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Messaggi - sgiombo

#451
Citazione di: anthonyi il 31 Marzo 2019, 07:40:51 AM
Concordo con te, e al riguardo sarebbe interessante riflettere sull'atteggiamento del popolo populista che, sul Web, inonda di offese e di insulti chiunque esprime posizioni contrarie. Sarebbe da domandarsi in che misura questo modo di fare sia fascista.
Unsaluto


Perché invece il trattamento riservato a Di Maio, Toninelli, Raggi, ecc. dai "rispettabilissimi" giornalisti "ufficiali" sulla carta stampata e in TV sarebbe meno scorretto e meno fascista (nel senso di totalitario, illiberale, tutt' altro che pluralista) ? ! ? ! ? !

Ma per favore!
#452
Citazione di: anthonyi il 31 Marzo 2019, 07:20:10 AM
Nella USSR, negli anni 80, la gente faceva la fila per acquistare il burro rancido comprato dagli stoccaggi dell'AIMA (L'ente europeo che raccoglieva l'eccesso di produzione nella UE). Questo burro passava formalmente come mangime per animali, anche perché ne erano scaduti i termini di conservazione, ma le autorità russe lo facevano vendere ai Russi perché non c'erano altri grassi per cucinare.
Se per te questo è il concetto di "livello di ricchezza non alto" sei libero di preferirlo, ma per portare tutta l'Italia verso questo destino, nel rispetto delle regole democratiche, dovrebbe volere questo anche una maggioranza e io dubito che questo accada. Anche la grande maggioranza di coloro che si dichiarano di sinistra preferiscono una realtà fatta di beni fisici abbondanti anche se poi la disponibilità di questi beni è diseguale, certo questa maggioranza vorrebbe dei correttivi al sistema di mercato, ma non vuole in alcun modo superarlo.
Un saluto


Balle penose.
 
Non si trattava del paradiso in terra (per Tersite: non credo che Socrate78 fantasticasse di questo) ma di una condizione di discreto benessere.
 
Per essere corretti il socialismo reale non va paragonato con un capitalismo immaginario (quello delle metropoli imperialiste che fondano la loro ricchezza sullo ipersfruttamento e la rapina di tre quarti del mondo, ma con il capitalismo reale (per quelle "latitudini"), ovvero con quello che, infatti, vi é effettivamente succeduto.
 
Ed il socialismo reale esce assai bene da un simile corretto confronto (basterebbe guardare a un dato elementarissimo, fondamentale di benessere come la durata media della vita).
Questo spiega fra l' altro come mai nei sondaggi (pur se confezionati tedenziosamente dagli attuali potenti) risulta un rimpianto maggioritario di quei tempi.
 
E questo senza contare le condizioni di sviluppo economico "di partenza" di quelle esperienze, quasi in ogni caso nettamente più arretrate di quelle del capitalismo "prospero" (=imperialista dominante) cui vorresti paragonarli.
 
E allora mi obietterai: perché non votano comunista?
A parte il fatto che alcuni di quei paesi il Partito Comunista é fuori legge, proprio per il fatto che una autentica democrazia nel capitalismo non esiste, ma é "liberamente possibile" scegliere col voto fra "zuppa" e "pan bagnato".
 
 
A parte questo, anch' io alla ricchezza strabordante di minoranze (o anche di parziali maggioranze, ammesso e non concesso da parte mia) preferisco come Socrate 78, "che tutti siano ad un livello magari non alto di ricchezza ma sufficiente per garantire un lavoro e una casa, piuttosto che ci siano fasce di popolazione ricchissima a fronte di persone indigenti senza lavoro (o con lavori assolutamente precari) che non riescono ad arrivare a fine mese, giovani sfruttati in modo palese o larvato, e via discorrendo".
Ma questa invece é una preferenza soggettiva.
#453
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
30 Marzo 2019, 21:29:26 PM
Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 18:52:21 PM

e quindi gli abitanti di ebla avrebbero dovuto vedere manifestarsi la ebla noumenica...c'è qualcosa che non funziona nell'analogia.


Ebla é stata distrutta e i suoi resti disabitati e non visitati per secoli.
Ma quando era abitata e se mai fosse stata visitata dopo al distruzione sarebbero stati visti solo fenomeni e non cose in sè o noumeniche, solo le manifestazioni fenomeniche di oggetti in sé non costituenti fenomeni e non invece oggetti in sé non costituenti fenomeni (pretenderlo sarebbe pretendere che realmente siano accadute visioni -percezioni fenomeniche- di Ebla anche allorché visioni di Ebla realmente non sono accadute: mostruosa contraddizione ! ! !

L'  analogia non funziona a causa della confusione fra visione fenomenica (anche se non "interpretata", non pensata), e non affatto alcunché di noumenico, di Ebla e (sensazioni fenomeniche interiori o mentali costituenti la) "interpretazione" (pensiero, considerazione, predicato, conoscenza di Ebla; fra quello che già realmente esisteva ma non -non attualmente, casomai solo potenzialmente- in quanto tale, e che poi sarebbe diventato attualmente il denotato o estensione reale del concetto di "Ebla", ma solo allorché la realtà avrebbe compreso anche il pensiero del concetto di "Ebla") e il concetto (il pensiero) di "Ebla" stesso.
#454
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
30 Marzo 2019, 21:15:47 PM
Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 19:27:43 PM
La programmazione ad oggetti prevede di raggruppare in una zona circoscritta del codice sorgente* (chiamata classe**), la dichiarazione delle strutture dati e delle procedure*** che operano su di esse.
Le classi, quindi, costituiscono dei modelli astratti, che a tempo di esecuzione vengono invocate per istanziare o creare oggetti software relativi alla classe invocata. Questi ultimi sono dotati di attributi (dati) e metodi (procedure) secondo quanto definito/dichiarato dalle rispettive classi.

Sarebbe possibile convertire questa "wikipediata" (che ho usato per brevità se no scrivevo un romanzo) nella terminologia filosofica ?

*codice sorgente ==linguaggio
** classe == categoria
***procedure == meccanismi logici

Vi sembra coerente ?


Non vedo alcun interesse (filosofico) nell' eventuale farlo.
#455
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
30 Marzo 2019, 21:13:54 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 30 Marzo 2019, 18:18:56 PM

Nel momento in cui Ebla è stata scoperta, essa è diventata oggetto di interpretazione (nello
specifico di diatribe fra gli archeologi). E "insieme alla" interpretazione è sorto il
concetto (perchè è di un concetto che stiamo parlando) di una Ebla noumenica, cioè di una Ebla
come "in verità" era al netto dei diversi pareri degli archeologi.
Citazione
No, Ebla come "in verità" (rectius: "in realtà", poiché non era un predicato che può essere vero o falso ma un fatto che può essere reale o meno) era al netto dei diversi pareri degli archeologi non é mai stata  non é affatto noumenica (reale in sé indipendentemente dall' accadere che sia sensibilmente percepita, ma invece (ora attualmente, per parecchi secoli solo potenzialmente) al 100% fenomenica: il suo "esse est percipi", quando non si percepisce non c' é realmente (e se realmente allora qualcosa c' é, ad essa corrispondente, e c' é stato anche nei secoli nei quali nessuno l' ha vista, non si tratta di fenomeni percepiti -sarebbe platealmente contraddittorio pretenderlo!- ma invece di cosa in sé o noumeno.



E' insomma, chiarissimo che "fenomeno" e "noumeno" sono due concetti che si riferiscono al
medesimo oggetto (pur se c'è da citare la posizione di U.Eco, che ne: "La Soglia e l'Infinito"
sostiene - non del tutt assurdamente - l'esistenza di DUE oggetti).
In altre parole, non è che il noumeno SIA l'oggetto e il fenomeno sia la sua interpretazione: è
che ambedue i termini sono concetti che si riferiscono al medesimo oggetto.
saluti
Citazione
E' insomma, chiarissimo che "fenomeno" e "noumeno" sono due concetti che si riferiscono a due ben diverse cose: percezioni (il cui esse est percipi") l' uno, soggetti e oggetti di percezioni reali anche indipendentemente dall' accadere di percezioni l' altro (il cui "esse -dunque- non est percipi").

L' eventuale interpretazione dei fenomeni é un' altra cosa (fenomenica: altri fenomeni) che i fenomeni interpretati, mentre i fenomeni (anche quelli) non interpretati (ma solo realmente accadenti = realmente percepiti) sono tutt' altro genere di cose che il noumeno.
#456
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
30 Marzo 2019, 13:29:43 PM
Premessa: mi conforta la cautela con la qual anche gli altri intervenuti (tranne mi pare Oxdeadbeef) parlano di ciò che pensano di avere capito di Kant (non sono il solo ad avere dubbi sul pensiero del grande konigsbergese). :)
 
X Oxdeadbeef
Citaz. Dall' intervento # 120:
<<[un un "cultore" della semiotica] mi replicò che l' "esistenza" è tale solo a seguito di una interpretazione (che è la posizione di Carlo Sini, allora suo "maestro")>>
Seguo la semiotica di Frege, per la quale i concetti (simboleggiati da vocaboli) possono riferirsi unicamente a un connotato o intensione "cogitativa mentale, reale unicamente in quanto pensata o "contenuto di pensiero" (se realmente accade il pensiero del concetto stesso; solito esempio dell' ippogrifo), oppure anche a un denotato o estensione reale (solito esempio del cavallo).
In questo secondo caso (quando e se accade) l' esistenza della denotazione o estensione reale del concetto pensato é tale (reale) anche a prescindere da qualsiasi eventuale (ulteriore evento reale costituito da un') interpretazione come denotazione o intensione del concetto che lo pensa (o mediante il quale un soggetto lo pensa).
Cioè l' esistenza reale (oggettiva, di un oggetto di pensiero, predicazione, eventuale conoscenza, ecc.) può (non: deve) benissimo essere tale anche senza alcuna interpretazione (da parte di un soggetto di pensiero, predicazione, eventuale conoscenza, ecc.).
 
Citaz. Dall' intervento # 122":
Condivido tutto fuorchè le ultime righe: perchè mai potrebbe non esserci [il noumeno o cosa in sé]?
Voglio dire: secondo logica come fa ad esserci l'interpretazione ma non l'interpretato?

Secondo me bisogna distinguere fra oggetto (e soggetto) di percezione fenomenica cosciente ed oggetto (e soggetto) di pensiero, predicazione, eventualmente conoscenza (sono due questioni ben diverse, da non confondere).
Le percezioni fenomeniche coscienti, sia materiali (Berkeley) sia mentali (Hume) realmente esistono-accadono solo ed unicamente in quanto tali, il loro "esse est percipi".
Se qualcosa esiste-accade anche se e quando esse non esistono accadono (per esempio i loro soggetti e i loro oggetti che ammettiamo essere reali non sempre necessariamente in quanto attualmente tali ma anche potenzialmente, anche se e quando non accadono percezioni fenomeniche coscienti, ovvero non sono percepiti fenomenicamente fenomeni), per non cadere in una plateale contraddizione, si deve ammettere che tale "qualcosa" non é (costituito da) percezioni fenomeniche coscienti, materiali o mentali (altrimenti si pretenderebbe che qualcosa é-accade realmente anche se e quando e in quanto non é-accade realmente !!!): può sensatamente) essere (si può sensatamente pensare che sia) solo qualcosa di non apparente alla coscienza, non percepito (non fenomeno) ma solo pensato, congetturato (noumeno).
Ma sottolineo il "se": non é detto che (lo si può pensare non contraddittoriamente, sensatamente = é possibile) la realtà non sia imitata solo ed unicamente alle percezioni o fenomeni coscienti e basta, senza alcunché d' altro di reale oltre ad essi.
Invece gli oggetti di (quelle peculiari percezioni fenomeniche coscienti interiori, mentali che sono) pensiero, predicazione, eventualmente conoscenza possono (essere pensati in maniera logicamente corretta, non contraddittoria, sensata) essere reali indipendentemente dall' eventuale accadere realmente o meno anche dei pensieri (di concetti) dei quali sono i denotati o estensioni reali: anche se questi pensieri non accadono (= si può pensare non contraddittoriamente, ovvero come possibile, una realtà diversa da quella comprendente enti ed eventi che costituiscono denotazioni o estensioni reali di concetti pensati e inoltre tali concetti pensati, i pensieri di tali concetti, solo ed unicamente per il fatto di non comprenderli: una realtà costituita da cavalli realmente esistenti senza nessun uomo che realmente li pensi, oltre che: una realtà da questa diversa unicamente per il fato di comprendere oltre a cavalli realmente esistenti anche qualche uomo che realmente li pensi).
E questo sia che si tratti di enti ed eventi certamente reali (se e quando sono-accadono: denotazioni o estensioni reali per lo meno potenziali di eventuali concetti) ovvero percezioni o fenomeni coscienti, sia che siano enti ed eventi non dimostrabili (né logicamente, né empiricamente) essere-accadere realmente (per o meno fra l' altro, se non unicamente, il noumeno o cose in sé; che potrebbe essere un concetto con una connotazione o intensione reale -ovviamente: altrimenti non sarebbe un concetto- ma "dotato" inoltre oppure anche "privo" di alcuna denotazione o estensione reale).
 
Quindi l' interpretato reale (il pensato veracemente esserci: la denotazione o estensione reale di concetti predicati essere-accadere realmente) é necessario ci sia-accada affinché ce ne sia-ne accada l' interpretazione; ma il noumeno o caso in sé non é necessario ci sia-accade affinché ce ne sia il fenomeno, le percezioni, la manifestazione fenomenica cosciente.
 
Il noumeno non é (#124) "dato passivamente al soggetto interpretante che esso rappresenta un concetto-limite; che circoscrive le pretese della sensibilità (della conoscenza)", non é i fenomeni (potenzialmente reali) non (o non ancora) accadenti in quanto tali (che anche se meramente potenziali non sono e non possono essere altro, nel momento in cui si attuassero ovvero accadessero realmente, che fenomeni, come giustamente sottolinea Lou), ma invece -se c'é- é ciò che trascende la sensibilità: per esempio soggetto ed oggetti dei fenomeni coscienti: io che -almeno potenzialmente o indirettamente- vedo il tuo cervello (ma ci sono anche quando non lo vedo) ovvero tu che -almeno potenzialmente o indirettamente- vedi il mio cervello (ma ci sei anche quando non lo vedi; e non invece i fenomeni materiali "mio cervello" di cui io-noumeno sono oggetto diverso dal soggetto nella tua esperienza cosciente e i fenomeni mentali "miei pensieri, sentimenti, ecc. di cui io-noumeno sono oggetto riflessivamente identico al soggetto nella mia esperienza cosciente; e viceversa).
 
Quindi, per rispondere alla domanda dell' intervento #126:
"Riconosci in questa definizione la tua distinzione fra ciò che appare alla coscienza
(intuito) e ciò che è interpretato (pensato)?"
credo di avere spiegato come e perché non la riconosco.
 
X Viator
Citaz. Dall' intervento # 121:
"Infatti il produrre degli effetti rappresenta il requisito indispensabile che consente l'esistere".
Dissento: é ben pensabile in maniere logicamente corretta, non contraddittoria, sensata (= possibile) anche l' esistenza di qualcosa che non produce effetti.
Questo almeno in teoria, a prescindere da come di fatto é la realtà fenomenica materiale accessibile al senso comune e alla scienza nonché la realtà fenomenica mentale accessibile all' introspezione.
Cioè non é detto che di fatto esistano enti od eventi reali che non producono effetti, ma solo che é possibile esistano, ovvero che il produrre degli effetti non rappresenta il requisito indispensabile che consente l'esistere.
Peraltro (e forse questo intendevi dire) se consideriamo l' essere conosciuto un effetto (ma credo che ciò sia per lo meno problematico; dipendentemente dal significato che si attribuisce per definizione, arbitrariamente al concetto di "causare effetti"), allora il produrre degli effetti rappresenta il requisito indispensabile che consente l'esistere di qualcosa di conosciuto o per lo meno conoscibile, di qualcosa di cui si possa sapere qualcosa, che si possa pensare, su cui si possa ragionare.
Se anche ci fosse qualcosa che non produce l' effetto di essere conosciuto e pensato non se ne potrebbe sapere né comunque dire alcunché.
 
 
X Apeiron
La tua trattazione della questione mi sembra chiara e condivisibile.
La critica di Berkeley a Cartesio (la sola pars destruens) mi sembra inattaccabile (anche delle qualità primarie l' "esse est percipi", esattamente come delle secondarie).
Di Kant (come da te "schizzato" credo per lo meno in gran parte correttamente) rifiuto con gli empiristi le conoscenze a priori (la mente é una tabula rasa che senza -prima di compiere- esperienze non conosce nulla, ma solo ha la potenzialità di recepire sensazioni, comprese le sensazioni dei propri pensieri -che ha la facoltà di produrre attivamente- mediante i quali conosce le altre sensazioni passivamente recepite, nonché i pensieri attivi stessi); inoltre distinguo i fenomeni coscienti dei quali l' "esse st percipi" dalle cose in sé o noumeno. Il fatto che i primi siano manifestazioni coscienti del secondo non consente di identificarli: restano enti ed eventi reali (certamente i primi, senza inoppugnabile certezza i secondi) reciprocamente distinti seppure correlati.
 
 
X Tersite:
Filosofia e biologia trattano di coese diverse anche se correlate: la prima (fra l' altro) del nostro modo di conoscere e della realtà di ciò che conosciamo, la seconda del nostro cervello (il cui funzionamento nell' ambito delle esperienze coscienti** di chi lo osservi é biunivocamente corrispondente ad un' esperienza cosciente* per ciascun cervello diversa da quelle** degli osservatori dello stesso).
 
 
X Davintro
Circa la tua acuta distinzione fra oggetto di conoscenza in sé e oggetto di conoscenza in quanto conosciuto (diversa da quella fra fenomeni e noumeno - oggetto e/o soggetto di sensazione) a me pare che in realtà implichi non necessariamente l' inconoscibilità dell' oggetto di conoscenza in sé, in quanto non pensato, ma piuttosto l' incertezza (la possibilità o meno e non la necessaria negazione) di tale eventuale (possibile) conoscenza.
Credo che possa accadere (non é contraddittorio il pensarlo), o meno, che l' oggetto reale in quanto conosciuto (la connotazione o intensione cogitativa del concetto dell' oggetto reale) descriva "fedelmente", veracemente almeno in parte (ma inevitabilmente sempre in parte per lo meno di fatto) il denotato o estensione reale del concetto stesso (senza aggiungervi nulla di falso - non reale per lo meno; se non anche, per lo meno in linea puramente teorica, di principio, senza togliervi nulla di reale -vero).
Il fatto é che se anche ciò accadesse non si potrebbe sapere, se non attraverso predicazioni di ulteriori concetti dotati di estensione o denotazione reale (concetti dell' evento reale della conoscenza) fatto di cui a sua volta non si potrebbe sapere se non attraverso predicazioni di ulteriori concetti dotati di estensione o denotazione reale (concetti dell' evento reale della conoscenza della conoscenza), e così via in un regresso all' infinito.
Ma in fondo questo é solo un cervellotico cavillo, mentre consento convintamente con la tua affermazione che [#129]:
"il giudizio di una inconoscibilità di qualunque cosa nasconde sempre necessariamente un livello di conoscenza positiva, e l'unico modo per uscire dalla contraddizione sarebbe quello di ammettere, non una totale inconoscibilità, ma piuttosto una conoscenza parziale, l'impossibilità di un sapere esaustivo, ma comunque adeguato a cogliere degli aspetti che legittimino la sua pensabilità, tramite cui riconosciamo la sua stessa, parziale, irriducibilità alle nostre pretese conoscitive" (in quanto possibilità, ovviamente, in quanto riferito a ciò che di fatto si conosca; che non esaurisce la realtà in toto, non essendo certamente onniscienti; precisazione dovuta alla mia maniacale pognoleria, che credo del tutto pleonastica).
 
Naturalmente dissento, come già tante volte (noiosamente) affermato, dalla tesi del superamento del criticismo kantiano (o meglio ancora dello scetticismo humeiano) da parte dell' intenzionalità fenomenologica, in quanto ritengo che di certo e indubitabile (impensabile se non autocontraddittoriamente non essere-accadere realmente) vi siano unicamente i dati fenomenici immediati di percezione (se e quando accadono); e questo indipendentemente dalla loro "passività" o "attività" (= accadere o non accadere contemporaneamente o dopo che sia accaduta la volontà che accadano, e magari contemporaneamente alla volontà che non accadano).
 
Invece non capisco proprio come si possa ritenere scientificamente conoscibile, oltre ai fenomeni, il noumeno (il trascendentale, il -pensabile come- trascendente l' esperienza fenomenica cosciente; a meno di differenze che non colgo fra questi concetti):
"A questo punto la sfera dell'intelligibile, intesa come complesso di oggetti tematizzabili come tali, si presta ad essere terreno di giudizi e di conoscenza oggettiva nella stessa misura di come ciò è possibile per quanto riguarda la realtà materiale, ed è per questo che una critica trascendentale della conoscenza è possibile: è possibile in quanto intenziona il livello trascendentale tematizzandolo come particolare oggetto di conoscenza da studiare scientificamente, così come le scienze naturali intenzionano la realtà fisica".
E nemmeno come "le scienze naturali intenzionano la realtà fisica (presupponendo implicitamente, anch'esse una visione trascendentale, in realtà": per me le scienze naturali postulano (indimostrabilmente) l' intersoggettività dei fenomeni materiali, cioè la loro "poliunivoca corrispondenza per filo e per segno" fra tutte le diverse esperienze fenomeniche coscienti, ma non la loro "trascendentalità", ovvero realtà dei loro "dati" o "contenuti" anche indipendentemente dall' accadere delle esperienze fenomeniche coscienti stesse, come se -contradittoriamente- si trattasse di cose in sé o noumeno.
Secondo me il noumeno può essere trattato non affatto scientificamente ma solo filosoficamente (ontologicamente), come ipotesi esplicativa dei fenomeni e di ciò che di essi si postula (fra l' altro e soprattutto come conditiones sine qua non della conoscibilità scientifica di quelli materiali).
#457
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 22:20:01 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Marzo 2019, 21:30:27 PM
Ciao Sgiombo
Condivido tutto fuorchè le ultime righe: perchè mai potrebbe non esserci?
Voglio dire: secondo logica come fa ad esserci l'interpretazione ma non l'interpretato?
saluti

Per me (ma mi pare anche per Kant) fenomeno é ciò che appare alla coscienza, ciò che é sentito; e non ciò che é interpretato, pensato, ecc. (come invece mi pare lo intenda tu). Può anche essere pensato, ma allora alla coscienza appare (anche) il fenomeno "pensiero che pensa (considera, predica, ecc.) altri fenomeni coscienti (ulteriori rispetto ad esso)".

E noumeno é ciò che é reale in sé, non sentito, non apparente alla coscienza (che può esserci oppure no, che può anche essere costituito da nulla: non é dimostrabile né che nient' altro che i fenomeni esista né che esista qualcos' altro); e non invece (come invece mi pare lo intenda tu) ciò che é (qualsiasi cosa sia, anche fenomeni) senza essere fatto oggetto di (fenomeni costituenti) pensieri, considerazioni teoriche, perdicazioni, ecc.
#458
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 18:24:00 PM
Citazione di: Menandro il 29 Marzo 2019, 11:41:00 AM
Anche a me sembra sensata l'idea che continui ad esistere ciò che non appare attualmente alla coscienza. Ma per come ho capito io - magari sbagliando, devo leggere con attenzione la citazione riportata da @Lou - per Kant il noumeno non è l'attualmente non noto, bensì un livello ulteriore della realtà a noi precluso (ulteriore rispetto al fenomeno).


Ma infatti (e mi sembra di capire che anche Lou potrebbe essere d' accordo, salvo smentite da parte sua di miei eventuali fraintendimenti) per me (e credo, senza presunzione, si parva licet, per Kant) ciò che non appare attualmente alla coscienza e continua ad esistere non può essere fenomeni (che se lo fossero contraddittoriamente apparirebbero alla coscienza; i fenomeni continuando inevitabilmente ad apparire fintanto che che sono reali in quanto tali: non sono e non possono essere per definizione altro che apparenze coscienti): può essere solo cosa in sé o noumeno, pensabile razionalmente ma non percepibile sensibilmente, non apparente ovvero letteralmente non-fenomeno.


Aggiungo che questa (anche mia) accezione del "noumeno" mi sembra coerente con quanto ne afferma Tersite.
#459
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 08:14:32 AM
Premetto ancora una volta che su Kant, dati i miei limiti culturali, potrei sbagliarmi.

Ma indipendentemente da qualsiasi pretesa di fedeltà al konigsbegese (ragiono "a ruota libera", sulla questione, non allo scopo di capire Kant ma di cercare di capire la realtà in cui vivo), mi sembra chiaramente sensato e intelligibile intendere il noumeno o cosa in sé come non apparente sensibilmente alla coscienza (non-fenomeno, letteralmente) ma pensabile, immaginabile: ciò (qualcosa di in qualche inevitabilmente oscuro modo o senso reale) che continuerebbe ad esistere anche in assenza di percezione fenomenica dei fenomeni coscienti (che potrebbe includere il soggetto e gli oggetti di essi; ma essendo per definizione non osservabile potrebbe essere "di tutto e di più", ivi compreso eventualmente "il nulla", dal momento che é -per me; senza pretendere di fare una  corretta esegesi di Kant- indimostrabile, oltre che ovviamente non empiricamente constatabile, -ma solo ipotizzabile: potrebbe anche non esserci realmente).
#460
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 20:57:52 PM
Citazione di: viator il 28 Marzo 2019, 20:53:42 PM
Salve Sgiombo. Perdona la svista ma recentemente mi sono iscritto al "Festival della Giovinezza". Tra i ricchi premi e cotillons è inclusa la rimbambitaggine. Saluti.



Benvenuto fra noi!

...Siamo una compagnia numerosa (e neanche troppo noiosa).
#461
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 20:56:47 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Marzo 2019, 18:54:46 PM
Ciao Sgiombo
Mah, diciamo che nella Ragion Pratica Dio è assunto come postulato allo scopo di fondare
l'agire morale (in maniera del tutto analoga al "se Dio non esiste, allora tutto è lecito"
di Dostoevskij).
Per Kant Dio è una speranza (ed improbabile, per giunta); egli dice che l'esistenza reale
di Dio può, al massimo, non essere del tutto esclusa.
Non mi risulta vi sia, in Kant, alcuna relazione fra l'idea di Dio e la "cosa in sé" (non
può logicamente esservi).
saluti

Consapevole del poco che ho studiato in anni lontani circa Kant e dell' incertezza della mia memoria, non insisto circa la convinzione che avevo (e sulla quale ora sospendo il giudizio) circa il fatto che il nostro nella Critica della ragion pratica non abbia postulato Dio allo scopo di fondare la morale ma invece (al contrario) abbia ricavato l' esistenza di Dio (e del' anima immortale) come conseguenza dell' imperativo categorico che trovava "di già confezionato" con certezza dentro di sé e non "fondato" o insegnatogli da un Dio" alla cui esistenza previamente credesse (Non: c' é Dio, ergo c' é l imperativo categorico, ma c' é l' imperativo categorico: ergo c' é Dio).

Ma credo fermamente che una identificazione fra ciò che sta "oltre i fenomeni" e Dio può benissimo logicamente darsi (e di fatto si é data, se non da parte di Kant, prima di lui -senza usare la terminologia kantiana ma parlando delle stesse cose, apparenze sensibili e ciò che é reale indipendentemente dall' essere sensibilmente percepito- da parte di Berkeley).
#462
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 20:39:10 PM
Citazione di: viator il 28 Marzo 2019, 18:41:49 PM
Salve. Per Sgombo : a proposito di "Dal punto di vista di Kant, fra l'altro, Dio non avendo realtà (cioè non avendo nessuna estensione
spazio-temporale) è per forza di cose un'idea, e quindi necessariamente non è "cosa in sé".


Vorrei solo osservare che Dio, qualora consistesse nel'insieme del mondo, avrebbe invece certo estensione ben sufficiente a farne la "cosa in sè".

C'è un solo punto di vista che può mettere d'accordo materialisti e spiritualisti circa Dio  : considerare che esso sia "la causa dell'essere".

Ciò concilierebbe incontrovertibilmente ogni altra interpretazione. Saluti.

Veramente l' aveva scritto Oxdeadbeef.

Io avevo solo obiettato che non quadrava con i miei (un p' traballanti) ricordi liceali circa Kant.
#463
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 17:05:23 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Marzo 2019, 14:07:31 PM
Ciao Ipazia
Scusa ma come dicevo in una precedente risposta (che forse ti è sfuggita) mi sembri aver
malcompreso il concetto kantiano di "cosa in sé".
La "cosa in sé" è qualunque cosa non interpretata, quindi è null'altro che un mero oggetto.
Dal punto di vista di Kant, fra l'altro, Dio non avendo realtà (cioè non avendo nessuna estensione
spazio-temporale) è per forza di cose un'idea, e quindi necessariamente non è "cosa in sé".
saluti

Per quanto ricordo dai lontani anni del liceo (in quanto riferito dal professore di filosofia e letto nel manuale scolastico di filosofia, non sui testi originali dell' Autore; ho letto solo i Prolegomeni, ma oltre 50 anni fa! E inoltre la memoria potrebbe ingannarmi) Kant nella Critica della ragion pratica identificherebbe (non per dimostrazione razionale: non nella Critica della ragion pura, infatti) con Dio e con il sé personale - anima immortale alcune delle entità proprie del -o costituenti il- noumeno o "cosa in sé".

Salvo deprecabili fraintendimenti o svarioni di memoria questa era la "vulgata corrente del kantismo", più o meno fedele all' originale che fosse.
#464
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 16:56:51 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Marzo 2019, 13:55:33 PM
Non era riferito a te il culto dell'individualismo. Semmai dovreste interrogarvi, voi che ci credete, sul culto della cosa in se', altrettanto indimostrabile di Dio, che ha introdotto surrettiziamente il "mistero della fede" nell'atto conoscitivo, nella gnosi. Un conto è dire che la conoscenza è imperfetta e l'induzione implica anche una atto di fede sulla sua riproducibilità ed un conto è postulare un Dio/noumeno corrispettivo della gnosi perfetta, ma irraggiungibile. Scherzi da "metafisica a parte".


Credo che conosciamo ormai abbastanza bene le nostre convinzioni perché per parte mia non ti attribuisca l' attribuzione a me stesso (scusa il gioco di parole) del culto dell' individualismo (semplicemente "ci stava" nella tua affermazione e l' ho lasciato nella mia obiezione).

Di conseguenza nemmeno questo "voi che ci credete" (nel culto della cosa in se', altrettanto indimostrabile di Dio, che ha introdotto surrettiziamente il "mistero della fede" nell'atto conoscitivo, nella gnosi) comprende affatto me; che di tutto ciò credo per fede solo nella cosa in sé(dell' indimostrabilità della quale mi rendo conto), punto e basta: niente "culto" (?), niente Dio (veramente un po' più indimostrabile del noumeno; ma nel caso di quello biblico-coranico essendo invece dimostrabilissimo trattarsi di uno pseudoconcetto autocontraddittorio, assurdo, senza senso), niente "misteri della fede" (ma invece consapevolezza dei limiti della ragione) nell' atto conoscitivo, niente gnosi (?)!

Non ricavo l' ipotesi esplicativa del noumeno, in cui credo per fede, dal fatto che l'induzione implica anche una atto di fede* (sulla sua validità indefinita); noumeno comunque per niente "divino" e che dubito assai possa essere corrispettivo della gnosi perfetta, ma irraggiungibile (gnosi che ignoro completamente cosa sia; lo confesso candidamente: ne ho solo vagamente sentito parlare come di una eresia protocristiana o qualcosa di simile) .

Propongo invece la realtà del noumeno per potermi spiegare come mai se chiudo gli occhi e mi turo e orecchie e il naso il meraviglioso cedro del Libano nel giardino del mio vicino di casa (unicamente costituito da sensazioni visive di varie sfumature di verde e di marrone, sensazioni olfattive di sfumature di odori resinosi, sensazioni uditive di fronde al vento, ecc. e nient' altro: esse est percipi" - Berkeley) non c' é più, ma nonappena li riapro c' é puntualmente di nuovo: qualcosa di reale ma non fenomenico, di diverso dalle sopra accennate sensazioni fenomeniche (necessariamente diverso, onde evitare di cadere in una eclatante contraddizione!) deve pur esserci anche quando impedisco di esserci al cedro del Libano; qualcosa (di propriamente oggettivo) che faccia sì che non appena riapro occhi, naso ed orecchie di nuovo c'é.
E che più in generale giustifichi la credenza (indimostrabile) dell' intersoggettività delle sensazioni materiali in tutte le esperienze fenomeniche coscienti: il fatto che il cedro del Libano e tutto il resto del mondo materiale lo esperisca del tutto analogamente, "pubblicamente" chiunque compia le "opportune osservazioni", contrariamente ai pensieri, sentimenti, "stati d' animo" ecc. di ognuno che invece sono meramente soggettivi "privati": c' é una realtà in sé propriamente oggettiva -indipendente dai soggetti di sensazione e conoscenza- (e non meramente intersoggettiva) con cui sono in una qualche relazione tutti coloro che possono percepire le cose materiali come il meraviglioso albero; e invece qualcos' altro di diversamente reale "all' origine" di sensazioni coscienti solo soggettive, reali solo per ciascun osservatore di se stesso e per nessun altro, con cui é in qualche relazione chiunque può percepire i propri contenuti mentali, pensieri, sentimenti, ecc.
Oserei anzi proporre che la stessa, medesima "cosa in sé" (me stesso) é in determinate relazioni "intrinseche" con se stessa allorché io e solo io esperisco le mie sensazioni fenomeniche mentali di cui sono oggetto e soggetto riflessivamente identificantesi con l' oggetto stesso -nell' ambito della mia esperienza cosciente°- mentre che tu e chiunque altro, collocandovi con essa in determinate altre relazioni "estrinseche", cioé compiendo "le opportune osservazioni", potreste benissimo  osservare il mio cervello  in determinate circostanze neurofisiologiche (in quanto oggetto diverso dal soggetto) -nell' ambito delle vostre proprie esperienze coscienti°° di osservatori; e viceversa. Come ben dimostrato -ma non spiegato: la spiegazione essendo per l' appunto per me quella del noumeno- dalle neuroscienze: in un certo senso i miei pensieri (sensazioni interiori o mentali in generale) sono la cosa in sé (io stesso, soggetto -e in questo caso anche oggetto- della mia esperienza fenomenica cosciente):
a) quale fenomenicamente appare, si manifesta a se stessa;

e il mio cervello nelle corrispondenti fasi di attività neurofisiologica:
b) quale fenomenicamente appare a quella di altri soggetti da me -oggetto- diversi e viceversa.

Sensazioni materiali ("pubbliche", intersoggettive) come manifestazioni fenomeniche di oggetti in sé (noumeno) diversi dai soggetti di esperienza cosciente, e sensazioni mentali ("private", meramente soggettive) come manifestazioni fenomeniche di oggetti in sé (noumeno) riflessivamente identici ai soggetti di esperienza cosciente

Dai, fate uno sforzo per seguire l' elucubrazione (intricata e contorta, lo ammetto; a renderla più semplice in poche parole non ci riesco)!

_________________
* Dunque constato di essere in tua (per me piacevole) compagnia nel credere anche qualcosa per fede.
#465
Citazione di: Vittorio Sechi il 28 Marzo 2019, 12:43:05 PM


Citazione
VIttorio Sechi:


Da Sgiombo: "Colgo l' occasione per manifestare il mio totale dissenso dal riciclaggio da parte di Vittorio Sechi della concezione arendtiana del "totalitarismo" che pretenderebbe di identificare due posizioni teoriche e politiche in reciproca "opposizione polare" quali nazismo e leninismo di Stalin (che non pretese mai di "fondare uno "stalinismo" contrariamente a Hitler fondatore del nazismo)."

Se ho ben interpretato le ragioni del tuo "totale dissenso", rilevo un presumibile fraintendimento. Stalinismo e nazismo rappresentano i due versi di un'unica medaglia. Ciascuno per una sua intima ragione presenta le tipicizzanti caratteristiche del fascismo, che li identificano in due forme solo nominalmente antitetiche ed in dissidio. Essi sono la voce storica e la plastica raffigurazione della medesima istanza. Che Stalin intendesse o meno "fondare uno stalinismo" non rileva ai fini della sua caratterizzazione.

Come già scritto nel precedente post, quando le circostanze o la congiuntura non sono favorevoli, il fascismo ama mimetizzarsi celandosi dietro una coltre di sofismi che a prima vista, in assenza di un'analisi profonda che includa pro, contro ed obiettivi, soprattutto quelli non dichiarati, possono apparire neutri o sensati. La mimesi sovente rende complesso identificarlo per ciò che effettivamente è.

È corretto inferire che il fascismo, esprimendosi in forme totalitarie, tenda a ricondurre tutto a sé, contraendo o addirittura violando gli spazi riservati all'altro da sé. È nella sua genetica. 

Definire il fascismo e le sue peculiari caratterizzazioni non aiuta però a comprendere cosa invece sia ciò che ad esso si oppone – che per comodità di trattazione è accomunato in un'unica definizione: antifascismo -, quale sia la sua natura costitutiva ed il suo differente modo di guardare il mondo. Per delinearne i contorni, spesso soffusi e certamente meno marcati di quelli del fascismo, non credo sia troppo utile valutare le caratteristiche oppositive, o per meglio dire derivare dai suoi tratti caratteriali oppositivi quelli caratteristici che contraddistinguono il suo manifestarsi nel mondo. L'antifascismo, infatti, non si esaurisce nei suoi tratti antitetici rispetto al fascismo.
 
Nel post di esordio di questo thread, non so con quanta intelligenza, ho sostenuto che l'antifascismo abbia dei contorni assai meno delineati rispetto al suo omologo contrario e che sia meno agevole delinearne il perimetro entro cui è espressa la sua ragion d'essere, poiché questo, una volta stabiliti ed individuati i parametri di divaricazione, risulta essere assai più ampio e variegato. 

Una volta condiviso il concetto che il fascismo sia sostanzialmente una modalità dell'essere volto alla chiusura, all'introflessione ed alla preservazione e stabilizzazione del già dato, l'antifascismo, di contro, si apre al confronto. Suo habitat ideale è il mondo di Utopia.


Sgiombo:

Ecco appunto, io non condivido questo concetto, che accomuna agli oppressori nazifascisti chi durante la resistenza combatteva eroicamente per la democrazia (oltre che in molti casi per il socialismo), non di rado fino al cadere sotto il plotone  di esecuzione gridando: "Viva Stalin!"

Ovviamente le definizioni dei concetti sono qualcosa di arbitrario e se si vuole si può anche definire "bianco" il colore del petrolio o l' "antifascismo" escludendone coloro che di gran lunga più di chiunque altro hanno contribuito, pagando di persona, ad impedire che il nazifascismo e il fascismo giapponese conquistassero il potere nel mondo intero per includerli invece dell' ambito del "fascismo"; e magari anche in maniera da includere  Nietzche nei "precursori dell' antifascismo utopistico" mentre personalmente lo considero un "precursore del peggiore fascismo, quello nazista" (non é vietato da nessuna legge: per intendersi basta chiarire i significati che arbitrariamente si danno alle parole).

Personalmente seguo altri, ben diversi criteri.

Ho precisato che Stalin non ha fondato alcuno "stalinismo" contrariamente a Hitler che ha fondato il nazismo solo per giustificare il mancato uso da parte mia del termine "stalinismo" e invece quello di "leninismo di Stalin", e non certo per pretendere che il fondare o meno un movimento o partito abbia importanza nella questione.

CitazioneVIttorio Sechi:

Ciò che meglio impersona l'abitatore del non luogo è senza dubbio la figura del viandante, la cui Odissea è una continua ripresa del viaggio, seppur privo di meta. La metafora del viandante è stata poeticamente illustrata da Nietzsche, in un suo celebre aforisma tratto da 'Umano, troppo umano':

«Il viandante.
Chi anche solo in una certa misura è giunto alla libertà della ragione, non può poi sentirsi sulla terra nient'altro che un viandante, non un viaggiatore diretto a una meta finale: perché questa non esiste. Ben vorrà invece guardare e tener gli occhi ben aperti, per rendersi conto di come veramente procedano le cose nel mondo; perciò non potrà legare il suo cuore troppo saldamente ad alcuna cosa particolare: deve esserci in lui stesso qualcosa di errante, che trovi la sua gioia nel mutamento e nella transitorietà.»