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Messaggi - Kobayashi

#451
Io preferisco un bestemmiatore (magari di tradizione toscana, con tutte quelle bizzarre elaborazioni linguistiche) a una persona che cova la sua rabbia nel silenzio progettando orribili vendette contro il mondo...

A parte gli scherzi, il mio consiglio è questo: non scandalizziamoci per delle parole rivolte al cielo (che tanto Dio ha le spalle larghe per sopportare ogni insulto), scandalizziamoci per quelle rivolte a chi è in difficoltà perché quelle sì che sono come pugni in faccia.

È interessante notare come nelle varie comunità religiose ciò che provoca scandalo riveli la specifica natura deviante di esse: per esempio la tendenza al moralismo quando ci si scandalizza dei costumi sessuali di una persona, la tendenza all'esasperazione dell'importanza di precise ritualità quando ci si scandalizza per la mancanza di ortodossia nelle liturgie, etc.
Quando invece a generare scandalo sono le cose che scandalizzavano Gesù, ecco che si torna alla salutare necessità di costruire un altro mondo...
#452
Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2018, 14:19:48 PM
Citazione di: Kobayashi il 10 Luglio 2018, 11:44:12 AMState approfittando dell'assenza dei giovani nietzschiani del forum (probabilmente in vacanza in Engadina) per maltrattare senza pudore il buon N.! Vergogna
CitazioneCapirai che paura dei "giovani nietzchiani" ! BBRRR ! ! ! (Sto tremando come una foglia). A fine Agosto, quando torneranno dall' Engadina, correrò subito a nascondermi ! ! !

Una curiosità: dal tuo post precedente sembra di capire che tu non abbia mai letto N.
E' corretto? 
#453
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Luglio 2018, 14:01:05 PM«La VERITA' è quel tipo di ERRORE senza il quale il soggetto pensante non potrebbe vivere». (NIETZSCHE: Menschlich Allzumenschliches, vol. I, aforisma n. 11). [/i]

Scusa ma a me pare che tu non faccia che parlare di una verità frutto di una ricerca iniziata con una misteriosa visione (se ho capito bene la tua storia filosofica).
E pensi che quella che per te è la verità sia tale anche per me? Sei veramente così ingenuo?
Quella verità di cui tu hai bisogno per vivere è considerabile da chi ha uno sguardo differente sul mondo semplicemente come una menzogna per te necessaria.

Suvvia, un po' di sano relativismo.
#454
Secondo me si trattava dell'Anticristo, non del Diavolo.
Ti puoi considerare fortunato.
#455
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Luglio 2018, 21:51:23 PMMa vorrei concludere con una domanda (da un estimatore del grande maestro russo ad un altro, sembra...): secondo te, Francesco avrebbe potuto mai dire (come ne "I Demoni"): "se anche Cristo non fosse verità, preferirei stare col Cristo piuttosto che con la verità"? saluti


Difficile rispondere.
Nella vita di Francesco si può comunque osservare un profondo disgusto nei confronti del mondo (non la natura, ma il mondo sociale, i rapporti di potere, la ricchezza etc.).
Quindi la sua scelta non è stata tanto tra la verità e Cristo, ma tra la realtà e Cristo. E lui ha scelto Cristo. Cosa che implicava crearsi una nuova realtà (perché quella per esempio offerta dal monastero in cui si era presentato come postulante non aveva nulla a che fare con Cristo, tant'è che la sua vita religiosa istituzionale è durata una settimana...).
Questa nuova realtà era la sua piccola comunità di amici. Semplice vita evangelica. Ma infinitamente lontana da ogni esperienza presente.

In effetti in personaggi come Francesco (o come Domenico di Guzman) mi è sembrato di trovare spesso un po' di quella disperazione che fa dire a Stavrogin "con Cristo anche se fosse contro la verità" (poi naturalmente Stavrogin ne vede subito l'auto-inganno, o non ha la forza, la potenza, per plasmare la propria vita su di essa, e finisce per "passare" l'idea a qualcun altro facendone infine un esperimento sociologico...).
#456
State approfittando dell'assenza dei giovani nietzschiani del forum (probabilmente in vacanza in Engadina) per maltrattare senza pudore il buon N.! Vergogna!
#457
Citazione di: 0xdeadbeef il 08 Luglio 2018, 20:41:15 PMSe, come ben dice Severino, il "sottosuolo filosofico degli ultimi 200 anni" ha mostrato, e lo ha mostrato in maniera definitiva (io non sarei troppo d'accordo, ma questo è il pensiero, comunque profondo, di Severino), che ogni "limite" morale ed etico è abolito (e questo è il senso proprio della "morte di Dio"), allora la volontà di potenza ha davvero il DIRITTO di esplicarsi senza remora alcuna.  

Faccio una considerazione antropologica: una persona che passa realmente attraverso la devastazione del pessimismo cosmico di Leopardi o del nichilismo della morte di ogni valore morale ha ancora una potenza e una volontà? Passarci attraverso non significa leggere dei libri nel tempo libero continuando poi a fare la vita di sempre, significa fare per esempio come Raskolnikov o Ivan Karamazov.
Il fatto che uno ne sia uscito attraverso una specie di rinascita interiore all'insegna della beatitudine della semplicità (il Vangelo dei disperati), mentre l'altro è sprofondato nella pazzia, dice ancora qualcos'altro, e cioè che la personalità intellettuale ossessiva di Ivan essendo troppo lontana dalla realtà rimane ingabbiata nella propria mente e così la sua caduta non trova una superficie stabile da cui ripartire, continuerà a perdersi nei fantasmi della sua immaginazione filosofica.

In un romanzo cinese scritto negli anni 80 c'è un personaggio, un giovane uomo, che finisce per uccidere in un eccesso di gelosia la persona che amava profondamente, di cui era ossessionato. Quindi distrutto da questo fatto, più morto che vivo, parte da Taiwan e va a vivere a New York. Qui passa dieci anni nell'oscurità. Vive di notte, gira per la città in metropolitana volendosi perdere ulteriormente. L'autore dice che ha persino smarrito il senso del gusto, quando mangia non sente il sapore di ciò che sta masticando.
Insomma una specie di zombie.
Alla fine incontra un ragazzo che gli chiede aiuto. Un piccolo vagabondo.
Lui decide di aiutarlo e di portarselo a casa.
Ma il punto è questo: non lo aiuta per empatia (spinta biologica), non lo aiuta per dovere (spinta etica o religiosa), non lo aiuta per sentirsi meglio (amor proprio).
Il gesto è come se emergesse da qualche oscura profondità. Come se la devastazione cui è stato soggetto per così tanto tempo avesse cancellato a tal punto le illusioni cui siamo continuamente affetti da mostrargli una realtà pura, appunto il bisogno del ragazzo, e nient'altro (chi si porterebbe a casa un vagabondo? Chi accetterebbe di assumersi il rischio di un gesto del genere non potendo in alcun modo sapere se si tratta di un pazzo, di un violento etc., se non chi è già praticamente morto?).

Mi ricorda il gesto di San Francesco con i lebbrosi senza però il suo fanatismo cristiano. Anche Francesco avrebbe forse fatto la stessa cosa anche se non avesse mai conosciuto la figura di Cristo, chissà.
#458
In riferimento all'ultimo intervento di Oxd.: io credo che la questione del nichilismo in relazione alla fine di ogni eternità sia decisamente sopravvalutata. Veramente gli uomini sono ossessionati dall'eternità? Veramente desiderano una vita eterna?
L'Occidente deve fare i conti con il tempo finito della vita che per il 99% viene perso per trovare il proprio piccolo posto nel mondo senza riuscirci. Vita sprecata, buttata, nell'ingiustizia dei sistemi politici e sociali.
Detto in poche parole: non sento la mancanza di Dio se riesco a lavorare la mia parte di mondo in modo che sia più armoniosa. Quando però ogni movimento è destinato all'impotenza, ecco che sì, non mi rimane che cercare qualcosa di cui il mondo non può derubarmi (non sto dicendo naturalmente che non abbia senso un percorso tradizionale di tipo religioso...).
Cioè, il nichilismo così com tradizionalmente viene affrontato è ancora la battaglia dell'uomo del nostro tempo?
#459
La filosofia secondo me ripropone nel tempo attraverso la voce di pensatori anche molti diversi tra di loro il suo ragionamento di base: conoscere è innanzitutto smascheramento delle illusioni (metafisiche, etiche, sociali etc.).
Da questo punto di vista la verità è essenzialmente l'immagine che si ottiene attraverso uno sguardo duro, disilluso sulla realtà. È costringersi a non scappare di fronte allo spettacolo desolante della vita.
È chiaro che le illusioni (dalle idee metafisiche più complesse ai piccoli piaceri) rendono la vita maggiormente accettabile.
Però il problema è che a questo processo di smascheramento nessuno sceglie consapevolmente di essere iniziato. Ci si finisce dentro per la propria natura filosofica, diciamo così.
Dunque il discorso di Leopardi è corretto, ma coloro che non si fidano dell'immaginario collettivo del proprio tempo faranno sempre quel percorso di distruzione e solitudine.
Quindi la vera domanda è un'altra: compiuta quest'opera di smantellamento, rimane veramente solo il nulla?

La filosofia si è concentrata per più di un secolo sul nichilismo. Mi chiedo se non sia arrivato il tempo di abbandonare le tematiche della morte di Dio e iniziare invece la costruzione di una fenomenologia della disperazione, per capire una volta per tutte se l'assenza di ogni speranza e la propria morte psicologica non sia il punto (paradossalmente positivo) su cui edificare una nuova umanità (ma senza le illusioni religiose o dottrinarie di Oriente e Occidente, al di fuori di ogni discorso edificante sulla virtù etc.).
Forse Michelstaedter ha detto qualcosa di originale sulla questione. Ma non ne sono sicuro...
#460
Citazione di: Socrate78 il 05 Luglio 2018, 20:01:07 PM@Kobayashi: Comunque L'esempio da te citato, della possibilità di essere crudele contro gli animali improvvisamente contro la tua personalità, non sarebbe di per sé espressioni di possessione demoniaca, poiché ognuno di noi, oltre ad avere una parte psichica consapevole, possiede anche l'inconscio, e quindi tu potresti odiare a livello inconscio gli animali ed ecco che l'episodio da te immaginato avrebbe un senso senza scomodare per forza il demonio, sarebbe un emergere a livello cosciente di dinamiche inconsapevoli.

Beh ma se ogni forma di malvagità può trovare spiegazione nell'inconscio allora perché parli di possessione demoniaca?
Devono esserci i segni tipo il film "L'esorcista" per parlare del diavolo?
Perché se ciò che viene commesso da un soggetto che dice di essersi sentito spinto ad agire da qualcosa che non riconosce in se' è sempre spiegabile con il magico contenitore dell'inconscio allora tutte queste osservazioni su forze spirituali esterne la mente, che girano per il mondo, che hanno una volontà distruttiva, una propria intelligenza, non hanno più molto bisogno di esistere.
#461
Se vogliamo per forza cercare di comprendere chi insiste nell'avvalersi dell'immagine del Diavolo nella spiegazione del male, allora il Diavolo, come dice inVerno, non può essere molte cose, ma solo quelle che non trovano spiegazioni.
L'uomo nella maggior parte dei casi è troppo debole per fare il bene e troppo vigliacco per compiere il male (come diceva Bloch, mi pare). Quando però supera la paura e si abbandona alla violenza, lascia dietro di se' opere di malvagità straordinaria. Basta pensare alla scienza della tortura.
Non vedo cioè perché scomodare Satana. Queste opere di straordinaria malvagità sono perfettamente umane, bisogna accettarlo.

E tuttavia se io, domani, mi svegliassi sentendomi un po' strano e andassi a comprare dei cuccioli di Labrador per poi passare il pomeriggio ad annegarli – io che ho sempre adorato i cani e gli animali in generale, che sono cresciuto insieme a cani e gatti e che mi sento più affine a loro che alle persone... – beh, ragazzi, non saprei proprio come spiegare una cosa del genere se non pensando ad un caso di possessione demoniaca...
Perché anche una crisi psicotica non potrebbe farmi fare qualcosa del genere (semmai la pazzia mi indurrebbe ad uccidere me, magari in un modo bizzarro, fantasioso, ma non degli animali).

In questo senso rimango aperto a chi in situazioni limite fa riferimento al Diavolo. Però devono essere situazioni realmente estreme e incomprensibili.
Tutto il resto mi sembra fondamentalismo religioso, la cui radice è pigrizia mentale, bisogno di un'identità forte etc.

ps.: il demone sulla spalla di Ambra Angiolini (?) sarebbe la versione moderna dell'immagine del Diavolo tra coloro che credono? Mi sembra una semplificazione abbastanza gratuita. Ma forse non ho capito...
#462
Cit. SaraM "siamo sicuri che l'essere umano vuole vivere di più?".

No, secondo me non è spinto semplicemente a vivere di più o in modo salutare, sereno etc..
Ha soprattutto bisogno di esprimere una certa capacità di trasformare la realtà. Quando questo bisogno viene frustrato, ecco il passaggio a delle attività sostitutive, come lo sport esercitato con grande impegno etc.
Ma se ci sentissimo nelle condizioni di cambiare veramente il nostro mondo secondo voi perderemmo il tempo ad allenarci tre volte la settimana per poter correre la mezza maratona sotto l'ora e mezza?
Da questo punto di vista sono in linea con Ted Kaczynski e con il suo concetto di processo di potere.
Obiettivo, sforzo, risultato: questi i tre elementi fondamentali. L'obiettivo deve però essere vitale, non può essere sempre qualcosa che ci inventiamo soltanto per non precipitare nella disperazione o nella noia. Nello stesso tempo deve poter essere raggiunto, non può essere completamente utopico.
In ogni caso l'uomo contemporaneo anche se attraverso la tecnologia si è emancipato da bisogni diretti e vive in condizione di maggior confort, si ritrova a dover costantemente subire cambiamenti che non ha scelto e a sentirsi del tutto impotente nei processi di trasformazione della realtà.
Da qui tutte le ridicole occupazioni, la ricerca narcisistica di prestigio sociale tramite competizioni, il concentrarsi sul cambiamento del corpo (poiché cambiare il mondo non si può e ci si riduce a esercitare il proprio potere su una personalizzazione estetica della propria carne, che alla fine risulta essere assai poco personale ma conforme agli standard dell'estetica globalizzata).
#463
Io penso che ci siano due tipi di opposizione tra interpretazione e fatti:
- una possibile opposizione tra interpretazioni soggettive e il sapere pubblico (per cui io, ora, posso anche asserire di credere nell'esistenza di Dio ma poi mi sento chiamato a dar conto delle obiezioni argomentate dalla nostra cultura secolarizzata; più le mie idee saranno lontane dal sapere condiviso e più sarà difficile non solo dimostrarne la credibilità per gli altri, ma anche per me stesso - poiché il sapere condiviso in quanto tale agisce anche su di me);
- un'opposizione tra le interpretazioni (del sapere pubblico, quindi condivise più o meno da tutti) e la realtà; in questo caso il limite dell'interpretazione di un fatto dipende dai criteri interni al sapere condiviso (scienza, storiografia etc.); e la storia mostra come fenomeni (presumibilmente) simili, accaduti in periodi distanti nel tempo, possano essere letti in modo completamente diverso.
Il nostro sapere pubblico d'istinto ci dice che la scienza (naturale o sociale) ci conduce sempre più vicini a ciò che l'oggetto è nella realtà.
Ma l'epistemologia contemporanea ha abbondantemente chiarito quanto sia problematica una posizione del genere.
Quindi non rimane che accettare l'idea che anche questi criteri interni siano arbitrari (culturalmente arbitrari, per quanto efficaci), e sostenere il punto di vista di Eco (anche se appunto va problematizzato, secondo me).
#464
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Giugno 2018, 19:30:24 PM[...] Tutta la storia dell'Occidente è la storia di una progressiva e prepotente emersione dell'individuo; un individuo ormai visto come "monade", cioè bastevole a se stesso. Naturalmente ciò ha comportato la separazione fra stato e chiesa, così come il tramonto del giusnaturalismo.
[...] E' che l'uomo occidentale è, intrinsecamente, per la stessa cultura che lo ha generato, un uomo a-religioso ove non addirittura anti-religioso.  

La contraddizione di cui si parla all'inizio si pone, secondo me, ad un livello diverso da quello della filosofia del diritto (cioè, mi interessava fare un altro discorso, ma questo l'ho già spiegato).
Comunque è vero, certe trasformazioni culturali e politiche non possono che essere accettate dal credente (separazione di Stato e Chiesa etc.).
Intorno a ciò che dici alla fine io penso che anche se l'uomo occidentale fosse a-religioso per sua stessa evoluzione, c'è da chiedersi se sia però così malleabile da adeguarsi ad un individualismo che attualmente è ben diverso da quello iniziale.
In parole povere: accetto di essere individualista se posso isolarmi nella natura (alla Thoreau); non lo accetto se sono isolato nella massa di altre monadi e soggetto a continui controlli.
La fine della religione cristiana significa la perdita della promessa del Regno e l'inizio di un cammino di disillusione. Posso elaborare il lutto in due modi: con la rabbia di un Ted Kaczynski (Unabomber), o con il tentativo di ripristinare altre speranze collettive (bisognerebbe forse ripensare la filosofia della speranza di Bloch...).
Riportare l'attenzione sulla promessa di salvezza del Vangelo è anche (forse) un atto politico, o comunque un atto che non ha solo implicazioni di natura esegetica.
Ma temo di essere andato fuori tema...
Un saluto.
#465
In riferimento all'intervento di Giogio.

Ogni esperienza è da leggere sempre in riferimento ad un'interpretazione. Presuppone cioè sempre già un modello teorico, a volte inconsapevole, che permettere di avvicinare ciò che sta accadendo. Fatta l'esperienza, nella riflessione, questo rapporto esperienza-interpretazione tende ad approfondirsi e a complicarsi in una catena di vicendevole influenze.
Ciò che viene narrato nella Bibbia (almeno nelle sue parti essenziali) è intesa dal credente come Rivelazione, come qualcosa cioè che viene dall'alto, da Dio.
Non voglio mettere in discussione la trascendenza di questo evento, voglio però far notare che questo evento, come tutti gli altri eventi, non è mai sperimentato come immediato. Se ne fa cioè una certa esperienza, la quale, come dico sopra, presuppone appunto già un modello teorico di interpretazione.
Evidentemente Satana è qualcosa che viene usato per raccontare l'esperienza radicale del male nell'ambito di una visione religiosa del mondo.
Mi chiedo: quando al giorno d'oggi ci capita di vivere qualcosa del genere pensiamo a Satana? Cioè, quando un uomo del nostro tempo per esempio è perseguitato ingiustamente interpreta la sua sfortunata vicenda come l'opera del diavolo? Direi di no.
Così come nella malattia anche il credente si rivolgerà a un medico piuttosto che precipitarsi in chiesa a pregare (perché il modello teorico della preghiera come efficace richiesta di un intervento ad hoc da parte di Dio appartiene ad un'altra epoca - indipendentemente dal fatto che si continui a credere nel Dio del cristianesimo).

La lettura fondamentalista della Bibbia è il metodo migliore per banalizzare la religione e farne quindi una specie di reperto archeologico morto.
La spiritualità cristiana viene resa viva invece proprio da un confronto aperto con la cultura del nostro tempo.