insegna la modernità, soprattutto scientifica, socialista e cristiana, è la redenzione del futuro accettando di lasciare marcio e sofferente il passato, quindi, direi che tutto cio' fa segno ad una saggezza di fondo nell'accettazione dell'irreversibile che rimane valida, e affascinante, come traccia vuota, anche quando tutte le bugie della modernità siano state disilluse, dissolte e sbugiardate. Saggezza nell'accettazione dell'irreversibile, di cui non c'è traccia nello stato classico, ed iniziale della filosofia, e che quindi, ne indica, appunto, l'irrecuperabilità.