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Messaggi - 0xdeadbeef

#451
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 12:04:11 PM.ma l'alternativa non è, come sperava il realtivismo, di porre sullo stesso piano le varie culture e morali, ma l'imposizione di un'unica cultura e di un'unica morale (quella attualmente dominante, fondata sull'interesse economico e sul consumismo...)
E.Levinas, che io considero uno dei più grandi filosofi del 900, diceva che l'Idealismo (che pure avversava
fieramente) ci ha lasciato una "Grande Verità": che fra una tesi e una antitesi avviene sempre una sintesi...
Insomma: ne resterà solo uno, diceva Highlander (mi pare).
saluti
#452
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 22:07:19 PM
Arridaje con l'idealismo. L'etica non è il dover-essere, non è il Sollen kantiano. E' ethos techne: tecnica del vivere. La tecnica si basa sulla materia e la materia specifica sono le condizioni materiali (natura+civiltà) di una popolazione. L'umanesimo marxista costruisce la sua etica sui bisogni umani declinati egualitaristicamente.


Ciao Ipazia
Scusa ma cos'è l'etica se non "dover essere"? L'etica è forse un qualcosa di empiricamente verificabile?
Si può forse toccare o vedere in una estensione spaziale? Qual'è, insomma, la "realtà" dell'etica?
E tuttavia vorrei che tu non travisassi questi miei interrogativi (dei quali l'ultimo è quello, direi,
dirimente)...
Trovo si faccia un eccesso di distinzione fra natura e cultura, struttura e sovrastruttura, essere e
dover essere e così via. Eppure già in Marx (del quale hai una conoscenza certamente superiore alla mia)
erano presenti importanti "avvertimenti", che appunto superavano questo, chiamiamolo, rigore dicotomico
di derivazione hegeliana.
Che vuol dire: "i postulati etici sono solo una percezione" (e se è così, rispondevi a Sgiombo, allora
ha ragione chi sostiene il relativismo etico)? Una percezione è forse "nulla"? Io non credo...
Riprendendo Platone circa l'"essere": "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, posto
che si dice che entrambe "sono"? (La Battaglia dei Giganti).
saluti
#453
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 21:34:02 PM

Io ho parlato genericamente di "plusprodotto" (nel senso di "eccesso relativamente al necessario-sufficiente" per campare e riprodursi), come base della divisione dell' umanità in classi sociali e della nascita della diseguaglianza culturale ("nei blocchi di partenza").

Ciao Sgiombo
Beh, naturalmente il linguaggio ha grande importanza nella formazione di un'economia "capitalistica" (nel
senso più largo di questo termine). E viceversa (in doppio senso di circolazione, insomma...).
Piuttosto io vedo un primo embrione di diseguaglianza (sociale) non tanto nella divisione del lavoro quanto
nell'accumulo.
Ammesso, e non concesso, che una volta scoperta l'origine questo serva a qualcosa di concreto, quando è
cominciato l'accumulo? Probabilmente prima della cosiddetta "rivoluzione agricola", con le tecniche di
conservazione del cibo.
Certo, in quella fase non si è ancora alla "classe" marxiananamente intesa (per vederla bisognerà appunto
aspettare la rivoluzione agricola), ma si è probabilmente già nell'ambito del "patrimonio familiare" (che
del capitalismo e della diseguaglianza sociale è pilastro come quanto la "classe").
saluti e auguri
#454
Tematiche Filosofiche / Re:L'assoluto.
26 Dicembre 2018, 21:17:56 PM
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2018, 17:29:52 PM

Assoluto. Definizione : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro".
Realtà sostanziale convenzionale : l'insieme di tutto ciò che esiste.



Ciao Viator
Perdonami, ma chi dice che la definizione di "assoluto" è: "ciò che contiene senza essere contenuto da altro"?
Per me la defizione migliore resta quella etimologica: "sciolto da"; "indipendente"; "incondizionato".
La tua definizione mi sembra più appropriata per definire il "tutto", non l'assoluto.
saluti
#455
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PMCome che sia, questo passaggio, come aveva genialmente compreso Karl Marx, coincide (temporalmente e per così dire "ontologicamente") con l' acquisizione della capacità da parte delle primitive società naturali umane di erogare un pluslavoro;


Ciao Sgiombo
Dunque, mi par di capire tu faccia coincidere l'"invenzione" del linguaggio con l'acquisizione della capacità
di erogare un plusvalore (diciamo più precisamente che il momento di passaggio fra natura e cultura vede,
contemporaneamente, il sorgere del linguaggio e la capacità di creare plusvalore)?
Embè insomma, tesi ardita (quantomeno da approfondire adeguatamente).
Credo non sia individuabile in alcun modo un momento di passaggio fra natura e cultura, così come credo non
sia individuabile un momento di "invenzione del linguaggio".
Al contrario, credo invece che un momento che vede l'acquisizione della capacità di creare plusvalore sia
individuabile (seppur non certo con netti contorni).
Più che di plusvalore però parlerei di "accumulo", visto che il plusvalore così come teorizzato da Marx
ha un preciso significato.
saluti
#456
Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 13:38:51 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 13:14:42 PM
Mi sembra che in un precedente intervento tu abbia affermato: "la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito
è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per
«oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui".
Perdonami ma trovo che le tue ultime affermazioni siano in netto contrasto con queste.
Per risolvere l'apparente contrasto, la chiave di lettura sono quello «spesso» e quel «talvolta», che non valgono «sempre».
Talvolta oppressione e diseguaglianza vanno a braccetto, non sempre; spesso, si considera per oppressione ciò che non le è, ma non sempre (speravo gli esempi aiutassero...).
Cerc(av)o di lasciare il discorso aperto anche alle differenze presenti nel tema, soppresse le quali, ne deriva una lettura parziale e generalista; ridurre tutto a «si» e «no» oppure a «sempre» e «mai», non fa per la mia logica "debole"  :)

Ciao Phil
Il contrasto fra le tue affermazioni che dicevo di rilevare riguarda proprio quella che chiami
"attualità sincronica".
In un intervento precedente affermavi la: "sensibilità dell'uomo post-moderno", mentre in quello successivo
dicevi, a proposito del "Von" (Mises o Hayek) da me citato, che egli confrontava epoche differenti ("nel mio
piccolo", dicevi, "resto invece sull'attualità sincronica").
Insomma, non mi sembra che laddove si parli di "oppressione nell'uomo post-moderno" (quindi implicitamente
facendo un confronto con uomini di altre epoche), poi si possa dire di limitarsi alla attualità sincronica.
Ma è tutto sommato una quisquiglia. Sulla sostanza discorso (sul "talvolta" e sul "sempre") invece in linea
di massima concordo.
saluti
#457
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 16:09:27 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Dicembre 2018, 10:19:15 AM
Von Mises (o era Von Hayek?) diceva che l'operaio moderno vive fra lussi e comodità sconosciute al Faraone
d'Egitto...
Aveva ragione? Beh, sì e no; ritengo che il discorso inquadrato in questi termini sia semplicemente inquadrato
male. Come penso sia inquadrato male il tuo...
Il Von che hai citato confrontava epoche differenti, con buona pace delle peculiarità contestuali; nel mio piccolo, resto invece sull'attualità sincronica, ma non certo per negare l'innegabile disuguaglianza (l'esistenza di pensioni misere, di lavoratori precati, etc.), piuttosto per interrogare su fino a che punto essa sia funzionale e quando diventi invece oppressione: il pensionato povero è diseguale dai pensionati ricchi, ma è anche oppresso?
Si tratta di chiarire le categorie coinvolte e, secodo me (lo chiedo comunque ad altri), diseguaglianza e oppressione, pur essendo spesso ma non sempre correlate, non sono esattamente la medesima.


Ciao Phil
Mi sembra che in un precedente intervento tu abbia affermato: "la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito
è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per
«oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui".
Perdonami ma trovo che le tue ultime affermazioni siano in netto contrasto con queste.
Ti dicevo che a parer mio non si tratta di percezioni, ma di condizioni oggettive.
Il pensionato povero che deve centellinare gli spiccioli per la spesa alimentare e non può pagarsi le visite
mediche specialistiche non è in una condizione solo percettiva, ma anche oggettiva.
Questo pensionato non è solo "diseguale" al ricco finanziere (per dire), ma è anche oppresso (almeno ove
a tale termine dessimo questo significato: "http://www.treccani.it/vocabolario/oppressione/".
Lo è in quanto fortemente limitato nella sua libertà, esattamente come diceva Roosevelt: "libertà
è innanzitutto libertà dal bisogno".
saluti e auguri
#458
Citazione di: anthonyi il 25 Dicembre 2018, 08:05:21 AM
Ciao Socrate78, e BUON NATALE, in questi giorni è in atto un conflitto di possesso tra i miei gatti, a causa dell'immissione di una nuova arrivata, gestito anche con l'apposizione di residui liquidi in punti strategici. La natura non ha fatto steccati ma una buona percentuale di mammiferi marca il territorio, e lo difende. Possiamo essere d'accordo che la proprietà, intesa come stato di diritto imposto superiormente dallo stato è un artificio umano, ma l'istinto di possesso del territorio sul quale vivi quello no, e spesso le due cose entrano in conflitto, considera il caso della contestazione al TAP a Melendugno, e alla TAV in Val di Susa, entrambe fondate sul principio che "Sul NOSTRO territorio si fa quello che diciamo noi".


Ciao Anthony
Questa volta, dopo tante diatribe, devo dire di essere d'accordo con te.
Felice di sentire, tra l'altro, che anche tu sei un amante dei gatti (io ne ho tre).
Buone feste
#459
Citazione di: Phil il 24 Dicembre 2018, 22:50:01 PM
Anche le diseguaglianze andrebbero, a parer mio, contestualizzate: la diseguaglianza economica, in sé, non comporta sempre oppressione (che il mio Isee non sia quello di Berlusconi, di fatto, non mi opprime economicamente, ho persino agevolazioni per reddito che lui non ha  ;D ); parimenti, la disuguaglianza sociale in sé, non comporta sempre oppressione (che non abbia diritto a concorrere per un alloggio popolare o non goda di immunità parlamentare, non mi opprime socialmente perché è conseguenza, che trovo ragionevole, del mio status sociale, ovvero né indigente né parlamentare).

Ugualmente, l'«oppressione» andrebbe tematizzata adeguatamente,
Ciao Phil
Von Mises (o era Von Hayek?) diceva che l'operaio moderno vive fra lussi e comodità sconosciute al Faraone
d'Egitto...
Aveva ragione? Beh, sì e no; ritengo che il discorso inquadrato in questi termini sia semplicemente inquadrato
male. Come penso sia inquadrato male il tuo...
Non sfugga che oggi molti pensionati vivono con cifre da fame (ove tematizzando il termine "fame" si intenda
non poter certo comprare bistecche tutti i giorni). Non sfugga che molti rinuncino persino alle cure mediche.
Non sfugga che molti giovani hanno lavori precari, mal pagati e che MAI gli consentiranno di farsi una
pensione. Non sfugga che molti ultracinquantenni malandati come me saranno costretti a lavorare finchè
morte non sopraggiunga. Non sfuggano molte altre cose, ma finiamola qui.
No, non si tratta più di "percezioni": si tratta di condizioni oggettive.
Qual'è la "soluzione" (ammesso ve ne sia una)? La mia non è quella di Sgiombo o Ipazia (pur se il mio sentire
me li avvicina), cioè l'abolizione della proprietà privata. La mia è quella di Roosevelt e dei sostenitori
dello "stato": ristabilire almeno un minimo di "diritti sociali".
Un sentito augurio di Buon Natale.
#460
Citazione di: Phil il 24 Dicembre 2018, 15:07:04 PM
Magari mi sbaglio, ma fra le righe di alcune considerazioni mi pare di veder aleggiare un fazioso assunto implicito, che condiziona il discorso senza che il discorso lo abbia messo in discussione (non me ne voglia Godel  ;) ): disuguaglianza (sociale) significa necessariamente oppressione?



Ciao Phil
Almeno per quel che mi riguarda, vedi molto bene quando vedi "aleggiare" l'assunto: disuguaglianza sociale
significa oppressione...
Non necessariamente, ma in possibilità sì, senz'altro. Non che la diseguaglianza sia solo e sempre perniciosa;
lo è quando è eccessiva, come si sta delineando nella contemporaneità.
Ma in proposito occorre io faccia una precisazione.
Siamo stati tutti "reindirizzati" su questa discussione dalla mia "Spesa e debito pubblico", perchè l'esaurimento
delle tematiche tecniche ci aveva portato a parlare di capitalismo e massimi sistemi. In quella discussione io
sostenevo appunto l'irrazionalità della crescente "forbice" nella redistribuzione della ricchezza (ora non ricordo
le percentuali esatte, ma insomma un esiguo numero di persone possiede quel che possiedono miliardi di poveri).
Ricordo una bellissima massima di F.D.Roosevelt: "libertà è innanzitutto libertà dal bisogno", che dice
chiaramente come nell'eccesso di diseguaglianza non può che darsi oppressione...
saluti e auguri
#461
Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 13:23:22 PM
Il modo in cui gli umani sono concepiti e i loro bisogni fisiologici danno ragione ai giusnaturalisti: tutti gli uomini nascono uguali.

Ciao Ipazia
Beh, ritengo bisogna andar cauti col dire: "hanno ragione i giusnaturalisti" (tutti gli uomini nascono uguali),
perchè il giusnaturalismo "storico" ha una ben precisa collocazione (come dicevo in risposta a Viator la radice
è stoica, poi è ripreso dalla filosofia anglosassone).
Giusnaturalista è anche la visione del diritto canonico, con l'eguaglianza originaria intesa come data dall'essere
creature, o figli, di Dio (un concetto che continua anche nel "laicismo" della filosofia anglosassone).
Insomma, visti gli esiti ritengo si debba prendere il giusnaturalismo con le molle...
saluti
#462
Ciao Baylam
In linea di massima condivido quanto affermi; ma c'è un punto che mi sembra, per così dire, "oscuro".
Quando dici: "la comune denominazione di uomini evidenzia ciò che li rende uguali", intendi forse
supporre una "sostanza", l'umanità, che essendo in tutti gli uomini li rende in un certo
qual modo, tutti uguali?
Credo sia opportuno precisare che, nella conclamata individualità e diversità di ogni essere umano,
ogni dichiarazione di uguaglianza non può poggiare su alcunchè di "reale" (di strutturale, direbbero
gli amici marxisti).
Quindi qualsiasi dichiarazione di uguaglianza non fa parte del piano "fisico", bensì di quello meta-fisico
(tanto per usare una terminologia forte e provocatoria; ma questo è).
Come dico in una precedente risposta all'amico Viator, ogni affermazione di uguaglianza è una affermazione
di carattere etico/morale (e possiede quel tipo di realtà, di strutturalità, di fisicità proprie della
sfera etica e morale).
Le altre tue considerazioni mi sembrano invece molto intelligenti, acute ed assolutamente condivisibili
(soprattutto la domanda finale).
saluti e auguri
#463
Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 00:14:49 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 17:27:43 PM
.
La politica come "arte di governo della polis" mi sembra si sia vista, per paradossale che possa sembrare, più a Sparta che ad Atene. Più nella Roma del periodo repubblicano che in quella imperiale. Più nelle comunità Gote o Vichinghe che nel successivo periodo denominato "Rinascimento".
....
Mi dici, in definitiva, come facciamo a pretendere rispetto e libertà se siamo dei rammolliti?
saluti

Platone, estensore della prima utopia comunista, era un grande estimatore di Sparta, dove persino le donne ricevevano un'educazione militare in comunanza con gli uomini, con il corrispettivo grado di emancipazione sociale. Davvero un caso di uguaglianza rara nel mondo antico !

Ciao Ipazia
Probabilmente gli Spartani alle Termopili erano 300 perchè il re non riuscì a convincere le famiglie spartane
(sembra che il compito più gravoso del re a Sparta fosse quello di "convincere"...).
Lo stesso avveniva fra i Vichinghi (si narra che al primo contatto con essi fu chiesto: "chi è il vostro
padrone?", cui essi risposero: "noi non abbiamo padrone, siamo uomini liberi".
Fra i Franchi o le tribù germaniche in genere il bottino di guerra veniva letteralmente "spezzettato" in
frammenti identici l'uno all'altro, onde evitare che a qualcuno sia toccato un pezzo più grosso o migliore
(sembra fossero permalosissimi...).
Molto belle sono le storie raccontate da Levi Strauss in "Tristi Tropici", Fra i bellicosi Nambikwara
del Brasile sembra che nessuno fosse disposto a fare il capo, perchè quel compito comportava molti oneri
e assai pochi onori.
In genere in queste società dal forte spirito guerriero era distinto il comando militare (proprio di un re,
o di un capo) dal comando politico, spesso formato da un "consiglio" (in genere di anziani).
saluti
#464
Citazione di: viator il 23 Dicembre 2018, 22:31:54 PM
Infatti gli uomini nascono uguali (in diritti naturali e dignità) ma, una volta nati, cercano di affermare la propria individualità. Sarebbe questa l'origine della diseguaglianza, a parità di altre condizioni esterne alla volontà dell'individuo.


Ciao Viator
Ecco, proprio questo è il punto su cui non sono affatto d'accordo.
In un'altra discussione (o era questa, non ricordo) dicevo che nella mia attività di podista dilettante
mi trovo sovente a partecipare a gare con atleti kenyani, etiopi e quant'altro.
Adesso, lasciamo perdere le mie "performance" (che dire modeste è un eufemismo), ma NESSUNO dei "bianchi"
ha la benchè minima possibilità di competere con questi "mostri": perchè?
Questione di struttura fisica; muscoli lunghi, baricentro alto, grande capacità cardiaca e polmonare.
Quindi, per prima cosa, non è affatto vero che nasciamo tutti uguali fisicamente.
In secondo luogo, non è vero nemmeno che nasciamo uguali "in diritti naturali e dignità". E semplicemente
perchè questo è un assunto etico (ed in quanto tale presuppone una cultura che lo esprime - non è altresì
frutto di una, chiamiamola, verifica oggettiva: è cioè null'altro che una "opinione").
Sappiamo bene che il "giusnaturalismo", cui la tua visione attinge a piene mani, nasce in un preciso contesto
storico e culturale. La radice è infatti Stoica, poi ripresa dalla filosofia anglosassone.
Ed è proprio nel mondo anglosassone che questa tesi ha avuto quegli sviluppi che attualmente vediamo (cioè
il massimo della diseguaglianza).
Mi sembrerebbe il caso di riflettere un attimo sul motivo per cui gli sviluppi sono stati questi e non altri...
saluti ed auguri
#465
A Ipazia
Non vorrei che quella citazione di Hobbes mi abbia "marchiato" per l'eternità come un sostenitore
della monarchia assoluta...
Nei miei precedenti interventi dicevo di come, nella storia, si siano viste società improntate all'
egualitarismo soprattutto fra quelle comunità umane nelle quali vigevano le cosiddette "virtù guerriere".
Viceversa, mi sembra si siano visti numerosi esempi di "assolutismo" in società molli e prossime alla
decadenza.
La politica come "arte di governo della polis" mi sembra si sia vista, per paradossale che possa
sembrare, più a Sparta che ad Atene. Più nella Roma del periodo repubblicano che in quella imperiale.
Più nelle comunità Gote o Vichinghe che nel successivo periodo denominato "Rinascimento".
Quanto alla contemporaneità, la monarchia assoluta del Mercato mi sembra poggiarsi proprio su una
consapevolezza che poi, tanto, nessuno si ribellerà...
C'è un aneddoto che ho sempre trovato meraviglioso.
A Firenze, in Santa Maria del Fiore, nella navata di sinistra (mi sembra...) c'è un affresco raffigurante
Giovanni Acuto (John Hawkwood), mercenario anglo diventato generale dell'esercito mediceo.
Si narra che dopo la presa di una città un soldato anglo abbia preso prigioniera una bellissima ragazza.
L'Acuto, vedendola, disse al soldato: "quella ragazza mi appartiene". Il soldato rispose: "mio generale,
la ragazza è una mia preda, e io me la terrò". Acuto pensò acutamente (si spera)...
E rispose: "mio prode soldato, per l'antica legge degli Angli la preda è tua, ma io sono il tuo generale,
dunque è anche mia". E, si dice, la tagliò in due con la spada...
Ora, è chiaro che solo un soldato immerso in una forte tradizione comunitaria avrebbe potuto opporsi in
quel modo al potente generale. Il quale, uomo diviso fra due culture (quella degli Angli e quella italiana-
rinascimentale), non trova di meglio che optare per la soluzione più irrazionale.
Con questo voglio dire, su cosa si basa la rivendicazione di libertà del semplice soldato? Quella
rivendicazione avrebbe potuto aver luogo senza avere alla spalle, oltre che una forte tradizione di popolo,
una solida "virtù guerriera"?
Mi dici, in definitiva, come facciamo a pretendere rispetto e libertà se siamo dei rammolliti?
saluti