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Messaggi - paul11

#46


@niko
Alcune riflessioni sulla posizione di Niko , che giusta o sbagliata secondo i propri metri di pensiero , la trovo interessante poiché è al tempo stesso coerente e contraddittoria; le aporie fanno bene se sono abbastanza profonde.E poi quale pensiero non è in fondo contraddittorio?


Il Capitale non è un assoluto, gli sfugge il lavoro vivo e il desiderio.
Il desiderio di infinito


La posizione di Preve è partecipe della condizione umana e non segue il dettame marxista nel concentrarsi sull'aspetto economico sociale dove affiorano semmai le critiche( il capitale non è il totem, la lotta di classe identificandosi nell'operaismo è fallito), semmai pensa che la filosofia, come luogo di riflessione, possa suggerire come essere comunista oggi, riflettendo più sui filosofi classici . Se Hegel è un riferimento , per la prassi lo è di più Fichte, per Preve.


la sofferenza non finirà mai in quanto necessaria al divenire


C'è un qualcosa anche di Schopenhauer nel tuo pensiero, mi riferisco alla volontà e al desiderio.
Quando scrivi che il desiderio deve essere profondamente intimo e quindi senza intenzione, per cui il capitalismo è da accettare  per poter essere superato.


Non so se la natura sia davvero lo slancio verso l'infinito, per certi versi è accettabile se la natura è intesa a sua volta come il prodotto delle condizioni dell'universo che è mosso in un certo modo.
Sono d'accordo che il capitalismo sia la forma migliore apparsa nella cultura umana come prodotto dell'integrazione economico sociale nell'interpretazione uomo-natura. La durata storica lo giustifica concettualmente. Ma d'altra parte qualunque forma politica economica è giustificabile e anche vi sono popoli che non sono affatto capitalisti e vivono contemporaneamente all'occidentale.
Ciò significa che il capitalismo è figlio di una concezione socio culturale tipicamente occidentale ed essendo giustificata come miglio rapporto uomo natura, la sua verità teorico pratica sta nel come l'uomo tecnico occidentale abbia concepito la prassi. Quindi è giusta, sul piano analitico, la strada intrapresa da Preve, dove non è tanto l'aspetto economico ad essere dirompente in quanto a sua volta è dipendente dall'interpretazione culturale uomo natura.


Questa sete di infinito è tipicamente occidentale, non di tutte le culture.


E' vero che la parola non esaurisce l'entità, che sia un uomo o un'orchidea. La parola, non esaurendo l'entità delimita e confina quell'entità dal resto. La parola è l'attributo che ha posto l'uomo sul piedistallo della natura, non esaurendosi più nella natura, l' uomo diventa presuntuoso.


C'è un'originalità nel tuo pensiero, che è contraddittorio ma non lo è allo stesso tempo (è un'aporia?). Se l'uomo, inteso come essere intelligente, è il prodotto del processo naturale, tutto ciò che fa l'uomo è secondo natura ,in quanto lo prosegue venendo dalla stessa origine.
Personalmente sostengo che proprio questo concetto sia lìaporia del fondamento occidentale  che è venuto alla luce nella modernità. Essendo coerente, poiché è assurdo pensare che l'uomo sia contro natura se si origina dalla natura, quella stessa intelligenza che emerge  è coerente con la natura.


Le ciclicità naturali sono dipendenti ed interne all'universo, salvo dimostrare scientificamente che anche l'universo è ciclico. La morte dell'universo sarebbe una contraddizione alle leggi attuali della termodinamica, poiché energia e materia non potrebbero svanire nel nulla.


Mi pare che questo slancio verso l'infinito sia contraddittorio, al posto di infinito, termine inconsistente  trovo migliore indefinito. L'infinito non ha limiti, quando sembrerebbe che tutto nell'universo tende ad avere limiti. Ed essendo troppa l'energia e la materia nell'universo, le condizioni che definiscono morta e vita, trasformazione, sono indefinibili più che infiniti.
Un universo infinito presupporrebbe una infinita e continua creazione ex nihilo di energia e materia.
Personalmente ritengo che la natura, intesa come vita vegetale e animale è contraddittoria con il dinamismo della vita inorganica universale. La vita, per vivere, ha necessità di scambi esterni di energia, produce e secreta energia per costruire i propri costituenti interni, per cui la vita ha necessità di energie esterne a date condizioni(temperature, pressioni); ciò che un inerte, un sasso, un meteorite, una cometa, non ha necessità. Se gli inerti inorganici soggiacciono alle condizioni delle forze interagenti ( nucleari, gravità elettromagnetismo) per la vita organica le condizioni di vita aumentano e diventano problematiche nel momento in cui si differenzia e diventa ecosistema.
Per questo non ritengo assimilabile la natura all'universo ( se inteso come energia e materia), ma semmai dipendente in seconda istanza: quindi la natura è un sottoinsieme dell'universo che può apparire solo a determinate condizioni che l'universo pone; quindi la natura è a sua volta un emergere dalle forze universali che lo governano.


edonismo di un godimento cieco o allo stoicismo di un esercizio vano della virtù.
Penso che sia la condizione umana fra i due estremi, ma proprio come interpretazione della vita all'interno di uno spazio/tempo. Non esserlo semmai è acefalo e almeno per due buoni motivi che se vengono negati si entra in contraddizione. Il primo è che l'uomo è da sempre così: il secondo nasce dal fatto che se si accetta che l'emergere di un'intelligenza da parte della natura in un essere chiamato uomo è la continuità naturale, la contraddizione umana allora è parte della contraddizione della vita stessa come genesi universal, compreso l'istinto di sopravvivenza. Poichè tutto, i dipendenti sotto insiemi, sono parti dell'universo.
Il senso di infinito quindi ne sarebbe una chimera.




In un concetto accettato come naturalismo è coerente pensare al desiderio come forte motivatore per la felicità, per cui in effetti è altrettanto coerente pensare che il capitalismo ne sia la manifestazione sociale in mimesi della natura. Coerente come significato logico non come giudizio di valore. E' quindi altrettanto coerente, ma sempre privo di giudizio di valore(giusto sbagliato come impianto filosofico), pensare che essendo l'uomo originatosi della natura, l'uomo culturale tecno scientifico sia la continuazione del procedimento ,nel processo storico naturale posto dalla sessa natura essendo appunto l'uomo originario secondo natura.


La natura e la mimesi economico sociale ,il capitalismo, hanno ,come precedentemente scritto, necessità di scambi energetici continui con l'ambiente esterno : quindi sono strutture finite nel momento in cui esistono condizioni affinché possano svilupparsi così come  la vita ha necessità di sviluppo e trasformazione di energia dato un sistema ambiente in cui prolifera. Un'entità naturale non può fermarsi


Invece, se si sposa la tesi generale di quanto scrivi, guerra e competizione sono proprio il movimento necessario affinché la vita abbia continuità intesa come natura, lo è quanto la necessità di una malattia in un corpo sano. Perchè quel corpo non è nato per la vita, ma per trasformarsi in energia e materia continua al riciclo naturale rigenerativo( qui sta una delle ciclicità naturali).
Noi possiamo dire sano se esiste la malattia, possiamo dire pace, se esiste guerra, possiamo dire cooperazione se c'è competizione. I contrari esistono o non esistono proprio perché  le parole abbiano a significare qualcosa. Dico quiete se c'è anche inquietudine ( e viceversa).


La volontà di potenza umana è nel qui ed ora, non nel divenire. Se si accetta che l'uomo è totalmente natura ,è solo all'interno della propria esistenza che è necessario agire, poichè la propria finitudine è dichiarata dalla stessa natura. Che questa volontà sia inane rispetto alla ben più forte natura, perché da quest'ultima dipendente, è coerente; quindi non contraddice, ma conferma.




Non si capisce, chi accetta o inalbera il termine libertà, da dove possa originarsi se si accetta che l'origine umana sia natura? O è contraddittoria o è interna , daccapo, alla natura che ha originato l'uomo. Detto in altri termini: se l'uomo ha origine dalla natura, o l'uomo è uno scherzo di natura, in cui la natura si diverte a creare un essere intelligente contraddittorio , per cui il credere alla libertà è una fatua volontà che nulla può sulla natura che lo ha originato, oppure l'uomo non è solo natura e allora cade il capitalismo, ma insieme al marxismo.


Mi trovo d'accordo sul ragionamento che contempla il comprendere e accettare il passato per poter cambiare il futuro, è simile al pensiero di Giorgio Agamben sull'archeologia.


Penso che non vi sia nel passato nulla di totalmente appagante da smettere la volontà di potenza, questo è lo scherzo di natura del destino umano, è indeterminabile una verità tale da appagare la sete di volontà. Amare il passato ed esserne appagati, significherebbe aver scoperto la verità storica della costante naturale umana e cedervi, non farvi più inutile resistenza.


C'è ancora un forte soggettivismo di stampo moderno, un protagonimo che non può essere cedevolezza se si desidera accettare il passato e poter cambiare l'uomo in-attuale e con esso il futuro. L'uomo è fiero della sua incompiutezza, e lancia continue sfide; quindi accetta la storia passata solo come contraddizione per arrogarsi la presunzione di  essere migliore oggi rispetto al passato: esattamente il contrario di ciò che pensi.
Questo soggettivismo narcisistico e megalomane dei pensatori moderni  sarebbe una delle prime cose da debellare.
#47
Tematiche Filosofiche / Il tempo "percepito"
22 Settembre 2021, 13:29:53 PM
 Detto in metafora, il tempo fisico è un metronomo che aiuta a collocare eventi dentro una storia che scorre; la percezione, in termini di coscienza , è la capacità di presentificare, seppur dentro il metronomo fisico( perché anche pensare dura un  tempo, anche parlare dura un tempo) eventi passati e futuri. Ma laddove gli eventi storicizzati fisicamente dal metronomo hanno avuto anch'essi percezioni di coscienza. Il che significa che l'emotività, la psiche, insomma la coscienza ha la capacità di riemozionare il passato nel presente e dare al futuro presentificato (mentre daccapo il metronomo continua a battere  il tempo fisico) un'emozione dell'ora e adesso pensando e quindi presentificando il futuro.
Il tempo nella coscienza ,per usare due termini di Bergson , ha durate e simultaneità che non appartengono al tempo fisico, essendo quest'ultimo neutro. Per cui il tempo di una giornata essendo vissuto prima di tutto dalla coscienza , ha durate inferiori, superiori o uguali a quello fisico.
#48
Tematiche Filosofiche / Prima e dopo il BIG BANG!
20 Settembre 2021, 16:18:25 PM
 Se ogni cultura ha una cosmologia , c'è un motivo e questo è indipendente dal grado di conoscenze tecnico scientifiche.
Questa motivazione è spiegabile con il semplice fatto che l'uomo sa di essere assoggettato e dipendente dalle condizioni naturali, oggi diremmo anche risorse, e celesti (inteso come moti dei corpi celesti).
Questi moti .lo avevano notato gli antichi, basterebbe studiarsi un po' di archeoastronomia, erano ciclici. Le stelle, e gruppi di stelle, comparivano all'orizzonte con le stagioni. Il tempo quindi era ritenuto più ciclico che lineare come lo intendiamo oggi.
Alle cosmologie erano affiancate le cosmogonie, dalla trimurti induista, al pantheon greco e altri.
Cronos era il titano del tempo per gli antichi greci.


In astronomia e astrofisica non si utilizza il tempo terrestre e spesso si collega il parsec o l'unità astronomica che sono parametri di misurazione dello spazio  per relazionarli al tempo (perché la velocità è data dallo spazio/tempo). Il nostro tempo terrestre è relazionato al moto di rotazione e rivoluzione, così che ogni pianeta ha una durata giornaliera e annua tutta sua.


Il sincrotrone del Cern di Ginevra, dove si è scoperto il bosone di Higgs (era solo da trovarlo sperimentalmente ,confermando la teoria della struttura atomica), è da considerare come il tentativo sperimentale di regressione verso il tempo del Big Bang. Per far questo è necessaria moltissima energia , per questo si fabbricano sicrotroni sempre più potenti, perché ritornando indietro nel tempo, sviluppando quindi sempre più energie,  è possible scoprire particelle.
Paradossalmente significherebbe che per tornare al tempo zero del Big Bang bisognerebbe utilizzare tutta l'energia ( e materia) che si è espansa nel tempo .nell'universo.


L'altro paradosso scientifico , stante alle attuali teorie, è da dove è arrivata tutta l'energia che ha prodotto questo universo? Vale a dire, se al tempo zero tutto l'universo che oggi vediamo era racchiuso in una capocchia di fiammifero, c'è da immaginarsi con quale densità, non solo da dove veniva l'energia, ma anche cosa ha prodotto "l'innesco". Se si studia gli infiniti attimi in cui compaiono le quattro forze interagenti (nucleare forte, nucleare debole, elettromagnetismo e gravità), vediamo che non sono contemporanei, la luce del fotone del Big Bang non è immediata con il Big bang, appare un "attimo" dopo. Il raggio d'azione delle quattro forze interagenti non è identico, è ovvio che quella nucleare è a cortissimo raggio, mentre quella gravitazionale è a larghissimo raggio.


Il punto filosofico è che la cosmologia scientifica non ha  preso il posto del mistero dell'universo nella sua creazione e formazione. Non ne ha svelato il mistero, come non ha svelato il mistero della vita. Il tempo, più ancora dello spazio, rimane anch'esso una derivazione misteriosa nella creazione dell'universo. Ed è chiaro, almeno per me, che creazione, vita e tempo rimangono contenuti filosofici  fondamentali per la costruzione di una filosofia e cultura.
Il modo infatti in cui le diverse culture interpretano creazione, vita e tempo costituisce il senso della propria cultura, bella o brutta, piacevole o disdicevole che possa sembrare.


Il processo scientifico tecnico occidentale, ha "desacralizzato" (non solo in termini teistici) questi tre fondamenti, ha teso a separarli dal soggetto umano che più che osservatore è vivente, nel senso che vive il mistero della creazione, della vita e del tempo inesorabile.


Dalla modernità ad oggi la creazione è divenuta la grande X, l'incognita a cui facciamo a meno di sapere, in quanto non è necessario, così si ritiene, tentare di spiegare : si vive ugualmente. La vita  è divenuta nella complessità culturale un concetto quasi più medico giuridico ,che non filosofico.
Giorgio Agamben spiega il passaggio di come già dal diritto romano, preso dal diritto canonico, la "nuda vita" è un concetto diverso dalla vita all'interno della società giuridica : tant'è che divide i due concetti di zoe da quello di bios. Essere banditi dalla società giuridica ,significava essere possibilitati ad essere uccisi. Se  si ragiona attentamente, si capirà cosa significherà giuridicamente medicina oggi, salute pubblica, e del perché possono contrastare la libertà. La scienza non ha potere giuridico , ha necessità che passi da quest'ultima e che il politico di turno decida. Il tempo che batte lo scandire del nostro fare, perso ormai nella società  prima e post industriale , lo scandire del dì e della notte delle società agresti , è velocità e durata più che tempo lineare, è vissuto nel rincorrere  le faccende che non più la natura poneva, ma che pongono il lavoro, le problematiche domestiche, i problemi istituzionali, i calendari fiscali ,ecc.
Il numero dei problemi che la società pone, forse sono anche maggiori di quelle di un tempo.
Questo uomo post moderno occidentale è quindi una particolarità di insiemi di fratture che non sono ricomponibili, perché gli manca il senso generale del riferimento sui tre contenuti. La vita è quindi interpretata come fenomeno termodinamico, un venire al mondo per poi decomporsi fisicamente.
E' sparito culturalmente il prima della vita e il dopo della vita, rischiando l'insignificazione della vita, dentro una cultura che ha oggettivato la vita stessa coni suoi corollari, fra cui il tempo.


Personalmente sostengo che tuto ciò nell'attuale uomo occidentale è allarmante come ricaduta dei concetti culturali dentro la vita come senso; si rischia l'indifferenza, l'insignificazione della persona.
Il valore della vita, intesa come particolarità esistenziale fisico-razionale- emotiva- sentimentale- memoria, svanisce . Questa cultura mortifica ci accompagnerà nel declino ,nel tramonto dell'Occidente, allorchè ed è già in atto, altre culture non occidentali ci supereranno.


Quindi le culture che hanno ancora una  cosmogonia, hanno ancora una identità e sanno relazionare creazione, vita e tempo e hanno una morale grazie a queste relazioni; le altre culture tecnico scientifiche e potenti in armamenti ,se vinceranno "fisicamente", tenderanno a decadere implodendo e frammentandosi sotto le spinte interne ed esterne al loro sistema.


Non vedo vie di uscita. Ho letto a suo tempo  la polemica proprio sul concetto di tempo fra il filosofo Bergson ed Einstein, che a suo tempo ho scritto in questo forum; così come il dibattito fra sordi fra il filosofo Severino e l'altrettanto, come Einstein  premio Nobel, Penrose.
Scienza e filosofia sono dicotomici su certi contenuti, come i tre che ho esposto.
#49
Tematiche Filosofiche / Prima e dopo il BIG BANG!
19 Settembre 2021, 19:50:41 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2021, 12:07:00 PM
Che la realtà esista solo se ha un senso è una paturnia squisitamente umana che ha più a che fare con l'essere umano pensante che con la realtà.  Il modo di pensare scientifico ha quantomeno il merito di essersi/ci tolta di dosso la zavorra delle causalità e teleologie metafisiche che meritavano una sana, occamistica, rasoiata.

Rimossa la zavorra finalistica metafisica rimangono aperte due questioni: appropriarsi di tecniche conoscitive sempre più accurate e decidere il senso da dare alla realtà.  Alla prima provvede la scienza, alla seconda, la filosofia. Dialetticamente interfacciate perché la crescita epistemica modifica il materiale della riflessione filosofica e la maturazione del pensiero orienta l'attribuzione di senso verso finalità qualitativamente più gratificanti impegnando la ricerca tecnoscientifica in tale direzione.

Tale dialettica è ideale perchè si deve tener conto dell'evoluzione reale della nostra specie e delle contraddizioni motivazionali, quindi di attribuzione di senso, al suo interno, ma metodologicamente funziona sempre, anche per vincere le guerre materiali e ideologiche che tali contraddizioni innescano.


I pensieri, come precedentemente scritto, attraverso l'osservazione umana, vengono dopo l'osservazione, e questo da sempre e anche in filosofia.
Bene altro è dire se un'interpretazione è corretta  o meno. E chi lo decide, secondo quale parametro?
Tant'è che anche la scienza, nonostante il tentativo poco credibile di costruire un metodo oggettivo, non fa altro che rappresentare e modellare. Non ci può essere una netta separazione fra oggetto e soggetto e descrivere il mondo come se fosse assente l'uomo.


Il senso è semplicemente dato dal funzionamento dell'universo che  tende a procedimenti e processi, di cui, spesso , non sono reversibili. O forse si riesce i a far vivere un morto, o forse a far ridiventare grappoli d'uva il vino. Non c'è bisogno di scienza da laboratorio, basta l'osservazione quotidiana, per capire che l'universo ha un senso di movimento.
C'è eccome un finalismo ed è altrettanto intuibile quanto il percorso di un vagito di un bimbo finisce nel rantolo di un'agonia e non è reversibile . Se non ci fosse finalismo sarebbe tutto legge di probabilità...qualche volta sarebbe possibile per qualcuno resuscitare e qualcuno dal vino trarrebbe grappoli d'uva. E invece gli animali superiori tendono a riprodursi in un certo modo ,così come i vegetali superiori e non  per divisione del corpo come in un protozoo. Tutto sta nel suo posto grazie alle condizioni di forze interagenti e di pressione e temperatura che dettano le condizioni ambientali


La scienza non fa altro che "prendere atto". Una mappatura di un RNA  di un coronavirus non  ci dice la dinamica delle sue mimesi , perché il meccanismo è sconosciuto su come tenderà ad evolversi,  non riusciamo nemmeno a predire come si evolve un virus.La dinamica del sorgere della  vita è altrettanto sconosciuta.


Non c'è nessuna crescita da dichiarare episteme, perché l'epistemologia moderna  ha uno strano asso nella manica, per barare, dicendo che ogni teoria scientifica è giusta se falsificabile. Ciò significa che la scienza non appura verità, ma solo teorie confutabili, Interpreta e fa opinioni, proprio come la miriadi di scritti di scienziati che in un anno e mezzo a questa parte non sanno cavare un ragno dal buco sul covid......mentre andiamo su Marte.


Basterebbe vedere il confronto che ci fu fra  fra Severino e Penrose, per capire che non c'è dialettica fra filosofia e scienza : sono due concezioni diverse.
Chi decide "l'evoluzione reale"? Così come la pandemia lo decide il politico.
#50
Tematiche Filosofiche / Prima e dopo il BIG BANG!
18 Settembre 2021, 14:27:19 PM
Citazione di: Kobayashi il 18 Settembre 2021, 10:49:56 AM
Riprendo una frase di paul "sui due livelli ontologici, quello della realtà e quello della mente", per fare alcune povere considerazioni filosofiche, che vanno al di là del tema proposto, ma essendo tale tema, l'origine dell'Universo, un tema limite, non mi sembrano del tutto fuori luogo.

Il senso comune, il razionalismo e la scienza sono d'accordo su un "dualismo naturale" secondo cui esistono due livelli ontologici separati e opposti:

- quello della realtà in se', del mondo oggettivo;
- quello del pensiero, della mente, il livello soggettivo;

Ora, il razionalismo era perfettamente consapevole del problema che il postulato dei due livelli comporta: bisogna stabilire un terzo livello, un super-livello che permetta l'incontro e la coordinazione dei due. Questo super livello viene individuato in Dio.
Nella filosofia cartesiana per esempio è Dio che garantisce la possibilità che i contenuti soggettivi della conoscenza siano realmente corrispondenti agli oggetti.
Nella scienza moderna il posto di Dio viene preso dallo scienziato, depurato però dalla sua umanità, e garantito nella sua visione oggettiva dal metodo scientifico (che porta alle stesse conclusioni a cui arriverebbe Dio). 
Nella vita comune invece abbiamo la tendenza a rifiutare di mettere continuamente in discussione l'istintiva ovvietà dell'esistenza di una realtà indipendente da noi, che poi noi stessi possiamo conoscere secondo livelli di profondità e rigore che dipendono dalle contingenti esigenze del momento.

Il razionalismo viene riformato dal criticismo di Kant. Ora la realtà in se' viene posta come inconoscibile. Noi del mondo possiamo conoscere solo le apparenze, i fenomeni. Le nostre rappresentazioni delle cose, regolate dai meccanismi intersoggettivi dell'intelletto, sono la conoscenza che si può avere del mondo.

Ma è chiaro che le cose non tornano. Quando dico che esiste una realtà in se', di fatto io lo sto appunto dicendo. È un pensiero, un contenuto del pensiero del soggetto.
Ogni volta che cerco di porre dei limiti alla conoscenza finisco cioè in questo paradosso: è già da subito il mio pensiero che stabilisce il confine. Il confine, e lo spazio di realtà pura che si staglia al di là di questo confine, è un pensato, un contenuto del mio pensiero.

Non si può uscire dal pensiero per indicare realtà in se', natura, mondo.
Non che con questo si voglia dire che la realtà non esiste e la nostra esistenza è una pura illusione mentale.
Si vuole dire invece che la natura è già da subito natura interpretata, natura per noi umani, natura pensata.

E le regolarità che la scienza dimostra? Certamente esistono, ma solo all'interno dell'unico livello esistente, quello dell'interazione pensiero-essere (espressione ambigua perché già rimanda al dualismo ingenuo istintivo, ma necessaria per capirci).
L'interazione pensiero-essere produce l'unica realtà di cui facciamo esperienza. Ciò appare evidente nella fisica delle particelle dove l'osservazione, la presenza del pensiero, determina in modo concreto la realtà di ciò che si sta osservando (la posizione e l'energia della particella osservata).
Nel mondo macroscopico questa dipendenza reciproca pensiero-essere non può essere evidenziata da una misurazione scientifica, ma è la conclusione ineludibile del lungo percorso filosofico dell'Occidente.
O mi sbaglio?


C' è una delucidazione storico filosofica da porre: fu addirittura nei presocratici ,chi ponendo il fuoco, chi l'acqua, chi l'aria o la terra,  a cercare i fondamenti naturali e   il movimento, la trasformazione era data da elementi contrastanti . Che poi oggi si è capito che elettromagnetismo funziona con un filo elettrico neutro e uno di fase e che se vi sono due poli, il catodo, l'anodo, il positivo e il negativo che permettono elettrolisi e magnetismo ,è base della fisica classica  ancora attuale.
E' la natura, il funzionamento dell'universo attraverso l'osservazione umana, al di là delle speculazioni filosofiche, che ci dice che tutto scorre ,si muove e si trasforma grazie ad una struttura, che è anche quella dell'atomo, dei legami polari delle molecole, che funziona tutto.
Il dualismo, i contrasti, i contrari, sono parte della regola universale, affinché quasi tutto tenda a mutarsi.


E' vero ciò che sostieni su Cartesio, ma con un altrettanto chiarimento, l'oggettività dalla modernità in poi viene  consegnata alle scienze naturali e fisiche. Ciò che proporranno dopo i razionalisti e dopo in modo dirompente gli empiristi (Hegel è un filosofo a parte...) è il tentativo di capire il processo gnoseologico, della conoscenza, dell'uomo che porterà alla psicologia empirica, alla psicanalisi di Freud, alla fenomenologia di Husserl.
Cartesio è quindi importante storicamente per aver scisso l'io cogito, il soggetto pensante, dalla realtà fisico naturale; con tutti i problemi conseguenti. L'io sono del criticismo kantiano, segue per certi versi il percorso cartesiano , ma prendendo anche la lezione degli empiristi, soprattutto di Hume. Se il noumeno kantiano rompe storicamente con lo spirito, con Dio , con la metafisica, ponendo il noumeno, significa che tolta l'oggettività della realtà indagata dalla scienza, tolta la metafisica .....rimane solo l'io sono; per cui deve inventarsi un imperativo categorico essendo la moral e non più fondata né su natura , nè su universali, né su Dio, ma solo su vuote parole prive di logica non essendo relazionate se non ad un moto banale interiore umano ( per questo sarà necessario riscoprire il termine psiche antico, che era l'anima, e darne una nuova definizione; la psicologia nasce proprio dalla spinta filosofica dell'indagine sul procedimento conoscitivo umano di stampo empirista).
La scienza prende il posto di Dio, solo nel ruolo succedaneo salvifico. Il medico sentenzia e se questa è sfavorevole....allora ci sarà eventualmente una preghiera a Dio. Il ruolo di Dio nella cultura non è stato totalmente consegnato alla scienza ,dispensatrice di doni tecnici, di ricerche, innovazioni importanti, ma proprio perché il metodo scientifco , o quel che ne rimane oggi, non può totalmente surrogare Dio, in quanto la scienza non può creare, può solo indagare, la scienza costruisce condizioni per trasformare, movimentare, ma la scienza non è la regola che governa l'unverso . Cercare di capire non è l'essere.
Un conto è dire che si vive anche senza pensare ad un Dio, un altro è cercare di capire come funziona l'universo.ed è lì, dalle cosmologie che necessariamente nascono domande su chi o cosa lo abbia generato, perché debba funzionare così, perché c'è la vita, perché ci siamo noi.
Quando  Eutidemo cita Hawking, ipotizzando un tempo ripiegato su se stesso ,prima del Big Bang, da scienziato ha necessità di capire cosa sia il tempo ed in termini ontologici, non come idea semplice derivata da altri fondamentali . Anche la teoria delle stringhe è una formulazione ipotetica del più minuscolo corpo atomico che vibra; ma proprio perché lo scienziato ha necessità di avere un fondamento fisico materico , e quindi rilevabile e dimostrabile. Le continue cacce a nuovi elementi della tavola periodica, al bosone di Higgs, sanciscono la via scientifica della dimostrabilità fisica che vince su ipotesi diventando teoria dimostrabile rilevabile.


La nevrosi umana della consapevolezza, da una parte, di essere una tale pochezza di una vita spazio/temporale rispetto ai tempi universali, rispetto ad una società, dove una persona muore e la memoria è qualcosa che svanirà ineluttabilmente,.. dove tutto scorrendo e muovendo e trasformando è già altrove, e la nostra presenza diventa indifferenza del mondo, perché il mondo manco si accorge di noi, pone l'uomo interrogativi esistenziali sul proprio scopo, se mai vi è, nella sua vita, nell'universo. Questo solo la filosofia può indagarlo, nessuna scienza o neuroscienza o cognitivismo.
Una delle cose che temiamo di più è l'indifferenza, il fatto di essere presenti, ma per il mondo, l'universo, la società, questa presenza in realtà gli è indifferente, questo "non servire a nulla" se non al grande gioco dell'universo dove tutto appare e scompare. Per questo è necessario che le relazioni siano significative e che abbiano senso.


Dici ben quando scrivi il dogma moderno dell'inconoscibile. Tutto ciò che non è dimostrabile sensibilmente è sentenziato come inconoscibile ( ed è in fondo il noumeno kantiano). SE i filosofi moderni si pongono sullo stesso limite scientifico fisico naturale, smettono di fare filosofia. Le loro frasi diventano linguistica che non è propriamente filosofia, la quale specula necessariamente sui fondamenti universali. Finisce il ruolo del filosofo , diventando un narratore come un romanziere.


L'inconoscibile, il limite dichiarato dalla scienza, è un limite fisico e non del pensiero, diversamente non vi sarebbe mai stato progresso tecnico scientifico.
Significa che uno scienziato è libero di ipotizzare, ma affinchè diventi tesi dimostrabile, deve seguire una metodica, osservare strumentalmente, replicare e dimostrare sensibilmente.
Il filosofo segue vie deduttive, che sono logico razionali, ma non dimostrabili sensibilmente dall'induttivismo scientifico . Quindi il filosofo va anche nell'inconoscibile ,dove ha posto il limite la scienza naturale e una certa filosofia a suo tempo.


E'ovvio che la separazione oggetto dal soggetto è  più una comodità che nulla ha a che fare con il processo conoscitivo. Se un senso del nostro corpo è colpito da un mondo esterno, come un fotone nell'occhio, c'è sempre un' interazione fra mondo e soggetto umano e mai una separazione netta.
Per cui anche lo scienziato interpreta gli esperimenti, semplicemnte esegue un metodo logico induttivo verificabile dai sensi umani.
Quindi è chiaro che è il pensiero interpreativo che ho dell'universo che mi fa propendere soggettivamente a pensarla in un certo modo. Allora signifca che ognuno avendo una sua intepretazione, la costruisce in base alle proprie esperienze  che ala fine sono dentro la sua mente.
#51
Tematiche Filosofiche / Prima e dopo il BIG BANG!
17 Settembre 2021, 19:01:08 PM
Citazione di: Alexander il 17 Settembre 2021, 11:26:17 AM
Buongiorno Paul11




cit:.non se ne esce dal "motore immobile incausato" scientificamente, essendovi scientificamente , direi più matematicamente, della pseudo-scienza (perché siamo ai confini se non oltre dalle dimostrazioni scientifiche), sono quindi d'accordo con Jacopus, per questo mi trovo d'accordo più filosoficamente che scientificamente che non può sorgere dal nulla l'universo. Forse, ed è interpretazione, solo qualcosa fuori dall'universo poteva generare l'universo. Ma il problema ontologico è relazionato al senso dell'universo , è attraverso quest'ultimo che si possono fare ipotesi sia scientifiche che filosofiche.



Ciò che mi manca è il capire veramente me stesso. Cosa mi serve conoscere l'origine dell'Universo? Il senso di limitatezza è nel conflitto interiore, nella disperazione e angoscia esistenziale. Il vedersi niente osservando i cieli è solo lo specchio del sentirsi niente dentro. Così è importante quello che devo fare, non quello che devo conoscere. E' nel mio fare che posso trovare la mia verità, che è verità per me. Trovare cioè l'idea per la quale abbia un senso, per me, il dover vivere e morire. A cosa mi servirebbe poter chiarire molti singoli fenomeni, se esso non avesse per me un significato più profondo? Se anche mi fosse svelato il significato arcano di ogni singolo fenomeno non dovrei forse chiedermi lo stesso che senso avrebbe per me?


ciao Alexander
Gli umani  non sono corpi estranei all'universo. In qualche modo, anche animale, mentalmente sentiamo interiormente armonie o stonature. Ma siamo noi che dobbiamo accordarci come le corde della chitarra , non l'universo. Il problema esistenziale è relazionato ai principi universali e devono essere dedotti, essendo tutto, compreso il sociale umano che è cultura ,soggiacente al piano universale in quanto l'uomo non può andare contro natura che ,a sua volta, appartiene all'universo.
Conoscere l'origine dell'universo significa capire cosa si può e non si può fare. La morale discende proprio dal senso degli universali, da cui dipende la vita naturale, in quanto quest'ultima sorge per determinate condizioni fisiche. Tutto all'interno dell'universo è metafora dello stesso universo, da quello che pensiamo, crediamo, agiamo; la nostra cultura ne è mimesi, metafora dentro la cultura e il sociale. La dialettica che cosa è in fondo se non il movimento dettato dai contrasti, dagli opposti, dai contrari? Penso che la conoscenza riduca il dado dell'agire dell'infinite facce, cercando una ragione di senso nell'agire stesso.
Ogni cosa dell'universo ha un verso, un senso ed essendo tutto dell'uomo metafora dell'universo, della natura in particolare essendo più vicina direttamente,  si impara. Per questo motivo ogni cultura ha una cosmologia. Ci deve essere prima un'interpretazione del cosmos affinchè sia statuita una cultura.
Forse il saper accettare è uno dei segreti della vita.

#52
Tematiche Filosofiche / Prima e dopo il BIG BANG!
16 Settembre 2021, 21:23:27 PM
 

@iano
Il fondamento universale non è ,nello specifico, il fondamento della scienza o della conoscenza, bensì il fondamento dell'universo attraverso cui l'intelligenza umana cerca di capire e spiegare.
Gli strumenti di misura, come la strumentistica che ispeziona l'universo, sono prolungamenti della sensibilità umana percettiva. L'aspetto mentale è in relazione con l'universo , di conseguenza la nostra conoscenza non può essere esente dalle due ontologie, mente ed universo.
La misurabilità è comunque influita dal tempo considerato o lineare o ciclico (personalmente sostengo entrambi) e questo è un concetto culturale umano interpretativo dell'universo.


Ma quando si dice che la natura è fatta di repliche, che fin dai tempi degli  Ari posero negli scritti gli yuga, come ciclicità del tempo,  perché è così?
Il vuoto: ma cosa si intende per vuoto? Il vuoto non è il nulla, sensibilmente diciamo vuoto un luogo, un contenitore privo di corpi fisici, ma il luogo, lo spazio, non è il corpo stesso in sé, è  altro,  ne è determinato, né è conseguenza. E' la mancanza o la presenza di un corpo che ci fa dire la che esiste lo  spazio .
La teoria del Big Bang sembra dichiarare che il tempo e lo spazio siano determinati dal movimento continuo di materia ed energia  e lo spazio è l'estensione in cui avviene questa espansione.
E'come una bomba che non ha un limite apriori spaziale, bensì sono le sue onde, quind la sua energia , che propagandosi formulano il limite spaziale. L'universo non ha  a sua volta un contenitore.


@alexander
non se ne esce dal "motore immobile incausato" scientificamente, essendovi scientificamente , direi più matematicamente, della pseudo-scienza (perché siamo ai confini se non oltre dalle dimostrazioni scientifiche), sono quindi d'accordo con Jacopus, per questo mi trovo d'accordo più filosoficamente che scientificamente che non può sorgere dal nulla l'universo. Forse, ed è interpretazione, solo qualcosa fuori dall'universo poteva generare l'universo. Ma il problema ontologico è relazionato al senso dell'universo , è attraverso quest'ultimo che si possono fare ipotesi sia scientifiche che filosofiche.


@ iano
un universo finito che ha un tempo e uno spazio già finito dall'origine? Presupporrebbe, mi pare, che  spazio e tempo siano ontologici e apriori all'origine dell'universo,essendo già prima o con il sorgere dell'universo già definiti, determinati nel loro limite spazio/temporale.
#53
Tematiche Filosofiche / Prima e dopo il BIG BANG!
16 Settembre 2021, 13:08:06 PM
 La teoria del Big Bang da la possibilità di avvicinarsi a  capire il tempo e lo spazio.
Il tempo è successione di eventi, di stati, lo spazio è dato da energia e materia(corpi fisici)..Se siano ontologicamente tempo e spazio e non derivati, è un problema millenario.
Così come esiste il fotone per l'elettromagnetismo, il gravitone per la gravità, vale a dire c'è una particella che determina elettromagnetismo e gravità e quindi ontologicamente esistono, per il tempo e lo spazio è assai più arduo sapere se esistono particelle. Se non esistono, sono derivati , sono effetti.
L'espansione e l'inflazione della teoria del Big Bang, dicono che le forze fondamentali, interagenti, modellano plasticamente il tempo e lo spazio in quanto interagiscono con energia e materia. Il tempo non è solo successione, movimento, scorrimento, c'è un tempo anche eterno, immobile. ( Per inciso non escludo a priori che si possa tornare indietro nel tempo) .C'è un tempo fisico convenzionale, c'è un tempo mentale come disse Bergson aprendo una polemica con Einstein, che necessariamente non coincidono.
Lo spazio è dato dall'energia e corpi fisici; fin dove vi è energia che si espande e corpi fisici, vi è spazio e che sia vuoto o pieno poco importa.
In fondo noi misuriamo tempo e spazio con parametri arbitrari, come in un gps che da la posizione in base a più satelliti, abbiamo necessità di parametrarci con più punti .......ma se tutto scorre, nessun parametro è veramente "fermo" per cui la misura è un pressapoco.
Tempo e spazio ci aiutano a orientarci.....ma pensando ad un malato demenza senile che non sa più orientarsi siamo daccapo, quanto è importante la relazione fra mente e fisica naturale e forse è proprio dal connubio che nasce l'esigenza umana di misurare tempo e spazio.


A me, personalmente, interessa più il senso che l'ontologia spazio/temporale. C' è una sorta di finalismo , di entelechia filosoficamente. Per cui a mio parere la domanda è il perché l'universo doveva essere necessariamente  in questo modo e non in un altro; quindi, anche, che senso ha la nostra esistenza ai fini universali.
#54
Tematiche Filosofiche / La verità
12 Agosto 2021, 12:11:18 PM
 @viator
A volte sei s-confortante...... significa o non leggere bene o non capire.


Che si riduca all'infinito un qualcosa che è generato da qualcosa, che a sua volta  ha generato.......non cambia proprio un fico secco. Qualcuno , o qualcosa ha iniziato, PER PRIMO, a generare.
Se non fosse cosi trovami una giustificazione logica della generazione dell'universo .


Avevo scritto che la verità assoluta e incontrovertibile, l'unica in quanto tale,  è appunto il qualcosa o qualcuno che ha generato "tutto"......il resto è interpretazione deduttiva  che si incontra con quella induttiva e aggiungerei intellezione intuitiva.
Quindi che tu adduca o produca tue considerazioni a discendere, è appunto un tuo punto di vista, persino su come o cosa io stesso interpreterei.
#55
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
12 Agosto 2021, 00:44:30 AM
 @iano
Se l'interazione fra agente  conoscitivo e realtà costituisce un sapere, quel sapere oltre a perturbare la realtà muta la rappresentazione stessa del reale.


Penso che chi, per pura ipotesi avesse le chiavi della verità, semplicemente continua a vivere, non lo comunica a nessuno questo "segreto", e sa predire gli eventi, poiché gli sono chiari gli elementi e le condizioni che costituiscono gli eventi.


Il mio appello a presunte specie con barlumi di intelligenza, non è convenzione è metafora.


A mio parere si fa soprattutto chiacchiera, magari anche con spunti interessanti e ben poco filosofia.
La filosofia non è scrivere o dire qualunque cosa passi per la mente. C'è analisi, c'è un sistema, c'è un linguaggio, ci sono correlazioni....ecc.


Faccio a meno dell'esempio di FN, infatti in questo periodo leggo "Umano troppo umano" che è una sua opera, senza seguirlo, semplicemente riflettendo le sue ambiguità. Ci sono migliori poeti. E' un esteta, non un vero filosofo e piuttosto ambiguo


E quale è il vero compito del ragioniere, del geometra, del ricercatore, del politico, dell'economista?
O più semplicemente: quale è il compito dell'umano?
Stai sottovalutando cosa significa "fare cultura".


@kobayashi
direi che sono d'accordo con ciò che esprimi.


@iano


In questo forum si cade in un luogo comune, che il metafisico conosca e discuta del soprasensibile e lo scienziato moderno solo del sensible. Non è così. Qualunque umano normodotato  utilizza intellezione, ragione. Vede ,osserva, ha intuizione, ci ragiona sopra e cataloga razionalmente la sua esperienza personale dentro un sistema culturale che è quello vigente nella suo tempo d'esistenza. Poi può essere più o meno conformista o anticonformista secondo il pensiero culturale corrente.
Lo scienziato "involontariamente", per modo di dire , ma lo sa, utilizza sistematizzazioni classificatorie che vengono dalla metafisica e solo dopo razionalizzate secondo un canone scientifico , il metafisico non vive a dieci metri da terra, mangia, dorme, ha esperienze, socializza e si occupa di natura, di società come di domande che gli vengono dal mondo, dalle sue correlazioni che hanno finalità e principi che non possono essere ridotti nell'apparire e sparire dei fenomeni, così come dalla nascita o morte di umano.


Quindi non si tratta di operare una mediazione negoziale fra lo scienziato  e il filosofo per capire la "vera realtà", c'è una bella differenza fra la definizione di sostanza per la scienza e per un metafisico.
Quando Aristotele definisce .." Tutte le cose  si dicono in riferimento alla sostanza che fa loro da sostrato" mette in luce due vie diverse di indagine fra lo scienziato e il filosofo. Se ogni cosa si riferisce ad una determinata sostanza ( a cui ognuna  diamo un nome identificativo), che cosa è il "sostrato"?
Ma cosa spinge un seme a finalizzarsi in una pianta o un ovolo con uno spermatozoo a generare vita?E' possible che non si veda che ogni cosa ha un finalismo e da dove mai verrebbe questa "spinta" come l'evoluzionismo darwinista? La scienza su questo può indagare?
L'idea più "cretina" è proprio quello di un fantomatico "spontaneismo autopoietico " chissà mai da dove fuoriuscito. Ma non vedono le aporie culturali dell'indagine scientifica modernista?
Provate anti-filosofi e anti-metafisici a dare almeno una, e dico una risposta logica plausibile sui prinicipi e fondamenti , da come un materiale organico possa generare un essere vivente. Basta solo questa domanda a porre il limite fra metafisica e scienza moderna.


@kobayashi
Non si tratta solo di capire la realtà, ma anche di dare un senso al mondo.


Stai diventando un saggio........ancora sono d'accordo.
Per togliere l'egoismo , colui che vi propende dovrebbe chiedersi se l'alternativa, almeno meno egoismo e più altruismo, abbia un senso sociale migliore. Intendo dire che la risposta sul senso della vita deve a sua volta ridefinirsi in un piàù alto "senso del mondo". Per autogiustificare il proprio egoismo ,non basta una "deviazione" psichica, poiché la ragione mostrerebbe la differenza fra un atto malvagio e uno benevolo  e non conviene alla lunga perseguire una logica di fattività egoistica , ameno che sia paragonabile ad una "malattia".


Quando si tratta di ripensare una tradizione filosofica, e lo avverto in questo forum, significa entrare nella mentalità di quell'epoca e spogliarsi delle proprie preconfezionate pregiudiziali: questo è il problema esegetico ad esempio nelle traduzioni di testi antichi. La natura per i filosofi presocratici è vista con "occhi" diversi dallo scienziato attuale che è "distaccato" dal fenomeno . Noi abbiamo distaccato il potere dell'intellezione che è andare oltre all'epifenomeno", al fenomeno superficiale , non ci entriamo "dentro", perché siamo ormai compromessi dalla cultura attuale che ci educa al distacco e quindi non "viviamo" la relazione.
Questo distacco porta all'indifferenza con tutte le sue nichilistiche decadenze umane. Perchè le popolazioni "non-scientifiche" vedono "lo spirito" in ogni manifestazione del mondo e quindi tendono a far rimanere integro il rapporto natura/uomo, perché non hanno quel distacco che ormai da secoli gli acculturati hanno. Infatti sono le nostre  vecchie generazioni soprattutto di origine contadine, scomparse o in via di sparizione, non acculturate e quindi non educate al distacco  che ancora presentavano questa preservazione di intoccabilità del rapporto uomo/natura.
Conoscevano e sapevano ancora cosa vuol dire "rispetto". 


@ipazia


forse un giorno capirai che Wittgenstein è stato un genio non per quello che ha scritto o detto,.......ma per quello che non ha detto.Lui era un mistico, un diverso, un omosessuale, che tendeva isolarsi dal mondo accademico che non sopportava. Quando la scuola neopositivista austriaca , il Circolo di Vienna di Carnap, gli chiese di entrare fra i suoi accoliti, non accettò. La sua figura era talmente nota nel linguaggio(discepolo prediletto da Russell a Cambridge) ......che fuggì andando  a fare il maestro di matematica a bambini in un paese Svizzero sperduto e aveva poco più di una capanna, in Norvegia se non erro, dove soleva isolarsi dal mondo, dando da mangiare agli uccelli selvatici dalle proprie mani e con le proprie mani costruì una casa per la sorella.
Quando un genio è schiacciato dalla sua immagine formale nota al mondo a quel mondo non può che riproporre il solito ritornello che al mondo piace sentire. ......ma lui in realtà era altro ,era diverso da quel mondo. Non potè comunicare con un mondo che aveva recepito di lui solo una parte e come spesso accade dovette recitare quella parte malvolentieri poiché la sua natura era tutt'altra.


Ho dei forti dubbi razionali che il "bambino" futuro potrà uscire da un sistema educativo che mina la sua sensibilità umana, trattandolo da macchina da istruire:  irrazionalmente glielo auguro un lieto futuro.......
#56
Tematiche Filosofiche / La verità
11 Agosto 2021, 15:46:14 PM
 C' è una prima verità che è assoluta e incontrovertible, che qualcosa, qualcuno abbia generato l'universo, il resto, essendo dipendente da questa originale e fondamentale verità , potrebbe essere definito come tentativo interpretativo di coniugare i diversi aspetti, concetti di cosa e come il mondo ci appare.
E' inutile fuggire umanamente da questa primigenita e fondamentale domanda che coniuga altre fondamentali domande: da dove veniamo? Perchè il mondo funziona così come lo viviamo? Che senso ha l'universo e la nostra esistenza? Dove andremo a finire?
Chi finge, o fa "spallucce" a queste domande, finge a se stesso e non fa più filosofia, parla di altro.
Perchè se non si tenta di rispondere filosoficamente a queste domande allora ci si occupa "dell'estetica della cacca dell'artista", dell"etica del formicaio", dei "neuroni dei politicanti"......è fare altro.
Questa verità è ineludibile così  come quanto e come  si mostra  la vita e la morte: e da umani è impossible non porsi le domande, si può tentare di stordire la mente cercando di non porsi le domande, ma vita e morte si ripropongono ovunque nel mondo, e quindi tornano....


L'attuale conformismo culturale nega la verità e propone quindi l'opinione, poiché siamo nella cultura relativista. La considerazione, ovvia, nasce dalla distruzione e quindi nichilista, della cultura della verità poiché il soggettivismo moderno prima divide il soggetto e l'oggetto, chiudendo con l'intellezione o riproponendo nuove definizioni di esso,  apre più alla ragione e contestualizza che la ragione umana essendo limitata non può giungere a verità.
La prima aporia della modernità è negare la domanda che porta alla verità assoluta e incontrovertibile, l'unica ad esserlo, che ho descritto precedentemente. Senza di essa perde consistenza sia il senso della vita ceh della morte.....diventano fatti biologici, scientifici, la seconda aporia è pensare di trovare "verità" solo nel dominio del sensible, di ciò che ci appare come fenomeno naturale, ridurre ogni cosa del mondo ad epifenomeno conoscitivo, ne risulta che il limite del cervello dichiarato dalla scienza moderna problematizza anche la realtà , ciò che è mondo, universo, per cui cadono principi universalistici diventando un sistema caotico di negoziazione fra opinioni diverse, per cui il risultato finale è sempre un'opinione "politica", in termini di mediazione delle innumerevoli opinioni. Noi siamo in questo caos, privo di verità.


Quello che i più valenti epistemologi indicano, è che nessuna legge scientifica è superata , ma proprio perché la falsificazione della verità è implicita nel concetto stesso storpiato di "episteme".
Per questo si studia ancora la geometria Euclidea o il teorema di Pitagora, per questo convivono ancora spetti della scienza di Galileo, di Newton, di Einstein e di Planck: lo scienziato, o la comune persona, non fa altro che utilizzare dall'immenso scenario delle leggi scientifiche ciò che più ritiene conveniente . Quindi se una legge scientifica non cancella quella precedente, allo stesso modo se una legge italiana non dichiara apertamente di abrogare le precedenti leggi, la sentenza scientifica come il giudice che sentenzia, fa giurisprudenza, utilizza le leggi che ritiene più opportune( anche quelle dell'epoca  fascista...): compie un arbitrio per certi versi, non essendovi verità scientifiche o giuridiche. Per questo ci sono "sentenze originali" come diceva nel "Gorilla" De Andrè. Potremmo dire che la profusione di leggi scientifiche, di leggi e setenze giuridiche , offrono un compendio enorme dove il maintsream scientifico e  giuridico ,può sguazzare e fare teorie anche "pazze".
Una verità divide, mentre le opinioni si addensano in maniera abnorme. Aumentando lo stuolo di ricercatori scientifici, di giudici e avvocati.....dei mondi a se stanti....e c'è chi ancora non l'ha capito o peggio finge di non capire. La gerarcofunzionaltecnoburocrazia.


La ricaduta più ovvia: il processo di delega ad altri e la deresponsabilizzazione...è sempre colpa non di un amministratore delegato  o di uno scienziato.......ma del portinaio e della donna delle pulizie.


Un 'altro esempio che forse pochi sanno. Ma intanto tutti ne discutono di green card, vaccini. ecc.
Trovatemi una dichiarazione scientifica chiara di "pandemia". Non mi risulta che esista un dato quantitativo , anche Fauci ha dichiarato che non c'è......e allora chi decide e in base a cosa?

Anche le influenze stagionali sono pandemiche........quindi è come al solito un fatto "politico".
Se il mainstream scientifico ,pagato dai politici e aziende private, decide, SENZA VERITA' nemmeno scientifica ,che c'è una pandemia si applicano protocolli sanitari e restrizioni delle libertà personali e sociali.


Rimango quindi sulla posizione che la verità essendo chiarezza divide e quindi deve necessariamente chiamare in causa responsabilità morali ed etiche.
Nel caos attuale di moltitudini di opinioni in tutti i campi scientifici e politico sociale che confondono è ovvio che il populismo ,per vari motivi, si mostri come deriva . Perchè ognuno può dire qualunque falsità, non potendo esser negato da alcuna verità.
#57
 @iano


Ci sono state alcune discussioni sull'infinito....infinita discussione ;D 


Se si dice molteplice e UNO, se si dice finito e infinito, se si dice intero e parte bisogna fare attenzione a cosa ci si riferisce e parecchi filosofi anche arci noti ,ci sono caduti.
Se vi sono due domini del tempo, l'eterno e il divenire, si porranno attribuzioni, appellativi, essenze, numeri ,in funzione del dominio. Se Parmenide dice che ogni ente è eterno , significa che non accetta l'evidenza del divenire. Gli altri filosofi che accettano sia l'eterno o il divenire, oppure non li distinguono ma pongono l'Essere, o Dio, o l'UNO. ecc come fondamento generatore della molteplicità, devono fare attenzione alle relazioni.
Questa problematica è il nocciolo della metafisica ed è la differenza fra i filosofi "naturalisti", la scuola di Elea di Parmenide, Platone e Aristotele; ognuno lo svolge a suo modo.
Quando Severino si riferisce all'"aporia del fondamento", indica le posizioni di Platone ed Aristotele, che a suo parere commettono l'errore contraddittorio , l'aporia, di accettare il divenire.


L'infinito è soprattutto un simbolo numerico, c'è la matematica degli infinitesimali, che guarda caso tocca i concetti di continuo e di limite, gli stessi concetti analizzati da Aristotele.
Quando Cantor inventa l'insiemistica , ad ogni gruppo di numeri: naturali, reali, razionali, irrazionali, ecc. corrisponde un infinito, L'infinito è una quantità, che metaforicamente nei vari linguaggi si fa diventare un nome, un appellativo, un attributo, ma la sua natura originaria è quella quantitativa che la matematica ha incluso come operazionale., come calcolo numerico.
Se non fosse così: qual è la sostanza dell'infinito, del molteplice?
Nella fisica attuale si cerca il gravitone: esiste la particella dello spazio e del tempo?
Quando la teoria scientifica cosmologica dice che tutto l'universo era così addensato da stare al tempo zero dentro una capocchia di fiammifero e poi avvengono in tempi infinitesimali le prime "reazioni " dove appare il bagliore di luce,  dei fotoni e poi si espande velocissimo......che cosa è allora lo spazio e il tempo se non una derivata, un effetto delle prime reazioni fisiche ,sempre se questa teoria fosse corretta, di dilatazione dell'energia che costituirà come appare la forza gravitazionale che concentra e condensa l'energia in materia ? E' una domanda che non ha ancora risposte, ma fa riflettere.


Il molteplice nasce dalla moltiplicazione di enti i cui riferimenti primari non sono nel divenire sono nell'eternità. Ma ci sono limiti, come già scritto , come quando cerchiamo soluzioni a 0/1 e 1/0:impossible e indeterminato dice la matematica.

Per me metafisica, linguaggi, conoscenze delle scienze moderne......è tutto relazionato ed è necessario che lo siano, diversamente nascono aporie, antinomie, contraddizoni......ma allo stesso tempo è bene che vi siano, poiché ad esempio le matematiche e la logica sono "cresciute" grazie ai paradossi . Quando Hilbert stilò nel famoso congresso dei matematici nel 1900,  i 23  problemi allora insolubili della matematica, ha spinto i ricercatori a trovare le soluzioni
#58
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
11 Agosto 2021, 00:03:21 AM
 @kobayashi
citaz. Kobayashi




Al di là della correttezza di queste tesi, non si vede come una civiltà possa fare retromarcia, come si possa tornare indietro. Il singolo pensatore lo può fare, certo, ma nella consapevolezza di non poter avere in questo modo alcuna influenza sui processi della civiltà, arrivando, nella migliore delle ipotesi, a convincere altri singoli a guardare il mondo con i suoi stessi riferimenti.
Il che mi fa pensare che forse, anche se non lo vogliamo ammettere, la filosofia è solo un modo per il singolo di capirci qualcosa del mondo. Che se è potente, la sua potenza si sprigiona nella conquista della singola persona del controllo della propria vita o dell'accrescimento delle proprie potenzialità, e mai nei fenomeni sociali come l'educazione o la prassi politica, benché siano oggetti consueti (e quasi necessari) delle nostre dispute.

   

E' evidente che non si possa fare retromarcia, il tempo sembra che scorra verso il futuro, ma ciò non significa non sapere guardare indietro per capire, come nella vita singola di una persona, cosa è andato giusto e cosa sbagliato .E' proprio nelle crisi culturali che si ha necessità di trovare e fare archeologia culturale. Adatto che del futuro nulla si può dire, allora significa che dalla storia del pensiero che ha determinato le mentalità , le filosofie, le inclinazioni, vanno cercate le essenze., le sintesi del pensiero.


Il ruolo e la qualità dei filosofi dell'ultimo secolo, dimostrano se non la morte, l'agonia del filosofo e del suo ruolo. Bisognerebbe capire se è l'ambiente culturale che ha deciso che la filosofia si sia marginalizzata oppure è il filosofo che ha pochezza qualitativa: penso che lo siano entrambi .I media, il peso dell'immagine superiore alla scrittura e alla parola, sono effetti della cultura moderna.
Però, e questo parrebbe la stranezza, ai meeting, festival di filosofia il pubblico accorre.
Nell'epoca del tecnico supino a novanta gradi poiché scolasticamente incretinito e confacente più all'automa che all'umano e all'allevamento in batteria di polli produttivi, c'è chi ha ancora necessità di ascoltare pensieri un po' più alti dei giornalai dei media che fanno ormai gossip della politica, dell'economia, e parlano come vuole la nomenklatura, appare ormai palese nell'epoca della pandemia delle "larghe intese".


Apro una parentesi e profetizzo che entro i prossimi vent'anni l'Occidente si giocherà la potenza culturale, degli armamenti, dell'economia, perché è ormai assodata la posizione della Cina superiore al dominio USA (cominciano a dare i numeri ) e con la cultura soprattutto anglosassone, calvinista e protestante .
Non so i cinesi quali reale cultura abbiano un domani, oggi sicuramente come quella Occidentale, di primeggiare in potenza tecnica, e ne vedremo di focolai di guerre con armi, guerre economiche di conquiste, Marte con due spedizioni, guarda caso USA e quasi contemporaneamente anche Cina. E' quindi strategico che questa cultura moderna e post moderna ,costruita sulla tecnica, sull'immanentismo fine a se stesso, sull'edonismo economico e l frammentazione sociale, non regge più. Realisticamente dubito che "una nuova cultura" sorgerà a breve.
Questo è comunque per dire che la decadenza culturale e dei costumi sfocerà ina nuova fase del declino dell'imperialismo statunitense e dell'assurgere al ruolo della Cina, e questo non si era mai visto nella storia che un luogo non occidentale primeggi in tecnica , armi e quant'altro. Questa attuale cultura occidentale non farà che inasprire il confronto, e se non ci fossero armi da sterminio di massa dell'intero pianeta avremmo una guerra mondiale, perché è interna alla quarta rivoluzione industriale che manderà a "spasso" (altro che balle ideologiche dei politicanti) parecchie persone, aprendo ad una prossima crisi del ciclo economico . Sarà la realtà storica, forse, a richiedere un pensiero che gestisca questa transizione, non priva di pericoli sociali. Il passaggio dall'auto con motore a scoppio a quello elettrico, manderà a spasso milioni di persone nel mondo, perché quello elettrico ha molte meno componentistiche, quindi tutta la filiera ne risentirà.
Intano anche nella riconversione verso l'elettrico la Cina è più avanti di Usa ed Europa.
Noi italiani intanto procediamo verso il futuro ......con i tre pilastri di uno stato "civile": scuola, sanità, tribunali.......che sono peggiorati negli ultimi decenni.
Tanti auguri alla next generation........dove il sistema pubblico nel periodo pandemico è al collasso e nessuno lo dice.....ma fanno riforme....cioè come nella cultura, invece di andare nelle fondamenta marce si verniciano di nuovo le pareti. Ormai non seguo quasi più l'attualità, mi irrita l'eterna contraddizione di un sistema che è in avvitamento su se stesso , con classi dirigenti che sono ancora lì come avvoltoi e iene a cercare denaro dallo Stato e sono gli abbienti......i poveri  "cristi" sono dimenticati da tutti.

Questo è per dire che siamo in ritardo con un nuovo pensiero.....diversamente arrangiatevi con questa cultura del menefreghismo. Di servi di partito, di servi della scienza e tecnica, di facebook e tik tok .....dove le notizie politiche o della mia città si devono leggere sulle pagine dedicate in facebook...mi manca il "vaffanculo" di De Andrè.
@Bobmax
..che dire, sono d'accordo.
@viator
a volte mi spaventa la tua lucidità.
@ipazia
"Ve ne scongiuro, fratelli miei, rimanete fedeli alla terra e non prestate fede a coloro che vi parlano di speranze soprannaturali".
"Non cacciate più la testa nella sabbia delle cose celesti, ma portatela liberamente: una testa terrestre, che crea, essa, il senso della terra. Il superuomo è il senso della terra".




Io avrei gentilmente paracadutato in mezzo alla giungla i fascinatori delle cose terrestri, fra pitoni  e tigri affamate a farsi dire quale è la "regola della terra"  e chiedere poi allo stomaco del leone dove fosse finito il superuomo.
E' passato un secolo e mezzo di questi vaneggiamenti e stordimenti mentali , abbiamo avuto due guerre mondiali, lager e gulag e cretini che dopo che volevano la morte di "dio" si chiedevano come mai quel "dio è morto" non si facesse vivo , dopo tanta ignominia e sterminio umano.......l'umanità dovrebbe sparire dalla faccia della terra, l'ha appestata troppo....
Se mai ci fosse oggi una scimmia troppo intelligente per essere scimmia e ancora scema per essere umano......gli consiglierei di rimanere quello che è .
#59
@phyrosphera
Alquanto ermetici i concetti oltre ad esservene troppi.
Allora per costruire la discussione:


1) Gli essenti di Severino sono "enti viventi" quindi in divenire. Questa manifesta aporia, però apparente, supera il ragionamento ontologico di Parmenide, in quanto ogni essente essendo in divenire è eterno. In sintesi significa che ogni essente essendo eterno nel movimento diveniente si comprende come una sequenza di fotogrammi eterni e affinché fra eternità e divenire vi sia una relazione, Severino istituisce una paralogica dialettica negativa.
2)Parmenide è ragione, non intellezione, Eraclito è fra ragione e intellezione.
3) potrei sbagliarmi, dovrei approfondire, ma non esiste una "intuizione dell'infinito", direi dell'incommensurabile.  Già Aristotele nei primi passi di "Fisica" dice che   l'infinito è una quantità ,non una qualità Il pensiero di Severino vi rimane aderente, a mio parere sono altri i suoi limiti di pensiero. Semmai ,questo è il mio parziale giudizio sul pensiero di  Severino, è "sterile", dice poco del mondo.
4) non so cosa si voglia esprimere con il giudizio il postmoderno è meglio del moderno: in che che cosa?
5) Il divenire viene dopo l'Essere. Semmai l'esistenza che è diveniente è significativa nel momento in cui "cerca" l'Essere.
6) non so se esista la metempsicosi, la reincarnazione. Se c'è, non trovo che abbia senso all'interno di un nirvana buddhista. La reincarnazione deve trovare senso con l'Essere


I commenti sono più nel senso di cercare chiarezze e aprire al dialogo.
#60
Tematiche Filosofiche / CONTRO IL NICHILISMO
04 Agosto 2021, 23:41:25 PM
 @Kobayashi


2) quello che scrivi è l'effetto, non la causa, è il sintomo non l'eziologia.
Bisogna vedere, verificare, se l'indebolimento ha una causa "vera", diversamente è solo "fede nel progresso".
Quello che penso, già espresso in altre discussioni, è che nella "regola della terra" vince il più forte ,non il più saggio....fisicamente. E questo è da sempre stato perseguito ,con la differenza che nelle culture antiche il saggio contrastava il potente, sparito il saggio e sostituito dallo scienziato questo è un prezzolato pagato dal potente per avere sempre più potere. Un tempo la cultura del saggio faceva da contraltare, oggi la cultura soggiace al volere del potente.
Quindi questa è la cultura più nichilista apparsa nella storia umana.


3)  citaz Kobayashi
Dunque la pratica filosofica potrebbe essere vista come una terapia a questa deriva culturale.


Esatto.....ma il problema è invece un allontanamento dalla filosofia, basta guardare le riforme scolastiche  + tecnica- riflessione, + scienze naturali – scienze umanistiche.
Il risultato saranno soggetti altamente tecnici....e fortemente cretini. C'è già da tempo questa manifestazione.


5) Anche qui dici bene, ma descrivi l'effetto. Tutto questo è stato possibile, proprio grazie all' "indebolimento" della parte "animica". Quando la vita umana diventa quantità e quindi calcolo fra costi e benefici ,significa che l'uomo è ridotto a "risorsa", come il petrolio, come un albero per la legna, come un coltivazione di grano ......o come una batteria di polli di allevamento. Uno strumento.


Quando i "capi del personale" nelle aziende diventano "risorse umane"...è detto tutto.


1) citaz, kobayashi
  Sul fatto che non si possa costruire un'ontologia alternativa, che l'uomo non determina la concezione dell'essere del proprio tempo, io sono d'accordo con Heidegger. Il pensiero può iniziare a "scovare" qualcosa di diverso, ma non può fondare alcunché.


Heidegger si è complicato talmente nel suo "ontico"...........la metafisica aveva già iniziato ben prima di Heidegger che ha voluto tentare di far altro .
E' possibile costruire un'ontologia, senza questa semmai è impossible costruire filosofie "vere.