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Messaggi - Eutidemo

#4531
Ciao Baylham.
La tua è una domanda molto appropriata: "Se l'Essere è il comune denominatore di ogni ente, che cosa è ciò che differenzia un ente dall'altro?"
Ciò che differenzia un ente dall'altro è il suo specifico e sempre diverso "predicato nominale": essere un topo, essere un gatto, essere un cane. Congiungendo i due termini, si ha, per "genere prossimo e differenza specifica", quello che possiamo definire l'"esistere" provvisorio di ogni "ente determinato" (o "fenomeno" che dir si voglia).
In altre parole, "ogni ente" ha come sostrato l'"essere", ma "nessun ente" corrisponde all'"essere"!
In un certo senso, è un po' come accade con i numeri: "ogni numero" contiene l'"1", ma (a parte lo stesso 1), "nessun numero" corrisponde ad "1".

Un saluto!
#4532
Citazione di: Sariputra il 06 Marzo 2020, 10:34:47 AM

cit.@Eutidemo:
"Parlare" no, ma "meditare" l'ESSERE, secondo me, si può; perchè "sentendolo" dentro di noi, non abbiamo alcuna necessità di "predicarlo.. Sentirsi "essere" e basta...non Tizio o Caio."


Perfetto. "Sentirsi essere" è ben diverso dal "pensare l'essere", infatti...
Nagarjuna lo spiega con altre parole, ma questo intende quando dice:




"Chi pensa che una cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell'eternità (eternalismo); chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la
dottrina dell'annientamento (nichilismo). L'intenditore, perciò, si studi di evitare l'idea
dell'esistenza e della non-esistenza."


un saluto

Molto appropriata la tua citazione di Nagarjuna, che, pur avendone letto alcuni testi, o non conoscevo o non ricordavo; d'ora in poi cercherò di tenerla sempre a mente!
#4533
Ciao Sariputra
Hai perfettamente ragione; ed infatti, il mio esempio dello sfondo, non è assolutamente adeguato per definire il Brahman.
Anzi, io direi che non solo nessun esempio, ma anche il discorso più elevato non sarebbe giammai in grado di definire l'"indefinibile"; se non, magari, "per negazione", in quanto, in fondo, "nirguna" implica proprio quello.

***
Concordo anche sul fatto che il "Nirguna Brahman", è l'Uno senza secondo; mentre quando si definisce la 'manifestazione' come "Saguna Brahman" s'intende Brahma, ovvero Isvara, il principio creatore del Parabrahman stesso (quello che Platone chiamava il "Demiurgo").
Ed invero, con una certa approssimazione sintetizzante, si potrebbe dire che:
- il "Nirguna Brahman" è il "dio impersonale ed apofatico";
- il "Saguna Brahman" è il "dio personale e catafatico".
Fermo restando che si tratta di due aspetti diversi di una cosa sola!

***
Hai anche ragione nel dire che il mio paragone con lo sfondo, sembra introdurre un dualismo apparente, in quanto, tecnicamente, lo schermo cinematografico  non si manifesta certo attraverso le immagini proiettataci sopra, le quali, invece, provengono dalla cinepresa; ma, ovviamente, si trattava solo di un esempio esplicativo per rendere l'idea, non certo di un'analogia "ontologica".

***
Il tuo esempio "specchio-immagini proiettate", forse, è più adeguato del mio; anche se, in fondo, anche in tale caso, tecnicamente, lo specchio non si manifesta certo attraverso le immagini riflesseci sopra, le quali, invece, provengono dagli oggetti che sono davanti allo specchio.
Ma, in fondo, gli esempi sono solo esempi!

***
Anche secondo me Ramakrshna "definisce" molto correttamente l'Essere come l'Assoluto non condizionato da nulla: né dal tempo, né dallo spazio, né dalla causalità.
Non se ne può predicare "nulla", proprio perchè è il sostrato di "tutto"; quindi, se venisse "predicato", sarebbe una cosa anche lui.

***
Per questo non si può "vedere nulla". Solo in questo senso si può intendere l'essere come 'nulla'...; cioè, come giustamente scrivi tu, Nulla da vedere.

***
Tale concetto di "ESSERE" e "NULLA", appare anche nel mistico cristiano Eckart, il quale, commentando il passo degli "Atti degli Apostoli" in cui si dice che, caduto da cavallo "...Paulus NIHIL vidit", individua in esso, oltre al significato letterale che indica l'accecamento di Paolo, anche quello di, "vide il NULLA", e cioè vide "DIO". ;)

***
Ed invero, nel latino classico due negazioni affermano in maniera più o meno piena e assoluta, a seconda che l'avverbio di negazione segua o preceda il pronome (o l'aggettivo, oppure l'avverbio) negativo, come ad esempio nelle seguenti frasi: nemo non haec dixit 'tutti hanno detto ciò', non nemo haec dixit'; per cui, almeno se non ho capito male, in latino, scrivere che "...Paulus NIHIL vidit", non significa che "Paolo non vide niente", ma, appunto, secondo l'esegesi di Eckart, significa che "Paolo vide il niente".
Il che è un po' diverso! ;)

***
Ovviamente, Meister Eckart, che era un predicatore domenicano, non intendeva certo dire che Dio non c'è, cioè, che è niente; bensì, rifacendosi per certi aspetti al "Dio apofatico" di Dionigi l'Aeropagita (ed a quello della "Nube della non conoscenza" di un anonimo scrittore del XIV secolo), intendeva dire che Dio è "nulla di tutte le altre cose" e, cioè, è nulla di ciò che di Lui si manifesta in natura.
Ed invero, se si è il minimo comun denominatore di tutte le cose, non si può ovviamente coincidere con alcuna singola cosa; il che non vuol dire che "non si è", ma, al contrario, che soltanto "si è", senza predicati...come correttamente scrivi tu!

***
"Nulla", che poi, è lo stesso "Tutto"; cioè, come scriveva San Paolo, "Omnia in omnibus".
Tutto in tutte le cose...senza essere "nessuna" cosa; il che non vuol dire non "essere", ma, al contrario, "essere solo essere"!
Ovvero: ""intra omnia non inclusum, extra omnia non exclusum, supra omnia non elatum, infra omnia non prostratum."

***
Ciò premesso, non posso che sottoscrivere, "parola per parola", il tuo seguente passo:
"L'Essere, così inteso, è nelle cose relative, ma non si esaurisce in esse. Le cose 'esistono' di un'esistenza fugace, passeggera, mentre l'Essere non insorge e svanisce con esse...Anche il tentativo di definirlo come Satchitananada è solo un 'timido' tentativo..."

***
Tu, poi, introduci un tema molto complesso e delicato, scrivendo che non si può parlare dell''essere', perché ogni tentativo di discorso su di esso, non riuscendo a eludere il paradosso della predicazione, va a collocarsi immediatamente nel 'regno del non-essere'.
"Parlare" no, ma "meditare" l'ESSERE, secondo me, si può; perchè "sentendolo" dentro di noi, non abbiamo alcuna necessità di "predicarlo".
Sentirsi "essere" e basta...non Tizio o Caio.

***
Se io, invece, mi limito a riflettere sul mio "essere" Tizio o Caio, prendo atto, in realtà, del mio mero "esistere" come Tizio o Caio; esistere che, ovviamente, muta in continuazione (dalla salute alla malattia, dalla giovinezza alla vecchiaia ecc.).
Ma le vicende del mio "io" individuale, non hanno niente a che vedere con il mio "sè", così come i frammenti di uno specchio rotto (ciascuno dei quali riflette la luce del sole), non hanno niente a che vedere con il sole; l'immagine del sole nei vari frammenti, può appannarsi col freddo o sporcarsi col fango, o anche essere distrutta...ma non certo il sole.
Per cui, tutti i paradossi dell' "essere" e del "non essere", per me non hanno alcun senso, riguardando diversi livelli di realtà!

Un saluto

#4534
Ciao Ipazia.
Come anche sostiene Hans-Friedrich Fulda (ma non solo lui), la "logica speculativa" costituisce la "vera metafisica"; per cui io insisto nel sostenere che dire che "l'Essere non è"  equivale a dire che "A non è A".
Il che sarebbe un assoluto "controsenso" (per usare un blando eufemismo), sia "logico" che "metafisico".

***
In ogni caso, in senso "ontologico", la proposizione per la quale "L'Essere (oggetto, ente, cosa) non esiste", è completamente erronea e fallace;  ed invero, l'"Essere" noumenico non è nè un "oggetto", nè un "ente", nè una "cosa", bensì è il comun denominatore di ogni "oggetto", "ente", o "cosa".

***
A parte questo,  io avevo risposto a "tutti" i tuoi punti interrogativi; ma tu hai ignorato completamente le mie risposte (giuste o sbagliate che esse fossero), per ricorrere al tuo solito espediente dialettico della "divagatio  non pertinens ad argomentum".

***
Per cui è inutile che continuiamo a giocare "a picche", se tu rispondi "a scopa".
Meglio lasciar perdere!

***
Un saluto!
#4535
Ciao Sariputra
Penso anche io che la Corea del Sud sia MOLTO più attendibile di Cina e Iran nella conta dei casi.

***
In effetti, è singolare che la popolazione coreana, che si è invecchiata parecchio nel corso degli ultimi decenni, sebbene  non a livello di quella italiana, conti meno morti che in Italia; però bisognerebbe conoscere il rapporto effettivo tra "vecchi italiani" e "vecchi coreani", che io, personalmente, ignoro.
In ogni caso, tra le tue due ipotesi esplicative del fenomeno, propendo per la prima, in quanto, sebbene il servizio sanitario italiano non sia perfetto, non abbiamo elementi per dire che quello coreano sia migliore del nostro.

***
E' invece vergognoso, ed attribuibile a vari governi di diverso colore, che, per tagliare le spese sanitarie, si siano chiusi ospedali da tutte le parti; per cui adesso ci lamentiamo di non avere più posti letto a sufficienza per l'emergenza.

***
Quanto, invece, alla necessità di fare bandi per trovare infermieri e medici (financo già pensionati..) pagandoli ad ore (30 Euro/h per gli infermieri e 50/h per i medici a Cremona), a mio avviso la responsabilità principale è attribuibile a Salvini; il quale, nel realizzare, presciolosamente ed "alla carlona", la sua famosa "quota cento" si è dimenticato di programmare il "turn over" nei servizi essenziali.
Il che ha provocato una carenza di medici negli ospedali pubblici, che già si manifestava gravissima anche prima del coronavirus.

***
Un saluto!
#4536
Ciao Paul
Hai fatto considerazioni tutte estremamente interessanti; anche se, non essendo io un medico, non sono in grado di valutarne la maggiore o minore correttezza.

***
Ad esempio, avendo letto i Promessi Sposi, pensavo che, una volta guariti, non ci si potesse più ammalare di nuovo; ma, evidentemente, la Pasteruella Pestis (che è il batterio della Peste Bubbonica), oltre a comportarsi diversamente dall'Ersinia Pestis (che è il batterio della Peste Polmonare), si comporta in modo "completamente" differente dal CONVID 19 (che, invece, è un virus).

***
Il fatto che non si muoia di coranovirus, ma delle complicazioni da esso indotte, non mi conforta molto; ed infatti, almeno stando a quanto dicono miei amici medici, in genere, non si muore quasi mai di cancro, ma, tecnicamente, si muore di infarto a causa dello stress patologico causato dal cancro.
Una volta morto, però, sinceramente me ne importa poco di come verrà redatto il certificato di morte!

***
Invece comprendo benissimo il tuo (apparente) paradosso.
Ed infatti:
- i virus eccessivamente letali, sono come degli autisti troppo spericolati, i quali, sfracellando la vettura su cui viaggiano, o ci crepano sopra, o restano a piedi...per cui diventano innocui.
- i virus meno "cattivi", invece, sono come degli autisti solo molto sbadati, i quali, senza distruggere la vettura su cui viaggiano, continuano ad andare blandamente ammaccando, a destra e a manca dozzine di altre vetture (mandando in crisi i carrozzieri).
Ho capito bene?

***
Quanto alla Cina,  concordo con te ed Inverno.

***
Quanto al "doppio tampone", non ne avevo la minima idea; è una notizia molto interessante.

***
Quanto al fatto che, tra il numero di ricoverati non si tiene conto di quelli che sono in quarantena, forse è corretto; ed infatti non sono "pazienti" ricoverati, ma solo persone "sotto osservazione".

***
Quanto, invece, a quelli che fra il primo e il secondo tampone non sono ricoverati, ma "reclusi" in casa propria,  non sono giustamente definibili come "ricoverati", in quanto stanno a casa loro; quanto a definirli già "contagiati", non saprei dire!
Forse si potrebbe includerli tra "color che son sospesi!"

***
Un saluto!
#4537
Ciao Inverno.
Innanzitutto, grazie per i chiarimenti.

***
Per il resto, circa i dati:

a)
Per ora, a mio avviso, il riferimento "ai dati internazionali" più affidabile e più leggibile si trova qui; anche se penso anche io che i numeri cinesi siano alterati, il che rende in parte inaffidabili anche i dati complessivi
https://vac-lshtm.shinyapps.io/ncov_tracker/

b)
Per quanto, invece, riguarda l'Italia, non è affatto vero che le fonti italiane siano assenti, in quanto ogni giorno la Protezione Civile ne fornisce di aggiornati, ed anche con notevole dettaglio.
Come si noterà, quelli di ieri sono MOLTO BRUTTI!



***
Quanto alla tua cortese spiegazione:

a)
Mi sembra corretto che un paziente sintomatico (cioè con sintomi riconosciuti per esempio in un clinica o da un dottore) ma che non ha ancora fatto il test di conferma della diagnosi, non venga ancora riconosciuto come contagiato; ed invero, una diagnosi senza conferma biologica (come nel caso del cancro), non mi sembra ancora sufficiente per inserire il caso nel conteggio dei contagiati.

b)
Mi sembra invece molto strano che non venga contato chi risulta positivo al test ma non presenta sintomi apparenti del contagio; ed infatti credevo che il verdetto del test fosse definitivo.

Ma, considerata la mia totale ignoranza in materia sanitaria, probabilmente sono io che non ho capito!

Grazie ed un saluto!
#4538
Ciao Inverno
Che dal venti febbraio fosse cambiato il metodo della conta (per la sesta volta) non lo sapevo proprio!
Però non ho capito bene come.

***
Ed infatti:
a)
Che vuol dire che ora non contano più gli asintomatici e anche i sintomatici che non hanno fatto un test?
b)
E i morti come li contano?
c)
E ti riferisci al conteggio generale o solo quello italiano.
d)
In ogni caso, a parte i numeri assoluti, il nostro tasso di crescita di contagiati e di morti si è "dinamicamente" decuplicato rispetto agli altri Paesi...come mai?

***
Per cortesia, vorresti spiegarlo un po' meglio, perchè questa faccenda del cambiamento del metodo del conteggio (che ignoravo), mi sembra molto interessante.
Grazie :)
#4539
Ciao Paul e forumisti.
Quanto all'"ex nihilo" di Severino ed alle altre "molto diverse", ma in parte "molto simili", interpretazioni di "DIO = NULLA", secondo me l'unica accezione che condivido è quella di Meister Eckart
Ed infatti, circa il concetto di "NULLA", Eckart, commentando il passo degli "Atti degli Apostoli" in cui si dice che, caduto da cavallo "...Paulus NIHIL vidit", individua in esso, oltre al significato letterale che indica l'accecamento di Paolo, anche quello di, "vide il NULLA", e cioè vide "DIO". ;) 

***
Ed invero, nel latino classico due negazioni affermano in maniera più o meno piena e assoluta, a seconda che l'avverbio di negazione segua o preceda il pronome (o l'aggettivo, oppure l'avverbio) negativo, come ad esempio nelle seguenti frasi: nemo non haec dixit 'tutti hanno detto ciò', non nemo haec dixit'; per cui, almeno se non ho capito male, in latino, scrivere che "...Paulus NIHIL vidit", non significa che "Paolo non vide niente", ma, appunto, secondo l'esegesi di Eckart, significa che "Paolo vide il niente".
Il che è un po' diverso! ;)

***
Ovviamente, Meister Eckart, che era un predicatore domenicano, non intendeva certo dire che Dio non c'è, cioè, che è niente; bensì, rifacendosi per certi aspetti al "Dio apofatico" di Dionigi l'Aeropagita (ed a quello della "Nube della non conoscenza" di un anonimo scrittore del XIV secolo), intendeva dire che Dio è "nulla di tutte le altre cose" e, cioè, è nulla di ciò che di Lui si manifesta in natura.
Ed invero, se si è il minimo comun denominatore di tutte le cose, non si può ovviamente coincidere con alcuna singola cosa; il che non vuol dire che "non si è", ma, al contrario, che soltanto "si è", senza predicati.

***
Cioè, per dirla più modernamente, Dio è l'inconoscibile Noumeno, di cui i Fenomeni (nostri "io" compresi)  sono mere molteplici manifestazioni, le quali:
- non sono certo "illusorie", se non nel senso che sono prive di realtà "metafisica";
- sono però "effimere", come le parole che si spengono nel silenzio, dopo essere state pronunciate.

***
"Nulla", che poi, è lo stesso "Tutto"; cioè, come scriveva San Paolo, "Omnia in omnibus".
Tutto in tutte le cose...senza essere "nessuna" cosa; il che non vuol dire non "essere", ma, al contrario, "essere solo essere"!

***
Per cui, come pure venne risposto a Mosè sul monte, Dio è l'ESSERE; in quanto ogni cosa "è" (o meglio "esiste"), ma l'"essere non è nessuna cosa, così come nessuna cosa è l'essere".
Ed infatti, quando Mosè, sul monte Sinai, gli chiede: "Chi sei?", Lui non gli risponde sono Giacomo, Giovanni, e nemmeno "sono Dio", ma gli risponde "IO SONO COLUI CHE SONO"...senza alcun predicato; e se Mosè gli avesse ribattutto :"Allora sei il NON ESSERE", penso che Dio lo avrebbe rispedito dabbasso a calci nel sedere!

***
Ed infatti, come correttamente scrivi tu, l'essere non potendo anche non essere necessariamente è eterno e non c'è storia, non c'è linearità, perché non c'è inizio e neppure fine.

***
A mio avviso, peraltro, credere al divenire non significa affatto la negazione dell'essere; perchè ciò che diviene non è l'essere, bensì soltanto le sue manifestazioni.
Quando Fregoli, in pochi secondi, si cambiava d'abito per interpretare ruoli sempre diversi, ciò che diventava nuovo e mutava, erano i suoi abiti e i suoi ruoli; ma Fregoli restava sempre Fregoli...non è mica che ogni volta lui  passasse dall'essere al non essere Fregoli.

***
Quanto all'"aporia del fondamento" Severino si pone come Parmenide, ma accetta la negazione del divenire come luogo del non-essere; cosa che io non condivido, o che, quantomeno che non riesco a comprendere per le ragioni esposte sopra.
Per me, infatti, poichè il divenire attiene all'esistere dei fenomeni, e non all'essere del noumeno, non riesco a capire che cosa neghi che cosa.
E' vero che tutto ciò che si manifesta nel divenire è negazione di quello che era prima, ma, proprio per questo, è necessariamente "temporale", e non "eterna"; altrimenti non potrebbe divenire.
Ogni fotogramma temporale  e spaziale, quindi, secondo me non rimane affatto eterno, ma viene e sparisce nel nulla come i fotogrammi cinematrografici, non avendo un suo autonomo "essere", ma lo mutua "ex sistendo" dall'essere assoluto; il quale, quello sì, è immutabile ed eterno.

***
Mi rendo conto che è un tema molto complesso, e che è molto difficile sviscerarlo adeguatamante a livello dialettico; però, almeno per quanto mi riguarda, un "barlume" intuitivo lo si può ricavare:
- ripetendo per dieci minuti, davanti allo specchio: "Io sono Eutidemo"(ovviamente, non quello, ma il mio vero nome);
- dopodichè ripetendo per dieci minuti, al buio, soltanto: "Io sono!"
Facendo questo, non sempre, ma qualche volta, dentro di me riesco confusamente a sperimentare due diversi tipi di consapevolezza:
- una del mio cangiante "esistere";
- l'altra del mio immutabile "essere".
Potete provare anche voi.

Un saluto! :)




#4540
Citazione di: Ipazia il 05 Marzo 2020, 09:02:13 AM
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 07:14:21 AM
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.

L'essere dello schermo qual'è ? Tela, tubo catodico, cristalli liquidi, plasma, ...? E il minimo comune denominatore di tutte le cose ? La particella di Dio ? L'Universo, che per somma sfiga dell'Essere diviene anche lui ? E forse diverrebbe anche Dio, se esistesse davvero.

Temo che l'Essere continui ad essere, aldilà dei sotterfugi logici, una questione ontologica e se ne venga fuori metafisicamente (e fisicamente) con un perentorio: L'Essere non è  :)

L'Essere non è  nella stessa misura in cui A non è A:)
#4541
Ciao Paul
Non c'è dubbio alcuno che Eraclito sia molto di più del solo "filosofo del divenire"; il suo è un pensiero molto più complesso ed articolato, sebbene non sempre molto chiaro.

***
Berkeley era indubbiamente un empirista, anche se spinto all'estremo; ed infatti non c'è dubbio alcuno che tutto ciò che noi "sperimentiamo" <<direttamente>> , è soltanto "mentale".
Il resto, in effetti, è solo una "presunzione"; più o meno fondata a seconda delle varie filosofie.
Però è vero che Hume soprattutto e  poi Locke sono più famosi di lui.

***
Non c'è dubbio alcuno che Darwin sia stato strumentalizzato ideologicamente, come anche io spesso sostengo ; ma questo non inficia minimamente la validità del fondamento primario della sua teoria (se opportunamente aggiornato).
Secondo me, invece, la storia di Adamo ed Eva ha un elevato valore allegorico, anagogico e didascalico, ma è del tutto priva di fondamento biologico, paleontologico e filogenetico.

***
"Curare la psiche" significa,  per esempio, cercare di guarire dalla sua fissazione un ragioniere che è convinto di essere un cavallo; però, in effetti, a tal fine penso anche io che sia molto più efficace la "psichiatria" che non la "psicanalisi".
Non essendomi mai rivolto ad uno psicanalista, peraltro, non saprei dire se si tratta di un metodo realmente efficace; mi baso solo su quel poco che ho letto al riguardo, che non è molto concorde nei giudizi.
Per cui mi astengo dal formularne dei miei!

***
Comunque, a parte l'ipotesi dei ragionieri convinti di essere dei cavalli, e quella -molto più frequente-, dei somari convinti di essere dei ragionieri, sono d'accordo con te che è molto difficile stabilire quale sia la "normalità psichica" di una persona.
Storicamente, in effetti, è una cosa che a Stalin riuscì molto più facilmente che a Freud; sebbene pare che il tipo di terapia non risultasse molto piacevole per i presunti "malati".

***
Come ti ho detto, io sono uno "spirito libero", per cui preferisco essere "imbecille di mio", piuttosto che per suggerimento, costrizione o induzione altrui; o, magari, adeguandomi ad ideologie e/o religioni che pretendono rispettabilità solo grazie alla loro antichità.
"Avvi niente di più venerabile quanto un antico abuso? Niente, ma la ragione è più antica, rispose Zadig."
Preferisco lo sbraco al conformismo; sebbene sia illusorio poterlo eludere del tutto!

***
Però hai ragione nel dire che la velocità del progresso tecnologico non è pari alla velocità della maturazione culturale  umana.

***
Per identità intendo il mentale, e lo ritengo soggettivo per noi ed oggettivo per gli altri; per quanto possa valere una presunta identità del genere!

***
Per concludere, non c'è dubbio alcuno che i nostri individuali "io" fenomenici vivano nel divenire mutevole delle apparenze, in ciò che non è già più ieri e che non è ancora domani; ma non così  il nostro "sè" più profondo, o "grund der seele", se preferisci.

Un saluto
#4542
Ciao Lou.
Secondo me, invece, dire che : "il non essere è essere ciò che non è più", equivale semplicemente a dire che "il non essere non è"; ed infatti,  "essere ciò che non è più", equivale semplicemente a "non essere", in quanto quel "più" non cambia niente.
A parte questo, come già ho scritto, è vero che se l'<<essere>> "divenisse" diventerebbe <<non essere>>; ed infatti questo non può accadere e non accade.
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.
L'autoreferenzialità nel linguaggio e valida solo laddove non si scada in sofismi di tipo nominalistico, che confondano la semantica con l'"ontologia".
Un saluto!
#4543
COROLLARIO x baylham
Quanto alle frasi come <questo commento è critico> oppure <questo testo è breve> sono senz'altro grammaticalmente corrette e significative, in quanto consistono semplicemente nell'"aggettivare" un "sostantivo":
SOSTANTIVO            AGGETTIVO
questo commento    è            critico
questo testo            è            breve
Nelle due frasi di cui sopra, invero, non c'è niente della "circolarità" autoreferenziale di un aggettivo con un aggettivo, che, per giunta, è lo stesso aggettivo che si riferisce a se stesso, così come nel paradosso.
#4544
Citazione di: niko il 04 Marzo 2020, 15:12:05 PM
  E' perché il nulla non è che ogni cosa, secondo l'ordine del tempo e la distanza nello spazio, degenera eventualmente nell'altro da sé e nel suo opposto... ma non sparisce mai nel nulla. Il fatto che non ci sia il nulla, significa che non c'è un termine ultimo ne un inizio delle cose, che non c'è alcun "posto" o "momento" spazialmente, concettualmente e temporalmente separato da cui le cose possano iniziare, o andare a finire quando non sono più.
Questa constatazione, che sembra ovvia, è importante in filosofia, perchè implica una conseguenza più sottile e meno ovvia: se il nulla non è, allora la molteplicità, l'opposizione e le differenza tra gli enti è reale almeno quanto gli enti stessi, perchè in assenza del nulla l'essere è realmente, e non illusivamente o metaforicamente, limitato e negato da altro essere, ovvero da altre parti di se stesso.


Se non c'è nulla a limitare l'essere, la differenza tra enti,  tra parti costitutive dell'essere (banalmente possiamo dire per esempio, tra acqua e fuoco), è interna all'essere stesso e ha la stessa inviolabilità, unità, eternità e necessità dell'essere in quanto totalità escludente il nulla.
L'essere non esprime solo la collezione degli enti, ma la realtà della loro differenza; e se questa differenza è reale, anche il pensiero, che la pone e sostanzialmente si esaurisce in essa, è reale: come esseri pensanti non pensiamo direttamente ne noi stessi ne il mondo, pensiamo la differenza, tra noi stessi e il mondo. Il pensiero è limitato dall'impossibilità del totale autoriferimento e del totale eteroriferimento e si muove tra questi due estremi, come pensiero delle differenza, innanzitutto della differenza da se stesso, della distanza del singolo pensiero attuale (che non è il pensiero, ma un pensiero) dal polo del totale autoriferimento.




E' questa una delle chiavi per comprendere Eraclito: se neghi il nulla e affermi l'essere, hai necessariamente la danza degli opposti, perché ecco che il nulla dell'uno, non essendo più se stesso, è diventato l'essere dell'altro: il nulla dell'acqua è il fuoco, il nulla del ferro il legno, il nulla del tavolo è il non tavolo, il nulla del nulla è l'essere. La molteplicità non si è dissolta, si è aperta al flusso del pensiero, si è legata causalmente. Il dissidio è reale, perché ovunque un essere-altro ha preso il posto dell'impossibile nulla. La funzione astrattamente tolta del nulla è ancora esercitata, ma da altro, dall'altro. La vita, nel suo divenire e nelle sue contraddizioni, è sopravvissuta al vago pensiero di un monismo dell'essere. La contrapposizione tra essenti (tra due essenti qualsiasi) è reale, proprio perché la contrapposizione tra essere e nulla NON è reale: a essente si contrappone sempre altro essente, non mai mancanza o nulla. E' la legge della guerra, nulla è incontrastato o irresistito, nulla è assoluto, proprio perché non c'è nessun nulla-assoluto.


Si dice spesso: "accetto tranquillamente il nulla nel senso che una cosa non è un altra, ma non accetto il nulla assoluto".


Non si comprende che questo dissidio non è reale, che questa bisemia non è reale, perché il nulla assoluto è già, un caso quasi come gli altri di nulla relativo in cui si afferma che una cosa non è un'altra e non si afferma a ben vedere nulla di più di questo: il nulla del nulla è l'essere, sotto la spinta della contraddizione il nulla non si auto annulla, semmai si auto esserifica, passa nell'altro da se. Si può togliere il nulla e avere la danza degli opposti -la coppia conseguentemente sorgente di opposti- anche e soprattutto nel caso del nulla assoluto, della riflessione sul nulla assoluto. Ciò che è nulla non può eccedere il significato letterale e semantico di nulla relativo, il significato blando di nulla per cui semplicemente una cosa non è un'altra: per eccederlo, dovrebbe essere qualcosa, quando invece nel dire la parola "nulla", proprio come parola, si sta dicendo solo che: "la cosa che non è non è, quindi > tutte le altre cose sono". Come referente esterno, ci si sta riferendo ad altro. La parola stessa, vuole indicare altro. Tolta, l'opposizione tra essere e nulla, resta, l'opposizione tra sè ed altro. Essere e nulla si identificano, questo è l'unico caso in cui il conflitto, il dissidio implicito nel parlare e nel pensare, è illusorio, perché non è interno all'essere, ma è il conflitto sorgivo dell'essere, il confitto da cui l'essere sorge per esclusione; ma per esclusione-di-nulla, quindi come totalità.


Quindi non immagino il nulla come qualcosa di privo di conseguenze o di separato, il nulla genera l'opposizione nell'essere, perchè se è nulla, la sua funzione limitante e libertaria, la sua funzione imprevedibile (come di jolly) , è usurpata, è sostituita dall'essere. Il jolly sta davvero nel mazzo dell'essere, e, a scorrerlo tutto, rima o poi esce.


L'assenza del vuoto ha come conseguenza la contiguità di ogni cosa: se anche il vuoto è cosa > allora tutte le cose sono contigue, e sono limitate l'una dall'altra. Le cose apparentemente non limitate da nulla (le cose fluttuanti), sono limitate dall'aria, dal vuoto-cosa, dal vuoto assurto a cosa.  Così la definizione logica, secondo cui una cosa non è l'altra, ha un immediato corrispettivo nella disposizione spaziale delle cose, secondo cui una cosa è limitata da un'altra contigua. Di nuovo, non c'è il nulla a contrapporsi alle cose, ma l'alterità extra liminare secondo cui una cosa non è un'altra, e nella pienezza che ne consegue, non rimane spazio per il nulla, per cui si può dire che il nulla sia l'assenza di spazio.


Ma la conseguenza più incredibile del nulla è l'infinito. Se non c'è nulla a limitare l'essere, siamo autorizzati a fare congetture sulla struttura spaziale e temporale dell'essere, e a trovarla infinita.

Dove mai dovrebbe finire l'essere?


Se anche il limite dell'essere appartiene all'essere, ogni limitazione dell'essere è anche una cumulazione, un accumulo di molteplicità nella stessa sostanza.


Anche il mondo sferico, il modo quadrato, il mondo delle sfere concentriche, il mondo piatto, il mondo a forma di banana, qualunque mondo con una forma definita, è espresso dall'opposizione tra sé e altro e non da quella tra sé e nulla, ovvero la sua forma, qualunque essa sia, si può sempre immaginare iscritta, contenuta, in una forma più grande.


Parmenide aveva metaforizzato e proposto di immaginare l'essere come una sfera, perché la sfera era il simbolo dell'autolimitato, del finito ma illimitato, di ciò che aveva confine in sé stesso. Il confine curvo è il confine perfetto, che non ha irregolarità come facce o spigoli, che è uguale a sé stesso, ha le stessa caratteristiche, in ogni punto. La sfera è anche simbolo di immobilità, perché rimane uguale a sé stessa anche se ruota, muovendosi su se stessa in qualunque direzione e per qualunque tipo e durata del movimento, alla fine del movimento stesso non manifesta mai variazioni visibili. Ma si poteva obbiettare che anche una sfera ha spazio fuori di sé, ad esempio la si può immaginare perfettamente contenuta in un cubo, ed è ovvio che, a parità di massima estensione, il cubo ha molto più volume. Se l'essere è la sfera, Il volume residuale, del cubo ma non della sfera, è il nulla, che si voleva escludere.
Melisso attribuì all'essere parmenideo l'infinità di spazio e di tempo, abbandonando la sfera (e l'istantaneità) anche come metafora, e immaginando come spazio e tempo dell'essere (spazio e tempo in cui si desse l'essere come evento e come sostanza) uno spazio e un tempo immutabili e infiniti, quindi indefiniti anche come forma. Dalla sfera all'abisso, all'immenso spazio aperto, una metafora dell'essere meno geometrica, ma più efficace. L'essere è il contenuto mimino del tempo e dello spazio, ed è facile concordare con questo, anche al di là dell'estremizzazione antisensista e controintuitiva eleatica, per cui ne è il contenuto unico. Lo spazio e il tempo non possono finire, perché non possono esaurire il loro contenuto minimo, minimo per definizione. C'è sempre continuità nell'evento dell'essere, e c'è sempre "sostanza" nello spazio, quantomeno lo spazio stesso. L'abisso non ha nulla che lo limiti, neanche potenzialmente.
L'infinito è ciò che non ha confini, che ha come confine il nulla. Con-fine, questa è una parola strana: dove finisce l'uno, finisce l'altro (fine insieme) e insieme dove finisce l'uno, comincia l'altro (fine-con, fine nel con, conseguente all'avvento del con, destino di incompatibilità). Applicata ad essere e nulla, significa che l'essere non finisce mai, e dunque anche il nulla non finisce mai, di non essere, di essere sé stesso non essendo. Confina con l'essere, ma nel senso di sovrapporsi invisibilmente: la differenza non emerge. Dove finisse l'uno, comincerebbe definitivamente l'altro, e questo è sommamente impossibile. L'infinito, così pensato come abisso di spazio e di tempo implica l'unità: se ne esistesse un altro, si limiterebbero a vicenda e nessuno dei due sarebbe infinito. Ma non c'è un tempo e luogo dell'essere separato da un tempo e luogo del nulla. Non a caso anche al dio delle principali religioni monoteistiche, nelle riflessioni teologiche mature, influenzate dalla filosofia greca, saranno attribuite insieme sia l'infinità che l'unità. L'una non avrebbe senso senza l'altra.

Il tuo è un discorso molto interessante, che, per alcuni aspetti (non tutti), mi ricorda molto l'esposizione di  Emanuele Severino che sto vedendo adesso su YOUTUBE:
https://www.youtube.com/watch?v=TE91WYazpPc
Complimenti!
#4545
Ciao Anthony
Spero vivamente di essere troppo pessimista; ma, a dire il vero, ho invece paura di essere stato un po' troppo ottimista fino ad oltre metà febbraio.
Ed infatti, se è vero che il tasso di crescita, così come sta accadendo negli ultimi giorni, si sta drasticamente riducendo in Cina, nel resto del mondo, invece, è in aumento...e soprattutto in Italia.
Ed infatti :
- fino ad oltre metà febbraio, in Italia si erano riscontrati più contagi che altrove, perchè noi avevamo fatto più controlli degli altri, ma, in proporzione, non c'era poi tutta questa gran differenza (io avevo fatto il rapporto con la Francia: 3,5% a 3,9%);
- dopo di allora, però, in Italia il "tasso di crescita" del contagio e dei decessi ha cominciato ad impennarsi in modo sempre più preoccupante, (decuplicando quello degli altri Paesi europei), e, al riguardo, non c'è "proporzione" che tenga.
C'è solo da sperare che, in Italia, si verifichi quanto prima la stessa frenata che c'è stata in Cina; cosa che io mi auguro vivamente.

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La cosa più preoccupante, peraltro, è che, sebbene fortunatamente le guarigioni siano di gran lunga superiori ai decessi (come previsto), anche questi ultimi, però, rispetto agli altri Paesi europei, in Italia sono aumentati con tasso esponenziale.

A ieri, si contano 107 morti di coronavirus in meno di 30 giorni; mentre i morti di influenza ordinaria sono circa 200/400 l'anno, e, cioè, 16/33 al mese.

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Il che rende poco credibile l'affermazione della Gismondo, e, cioè, che "Si è scambiata un'infezione appena più seria di un'influenza per una pandemia letale".
Tale affermazione è tanto meno credibile, quando, poi, vedi andare in giro lei ed i suoi colleghi con tuta e scafandro da palombaro.:D

Le vorrei chiedere: "Ma lei va a visitare addobbata così anche i malati di inflenza ordinaria?"
Insomma, è come uno che si lamenta del caldo, ma va in giro col cappotto.;D

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Comunque, come ho detto sopra, speriamo proprio che, come sta accadendo in Cina, anche in Italia si interrompa quanto prima sia il trend in aumento dei contagi, sia il trend in aumento dei morti.
Quello delle guarigioni, invece, mi auguro che aumenti a dismisura...fino a cessare del tutto, per esaurimento dei malati!
"PORTA INFERI NON PREVALEBUNT"

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Un saluto!