Citazione di: Santos il 01 Maggio 2020, 23:15:55 PMCiao Santos, mi sembra tu abbia rappresentato un punto importante della questione sottolineando la differenza tra religiosità e teismo, dove con religiosità si intende l'esistenza e la forza di un sistema cultuale, che potrebbe caratterizzare anche sistemi atei, ad esempio nella Russia comunista, pur proclamandosi atei, avevano comunque un forte culto per i simboli del comunismo, anche loro avevano il loro pellegrinaggio alla tomba di Lenin. Questi sistemi cultuali producono ordine sociale per cui sono a favore della crescita economica, anche quando sono indirizzati a figure totalitarie (E poi Dio non è anche lui una figura totalitaria) come i Kim Yong.
Penso che si possa interpretare la tua domanda in due modi diversi. Il primo in un modo più materiale, considerando la ricchezza economica di una società e tralasciando il resto; il secondo riguarda invece la società nel suo senso più ampio, la libertà di pensiero e di parola, l'uguaglianza, il rispetto dei diritti umani, lo sviluppo artistico e culturale, la democraticità.
Nel primo senso, non c'è dubbio che una società molto religiosa possa ottenere un prodotto interno lordo molto grande. Pensiamo agli Stati Uniti, dove i religiosi sfiorano l'80% e gli atei sono palesemente discriminati (vengono associati ad una cattiva moralità e diverse associazioni li bandiscono esplicitamente; la maggior parte degli americani non voterebbe per un presidente ateo). Si tratta del paese economicamente più prospero al mondo; ma nonostante tale prosperità, io non vorrei mai viverci. Un paese che ha ancora la pena di morte, che ha il maggior numero di carcerati rispetto alla popolazione, che ha il maggior numero di persone armate (il doppio rispetto al secondo in classifica), dove la libertà di opinione non esiste se si è atei ma solo quando si è religiosi e si deve andare contro la scienza. Nonostante l'alto livello di produzione scientifica e artistica, vi è un enorme dislivello tra un'élite culturale eterogenea e la popolazione ignorante. È un paese imperialista che di certo non si può considerare sano.
Nel secondo senso, non posso che confermare a grandi linee una relazione inversa: meno una società è religiosa, più è avanzata. Chiarisco subito che intendo "religione" nel senso più ampio del termine, che dunque include anche le religioni cosiddette civili, come per esempio il comunismo. Nazioni come la Cina o la Corea del Nord, che hanno i tassi di ateismo più alti al mondo, ma che di fatto venerano i loro leader o l'ideologia dei loro leader, non possono certo essere considerate società irreligiose. Discorso simile per Stati come il Giappone e il Vietnam, dove le religioni tradizionali potrebbero in un certo senso essere definite ateistiche; ma si tratta in ogni caso di società religiose.
La migliore strategia argomentativa sarebbe quella di analizzare le popolazioni irreligiose e di mostrare come queste società siano avanzate. Ma gli esempi sono pochi, dato che la quasi totalità della popolazione mondiale è dominata dalla religione, sebbene si tratti spesso solo di una religiosità nominale. Due eccezioni sono la Repubblica Ceca e l'Estonia, dove circa l'80% delle persone non è affiliato a nessuna religione (la percentuale esatta dipende naturalmente dalle stime, che non sono affatto facili da fare e che possono variare molto tra loro). Si tratta di due nazioni che, dopo la caduta dell'Unione Sovietica, hanno incrementato enormemente il loro livello di democraticità e di sviluppo umano. L'Estonia in particolare ha un'economia molto sana, con uno dei debiti pubblici più bassi al mondo; e nel 2016 è stata valutata prima nella libertà del web. La Repubblica Ceca di contro è animata da una grande cultura. Ma l'esempio più emblematico è costituito dai Paesi bassi, dove più della metà della popolazione è atea. Si tratta forse del paese più libero e tollerante al mondo. La prostituzione è perfettamente regolamentata, l'eutanasia e il suicidio assistito sono legali, le droghe leggere sono tollerate. Si tratta della prima nazione al mondo ad aver legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e in generale quella con la mentalità più aperta verso la comunità LGBT. È il quarto paese al mondo per libertà di stampa. Si tratta anche di uno dei primi paesi che ha reso legale il voto per le donne; una sua provincia, la Frisia, lo ha permesso molto prima di qualsiasi altro, addirittura nel 1689 (sebbene limitato alle proprietarie terriere, come era in uso all'epoca). In questa provincia l'irreligiosità raggiunge circa il 60%; curiosamente il partito di maggioranza della regione è l'Appello Cristiano Democratico.
Di contro, i paesi con un tasso di ateismo prossimo allo 0%, il Burundi, la Somalia, la Libia, il Senegal, l'Afghanistan, il Pakistan, la Palestina, sono i più arretrati al mondo, sia economicamente sia come diritti umani sia come livello delle arti e della cultura. I paesi dove la religione è indissolubile dallo Stato, come l'Arabia Saudita e l'Iran, sono delle vere e proprie nazioni criminali, dove gli atei, gli omosessuali o le donne che si ribellano alla sharia vengono condannati a morte in modi crudeli. Purtroppo non è il caso unico dell'islamismo; l'omosessualità è illegale anche in paesi a maggioranza buddhista (Bhutan) e induista (Mauritius), mentre lo è stata nella stra-grande maggioranza dei paesi cristiani, prima che la secolarizzazione, avvenuta prima grazie al protestantesimo, al deismo e al panteismo, poi grazie all'ateismo, all'agnosticismo e all'esoterismo, abbia costretto la religione ad arretrare su questi temi (rimane comunque illegale in diversi Stati cristiani, come Antigua e Barbuda, Barbados o la Guyana).
Per riassumere. Sicuramente la religiosità non ferma la produttività economica di un paese; anzi in certi casi può essere compatibile con la crescita della sua operosità. Ma anche dove tale vantaggio è presente, esso sicuramente non riequilibra gli svantaggi che dalla religiosità provengono. Non c'è dubbio che ognuno di noi preferisca vivere in una società dove la libertà di pensiero e la democraticità sono pienamente raggiunte, rispetto ad una civiltà dove questi valori sono solo parzialmente rispettati e sacrificati ad una logica del profitto capitalistico. Soprattutto se tali profitti riguardano solo una parte della popolazione. Faccio notare infatti che gli Stati Uniti hanno un tasso di povertà (persone che vivono sotto la soglia di 5,5 dollari al giorno) del 2% (cioè circa 6 milioni e mezzo di persone), mentre i Paesi Bassi e la Repubblica Ceca hanno rispettivamente lo 0,5% e lo 0,4%. Si potrebbe ipotizzare anche in questo caso un'influenza del protestantesimo, che premia il merito individuale e i suoi frutti come segno della predestinazione divina. Mi pare dunque che a livello del singolo individuo, vivere in una società irreligiosa sia migliore rispetto ad entrambi i due sensi che ho considerato; mentre a livello della comunità intera, possiamo essere sicuri solo che sia migliore rispetto al secondo senso, che comunque mi sembra l'unico davvero importante, a meno che non ci si faccia contagiare da una mentalità ultracapitalistica che metta il profitto al di sopra di qualsiasi cosa, anche della propria qualità di vita.
Naturalmente i sistemi cultuali non sono tutti uguali, io tendo a differenziare tra sistemi liberali, cioè quelli che valorizzano la decisionalità economica individuale, e illiberali, che promuovono una centralizzazione delle scelte economiche. L'esperienza storica ci dice che i primi sicuramente producono una crescita economica maggiore dei secondi.
La crescita economica produce la crescita delle idee, e con esse anche dell'idea atea che, come fai tu correttamente notare, non è presente nei paesi più poveri, ed è molto presente in un paese sviluppato come l'Olanda.
Ma non è che in quei paesi poveri la povertà dipende dall'assenza di ateismo, semmai dipende anche dall'assenza di cultualità, di una struttura culturale che dia ordine ai comportamenti di quei popoli.
Al contrario in Olanda sono si atei, ma perché se lo possono permettere avendo alle spalle secoli di religiosità che hanno costruito valori di rispetto per la persona e per le istituzioni che tu oggi definiresti laici, ma che nella loro origine vengono dal culto religioso e oggi rappresentano comunque un sistema cultuale, anche se laico.