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Messaggi - Apeiron

#46
Scienza e Tecnologia / Re:Il mondo del fotone…
10 Dicembre 2019, 21:40:33 PM
Ciao @bobmax,

Citazione di: bobmax il 07 Dicembre 2019, 16:29:17 PMCiao Apeiron Sì, il fotone non può essere il fondamento di tutte le cose. Perché il fotone c'è. E ciò che c'è è necessariamente un qualcosa. Ossia distinto da tutto il resto. Tuttavia il fotone può essere inteso come "cifra" che rimanda ad altro. Cioè messaggero.

Sì, da quanto ho capito del tuo pensiero, il 'Nulla'/'Essere' è completamente indeterminato. Non ha 'proprietà' e non può essere 'distinto' dal resto.

Ma se è così non può nemmeno essere 'sorgente' di entità come fotoni, elettroni, rocce e noi esseri umani. Infatti, se lo fosse avrebbe la proprietà di essere sorgente e sarebbe distinto da ciò che produce. Potrai, forse, obbiettare dicendo che, per te, il molteplice è illusorio. Ma anche in questo caso, come può essere reale l'Uno/Essere/Nulla stesso se rimane comunque una illusionedi molteplicità?

Se, invece, intendi che il fotone può essere 'messaggero' nel senso che ci potrebbe ricordare che la realtà è molto più 'varia' di quel che possiamo pensare, concordo.

Citazione di: bobmax il 07 Dicembre 2019, 16:29:17 PM
In effetti ogni cosa del mondo può diventare "cifra" per noi, anche la cosa più banale. È sufficiente che ci colga la meraviglia per quella semplice cosa che ci troviamo davanti.

Certamente, si può anche dire che ogni cosa che ci troviamo davanti è 'misteriosa'. Il fatto stesso che ci sia può essere fonte di meraviglia...

Citazione di: bobmax il 07 Dicembre 2019, 16:29:17 PM
La fisica, secondo me, può fornirci l'occasione per meravigliarci. Per farci trovare davanti al limite. Ma tutta la vita è una possibile occasione. Un'occasione sprecata, se pensiamo di aver "compreso". Ma che pure va persa se la trascuriamo del tutto. Ciò che secondo me è difficile da accettare, quindi anche riguardo al fotone, è che ciò a cui rimanda è Nulla. E questo è inaccettabile per il nostro pensiero razionale, per il quale esiste solo il qualcosa. E il nulla, per esso, è la bestemmia più odiosa. Eppure proprio il Nulla può essere l'origine di tutte le possibilità. L'unico ad essere davvero libero.

Ma se il Nulla è l'origine di tutte le possibilità, dovrebbe per lo meno averle in 'potenza' - o comunque avere la proprietà di poter essere l'origine, per così dire. Quindi sarebbe indeterminato in un certo senso, non in modo assoluto.

Citazione di: bobmax il 09 Dicembre 2019, 07:11:40 AMD'altronde la massa non consiste proprio in una deformazione spazio-temporale? E l'energia non si manifesta anch'essa a causa di questa deformazione?

Nella relatività generale sia le particelle massive che senza massa interagiscono gravitazionalmente (si possono osservare i fotoni deviati dalla gravità, in fin dei conti, nell'effetto 'lente gravitazionale'...)

Citazione di: bobmax il 09 Dicembre 2019, 07:11:40 AM
...
Secondo Pietro Ubaldi (La grande sintesi) l'energia è destinata a sumblimarsi sempre più.
...

Non capisco questa parte. In che senso 'sublimarsi'?

Inoltre, vorrei far notare che 'vita' è un termine assai ambiguo. La definizione biologica di vita è assai chiara. Però, nella filosofia, 'vita' assume un altro significato. Spesso, per esempio, 'vita' significa 'vita cosciente' -> quindi, la 'vita', in questo senso, c'è solo con gli esseri senzienti, ovvero esseri che hanno una esperienza soggettiva. Quindi, a meno che non si pensi che tutti gli esseri viventi siano senzienti i due concetti sono separati (sto assumendo che per 'spirito' tu intenda coscienza...).  

Citazione di: bobmax il 09 Dicembre 2019, 07:11:40 AM
Ma se ogni cosa percorrere la propria geodetica, non è essa già in pace?  

Nella relatività generale, percorrere una geodetica equivale ad essere in caduta libera. In presenza di interazioni diverse dalla gravità, non si percorre la geodetica...
#47
Scienza e Tecnologia / Re:Il mondo del fotone…
07 Dicembre 2019, 12:20:57 PM
Citazione di: bobmax il 05 Dicembre 2019, 20:57:46 PM
Ciao Apeiron

Indubbiamente quando abbiamo a che fare con l'infinito siamo nell'indeterminabile.
Per cui ogni ipotesi non può mai essere considerata certezza.

Tuttavia le trasformazioni di Lorentz, che mi hanno sempre affascinato dai tempi dell'università, descrivono una realtà che ancora a mio avviso ci sfugge.

Le applichiamo in infinite soluzioni tecnologiche, senza però renderci conto delle possibili implicazioni nella nostra interpretazione della realtà.
Una realtà ben più "aperta" di quanto siamo soliti ritenere.

E la magia del fotone suggerisce proprio questa apertura.

Ciao @bobmax,

concordo con te che le trasformazioni di Lorentz ci suggeriscono qualcosa di molto 'profondo'. Personalmente, interpreto la Relatività in modo 'operativo'/'fenomenologico'/'relazionale', ovvero come una descrizione di ciò che si osserva. Riconosco però che tale lettura presenta difficoltà quando la si rapporta alla teoria della Relatività Generale. Tuttavia, la preferisco perché essa si accorda molto bene con la mia lettura 'filosofica' della Meccanica Quantistica.

Brevemente, ritengo che la Relatività ci fornisca potentissimi strumenti per conoscere cosa viene osservato nei vari sistemi di riferimento. Non ci fornisce, cioè, una descrizione di 'come il mondo fisico è', ma ci permette di conoscere cosa viene osservato nei vari sistemi di riferimento. Anche perché se la si interpretasse come una descrizione 'fedele' del mondo fisico, non vedo molte alternative all''universo blocco' (ovvero la posizione per cui il divenire è una mera illusione).

Le trasformazioni di Lorentz mettono in relazione ciò che viene osservato in un sistema con quello che viene osservato in un altro...

Preferisco questa lettura perché, in ultima analisi, vedo come un 'trend' nella storia della fisica che sembra suggerirci che interpretare le nostre osservazioni in modo relazionale aiuta molto. Già nella Relatività Galileiana, infatti, il valore della velocità dei corpi era definito a meno di una costante e, quindi, era di fatto relazionale.
D'altra parte, per evitare una sorta di versione scientifica del 'soggettivismo' bisogna anche ricordarsi che ci sono molte cose invarianti da un sistema di riferimento ad un altro.

Bisogna cercare di bilanciare le due cose...

In effetti, personalmente ritengo anche io che la fisica ci suggerisce che la realtà è ben diversa da come siamo portati a pensarla. Diciamo una 'realtà velata'. La 'presenza' di una 'realtà' spiega le regolarità che osserviamo e la non-arbitrarietà della relazione tra ciò che viene osservato dai vari osservatori. Tuttavia, l'oggetto di studio della scienza è il 'mondo fenomenico' - ovvero ciò che viene osservato - e ci permette di fare predizioni su tale 'mondo fenomenico' e di stabilire relazioni tra ciò che si osserva nei vari 'mondi fenomenici' (ad. es. ci permette di stabilire ad Alice ciò che osserva Bob...).  

Secondo me, nel caso del fotone risulta più giustificato 'restare in silenzio' (ma non sono contrario alla speculazione  ;) ). La teoria semplicemente non ci permette di stabilire un riferimento per il fotone.

(un'altra cosa curiosa è che in assenza di massa se fosse possibile stabilire un sistema a riposo per il singolo fotone, in tale sistema di riferimento l'energia del fotone è in realtà nulla. Per le particelle massive, infatti, l'energie della particella nel riferimento della particella è l'energia a riposo, ovvero la massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato...)

Citazione di: bobmax il 06 Dicembre 2019, 06:12:22 AMRiflettendo sul fotone senza massa, occorre a mio avviso considerare un possibile significato di questa stessa massa che caratterizza il nostro mondo. Si potrebbe infatti rovesciare il nostro concetto di realtà. Dove l'autentica realtà sarebbe quella di cui la luce è messaggera, mentre la nostra altro non sarebbe che una sua temporanea emanazione. Il fotone non si muoverebbe perciò affatto. Ma testimonierebbe il Nulla sostanza di tutte le cose. Ossia l'Essere. A cui non possiamo tornare proprio a causa della massa. Che se da un verso rende possibile il nostro universo, dall'altro impedisce il nostro ritorno all'Uno. La morte, con la scomparsa della massa, coinciderebbe con il ritorno a casa.

Il fotone però nel nostro 'mondo fenomenico' è soggetto a insorgenza, movimento e cessazione. Il fotone che osserviamo è parte del nostro mondo fenomenico. Non può essere, secondo me, il 'fondamento di tutte le cose'.
Inoltre i fotoni sono molti, non 'uno'. In più, anche se fosse davvero così, la presenza della massa produce una distinzione e, quindi, una differenza - il che mette in difficoltà il 'monismo'...


D'altra parte, stando alle teorie cosmologiche, il bosone di Higgs è comparso ad un certo momento. Prima non c'era nemmeno massa. Il che in effetti è strano...
Però è anche vero che per un sistema di particelle senza massa, si può comunque definire un sistema di riferimento a riposo. Quindi nel caso di una molteplicità di particelle senza massa è possibile definire un riferimento.
#48
Scienza e Tecnologia / Re:Il mondo del fotone…
05 Dicembre 2019, 19:03:25 PM
Citazione di: bobmax il 03 Dicembre 2019, 17:22:08 PM


Lui non è prima partito, poi in viaggio, e infine arrivato. Non è questo ciò che ha vissuto.
Il fotone... è sia partito, sia arrivato, sia in viaggio in quello stesso unico istante che dura la sua vita!

Se ne sta beato in quel singolo punto che è l'universo senza tempo.


Ciao @bobmax,

Ad essere precisi, in realtà, questa è una interpretazione di ciò che la teoria della relatività dice che ho visto sostenuta anche da alcuni fisici. Però, secondo me, è meglio prima vedere quello che si può dedurre dalla sola formula matematica.

Nella pagina di Wikipedia sulla Dilatazione del tempo si può notare che vi è una divergenza nell'espressione del Fattore di Lorentz se si pone 'v', ovvero la velocità della particella uguale a 'c', la velocità della luce.

Naturalmente, è vero che la trasformazione di Lorentz suggerisce che vi sia un diminuzione dell'intervallo temporale all'aumentare della velocità e che tale intervallo tende a zero per v che tende a c. Però, questo non implica che necessariamente che a "v=c", l'intervallo temporale sia esattamente zero. In realtà, quello che si deduce dalla formula senza considerazioni ulteriori considerazioni è che non si può definire un riferimento solidale a particelle che viaggiano alla velocità della luce (che sono di massa nulla). Quindi dalla sola teoria della relativitànon si può rispondere alla domanda: "quanto dura un tale fenomeno nel riferimento del fotone".
#49
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
07 Novembre 2019, 22:33:00 PM
Purtroppo, rispondo solo al post di @paul11, (come avevo promesso). Mi dispiace ma non riesco a continuare la discussione (ringrazio per le risposte datemi e per le eventuali risposte a questo intervento)...  :(

Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2019, 15:24:33 PMCiao Aperion, Ritengo l'archè immutabile ontologicamente:ciò che è , è. Il divenire è il processo gnoseologico, senza divenire perde senso l'esistenza.
 

Non sono sicuro di capire questa affermazione  :-\ Stai suggerendo che non c'è divenire ontologico? (Se fosse così, la tua filosofia avrebbe forti somiglianze con quella Advaita e quella di Parmenide/Zenone in occidente...) Avevo capito, in realtà, che per te il divenire fosse effettivamente 'reale'  :)   

Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2019, 15:24:33 PM
 La presenza di regole a noi appaiono infiniti e per due buoni motivi. Il primo è che il tempo è troppo grande per una breve esistenza. Il secondo è che l'infinito non ha senso se non come uno dei paradigmi culturali che assecondano il ben più importante paradigma moderno che la vita essendo finita viene dal nulla e va nel nulla: per togliere il nulla si inventa l'infinito. 
 

Beh, effettivamente è una considerazione interessante... il nostro Pianeta effettivamente ci sembra 'eterno' (nel senso di 'durata infinita'), ma, in realtà, è perché semplicemente la nostra vita è relativamente breve. Certe cose possiamo, per fini pratici, considerarle infinite. Ma ciò è di per sé errato. Sulla seconda parte, concordo che per la concezione 'secolare' (per mancanza di un termine migliore) della vita, certamente è più accettabile un''eterno divenire' che un 'Arché'.

Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2019, 15:24:33 PM
 Deve esserci razionalmente una causa prima e in quanto tale a sua volta incausata. Altro termine importante: il limite. Lo è quanto l'infinito e ci si accorge dell'antinomia fra un limite e qualcosa che invece non ha limite, l'infinito. Questa è un'aporia moderna. La vita è limitata, ma non si sa perché debba essere così e il suo senso nel breve limite, ma allo stesso tempo si inventa l'infinito. Questa è mimesi antitetica dei paradigmi meta-fisici, perché invece ogni cosa ha un limite e nulla è infinito. E' impossibile determinare direi meglio il motivo, piuttosto che la causa, per cui l'universo esiste e ci tocca allora ragionare con quello che abbiamo per potere tentare di capire,Il divenire porta con sé la possibilità di conoscere i fenomeni e di cui i parametri spazio e tempo ci indicano le posizioni. 
 

Sì, quanto stai affermando è qualcosa su cui rifletto anche io. Effettivamente, la presenza di una Causa Prima sembra 'fornire' un senso all'esistenza di un'universo, anche per il solo fatto di dare ad esso un 'fondamento ontologico'. Non sono sicuro però che sia 'necessario' tale 'fondamento', diciamo. Certamente, renderebbe l'universo (in un certo senso) più 'comprensibile'.  

Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2019, 15:24:33 PM
Ci sono, forme, essenze, che sono costanti, altre conoscenze che sono variabili. Il senso dell'universo e della nostra esistenza percorre il processo inverso in termini di ragionamento razionale , dall'esperienza empirica , al concetto che mostra le forme. Citaz.Aperion 'Causa Prima' precederebbe tutto, senza che ad essa si possa applicare la proprietà di essere 'effetto di...'. Viceversa, se ci fosse regressione infinita, non vedo come ciò possa configgere con la prospettiva 'topologica'. Perchè il concetto fissa e fotografa qualcosa, lo ferma. Un prima di un prima deve avere anche riferimenti a qualcosa; quindi è giusto come hai scritto che la causa prima non è effetto a sua volta di un'altra causa. La regressione non è infinita in termini razionali concettuali, lo si vuole identificare con i fenomeni empirici come processo, ma è diverso .Quando scrivi una legge fisica, hai sancito un comportamento, un divenire che hai fissato in un segno ,simboli, ecc. Noi prendiamo dal dominio del sensibile esperienziale e lo collochiamo in concetto razionale.

Ok, ma non capisco perché non si possa pensare che un'eventuale 'divenire infinito' non possa presentare regolarità. Capisco che un Arché possa aiutare nel 'fondare' tali regolarità, ma non vedo una necessità logica che mi costringe a dire che le regolarità sono inesistenti nel caso di una regressione infinita  :)


Detto questo, mi spiace, ma come detto all'inizio, mi devo assentare per un po'  :(
#50
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
04 Novembre 2019, 23:36:21 PM
Citazione di: Ipazia il 03 Novembre 2019, 15:26:40 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Novembre 2019, 12:21:57 PM
Ciao @Ipazia

Personalmente, invece, ritengo che difficilmente si può fondare l'etica sulla conoscenza empirica. D'altra parte concordo che la 'base' dell'etica è la mente e, quindi, l'uomo (sull'origine dell'etica si può discutere...ma l'origine non è la 'base')  :) La sola conoscenza empirica non riesce a dare, a mio giudizio, quel carattere 'deontologico' che è necessario per l'etica, come ho già affermato in altre discussioni (nelle quali ci siamo trovati in disaccordo, anche molto forte  ;D ).

Il carattere 'deontologico' é emergente, trascendentale, ma può elevare la sua 'altezza' solo da una base empirica comune. Di cui il tempo antropologico (ciclo nascita-morte) é parametro costante. Cosa su cui mi pare concordi:

CitazionePersonalmente, ritengo che la questione dell'etica sia molto complicata. Ritengo che la 'base' dell'etica sia la mente, nel senso che essa si basa, diciamo, sulla 'struttura' della mente e che tale 'struttura' sia in parte invariante. E proprio su tali invarianze si 'fonda' l'etica.


CitazioneSemmai, il 'trascendente' può entrare in un secondo momento, se esso è diciamo 'richiesto' dalla struttura della mente (se si arrivasse alla conclusione, ad esempio, che la mente tende 'naturalmente' al trascendente e tenderebbe a fondare 'naturalmente' l'etica in esso...).

Il "trascendente" é scorciatoia religiosa per scardinare il limite naturale. Ma il trascendentale etico non ha questa velleità. Si sottomette alla natura e la rende meno matrigna attraverso la conoscenza e utilizzo razionale delle sue leggi. Attenzione a non confondere i due concetti di origine kantiana che antropologia e psicologia tengono ben distinti.

CitazioneConcordo che il 'punto di partenza' per una seria investigazione dell'etica deve essere l'uomo. Si deve studiare a fondo l'uomo. Da questo studio, si arriverà probabilmente a qualche conclusione...

Sono contento che concordiamo sulla parte dell'antinomia dell'origine  :)

L'antinomia dell'origine é radicale e, rispondendo anche a viator, non può essere rimossa con un ricorso fraudolento al tuo nome.

Si può vivere benissimo e produrre contenuti trascendentali anche senza conoscere le cause prime, accettando i limiti del conoscibile - del scientemente "dicibile" - e lavorando su quei limiti per ampliarli. Senz'altro più "etico", e rispettoso della verità, che fingere ipotesi su "apeiron" entificati fantasiosi.

Ciao @Ipazia,

sul motivo per cui ritengo l'etica speciale, ti rimando a tre miei post nella lunghissima discussione su Nietzsche di qualche tempo fa:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16202/#msg16202
Prima parte di questo https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16360/#msg16360
E questo: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16379/#msg16379
Il carattere 'deontologico' dell'etica è molto 'particolare' perché richiede una necessità che non può essere data dalla conoscenza di sensazioni, abitudini ecc.

Sul resto della tua risposta, se proprio si vuole essere coerenti non si dovrebbe assolutamente niente su ciò che è 'oltre' il limite. Nemmeno in negativo.
Non capisco, onestamente, il 'fraudolenti'. Perché vogliamo proprio vederci una volontà di ingannare? Mi pare un'accusa completamente fuori luogo.
Onestamente, però, non ci vedo niente di male nella speculazione metafisica sulla questione dell'origine. Anche se si arrivasse a dire che è impossibile trovare razionalmente una soluzione, questo non implica che è 'sbagliato' fare ipotesi sull'origine, no? è per caso vietato? Da chi? Formulare ipotesi indimostrabili diventa addirittura fare ipotesi 'fraudolente'?  ::)

[Ah e, inoltre, se la Natura rimane comunque 'matrigna' anche se sviluppassimo la nostra tecnologia al massimo livello allora diventa 'comprensibile' che si cerchi una sorta di 'trascendenza'. Dobbiamo proprio condannarla tout court questa tendenza? Ma stiamo divagando... ;) ]


Citazione di: viator il 03 Novembre 2019, 13:52:10 PMSalve. Con l'incausazione mi sembra proprio che non ci siamo. Essa prevederebbe - quale origine dell'essere - l'inesistenza delle cause dell'essere, perciò il nulla considerato come origine dell'essere.  



Ciao @viator,

Il problema è che se rigetti una qualche forma di 'Causa Prima', devi accettare la presenza di una regressione infinita.

In altre parole, se c'è un 'primo evento' per rendere tale evento intelligibile, devi trovare una causa di esso. Ma tale causa non può essere causata da altro.

Se, invece non c'è, c'è la regressione infinita. Ma possiamo accettare che per arrivare a questo momento è passato un tempo infinito?  :)


(non ho poi capito se tu sei contrario a qualsiasi nozione di 'incausato' o solo ad una causa incausata...)


Rispondo a @paul11, nei prossimi giorni.
#51
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Civiltà occidentale
03 Novembre 2019, 12:34:20 PM
Volendo essere 'sintetici', uno dei problemi del 'non avere alcun riferimento fisso' e di 'sposare pienamente il divenire' è quello che si finisce, per così dire, alla deriva. Sbattuti qua e là dalle 'onde' divenire nelle sue varie forme  :-\


In pratica, si rischia di farsi controllare dal divenire stesso, se si decide di 'sposarlo pienamente'.


Quindi, la 'libertà' che si crede di avere sposando il divenire potrebbe rivelarsi anch'essa illusoria ::)

P.S.
(scusate le varie modifiche...)
#52
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
03 Novembre 2019, 12:21:57 PM
Ciao @paul11,

 

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
Per me è evidente un origine di tutto, è il fisico che si sposta la livello superiore meta-fisico.
Perchè questo universo ha determinate regole? Potremmo pensare ad altri universi con altre regole?
L'origine detta le regole e le condizioni affinché vi siano le relazioni, senza tutto questo non ci potrebbe essere regolarità conoscibile:sarebbe davvero caos del tutto indeterminato.
 

Concordo con te si potrebbe spiegare l'ordine che vediamo nell'universo tramite un'origine. Per esempio, io sono affascinato dal platonismo e dal 'concettualismo' che vede gli universali - in particolare la matematica - come concetti nella Mente Divina (ci sono vari fisici e matematici che sono affascinati da queste prospettive...). Ci si potrebbe chiedere se tale Mente Divina è totalmente immutabile o se vi è in tale Mente una 'parte' che diviene.

Però, secondo me, anche lo scenario della regressione infinita non è incompatibile con la presenza di regole. Forse, non si riuscirebbe a dare una 'giustificazione' a questo ordine. Ma questo non implica necessariamente che sarebbe un caso completo. 

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
Se il divenire è il piano in cui la causalità si mostra, non può esserlo l'origine, deve per forza essere incausato. Cosa direbbe Bohm topologicamente e non con le coordinate cartesiane: prima ,del prima, del prima....... 
 

Beh, io concordo che tale origine dovrebbe essere 'qualcosa' di incausato. Quello che non comprendo, però, è come qualcosa di incausato e immutabile possa essere una causa. Personalmente, non credo che la ragione umana possa davvero dare una spiegazione intelligibile di ciò. Questo non significa che sia falso, ma semplicemente che si forma una antinomia, un limite. Potrebbe anche essere vero. 

Si potrebbe pensare che questo origine abbia una 'parte' che diviene. Ma anche in questo caso, non si capirebbe perché solo in un preciso momento sia avvenuta la produzione (o la creazione...) del cosmo. Di nuovo, il fatto che questo tipo di questioni produca antinomie non le rende irrilevanti, false ecc.

Personalmente, comunque, non sono contrario all'esistenza di 'qualcosa' di immutabile, di incausato, di verità permanenti ecc. Anzi. Come penso di aver fatto capire nei miei interventi sul forum. Quello che non comprendo è come 'qualcosa' di immutabile possa essere una causa. 

Riguardo a Bohm, ritengo che lui direbbe che la 'Causa Prima' precederebbe tutto, senza che ad essa si possa applicare la proprietà di essere 'effetto di...'. Viceversa, se ci fosse regressione infinita, non vedo come ciò possa configgere con la prospettiva 'topologica'. 

(En passant, solo per dire quanto può essere vario il 'panorama' delle 'visioni del mondo' offerte dai filosofi, non molto tempo fa ho scoperto che per Aristotele il 'Primo Motore Immobile' - ovvero il 'Dio aristotelico' - era visto come Causa Finale di tutto e, inoltre, che aveva accettato la regressione infinita. Effettivamente, nella concezione Aristotelica di Dio, questa prospettiva è coerente, visto che essendo Dio 'Atto Puro' che per lui significava 'Pensiero che pensa se stesso' sembra escludere la possibilità che possa 'produrre' qualcos'altro come 'causa efficiente'. Al massimo, si può dire che possa 'produrre'  qualcosa se altri enti 'tendono' a Dio, ovvero come 'causa finale'. Questo per dire, che nella storia del pensiero, si è anche formata l'idea di una Mente Divina e una regressione infinita.)   


Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
La regressione infinita, verso il basso e l'alto, verso l'infinito più piccolo e l'infinito più grande ,riguarda un processo, un procedimento che culturalmente l'uomo ha scelto e ha portato a risultati, ma non più nella meccanica quantistica. La stessa cosa si pone sull'origine dell'universo.
Bohm lo dice nel dialogo. Una certa matematica, una certa visione fisico-naturale, ha fatto progressi conoscitivi in questi ambiti, ma non aiutano più, anzi diventano pesi e condizionamenti.

 

Beh, sulla seconda parte concordo pienamente. Riguardo alla prima, può darsi che ci sia, come dici tu, un modo per 'oltrepassare' il 'limite'. Ma, per ora, non riesco a trovare soluzioni pienamente soddisfacenti a tale problema. Questo non significa che non ci dobbiamo domandare e non possiamo teorizzare su di ciò, ma forse non è qualcosa che può essere 'risolto' con la sola ragione...

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
La mia impressione è che siamo in un periodo storico umano conoscitivo di forte transizione, perché gli strumenti conoscitivi finora conseguiti hanno fatto il loro tempo.
Oggi siamo in crisi su tutto.

 

Sì, ho anche io questa impressione...

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
...
Il mondo si dà e mi dice.... Ma è la mente che dà il nome, denotazione, simboli e segni.
...
 

Sì, è difficile separare quello che è puramente 'del mondo' da ciò che ci aggiunge la mente...Ritengo anche io che comprendere la mente sia essenziale ;)

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
...
Nessuna classificazione sarebbe possibile dall'alto al basso e viceversa se in origine l'energia non avesse avuto al propri interno anche le regole e le condizioni per potere essere modellata, per divenire nel tempo e nello spazio
...
 

Personalmente, ritengo che l'idea di Bohm (e altri, specialmente in tempi recenti. Idee simili si trovano anche in Rovelli, ad esempio...) sia un buon modo per dire fare a meno dell'idea che ci sia uno 'spazio' e un 'tempo' dove i fenomeni si localizzano e avvengono. Le relazioni spaziali e temporali si originano dalla presenza di più fenomeni. Quindi, la sola presenza di più fenomeni potrebbe spiegare le relazioni spaziali e temporali. Non ci sarebbe bisogno di trovare qualcosa di intrinseco al singolo fenomeno per spiegare tali relazioni. Ma sono compatibili con una pluralità di essi.

Ovviamente, in questa formulazione è un'idea vaga. Ma interessante. 

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
Il processo, procedimento, protocollo, è uno standard attribuito quando una conoscenza funziona. Ma funziona fino a quando la stessa mente umana, non incontra conoscenze nuove che contrastano con lo steso procedimento. Quì necessita il salto delle procedure.
E l'origine è in parte procedura, poiché è in relazione con energia ,regole e condizioni, ma allo stesso tempo è ontologia necessariamente ed è quest'ultimo il problema fisico, ma non meta-fisico
poiché incausato.
 

Qui sulla prima parte concordo. Sulla parte dell'origine non sono sicuro di capire. Se intendi che l'origine è sia un problema fisico che meta-fisico, concordo. Questo potrebbe essere un altro elemento che ci suggerisce che la fisica da sola non si 'auto-fonda'. 

Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2019, 12:24:08 PM
In fondo è lo stesso problema sul tempo fra Einstein e Bergson: l'uno vede lo stato empirico e l'altro lo stato mentale,ma entrambi essendo umani riconoscono le ragioni dell'altro
 


A meno che non si ritenga il divenire illusorio, ritengo che siamo abbastanza 'obbligati' ad accettare entrambi i tempi. Direi poi che anche il 'tempo mentale', comunque, può essere considerato 'empirico', visto che ne facciamo esperienza diretta, ma ovviamente non è 'empirico' allo stesso modo di quello fisico  :)

Citazione di: Ipazia il 02 Novembre 2019, 09:47:01 AM
Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2019, 23:07:21 PMPersonalmente, ritengo che, almeno allo stato attuale, l''inizio' costituisca un'antinomia del nostro pensiero. O, meglio, un limite... :)
Concordo assolutamente e ne deduco che ancorare la questione etico/morale a ciò che oltrepassa quel limite non può che sfociare nell'irrazionalismo. Archè, fisici e metafisici, se ne trovano anche senza forzare aprioristicamente quel limite. Archè razionalmente sostenibili. Ad esempio fondati sulla realistica presa d'atto del tempo antropologico. Individuale e collettivo.


Ciao @Ipazia,

Personalmente, invece, ritengo che difficilmente si può fondare l'etica sulla conoscenza empirica. D'altra parte concordo che la 'base' dell'etica è la mente e, quindi, l'uomo (sull'origine dell'etica si può discutere...ma l'origine non è la 'base')  :) La sola conoscenza empirica non riesce a dare, a mio giudizio, quel carattere 'deontologico' che è necessario per l'etica, come ho già affermato in altre discussioni (nelle quali ci siamo trovati in disaccordo, anche molto forte  ;D ).

Personalmente, ritengo che la questione dell'etica sia molto complicata. Ritengo che la 'base' dell'etica sia la mente, nel senso che essa si basa, diciamo, sulla 'struttura' della mente e che tale 'struttura' sia in parte invariante. E proprio su tali invarianze si 'fonda' l'etica. Semmai, il 'trascendente' può entrare in un secondo momento, se esso è diciamo 'richiesto' dalla struttura della mente (se si arrivasse alla conclusione, ad esempio, che la mente tende 'naturalmente' al trascendente e tenderebbe a fondare 'naturalmente' l'etica in esso...). 

Concordo che il 'punto di partenza' per una seria investigazione dell'etica deve essere l'uomo. Si deve studiare a fondo l'uomo. Da questo studio, si arriverà probabilmente a qualche conclusione...

Sono contento che concordiamo sulla parte dell'antinomia dell'origine  :)
#53
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
01 Novembre 2019, 23:07:21 PM
Ciao @paul11,

chiedo scusa del ritardo nella risposta...Ti ringrazio per le tue considerazioni. Commenterò, però, soltanto la parte 'fisica' del tuo post. 

Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
 La scienza fisica attuale sta alla meta-fisica nel momento in cui il piano concettuale fuoriesce dai sensi come parametro di verità. Sono scienze contro intuitive e puramente concettuali dove la mente e la cultura relegata ai sensi fallisce ed è di ostacolo (c'è per questo timore delle future intelligenze artificiali che non avranno questi limiti sensibili) 

Qui 'tocchi' un punto molto interessante. Il fatto che la 'contro-intuitività' delle teorie fisiche si manifesti quando si indaga a scale 'remote' rispetto a noi (es. nel mondo microscopico, ad altissime velocità ecc), in effetti, può essere un segnale che la nostra capacità di costruire una 'immagine' della realtà è limitata. Bohr, per esempio, insisteva che ogni descrizione dei fenomeni fisici doveva essere fatta utilizzando concetti classici, ovvero concetti che si basano, in ultima analisi, sulla nostra esperienza. Per come la vedo io, la sua interpretazione è, di fatto, una dichiarazione della limitatezza della scienza. Infatti, per Bohr, non è possibile costruire una 'descrizione classica' del mondo quantistico, il quale rimane inaccessibile. Per certi versi, si possono effettivamente leggere le interpretazioni della meccanica quantistica - ma anche della relatività - come 'meta-fisica'. 

Curiosamente, però, ogni tanto queste teorie 'meta-fisiche' si prestano a test sperimentali. Penso al caso straordinario delle disuguaglianze di Bell, la cui violazione verificata sperimentalmente (se si accettano ragionevoli assunzioni), ci dice che una descrizione puramente 'classica' del mondo quantistico è impossibile. Anche se insistiamo dando una lettura 'realista' alla MQ, dobbiamo accettare una qualche forma di non-località e non-separazione che contrastano l'assunzione per cui è sempre possibile 'scomporre' i sistemi fisici in parti, uno sguardo puramente 'analitico'/'riduzionista' del mondo. 

Secondo me gli esperimenti della violazione delle disuguaglianze di Bell rendono il confine tra 'fisica' e 'meta-fisica' molto ambiguo. 

Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
La cosmologia dichiara un tempo zero in cui tutta l'energia espressa dall'universo era dentro una capocchia dispillo.
 

Più precisamente, la 'singolarità' significa che la densità di energia è infinita. Non necessariamente che l'estensione dell'universo era puntiforme...

Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
 Il tempo 1,2,3.......... è l'apparire delle forze:atomica debole e forte, gravitazionale elettromagnetica che rimodellando l'energia stessa la trasformano anche in materia(che alla fine è una forma di energia).Miliardesimi di secondo che spostando l'energia dal punto zero nel tempo zero si espandono fisicamente ....come un grande respiro. 
 

Sì, quando dicevo che tempo e mutamento sono per me estremamente legati, è perché ritengo che non ci sia davvero un modo per distinguerli. La successione del tempo fisico perciò potrebbe essere compresa come la successione dei mutamenti avvenuti. Il 'tempo' come dimensione 'nella quale' avvengono gli eventi sembra una sorta di 'errata reificazione'. 

Credo che nel 1961 David Bohm ci avesse visto giusto, quando in una discussione sui fondamenti della fisica disse (link: http://dbohm.com/david-bohm-quanta-and-reality.html):

CitazioneI want to propose another idea of space and time, the topological idea. By this I mean the study of the non-quantitative aspects of relationships in space (and, of course, in time also). For example, 'inside', 'outside', 'before', 'after', 'between', 'connected' and so on. I might mention one typical idea: How do we actually locate something in space? If we wanted to locate a glass on a table, do we give its latitude and longitude, for example, which is what the Cartesian notion would be? Obviously not. What we do is to say it is on the table, which is in the room which is in the building on the street in this city, and so on. This is a series of topological relations of being within or upon. Now, we get a whole series of such relations and that is how in common experience we locate something.

Traduzione:
Vorrei proporre un'altra idea di spazio e tempo, l'idea topologica. Con questo intendo lo studio degli aspetti non-quantitativi delle relazioni nello spazio (e, ovviamente, anche nel tempo). Per esempio, 'dentro', 'fuori', 'prima', 'dopo', 'in mezzo', 'connesso' e così via. Potrei menzionare un'idea tipica: come, di fatto, individuiamo qualcosa nello spazio? Se volessimo individuare un bicchiere su un tavolo, diamo la sua latitudine, per esempio, che è ciò che sarebbe la nozione Cartesiana? Ovviamente no. Ma quello che diciamo è che è sul tavolo, che è in una stanza che è in un edificio sulla strada in questa città, e così via. Questa è una serie di relazioni di essere dentro o sopra. Ora, otteniamo una intera serie di tali relazione e ciò è come nell'esperienza comune individuiamo qualcosa.

Parla principalmente delle relazioni spaziali. Ma il discorso come fa notare anche lui si estende naturalmente anche al tempo. 

Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
E se dicessi che quel tempo zero è l'archè meta-fisico? La cosmologia delle scienze moderne non può rispondere chi, cosa ,come e perché c'è stato un tempo zero in un luogo zero. Quel tempo è un eterno, prima che apparissero gli elementi, le forze, ed è dimostrabile solo dalla ragione e non volerlo dimostrare, perché occhi non vedono e cuore non duole, significa che quella capocchia di spillo viene dal nulla e nulla sarebbe il significato allora dell'intero universo, compreso l'uomo. «L'arché dunque non solo è ciò che vi è di identico nelle cose diverse, e non solo è la dimensione da cui esse provengono e in cui esse ritornano, ma è anche la forza che determina il divenire del mondo, ossia è il "principio" che, governando il mondo, lo produce e lo fa tornare a sé» (La filosofia dai Greci al nostro tempo,di Emanuele Severino I vol., pag. 34, BUR, Milano 2004).

Personalmente, credo che ogni spiegazione che possiamo dare sull''inizio' ha alcune difficoltà. Quella che sembri proporre tu, ovvero che il tempo (il mutamento) ha un aspetto molto contro-intuitivo. Non si riesce a dare alcuna spiegazione al primo evento. Dicevamo, poco tempo fa, che casualità e temporalità sono connesse. Bene, qual è la causa di tale primo evento? Non può essere qualcosa che diviene. Se fosse qualcosa che diviene, contraddirebbe la nostra assunzione che l'evento considerato è il primo. Ma ci possono essere cause che non divengono, cause a-temporali?

Alcuni fisici hanno addirittura considerato l'idea che il 'primo evento' insorge dal 'Nulla'. Chiaramente, è una contraddizione. Anche, perché, 'fluttuazioni quantistiche' che, in questi modelli sono ritenute responsabili del 'primo evento', non avvengono nel Nulla...

Una terza alternativa è che, in realtà, non vi sia un 'primo evento'. Regressione infinita. Ma anch'essa ha difficoltà. Non ci sono evidenze sperimentali accettate, per esempio, in supporto di questa idea (a parte, forse, alcune che il grande cosmologo Roger Penrose pensa di aver notato come supporto alla sua teoria della Cosmologia Ciclica Conforme...ma tali evidenze sono controverse). L'idea stessa della regressione infinita però presenta difficoltà. Pensare, ad esempio, che prima di noi ci sono stati infiniti eventi fa riflettere su come si è arrivati fin qui.

Personalmente, ritengo che, almeno allo stato attuale, l''inizio' costituisca un'antinomia del nostro pensiero. O, meglio, un limite... :)
#54
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
27 Ottobre 2019, 18:27:09 PM
Adesso passo ad Einstein e Bergson.

Citazione
Il tempo fisico è una scansione di attimi, il tempo vissuto ha durate diverse perché è vissuto e ogni evento o corre troppo o ci sembra che si fermi.
Hanno ragione entrambi.

Secondo me, il tempo è intrinsecamente legato al mutamento. Dove c'è mutamento, c'è tempo. In assenza di mutamento, non c'è tempo.  

Il tempo non è 'qualcosa' dentro cui si succedono i fenomeni (al massimo, questo è un costrutto concettuale che facciamo noi...). 

Da quello che mi ricordo, però, il tempo 'fisico' del 'secondo' Einstein è qualcosa di un po' diverso. Secondo lui, a quanto pare, il mutamento era puramente illusorio. Nel mondo fisico non c'è 'veramente' mutamento ('universo a blocco'). Erroneamente noi riteniamo che ci sia mutamento perché siamo ingannati dall'illusorio tempo vissuto. 

Personalmente, ritengo, invece, che il mutamento non sia né illusorio né solamente qualcosa che riguarda esclusivamente la mente. C'è un mutamento reale anche nel mondo fisico. Quindi, concordo che ci sono entrambi i 'tempi'. 
#55
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
27 Ottobre 2019, 18:23:10 PM
Ciao @paul11,

Innanzitutto, ti ringrazio della tua risposta molto informativa.

Citazione
Dovresti leggerti ad esempio il Parmenide di Platone,...

Sì, hai ragione! Ho letto solo un pezzo del Parmenide, in realtà. In particolare, solo una parte della discussione dell'Uno, che ho trovato brillante. Mostra, tra l'altro, come la filosofia di Platone sia estremamente sottile, molto più di quanto viene spesso presentata.



Citazione
La meta-fisica non è niente affatto correlazione solo fra enti astratti, bensì le relazioni fra dominio naturale mediato dal linguaggio umano e teso a rappresentare un tutt'uno inteso come enti concreti ed enti astratti. Il ragionamento logico razionale è ciò che come strumento linguistico può relazionare diversi domini, così come le geometrie e matematiche ,come enti astratti con tanto di postulati si applicano agli oggetti concreti della realtà sensibile.


Infatti, molto spesso ci si dimentica che la 'meta-fisica' è un campo di studi piuttosto ampio, in realtà. La 'fisica' per sua natura è empirica. Ma già quando si cerca di capire, per esempio, quale interpretazione della meccanica quantistica è più corretta, si arriva al confine con la 'meta-fisica'. Perché? perché in realtà ci si chiede veramente cos'è la fisica e qual è il suo fondamento. Perché 'funziona' ecc? E a questo tipo di  domande 'fondative' la fisica non può rispondere da sola.

La 'meta-fisica' però diventa essa stessa discutibile, diciamo, quando 'pretende' di spiegare la 'natura della realtà'. Si basa su un'assunzione indimostrabile, ovvero, appunto, che tale spiegazione sia possibile. La stessa 'meta-fisica' non sembra essere 'auto-fondatesi'.  

Personalmente, tendo anche io a non 'sconfinare' troppo dal 'sensibile' (anche per ragioni pragmatiche...). Ma concordo che un po' si dovrebbe farlo.

Citazione
La rottura empirista , che viene fatta passare per razionale da una certa cultura moderna strumentalmente, si fida della VISIONE PERCETTIVA SENSIBILE e per questo Hume predicherà l'incausazione dei fenomeni fisici e riterrà che la morale è sentimento, in quanto l'emotività è più importante della ragione.

Secondo me con Hume l'empirismo ha raggiunto storicamente la sua stessa confutazione. Hume ha portato all'estremo il ragionamento empirista, per il quale la conoscenza deriva dalla sola esperienza. Ma così facendo è finito nello scetticismo, perché, appunto, la conoscenza certa non può arrivare dalla sola esperienza. Il celebre esempio di Bertrand Russell del tacchino induttivista mostra il problema: l'esperienza ci permette di fare induzioni, ma queste induzioni sono, a priori, in realtà ipotesi. Wittgenstein arrivò a dire - mi pare nel Tractatus ma non ne sono sicuro - che anche al massimo dall'esperienza possiamo avere solo generalizzazioni accidentali. Ovvero, non possiamo scoprire vere e proprie 'leggi'. L''empirismo' come 'dottrina' che è possibile fondare la conoscenza sulla sola percezione è errata.

Riguardo alla dottrina morale di Hume, secondo me sarebbe stato più coerente se avesse semplicemente abbracciato lo scetticismo anche in quell'ambito. Wittgenstein invece, per esempio, nel Tractatus dice esplicitamente che l'etica - come la logica - è trascendentale.


Citazione
Ma deve a sua volta dividere il soggetto e l'oggetto, scendendo di livello razionale cartesiano fra il cogitans e l'extensa, non superandolo.


Il Kantismo è, in un certo senso, dualista, non c'è dubbio. C'è un piano trascendentale e un piano fenomenico. Anzi, tecnicamente, è un 'tri-alismo', nel senso che c'è il piano fenomenico, il piano trascendentale e il piano noumenico. Il piano trascendentale è quello che 'serve' per dare una forma intelligibile a quello fenomenico e il noumenico è quello che spiega la presenza di apparenze. Il problema di Kant è che non è chiaro su come si debba intendere il piano dell'io, ovvero il trascendentale.
Chiaramente, se si 'reifica' 'il trascendentale, ovvero renderlo una 'res', per così dire, allora senza dubbio si torna ad un dualismo ontologico cartesiano. Per 'evitare' ogni forma di dualismo, si dovrebbe evitare di 'reificare' sia il noumeno che il trascendentale. Se, invece, lo si fa, secondo me l'idealismo trascendentale diventa una forma 'sottile' di realismo indiretto.

Ma se non si 'reifica' nulla, come possiamo spiegare la presenza della nostra stessa esperienza ecc? (deliberatamente non do una risposta) La fenomenologia sembra semplicemente descrivere l'esperienza, senza prendere posizione sulla 'realtà' o meno dei due piani (e senza dare una priorità ad uno dei due...).

Se si vuole dare una interpretazione ontologica, si deve accettare una qualche forma di 'dualismo mente-materia', secondo me.

Citazione

il soggettivismo della concreata realtà del solo dominio del sensibile, non ha più nulla di fondativo nelle morali, perché ognuno come soggetto è libero di opinare. Per questo hanno esaltato la libertà, per formare l'individualismo dentro il solo dominio umano come metafora della natura.

Sì, direi che l'individualismo si può spiegare con questa evoluzione del pensiero che hai tracciato.

Citazione
Ritornando a Kant il trascendentale è il passaggio dal dominio della natura alla mente umana, non è il trascendente che relaziona il dominio fisico naturale del sensibile con il sopra sensibile: il concreto e l'astratto.
Kant non fonda la scienza moderna che era galileiana e newtoniana, fu l'illuminismo a esaltare la ragione dalle solo prassi,sotto il vento delle scienze sperimentali , semmai cerca e ripeto di rendere come la scienza moderna la filosofia.

Punto molto interessante, ci devo riflettere!

Citazione
Ognuno di noi, senza essere filosofo, presta fiducia in qualcosa e si apre a costrutti del pensiero che dialetticamente operano nella realtà della vita e daccapo la dialettica delle prassi ridiventano rimodulazione di ciascun modello rappresentativo della realtà che le scienze, le filosofie, e ognuno di noi nel suo piccolo, compie.


Concordo, specie nella prassi!

Citazione
La morale è sopra sensibile per necessità, l'etica è dentro le prassi dei comportamenti.
Non sono la stessa cosa. Noi confrontiamo i nostri comportamenti con la nostra coscienza.

Concordo, anche se per 'morale' sono più incline ad intendere lo studio delle regole normative (che possono anche essere puramente contratti sociali) o l'insieme delle norme stesse, mentre per 'etica' intenderei lo studio dei giudizi di valore, di ciò che è 'giusto'/'ingiusto' ecc o i giudizi di valore stessi ecc. In pratica, ritengo di usare le due parole in modo contrario al tuo.

Secondo me il fatto che, come ben dic tu, non sono la stessa cosa è qualcosa che difficilmente viene preso seriamente, oggi. Ed è un punto molto importante. Non ci può essere un fondamento dell'etica (per come la intendo io  ;) ) nella sola 'esperienza'. In realtà, ci sarebbe da precisare un po' e da spiegare meglio ma si divagherebbe troppo.

Citazione
Su Heidegger diciamo succintamente che siamo gettati nel mondo e dobbiamo avere un pro-getto se vogliamo dare senso alla vita.


Ok, capito!  Grazie!

Citazione
E' normale che il club della cultura dominante non possa disancorare le scienze fuori dal sensibile, dal vedere come dimostrazione. Sono i San Tommaso che devono vedere le piaghe per poter credere.


Considerando poi, tra l'altro, che l'empirismo portato all'estremo (o meglio, portato alla sua inevitabile conseguenza) sfocia nello scetticismo, tale 'ancoramento' in realtà non è così saldo (nel senso se poi non ci si fida più di quello che si vede...)...
#56
Tematiche Filosofiche / Re:Nietzsche
24 Ottobre 2019, 22:44:18 PM
Personalmente, ritengo Nietzsche un filosofo molto brillante. Ma essere 'brillanti', ahimè, non significa automaticamente che non si facciano errori, che si affermino cose controverse o anche purtroppo pericolose...

Per esempio, ho trovato la sua analisi del risentimento (o 'ressentiment') e su come questo sia spesso 'camuffato' in altra forma molto profonda, così come la sua ricerca della verità (e, soprattutto, di liberarsi dalla falsità). Altro esempio, il concetto di 'eterno ritorno'. Dalla 'Gaia Scienza':

Citazione"Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: «Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!». Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?" (Gaia Scienza, Libro IV, n. 341).

In questo passo, Nietzsche suggerisce che per essere realmente 'soddisfatti' di questa vita si dovrebbe volerla vivere per tutta l'eternità. Secondo me, Nietzsche ha ragione nel dire che è un 'pensiero abissale' ma il fatto che si tenderebbe a dire 'no' a questo scenario (Nietzsche stesso in questo passo sembra quasi suggerire che nessuno direbbe, in realtà, 'sì'...) rivelerebbe qualcosa di molto importante riguardo a noi. Siamo così soddisfatti della vita a voler rivivere tutti i momenti in cui abbiamo provato sofferenza? in cui abbiamo provato dolore? in cui siamo stati separati da ciò che ci è caro? perché è anche questo che la vita comporta, no? Volere 'affermare' questa vita, voler dire 'sì' a questa vita - che per Nietzsche era senza Dio, senza 'un senso più alto' ecc - vuol dire dire di sì anche a sofferenza, separazione, dolore ecc. Nietzsche sembra suggerire che quasi (?) tutti gli uomini non vogliono affermare la vita in questo modo. Così guardava al 'superamento' dell'uomo, l'oltre-uomo, come la figura che avrebbe detto 'sì'. Ma...se fosse vero l'opposto...Nel senso, se ci fosse della verità proprio nel fatto che la nostra risposta è 'no'? Nietzsche lo vedeva negativamente, come una 'fuga dalla realtà'. Ma se, invece, fossimo nel giusto a dire di 'no' a sofferenza, dolore, separazione ecc?
Ritengo il concetto dell'eterno ritorno molto profondo, ma dissento completamente dalla reazione che si dovrebbe avere. Secondo me voler affermare la vita in tutti i suoi 'aspetti' è sbagliato. Personalmente ritengo che in questa sua consapevolezza che quasi (?) tutti avrebbero detto 'no' e il fatto che riteneva che solo la figura (immaginaria) dell'oltre-uomo avrebbe detto 'sì', si possa vedere in Nietzsche una sorta di 'tentennamento' della validità della sua stessa filosofia (forse tale tentennamento - se c'è veramente stato - veniva dalla riflessione sul suo vissuto?).
(Comunque, trovo un po' ironico che il filosofo che se l'è presa con gli uomini che parlavano di 'mondi oltre/dietro il mondo', alla fine, parli dell'oltre-uomo... ::) )

Ma oltre ad avere elementi profondi, ha anche elementi pericolosi.
Consideriamo le citazioni di 'Al di là del Bene e del Male', che ho riportato qui: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16986/#msg16986. Per comodità, le riporto qui:

Citazione13.
I fisiologi dovrebbero riflettere prima di fare dell'istinto di conservazione un impulso cardinale di un essere organico. Un'entità vivente vuole prima di tutto liberare la propria forza ‑ la vita stessa è volontà di potenza ‑:


259.

Astenersi reciprocamente dall'offesa, dalla violenza, dallo sfruttamento, equiparare la propria volontà a quella degli altri: ciò può divenire in un certo qual rozzo modo una buona abitudine tra individui, ove ve ne siano le condizioni (cioè la loro effettiva omogeneità di forze e di valori e la loro appartenenza reciproca all'interno di un unico corpo). Non appena però si volesse prendere questo principio in senso più ampio e, se possibile, come principio fondamentale della società, esso si dimostrerebbe subito per ciò che è: volontà di negazione della vita, principio di dissoluzione e di decadenza. Occorre qui pensare in modo esaustivo al fondamento e rifiutarsi ad ogni debolezza sentimentale: la vita stessa è essenzialmente, appropriazione, violazione, sopruso su ciò che è estraneo e più debole, oppressione, durezza e imposizione delle proprie forme, annessione e perlomeno ‑ ed è il caso più benevolo ‑, sfruttamento, ma a che scopo bisognerebbe usare sempre proprio queste parole, sulle quali si è impressa sin dai tempi antichi un'intenzione diffamatoria?

Anche quel corpo, all'interno del quale, come prima abbiamo supposto, gli individui si trattano da uguali ‑ avviene in ogni sana aristocrazia ‑, deve esso stesso, nel caso esso sia un corpo vitale e non moribondo, fare contro altri corpi tutto ciò da cui gli individui che sono in lui si astengono dal fare reciprocamente: esso dovrà crescere per attrarre a sé, conquistare, vorrà prevalere, ‑ non a causa di una qualche moralità o immoralità, ma perché egli vive, e perché vita è appunto volontà di potenza. In nessun punto tuttavia la coscienza comune degli Europei è più ostile all'insegnamento di quanto non lo sia qui; oggi ci si entusiasma ovunque, addirittura sotto un travestimento scientifico, di condizioni future della società, dalle quali dovrà scomparire il «carattere di sfruttamento»: ‑ ciò suona alle mie orecchie come se si promettesse di inventare una vita che si trattenesse da ogni funzione organica.

Lo «sfruttamento» non appartiene a una società deteriorata o incompleta e primitiva: esso appartiene all'essenza stessa di ciò che è vivente, come organica funzione fondamentale essa è una conseguenza della caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita. ‑ Posto che questa sia nuova come teoria ‑ come realtà è il fatto originario di tutta la storia: si sia onesti verso se stessi fino a questo punto! ‑ (Al di là del Bene e del Male)


Si può dire che, per esempio, nel mondo naturale effettivamente domina chi vince nella lotta della sopravvivenza. E che essendo una lotta, è anche per così dire 'sopraffazione'. Come Eraclito, in Nietzsche c'è una tendenza a glorificare il conflitto (Eraclito: "il conflitto è padre e re di tutte le cose..." (frammento 51), "dobbiamo riconoscere che il conflitto è universale e che la contesa è giustizia..." (frammento 80)). Direi che non devo spiegare come ciò possa essere pericoloso e anti-etico. Comunque, in ogni filosofia che glorifica il mondo naturale e/o la volontà umana si corre questo rischio, ovvero che si glorifichi anche ciò che è pericoloso e anti-etico. Chi vuole glorificare il mondo naturale dovrebbe glorificare anche la 'lotta per la sopravvivenza' anche se essa è violenta e così via. Chi, come Nietzsche, glorifica la volontà chiaramente si espone alla glorificazione anche di forme pericolose della volontà stessa (inoltre, mentre nel mondo naturale la lotta è dovuta ad una dolorosa necessità, spesso non è così nel mondo umano...). 

Ecco, dunque, che io ritengo la soluzione Nietzscheiana al problema del 'nichilismo' (nel senso di 'niente ha importanza') come pericolosa e anti-etica.
#57
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
24 Ottobre 2019, 22:01:23 PM
Ciao @paul11,

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PMCiao Aperion, in realtà la filosofia antica ebbe prima un approccio direi naturalistico, poi la speculazione della ragione porrà elementi meta-fisici.

Concordo, in parte, con quello che dici. Se per 'meta-fisica' intendiamo lo studio di 'oggetti' al di là del mondo fisico, penso che hai ragione. I primi filosofi greci sembravano interessati, principalmente, a formulare una spiegazione dei fenomeni - anche se, comunque, non mancavano idee 'meta-fisiche' come l'Apeiron di Anassimandro, il Logos di Eraclito e i 'numeri' dei pitagorici e così via. Però, è anche vero che il problema di determinare la 'natura' dei fenomeni fisici è un problema che può essere considerato esso stesso meta-fisico.  

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
 Ma c'è un luogo comune culturale e dominante che purtroppo è diventata convenzione, quello di pensare che la meta-fisica giunga all'ontologia senza passare dalla natura ,dalla realtà. E' un grosso errore perché il percorso razionale è uno e uno solo ed è quello che permette al linguaggio, che si tratti di solo forme o di solo sostanze, di costruire relazioni. La matematica e la geometria sono scienze con proprie postulazioni, ma sono applicabili al mondo in altre scienze valutandone qualità e quantità. Per Kant, avendo una visione della filosofia come la scienza galileiana, lo sforzo del trascendentale , è già il solo ammettere che senza degli a-priori e le categorie è impossibile costruire relazioni logiche. Il trascendente è andare dentro il noumeno kantiano, entrare nel dominio dell'Essere, dell'ontologia. Senza quest'ultima è improponibile una morale, ed è quello che infatti la scienza moderna non può fare,se non per vie traverse che la relazionino alla filosfia.
 

Su questo si potrebbe discutere moltissimo... L'apice del 'razionalismo' - intendo la corrente di pensiero secondo la conoscenza può essere raggiunta con la sola ragione - è avvenuto all'inizio della modernità, prima di Kant. Cartesio, per esempio, ha cercato di superare il problema dello scetticismo con il puro ragionamento, prima cercando di dimostrare l'esistenza di Dio e, poi, asserendo che Dio era garante epistemologico*. Spinoza stesso ha fondato la sua intera filosofia su tale premessa. E così via. Kant tentò di conciliare 'empirismo' - la posizione secondo cui la conoscenza viene solo dall'esperienza (che si era evoluta nello scetticismo di Hume) - e 'razionalismo'. Quello che concluse era che, sì, la ragione poteva darci conoscenza... ma solo se i contenuti dei suoi ragionamenti erano empirici. Allo stesso tempo, però, la conoscenza empirica ci dava solo informazioni sulla 'realtà come ci appare', ovvero 'formata' da intuizioni e categorie trascendentali. Paradossalmente, Kant, nel suo tentativo di 'fondare' la scienza moderna è giunto alla conclusione che tale 'fondamento' lo si poteva dare rimuovendo la convinzione che la scienza ci riveli la 'realtà così come è', il noumeno. 

D'altra parte, come ben fai notare, l'etica stessa, per Kant, è 'nel' noumeno. Quindi, strettamente parlando la scienza non può 'fondare' (almeno da sola - come fai ancora notare...) l'etica. 
[En passant, personalmente, sono abbastanza incline a vedere anche l'etica come trascendentale (un po' come il primo (e forse anche il secondo) Wittgenstein). ...]

*Quest'ultima osservazione - Dio come garante epistemologico - è un pensiero, secondo me, molto profondo, ma l'errore di Cartesio era quello di pensare di aver dimostrato l'esistenza di Dio... se avesse scritto che aveva fede in Dio come garante epistemologico, sarebbe stato ancora più profondo.

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
 In modo molto succinto, poiché Heideggere è parecchio complesso e persino contorto (c'è un primo e secondo Heidegger, come da letteratura) 1) Sì , con l'Esistenza noi abitiamo il tempo, il nostro tempo. 2) un esserci è ogni persona 3) il senso di attualizzare l'orizzonte temporale è il progetto E' curioso, ripassando ultimamente Husserl(fenomenologia), come quest'ultimo trovi più in Cartesio che in Kant, la sua fonte di ispirazione. Heidegger non ama il positivismo e le scienze moderne, non basta come speculazione umana davanti alle grandi domande sul senso della vita. Kant è invece un illuminista, ma ogni filosofo è figlio del suo tempo e quindi è chiamato a rispondere anche ai quesiti culturali coevi a lui. Per questo non do mai giudizi assoluti su ogni singolo filosfo. Kant vive il tempo in cui le scienze e la tecnica si dispiegano in piena potenza, Husserl vive la crisi delle scienze ; Heidegger discepolo indisciplinato di Husserl, vive la crisi della potenza della tecnica e di un nichilismo sociale prepotente (l'influenza in lui di Nietzsche è forte). 
 

Concordo che è giusto contestualizzare il pensiero dei filosofi...

Comunque, grazie della spiegazione. Sì, sapevo che c'erano due fasi del pensiero di Heidegger. In entrambe Heidegger era molto criptico...quindi, in poche parole, il tempo che esiste - per ogni 'Esserci' - per Heidegger è il momento vissuto. Passato e futuro sono da intendersi sempre in relazione ai singoli Esserci, nella loro individualità. In pratica, da quanto capisco Heidegger voleva concentrarsi sull''individualità' di ogni Esserci...

Trovo anche io molto curioso questo fatto su Husserl. Mi sorprende perché l'idealismo trascendentale di Kant è ciò che è più vicino ad un approccio fenomenologico: in fin dei conti, Kant ci ha detto che possiamo conoscere la realtà come appare... ma è anche vero che Cartesio ha 'inaugurato' la filosofia moderna analizzando la sua esperienza cosciente e, chiedendosi, se da essa poteva esserci conoscenza. Questa enfasi (iniziale) sull'esperienza lo avvicina, in effetti, alla fenomenologia.  

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
 Trovo che l'ontologia dello spazio e tempo e delle particelle in termini fisici nella relatività e quantistica siano più vicini alla meta-fisica originaria di quanto lo sia stata la fisica classica. Non è un caso che grandi scienziati abbiano speculato anche di filosofia, poiché il sapere muta la qualità delle domande che ci si pone(perchè il mondo è così, che senso ha tutto questo e io stesso in questo mondo?.....)

Sì e no. Sì, perché la fisica classica dava un'immagine della realtà molto 'vicina' a quella 'quotidiana'. No, perché alcuni vedono la fisica moderna come un indizio che noi possiamo solo conoscere proprietà relazionali dei fenomeni naturali (ovvero dei fenomeni come appaiono...). Altri, invece, sembrano effettivamente più inclini ad avvicinarsi alla meta-fisica originaria. Altri ancora tentano di ritornare ad una visione 'classica'. Ci sono poi posizioni intermedie  :) 

Rispondo molto brevemente all'intervento su Einstein e Bergson. Ritengo curioso che la relatività ristretta sembra suggerire una interpretazione 'strumentale' del tempo, ovvero a rendere il tempo dipendente dal riferimento e sembra non suggerire necessariamente una interpretazione ontologica dello spazio-tempo. Ovviamente, il sistema di riferimento non è un osservatore cosciente (o umano), ma, secondo me, si può notare una certa somiglianza con il tempo di Bergson. 
Einstein stesso sembra che si sia convinto della realtà dello spazio-tempo quadridimensionale (ho letto che Popper lo chiamava 'Parmenide' perché Einstein riteneva il flusso del tempo 'illusorio') dalla relatività generale (le prime basi della teoria risalgono come dici tu al 1907 ma ci vollero quasi dieci anni per formulare la teoria nella sua forma completa...).
#58
Ciao @Green,

Ben ritrovato! Sto abbastanza bene, grazie. Tu, tutto bene?

Mi spiace ma probabilmente ti devo dire che dovrai inserirmi tra i 'moralisti'. In particolare, il mio intervento era mirato ad integrare quello del Sari - che ho trovato 'ottimo' - con alcuni commenti. Personalmente, trovo la soluzione 'Nietzscheiana' al nichilismo - perdona il tono - incoerente e pericolosa, in realtà.

Incoerente perché ritengo che in uno scenario dove non ci sono più valori, non è molto coerente 'selezionare' alcuni modi di affermazione della volontà e altri no. Mi spiego meglio... è vero che Nietzsche riteneva che i modi di affermare la volontà (di potenza) migliori erano quelli che affermavano la vita ma è anche vero che lui stesso ha 'preso a martellate' l'idea di porre dei vincoli alla volontà. Assolutizzare la volontà dell'uomo mi sembra qualcosa di estremamente pericoloso. Mi sorprende che, in generale, la filosofia di Nietzsche non venga criticata più spesso per questo motivo...

Pericolosa perché non mettere alcun 'giogo' alla volontà, è assai rischioso. Ritengo, in realtà, che Nietzsche se ne rese in parte contro e che non fosse così 'sicuro' che andasse bene. Il problema di non mettere alcun giogo, alcun vincolo alla volontà è che essa non è così 'pura', diciamo. Così, la filosofia Nietzscheiana non mi sembra giustificare alcuna limitazione alle manifestazioni peggiori della volontà, come le più violente e così via. Ho infelicemente utilizzato la parola 'scandalo' per descrivere la 'soluzione' di Nietzsche, termine che è usato con altro significato anche per descrivere il Cristianesimo. Ma mentre nel Cristianesimo è utilizzato per descrivere la sua paradossalità, qui intendevo dire che la soluzione Nietzschaiana è 'scandalosamente pericolosa, antietica' o comunque che può avere conseguenze 'scandalosamente antietiche' (personalmente, ritengo che Nietzsche stesso non fosse, in realtà, così 'contento' come sembra della sua filosofia. Leggo in molti passi delle sue opere una tensione che sembra suggerire proprio questo, in realtà.).

Ritengo, invece, che l'etica, la morale sia esattamente ciò che serve per 'purificare' la volontà e - 'paradossalmente' - che sia esattamente ciò che ci avvicina ad una 'buona innocenza'. Non tutta la moralità è 'bigottismo'. Personalmente, utilizzando la metafora della zattera buddhista o della scala di Wittgenstein, ritengo che la morale sia qualcosa che ci aiuta a 'purificare' la volontà. Anche l''obbedienza' non deve necessariamente essere vista come solo un'imposizione esterna tesa a limitarci. In realtà, si può anche obbedire per libera scelta e - anzi - forse l'obbedienza serve proprio a condurci verso una libertà più 'alta' (ho citato l'esempio della zattera buddhista, ma non credo che questo tipo di concezione di 'morale' e 'obbedienza' non sia davvero compatibile con altre tradizioni, altre etiche e così via...).

Quello che noto è che questo 'fatto' - ovvero che si possano intendere moralità ed obbedienza in modo diverso (comprese la moralità e obbedienza nel contesto del Cristianesimo), un modo molto più 'libero', sembra non riuscire a convincere molti. E visto che ci sono, non credo nemmeno che credere profondamente - essere convinti di qualcosa, ad esempio essere pienamente convinti che certe azioni siano giuste e altre ingiuste - conduca all'intolleranza. Credo semmai che da questo punto di vista sia importante considerare il modo in cui lo si fa, il modo in cui si agisce ecc. Ma anche questo non sembra convincere molti.

Spero di non essere letto in modo polemico, volevo solo precisare alcune cose.

P.S.

Approfondirei volentieri il motivo per cui trovo Nietzsche non così convinto dalla sua filosofia e l'idea dell'eterno ritorno (che secondo me, invece, è molto legata all'oltre-uomo... non a caso Nietzsche lo definiva il 'pensiero più abissale'), ma andrei off-topic.



Citazione di:  Sariputra
La riduzione dell'essere ad ente, infatti, ha dato luogo ad un sistema ad alto impatto entropico, poiché gli enti, in quanto cose determinate, si deteriorano continuamente volgendosi in ni-enti (ossia nella negazione assoluta della loro qualità di cose determinate). In ciò consiste, a mio parere, il nocciolo profondo del nichilismo. Aumentando la rapidità della transazione di cosa con cosa, con  la onnipresente mercificazione, s'ottiene un effetto ottico illusorio di permanenza indeterminata. L'annientamento e lo 'svuotamento' di senso sembrano così non poter trovare spazio per manifestarsi tra gli interstizi del forsennato passaggio di ente in ente, di cosa in cosa, di persona in persona. Presi e lasciati in maniera sempre più frenetica. Non c'è più spazio per percepire il vuoto di senso.Così, con l'illusione che il processo di 'nientificazione' a cui il nichilismo approda possa esser congelato, sospeso indefinitamente, si prova vanamente a far terra bruciata intorno al terrore originario di perdersi, di non-esser-più. Senza speranza però, perché se è vero, usando una metafora, che agitando con rapidità e destrezza una torcia nell'oscurità lo spettatore ha l'impressione di trovarsi dinanzi ad uno stabile continuum di fiamma, ad una parabola ininterrotta di fuoco (ossia il parossistico, frenetico trascorrere delle merci, ora sul sempre più veloce web..), in realtà, all'aumento di velocità nel maneggiare la torcia corrisponde, proporzionalmente, una più veloce dissipazione della stessa fiamma. Vale a dire: tanto più velocemente produco e consumo enti-merci, o uso persone-cose, tanto più celermente li annichilisco. Il nichilismo è sabbia mobile: quanto più mi agito per evitare di affondare, tanto più affondo. Disperandomi.
E' questione di tempo, anche il nostro attuale progetto, convinzione, o riferimento si dissolverà sotto i colpi di "nulla -che- non c'è", che lo rivelerà gratuito e infondato . Anche se un riferimento fosse eterno, questo non gli fornirebbe un senso, mancando di giustificazione. Pertanto una semplice ricetta fatta di piccoli 'sensi quotidiani', rivela la sua inconsistenza, la sua profonda ipocrisia, il suo "non voler vedere"...

Hai colto in pieno! ;) già, questo tentativo di risolvere il problema del 'vuoto di senso' in realtà finisce per peggiorare le cose...
#59
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
20 Ottobre 2019, 22:33:13 PM
Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PMCiao Aperion, grazie per il tuo post sempre puntuale e squisitamente gentile. Fra Platone e Kant vi sono forti differenze di impostazione filosfiche alla base. Kant è illuminista e legato alla scientificizzazione della filosofia, per questo inventa gli a-priori e il noumeno, derivando la sua filosofia dagli empiristi. Il metodo di Platone è squisitamente dialettico deduttivo razionale, per cui segue l'aspetto mentale senza quella paura kantiana di andare oltre il mondo sensibile.
 

Ciao @paul11,

ti ringrazio e ricambio la stima. 

Sì, Kant e Platone hanno due punti di vista molto diversi. Potremmo dire, oltre quanto scrivi tu, che dove Platone vedeva delle realtà, Kant vedeva le forme e le categorie a priori della mente (ovviamente, non c'è una corrispondenza vera e propria tra le forme platoniche e le forme e categorie kantiane...). Ovvero, dove Platone vedeva la trascendenza, Kant vedeva la trascendentalità. Kant sembra voler affermare che è una speranza vana quella di andare 'oltre' la mente, visto che, in fin dei conti, nella filosofia kantiana è impossibile rispondere alla domanda: 'come è il mondo indipendentemente dalla forma che viene data ad esso dalla nostra mente'? La questione per Kant è indecidibile.

Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PM
 Penso che proprio i tuoi studi sulle fisiche moderne e classiche, ti aiutino mentalmente a capire la meta-fisica. A me sembra quasi parossistico che la filosofia moderna, soprattutto nel periodo illuministico, abbia seguito la fisica classica quando a fine Ottocento entrerà in crisi con l'unificazione del magnetismo e dell'elettricità grazie a Maxweel e la nascita di matematiche e geometrie moderne. Si configura una fisica più meta-fisica filosoficamente, per questo oggi c'è una rivisitazione dei classici greci. 
 

Sì, direi di concordare se intendiamo 'meta-fisica', proprio in senso etimologico (se, invece, intendiamo il termine come sinonimo di 'ontologia', secondo me il discorso può ancora valere, ma diventa troppo restrittivo...). La filosofia dovrebbe aiutare ad inserire la fisica in una 'visione d'insieme' più ampia, altrimenti rimane qualcosa di esclusivamente tecnico e specialistico. Si guarda anche (ma non solo) ai testi classici greci, perché in essi possiamo trovare molte risorse utili a questo progetto di 'inquadrare' la fisica in una visione d'insieme più ampia. E, inversamente, come ben fai notare anche tu, anche la filosofia stessa dovrebbe guardare alla fisica. 

Il problema di oggi, secondo me, è l'eccessiva specializzazione. Si finisce per sapere molto di un campo molto ristretto e questo fa perdere di vista l'intero. Utilizzando l'analogia degli alberi e della foresta, si finisce per conoscere molto bene i singoli alberi e poco la foresta. 

Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PM
 Seguendo il filone filosofico Brentano(psicologia empirica) e la fenomenologia di Husserl, che nasce proprio quando si manifesta la crisi delle scienze a cavallo fra ottocento/novecento, Heidegger, di cui ho scritto, immagina il tempo futuro come una forma attualizzabile dell'Essere nell'orizzonte temporale. Non a caso è celebre il suo testo "Essere e tempo". E' il tentativo di dare un senso all'esistenza dentro l'arco temporale che è più mentale che fisico, è più filosofia che scienza sperimentale, in quanto la mente riesce ad attualizzare i ricordi e il futuro presentifcandolo nell'oggi.

Purtroppo, non conosco né Heidegger né Brentano (ho provato ad approfondire Heidegger molto tempo fa, ma non riuscivo a capirlo..). Conosco leggermente di più Husserl, ma troppo poco. 

Domande mie (perdona la banalità di tali domande...): quindi per Heidegger, possiamo dire che:
(1) il tempo e il divenire sono connessi all'esserci (il soggetto dell'esperienza) e senza di esso non c'è divenire?
(2)ci sono tanti tempi quanti sono gli 'esserci'?
(3) E che passato e futuro hanno la loro realtà nel presente?

*Una risposta affermativa renderebbe di fatto la filosofia di Heidegger molto simile a quella di Kant (il che avrebbe senso visto che, da quel poco che so, Husserl riprese e rielaborò il 'trascendentale' Kantiano...): il tempo è una forma trascendentale della mente.
#60
Citazione di: Sariputra il 20 Ottobre 2019, 10:53:25 AM
Non penso che si possa ormai più parlare di cultura e civiltà occidentale. Quello che domina è il nichilismo.
Con "nichilismo" intendo non solo un'impostazione filosofica, ma soprattutto una sorta di sintomo diffuso che attraversa tutto l'Occidente, in forma diretta o più spesso mascherata. È la netta sensazione dello svuotamento di tutti i fondamenti, siano essi divini o materiali, umani o sociali; ci hanno insegnato che non vi è nulla di certo, che ogni possibile principio o valore può rivelarsi erroneo o inconsistente, che dobbiamo orientarci e compiere scelte in base solamente a riferimenti di natura momentanea e relativi ad una particolare situazione. Questa relativizzazione e pluralità dei valori introduce nella cultura occidentale elementi di tolleranza e rispetto per la diversità, e questo è sicuramente positivo per il vivere sociale; ma se ognuno può avere la sua verità, "verità" non significa più nulla, e questo porta alla svalutazione dei valori stessi, compreso, paradossalmente, anche il valore stesso della tolleranza.
Questo 'svuotamento' non ha più l'effetto di generare ribellione semplicemente perché mancano posiizioni forti da contestare (a cosa ti ribelli?..); assume piuttosto la forma di ansia, di noia o di una generica e generalizzata "indifferenza" verso tutto. Abbagliati dalla miriade di possibilità e "verità" che , ogni giorno, troviamo dinanzi a noi, finiamo per dedicare il nostro tempo al provvisorio, senza riconoscere dei limiti di principio, se non appunto in forma generica e facilmente "aggirabile". Cominciamo cioè a fare nostra l'idea che non ci sia alcun significato nel nostro vivere e nella vita stessa. E questo è nichilismo...

Ciao @Sari,

ottimo intervento  ;)  Lascio alcuni commenti su due parti del post (la prima parte è quella citata sopra)...

Curiosamente, Nietzsche ha previsto la 'figura umana' che descrivi in questa prima parte. In 'Così parlò Zarathustra' è la figura dell''ultimo uomo', ovvero l'uomo che, crollati tutti i valori cerca esclusivamente la comodità, il benessere, aborre il rischio, evita di sforzarsi troppo per raggiungere obbiettivi 'alti' (visto che, in fin dei conti, 'alto' e 'basso' sono diventati arbitrari...). Zarathustra (e quindi Nietzsche), però, non era molto 'entusiasta' di questa figura. Preferiva l'altra conseguenza del 'nichilismo', ovvero l'oltre-uomo. L''oltre-uomo' è colui che afferma l'unica 'realtà' che Nietzsche conosceva, per così dire, la volontà. Così, per Nietzsche, l'oltre-uomo è colui che afferma la volontà, ormai libera da qualsivoglia giogo etico. Nel 'disegno' di Nietzsche questo era un ritorno all'innocenza del bambino (Nietzsche attraverso il suo Zarathustra paragona l'oltre-uomo ad un bambino, in fin dei conti...)...Ma la 'volontà' può assumere varie forme, tra cui forme violente. Ciononostante - e qui sta l'assurdità a mio giudizio, lo scandalo della sua filosofia - visto che  ogni forma di normatività della volontà è stata scartata come illusione, ogni forma di espressione della volontà 'va bene'. Ribaltando completamente il discorso filosofico, 'nichilista' per Nietzsche era proprio colui che costruiva un 'mondo dietro il mondo', ovvero colui che 'vincolava' la volontà in vari modi (En passant, nella sua glorificazione anche del conflitto, il maestro di Nietzsche è Eraclito, secondo cui 'il conflitto è padre e re di tutte le cose...', 'il conflitto è universale, la contesa è giustizia' ecc). Nietzsche, in realtà, si rese conto dello scandalo della sua stessa filosofia e parlava della pericolosità della sua filosofia. Purtroppo, molti 'fan' del filosofo di Roecken sembrano non 'afferrare' la 'radicalità' del concetto di oltre-uomo. Molti sembrano volersi limitare a vedere solo una delle possibili espressioni della 'volontà': quella del 'genio artistico'. Interpretazione della figura dell'oltre-uomo a mio giudizio (purtroppo) limitata.

Però... anche Nietzsche si è sbagliato, non è vero? Come? Nel senso che l''ultimo uomo' è, in realtà, più coerente dell''oltre-uomo'. La caduta dei valori ci fa giungere al nichilismo (vero), ovvero 'nulla davvero importa' (nemmeno che 'nulla davvero importa'!). Ma se 'nulla davvero importa', perché mai dovrei dare così tanta importanza alla (mia) volontà? Mi sembra più coerente, in questo caso, lo stile di vita scelto dall'ultimo-uomo (anche se, riconosco, che l'oltre-uomo trova giustificazione della sua scelta di vita nel nichilismo).

Citazione di: Sari
Un grande filosofo giapponese del '900, Nishitani Keiji, ha evidenziato come in Occidente Nietzsche fu il primo che trasformò  il nulla in "un qualcosa". Descrivendo la sua netta sensazione di svuotamento, egli rappresentò nulla come una sostanza, un principio abissale che dissolve ogni altro principio, sia esso umano o divino.
Lo stesso fraintendimento di Nietzsche sul nulla come "qualcosa" è giunto fino al sociologo francese Jean Baudrillard, quando sostiene che la vera domanda fondamentale è: "Perché c'è il nulla piuttosto che qualcosa?"

Interpretazione interessante di Nietzsche, ma credo di non poter essere d'accordo. Più che 'reificare' il nulla, Nietzsche sembra (voler) riconoscere come unica verità/realtà la volontà stessa. La domanda di Baudrillard sembra, invece, proprio esprimere nel modo più chiaro la reificazione del nulla (così come molto 'pessimismo nichilista', 'assurdismo' ecc ecc). Nietzsche, in realtà, voleva 'superare' questo cercando di affermare la volontà (con tutta il pericolo che ne segue). Nietzsche vedeva il nichilismo come 'liberante' perché la distruzione di ogni valore che poteva ostacolare l'affermazione della volontà viene rimosso.

Così, nel mondo occidentale moderno c'è il nichilismo, che possiamo definire come la mancanza di certezze, di valori, o anche la mancanza di fiducia (di 'fede') nei valori ecc. Questa mancanza crea ansia, crea insicurezza e così via. A questa mancanza si può rispondere in vari modi. L'ultimo-uomo è una possibile risposta, l'oltre-uomo un'altra. Ma anche cercare i valori è un'altra, così come capire la causa della mancanza (non che le due cose necessariamente si oppongano)  ;)