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Messaggi - HollyFabius

#46
Riflessioni sull'Arte / Re:Un termometro per l'Arte
10 Agosto 2016, 11:33:08 AM
Citazione di: Aniel il 09 Agosto 2016, 08:09:55 AM
buon giorno, in effetti il giudizio estetico in un'opera d'arte  varia in base all'osservatore, ed e' opinabile. Percio' viene da chiedersi se lo scopo che ha piu' valore nell'arte non sia essenzialmente il tipo di 'energia' e 'sentimento' che riesce a trasmettere, per la musica forse e' piu' una questione di 'armonie' o 'risonanze'.
Quello che io intendevo dire e' che ci sono tanti tipi di arte: quella antica, eccelsa, che trovi nelle cattedrali, nei musei, che ti fa trasalire per tanta magnificenza e bellezza, legata anche nel passato ad una sapienza manuale, gli artisti andavano nel rinascimento a 'bottega' per imparare artigianalmente a scolpire la pietra o a disegnare o a mischiare i colori aquistati dallo speziale fin da giovanissimi, poi solo dopo aver imparato la tecnica applicavano la loro arte, forse per questo ho pensato all'artigiano.
Pensando all'arte della 'preparazione del te' o dei ' giardini zen ' Giapponesi e certa arte di avanguardia, vedi per esempio quella passerella sull'acqua del famoso ' Cristo', che personalmente non mi e' piaciuta, posso supporre che oggi l'arte possa essere coinvolta con rappresentazioni della vita stessa,ma e' un tipo di ragionamento forse un po' troppo audace e 'surreale'....
Nell'arte contemporanea è stato superata la barriera del giudizio estetico, se questo è inteso come giudizio attorno al bello. Io ho il sospetto che sia più semplice considerare semplicemente che il concetto di 'bello' si sia trasformato da una semplice ricerca esteriore e visiva ad una ricerca di 'bello' più ampia.
Nella accezione occidentale vi è un confine tra artigianato ed arte che viene spesso messo in discussione ma che è chiaro,  nell'arte si ha un processo creativo umano di opere opere uniche che accrescono aspetti intellettuali della comunità umana, l'artigianato invece è un'attività produttiva di oggetti senza il vincolo di univocità e intellettualità, spesso destinate all'uso comune o alla semplice decorazione.
Nell'artigianato è presenta una caratteristica di serialità che nell'arte non dovrebbe esserci. Oggi questo aspetto viene messo in discussione per ragioni mercantili ma bisognerebbe sempre tenerne conto nel giudizio delle opere.

#47
Riflessioni sull'Arte / Re:Un termometro per l'Arte
08 Agosto 2016, 14:46:43 PM
Citazione di: Aniel il 08 Agosto 2016, 10:56:09 AM
Sono pienamente d'accordo con voi, Dora, Hollyfabius e sono contenta che tante avanguardie artistiche oggi si proiettano in una realta' fuori dai musei, fuori dal mercato dell'arte:
Questo tipo di avanguardie e' un'arte di 'strada' accessibile a tutti e che non ha prezzo, in questa ottica viene persino da pensare che la vita stessa possa essere occasione di espressione artistica: es. un bel giardino di fiori e verdura composti in modo armanioso e sempre in mutamento, oppure i ' murales' in una citta' che apportano nuova energie alla citta' stessa, oppure una persona che rappresenta un 'personaggio' non pmologato alla massa,potrebbe essere anch'essa arte.Nomn a caso anche la parola artigiano deriva da arte.
Un avanguardia se e' seguita da un gruppo certamente apporta piu' energia all'idea stessa espressa in arte, diciamo che la rafforza.

Esiste un confine tra ciò che è Arte e ciò che non è Arte. Uno dei miei criteri è che non è Arte quando nell'opera non si riesca a percepire la mente umana, un altro è che vi debba essere un intento originale.
Questi due banali criteri escludono le forme di artigianato dall'arte e molta produzione contemporanea legata più a fidelizzare verso un logo, un feticcio che non a porsi e a risolvere delle problematiche (estetiche ma anche no).
#48
Riflessioni sull'Arte / Re:Un termometro per l'Arte
08 Agosto 2016, 08:51:10 AM
Citazione di: Dora il 07 Agosto 2016, 10:43:23 AM
Agli aspetti summenzionati che concorrono a determinare una figura "particolarmente significativa" di artista aggiungerei l'aspetto della "anticipazione". Le Avanguardie ne sono un'espressione ma sono comunque movimenti di gruppo, che seguono un'intuizione già in parte condivisibile dai membri che ne fanno parte.

Mentre l'originalità è la creazione di qualcosa che non è mai stato realizzato prima, l'anticipazione, secondo me, se ne distingue perché è la capacità di fare qualcosa che gli altri arriveranno a comprendere e forse portare avanti diverso tempo dopo.
In questo l'Artista tende a qualcosa che solo lui vede in lontananza e che trova nella realtà contemporanea un trampolino di lancio verso non una mèta ma un percorso che lo porterà ancora più distante dalla coscienza artistica del suo tempo.
E' forse questo che gli varrà, molti, molti anni dopo, l'appellativo di genio.
Ciao Dora, quello che tu scrivi è verissimo e lo condiviso.
E' chiaro che l'originalità ha svariate sfaccettature, l'essere parte di una avanguardia è una di queste.
Il termine avanguardia è però spesso abusato e non poche volte si incontrano casi di 'denominate' avanguardie che in effetti non dicono nulla. L'avanguardia, quella vera, è proprio il gruppo in avanscoperta che persegue nuove poetiche, anticipando chi verrà dopo. Viene da chiedersi se l'avanguardia può essere anche di una sola persona.


#49
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
16 Giugno 2016, 12:32:41 PM
Citazione di: Qualcuno il 16 Giugno 2016, 00:41:43 AM
Ciao a tutti, sono nuovo del forum, spero di non aver sbagliato sezione.
Secondo voi é giusto "cogito ergo sum" o sarebbe meglio dire "cogito ergo es"?
In pratica noi potremmo dire di essere senza che avvengano contatti con l'ambiente esterno o serve un fattore esterno a riconoscere la nostra esistenza?
Vi faccio un esempio, se l'umanità dovesse estinguersi non sarebbe così sbagliato dire che l'universo finirebbe di esistere in quanto non ci sarebbe più nessuno a riconoscere la sua esistenza  (in verità questo discorso lo si vede spesso per il tempo). Cosa ne pensate?

Penso dunque sono è indubitabile.
Sono dunque penso è possibile ma non certo, la pietra pensa?

L'idea che l'universo esista perché esiste l'uomo è certamente errata, implicherebbe la sua creazione contestualmente all'uomo ma entrerebbe in una digressione infinita di altra natura (perché potrebbe venire creata in mancanza di un universo solo se esistesse un creatore esterno all'universo stesso).
#50
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'è la verità?
13 Giugno 2016, 18:27:44 PM
Citazione di: Duc in altum! il 13 Giugno 2016, 10:01:36 AM
**  scritto da CVC:
CitazioneNon esiste più la verità in quanto non esiste più la fede nella verità.

Molto perspicace tutta la tua ultima riflessione, penso che sia un'interessante analisi sulla ricerca della verità nella società, ma penso sia doveroso confutare a questo semplice e profondo concetto.

La verità, intesa come dimensione o valore assoluto, non può non esistere, qualunque essa sia. Così come non esiste la facoltà umana di poter esistere nel pianeta Terra senza aver fede, qualunque sia l'oggetto di questa fiducia. In effetti ogni esistenza, volente o nolente, che lo sappia, lo eviti o dissimuli di non sapere, è vincolata, come tu ben dici: Se esiste una verità portatrice di un senso (Dio, il bene assoluto, la giustizia cosmica,...) allora la nostra vita risulta vincolata ad esso, occorre comportarsi in vista di tale senso. - a quella verità di/per fede.


Quando la certezza nel metodo sostituisce la certezza nel senso, la fiducia si trasferisce, inevitabilmente, da una speranza metafisica che concerne ed include un'attesa,una pazienza, una rassegnazione, ad un'aspettativa fulminea, al desiderio di appagare istantaneamente quell'obbiettivo, adesso, ora, "mò mò".
Quindi ben venga la metodologia che mi concede il piacere subitaneo, a discapito dell'arrendevole e paziente fede nel senso ultimo e primo delle cose, ma non è che con questi metodi si annulli l'ansia del dubbio di essere nella menzogna. Forse, anzi certamente s'incontra una metodologia che ci permette di convivere con essa, ma questo è un compromesso che comporta l'avere fede che quella sia la verità.
Io credo che Popper abbia chiarito questo punto. Le due cose possono tranquillamente convivere.
La verità scientifica non esiste ma esiste bensì la verificabilità scientifica ovvero la falsificabilità, le teorie sono scientifiche se contengono almeno un criterio di falsificabilità, ovvero se contengono nel loro orizzonte dei possibili risultato sperimentale che neghino la verità della tesi esposta dalla teoria.
La verità scientifica è un processo di avvicinamento basato sul metodo ma è chiaro che questo processo non interviene sulla formulazione di tesi, ovvero le tesi sono a priori sempre basate su principi e su idee perfettibili.
Uno scienziato può tranquillamente essere convinto che tutto sia generato da Dio, oppure che tutto sia generato da una forza irrazionale, oppure da due forze contrapposte, oppure da tre forze contrapposte, ecc. ecc.
Tutto ciò può essere la sua rotta spirituale, il suo convincimento personale ma le sue tesi per essere scientificamente valide devono poter contenere esperimenti di invalidazione, criteri di falsificabilità.

#51
Citazione di: Duc in altum! il 13 Giugno 2016, 13:02:05 PM
**  scritto da Sariputra:
CitazioneIl dogma necessita che un'autorità religiosa istituita intervenga per proclamarlo, stabilirlo, eventualmente cambiarlo, farne oggetto di fede.
Mentre non abbiamo bisogno di un'autorità religiosa esterna a noi per mutare le nostre convinzioni.

Esatto, quando si decide di sostituire Dio con l'Io, quindi di credere che Dio non esiste, l'autorità religiosa (grazie per avermi dato questo bellissimo spunto di riflessione  ;) ) istituita, che proclama e stabilisce, inconsciamente o intuitivamente, i dogma, è l'Ego, l'autodeterminazione prima di tutto, la morale improvvisata per regolarizzarsi nella società, ecc. ecc.

Quello che per me cattolico è stabilito dal Papa (per esempio), per un altro è sancito dalla natura incorporea cosciente e pensante, ma sempre valenza di dogma resterà.
Infatti il Vangelo accenna: "...poi riunita la folla disse: «Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!» [...] Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo..." - (Mt 15,10.18)

Duc, ti stai incartando  :)
#52
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
11 Giugno 2016, 00:42:25 AM
Citazione di: paul11 il 10 Giugno 2016, 22:41:54 PM
Francamente non vedo dove sta il problema sorto Hollyfabius, siamo quì a discutere.
Se pensi che io ti scambi per un egoista non è così, come hai chiarito in un precedente post, stai esponed-so delle tue considerazioni come altri pongono le loro. E adatto che sei una persona intelligente ,come lo è certamante cvc, direi di proseguire serenamente la discussione che è interessante e difficile
Il problema semmai è che non è così semplice andare in profondità sull'umana sembianza di egoista o altruista.

Cerco di spiegare ,se non si è capito il problema di razionale e irrazionale e del , perchè la teoria dei giochi, delle scelte, il dilemma del prigioniero ,
Baylham se si rilegge l'incipit del post inizio della discussione dice ,in sintesi di aver letto un libro di Veca e Alberoni che considerano
base della morale l'impulso altruistico e la razionalità.
Non vorrei venire frainteso. Io conosco piuttosto bene la teoria dei giochi. L'ho studiata nel percorso di studi e l'ho studiata personalmente per diletto. La mia risposta apparentemente piccata era riferita al fatto che non ho nessuna posizione accademica da difendere ne volevo impedire a chiunque a dire ciò che vuole, cosa che mi sembrava avesse percepito nel suo post cvc. E' solo il mio atteggiamento razionale classificatorio che mi fa cercare di separare gli argomenti per meglio entrare in profondità. Qui mi sembrava più pertinente (e interessante) la discussione relativa ad una idea della contrapposizione egoismo/altruismo sul piano non individuale. Mi pareva però che il mio post fosse di più ampio respiro rispetto ad una semplice percepita critica. Sinceramente non ho mai pensato ad un giudizio di egoismo piuttosto che altruismo riferita alla mia persona.
#53
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
11 Giugno 2016, 00:32:36 AM
Citazione di: maral il 10 Giugno 2016, 23:52:22 PM
Per parlare di egoismo di gruppo occorre immaginare un ego di gruppo. Ma esiste davvero un ego di gruppo? Per quanto ne so tutti gli ego sono faccenda individuale, semmai nel gruppo ci sono pulsioni condivise che si rafforzano e c'è il senso di appartenenza a una comunanza, a un noi.

Io credo che esista e cerco di mostrarlo con un esempio che sembrerebbe parlare di tutt'altro.
Supponiamo di avere un sacchetto di palline colorate di bianco, di nero o di varie gradazioni di grigio.
Le palline bianche rappresentano le persone totalmente altruiste, le palline nere le persone totalmente egoiste, quelle grigie una via di mezzo, persone a tratti altruiste e a tratti egoiste.
Ora se mettiamo tante palline in un vaso di vetro e guardiamo l'insieme che si forma potremo vedere una miscela nera se tutte le palline nere sono state inserite nel vaso, una miscela bianca se abbiamo messo le palline bianche, o in generale una miscela grigia di gradazione più scura se le palline nere sono preponderanti, più chiara se in alternativa sono preponderanti le bianche.
Il colore: bianco, nero o grigio rappresenta una qualità percepibile esteriormente per ogni pallina, così come l'altruismo e l'egoismo di ogni persona è percepibile e rappresentabile in una scala di valori.
Una società si comporta esteriormente come il vaso di vetro, apparirà più egoista se le persone della società sono in maggioranza egoiste, più altruista se sono in maggioranza altruista.
Le analogie con i colori però si fermano qui, nel caso del vaso il colore complessivo percepito sarà comunque un colore, variante nella gamma tra il bianco e il nero, esattamente come le singole palline.
Nel caso della società invece è chiaro che quando ci si riferisce ad un egoismo sociale non si intende la stessa cosa dell'egoismo individuale ma comunque il movimento complessivo della società sarà molto diverso se le persone tendono all'egoismo rispetto ad un'altra società con persone in prevalenza altruiste. Non a caso si parla di una prevalenza della componente egoistica nelle società dove vige lo spirito del capitalismo e di una teorica prevalenza altruista nelle società comuniste. Quanto poi questa semplificazione sia reale è tema di discussione.

#54
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
10 Giugno 2016, 11:39:56 AM
Citazione di: cvc il 10 Giugno 2016, 10:36:48 AM
Il tuo intervento non mi cita esplicitamente ma penso sia riferito a me. Premesso che io non sono un chissà quale professore che espone una sua qualche teoria, mi sento libero di poter esprimere la mia opinione, in questo forum, spaziando, se mi va, dalla sociologia alla psicologia alla teoria dei giochi per quel che posso dire dei relativi argomenti. Non sono uno che cerca di millantare conoscenze che non ha, non ho nessuna vergogna nel dire di avere una cultura anche forse inferiore a quella che può essere la media di questo forum. Detto questo non vedo perchè qualcuno, seppure nella veste del dotto utente Hollyfabius, debba dire a me o ad altri come si debba o non si debba condurre un'argomentazione. Non vedo nessuna necessità di questo tuo intervento per mettere ordine nelle varie materie, anche perchè non penso che qualcuno qui ignori la differenza che c'è fra le varie discipline. Personalmente ho sempre pensato che l'importante sia quello che emerge dal dialogo, ciò che si ottiene scavando nella coscienza attraverso il batti e ribatti dei vari interventi. Se tu vuoi farne una questione deontologica delle varie materie sei liberissimo di farlo, ma io ti consiglierei di scendere anche un pò dalla cattedra e magari di goderti anche un pò di quello che emerge da interventi che possono essere anche un pò concitati e imprecisi, ma che proprio per questo riflettono lo spirito del linguaggio e risultano più veri.
Il mio intervento non era riferito solo a te ed era generico ma certamente era riferito anche a te.
Non sono dotto, sono un semplice povero idiota ma chiedevo semplicemente e mi pare cortesemente di fare ordine.
Se parliamo di una cosa e poi spaziamo dallo spirituale alla teoria dei giochi a me non interessa intervenire.
Non volevo offendere nessuno e le mie considerazioni erano assolutamente generiche, se questo è l'atteggiamento vorrà dire semplicemente che eviterò di intervenire.
Cordialità
#55
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
10 Giugno 2016, 09:51:06 AM
Attenzione che l'altruismo non è un sentimento, bensì un atteggiamento. Con atteggiamento intendo un qualcosa di più complesso del solo sentimento e che coinvolge anche la parte razionale dell'individuo.
Il sentimento può essere quello di amore verso gli altri e che poi si traduce in un atteggiamento altruistico ma tutti noi siamo contemporaneamente sia altruisti che egoisti, la misura della quota altruista od egoista varia nel tempo e nelle situazioni.
La persona più altruista di questo mondo può diventare egoista se posta nelle condizioni di doverlo fare, per esempio per difendere il suo altruismo.
Non esiste nessuno che sia altruista a prescindere, senza una ragione biologica o razionale.
Attenzione a parlare di altruismo ed egoismo del singolo in forma disgiunta dal gruppo perché questi concetti non hanno nessun senso se non coinvolgono gli 'altri'. La predisposizione all'atteggiamento egoistico o all'atteggiamento altruistico non è innata ma viene maturata nel rapporto con gli altri nei primi anni della nostra vita, sono convinto che si possa poi solo parzialmente modificare radicalmente in età più matura. Questa è forse la distinzione tra l'influenza razionale e quella emotiva verso l'antonimia egoismo/altruismo.
Infatti la componente emotiva più forte si configura da bambini dall'esempio dei genitori e dalle persone vicine a noi, la componente razionale più debole si configura in età più matura. Questa può essere la spiegazione per cui è appare più autentico l'atteggiamento maggiormente basato sulla emotività rispetto a quello a prevalenza basato sulla ratio. Bisogna però essere consapevoli che esistono sempre entrambe queste componenti, altrimenti parliamo del nulla.
Altro aspetto è parlare di egoismo/altruismo sociale (non individuale), in questo caso le discussioni si spostano su un livello diverso, sociologico, storico, filosofico.
A mio giudizio, questo può essere più interessante per questa discussione, importante però è sapere che si parla di questo e  non del atteggiamento del singolo.
Personalmente non ho capito se state parlando dell'atteggiamento a livello di singolo o dell'atteggiamento a livello di gruppo, ritengo però che la prima cosa sia più pertinente nella sezione delle tematiche spirituali e qui (sezione tematiche filosofiche) mi sembrerebbe più pertinente concentrare le riflessioni sui livelli diversi, consapevoli che questi diversi livelli sono il risultato 'medio' degli atteggiamenti dei singoli appartenenti al gruppo. Lasciamo però perdere la teoria dei giochi oppure dedichiamo a quello un apposito 3D perché in quel caso si parla in maniera parziale e distorta di queste cose. Non esiste solo il calcolo quando si parla di atteggiamento di gruppo, esistono anche gli idealismi, le disquisizioni filosofiche, per esempio credo sia lecito parlare di contrapposizione di economia di mercato ed economia comunista come comportamenti sociali, legati alla coppia egoismo/altruismo, senza parlare di teoria dei giochi.
#56
Mi intrometto in questa interessante discussione con qualche osservazione.

Citazione di: Loris Bagnara il 09 Giugno 2016, 12:22:20 PM
Si certo, la prima domanda è perché "io esisto". Ma la seconda è, posto che esisto, "perché esisto in questo modo". Infatti, non c'è solo un modo in cui posso esistere. Se intendo l'io-sono come puro soggetto auto-senziente, senza alcuno specifico contenuto, è chiaro che io potrei esistere in infinite altre forme concrete diverse da quella presente.

La prima cosa da chiedersi non è perché "io esisto" bensì se esiste un perché "io esisto". La mia esistenza è un fatto generato causalmente e casualmente da mia madre e mio padre, se fosse questo l'unico perché?
Non credo poi che si possa chiedersi neppure "perché esisto in questo modo" perché non esiste un modo persistente di me, in ogni momento cambio e il nostro essere persone non è mai definitivo. E' esistito un me in molte altre forme concrete diverse da quella presente ed esisterà in molte altre forme.

Citazione di: Loris Bagnara il 09 Giugno 2016, 12:22:20 PM

il punto è questo: ammettere o meno la validità del principio di causalità. Se non il principio "forte" (assoluto determininismo), almeno il principio "debole" lo si deve ammettere, altrimenti abbiamo già finito di fare scienza e filosofia. Altrimenti basterebbe dire "le cose sono come sono", e saremmo già a posto...
Una formulazione del principio di causalità "debole" potrebbe essere questa: ogni fenomeno rappresenta uno stato che è condizionato da un altro fenomeno (stato) localmente contiguo e preesistente.
La mia esistenza soggettiva è indubbiamente un fenomeno, e se il principio di causalità è valido, deve esistere un fenomeno preesistente e contiguo che ha condizionato la mia esistenza soggettiva. Questo fenomeno preesistente e contiguo, che sto cercando, è la "causa" della mia esistenza come soggetto autocosciente.
Dove si trova questa causa?
Se credo nell'esistenza della realtà oggettiva, materiale, allora si deve trovare lì: si deve trovare in questo universo, e quindi la posso trovare come posso trovare la causa di qualunque altro fenomeno.
Se invece non credo nell'esistenza della realtà oggettiva, allora la causa della mia esistenza soggettiva si trova all'interno della mia stessa coscienza. Non devo uscire da me, pormi in una prospettiva esterna, per trovarla: si trova dentro di me, dunque è alla mia portata.
in definitiva, qualunque sia la posizione assunta non credo sia legittimo sentirsi esentati dal rispondere alle domande di cui sopra.

Sembrerebbe che un principio di causalità non si possa negare. La stessa intuizione del tempo è una nostra categoria mentale generata dalla causalità.


Citazione di: Loris Bagnara il 09 Giugno 2016, 12:22:20 PM

Anche perché la risposta c'è, ed è semplicissima.
Una volta constatato che è impossibile rendere conto della mia apparizione dal nulla, come soggetto autocosciente, ogni difficoltà sparisce se ammetto che la coscienza NON sorge dal nulla, ma è irriducibile, increata, eterna, e che assume infinite manifestazioni soggettive.

Aggiungo che le stesse considerazioni fatte per la coscienza, si possono applicare anche alle domande: perché esiste qualcosa anziché niente? E posto che qualcosa esiste, perchè si manifesta in questo modo (universo) anziché in un altro modo?
Queste sono domande che mettono in imbarazzo molti scienziati, quelli che vanno alla ricerca del cosiddetto "principio unico", cioè quel principio che, rendendo innanzitutto conto di se stesso, è capace di rendere conto di tutte le leggi e caratteristiche dell'universo osservato. E dove si troverebbe questo principio? Ma dentro l'universo stesso, è ovvio, perché se fosse fuori dell'universo allora l'universo non sarebbe tale, ci sarebbe un altrove che condiziona l'universo osservato. Se non si vuole ammettere questo altrove, bisogna ammettere che il principio unico è dentro, e se è dentro, lo si può trovare, e se lo si può trovare, quelle domande di cui sopra possono avere una risposta.
Quindi, anche in questo caso, quelle domande non possono essere eluse, perché solo rispondendovi posso considerare l'universo completamente "spiegato"; diversamente, l'universo sarebbe zoppo, puntellato da qualcosa che sta altrove...

Ora, per me è chiaro che il principio unico, come lo stanno cercando ora, non lo troveranno mai. Sarebbe come dire che il nostro universo è l'unico universo possibile. Ma è ovvio che questo non è l'unico universo possibile: oltre agli infiniti universi diversi che potremmo pensare, ci sarebbero ancora tutti quelli che nemmeno riusciamo a immaginare...
L'unica soluzione, il solo principio unico, allora, è questo: esiste TUTTO. L'universo osservabile è solo l'infinitesima parte di un TUTTO infinito. Perché solo l'infinito può includere tutte le cause, e dunque anche le cause di tutto. Viceversa, ciò che è finito è necessariamente contingente, incompleto incapace di rendere conto della propria esistenza.

Certo o esiste il divenire o esiste l'eternità di qualcosa, non esiste una terza via.
L'esistenza del TUTTO come principio è senza senso, è auto-contradditorio. Non puoi abbracciare il tutto perché mancheresti sempre tu che dall'esterno lo abbracci. Non può esistere un linguaggio che descriva se stesso, occorre operare ad un livello di sovra-linguaggio ma non si può uscire da questa contraddizione.
Sono piuttosto convinto che esista l'eternità di qualcosa, le forme però, le intenzionalità di questo qualcosa non sono accessibili alla mente umana. Dal mio piccolo cantuccio la definitiva irrazionalità del qualcosa di eterno è palese: lo stesso principio di causalità potrebbe dissolversi per ragioni misteriose.
Il qualcosa di eterno però deve garantire la molteplicità, deve appoggiarsi almeno al suo contrasto, è forse l'eterna lotta tra una parvenza di yin e yang.
#57
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
09 Giugno 2016, 15:30:43 PM
Citazione di: paul11 il 07 Giugno 2016, 00:30:57 AM
E questo distingue l'agire dell'altruista che è irrazionale rispetto al calcolo razionale dell' egoista.

Questa contrapposizione tra altruismo irrazionale e egoismo razionale non esiste.
L'egoismo può tranquillamente essere irrazionale, e l'altruismo razionale, esiste un mondo interno in ognuno di noi che è irrazionale e un mondo esterno razionale ma questi due mondi non sono mai separati nettamente.


Citazione di: baylham il 09 Giugno 2016, 09:19:00 AM
Anche la cooperazione, la mutualità, la reciprocità è prevalentemente egoista se consideriamo gli obiettivi, le finalità che la sostengono: la famiglia, l'amicizia, la coppia, l'impresa, la squadra, il partito, il sindacato, la nazione, sono forme, istituti cooperativi tra gli individui all'interno del gruppo ma sono in competizione, concorrenza verso l'esterno, verso chi non ne fa parte. Queste forme di cooperazione non sono espressioni di un autentico altruismo.

Ciò spiega la due differenze della mia concezione rispetto a quella di HollyFabius: in primo luogo l'altruismo limitato all'interno di un gruppo, che esclude o discrimina l'altro esterno al gruppo, non è un autentico, prevalente altruismo. In secondo luogo l'altruismo come emozione, impulso, è chiaramente opposto all'egoismo: l'altruismo autentico, prevalente, non è una forma di morboso annullamento dell'altro, come sospetta paul11, ma una forma di generosa e soddisfacente realizzazione di sé stessi.
Io credo che tu stia parlando di qualcosa di diverso dell'altruismo, forse tu intendi per altruismo qualche forma di amore cieco e irrazionale.

Certo che esistono forme diverse di egoismo ed altruismo, come ogni sentimento umano hanno diverse possibili gradazioni e diverse possibili relazioni con il raziocinio. Magari puoi fornire indicazione di chi è altruista nella forma che tu intendi, io credo che non esistano persone con la forma di altruismo estremo che hai in mente se non per periodi limitati di tempo e legati alla nostra istintuale e naturale essenza animale (per esempio nella relazione madre-figli per il periodo dell'allattamento).
#58
Tematiche Spirituali / Re:il perdono: quanto costa?
08 Giugno 2016, 00:10:03 AM
Citazione di: giona2068 il 07 Giugno 2016, 23:45:12 PM
Citazione di: HollyFabius il 07 Giugno 2016, 23:00:49 PM
Citazione di: Phil il 07 Giugno 2016, 19:33:06 PM
Vorrei porre alcune domande sperando che servano a sviluppare il discorso:
il perdono non presuppone, da un lato, il giudizio, e dall'altro, la colpa? Con quale certezza mi pongo come giudice del comportamento di un mio simile? Sono sicuro di saper distinguere chi deve perdonare chi?
Ad esempio, da figlio, mi può sembrare che mio padre mi faccia un torto, ma decido comunque di perdonarlo per amore; tuttavia, tempo dopo, con l'adeguato distacco emotivo, mi accorgo che quel suo apparente torto era invece una sua reazione ad una mia colpa (che all'epoca non mi sembrava tale), e quindi era lui in verità a dover perdonare me... giocare a fare i giudici delle azioni altrui è attività spesso ingannevole e fuorviante (come voler scagliare la prima pietra...)

Se invece il danno subito è palese e tangibile, sta davvero a me giudicare (e poi semmai perdonare) e a quale scopo? Non dovrei usare le mie energie ed il mio tempo a cercare di rimediare al danno subito ed evitarne ripercussioni, senza indugiare iniquamente sul presunto colpevole (attività che spetta semmai alla legge terrena)?
Il perdono non rischia di essere una "colpevolizzazione travestita ed assopita", una reazione "diplomatica" all'istintivo e fanciullesco desiderio di vendetta, che quindi non è stato ancora addomesticato?
Perdonare qualcuno non è un'azione che "usa" il prossimo (ed una sua ipotetica mancanza) per voler elevare se stessi a "pio perdonatore"?

Uscendo dal meccanismo vizioso giudizio>colpa>perdono, non ci si apre ad una vita più fraterna e serena?

P.s. Lo stesso "chiedere perdono" al prossimo, non è quasi superfluo, dal punto di vista etico, in caso di sincero pentimento? Quanto ha senso un perdono che segue una richiesta (e quindi non è spontaneo)? In fondo, se sono davvero pentito, ma l'altro non mi perdona, è una mancanza mia o sua? Il mio dovere morale termina quindi con il semplice "chiedere perdono" (che dunque è un chiedere non sincero perché è già concluso a prescindere dal suo esito)?

Condivido.
Peraltro il perdono mi pare collegato alla pratica cattolica introdotta nel medioevo della confessione della colpa, con condivisione delle proprie colpe con il sacerdote, con la successiva espiazione del dazio spirituale ed infine col dono del perdono. Incidentalmente tutto ciò aumenta la capacità di controllo da parte del potere temporale sulla attività delle anime pie.
Quante argomentazioni per dire che non vogliamo perdonare!
Possiamo  anche sbagliarci a perdonare chi ci ha chiesto il perdono, quando in verità eravamo noi quelli che  sbagliavano nel credere ai nostri  principi, ma se partiamo dal principio che ognuno deve rispettare l'altro a prescindere dal suo pensare giusto o sbagliato la conclusione sarà diversa.
In ogni caso perdonare e chiedere perdono servono a ricostruire l'armonia.
A cosa mi serve aver ragione se poi vivo in un ambiente dove regna la discordia?
Perdonare guarisce la ferita di chi è stato colpito e non perdonare non è meno grave di fare un torto.
Comunque in questo e in altri Topic  permane sempre il rifiuto di parlare di voler scoprire che sono io colui che dove chiedere perdono, la causa non certo l'umiltà e la mitezza.

Eh no! Quante argomentazioni per giustificare una pratica nata per finalità sociali e causa di molti dei comportamenti tipici e negativi dell'essere cattolico. Non è un caso che il rifiuto della teoria delle indulgenze, generi dei comportamenti sociali etici migliori per la collettività.
#59
Tematiche Spirituali / Re:il perdono: quanto costa?
07 Giugno 2016, 23:00:49 PM
Citazione di: Phil il 07 Giugno 2016, 19:33:06 PM
Vorrei porre alcune domande sperando che servano a sviluppare il discorso:
il perdono non presuppone, da un lato, il giudizio, e dall'altro, la colpa? Con quale certezza mi pongo come giudice del comportamento di un mio simile? Sono sicuro di saper distinguere chi deve perdonare chi?
Ad esempio, da figlio, mi può sembrare che mio padre mi faccia un torto, ma decido comunque di perdonarlo per amore; tuttavia, tempo dopo, con l'adeguato distacco emotivo, mi accorgo che quel suo apparente torto era invece una sua reazione ad una mia colpa (che all'epoca non mi sembrava tale), e quindi era lui in verità a dover perdonare me... giocare a fare i giudici delle azioni altrui è attività spesso ingannevole e fuorviante (come voler scagliare la prima pietra...)

Se invece il danno subito è palese e tangibile, sta davvero a me giudicare (e poi semmai perdonare) e a quale scopo? Non dovrei usare le mie energie ed il mio tempo a cercare di rimediare al danno subito ed evitarne ripercussioni, senza indugiare iniquamente sul presunto colpevole (attività che spetta semmai alla legge terrena)?
Il perdono non rischia di essere una "colpevolizzazione travestita ed assopita", una reazione "diplomatica" all'istintivo e fanciullesco desiderio di vendetta, che quindi non è stato ancora addomesticato?
Perdonare qualcuno non è un'azione che "usa" il prossimo (ed una sua ipotetica mancanza) per voler elevare se stessi a "pio perdonatore"?

Uscendo dal meccanismo vizioso giudizio>colpa>perdono, non ci si apre ad una vita più fraterna e serena?

P.s. Lo stesso "chiedere perdono" al prossimo, non è quasi superfluo, dal punto di vista etico, in caso di sincero pentimento? Quanto ha senso un perdono che segue una richiesta (e quindi non è spontaneo)? In fondo, se sono davvero pentito, ma l'altro non mi perdona, è una mancanza mia o sua? Il mio dovere morale termina quindi con il semplice "chiedere perdono" (che dunque è un chiedere non sincero perché è già concluso a prescindere dal suo esito)?

Condivido.
Peraltro il perdono mi pare collegato alla pratica cattolica introdotta nel medioevo della confessione della colpa, con condivisione delle proprie colpe con il sacerdote, con la successiva espiazione del dazio spirituale ed infine col dono del perdono. Incidentalmente tutto ciò aumenta la capacità di controllo da parte del potere temporale sulla attività delle anime pie.
#60
Scienza e Tecnologia / Re:Introduzione alla sezione
07 Giugno 2016, 10:50:58 AM
Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 19:41:00 PM
Non sono sicuro che la scienza, o meglio, gli scienziati contemporanei abbiano mai davvero fatto seriamente promesse così audaci e quasi propagandistiche... non so se è solo la "caricatura della scienza" o un suo "programma asintotico", ma la ricerca scientifica, per quel che ne so, procede in realtà su problemi concreti e parziali (ad esempio, curare quella malattia...). Forse siamo noi "profani" (ma qui non voglio parlare anche per te!) a renderla idealista più di quanto essa, in pratica, nel suo agire, si dimostri...

La forza della scienza non si basa solo sulle dichiarazioni scientifiche accademiche e regolate dai formalismi di principio. Tutto ciò è solo il nucleo della tradizione scientifica. La forza della scienza è però nella diffusione sempre più ampia del paradigma in formazione legato alla forza del controllo della natura possibile in prospettiva dall'approccio scientifico. Questa forza viene percepita dai più attraverso dinamiche disparate, legate quasi a processi di affermazione irrazionale, umorali, psicologici, assorbiti in un processo quasi fideistico.
La letteratura, il cinema, il sentire popolare parlano di un mondo trasformato, dove sono possibili viaggi interstellari, dove il viaggiare nel tempo è una possibilità, dove l'innesco di arti artificiali può diventare totale e rendere un corpo esente dal logorio della vecchiaia. Tutto ciò non viene affermato dalla scienza che con attenzione separa la scienza dalla fantascienza, dalla pseudo-scienza, dalla para-scienza. Ma queste mitologie crescono sotto alla pelle delle persone che vedono trasformarsi il mondo sempre più velocemente e che vedono la tecnologia dominare la realtà con sempre maggiore successo. E' chiaramente in atto un processo di formazione di nuove forme di mitologia.
Le riviste scientifiche di divulgazione di massa sono piene di ipotesi campate in aria su temi fantascientifici, i docenti universitari si trovano a discutere di viaggi nel tempo, di mondi paralleli, di salti nell'iperspazio sfruttando nuove forme di energia iperluminari, insieme alle più pertinenti tematiche affrontate dalle loro discipline.

Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 19:41:00 PM
Il big bang è un'"ipotesi di lavoro" (credo si chiami così in gergo) per la scienza, non un dogma o un assunto di principio su cui basare implicazioni, e il paradigma che ne consegue è continuo oggetto di ricerche per valutarne la plausibilità. Direi che più che "idealista", la scienza contemporanea è "possibilista": non si basa su ideali forti, ma su ipotesi possibili e da indagare epistemologicamente... tuttavia, se per "idealista" intendi, riduttivamente, "teorica", allora, almeno una parte di essa lo è sicuramente (ad esempio l'omonima "fisica teorica").
Il punto è che questa ipotesi di lavoro è accettabile anche dalle religioni tradizionali occidentali perché non affronta il tema del prima dell'inizio ma è compatibile con l'idea fondante delle loro mitologie. Chiediamoci se esistono delle alternative razionali ma che non vengono neppure poste come "ipotesi di lavoro". Io credo ne esistano ma che non possano trovare spazio adeguato per il loro scarso collegamento con le mitologie tradizionali.
Il punto è che la scienza contemporanea è certamente "possibilista" ma gli uomini e le istituzioni che la rappresentano sono ancorati e legati mani e piedi ad interessi a volte neppure percepiti come tali.