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Messaggi - Lou

#46
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
08 Gennaio 2021, 18:53:46 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Gennaio 2021, 18:50:08 PM
Citazione di: Lou il 08 Gennaio 2021, 18:29:52 PM
Quindi, Ipazia, sul libero arbitrio tu che ne pensi?
Hai scritto molto, inserendo desidero con tanto di barra volontá, desiderio che per sua natura non libero, ergo?
E peraltro qualcuno puó dirmi cosa significa libero arbitrio?
Del libero arbitrio come concetto storicamente determinato Alexander ha scritto ed io condivido. E' un concetto sostanzialmente giuridico-religioso. Da lì si è passati ad un concetto infinitamente più esteso e declinabile come la libertà in senso lato ma sempre più orientata, com'è corretto che sia, in senso antropologico (vedi wp poco sopra) ed anche su questo ho detto la mia fino all'ultimo post.

Come tutte le astrazioni umane la libertà è concetto dialettico, con i suoi meccanismi di reazione e di retroazione. Con i suoi condizionamenti che però ritengo non impediscano del tutto elaborazioni personali diversificate in cui ciascuno aggiusta la volontà a modo suo e liberamente la fa agire a meno che non vi siano impedimenti esterni che glielo impediscano. Come non esiste una libertà assoluta così non esistono condizionamenti assoluti e la storia del dissenso lo testimonia al di là di ogni ragionevole dubbio.
Non ho chiesto storicamente, ma genealogicamente. Per Wikipedia non c 'è problema, ci vado e leggo. Quindi che significa libero arbitrio? Con libertá del volere ha qualche parentela? E per ri-inciso il desiderio è ció che mina più di tutto questa libertà del volere. Nota che passa così.
#47
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
08 Gennaio 2021, 18:29:52 PM
Quindi, Ipazia, sul libero arbitrio tu che ne pensi?
Hai scritto molto, inserendo desidero con tanto di barra volontá, desiderio che per sua natura non libero, roba che non chiarisce ma confonde, ergo?
E peraltro qualcuno puó dirmi cosa significa libero arbitrio? Le basi genealogiche concettuali andù stanno, sul volete o no? Abbiamo cambiato visione, ok , è più complessa, ok che qualcuno me la spieghi, grazie.
#48
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
08 Gennaio 2021, 18:12:26 PM
Citazione di: Alexander il 07 Gennaio 2021, 14:34:15 PM

Buongiorno Phil


cit.Aggiungere la libertà ad una volontà condizionata è surrettizio, almeno fino a prova (non «affermazione») contraria, ovvero ci sono dei condizionamenti oggettivi a cui accostiamo un'eccedenza che ne esula, senza tuttavia dimostrarla o fondarla (per ora).


Non per sostituirmi a Ipazia, ma fermo un punto prima che mi sfugga:
Non c'è alcuna eccedenza che esula, questa è una tua interpretazione. Nel mio caso parlavo dell'elaborazione  che l'individuo fa  partendo dai condizionamenti per giungere ad un atto della volontà. La libertà non è concetto applicabile in questa fase, ma nella successiva, quando questo atto volontario viene permesso o negato dalle costrizioni esterne all'individuo. Nessuna eccedenza "magica" quindi. L'errore logico che fai, a mio avviso, è quello di voler applicare il concetto di libertà all'intenzionalità della volontà, mentre va applicato, per definizione, all'atto; se può concretizzarsi o meno.
Mi permetto: non è così. Puó essere che la volontà permetta il suo atto, nella fattispecie il volere ( cosa intendi con concretizzazione? L'atto del volere non si concretizza, banalmente e fenologicamente nel volete questo o quello ? ), indipendentemente da costrizioni esterne. Una volta che mi butto dal ponte posso volere non schiantarmi al suolo. È un esempio famoso, e distingue una "eventuale" ( è il tema dibattuto ) libertà di volere, dalla libertà da ( costrizioni estrinseche ).
#49
Varie / Auguri di buon Natale al forum.
31 Dicembre 2020, 10:54:03 AM
Buone feste a tutti i partecipanti e un caro augurio di buon inizio anno!


Un cin cin virtuale ci sta!
#50
Certo, ma il dubitare del come vedo ipostatizza la nettezza percettiva del vedere e la sua modalità per poterli mettere in dubbio e il dubitare un atto del giudizio, non della percezione: il giudizio ne verificherà la veridicità o meno, e della modalità e dell'oggetto visto, rinnovando eventualmente il senso di come il percepire si è presentato e di ció che ha presentato.
#51
Citazione di: davintro il 15 Dicembre 2020, 20:53:00 PM
[...]dal punto di vista dell'intenzionalità, che è quello che in fenomenologia interessa, la coscienza si rapporta in entrambi i casi allo stesso modo: si limita a visualizzare un contenuto sensibile, che nella percezione corrisponde a un oggetto realmente esterno che impatta sui campi sensoriali del corpo e nell'allucinazione no, ma che nell'intenzionalità, cioè nel modo in cui il fenomeno è vissuto nella coscienza dell'Io, è recepito allo stesso modo, un dato sensibile ancora privo di attribuzione di categorie intelligibili come l'esistenza, attribuzione che segna il sorgere del giudizio. In quest'ultimo senso l'allucinazione ha molto più a che fare con la percezione che con il giudizio o "concezione"[...]
Esattamente:la percezione allucinatoria è vissuta internamente (a parte soggetto che la vive ) e realmente  in modo indistinguibile da una percezione non allucinatoria, indipendentemente dalla esistenza dell'oggetto, oggetto che si manifesta in una datità attuale. Posizione di esistenza che non può essere verificata dalla percezione, perchè è un grado di valutazione che non appartiene all'essenza del percepire, ma necessita di un'ulteriorità, come correttamente descrivi, nell'entrata in scena del giudizio, a parer mio.
#52
Citazione di: viator il 15 Dicembre 2020, 13:29:16 PM
Salve Eutidemo. Citandoti : "Ed invero è fuori di dubbio il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza; il che è anche sperimentalmente documentato dai miraggi e dalle allucinazioni".
....


Le allucinazioni invece appartengono invece solamente al regno del CONCEPITO PSICHICAMENTE poichè sono interamente prodotte all'interno del nostro sistema nervoso anche in mancanza di stimoli esterni.Con "mancanza distimoli esterni" non intendo "mancanza di origine o cause esterne (esogene)".......infatti alcool, droghe ed altro sono consuete cause allucinatorie.Intendo il fatto che le immagini e gli stimoli sensorialmente sperimentabili durante gli stati allucinatori vengono generati tutti al nostro interno (dalla nostra memoria cosciente od onirica, da nostre fisiologie o patologie). Saluti.
Una allucinazione, in Husserl ( ma non solo ) è un fenomeno mentale: una percezione illusoria priva di riferimento oggettuale esterno esistente attualmente, ciò che non cambia è l'atto mentale e la sua intenzionalità diretta all'oggetto, oggetto che può essere caratterizzato da gradi di realtà differenti. A me pare sia questo il punto fenomenologico in questione, che si concentra sull'intenzionalità.
#53
Citazione di: viator il 13 Dicembre 2020, 19:14:38 PMSalve Socrate78 e donalduck. Citando : "l'unico fondamento certo che rimane è il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza".
L'esistenza/l'inesistenza é un predicato che non aggiunge nulla al concetto della cosa, mettiamola così che è più semplice, alla kantiana.
Husserl si inserisce in questa prospettiva: un tavolo sognato, immaginato, percepito, ricordato, non sono che modalità differenti in cui mi appare la cosa, e pure queste modalità, come l'esistenza, non aggiungono nulla al concetto della cosa, il quale "eidos" non varia mai al variare dele differenze modali dell'apparire cui prima.
A me appare che nella citazione che fa viator, il quale integra alcune distinzioni, sia espressa questa dinamica, tuttavia il problema esplicitato è ancora diverso e trovo non sia di facile risoluzione, almeno per me, e stando alla prospettiva Husserliana.
#54
Tematiche Filosofiche / Re:Oltre Cartesio
07 Dicembre 2020, 20:42:49 PM
Citazione di: davintro il 06 Dicembre 2020, 20:09:04 PM
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2020, 19:07:31 PM
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.


Buonasera Jacopus
Non a caso hai citato, in riferimento all'opposizione a Cartesio, tomismo o scolastica aristotelica-domenicana, che costituiscono l'orientamento teologico prevalente nella Chiesa cattolica, ma non sono, fortunatamente, l'unico filone interno al complesso della tradizione metafisica cristiana. Accanto ad essi troviamo la via platonico-agostiniana, che, per l'appunto, gran parte degli aderenti alle posizioni tomiste o scolastiche hanno sempre visto con occhio sospettoso, timorose che, erroneamente a mio modesto avviso, ma ciò non conta nulla, la via dell'interiorità conducesse ad esiti immanentistici, per i quali le verità teologiche finirebbero relativizzate all'interno della soggettività umana che rivolgendosi a se stessa le ricerca. E proprio a questo filone agostiniano dell'interiorità pensavo soprattutto riguardo l'analogia con Cartesio, e non, almeno non primariamente, all'impostazione tomista, scolastica, o a un certo modo di intenderla. Certamente il Dio cartesiano non è a tutti gli effetti quello agostiniano, non è il Dio che si invoca, a cui ci si rivolge come un padre, nella Confessioni, è un Dio che rientrerebbe nell'ambito di una metafisica razionalista che anche un Voltaire, anticlericale ma non ateo, non avrebbe problemi a concepire, ma comunque un Dio trascendente. Quindi, prima di stabilire quanto l'esito teista sia conclusione necessaria del pensiero di Cartesio bisognerebbe accordarsi sull'accezione con cui intendere l'idea di Dio, quella della fede nelle Scritture, nelle rivelazioni storiche, dei dogmi, oppure il Dio dei filosofi a cui il deismo si ferma, il Dio Causa Prima incausata che rende ragione della realtà dell'uomo, in particolare nella componente spirituale attestata dal Cogito. Il risconto di un disinteresse, di una tematizzazione forzata, atta a evitare problemi con il clima culturale dell'epoca, non aiuta più di tanto a sbrogliare la questione. Cartesio formula diverse prove dell'esistenza di Dio. Ora, un conto è riconoscere come motivo principale di questo impegno dei condizionamenti esterni alla propria volontà piuttosto che un sincero interesse personale, un altro arrivare a pensare che lo stesso merito dell'argomentazione e le conclusioni che ne derivino siano stati viziati per giungere a un esito che la stessa ragione cartesiana, in piena libertà, non avrebbe condiviso: cioè, il fatto che Cartesio si sia sentito forzato a occuparsi del tema teologico, inteso in generale, senza che gli interessasse poi così tanto, non implica che nell'effettivo approccio al tema egli abbia formulato argomenti e conclusioni della cui logica egli non fosse convinto. E se, accettando la sua buonafede, la convinzione in merito c'era, allora sarebbe corretto dire che comunque Dio è l'esito necessario della sua filosofia, in quanto conclusione coerente con le sue premesse, indipendentemente dal fatto che, fuori dal contesto politico e culturale dell'epoca, immaginandolo in piena libertà intellettuale, avrebbe preferito non occuparsene.
A me pare che il dio cartesiano funga da garante e che tale ruolo sia dato da una una preoccupazione strettamente gnoseologica: la corrispondenza tra ordo rerum et ordo idearum, detta grossolanamente, non una dualità meramente linguistica, ma sostanziale., nel caso cartesiano di cui si discorre.  ( e tenendo fermo e dato per ovvio il punto della teoria corrispondentista della verità  - discutibile) Una garanzia di verità.
In ciò mi trovo in sintonia con davintro, quando parla di dio  dei filosofi.
L'ascendenza agostiniana ritengo risuoni, certamente: nella componente di privatio di chiarezza e distinzione, che assomiglia assai alla privatio boni di Agostino, così come nella idea di infinito ed eterno del cogito, che non può derivarla da se medesimo.
#55
Io più umilmente mi considero immersa in una rete di linguaggio e lingue dove le parole hanno in larga parte significati condivisi e ritengo che se per ogni parola presente sul vocabolario ognuno di noi avesse una "mia definizione" ci sarebbe una incomprensibilità allo stato brado e la comunicazione sarebbe quasi impossibile. Ciò non toglie che data la fluidità del linguaggio si possano rinnovare le definizioni e ampliarle o modificarle, questo sì.
#56
Presentazione nuovi iscritti / Re:Salute a voi
09 Novembre 2020, 15:05:20 PM
Benvenuto!
#57
Ultimo libro letto / La gaia scienza dei trovatori
03 Novembre 2020, 11:32:35 AM
Leggendo il bel topic aperto e curato da doxa in altra sezione "Le donne, i cavalier, ..." e, soffermandomi su questo intervento dedicato all'amor cortese, mi è tornato alla mente un testo letto anni fa che trovai molto interessante, dove vengono tratteggiate la storia e le caratteristiche di questa modalità amorosa di cui la letteratura ne ha cantato e inventato le gesta nel loro intreccio con la storia e ne rintraccia un ritorno in alcuni temi e contenuti presenti nella produzione di Nietzsche e di Stendhal.


Il libro è di Mario Mancini, "La gaia scienza dei trovatori".
#58
Attualità / Re:Integralismo Islamico
03 Novembre 2020, 10:44:01 AM
Citazione di: davintro il 03 Novembre 2020, 09:45:49 AM
In sintesi, nessuno tocchi la libertà di Charlie Hebdo di disegnare, ma al contempo nessuno tocchi il diritto di trovarle volgari e disgustose senza per questo rischiare di venir considerati traditori della libertà e laicità occidentali o complici culturali dei terroristi
Ma infatti il "diritto" di trovare disgustosi e volgari alcuni contenuti satirici non lo nega nessuno, una parte della satira ha anche come obiettivo sortire questo tipo di effetto e destabilizzare nella sua estrema irriverenza, e a fronte di questo esiste pure un diritto di criticare nei modi e nelle libertà previste nelle democrazie contenuti che riteniamo offensivi, che mi pare non prevedono l'uccisione di chi esprime con la penna contenuti che mi possono urtare. A me pare che l'atto che non trova alcuna legittimazione è rispondere a una vignetta satirica uccidendo il disegnatore.
#59
Non vorrei essere la guastafeste di turno, ma, questa condizione  esistenziale che descrivi, Aumkaara, mi ha rimandato, per associazione, a chi ne ha data una metafora impeccabile, Nietzsche, nella figura del Funambolo. Figura che reca in se tanto la condizione tesa sul precipizio mortale teso sul vuoto, pure alla mercè del Pagliaccio e perciò limitata, tanto quella hybrys che questo limite lo sfida, in quel trascendere oltreumano, da leggersi in un senso di rinascita, teso a oltrepassare quei limiti (sebbene l'hybris sia non cara agli dei nè alla filosofia greca).
Distacco e aderenza, in cerca di quel terzo dato dalla sintesi dei due: un equilibrio precario, in cui, più che far rientrare una totalità , per lo meno tende a una prospettiva affine a gestire la condizione in cui siamo sospesi.
#60
Attualità / Re:Il valore della scuola
28 Ottobre 2020, 12:38:58 PM
Personalmente tendo a documentarmi su dati ufficiali, certo il senso comune del "si dice" ha pur esso una sua legittimità, a volte, nasce dal mondo della vita e il malcontento che serpeggia nella società sta crescendo, soprattutto quando non si riesce a comprendere la ratio dei provvedimenti. L'essere umano è un animale razionale e e si domanda sulle ragioni.