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Messaggi - Apeiron

#451
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
03 Gennaio 2018, 13:04:01 PM
Angelo... ovviamente uno deve avere un minimo di fiducia e speranza. Senza un minimo di fiducia e speranza ovviamente non se ne esce. Secondo me sei un solipsista epistemologico (sebbene non ontologico) che non riesce nemmeno ad ammetterlo. Nel Forum non vuoi affermare di prendere posizioni. Eppure...

Eppure tu hai fiducia nelle tue percezioni visto che (uso le parole tue, eh):
"Se io mi trovo davanti un cane imponente arrabbiatissimo, pronto ad uccidermi, in quel momento la natura sta operando su di me una violenza, una costrizione, non mi sta permettendo di riflettere. E allora sono forzato dalla limitatezza del mio corpo a dire "Sì, c'è differenza, perché se un gatto si arrabbia contro di me non ho gran che da temere per la mia vita, ma se si tratta di un enorme cane sì"."
Qui vedo in fin dei conti che tu sei ben consapevole (senza averlo dimostrato) che davanti hai un cane imponente e arrabbiattissimo (potrebbe essere una semplice illusione percettiva) e dunque sei forzato da questa fiducia nei tuoi istitnti a reagire. Viceversa in discussioni come queste non hai fiducia nella mente (o non sai se si possa avere  ;D ) e dunque per coerenza ti rifugi nel tuo "solipsismo epistemologico". Certamente c'è una componente "psicologica" data dal fatto che ho fiducia nella mia mente quando mi dice che la mia conoscenza è lacunosa, carente, imperfetta, incompleta  e a differenza tua reagisco. Questa componente "psicologica" però c'era anche in Teeteto e in Socrate (secondo Platone) perchè cosa è la "meraviglia" se non questa componente psicologica che ti porta a cercare? Così tu ti comporti in due modi diversi nella vita quotidiana e nella filosofia - cosa che ha il suo senso - io invece preferisco dare più fiducia alla mente anche durante la speculazione filosofico. Ammetto il "rischio" ma la "felicità" che ricevo dalla speculazione nonché la gioia che ho quando a volte mi vengono intuizioni che paiono (in un certo senso) "vere" mi "spronano" a continuare in questo cammino. L'alternativa che tu proponi non mi attira.

Altra cosa:
"Non è possibile conoscere la natura della realtà". Se parto già da questa idea come è possibile che io inizi a domandarmi "è possibile conoscere la natura della realtà?".  Prova dunque ad entrare in una scuola e a convincere gli studenti che "non è possibile conoscere la natura della realtà": secondo te quanti scienziati escono??  ::)

Mi ricorda questo:
Nel VI (o V) secolo a.c. si dice che Buddha non ha voluto rispondere se esiste o meno l'atman (l'io "sostanziale") (https://www.accesstoinsight.org/tipitaka/sn/sn44/sn44.010.than.html). Perchè non lo ha fatto? Probabilmente perchè se uno è già convinto che l'atman non c'è come può praticare la filosofia buddhista per riconoscere che "la materia (le sensazioni, le percezioni, le predisposizioni karmiche, la coscienza) non sono io, non è mia, non è il mio Sé" ? Allo stesso modo se uno prende la tua filosofia - che giustamente Sariputra ha definito "disperante" - come può uno iniziare a fare filosofia? Sinceramente non vedo come ciò sia fattibile  :o


Se tu mi dici che la speculazione su ciò che va oltre il mio "soggetto" (e "diamine" Angelo tu non mi hai mai dimostrato che questo soggetto c'è e non mi hai mai dimostrato che muta, e non mi hai mai dimostrato che...) non è possibile come posso io essere invogliato a verificare tale posizione senza considerare l'altrui posizione? Senza rendertene conto affermi in continuazione cose che bloccano ogni possibile cammino, secondo me.

Ergo il fatto che io adesso non posso dimostrarti che il cane è diverso dal gatto non significa che: 1) cane e gatto non siano diversi 2) non è possibile tentare di fare una spiegazione ragionevole sul fatto che sono diversi  3) non è possibile dimostrare che siano diversi. Sei tu che fai una affermazione ingiustificata quando dici che "non è possibile dimostrare". Io semplicemente ammetto di non riuscirci e provo comunque a dare una spiegazione ragionevole!  ;)

Dunque se tu mi chiedi: "Apeiron tu affermi "è possibile dimostrare che il gatto e il cane siano diversi"?" Io rimango in silenzio. Se tu mi chiedi "Apeiron tu affermi: "è possibile dimostrare che il gatto e il cane non sono diversi?"" Io rimango in silenzio. Tuttavia non credo di (o meglio "spero di non")  aver mai affermato che è possibile una dimostrazione. Idem per le questioni metafisiche, come ad esempio l'esistenza dell'anima, dell'aldilà, dell'ontologia dell'etica... Tuttavia la speculazione su tali argomenti (magari mediante il procedimento dell'analogia come quello usato da Platone nella Repubblica nei riguardi della Forma del Bene, della Linea e della Caverna - nonché della mia (e del Sari) analogia del navigatore... anch'essa in realtà platonica) ritengo che sia lo stesso meta-fisica ma non nel senso che tu "disprezzi" ovvero una metafisica aperta ad un dialogo costruttivo. Di certo ci vuole una fiducia inziale nella mente umana - ovvero la fiducia che una tale attività non sia futile. Se tu invece non la hai, beh questo tipo di filosofia forse non fa per te. Ergo secondo me visto che le mie percezioni di gatto e cane sono diverse ritengo che sia ragionevole dire che "cane" e "gatto" sono diversi e che qualcosa differenzi il gatto dal cane e questo qualcosa è l'"anima" nel senso usato da viator. Se tu nuovamente insisti con la tua obiezione sul fatto che ho "troppa" fiducia nella mente ti ringrazio (ricevere obiezioni fa sempre bene) ma sinceramente non accetto i tuoi continui riferimenti alle "ideologie". Secondo me hai un "bias" contro questo tipo di filosofia.

Ad ogni modo la fiducia nelle cose che non si conoscono è essenziale per iniziare a fare ogni attività. Pur non sapendo la medicina mi affido alla conoscenza del medico, pur non sapendo nulla di fisica mi affido all'insegnante, pur non potendo dimostrare che il "cane arrabbiato" è reale comunque scappo ecc

Ma dire che "non è possibile dimostrare..." è un'affermazione categorica e va dimostrata. Se non è dimostrata non c'è alcuna ragione in più di credere ad essa rispetto all'affermazione "è possibile dimostrare...". Tra le due però quella che tronca il cammino è quella negativa. Dunque io preferisco l'affermativa. Tu la negativa. Però finché non mi porti argomenti convincenti sul fatto che "non è possibile dimostrare..." sinceramente non "passo dalla tua parte". Se affermassi "io conosco la dimostrazione di..." allora ha senso confutarmi. Ma sinceramente la mia decisione di preferire la frase affermativa ("preferire" non significa necessariamente essere d'accordo...) non sono più arbitrarie delle tue.

Edit: chiedo scusa per aver modificato più volte il post.
#452
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
02 Gennaio 2018, 19:41:09 PM
@davintro, personalmente la mia opinione non è molto distante dalla tua (e quindi anche dall'opinione di viator). Ovvero che ci sia qualcosa che renda il gatto "gatto", il cane "cane", l'uomo "uomo" ma la chiamerei "forma" e lascerei il termine "anima" a ciò che può essere considerato "senziente" (il che è piuttosto difficile da stabilire). Per quanto riguarda lo spirito personalmente ritengo ciò la "concettualizzazione" della nostra facoltà di speculare, distinguere il bene e il male.

Recentemente una prospettiva interessante dalla fisica è che la coscienza sia come una fase della materia (https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=3&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwj81fHm8rnYAhXRo6QKHU1wAHIQtwIIRTAC&url=https%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DGzCvlFRISIM&usg=AOvVaw0umm3qomAqPGYM1iK54wQs), motivo per cui ho usato nelle mie critiche ad Angelo l'analogia con il liquido e il gas. Ovvero ritengo che la "struttura" delle cose sia tanto "reale" quanto la "materia" e anzi se qualcosa si può prendere come informazione (definita a volte come "la differenza che crea la differenza", ovvero ciò che rende distinte le cose) è proprio la struttura e non la materia. La ritengo una prospettiva interessante, ma incompleta. La ritengo incompleta perchè, in fin dei conti, considera solo ciò che può essere visto scientificamente... non da indicazioni sulla questione per cui l'etica ha o meno fondamento "reale". Non dice poi se l'"io" rimane dopo la morte o meno (questione curiosamente legata probabilmente all'esistenza o meno di un fondamento "reale" dell'etica - come ho esplorato nel topic aperto da viator sull'immortalità). Personalmente non sono soddisfatto dalle teorie "emergentiste" perchè mi pare che tutte assumono che ogni cosa cosa possa essere osservata scientificamente per essere "reale" e non ammettono la possibilità che esista "altro".  Tuttavia se è giusta è quasi una "vittoria" di Aristotele e Platone, i quali hanno sempre stabilito che le proprietà degli oggetti sono tanto reali (seppur in maniera diversa) quanto la materia di cui essi sono fatti (l'oggetto è fatto di materia e forma). Secondo me la nostra natura non si ferma al "scientificamente osservabile" (che ha sostituito l'arcaico "visibile") ma c'è qualcosa di "oltre" esso. Spesso (ma non sempre) negli ultimi tempi si tende a ignorare la possibilità di questa "realtà" e troppe volte ciò è fatto per ragionamenti molto superficiali.  

Ritengo questo problema uno dei più interessanti di tutta la filosofia - non a caso è legato all'identità personale. Cos'è che rende me, "me"? Qual è la mia "forma"? Spinoza riteneva che in quanto la nostra "forma" ha come corrispettivo un'idea nella mente della "Sostanza" siamo immortali. Ovvero che esistiamo eternamente come "idea" (che a differenza di quella platonica però esiste in una mente, quella della "Sostanza" stessa). In un certo senso anche l'argomento di Tegmark (vedi il link) ricorda la posizione spinozistica: per Tegmark il reale coincide con il "matematico" e quindi se la nostra coscienza è un pattern matematico in un certo senso è "eterna" così come è eterno "2+2=4".
#453
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
02 Gennaio 2018, 16:01:04 PM
La mia domanda era:
1)Perché un cane sembra proprio diverso da un gatto?

La tua "risposta" è:
Se io mi trovo davanti un cane imponente arrabbiatissimo, pronto ad uccidermi, in quel momento la natura sta operando su di me una violenza, una costrizione, non mi sta permettendo di riflettere. E allora sono forzato dalla limitatezza del mio corpo a dire "Sì, c'è differenza, perché se un gatto si arrabbia contro di me non ho gran che da temere per la mia vita, ma se si tratta di un enorme cane sì".

Ma se non mi trovo in situazione a rischio di violenza, sono tranquillo, guardo a distanza cane e gatto che lì sul prato si fanno i fatti loro, allora ho la possibilità di mettermi a filosofare e penso: cosa sto vedendo? Cosa mi sta mostrando la mia mente? Posso avere fiducia nella mia mente?


Mi spieghi come nella tua "risposta" dovrei dedurre che hai spiegato "perchè un cane sembra proprio diverso da un gatto?". Il primo paragrafo non contiene alcuna risposta, nel secondo invece semplicemente mi dici che ti stai interrogando sull'esperienza sensoriale che stai avendo. Io ti ho fatto una domanda precisa che richiede una risposta altrettanto precisa ovvero il motivo per cui certi animali possiamo chiamarli "cani" e altri "gatti". Oppure se vuoi puoi anche mettere in discussione la domanda, va bene come approccio. In fin dei conti potrei semplicemente essere nella situazione del Genio Maligno di Cartesio. Ad ogni modo questa domanda è in topic, visto che già viator voleva capire cosa distingue una cosa dall'altra e in particolar modo cosa rende umano l'uomo. Platone con la sua dottrina degli universali ha dato una risposta (che può ovviamente essere sbagliata, ma è comunque un tentativo), sostenendo che le idee "esistono" e "partecipano" nel particolare. Tu invece non hai dato alcuna risposta alla domanda "perchè un cane sembra proprio diverso da un gatto?". E anzi le tue domande che hai scritto semplicemente sono in realtà una ripetizione della mia (visto che comunque ho la sensazione del cane e del gatto e comincio a formulare un'ipotesi per questo motivo). Quando ti chiedo il "perchè" voglio o che mi rispondi spiegandomi il motivo per cui cani e gatti sono diversi oppure che mi confuti la domanda dimostrandomi che è un'insensatezza (o che per qualche misterioso motivo non si applica) o in caso non sia chiara la domanda vorrei che mi si chiedesse di ripetere. Dunque non considero nemmeno questo tuo messaggio una vera risposta ad una domanda che chiedeva un motivo. Ritieni ora chiara la mia domanda, o no?

Ad ogni modo la tua filosofia non riesco a farmela piacere per un motivo molto semplice. Semplicemente a me, come a Colombo, interessa arrivare alla meta - o meglio: fare un passo per arrivarci (nel senso che posso non riuscirci io ma magari in futuro qualcuno ci riuscirà). Tu invece critichi questa mia "convinzione"... le tue critiche non mi convincono, ergo continuo a navigare  ;)*  In fin dei conti stando ad alcune cosmologie dell'epoca andando verso ovest non si poteva andare in Cina perchè si pensava che la Terra piatta finisse. Colombo provò a confutare tale convinzione, non ci riuscì ,ma comunque scoprì l'America. Dopo di lui però qualcuno ci riuscì. Dalle tue parole sembra che questa spinta alla conoscenza per te sia oltre che infondata (perchè l'oggetto non esiste) anche causa di molto male (lo deduco dai tuoi continui riferimenti alle ideologie). Mi paiono critiche simili a quelle mosse a Colombo, sinceramente. A differenza tua però non ritengo che la tua visione delle cose sia la causa di "ingiustizie" e anzi la apprezzo come un onesto tentativo di capire la nave. Ma per arrivare alle Indie o all'America (ammesso che sia possibile) non è sufficiente studiare bene la nave, bisogna anche navigare e studiare i venti, gli oceani ecc.

E scusa se te lo dico voglio una risposta anche alla seguente domanda:
perchè, secondo te, la scienza funziona?
Lo scrivo in grassetto perchè voglio sentire la tua opinione (ipotesi) e voglio sapere qual è secondo la ragione per cui la scienza funziona. Non voglio sentirmi ripetere la mia domanda o una non-risposta. In fin dei conti ti ho chiesto di fare un'ipotesi sul motivo per cui un gatto è diverso da un cane e tu non mi hai risposto con un'ipotesi.

E anzi... domanda cruciale?
è lecito secondo te fare ipotesi sulla realtà? è lecito dire, secondo te, che la meccanica quantistica è un progresso rispetto alla fisica classica? Per piacere rispondimi con una risposta diretta o al limite vorrei, per curiosità, capire come riformuli le mie domande.

Ad ogni modo io ho delle risposte a queste domande che secondo me non sono "dogmatiche". Non pretendo che un altro debba condividerle e sinceramente non mi pare di essermi espresso molte volte con violenza cercando di imporre le mie idee. Quello che però non riesco a concepire è l'opinione per la quale formulare ipotesi di questo tipo è "fare un'ideologia". Sono sempre pronto a ricevere obiezioni e a riconoscere che le mie convinzioni non sono completamente fondate. Mi si potrebbe chiedere perchè allora le chiamo "convinzioni". Risposta: non ho ancora trovato nulla che secondo me è migliore. Se uno riesce a convincermi a cambiare idea, bene. Ma finché uno (o anche un mio ragionamento...) non riesce mi tengo le mie convinzioni.

Voglio comunque che tu mi risponda in primo luogo alla prima domanda o che riformuli correttamente la stessa. Sul resto fa lo stesso, scegli tu.

*così come non ti convincono le mie critiche (o quelle di Sariputra) ma tu continui a camminare.

Ciao, a presto!
#454
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
02 Gennaio 2018, 12:11:40 PM
@Angelo, Non hai risposto alle domande! Per favore fai ipotesi! Come nel Teeteto! fai ipotesi! Ad ogni modo il fatto che io non distinguo "vita" e "filosofia" è perchè per me la filosofia è qualcosa di molto concreto. Comunque a questo punto se proprio non vuoi rispondere e dire che io dovrei riflettere (cosa che "sorprendentemente" faccio da molto tempo) come ho già detto "getto la spugna".
#455
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
02 Gennaio 2018, 12:09:53 PM
@Sari, sì forse ho un po' esagerato (e se il tono risulta pesante o offensivo, chiedo perdono in anticipo ad @Angelo) nel mio ultimo post. Però francamente non mi pare che anche Angelo non sia da meno nel criticare le (presunte) nostre difficoltà ad ammettere la complessità del reale. E più di una volta ho portato esempi dove in realtà gli stessi filosofi "accusati" di più di essere dogmatici (Platone, in primis) fanno analogie ed ipotesi, ammettono come nell'eccellente Teeteto che a volte si arriva all'aporia ecc. Ma mentre ad esempio il "so di non sapere" socratico invogliava alla ricerca, il "so di non sapere" di Angelo - se sostenuto con tutta la coerenza - porta al troncamento della stessa. Va bene lo scetticismo ma secondo me è molto più interessante, dal punto di vista intellettuale ed esistenziale non fermarsi alla filosofia negativa ma provare a rispondere alle domande:
1) perchè vediamo la differenza nella realtà tra le "cose"?
2) perchè vediamo vediamo che invece molte regolarità?
Ovvero perchè in ultima analisi la scienza funziona? E questa domanda ci porta già nella "meta-scienza", per così dire  :)  e sinceramente preferisco un tentativo di rispondere che risulta errato piuttosto di negare che si possa arrivare ad una risposta.

Detto questo se sono risultato troppo "duro" non era la mia intenzione. Anche se sinceramente mi sono un po' stufato dell'impressione (magari errata) che ho da queste discussioni: ovvero che appunto, come ben dici, sia una "vergogna" prendere una posizione. Detto questo sono anche io disposto a "non avere l'ultima parola" - simbolicamente getto per ora la spugna. Non ho altre argomentazioni da usare di quelle che ho già detto, non sono stato per ora convinto di sbagliare in quello che faccio - quindi non mi rimane che abbandonare la discussione se rimane in questi termini. Personalmente ritengo che il dubbio o più precisamente l'aporia non sia l'obbiettivo ultimo della filosofia ma sia per così dire il punto di partenza.

Ad ogni modo sono anche così "duro" perchè ormai ci ho costruito una vita su "queste posizioni" e lo hanno fatto molti altri. Ergo dietro alla durezza c'è se vogliamo "il cuore" più che "la testa". E francamente l'alternativa di avere come obbiettivo "non prendere posizioni" mi lascia con un enorme vuoto nel cuore.
#456
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
02 Gennaio 2018, 11:10:52 AM
@Angelo,
Ok e va "bene". Tu non vuoi diredi prendere mai alcuna posizione su niente, da buon "anti-dogmatico" eppure gli esempi concreti che ti ho posto, ovvero della distinzione cane-gatto, del "problema dell'attraversamento stradale" ecc mostrano che tu in realtà questa "sospensione del giudizio" non la fai sempre almeno nella vita concreta. Ovvero non dubiti di "tutto". Dubitare sempre di tutto crea un'enormità di sofferenza specialmente quando si tratta di stabilire se un'azione da compiere è "giusta" o "sbagliata". Rendere il dubbio il "summum bonum" della filosofia in fin dei conti provoca due conseguenze: la prima è l'inazione ("il blocco") e l'altra è l'indulgenza, ovvero si ritiene che "prendere una posizione" non sia importante. Il modo con cui ti poni, l'impegno con cui attacchi le "convinzioni" altrui tentando di mettere in risalto quanto la tua posizione è "migliore" chiaramente indicano che secondo te le posizioni da te criticate semplicemente sono "errate". Di posizioni in realtà ne prendi (molte) sul Forum, anche se poi nascondi le tue prese di posizione dicendo che tu a differenza di altri sei sempre disposto a "cambiare idea" (e qui dovrai spiegarmi cosa, di grazia, ti ha suggerito che una persona nella vita non possa oscillare tra le 5 alternative proposte da me). E se vuoi, pure, aggiungo una sesta posizione distinta dalla "3", sostituendo la dichiarazione di "incertezza" con una dichiarazione che "si crede di essere incerti", la quale è coincidente con la "3" così come "credo che lo spinozismo sia vero" è un'affermazione di "credere" che una forma della "5" è esatta.
Personalmente il problema che ho col tuo approccio è che come ha sottolineato @Sariputra:
"Constato che non fa per me, trovandola un po' troppo "disperante" per i miei gusti ed anche piuttosto 'sterile', a giudizio personale ovviamente.
Ma è perfettamente chiaro che è dura , alla fine, discutere con uno che dubita di tutto   ...preferisco qualcosa di più 'costruttivo' e quindi mi incammino ancora , consapevole del mio errare e fiducioso che forse un giorno non errerò più...
"
Sinceramente non mi interessa dimostrarti che il cane e il gatto sono diversi ma l'esperienza mi sembra chiara nella direzione che questi due animali sono diversi. Ad un certo punto dubitare è un'azione che può rasentare il sofismo. Ma a quanto sembra tu non vuoi ammettere questo – il nostro "cammino" è diverso e la tua prospettiva sinceramente mi sembra solamente "negativa", ovvero che sul "mercato" ci sono solo errori ma anziché cercare di "costruire" ti limiti alla semplice distruzione.
Personalmente io dubito molto spesso di molte cose, anche "scontate": un dubbio talmente forte che mi schiaccia, mi tormenta ecc mi è causa di enormi problemi della quotidianità. Non so come sia la tua vita quotidiana ma è proprio la vita concreta, esperienziale ecc che mi fa concludere che la tua prospettiva soffre di una forte mancanza.
Ad ogni modo probabilmente è vero che la spinta filosofica verso la conoscenza di "realtà e verità più alte" nasce in individui che trovano "strano" l'ordinario, sensazione che può essere sia piacevole che causa di grosse sofferenze:
"TEETETO: Per gli dèi, veramente, Socrate, io mi meraviglio enormemente per cosa possano essere mai queste visioni e talvolta, guardandole intensamente, soffro le vertigini.
SOCRATE: Non mi pare, caro amico, che Teodoro abbia opinato male sulla tua natura. Si addice particolarmente al filosofo questa tua sensazione: il meravigliarti.
"(Socrate, Teeteto 155)
Personalmente mi trovo spesso a sentirmi in almeno una condizione tra le seguenti: "ignoranza", "limitatezza", "incompletezza", "imperfezione", "insicurezza", "sgomento", "tremore", "fragilità", "imprigionamento", "alienazione", "disorientamento", "debolezza"* ecc. Sono "esperienze forti" che ti tirano via il terreno da sotto i piedi (ancor prima di tirar via il Sole dal Cielo).  A volte la sensazione è una forma positiva di "meraviglia" (come per Platone), una accettazione di una realtà che ci "sovrasta" e che "va oltre ogni comprensione". Ma si manifesta anche negativamente e specialmente in questo caso si manifesta nella sua "realtà" e comincia a richiedere una risposta, ovvero una ricerca di una condizione dove le "imperfezioni" che ho elencato sopra o vengono eleminate (con una "comprensione") o vengono "relativizzate" in un'ottica diversa con un drastico cambio della propria visione del mondo (ovvero fede/speranza/fiducia...) che non le rende più "così problematiche". Sinceramente una prospettiva come la tua, Angelo, non riesce a tenermi in un equilibrio che è di per sé estremamente precario. Siccome "testandola" non funziona su di me la abbandono. Ovviamente tu sei libero di proporla con l'ardore in cui vuoi.
Lasciami poi usare un'analogia. Cristoforo Colombo vuole partire per le Indie. Oggi sappiamo molte cose di fisica (anche per quanto riguarda le navi) che al tempo di Colombo non sapevamo. Tuttavia Colombo è partito e ha coraggiosamente attraversato l'Oceano pur non sapendo in dettaglio come funziona la nave e pur non potendo sapere di arrivare veramente alle Indie. Tuttavia lui è partito e ha scoperto le Americhe. Ergo pur non sapendo "come funziona" in dettaglio la sua nave lui è semplicemente partito. Poi ha "sbagliato" perché ha scambiato l'America per l'Asia. Tuttavia qualcosa ha scoperto. La mia filosofia vale per chi crede che il viaggio abbia ancora senso, per coloro i quali cercano di arrivare all'Asia partendo dalle costa europea. La tua invece la vedo come uno studio molto rigoroso delle mappe già note e della nave stessa. Per me non è sufficiente, così come per Colombo non era sufficiente la sua. Forse come Colombo arriverò un giorno a pensare di aver trovato l'Asia (la "verità") anche se avrò trovato l'America (i.e. magari un'interessante "insensatezza", ovvero un sistema filosofico che non sta in piedi). Un cammino molto rischioso che oggi a quanto pare non interessa nemmeno molto tra i "filosofi accademici" stessi.  Ad ogni modo il non voler partire ma fermarsi all'analisi della nave (se non lo hai capito la "nave" rappresenta lo strumento di indagine, ovvero l'insieme di soggetto, ragione, DNA, linguaggio, contesto sociale, educazione...) è pur sempre una posizione, che tu voglia o meno ammetterlo.
Ad ogni modo se non rispondi alle seguenti domande (chiedermi – come hai fatto - di dimostrare a me le cose è un gran modo per evitare di rispondere. Di certo non dimostra né che non esista una risposta (o una dimostrazione) né che le domande siano senza senso...) ,senza continuare a "rifugiarti" nella tua posizione di non prendere posizione:
1)Perché un cane sembra proprio diverso da un gatto?;
2)Perché è "quasi sicuro" che se vengo investito è "quasi sicuro" che mi faccio (molto) male?;
3)Perché alla fine del mese l'operaio o viene pagato o non viene pagato (ovvero sembra che non ci sia una terza alternativa)?;
4)Perché a livello quantistico sembra che la meccanica newtoniana non funzioni anziché funzionare (ed è difficile pensare che un giorno funzionerà)?;
5)Perché se non bevo molto probabilmente avrò conseguenze non molto "piacevoli" nel giro di pochi giorni? E perché osservo che molto probabilmente vale anche per gli altri?;
6)Perché scaldando una pentola d'acqua passa l'acqua passa da liquida a solida**? E perché sembra proprio che funzioni il nostro tentativo di distinguere le due fasi della materia (che sono di per sé concetti...)?
Potrei continuare ad nauseam a farti domande "quotidiane". E non voglio che tu mi passi la palla dicendomi di rispondere a me, chiedendomi di dimostrare la mia "posizione" su queste domande. Voglio sentire come rispondi tu.

Una filosofia, come la tua, meramente distruttiva non soddisfa nemmeno la "spinta esistenziale" alla ricerca. Invece tu credi che la tua filosofia dovrebbe soddisfare tutti perchè tutte le altre sono semplicemente insensatezze. Mi spiace ma un filosofo che non cerca nemmeno di fare una filosofia "costruttiva" sinceramente mi pare che gli manchi qualcosa di  molto importante. Tu sei molto abile nel capire il "difetto" di un sistema filosofico, quella proposizione non giustificata, quel salto logico ecc tuttavia un errore in un sistema non implica che il sistema filosofico sia errato (per esempio) ma solo che in quel contesto il filosofo ha sbagliato. Tu invece vedendo l'errore del filosofo rigetti completamente tutta la sua filosofia. Mi spiace poi dirti che in tutte le argomentazioni la tua posizione è indistinguibile dalla "3", anche se tu non vuoi dichiararlo per paura di dover ammettere di prendere una posizione.  


O.T. P.S. *ovviamente parlo in questo caso del lato "gnoseologico/epistemologico", non di quello etico dove queste stesse parole possono essere usate per descrivere come vedo la mia condizione etica. Non a caso mi sento "insicuro", "fragile", "imprigionato", "imperfetto" ecc ecc. E volendo qui nell'etica, nell'azione è al tempo stesso più importante e più difficile "lavorarci" che sul campo etico.


**scusate la distrazione. Avevo scritto "solido" anziché gas.


Rinnovo gli auguri di buon anno a tutti, comunque!
#457
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
31 Dicembre 2017, 11:59:46 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 01:35:19 AMHai esordito con un'alternativa drastica: la realtà c'è o non c'è. Cioè, secondo te esistono solo queste due alternative che tu riesci ad immaginare, e siccome non riesci ad immaginarne altre, allora non possono esisterne altre? Posso spiegarti perché guardo prima di attraversare la strada. Guardo perché ricevo da essa violenza, perché essa mi costringe a guardare. Dunque per te va bene così, va bene riconoscere come realtà autentica quella che riesce ad imporsi con più violenza? E chi mi dice che questa violenza non sia un incubo?

Prova a dirmene altre alternative [mai affermato che tu sei "nichilista"]  :) la realtà/verità non necessariamente si impone con la violenza (forse non hai inteso quello che volevo dire con l'esempio, chiarisco dopo), non so di cosa tu stia parlando. Per quanto mi riguarda non lo fa.  Probabilmente la parola "realtà" rischia di farci andare fuori strada. Mi sento ignorante* e imprigionato. Questo è sufficiente per dirmi che c'è qualcosa oltre le convenzioni. Mi basta questo. Se per te già questo è dire troppo, "buon per te"  ;)  per me semplicemente è insufficiente, è qualcosa che mi fa sentire ancora più imprigionato. Ammetto che potrebbe essere un "malfunzionamento psicologico" ma grazie a questo "malfunzionamento psicologico" in fin dei conti abbiamo avuto Platone, Buddha, Einstein, Bohm (potrei citarti una miriade di esempi) ecc * o stiamo "sognando" o non stiamo "sognando". O distorciamo la realtà o non la distorciamo. Credo che anche tu non neghi che il moto dei gravi oggi è "più conosciuto" dei tempi di Aristotele e Platone. Personalmente ho la "convinzione" che sono in uno stato di ignoranza (un testo cristiano, mai letto, si intitola "la nuvola della non-conoscenza"... ). Altri invece sono "convinti" dell'esistenza del Dio cristiano ecc.

Ma è anche vero che potremo usare i catuskoti (la logica a quattro valori dell'India), ma questa non ha nulla a che fare con il fatto che ci sia o meno una verità (visto che in genere si prende come "vero" uno dei quattro valori lagici tra "p", "non p", "p e non p", "non p e non non p", dove p è una proposizione). Riguardo alla strada... (esempio molto scemo...) volendo tu potresti "sospendere il giudizio" quando un tizio ti chiede: "se attraverso e una macchina mi viene addosso mi faccio male?" o potresti dire "molto probabilmente sì". Sinceramente però non toglie che il tizio o si fa male nell'attraversamento o non si fa male. Ergo se lui si fida ciecamente della tua risposta e tu rispondi "forse" potrebbe "sfidare la sorte". Se per "violenza" intendevi semplicemente che la "realtà" ci costringe a "venire a patti con lei" allora direi che la risposta saggia in questo caso è ammettere questa "violenza". Questo è un "pragmatismo", ovvero un richiamo alla concretezza. Senza la consapevolezza della concretezza, beh la vita è impossibile. Comunque dire di "fare un riassunto" delle "opinioni":

1) opinione "dogmatica". Si accettano le convenzioni e le costruzioni mentali come se fossero "vere" (ovvero aderenti alla "realtà") senza porsi alcun dubbio - nella frase dello Zhuangzi essere certi che "regnante", "mandriano" ecc siano più di semplici designazioni perchè la tradizione dice così. Molti (credo) che non pensano vivono, anche inconsapevolmente, in questo stato.

2) opinione "nichilistica". Si accettano che le convenzioni siano convenzioni, che le costruzioni mentali sono costruzioni mentali ecc ma non si ammette l'esistenza della verità. Ergo come per Protagora "l'uomo è la misura di tutte le cose", ovvero non è possibile fare una gerarchia tra le opinioni e (visto che empiricamente contrastano) non ci sono verità universali. Questa è una prospettiva pericolosa... per capire quello che intendo si veda il Joker di Batman.

3) opinione credo tua (chiamiamola "scettica"). Si "sospende il giudizio" sull'esistenza di una verità oltre le convinzioni. Non si può dire se l'uomo è o meno la misura di tutte le cose, non si può dire se è o non è possibile fare una gerarchia tra le opinioni e non si può dire se esistono o non esistono verità universali. Su ogni questione di questo tipo bisogna sospendere il giudizio. C'è una sottile, ma cruciale, distinzione con quella "nichilista" che accetta senza problemi le negazioni di cui sopra.

4) Opinione dogmatica "seria". Si dice di conoscere una verità dietro le convenzioni, che l'uomo non è la misura di tutte le cose, si fa una gerarchia delle opinioni e si conosce la verità universali dopo aver fatto un percorso cognitivo ecc. La differenza con la "1" è che qui c'è una ricerca magari anche molto "sentita" (Buddha, S. Agostino, Zhuangzi, Platone (?), i saggi delle Upanishads, Spinoza "io non presumo di aver trovato la filosofia migliore ma di intendere quella vera"...)

5) la mia posizione. Si riconosce che c'è una verità dietro le convenzioni, che l'uomo non è la misura di tutte le cose, che è possibile fare una gerarchia delle opinioni e si riconosce la presenza di verità universali ma non si ammette che le si conosce (per ora). C'è una sottile differenza con la "4". (Socrate, Platone (?),...)

Personalmente rispetto la "3" e la "4" ma preferisco la "5". Ma il mio problema con la "3" è che (come nell'esempio della strada) a volte "sospendere il giudizio" non è una posizione sempre valida e anzi che la "realtà esterna" con il suo "condizionamento" ci "costringe" a dover prendere delle decisioni e in ciò c'è sia un aspetto negativo (la "violenza" di cui parli anche in un tuo video che non ricordo il titolo  ;) ) ma anche uno positivo nel senso che se non ci fosse questa "costrizione" saremo completamente isolati, le relazioni non sarebbero possibili ecc. Posso rispettare comunque la tua opinione che in moltissimi casi è molto saggia però non la condivido perchè appunto già il fatto che tu ammetti che siamo esposti a questa "violenza" ci fa concludere che appunto la posizione nichilista è "ragionevolissimamente" esclusa. Se poi per te è troppo passare alla "5", scelta rispettabile tua  ;) secondo me un rifiuto della "2" automaticamente ci fa passare alla "5" ma capisco che per alcuni è "dire troppo"!
#458
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
31 Dicembre 2017, 00:42:29 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 30 Dicembre 2017, 15:39:14 PMDi conseguenza mi sento in dovere di avvisare costantemente del fatto che per me non è affatto possibile pervenire a conoscenza, o comprensione, della realtà supposta come esistente esternamente a noi. Ciò viene a corrispondere a ciò che tu stesso hai ammesso, cioè che non hai possibilità alcuna di dimostrarmi che un cane non è un gatto. Se ammetti di non potermi in alcun modo dimostrare che un cane non è un gatto, come fai ora a parlare di realtà e di verità, dandone per scontata l'esistenza?

O c'è una realtà che esiste indipendentemente da noi o non c'è. Personalmente non posso nemmeno dimostrarti che il solipsismo sia falso, però è molto ragionevole che lo sia. Allo stesso modo posso concordare con te che molta di quella che noi crediamo essere "realtà" è semplicemente una costruzione della nostra mente ("nostra" in senso individuale e sociale), però quello che dico io è che dietro a queste convenzioni c'è una "realtà" che non dipende dalla nostra "creazione mentale". Nello Zhuang-zi (capitolo 2)* un personaggio afferma che molti uomini vivono in una sorta di sogno dove uno è regnante e l'altro mandriano e sono così certi che questa distinzione sia "vera". Ma appunto il personaggio ci dice che è semplicemente un sogno, non ha attinenza con la "realtà" e che quindi dovrebbe essere una cosa abbandonata (questo ricorda un passo del Daodejing: "chi pratica lo studio ogni giorno aggiunge. Chi pratica il Dao ogni giorno toglie" - dove credo che questa frase voglia dire che l'eccesso di studio finisce per "attaccare" dei significati alle cose che esistono solo nella nostra mente. In fin dei conti uno può esaminare quanto vuole un sogno ma finché non si accorge di essere in un sogno tutta quella conoscenza che ottiene dalla sua analisi del sogno non riuscirà a "risvegliarlo" e lo tiene intrappolato). Il bello di questo tipo di tradizioni come buddhismo, vedanta, platonismo, daoismo ecc è che la domanda che ti viene posta è "questa tua convinzione sulla realtà è qualcosa di vero o semplicemente è qualcosa che tu ti sei convinto che sia vero?" - dunque la "pratica" dunque serve proprio a riconoscere le convenzioni come convenzioni, le costruzioni mentali come costruzioni mentali in quanto si capisce che la realtà è "vuota" da tali costruzioni. Il punto è che se io tolgo la realtà non rimangono altro che appunto queste illusioni, queste costruzioni che tendono ad imprigionare la mente. Dunque se non c'è la realtà su cui stabilire se le nostre costruzioni sono mere costruzioni o meno allora non c'è alcun modo per distinguere la realtà dall'apparenza, la vera comprensione dalla falsa comprensione. Ognuno dice la sua e vale quanto ciò che dice un altro, non c'è modo di stabilire chi è saggio e chi non lo è ecc. Vedi negare la realtà e la verità è piuttosto scomodo e, a mio giudizio, anche pericoloso. Ovviamente bisogna avere in un certo senso un minimo di "fede" che l'illusione possa essere riconosciuta come illusioni e la realtà come realtà, altrimenti ogni possibile progresso dal nostro stato di "ignoranza" non è possibile. Anzi è appunto la presa di coscienza che siamo in questo stato a motivare la ricerca scientifica e filosofica - c'è un'assunzione di fondo, ovvero che l'illusione e le distorsioni che ci sono (e spesso ci auto-creiamo) e che ci intrappolano possano essere "soppiantate" da una conoscenza autentica e vera. Sinceramente se tolgo questa "fede" posso anche abbandonare la ricerca scientifica e filosofica e fare una vita in cui non mi pongo alcun problema e godermi le mie illusioni. Tuttavia siccome sono convinto che noi siamo in uno stato di "ignoranza" ho motivazione per ricercare, teorizzare, pensare ecc.  https://www.youtube.com/watch?v=r-jI0zzYgIE è un link ad un'intervista con David Bohm, personaggio controverso nella fisica che ammiro molto anche se non condivido tutte le sue idee. In lui vedo comunque una ricerca della libertà dalle illusioni molto "sentita". Se appunto la "realtà è ciò che creo io" (Nietzsche, Protagora ecc), è un "costrutto linguistico o sociale" (come pensano molti contemporanei) allora appunto rimango sempre imprigionato, non uscirò mai dal sogno e non potrò mai, per così dire svegliarmi. Se uno non riescie ad accettare quel piccolo "salto di fede" nel ritenere che ci siano la realtà e le illusioni allora deve spiegarmi perchè prima di attraversare la strada guarda e perchè non ha paura di morire ogni secondo della sua vita. Ci sono piccoli atti di "fede" tutti i giorni che spesso ci motivano a cercare, indagare, camminare... non è vero che la "fede" è sempre un qualcosa che contrasta il cammino conoscitivo e spirituale come pensava per esempio Nietzsche. Anzi a volte senza di essa non si inizia nemmeno a camminare.



*Citazione Zhuangzi:
Citazione"...Colui che sogna di bere vino, la mattina dopo potrebbe piangere. Colui che sogna di piangere potrebbe la mattina dopo cacciare. Quando sogna potrebbe non rendersi conto di sognare e nel sogno potrebbe addirittura sognare di interpretare un sogno. Solo dopo, quando si sveglia, si accorge che era un sogno. E un giorno ci potrebbe essere un grande risveglio in cui ci si accorgerà che tutto è un sogno. Ciononostante gli "stolti" sono convinti di essere svegli e assumono di comprendere le cose, chiamano questo regnante e quello mandriano - quanto sono certi!..."... [altro personaggio, che lascio scritto solo per la sua bellezza  ;D ]: "dimentica le distinzioni, dimentica gli anni, salta nell'infinito e rendilo la tua casa" [traduzione mia da https://terebess.hu/english/chuangtzu.html#2]

Ovviamente uno si deve sentire imprigionato/in uno stato di ignoranza per apprezzare questo punto di vista. Se uno non si sente "incompleto" in questo senso allora difficilmente potrà apprezzare queste idee. "La filosofia nasce dalla meraviglia" (Platone)  e quindi dal riconoscere che siamo in uno stato di ignoranza. Un nichilista non ha alcun motivo per riconoscere ciò.
#459
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
30 Dicembre 2017, 13:07:45 PM
Citazione di: Sariputra il 30 Dicembre 2017, 10:22:10 AM
Citazione di: Apeiron il 29 Dicembre 2017, 18:25:58 PM@Sariputra... concordo con te che il concetto di "mente senza oggetto" sembra contraddittorio perchè è come dire "soggetto senza oggetto" ovvero "pretendere" di eliminare un elemento di una dualità inscindibile. Però se interpreto termini come "cessazione dei condizionamenti", "cessazione della sofferenza", "cessazione delle discriminazione" non come la distruzione della mente ma come, appunto, la "cessazione" (un po' come quando il mare si calma, quello che viene distrutto non è il mare ma l'agitazione del mare) allora ecco che "coscienza che non si stabilisce", "cessazione della coscienza", "cessazione dell'esistenza/divenire" ecc cominciano ad essere interpretati in un modo diverso dalla distruzione della mente. La trovo una interpretazione plausibile. Anzi la citazione di Buddhadhasa ne è quasi una prova di questa interpretazione "mentale". In fin dei conti si parla di "chiarezza originaria" ecc. Un po' come quando il mare smette di essere agitato a causa delle tempeste (= cause esterne). Quello che rimane è una "mente" pacificata, ferma, "inattiva" ecc che non costruisce e non distrugge più nulla, che non si attacca e non è avversa a niente, che non ha più la limitazione dell'io e quindi "vuota". Posso concordare che è "strano" chiamarla mente ma in fin dei conti. Una mente che non costruisce e non distrugge più nulla ecc - perfetta calma. Un vero problema potrebbe sorgere: qual è la differenza ultima tra ciò e l'Atman di alcune scuole indù? A cui posso rispondere: dobbiamo per forza trovare una differenza così "netta" tra quei "tipi" di atman e la mente libera buddhista?
Una differenza importante sta proprio, a mio parere, nel sostanziare quella mente. Alla domanda:"Dove sta la mente?" un hindu forse risponderebbe:" In Brahman"; un buddhista invece:" In nessun luogo". L'atman 'è' , non ci sono dubbi per il rishi. Invece il buddhista non stabilisce in alcun luogo la mente, né in 'è' né in 'non è'. La 'mente' per il buddhista è vuota, galleggia in una grande vacuità, non viene da nessun luogo e non va in nessun luogo, è inafferrabile...non lascia tracce che si possano seguire, proprio " come un uccello in volo". E' l'interpretazione stessa dell'esperienza meditativa che porta a divergere le due strade. Nel samadhi il devoto hindu ritiene di realizzare l'unione con l'anima del Tutto, con l'eterno Brahman. Ishvara dimora nel cuore e nella sfera di luce che appare tra i due occhi: "Tu sei Quello". Dove Tu e Quello sono un'unica cosa, si realizza l'unione in satchitananda, nell' oceano di saggezza e beatitudine che trascende ogni dualità. Nel buddhismo samadhi non è altro che un cancello, non è la meta, bisogna ancora andare oltre, fino al sorgere di prajna, la visione profonda ... Il rishi invece afferma: Solo il Sè superiore (Atman) conosce il Sè superiore. Esso, Conoscenza assoluta, non può essere realizzato che da Lui stesso, Conoscenza assoluta. L'anima differenziata, fintanto che resta differenziata e vive sui piani inferiori, non può, come tale, realizzare l'Assoluto Divino. Soltanto il non-differenziato realizza il non-differenziato. E ciò spiega il vero senso dell'espressione:" Dio è ignoto e inconoscibile". (Ramakrshna-La realizzazione del Divino) Un giorno venne chiesto proprio a Sri Ramakrshna se Buddha era ateo e lui rispose: "Il Buddha non era ateo, ma non potè spiegare le sue realizzazioni. Sapete cosa vuol dire Buddha? Significa diventare una cosa sola con bodha , l'Intelligenza suprema, divenire la pura Intelligenza stessa, mediante una intensa meditazione. Un tale stato di realizzazione di sé sta fra asti e nasti, essere e non essere. L'essere e il non essere sono modifiche di Prakriti. La realtà li supera entrambi.". Notare che , nel Vedanta, Prakriti indica la natura, l'energia attiva ed in esecuzione, che si oppone al Purusha che osserva e sostiene senza prender parte all'azione. Elementi attivi e passivi del Reale, materia e spirito, caldo e freddo, oggetto di coscienza e coscienza passiva, ecc...qui R. sembra intendere che la realizzazione della 'buddhità' è di grado relativo rispetto al Brahmajnana, in quanto ancora all'interno di Prakriti, mentra la realtà del Brahman supera questa posizione tra "asti e nasti"...ma è proprio nello stare in questa "vacuità di posizione" che si manifesta il tratto caratteristico di ogni forma seria di Buddhismo, che non sostanzia, che non giunge a concludere:" Ma Dio trascende anche la vacuità"...perché questo lo farebbe ricadere nella posizione "atta", nell' "è", nell'essere che il Buddha ha definito come una concezione erronea della realtà...dibattito infinito tra Vedanta e Buddhismo, che per moltissimi aspetti, come Apeiron giustamente sottolinea, si rassomigliano...ma a me personalmente appare piuttosta chiara la diversità, che si fonda proprio nella concezione dell'anatta, il vero tratto che distingue il buddhismo da ogni altra forma religioso/filosofica, il 'cuore stesso del Dhamma' di Gotama Siddhattha...non c'è alcun atman risponderebbe con un sorriso il Buddha a Ramakrshna, sei ancora gabbato da Mara...ma il confronto continua... :)


Concordo la differenza c'è ed è (in un certo senso, purtroppo) molto netta pur essendo molto sottile e le parole di Ramarkrishna (e il commentario di Sariputra) mostrano molto chiaramente la differenza.

D'altronde c'è una sottigliezza tra una mente dire che "la mente non sta da nessuna parte" e dire che la mente "sta in Brahman (che potrebbe essere "in nessun luogo")".  Per un buddhista la posizione di Ramarkrishna è ancora una "prigione", un vincolo alla mente che ostacola la piena libertà. Viceversa per un vedantino la posizione buddhista è incompleta. Sottile differenza ma innegabile. E non c'è alcun modo (a parte, forse, la pratica spirituale) per verificare chi ha ragione.

C'è poi un'altra differenza più esplicita: Brahman è visto come il Sole del mondo (ovvero la "causa" analogalmente alla filosofia di Platone) mentre il Nibbana, anche quando è descritto come una "realtà incondizionata" non ha alcun legame causale col mondo.

P.S. 15 pagine di topic sul buddhismo... è un buon traguardo ;)
#460
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
30 Dicembre 2017, 12:52:22 PM
Credo di capirti  Angelo, adesso ;) altrove ho detto che la meta-fisica è anch'essa una sorta di "zattera" (prendendo la metafora indiana), ovvero che è un qualcosa che (secondo me) avvicina  alla "verità" ma non riesce a dare l'"esperienza diretta". Secondo me però la meta-fisica, ovvero la speculazione "oltre la scienza" è qualcosa di molto utile ad avvicinarsi alla "natura delle cose": personalmente ritengo che il "materialismo" sia meno giusto del "platonismo" e quindi secondo me non tutte le meta-fisiche sono "corrette" o "non corrette", "sensate" o "insensate". La critica del linguaggio di cui parli, secondo me, non invalida la "pratica metafisica" ma semplicemente ci deve far stare attenti alle "confusioni concettuali" che (inevitabilmente) emergono. Ad esempio se io dico che "la forma esiste" e "il mattone esiste" intendo due cose diverse - tuttavia l'esistenza della forma somiglia a quella del mattone. Wittgenstein parlava di "rassomiglianze di famiglia", io preferisco il termine "analogia". Citando la Repubblica di Platone come puro esempio:
Citazione«E non capisci che invece la facoltà del vedere e dell'essere visibili ne ha bisogno?» «Come?» «Sebbene la vista
risieda negli occhi e chi la possiede cerchi di farne uso, e sebbene negli oggetti sia presente il colore, se non si aggiunge un terzo elemento, che la natura ha destinato in particolare a questo compito, sai che la vista non vedrà nulla e i coloriresteranno invisibili».
«Di quale elemento parli?», domandò.
«Di quello che tu chiami luce», risposi.
«Hai ragione», ammise.
«Non è quindi piccola l'idea che ha congiunto il senso de
lla vista e la facoltà di essere veduti con un vincolo più
prezioso di quello presente in ogni altra unione, se è vero che la luce non è spregevole».
«Ma è ben lungi dall'esserlo!», esclamò.
«E a quale dio del cielo, (20) la cui luce permette alla nostra vista di vedere e alle cose visibili di essere vedute nel modo migliore, puoi attribuire questo potere?» «A quello che indicate tu e gli altri», rispose: «è chiaro che nella tua domanda alludi al sole».
«Non è forse tale il rapporto che intercorre tra la vi
sta e questo dio?» «Quale rapporto?» «La vista non è il sole, né in
se stessa né in ciò in cui si realizza e che noi chiamiamo occhio».
«Certamente no».
«Tuttavia, a mio parere, è tra gli organi di senso il più simile al sole».
«Senza dubbio».
«E la facoltà che possiede non gli viene dispensata da quello come un fluido?» «Precisamente».
«Quindi anche il sole non è la vista, ma essendone la causa è da essa stessa veduto?» «è così», disse.
«Ora», dissi, «considera che per rampollo del bene intendo il sole, generato dal bene a sua somiglianza: l'uno ha nel mondo visibile lo stesso rapporto con la vista e le cose visibili che l'altro ha nel mondo intellegibile con l'intelletto e le realtà intellegibili».
«In che senso?», domandò. «Spiegamelo ancora». «Tu sai», ripresi, «che gli occhi, quando si rivolgono a quegli oggetti i cui colori non sono più toccati dalla luce del giorno, ma solo dai bagliori notturni, si ottundono e sembrano quasi ciechi, come se la loro vista non fosse limpida?» «Sì, lo so», rispose. «Ma quando, credo, si volgono a oggetti illuminati dal sole, vedono chiaramente e la loro vista torna di nuovo limpida».

Secondo me un dialogo di questo tipo può dirci qualcosa sulla "realtà". D'altronde è pensato come un'analogia ma il fatto che è un'analogia non significa che sia un qualcosa privo di senso (come lo pensano i positivisti).
Personalmente ritengo che la meta-fisica ci possa portare ad una comprensione migliore della realtà visto che in fin dei conti gli stessi assiomi che fondano la scienza (banalmente la nozione di "misura") sono a-priori della scienza e quindi chiedono qualcosa di oltre essa. Se vuoi è una "scelta" mia. Sinceramente credo che invece concentrarsi solo sul fatto che il linguaggio può generare confusione è qualcosa che non ci permette nemmeno di cercare di farci una "visione della realtà", ovvero ci blocca ancor prima di tentare di comprenderla.  Motivo per cui secondo me concentrarsi troppo sul linguaggio è un approccio troppo "pedante" che se perseguito fino in fondo blocca anche lo sviluppo scientifico (il fatto che ci sia un innegabile progresso della scienza significa che oggi comprendiamo "la realtà" dal punto di vista scientifico meglio che ai tempi di Galileo, per esempio - tuttavia se togli l'oggetto della comprensione questa ricerca si blocca).

Detto questo sia la mia posizione che la tua sono ad un certo punto nello spettro tra "dogmatismo" e "relativismo-nichilismo". Secondo me la tua posizione è "troppo vicina" a quella "relativista-nichilista" (pur non essendo in realtà tale), la mia posizione per te è troppo "dogmatica". Ma vorrei però far vedere che procedendo per analogie (e riconoscendo che sono analogie!) si evita di confondere la "mappa col territorio". Ergo mentre il dogmatismo dice che "la mappa è il territorio" io dico che è possibile costruire "mappe "molto simili" al territorio". Un nichilista direbbe che "ci sono solo mappe". Tu secondo me ti trovi in una "via mediana" tra la posizione nichilista e quella mia (visto che comunque riconosci un "progresso" nel Cammino). Spero di essermi fatto capire. Concentrandosi troppo sul linguaggio si rischia di rifiutare che "la forma esiste" solo perchè "esistere" non ha lo stesso significato di "esistere" nella frase "il mattone esiste". L'analisi del linguaggio mostra solo che i due verbi hanno un significato che è diverso. Ma questa diversità non significa che uno sia senza senso e l'altro no o che tra non ci sia una somiglianza tra i due singificati di "esistere". La filosofia contemporanea invece mi sembra che spesso "rifiuti" frasi come "la forma esiste" senza considerare le possibile alternative del rifiuto stesso.

Comunque facendo un'analogia col taoismo, modificando un famoso verso del Daodejing: "la via che può essere detta [=ovvero un'immagine della realtà] non è l'eterna via (=la realtà)". Secondo me è vera (nel senso che al massimo possiamo avere una ottima "immagine" della realtà). Secondo te, forse, pur ammettendo l'esistenza della realtà (a differenza del nichilismo) tale frase dice che per quanto raffinate le nostre immagini sono esse non saranno mai veramente "simili" alla realtà.
#461
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
30 Dicembre 2017, 00:03:06 AM
@Angelo, la tua definizione di scienza è molto interessante ma appunto anche la tua non mi soddisfa  ;D o meglio è molto creativa e, volendo, comprende la scienza ma è troppo generica da un lato e non "sufficiente" da un altro.  Per "scienza" intendo solitamente ciò che si intende "intuitivamente" per scienza, ovvero lo studio critico (e il tuo utilizo della critica è ottimo  :) ) dei fenomeni naturali atto alla loro comprensione. Il problema è formalizzarlo. Vedi Popper secondo me ci è andato più vicino di Kuhn perchè Kuhn ha dato troppa importanza ai "paradigmi", i quali semmai costituiscono il "background interpretativo" dei fenomeni scientifici, non la scienza. Viceversa la teoria di Popper è molto interessante in quanto da molta importanza ai "tentativi ed errori" ed è piuttosto chiaro nei riguardi del fatto che la scienza è un tentativo di comprendere (parzialmente) la realtà. Il problema è che la demarcazione in fin dei conti non "elimina"dal campo cose come l'astrologia. L'astrologia in fin dei conti si basa su osservazione (delle configurazioni celesti), predizione falsificabile e "metodo" che produce le predizioni. Chiaramente il falsificazionismo non riesce a eliminare l'astrologia. Ma anche se ci riuscisse (come magari i popperiani hanno fatto) ha in sé un controsenso: cosa vuol dire in fin dei conti "falsificare"? Voglio dire: se io trovo dei risultati contrari alla mia teoria secondo questo principio la mia teoria è da cestinare o da ritoccare? Come vedi nella pratica (la scienza è un'attività pratica oltre che teorica) le "falsificazioni" non hanno conseguenze "ben definite". Questo volendo è anche un "bene" in quanto mostra come la cultura umana sia qualcosa che trascende facili definizioni. La tua definizione per certi versi è buona dal punto di vista pratico (ovvero sull'importanza della "critica") però la scienza è ben lungi dal produrre "regole" in continuo mutare... ha l'obbiettivo di comprendere. Si potrebbe poi dire che la scienza tratta dell'osservabile. Tuttavia questo era il pensiero di Mach e coerentemente ad esso nell'ottocento non si accettavano gli atomi. Il problema è che la scienza ha sempre "postulato" quantità inosservabili. Quello che sto cercando di dire è che tutte le definizioni che ho letto (la tua compresa...) sono molto buone però non sono per così dire "definitive" e sinceramente non so se considerare ciò una buona cosa o meno  :) comunque la ricerca dell'universale, pur non essendo "essenziale" alla scienza è molto "sentita" e portandoti gli esempi dell'unificazione in fisica volevo proprio sottolineare questo punto.



Riguardo alla meta-fisica. La meta-fisica vuole indagare cose che sono "oltre" la fisica, ovvero la scienza naturale. Come ben dici il suo approccio non è "solo" empirico però non deve contraddire l'esperienza (nel senso che la mia meta-fisica non deve, per esempio, farmi concludere che la Terra è piatta o che correndo contro il muro sicuramente non mi farò male). La meta-fisica dunque cerca di spiegare l'esperienza tramite un sistema che cerca di essere coerente di "nozioni" che non sono direttamente "esperenziali". Tuttavia c'è una precisazione. In questo topic si parla di "forma". La "forma" non è però, strettamente parlando, un concetto scientifico in quanto la scienza necessita che il mondo sia divisibile in "oggetti", ovvero in forme. La meta-fisica può dunque cercare di spiegare (1) perchè il mondo è diviso in "oggetti" (2) lo status ontologico (positivo o negativo) delle forme e degli oggetti (3) la relazione con l'esperienza. Per esempio dico che il fuoco è un fenomeno "condizionato": ovvero per "esistere" necessita di condizioni. Ora se analizzassi a livello semplicemente scientifico il fuoco potrei descriverlo nel suo aspetto microscopico e non capirei nulla del fuoco così come "contando gli atomi" di un libro non capisco il suo contenuto. La divisione della realtà in fenomeni microscopici e macroscopici è un "a-priori" della pratica scientifica nel senso che la pratica scientifica stessa necessita della divisione del mondo in sistemi di riferimento, apparati di misura, oggetti ecc. Ovvero che ci piaccia o no necessita di concetti che non possono essere ricavati dall'attività scientifica stessa (si badi bene che non avendo una definizione sistematica di scienza mi appello all'intuizione del laboratorio). Ovvero per lo scienziato concetti come "misura", "apparato", "oggetto della misura", "grandezza fisica" ecc sono condizioni sine-qua-non per la pratica. Il problema è che l'analisi di questi di fatto è fare un'analisi ontologica, ovvero appunto "meta-fisica". Allo stesso modo se io parlo di "fuoco", il fuoco come fenomeno ha senso alle nostre scale. Ergo possiamo dire che in un certo senso il fuoco è una via di mezzo tra l'esistere (nel senso che a noi appare come "qualcosa") e il non esistere (descrivendolo nel solo aspetto microscopico il fuoco non esiste). Il problema è che dire che dunque è "condizionato" include che noi formiamo il concetto di "condizionamento", di "incondizionato" ecc, ovvero creiamo un "background concettuale" che di fatto è ontologico. Che dire poi delle domande: "i valori etici sono realtà o mere convenzioni?" La domanda è "meta-fisica" (in questo caso ontologica) oppure "c'è vita dopo la morte?" (in questo caso la domanda è meta-fisica perchè non riguarda qualcosa di direttamente osservabile). Nella tua critica alla meta-fisica concorderei con te se i metafisici avessero davvero creato una "tuttologia", cosa che non hanno fatto. Hanno cercato nel tempo (riuscendoci?) a dare una spiegazione del motivo per cui esistiamo ecc. Ovviamente ciò non vuol dire che i meta-fisici non abbiano mai fatto l'errore che tu dici. Ma "errare humanum est" e l'errore umano non viola il valore della metafisica. E siccome solitamente per "meta-fisica" si intendono le speculazioni sull'esistenza, l'essere, Dio, l'anima, l'aldilà, la trascendenza, il nirvana, la relazione fatti-valori (può essere indagata anche "meta-fisicamente"), materia e forma, status ontologico delle discriminazioni concettuali, potenzialità e attualità, problema degli universali ecc ritengo che ci siano vari approcci per "praticarla", di cui quello che è implicito nella tua definizione è solo uno dei possibili, secondo me  ;)  



Volevo fare una precisazione sul discorso scientismo. Molti scienziati, credo [parola che ogni tanto mi dimentico di mettere], semplicemente non si interessano di nulla che possa andare oltre a ciò che può essere compreso nel campo dell'esperienza. La scienza offre una sicurezza piuttosto "facile" in fin dei conti essendo solitamente molto rigorosa e "attinente" all'esperienza. Il problema è che oggi è molto diffusa l'impressione che la scienza possa descrivere tutto e quindi la speculazione "meta-scientifica" (o "meta-fisica") è morta: pochi si fanno domande sulla relazione scienza-etica (ovvero se è possibile ricavare la seconda dalla prima), se esiste una realtà che non è (almeno normalmente) "visibile" e così via. L'esempio che ho fatto dell'aldilà è un classico. Questo richiede che appunto ci sia una "realtà" ulteriore. Il problema è che se crediamo che il nostro cervello e la nostra mente siano fenomeni naturali come lo è il fuoco e se la spiegazione "fisica" del fuoco per noi è "tutto ciò che è fuoco" allora possiamo dire che analogalmente la spiegazione "fisica" del cervello e della mente è l'unica "che conta". Vieni guardato come "eretico" perchè tu dici che c'è qualcosa "che conta" che la scienza non può (almeno adesso) investigare.



Ad ogni modo con gli ultimi chiarimenti la discussione non è più "inutile", anzi secondo me è fruttuosa (non ero mai veramente convinto di ciò, comunque!  :) )
#462
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
29 Dicembre 2017, 18:25:58 PM
@Sariputra... concordo con te che il concetto di "mente senza oggetto" sembra contraddittorio perchè è come dire "soggetto senza oggetto" ovvero "pretendere" di eliminare un elemento di una dualità inscindibile. Però se interpreto termini come "cessazione dei condizionamenti", "cessazione della sofferenza", "cessazione delle discriminazione" non come la distruzione della mente ma come, appunto, la "cessazione" (un po' come quando il mare si calma, quello che viene distrutto non è il mare ma l'agitazione del mare) allora ecco che "coscienza che non si stabilisce", "cessazione della coscienza", "cessazione dell'esistenza/divenire" ecc cominciano ad essere interpretati in un modo diverso dalla distruzione della mente. La trovo una interpretazione plausibile.

Anzi la citazione di Buddhadhasa ne è quasi una prova di questa interpretazione "mentale". In fin dei conti si parla di "chiarezza originaria" ecc. Un po' come quando il mare smette di essere agitato a causa delle tempeste (= cause esterne).  Quello che rimane è una "mente" pacificata, ferma, "inattiva" ecc che non costruisce e non distrugge più nulla, che non si attacca e non è avversa a niente, che non ha più la limitazione dell'io e quindi "vuota". Posso concordare che è "strano" chiamarla mente ma in fin dei conti. Una mente che non costruisce e non distrugge più nulla ecc - perfetta calma.

Un vero problema potrebbe sorgere: qual è la differenza ultima tra ciò e l'Atman di alcune scuole indù? A cui posso rispondere: dobbiamo per forza trovare una differenza così "netta" tra quei "tipi" di atman e la mente libera buddhista?
#463
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
29 Dicembre 2017, 18:10:42 PM
@Angelo, il fatto che "non ci intendiamo" secondo me è, almeno a volte, proprio dovuto al fatto che noi diamo il significato alle parole in modo diverso  :)



Per esempio per me la meta-fisica è un'attività atta a cercare di comprendere per quanto ci è possibile la "natura delle cose". Questa comprensione, però, può non essere "completa" ma può essere anche parziale. E siccome questi termini solitamente si usano per descrivere la filosofia greca allora uso proprio spesso esempi di quella cultura per farmi capire. La "pretesa" della meta-fisica nasce da un bisogno dell'uomo molto "primario" che è quello di cercare di "capire" le cose e non semplicemente di descriverle. Restando alla filosofia greca sono nati vari sistemi: il "platonismo", l'"aristetelismo", l'epicureismo, il pirronismo, il cratilismo, la filosofia eleatica,l'atomismo ecc. Tutti questi sistemi erano un tentativo di creare una "teoria" che spiegasse i fenomeni. Osserviamo, per esempio, la moltitudine di fenomeni però osserviamo anche l'universale nel particolare (in fin dei conti sia Socrate che Eraclito erano uomini, così come lo sono io adesso...). E nessuna di queste era "scientifica" nel senso che diamo noi al termine oggi in quanto non si basava sull'osservazione e sul "test" sperimentale. Tuttavia l'enorme varietà di idee che era presente in quei secoli, anche nella stessa scuola (ad esempio Speusippo e Platone...), ti fa capire che la meta-fisica, ovvero il tentativo di dare una risposta alle "domande fondamentali", era un'attività libera e anzi "liberante". Poi però l'interazione tra religione e politica ha contrastato questa libertà già nella Grecia stessa, vedasi Socrate accusato di empietà (pur non essendo "non credente"). Nel medioevo poi si è "unificata" la metafisica con la teologia e qui i problemi si sono moltiplicati: le risposte bene o male c'erano già (dottrina x, dottrina y, dottrina z...) e al filosofo non restava che "rifinire" alcune problematiche della teoria esistente (ovvero la "teologia cristiana" del tempo). Ora, sinceramente, non credo che tu abbia problemi con il "tentativo" quanto tu hai invece problemi col fatto che "non è possibile dimostrare" le cose e su queso sono d'accordo ma come sto cercando di dirti questa "fissità" che tu vedi tra i meta-fisici non la vedo, per esempio, nei dialoghi platonici. Se questa "fissità" ci fosse stata (ovvero se allora si pensava che Platone avesse dimostrato tutto) allora i suoi successori nell'Accademia dovrebbero aver vissuto con "l'ipse dixit", cosa che storicamente non è avvenuta. Quindi a meno che tu non abbia problemi con il "wondering" e con l'uso della ragione nel tentativo di spiegare "la natura delle cose" sono d'accordo con te. Come dicevo prima il problema col cristianesimo è che non è più meta-fisica nel senso che le risposte ci sono già (= non c'è più niente da ipotizzare ma solo da interpretare). Lo stesso si può dire, ad esempio, di un buddhista che crea un sistema concettuale (cosa che in fin dei conti sono i "commentari") per interpretare i discorsi. Ma c'è una bella differenza tra questo - che è un lavoro di interpretazione - e la metafisica, che invece è un tentativo di spiegazione delle cose. Se poi per te anche solo credere che abbia senso ipotizzare è un problema è un altro discorso. Sinceramente mi "schiero" in tal caso con i meta-fisici antichi, ovvero Parmenide, Platone, Democrito, Eraclito ecc.


Per quanto riguarda la scienza... Semplicemente io ho osservato quello che: (1) fanno abitualmente gli scienziati (2) quello che gli scienziati affermano riguardo al loro lavoro. Il problema della demarcazione nasce dal fatto che "non è semplice" distinguere meta-fisica e scienza naturale, come ad uno sguardo superficiale accade. Stando a Popper una teoria è scientifica se falsificabile. Molto bene, però anche la teoria della relatività più l'affermazione "domani però i maiali voleranno" è una teoria scientifica. Oppure si può dire, seguendo Kuhn, che quello che conta sono i "paradigmi", però questo ha la debolezza di rendere la scienza un qualcosa che dipende dalla particolare cultura del tempo. SI può andare oltre e fare come Feyerabend e scrivere "contro il metodo". Sinceramente nessuno di questi tentativi mi ha veramente soddisfatto in quanto nessuno di essi riesce a coprire tutto ciò che solitamente viene indicato come scienza. Se poi usassimo la definizione di Galileo, ovvero dessimo una fondamentale importanza alla matematica, allora nemmeno potremo chiamare la medicina "scienza" se volessimo essere davvero coerenti. Einstein ad esempio lavorava con esperimenti mentali, Dirac si concentrava sull'aspetto matematico delle teorie - eppure anche questi lavori che di fatto non partono dall'osservazione sperimentale non sono considerati "non scientifici". Idem per Maxwell che ha unificato l'elettromagnetismo. E oggi si parla di "teoria del tutto", ovvero una teoria che "pretende" di spiegare "ogni fenomeno". Vediamo in tale tendenza la "meta-fisica"? No. Secondo me vediamo sinceramente una tendenza dogmatica "scientista", ovvero a non voler ammettere qualcosa di reale che "va oltre" ciò che può essere scientificamente conosciuto. Inoltre se proprio vogliamo essere pignoli anche questa è in fin dei conti "meta-fisica" in quanto si nega l'esistenza di realtà "ulteriori". Non rimane forse "l'agnosticismo" o la "sospensione del giudizio" eppure come ben hai fatto notare ci sono parti della nostra esperienza - estetica, spiritualità ecc - che ci suggeriscono che non tutto può essere descritto in termini "scientifici". Per quanto riguarda Hawking il suo ragionamento era diverso: siccome l'universo per Hawking si è generato letteralmente "a caso" allora Dio non è necessario. Qui però si vede ancora un ragionamento che inizialmente è scientifico, poi però diventa "meta-scientifico" (i.e. meta-fisico) spacciandosi per scientifico perchè in fin dei conti questo "vuoto" che rimane in realtà ha la "proprietà" di "trasformarsi" in tutto ciò che vediamo oggi. In sostanza rimane ancora da spiegare "l'ontologia" delle regolarità della natura (anzi le regolarità dei fenomeni sono un a-priori della scienza... ovvero "meta-fisica"... pochi lo riconoscono devo dire). Ancora peggio è Krauss secondo cui quel "vuoto" coincide col "nulla". Ti "sfido" dunque io a darmi una definizione completa di scienza.


Riguardo al soggetto ....Dici che io uso il cervello e sono d'accordo con te. Ma io riconosco che il mio cervello, così come il tuo, è inserito in un contesto "esterno" con cui interagisce. Ora a meno che non ci divertiamo a rinchiuderci nel solipsismo dobbiamo ammettere che tra di noi ci siano delle verità "condivise", per esempio che sia io che te stiamo leggendo sul Forum di Riflessioni. E qui non capisco la tua continua negazione della possibilità che ci siano verità universali che sono valide per tutti i soggetti (i quali mi par di capire che per te sono "reali"...). Nel contempo però affermi che nessun soggetto può conoscere qualcosa che non dipende da lui, quindi fai una affermazione di verità universale [universale non significa assoluta o indipendente ma condivisa da tutti]. Con questa espressione intendo dire che ad esempio io posso parlare sensatamente delle proprietà del tavolo anche se il tavolo non è "me" e posso anche affermare che il tavolo possiede proprietà che continuano ad esistere anche se io non lo percepisco più (di nuovo non è nient'altro che un'ipotesi). Riguardo all'umanità... siccome appunto non si può dimostrare che un cane è diverso da un gatto, però è empiricamente evidente che lo è [se per te "è troppo" prendere ciò come verità condivisa è un altro discorso] allo stesso modo ritengo che è "empiricamente evidente" che tra gli esseri umani ci sono caratteristiche comuni (condividiamo perciò qualcosa che ci rende umani, ovvero "la forma") allora "mi sento in diritto" di credere che studiano ad esempio me stesso ("conosci te stesso..." - Oracolo di Delfi) posso fare affermazioni che anche sono vere anche per te, anche se logicamente non posso provarlo [ma se stessimo a ciò che razionalmente si può provare non potrei nemmeno vivere, visto che in fin dei conti tra qualche minuto potrei, per cause sconosciute, morire... ma in genere vivo senza pormi questo dubbio]. Dunque se è possibile affermare che tra noi esseri umani c'è qualcosa di comune allora, secondo me, anche il concetto di "dignità umana" è ragionevole pur non essendo, strettamente parlando, "razionale". E se leggi i dialoghi platonici (per esempio) vedi che i personaggi spesso fanno ipotesi, arrivano ad una conclusione e poi  vedono se "nella realtà" può aver senso. Inoltre vivendo noi un tempo limitato ("pensa come un mortale" - Oracolo di Delfi) dobbiamo per forza fare alcuni "atti di fede" e rinunciare a dimostrare che, per esempio, domani il Sole sorgerà. Il problema che tu vedi non è nella filosofia bensì quando questa viene unita alla religione, dove appunto si sceglie di "affidarsi completamente" ad un sistema di dottrine. Personalmente quando vedo che un principio come "trattare gli altri con rispetto è meglio che trattare gli altri senza rispetto" e lo vedo sostenuto da molti filosofi e tradizioni spirituali non posso non credere che sia ragionevole che esso sia "vero". In fin dei conti anzi un po' di "fede" è necessaria anche per la ricerca filosofica, visto che ci si affida al fatto che lo studio dei filosofi del passato e le discussioni che stiamo facendo possano farci progredire nella ricerca.


Riguardo al cane e al gatto non posso dimostrarti che sono diversi. Se fossi un greco antico tenterei di dare una spiegazione dicendo chefatto che uno possiede che le caratteristiche (i.e. forma) che lo rendono cane e l'altro invece quelle che lo rendono gatto. Oggi abbiamo la scienza che ci dice che quell'intuizione della "forma" non è poi così un'assurdità come il pensiero "post-moderno" ci vuole far pensare (anzi oggi si può quasi dire che la "forma" del cane o del gatto è contenuta nel "codice genetico". Platone e Aristotele ritenevano che l'informazione fosse "reale" e che un gatto avesse in lui un "codice" che lo rendeva gatto - intuizione che non mi pare poi così sbagliata). Sinceramente chiedermi se queste "forme" abbiano uno status ontologico indipendente da me non mi sembra una domanda senza senso. Se per te anche la domanda lo è, è un altro paio  di maniche. Posso ammettere che la risposta non abbia senso... ma la domanda  ::)  ::) anzi e prendere una posizione in merito (ovvero affermare che abbiano uno status ontologico "indipendente" o negarlo mi pare del tutto legittimo. Se per te non lo è, buon per te ;) )

Comunque ritengo molto interessante che in molte teorie "meta-fisiche" (ovvero ripeto, teorie fatte dove la falsificazione/verificazione empirica non è possibile...) spesso gli stessi filosofi che le espongono sono i primi ad arrivare ad un qualcosa di "ineffabile". Vedo ciò come un riconoscimento che ad un certo punto il limite intrinseco della nostra ragione si manifesta nella sua inabilità a comprendere totalmente la realtà. E sinceramente se non fosse per Platone &co e dessi retta allo "scientismo" invece non potrei nemmeno affermare che la ragione non può comprendere tutta la realtà...

@sgiombo parte della mia risposta al tuo intervento era in effetti "fuori tema". Mi ero confuso.

@Sari sempre simpatico ;) appunto togliersi il "diritto" di speculare (fare pettegolezzi) secondo me è un "reato" contro noi stessi ;)

Colgo l'occasione di augurare Buon Anno :)
#464
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
28 Dicembre 2017, 10:35:43 AM
Provo a risponderti sul resto...

GREEN DEMETR
Il maestro infatti dice che il buddismo ignora gli estremi, e si concentra sulla via mediana.
Ossia appunto fa partire l'ontologia non dal tutto, ma dal nulla in sè.
"Nulla" ontologico esistente, e non "niente" come assenza ontologica, come negazione, come mi par di capire avevi voluto sottolineare anche tu nel primo intervento.

Infatti proseguendo citi il Nirvana è esistente.
E su questo se ho capito bene dunque entrambi siamo d'accordo.
(non siamo d'accordo semmai sulla genealogia di questa ontologia.Che tu leggi in maniera problematica, se non contradditoria, e che invece a me sembra chiara.Infatti sono discorsi diversi, uno vuole essere di carattere generale, e inevitabilmente si rifà alla tradizione indù, ma l'altro è invece peculiare. E quindi peculiarmente sceglie una via ARGOMENTATIVA, simbolica, diversa.
Simbologia che noi da bravi filosofi chiamiamo ontologia.Ma immagino Sari è lì sull'uscio di villa Sari ad aspettarci per tirarci le orecchie.

APEIRON
Il fatto che il Buddha continua ad affermare la Via di Mezzo mi fa pensare che in un certo senso la "3" (madhyamaka) e la "4" siano delle buonissime interpretazioni (con la "3" ancora più "coerente" della "4"). D'altronde sappiamo che il Buddha ha rifiutato "tutto è uno", "tutto è molti", "tutto è", "tutto non è". Inoltre ha anche dato un'importanza centrale al principio della Coproduzione Condizionata, ovvero "quando [non c'è] c'è questo, [non c'è] c'è quello. Dal [cessare] sorgere di questo [cessa] cessa quello". In fin dei conti se togliamo l'alimentazione al fuoco, questo cessa. Tuttavia non possiamo dire che il fuoco non esista, visto che in fin dei conti toccarlo non è piacevole. Nagarjuna dice che questa "legge" è universale, ovvero che ogni fenomeno non si può dire che esista o che non esista e questa è la "vacuità". In fin dei conti dire che qualcosa "non esiste" è come affermare che possa esistere "in potenza" e quindi è ancora attaccarsi "ad un sé". Da qui la concezione del Nirvana per Nagarjuna come, in fin dei conti, un modo diverso di intendere il Samsara (da qui "non c'è la minima distinzione tra samsara e nirvana e viceversa"). Interpretazione molto affascinante, che ha "vinto" anche i "pragmatici cinesi". Motivo per cui a livello ultimo secondo la scuola Madhyamaka (quella di N.) in fin dei conti non nasce nulla e non perisce mai nulla (ergo: non-due e non-uno). Curiosamente però l'ortodossia della scuola Theravada pare dire altro...Io spero che il Sari ci dia una bella lezione se "spariamo" cavolate  ;)
Comunque il mio problema con questa ontologia non è tanto la sua coerenza (che lo è) tanto invece che mi pare che "manchi" qualcosa, ma questa potrebbe essere semplicemente la polvere nei miei occhi.

GREEN
incondizionata (ovviamente una causa sui non può essere condizionata, questo è solo un corollario, una ripetizione).


eterna (=dhuva) dunque eterno e non irreversibile, se fosse irreversibile vorrebbe dire che accetta l'idea di tempo.
Ma come sappiamo non esiste il tempo, in questo senso eterno credo.

permanente (=nicca) è il corollario di dhuva, se non diviene dunque permane.

priva di nascita e morte (ajati e amata) altro corollario nel senso che non può avere in sè il concetto stesso di nascita e morte.
Se lo avesse non sarebbe eterna, e ben più grave, non sarebbe causa sui.
Che è poi l'argomentazione evidentemente più importante per un filosofo occidentale (Che crede nel divenire).

APEIRON
Ecco questo è la versione "classica" Theravada, ovvero che il Nibbana è una "realtà incondizionata" (Abhidhamma - se sbaglio conto sul Sari). Questa interpretazione tende a rifiutare la versione della "mera cessazione" proprio perchè in tal caso il Nirvana non sarebbe incondizionato. Ma chi propone invece la versione "nichilistica" invece propende per leggere "ajati" come "a-jati", ossia "priva di nascita". Concordo con i classici che una tale interpretazione è in fin dei conti un sofismo. Fai conto che per i Theravada "ortodossi" il Nirvana però non è semplicemente un modo diverso di vedere il samsara (come per la Madhyamaka) ma proprio una "realtà" altra.

GREEN DEMETR
citx
Nibbana Sutta - Vi è quella dimensione dove non c'è terra, né acqua, né fuoco, né vento; non vi è la dimensione dell'infinità dello spazio, né la dimensione dell'infinità della coscienza, né la dimensione del nulla, né la dimensione di 'né-percezione-né-non-percezione'; non vi è questo mondo, né un altro mondo, né sole, né luna. E lì, io dico, non vi è giungere, né andare, né rimanere; né scomparire né sorgere: non è fisso, né si evolve, senza sostegno (oggetti mentali). Questa, solo questa, è la fine della sofferenza."

Che invece mi pare complementare alla idea ontologica che abbiamo insieme condiviso.

Intanto probabilmente un errore di traduzione: ..."la dimensione del nulla".
Non può essere il nulla visto che parliamo del nulla, la traduzione di qualcuno un pò più attento dovrebbe essere "non vi è la dimensione del niente".

Sottolinerei anche la raffinatezza di negare anche la dimensione dell'infinito, che per noi occidentali è invece imprescindibile della causa sui.

E che condivido, se qualcosa è permanente e fuori dal tempo, non può essere infinito.
Infinito vuol dire che è non finitezza, ma in sè, il nulla non ha la dimensione del niente. NON-finito = Insieme complementare del finito.E questone è impossibile.
Non a caso gli indiani sono geni matematici. Ossia non vi è complementarità nel nulla.(ed è quello che Buddha cerca di comunicare!) (nessun complementare in fin dei conti è negazione di qualsiasi dualità, e come dicevi tu Apeiron, è peculiare del buddhismo, nella mia scuola invece il dualismo è importantissimo).

APEIRON
Precisazione "la dimensione del Nulla" è un'esperienza meditativa condizionata, non è il "Nulla" di ci parliamo da un po' di tempo. Ciò causa confusione lo so  ;D qui lasciami però dirti due cosette. Per la versione Madhyamaka sì, la tua interpretazione è corretta, nel senso che si nega ogni concettualizzazione. Il problema è che se non erro il Nirvana stesso è definito come "ananta" - senza "fine", ovvero "senza confini" (apeiron  ;D ) - ergo puoi vederlo come un altro tipo di "infinito". Il problema infatti delle altre "dimensioni" è che c'è ancora il senso dell'io/mio, molto subdolo in verità. Come il caso del raggio di luce di prima... la differenza è che questo "infinito" non ha alcun "supporto", ovvero è infinito proprio perchè non si "identifica" con nulla.  Qui vorrei farti notare come la "2", la "3" e la "4" (quella della "coscienza che non si stabilisce" e non che "si stabilisce dovunque" - due infiniti diversi) vanno però tutte bene col passo che hai citato, o almeno credo. Curiosamente anche la "1" volendo ci può stare, visto che mentre le altre esperienze meditative terminano, la completa e irreversibile "nullità" è anch'essa incondizionata, nel senso che è libera dai condizionamenti e non si può tornare indietro. Però concordo che parrebbe un mero sofismo.

GREEN DEMETR  
Una volta entrati nella meditazione ci si percepisce esattamente come infiniti.
Infatti il cervello comincia ad entrare in fase oscillante. E mentalmente (ammesso di chiamare mente, il piano della coscienza) ci si attiva in quel modo.
Io stesso l'ho provato letteralmente centinaia di volte.
Io la chiamo come fase dell'ascolto. Si ascolta. E' propriamente la dimensione degli orizzonti, delle fantasie, e delle storie sapienziali. (come letto da una tesi tempo fa, è anche precisamente la via che Platone ha magistralmente descritto, non la dimensione del visibile, ma la dimensione dell'accoglimento, e della trasformazione, platonismo ermetico probabilmente).
E' lì il danno    che quando ci si libera dalla dimensione per così dire simbolica, ed è un passaggio sottolineato anche nell'induismo, si entra nella dimensione del vuoto. Ossia quando il soggetto ha scelto di non essere più tale.
Per quanto possa parere strano, io posso solo dire che non è via mortifera.
Anzi percepisci direttamente Dio come tale, ossia come voce oltre l'assenza.
Ma   per accogliere quella voce, o meglio quello che sembra una voce, ma ovviamente non lo è, perchè quella sensazione è un tentativo disperato del soggetto, che sta andando verso una dissoluzione voluta.
A quel punto molti cadono, io compreso, perchè se non si ha abbastanza fede, allora quella voce, declina in maniera repentina come Pulsione di morte. E il soggetto per un processo naturale di vitalità, ossia di sopravvivenza, si defila, e si ripercuote anche sul fisico, a me con giramenti di testa, ma ho sentito di gente che è proprio uscita di testa. A essere cinici, c'è persino da chiedersi se questi santoni siano stati veramente in grado di entrare in quella dimensione ulteriore.
E come mai non descrivano come hanno fatto ritorno.

In questo senso, se è quello che ipotizzi, allora sono d'accordo, che anche il buddismo, almeno seguendo questo sutta, che copia spudoratamente dallo yoga, sia una religione pericolosamente nichilista. Di certo nega la vita.
E questo è difficile negarlo.

APEIRON
Ebbene io personalmente non mi considero un "mistico" nel senso che a parte certi momenti di pura "contemplazione" ("estetica" più che altro) non ho mai avuto esperienze come le descrivi tu*. Tuttavia siccome sono profondamente convinto che la realtà sia qualcosa di molto più complesso di quanto mi suggeriscono i mei sensi e le mie convinzioni... beh ecco sono convinto che ci siano effettivamente altri "reami" della realtà che possiamo in qualche modo percepire (la nostra situazione è come quella descritta da San Paolo (e prima di lui, curiosamente, Platone), ovvero che noi vediamo le cose in modo distorto, come attraverso uno specchio...). Ergo credo che il "misticismo" contenga qualcosa di reale, pur personalmente non avendo mai avuto esperienze di questo tipo. Platone in realtà è molto simile alla filosofia Vedanta e anzi usa spesso analogie estremamente simili (Sole e carro per esempio...) tuttavia curiosamente a differenza degli indiani non usa la meta-fisica come un pretesto per "abbandonare" la fisica, ma anzi nella Repubblica (per esempio) dice espressamente che i filosofi devono "tornare" nel mondo materiale e amministrarlo (almeno, dove idealmente i "concittadini" sono propensi ad accoglierli...). In questo senso buddhismo e induismo a differenza di Platone e curiosamente la filosofia daoista del DaoDeJing che invece non negano la necessità che il contemplativo "ritorni" a "guidare" il "popolo" (nel caso del DaoDeJing il popolo non deve nemmeno accorgersi dell'esistenza del governante, idealmente ;)). Tuttavia anche la filosofia indiana può essere vista in termini meno negativi, ovverosia che in realtà non nega che il mondo di maya contenga del bene, tuttavia non contiene IL BENE, il quale è l'unica cosa che ci "completa". In questo senso non è in realtà poi così "nichilista" (a meno che il Bene non sia semplicemente la "morte" intesa come la banale non-esistenza dell'interpretazione "1" di cui sopra). Comunque curiosamente il buddhismo sociale Mahayana pare essere cosciente di ciò con l'idea per cui dovremmo impegnarci con tutte le nostre forze a salvare anche gli altri...

Per il resto...
Riguardo alla "4" una volta che "cessazione" la interpreti non come distruzione ma come "stop" allora vedrai che l'idea di una coscienza "trasformata" non è poi così "incompatibile" con un linguaggio negativo.  

Infine per quanto riguarda i grafici della filosofia "perenne" che hai portato... sono in parte d'accordo, ovvero ritengo che le religioni siano espressioni della relazione dell'uomo con l'Assoluto... però non nego che una religione possa averci visto "meglio" di un'altra. Ovvero dire che tutte le religioni vedono l'Assoluto da diverse angolazioni secondo me è un po' fuorviante...

Spero di essere stato chiaro e completo...

*Tuttavia sono molto attratto dalle religioni nelle loro esperienze più profonde e autentiche. Non so se già questo mi renda un "mistico", può darsi. O forse il mio è un "misticismo" diverso, nel senso che in genere quando si manifesta è più una contemplazione dell'Ordine dell'universo, ovvero come la contemplazione estetica di quando si guarda una architettura estremamente ben fatta, dove tutto è "in ordine" (non a caso ho anche una forte propensione all'ossessione per la simmetria, per la sicurezza ecc - non posso farci niente.). Comunque mi ritrovo nelle parole del monologo che c'è fino al minuto 2 di questo video tratto dal film Wittgenstein (di Derek Jarman) https://www.youtube.com/watch?v=cnhBR1Uj-T0. Personalmente però questa è una "critica" alla "fascinazione del ghiaccio" che aveva Wittgenstein, mentre nel mio caso il monologo sarebbe stato, per così dire di approvazione. Forse è anche per questo che "in fondo" preferisco un sistema come il platonismo (e mi sento molto vicino anche al "misticismo euclideo" di Spinoza) rispetto al buddhismo, i.e. per mera causa psicologica.

**Per la filosofia buddhista di Vasubandhu ho trovato questo: https://discorsidelbuddha.wordpress.com/2017/09/30/trenta-versi-di-vasubandhu/
#465
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
27 Dicembre 2017, 15:01:21 PM
Non posso "dirti" come farò a portare la mente da un cervello all'altro (o qualche altro supporto simile...) semplicemente perchè ritengo che:
1) non abbiamo la conoscenza scientifica;
2) perchè anche se ci riuscissimo... resteremo sempre noi stessi o diventiamo altro (vedi il topic sulla "nave di Teseo" e sul "principio di arbitrarietà mereologica" di un anno fa)?

Comunque se per esempio ho un programma su un disco e lo rompo nulla mi vieta prendermi un altro disco con lo stesso software installato. Ergo se "noi" siamo la "Forma" nulla mi vieta di pensare che sia possibile passare da un corpo all'altro (in linea di principio - concordo che dal punto di vista pratico è tutt'altro che semplice  ;D ). Poi ovviamente tu (giustamente) mi stai chiedendo una spiegazione empirica, ma volendo il "processo" in questione potrebbe non essere "a noi visibile" (e ti ho citato due "filosofie" secondo cui "qualcosa" passa da un corpo all'altro. Per la cronaca la metempsicosi era "popolare" anche nell'Antica Grecia... ovviamente se hai dubbi che sia possibile, non sei l'unico, ovviamente li ho anche io ma sinceramente sulla questione dell'aldilà preferisco tenere una mentalità aperta...). Comunque questo tipo di discussione è nata anche nel sito "The Philosophy Forum": qui https://thephilosophyforum.com/discussion/2174/is-information-physical/p1 e https://thephilosophyforum.com/discussion/2442/what-does-it-mean-to-say-that-something-is-physical-or-not, https://thephilosophyforum.com/discussion/2558/what-exists-do-concepts-exist... dall'elevato numero di pagine si può vedere che è un argomento molto dibattuto. Comunque secondo me non si può ridurre l'informazione al supporto materiale in cui è contenuta. La questione semmai è: se spariscono tutti i supporti materiali e mentali sparisce anche l'informazione? Solitamente ci sono tre possibilità. La prima è "sì" ("nominalismo") ovvero che l'informazione viene distrutta se si distruggono tutti i possibili supporti (curiosamente secondo me però esiste in questo caso in "potenza" nel senso aristotelico...). La seconda alternativa è il realismo platonico ovvero dire che l'informazione esiste in un reame astratto. Una terza possibilità che può essere vista come un misto delle prime due è che l'informazione esiste sempre perchè esiste una qualche mente o corpo "eterno" che da il supporto (questo è il "concettualismo"). Io personalmente sono indeciso tra la seconda e la terza alternativa.

Sempre da quel sito sul dibattito sul relativismo/universalismo/oggettivismo... morale consiglio https://thephilosophyforum.com/discussion/2547/nothing-is-intrinsically-morally-wrong.

Mi dispiace però causa impegni vari non credo di poter intervenire ancora in questa discussione fino ad almeno dopodomani. Questo non significa che non leggerò  ;)

P.S. Quel forum è in lingua inglese... devo dire che come già faceva notare Angelo tempo fa ne esistono pochi, purtroppo.