@niko
Alcune riflessioni sulla posizione di Niko , che giusta o sbagliata secondo i propri metri di pensiero , la trovo interessante poiché è al tempo stesso coerente e contraddittoria; le aporie fanno bene se sono abbastanza profonde.E poi quale pensiero non è in fondo contraddittorio?
Il Capitale non è un assoluto, gli sfugge il lavoro vivo e il desiderio.
Il desiderio di infinito
La posizione di Preve è partecipe della condizione umana e non segue il dettame marxista nel concentrarsi sull'aspetto economico sociale dove affiorano semmai le critiche( il capitale non è il totem, la lotta di classe identificandosi nell'operaismo è fallito), semmai pensa che la filosofia, come luogo di riflessione, possa suggerire come essere comunista oggi, riflettendo più sui filosofi classici . Se Hegel è un riferimento , per la prassi lo è di più Fichte, per Preve.
la sofferenza non finirà mai in quanto necessaria al divenire
C'è un qualcosa anche di Schopenhauer nel tuo pensiero, mi riferisco alla volontà e al desiderio.
Quando scrivi che il desiderio deve essere profondamente intimo e quindi senza intenzione, per cui il capitalismo è da accettare per poter essere superato.
Non so se la natura sia davvero lo slancio verso l'infinito, per certi versi è accettabile se la natura è intesa a sua volta come il prodotto delle condizioni dell'universo che è mosso in un certo modo.
Sono d'accordo che il capitalismo sia la forma migliore apparsa nella cultura umana come prodotto dell'integrazione economico sociale nell'interpretazione uomo-natura. La durata storica lo giustifica concettualmente. Ma d'altra parte qualunque forma politica economica è giustificabile e anche vi sono popoli che non sono affatto capitalisti e vivono contemporaneamente all'occidentale.
Ciò significa che il capitalismo è figlio di una concezione socio culturale tipicamente occidentale ed essendo giustificata come miglio rapporto uomo natura, la sua verità teorico pratica sta nel come l'uomo tecnico occidentale abbia concepito la prassi. Quindi è giusta, sul piano analitico, la strada intrapresa da Preve, dove non è tanto l'aspetto economico ad essere dirompente in quanto a sua volta è dipendente dall'interpretazione culturale uomo natura.
Questa sete di infinito è tipicamente occidentale, non di tutte le culture.
E' vero che la parola non esaurisce l'entità, che sia un uomo o un'orchidea. La parola, non esaurendo l'entità delimita e confina quell'entità dal resto. La parola è l'attributo che ha posto l'uomo sul piedistallo della natura, non esaurendosi più nella natura, l' uomo diventa presuntuoso.
C'è un'originalità nel tuo pensiero, che è contraddittorio ma non lo è allo stesso tempo (è un'aporia?). Se l'uomo, inteso come essere intelligente, è il prodotto del processo naturale, tutto ciò che fa l'uomo è secondo natura ,in quanto lo prosegue venendo dalla stessa origine.
Personalmente sostengo che proprio questo concetto sia lìaporia del fondamento occidentale che è venuto alla luce nella modernità. Essendo coerente, poiché è assurdo pensare che l'uomo sia contro natura se si origina dalla natura, quella stessa intelligenza che emerge è coerente con la natura.
Le ciclicità naturali sono dipendenti ed interne all'universo, salvo dimostrare scientificamente che anche l'universo è ciclico. La morte dell'universo sarebbe una contraddizione alle leggi attuali della termodinamica, poiché energia e materia non potrebbero svanire nel nulla.
Mi pare che questo slancio verso l'infinito sia contraddittorio, al posto di infinito, termine inconsistente trovo migliore indefinito. L'infinito non ha limiti, quando sembrerebbe che tutto nell'universo tende ad avere limiti. Ed essendo troppa l'energia e la materia nell'universo, le condizioni che definiscono morta e vita, trasformazione, sono indefinibili più che infiniti.
Un universo infinito presupporrebbe una infinita e continua creazione ex nihilo di energia e materia.
Personalmente ritengo che la natura, intesa come vita vegetale e animale è contraddittoria con il dinamismo della vita inorganica universale. La vita, per vivere, ha necessità di scambi esterni di energia, produce e secreta energia per costruire i propri costituenti interni, per cui la vita ha necessità di energie esterne a date condizioni(temperature, pressioni); ciò che un inerte, un sasso, un meteorite, una cometa, non ha necessità. Se gli inerti inorganici soggiacciono alle condizioni delle forze interagenti ( nucleari, gravità elettromagnetismo) per la vita organica le condizioni di vita aumentano e diventano problematiche nel momento in cui si differenzia e diventa ecosistema.
Per questo non ritengo assimilabile la natura all'universo ( se inteso come energia e materia), ma semmai dipendente in seconda istanza: quindi la natura è un sottoinsieme dell'universo che può apparire solo a determinate condizioni che l'universo pone; quindi la natura è a sua volta un emergere dalle forze universali che lo governano.
edonismo di un godimento cieco o allo stoicismo di un esercizio vano della virtù.
Penso che sia la condizione umana fra i due estremi, ma proprio come interpretazione della vita all'interno di uno spazio/tempo. Non esserlo semmai è acefalo e almeno per due buoni motivi che se vengono negati si entra in contraddizione. Il primo è che l'uomo è da sempre così: il secondo nasce dal fatto che se si accetta che l'emergere di un'intelligenza da parte della natura in un essere chiamato uomo è la continuità naturale, la contraddizione umana allora è parte della contraddizione della vita stessa come genesi universal, compreso l'istinto di sopravvivenza. Poichè tutto, i dipendenti sotto insiemi, sono parti dell'universo.
Il senso di infinito quindi ne sarebbe una chimera.
In un concetto accettato come naturalismo è coerente pensare al desiderio come forte motivatore per la felicità, per cui in effetti è altrettanto coerente pensare che il capitalismo ne sia la manifestazione sociale in mimesi della natura. Coerente come significato logico non come giudizio di valore. E' quindi altrettanto coerente, ma sempre privo di giudizio di valore(giusto sbagliato come impianto filosofico), pensare che essendo l'uomo originatosi della natura, l'uomo culturale tecno scientifico sia la continuazione del procedimento ,nel processo storico naturale posto dalla sessa natura essendo appunto l'uomo originario secondo natura.
La natura e la mimesi economico sociale ,il capitalismo, hanno ,come precedentemente scritto, necessità di scambi energetici continui con l'ambiente esterno : quindi sono strutture finite nel momento in cui esistono condizioni affinché possano svilupparsi così come la vita ha necessità di sviluppo e trasformazione di energia dato un sistema ambiente in cui prolifera. Un'entità naturale non può fermarsi
Invece, se si sposa la tesi generale di quanto scrivi, guerra e competizione sono proprio il movimento necessario affinché la vita abbia continuità intesa come natura, lo è quanto la necessità di una malattia in un corpo sano. Perchè quel corpo non è nato per la vita, ma per trasformarsi in energia e materia continua al riciclo naturale rigenerativo( qui sta una delle ciclicità naturali).
Noi possiamo dire sano se esiste la malattia, possiamo dire pace, se esiste guerra, possiamo dire cooperazione se c'è competizione. I contrari esistono o non esistono proprio perché le parole abbiano a significare qualcosa. Dico quiete se c'è anche inquietudine ( e viceversa).
La volontà di potenza umana è nel qui ed ora, non nel divenire. Se si accetta che l'uomo è totalmente natura ,è solo all'interno della propria esistenza che è necessario agire, poichè la propria finitudine è dichiarata dalla stessa natura. Che questa volontà sia inane rispetto alla ben più forte natura, perché da quest'ultima dipendente, è coerente; quindi non contraddice, ma conferma.
Non si capisce, chi accetta o inalbera il termine libertà, da dove possa originarsi se si accetta che l'origine umana sia natura? O è contraddittoria o è interna , daccapo, alla natura che ha originato l'uomo. Detto in altri termini: se l'uomo ha origine dalla natura, o l'uomo è uno scherzo di natura, in cui la natura si diverte a creare un essere intelligente contraddittorio , per cui il credere alla libertà è una fatua volontà che nulla può sulla natura che lo ha originato, oppure l'uomo non è solo natura e allora cade il capitalismo, ma insieme al marxismo.
Mi trovo d'accordo sul ragionamento che contempla il comprendere e accettare il passato per poter cambiare il futuro, è simile al pensiero di Giorgio Agamben sull'archeologia.
Penso che non vi sia nel passato nulla di totalmente appagante da smettere la volontà di potenza, questo è lo scherzo di natura del destino umano, è indeterminabile una verità tale da appagare la sete di volontà. Amare il passato ed esserne appagati, significherebbe aver scoperto la verità storica della costante naturale umana e cedervi, non farvi più inutile resistenza.
C'è ancora un forte soggettivismo di stampo moderno, un protagonimo che non può essere cedevolezza se si desidera accettare il passato e poter cambiare l'uomo in-attuale e con esso il futuro. L'uomo è fiero della sua incompiutezza, e lancia continue sfide; quindi accetta la storia passata solo come contraddizione per arrogarsi la presunzione di essere migliore oggi rispetto al passato: esattamente il contrario di ciò che pensi.
Questo soggettivismo narcisistico e megalomane dei pensatori moderni sarebbe una delle prime cose da debellare.