l'essere favorevoli o contrari al vincolo di mandato rimanda a una questione classica e più ampia: la politica è un mestiere o no? Cioè, il fare politica, cioè il saper adeguatamente rispondere alle istanze della comunità presuppone delle doti particolari, un certa formazione culturale, gli inglesi direbbero background, oppure è sufficiente un sapere generico, tanto che a fare carriera politica in modo più o meno brillante, si sono succeduti economisti, avvocati, imprenditori, filosofi, persino calciatori... Nel primo caso il vincolo di mandato andrebbe respinto in quanto sovrapporrebbe alla necessità per un politico di prendere decisioni impopolari ma giuste, decisioni che fanno nel lungo periodo bene alla comunità, ma che la comunità potrebbe nell'immediato non capire, gli umori e gli istinti spesso irrazionali della maggioranza. Nel secondo caso invece sarebbe necessario introdurre il vincolo: cioè nel momento in cui viene negata alla politica un proprio sapere specifico che ne funga da base, l'unico criterio per valutare il bene della politica è il consenso maggioritario quantitativo, dunque se un politico finisce con l'agire in contrasto con il programma con cui è stato eletto a maggioranza allora tradisce il mandato con gli elettori e dovrebbe essere rimosso. Personalmente pur avendo dubbi sulla legittimità della definizione di "mestiere", credo che la politica un proprio sapere tecnico specifico lo abbia, che non possa essere fatta da tutti, (se così non fosse non ci sarebbero politici migliori di altri, che cosa farebbe la differenza?) che spesso le decisioni migliori finiscono con l'essere quelle nell'immediato più impopolari, e quindi che sia necessario, nella dinamicità delle situazioni storiche, che un politico si trovi costretto a modificare il proprio programma elettorale iniziale per garantire il bene comune in modo più efficace che una rigida fedeltà a quel programma, oppure il politico può valutare a posteriori che alcuni punti di quel programma iniziale era in partenza errato e quindi cerchi di approntare delle modifiche. Senza contare che potrebbe essere lo stesso corpo elettorale a cambiare idea rispetto al programma che aveva inizialmente sostenuto a maggioranza, e in questo caso sarebbe proprio la fedeltà al programma che condurrebbe il candidato a non essere più rappresentativo della volontà popolare! Insomma il vincolo di mandato sarebbe un'inutile stress che intralcerebbe il lavoro del politico che consiste nel prendere decisioni che sono razionali ma a volte impopolari. Io credo che regolari elezioni al termine di un intero mandato, 4 o 5 anni, sia un compromesso sufficiente tra due princìpi entrambi basilari in una democrazia matura, rappresentatività da un lato e rispetto di alcune competenze che il politico dovrebbe possedere e che potrebbero portarlo ad agire per il bene comune meglio di quanto potrebbe nell'immediato concepire la maggioranza della comunità dall'altro. 4, 5 anni dovrebbero essere un periodo sufficiente perché il popolo possa rendersi contro in modo sufficientemente razionale delle competenze di chi ha eletto, un buon equilibrio che eviti gli errori estremi e tra loro opposti della demagogia e della tecnocrazia