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Messaggi - Ipazia

#4576
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
15 Maggio 2021, 11:37:18 AM
Citazione di: daniele22 il 15 Maggio 2021, 09:35:05 AM
Buona mattinata. Scrissi in carattere piccolo per non farmi sentire. Ho letto un po' quel che nel frattempo si è detto e ho letto pure qualche bestialità. Trovandomi dalla parte di Paul11 (origini dell'uomo importanti) ho pensato per quale motivo altre persone non la ritengono importante. L'etica è ciò che dovrebbe risolvere la questione secondo loro. Mi fa sempre sorridere tra l'altro l'ironia di Viator quando dice "Spero di non esserci capiti.................in tal modo la discussione potrà proseguire con giubilo di tutti gli amici forumisti", paradigma che mi ricorda il Gattopardo. Sono pure disposto a rinunciare all'origine (cosa che peraltro ritengo presuntuosamente di avere risolto) quando tale etica fosse chiara data pure la mancanza sul campo di uomini di buona volontà. Potrebbe essere benissimo infatti che l'etica proposta possa scuotere le persone facendole diventare persone di buona volontà. Ma quale sarebbe questa Etica? Visto che io sto dalla parte di Paul11, e immagino pure Alexander, per quel che mi riguarda l'etica giusta sarebbe quella proposta da un movimento il cui nome sarebbe "Movimento democratico destinazione anarchia" il cui ruolo sarebbe quello di porre in atto una sapiente e meticolosa decostruzione della normativa che governa tutti gli apparati istituzionali. Saluti
L'etica è quella cosa che nel bene e nel male ha sempre risolto i problemi antropologici seguendo lo spirito del tempo. Con alti e bassi come la storia ci insegna.

Qui nessuno rinuncia all'origine che è quella della scena iniziale di 2001 Odissea nello spazio. Da allora ci siamo evoluti (sempre nel bene e nel male) e abbiamo istituito e costituito i nostri concetti di bene e male (ethos: "Ma quale sarebbe questa Etica ?") e di giustizia che ne sono la ricaduta, implementazione, sociale istituzionale (nomos). Nulla è nato sotto un fungo o nell'iperuranio. Le tavole mosaiche, prescindendo dai numi, formulano principi etici validi anche oggi, cominciando dal non uccidere che è fondativo etico e giuridico principale di tutte le giurisdizioni attuali. E non a caso.

Tutte le rivoluzioni hanno operato una "decostruzione della normativa che governa tutti gli apparati istituzionali", politici, religiosi, consuetudinari. Non c'è nulla da inventare ex novo, ma umilmente prendere il testimone da chi ci ha preceduto e svolgere onorevolmente il nostro compito generazionale. Con la radicalità dovuta alle circostanze storiche.
#4577
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
14 Maggio 2021, 22:16:09 PM
Tocca alla politica gestire la polis. E la politica non ha bisogno di subordinarsi nè alla religione, nè alla tecnoscienza. L'illuminismo che ha portato alla fine del modello assolutista regio e della religione di stato a che tecnoscienza era subalterno ? Ovviamente aveva un suo progetto sociale che, laicamente, non poteva incarnarsi in una escatologia dogmatica ma abbozzare un tipo di società secondo i suoi valori etici trasferiti in politica (libertè, egalitè, fraternitè). Idem per il comunismo, che ha toppato quando è diventato una religione di stato coi suoi dogmi rivelatisi sempre più fuori dal tempo.

Posti dei valori etici forti, la gestione di essi non può restare dogmaticamente fissa in eterno. Il pensiero debole è nato per contrastare l'ossificazione e sclerotizzazione di valori feticizzati in forme non più in grado di assecondare l'evolversi dei bisogni e desideri umani. Il rischio è che con le forme si perdano anche i valori, ma a ciò deve presidiare la politica intesa in senso etico e filosofico, depositaria di un sapere sociale non subalterno a nulla.

Se la politica fallisce, è donchisciottesco fare la guerra ai mulini a vento della tecnoscienza.

Il fondamento morale dell'umanesimo è l'umano. La tutela della vita umana e la soddisfazione dei suoi bisogni innanzitutto. E dei suoi desideri per quanto compatibili con le possibilità materiali ed etiche. Ovvero etologiche.
#4578
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
14 Maggio 2021, 19:51:29 PM
Citazione di: paul11 il 14 Maggio 2021, 16:00:50 PM
L'uomo non è cambiato da millenni, quante volte devo scriverlo nel forum.
Già questa è un'affermazione totalmente arbitraria. Siamo passati dalla legge della clava al diritto positivo. C'è molto fumo in tale passaggio, ma anche una buona dose di arrosto che si misura in attesa di vita e in un uso più controllato della violenza e della sopraffazione. 
CitazioneL'umanesimo ha fallito quando ha pensato che il progresso tecnico scientifico avrebbe migliorato progressivamente anche l'uomo, non solo la condizione materiale umana,
Errore. L'umanesimo è nato con la riscoperta delle humane litterae, ovvero della filosofia classica. Scoperta che permise di uscire dal claustrofobico dogmatismo cristiano in un'epoca in cui la tecnoscienza era di là da venire.
CitazioneQuindi e lo ribadisco, c'è una bella differenza fra l'uomo che governa se stesso e il mondo delle cose, e dall'altra le conoscenze delle scienze e l'applicazione delle tecnologie. Lo scontro allora sarebbe non fra scienza e religione, ma fra le relazioni uomo/religione e uomo/tecnica, vale a dire l'uomo che vive la religione, e l'uomo che vive la tecnica.
Distinzione assai artificiosa e malposta che mette in grandi difficolta qualsiasi ingegnere religioso. Gli uomini vivono di ideologia (religiosa o laica) e di tecnica. Fin dall'invenzione della ruota e del fuoco.
CitazioneLa mia tesi, e la storia lo insegna, è che l'uomo per quanti progressi tecnici possa conseguire, rimane sempre lo stesso, può fare del bene e può fare del male, quindi non è la tecnica che influisce sull'uomo, è l'uomo che si illude che la tecnica possa migliorarlo umanamente. Ci siamo capiti fin qui? Capire non vuol dire necessariamente condividere.
L'altra mia tesi è che proprio per questo motivo, (l'uomo la cui tecnica progredisce non migliora se stesso umanamente ), ha necessità di avere una morale e seguire comportamenti etici .
Cosa che qualsiasi filosofia umanistica non religiosa, da Epicuro a Marx, ha avuto chiarissima nella sua testa. Ma la migliore morale, la storia insegna, non la dà la religione, legata a dogmi e pratiche incapaci di adattarsi all'evolversi della condizione umana, bensì una cultura laica, non dogmatica, umanistica. Centrata sui bisogni e desideri umani dei quali cerca la sintesi migliore possibile, il bene comune, senza preclusione alcuna verso tutto ciò che, religioso o profano, al bene comune contribuisce.
CitazioneNei miei post ho argomentato sui sintomi sociali e umani della differenza fra religione e tecnoscienza. La religione insegna con la morale il limite di "rispetto" verso Dio e i propri simili, la tecnica per sua natura è illimitata e inarrestabile, perché dà potere militare, politico, economico, non ha una morale,  è l'uomo che decide come usarla, applicarla
Questo non significa, che l'uomo antico fosse migliore di quello moderno, perché si uccideva, rubava, si facevano guerre , ieri come oggi. Ma la morale fa capire chi sta facendo bene e chi compiva il male, il parametro è la giustizia che nessuna scienza può insegnare. Può darla o una religione oppure una filosofia metafisica "forte".
La tecnoscienza non ha alcuna pretesa di illimitatezza, a differenza della religione, perchè confrontandosi quotidianamente con la realtà è ben consapevole dei propri limiti. Che la religione insegni il rispetto verso gli uomini dovresti andarlo a spiegare agli inquisitori medioevali e ai martiri attuali dell'islamismo. Non credo ti darebbero molto ascolto, presi come furono e sono dal "rispetto" verso il loro Dio che non fa prigionieri. La morale si è evoluta anche, per non dire soprattutto, contro la religione. Il fallimento della morale religiosa è, per durata nel tempo, ben più imponente del fallimento dell'umanesimo, che si guarda bene dallo sposare metafisiche "forti", perchè sa che hanno il verme dell'integralismo dogmatico incorporato. L'unica metafisica "forte" che l'umanesimo può mettere in campo è debole per sua natura: l'umano.
CitazioneQuesta morale ,essendo inscritta nelle religioni, era socialmente condivisa: questo è importante capire. Oggi una persona ha sempre meno  una morale condivisa comune, ognuno si fa una propria morale, in base alla propria indole, educazione, quindi la morale è "personale" sempre meno condivisa e sempre più individualistica, quell'individualismo tipico della modernità che esalta l'egocentrismo, a dimostrazione che la tecnoscienza non evolve , ma può e questo a mio parere è accaduto, involve l'uomo., lo fa decadere.
Il socialmente condiviso non garantisce nulla. Anche l'antisemitismo è stato socialmente condiviso da secoli di generazioni cristiane ed abbiamo visto dove ha portato. Il rispetto di un'area etica "personale" è stato conquista di civiltà. Contrapporre maneisticamente società e individuo è fallace tanto sul piano etico che antropologico. La partita in gioco è tra interesse pubblico e interesse privato, ma non è certo una teocrazia, con tutti i suoi dogmi e anacronismi, che può risolverlo. Ci vuole buona filosofia e buona scienza per risolverlo. Ovvero umanesimo.
CitazioneQuando rispondendo alla domanda dell'incipit della discussione ,di come religione e scienze interpetano il passato, presente e futuro , ho posto anche la "terza via" filosofica. Ho scelto due autori "anti-modernisti" che non seguono un pensiero religios e neppure tecnico, anzi ne fanno critiche. La mia tesi è che non è il super uomo o l'eterno ritono di Nietzsche ad indicarmi una via, non è l'orizzonte di senso heideggeraino a darmi senso sull'esistenza se non scioglie il nodo di cosa sia l'Essere, non basta cercare di definire l'esser-ci, ho bisogno di tracciare la linea di senso che passi nell'oggi (il qui ed ora) ma che  necessariamente ha un'origine e dopo un fine, il prima e dopo l'esistenza .Vale dire l'esistenza di ogni umano, la vita, ha senso se il percorso ha un'origine e una fine, non è bastevole l'esistenza presa in se stessa.
Questo è a grandi lineee ,ciò che penso.
Ci siamo capiti?....spero.
C'eravamo capiti anche prima e sottoscrivo la risposta di iano. Il punto di di convergenza non può essere nel "prima e dopo l'esistenza" di cui nessuno ha la chiave, e chi dice di averla mente sapendo di mentire. Soltanto nell'esserci qui ed ora è possibile ragionevolmente individuare una "linea di senso" condivisa. Non sposo certo la ricetta nicciana, sepolta a Stalingrado, ed anche quella marxista necessita di una accurata revisione. Il transumanesimo tantomeno può essere quello scientista, inoculato di cattivo infinito capitalistico. Il fuoco del discorso antropologico gravita intorno al senso di comunità e bene comune. Con tante pietre d'inciampo lungo il cammino. Già gestire decentemente l'esserci è impresa titanica. Ben più impegnativa di un Essere e una morale postulati a tavolino.
#4579
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
14 Maggio 2021, 15:39:49 PM
Perfetto, quindi la contrapposizione non è tra religione e (tecno)scienza, ma nell'uso che di entrambe se ne fa. Sgombrato il mantra anti tecnoscientifico si torna i.t. con lo spirituale umano, restituendogli in toto la responsabilità morale degli strumenti ideologici, teorici e tecnici da esso generati e utilizzati. Responsabilità presidiata dal terzo fin qui escluso: la filosofia e la sua articolazione etica. Che è la vera chiave di volta del problema e unica salvatrice idonea allo scopo.
#4580
Per innamorarsene basta pensare quanta matematica c'è negli apparati che ci permettono di comunicare. Senza l'analisi matematica non ci saremmo arrivati mai. E per l'analisi matematica servono lo zero e gli assi cartesiani. Tutto torna ...
#4581
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
14 Maggio 2021, 13:04:55 PM
E allora Paul11 e chi sostiene le sue tesi deve anche ponderare quanto della cultura che predilige è responsabile anche dei guasti attuali in cui i conflitti più cruenti, insanabili ed eterni sono proprio quelli su base religiosa. E non solo guerre, ma anche procreazione irresponsabile, usata come arma e spesso generata da una cultura della violenza di genere altrettanto fondata su basi culturali religiose. Insomma di carne al fuoco ce n'è tanta prima di arrivare ai misfatti della tecnoscienza.
#4582
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
14 Maggio 2021, 11:42:17 AM
Tutta l'argomentazione di Paul11 si regge sulla contrapposizione tra i tempi andati religiosi e la tecnoscienza moderna, come da titolo della discussione. Siccome tu sei tra quelli che sostiene tale posizione, non sto denigrando nessuno ma mettendo i puntini sulle i.
#4583
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
14 Maggio 2021, 11:25:45 AM
Citazione di: Alexander il 13 Maggio 2021, 23:42:06 PM
Buonasera a tutti
Sono d'accordo con Paul11 quando afferma che su questo forum si feticizza in modo fideistico la scienza, dalla gran parte di coloro che scrivono ( al limite dell'odiosità in alcuni interventi. Cosa che potrebbe forse far desistere molti dal partecipare). Dico anche che sembra di tutta evidenza e le veementi smentite non fanno che confermare che è un punto "dolente".
Mi complimento con Paul per il suo post, che anche se non condivido tutto, dà sempre spunti interessanti su cui riflettere. Soprattutto sulla ricerca di senso e sullo "spazio esistenziale" del soggetto, chiamato a vivere l'alienazione.

Hai voja a contare le vagonate di alienazione che ci siamo cuccati in millenni di feticismo religioso. E meno male che oggi ci dobbiamo sorbire solo quelle della tecnoscienza che non avendo la verifica nell'iperuranio, e nei suoi trafficanti terreni, è molto più facilmente riformabile. Non so che "spazio esistenziale" avessero Galileo o Giordano Bruno quando non c'era l'alienazione tecnoscientifica, ma sono convinta che se la sarebbero sfangata assai meglio ai tempi nostri.

Citazione di: daniele22 il 14 Maggio 2021, 09:29:06 AM
Ciao a tutti. Grazie Iano per la solidarietà. Confesso che ho trovato un attimo di smarrimento che è quello smarrimento che  ti coglie quando ti sei preparato ad affrontare una questione e vedi che quella questione non esiste più. Noto con sollievo che il problema per qualcuno esiste, visto anche i post di Alexander e di Paul11. Mi chiedevo infatti come si possa affrontare una prassi che possa essere d'aiuto come strumento di governo facendo finta che non esistano le menzogne. L'unica soluzione sarebbe che Mattarella o chi per esso dicesse: Cari signori, qui mentono più o meno tutti, quindi regolatevi di conseguenza. D'altra parte Ipazia si affida ad una fantomatica etica fatta da uomini di buona volontà. Chi siano queste persone di buona volontà, auspicabili peraltro, non le vedo. Ho visto a suo tempo il partito dell'Italia dei Valori, poi ho visto il movimento 5 stelle. Io sto coi piedi per terra e sostengo che il ricorso alla menzogna è un istinto specialmente umano, ma non solo umano, dato che si è riscontrato che pure gli scimpanzé mettono in atto delle menzogne. Per quel che riguarda MH, per la minima conoscenza che ne ho, e qui chiedo senz'altro a voi che siete sicuramente più preparati, vorrei riferirmi alla "cura". E' chiaro che nell'istante del presente siano presenti sia l'esser davanti a se, che l'esser già in e l'esser presso, ma in questa tripartizione sembra, e dico sembra, che l'affettività o lo stato emotivo siano avulsi dal fenomeno della comprensione mentre a mio giudizio non vi sarebbe comprensione senza l'affettività. Per questo motivo penso che Heidegger abbia fallito. Il significato di un sostantivo, visto che la speculazione si rivolge alle cose (gli enti) è composto di due parti, una affettiva e una razionale. Noi ci dimentichiamo spesso della parte affettiva, ma a mio giudizio questo è un comportamento quasi scellerato se non scelleratissimo (forse scellerato è già un superlativo assoluto).

Qui si discute e non si mangia nessuno. Si "curano" tutte le posizioni ideologiche con molto rispetto, ma senza fare sconti alle "menzogne". Nessuno dei presenti ignora la condizione di alienazione del presente, ma non nascondiamoci dietro l'argomento dei bei tempi andati quando imperversavano modelli etici religiosi che, con onestà intellettuale, mi pare che di sfracelli ne stiano facendo anche ai tempi nostri in medio oriente e ovunque vi siano contrapposizioni religiose; spesso anche da noi, per quei malcapitati che incontassero l'invasato della vera fede per strada.

La "cura", appunto. Mica te la regala nessuno, ed era ancora meno garantita quando regnavano incontrastate le etiche religiose. Non possiamo certo attribuire al povero Heidegger la responsabilità del miracolo non avvenuto. Non c'è alternativa agli uomini di buona volontà, nè in cielo, nè in terra, nè in ogni luogo. Che poi credano o non credano agli dei è insignificante. E poichè siamo nella sezione spirituale, fuori da ogni illusione e rispondendo ad Heidegger, solo lo spirito umano ci può salvare. Solo l'umanesimo, che trae la sua ispirazione dall'immanenza e dalla sua problematicità.
#4584
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
13 Maggio 2021, 23:25:38 PM
Citazione di: paul11 il 13 Maggio 2021, 21:19:24 PM
... Le scienze non possono edificare da sole una cultura, le religioni sì. Le scienze sono un surplus culturale, un di più. Per questo indigeni nel cuore dell'Amazzonia vivono benissimo senza tecnologie scientifiche, ma non toglietegli la loro religione, perdono l'identità, perdono la bussola quella ragione intima che li tiene vivi.

Mi limito a questo rigettando ciò che viene prima in cui te la canti e te la suoni. Mi pare che nessuno in questo forum "filosofico" abbia mai feticizzato la scienza come si feticizza assai più facilmente la religione in quanto il feticcio è nel suo dna. Se per cultura si intende quella cosa integralista che intendi tu, purtroppo anche la scienza è capace di crearne una sulla quale, in contraddizione a ciò che dici qui, ti spertichi a fine post. Si chiama scientismo e costituisce un'identità aporetica come quella dell'integralismo religioso.

CitazioneCosì trovo ridicole a mia volta, affermazioni che un tempo i miti erano favole.
Come dire che al bar sport dell'eden Adamo ed Eva per ammazzare il tempo con "dio" giocando  a tresette con il morto si inventano genesi.........sono argomentazioni che qualunque studioso appena serio di archeologia, religioni, di civiltà antiche non si sognerebbe nemmeno di dire. Nelle origini sta la nostra identità, come nel luogo dove ciascuno di noi è nato.

I primi a ritenere favolistiche le teatralizzazioni religiose furono proprio i filosofi del loro tempo ed il mito platonico della caverna è eloquente a tal proposito. Le mitologie, inclusa quella ebraica da te citata, sono funzionali alla conservazione del potere da parte delle caste religiose che al bar sport del palazzo lo esercitavano da appena gli umani cominciarono a giocare coi simboli e le narrazioni. I romani, pragmatici come sempre, deificarono l'imperatore e chiusero senza tanti fronzoli il circolo del potere.

Il finale è la solita geremiade contro la tecnoscienza con morale inumana incorporata. Non credo che la morale che per secoli, ed anche oggi, è intrinseca alle guerre e persecuzioni religiose, abbia pulpiti onorabili da cui poter lanciare le sue condanne. Meglio darsi una calmata e gestire il presente secondo un'etica che non nasce in nessun iperuranio teologico ma esclusivamente, se ce ne sono, dagli uomini di buona volontà.
#4585
Lo zero è strumento matematico, fisico e metafisico che risponde ottimamente al principio mensurale di Protagora.

Matematicamente è necessario per esprimere il continuo numerico e non a caso sta all'origine degli assi cartesiani. Anche nel conteggio, dove parrebbe non avere senso, ne ha invece molto, come rivelano le scorte di magazzino quando si svuotano.

Fisicamente esprime la sensibilità della misura ed è sempre relativo al nostro armamentario rivelativo di tipo fisico, chimico o biologico.

Metafisicamente esprime la fervida fantasia umana e si avvale di facezie e aporie a non finire, in particolare perché la metafisica tende all'assoluto mentre lo zero/nulla è saldamente radicato nel relativo cartesiano.

Tra le facezie linguistiche: Il nulla non è nulla è ovviabile in lingue che escludono la doppia negazione e ci riconciliano col principio di uguaglianza e di non contraddizione; "il nulla è nulla" fila perfettamente semanticamente, e non dice nulla ontologicamente, in quanto, come aveva già capito Parmenide: il non essere non è. Cosa che il suo più entusiasta supporter, Platone, doveva sapere a menadito, ma gli piaceva gigioneggiare con menti meno scafate della sua.

Che il nulla faccia da sfondo a qualcosa (essere, uno) resta pur sempre nell'ambito del relativo e contestuale. Se un frigo serve a contenere il cibo, è corretto dire "è vuoto" o "(non) c'è nulla" quando il cibo non c'è. Senza scomodare la metafisica o la fisica delle particelle.
#4586
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
13 Maggio 2021, 12:00:34 PM
Citazione di: Alexander il 13 Maggio 2021, 09:08:04 AM
...Pensiamo solo all'ipotesi che l'essere umano fosse privo del senso della vista. Non esisterebbe alcuna cosmogonia...
Certo che esisterebbe. Anche i ciechi pensano, e con gli altri sensi si fanno un'immagine della realtà perfettamente comunicabile a chi ci vede, il quale a sua volta impara ad interagire e comunicare con essi secondo l' "immagine" della realtà che si sono formati. Per una cosmogonia non basta e non è nemmeno necessaria la vista. E' necessario l'intelletto. Quello che gli antichi chiamavano nous, logos, atman,...

A ben guardare, o meglio sentire, l'infinito e l'eterno hanno più a che fare con l'udito che con la vista. Di fronte alla musica, non ce n'è per nessuno. L'aveva compreso persino una persona filosoficamente limitata come Wagner. A sua insaputa. Ma non del suo giovane ammiratore FN. Storia lunga che risale ai pitagorici.
#4587
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
13 Maggio 2021, 11:42:46 AM
Citazione di: daniele22 il 13 Maggio 2021, 10:19:34 AM
Citazione di: iano il 13 Maggio 2021, 01:51:14 AM
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2021, 01:48:22 AM
Abbiamo creduto a tante baggianate, possiamo pure fare un piccolo atto di fede sui nostri sensi e sull'immanenza che ci circonda.
Ma perché scusa, finora a ieri cosa abbiamo fatto?
Lungi da me il volere screditare i sensi.
Difenderli è la mia battaglia di sempre.
Una scienza buona è quella che impara da essi.
I sensi non ci illudono tanto quanto la scienza non ci dice la verità.

Buon Giovedì. Da quando frequento questo forum percepisco molte affinità con ciò che penso. Ma a volte mi sento un pesce fuor d'acqua. A parte la battuta di Viator (era una battuta?) non ho ancora capito chi siano i moderni FN e MH. In ogni caso non è questo il problema.
FN è Friedrich Nietzsche, MH è Martin Heidegger, chiamati in causa da Paul11 nella sua lunga requisitoria contro il pensiero scientifico. Chiamati in causa intorno ai concetti metafisici di infinito ed eterno su cui il pensiero religioso, sin dalla notte paleolitica dei tempi, si interroga e va a nozze. Colgo l'occasione per replicare. Questi due pensatori tirano all'estremo le possibilità della metafisica di restare nell'ambito della tradizione dei massimi sistemi filosofici, inaugurata da Platone e Aristotele. Lo fanno consapevoli del livello insopportabile della sfida in due momenti storici in cui il pensiero tecnoscientifico travolgeva tutto, nel bene e nel male. Con essi si chiude, alla grande, l'utopismo metafisico che va dalla Repubblica di Platone al transumanesimo marxista e nicciano. Il quale ultimo, con l'Ecce Homo, ci riconsegna la spugna inzuppata di acqua salata dell'esistere, non più supportato da massimi sistemi. Neppure quelli oggi tanto intronati della BigScience. La quale ...
CitazioneI sensi c'entrano poco con le nostre definizioni della realtà. Insomma, non si è ancora capito che la realtà è soltanto una proiezione delle nostre preoccupazioni? Non si è ancora capito che la realtà è sinonimo perfetto di conoscenza? Non si è ancora capito che le cose servono alla mente solo per tenere i piedi per terra? La pietra per un essere umano non è la pietra per una mosca. Eppure potrebbe benissimo essere che nel suo mondo esista qualcosa di analogo alla nostra pietra. Ma cosa sono infine le cose? Una cosa, dico io, è tutto ciò che la mente può imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Le cose non esistono di per sé. Siamo noi a crearle. Se tutto ciò fosse noto tanto peggio, giacché significherebbe una brutta fine per tutti.
... ha tutto da perdere ad assumere aure palingenetiche, andando a fare compagnia, nella discarica della storia del pensiero, ai massimi sistemi di cui sopra. Invece essa deve limitarsi, caro daniele 22, a ciò che l'evoluzione naturale ci ha fornito, ovvero i nostri sensi, potenziati e amplificati da quello più specifico e specista che dà ragione del nostro successo evolutivo, la ratio o ragione. La quale ci ha permesso di declinare un modello di realtà, plasmabile e conoscibile, sulla quale prospera ogni tipo di vita umana, compresa quella di chi lo rifiuta. Proponendo cosa ? Il ritorno ai massimi sistemi. Nostalgia. Ritorno a casa del dolore (etimo) incapace di cogliere l'infinito e l'eterno presenti in ogni attimo qui ed ora. Fuggente, certo, nel rispetto della legge eraclitea che va presa, niccianamente, per quel che è, con lo spirito affermativo dello Jasager che quel fato ha imparato ad amare.
#4588
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
13 Maggio 2021, 01:48:22 AM
Abbiamo creduto a tante baggianate, possiamo pure fare un piccolo atto di fede sui nostri sensi e sull'immanenza che ci circonda.
#4589
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
13 Maggio 2021, 01:03:59 AM
Citazione di: niko il 12 Maggio 2021, 23:43:54 PM
Forse non sono stato abbastanza sintetico da farmi capire, ma io ho risposto a te a a Paul11 perché:
Ipazia, tu parli di nesso tra causalità e creazione,
Sì, è la questione dell'uovo e della gallina. Gli umani ragionano così, per induzioni e deduzioni, ma le risposte che si danno, se non sono verificate sperimentalmente, restano congetture e desideri del tipo:
Citazionepaul11 dell'ineludibilità della domanda "da dove veniamo?"
Che elude la domanda della plausibilità della risposta (desiderante). Per cui concordo pienamente con:
CitazioneMa non vi viene in mente, gente, che, assumendo che il mondo/cosmo sia ingenerato e imperituro (e in qualche non immediatamente evidente ma reale senso noi con esso!), la famosa ed epica domanda "da dove veniamo", possa semplicemente essere mal posta?
Ma non porrei la risposta in questi mischioni tra fisica e metafisica...:
CitazioneDa dove veniamo "noi", ma noi chi? Mi viene in mente il recente argomento sul logos eracliteo, se il logo è impersonale, e guadagna verità progredendo nell'intersoggettivo fino a culminare nel non-soggettivo, non c'è neanche un "noi"/"io" che possa provenire da qualche parte...
Ci sono sistemi di pensiero in cui le domande sulle origini non esistono, o meglio, soprattutto, non esistono in senso creazionista. Banalmente, ad esempio, i filosofi che si sono rotti la testa sulla differenza tra creazione ed emanazione, e hanno a vario titolo sostenuto la seconda escludendo la prima (direi Platone e tutti i neoplatonici a seguire), penso che ci credevano veramente in quello che sostenevano, non erano, diciamo così, nella modalità mentale dell'accontentarsi del discorso sul possibile per non poter attingere l'impossibile, o del parlare per metafore.
...che eternano la fallacia metafisica di voler dare risposte metafisiche ad una questione che è esclusivamente fisica: l'origine del tutto di cui abbiamo percezione e contezza.
CitazioneQuindi non è che la domanda sulle origini sia impossibile, e dunque il filosofo, messo di fronte a tale dura impossibilità, psicologicamente sublima/surroga, gnoseologicamente aggiusta il tiro, occupandosi di altro; io credo piuttosto sia interno alla buona filosofia accogliere la domanda sulle origini solo ed esclusivamente nella misura in cui essa è utile alla felicità terrena.
La domanda sulle origini potrebbe anche non essere impossibile, ma la risposta che il tutto sia utile alla felicità terrena è sicuramente sbajata, perchè si ricade nel desiderio inverificato. A meno che il filosofo non sia di spessore tale da farci digerire la pillola senza ingannarci sul male. Qualcuno, antico e moderno, c'è stato e sono i grandi maestri dell'umanità.
CitazioneQualcuno ha parlato di "vivere nel qui e ora" come se fosse una questione esclusivamente etica, e ha visto in una certa misura la scienza corrispondere bene a questa funzione da cicala propria di un certo tipo di filosofia, immanente e immanentista, mentre la religione sarebbe la formica propria di un certo altro tipo, diciamo così della trascendenza o più teologico.
In realtà anche qui il banco secondo me deve saltare, rispetto alla domanda sulle origini, e sulla vita dopo la morte, e sulle altre domande fondamentali, "viviamo nel qui e ora", dico io, nella misura in cui ci identifichiamo e ci entifichiamo come esseri viventi con la nostra coscienza e conoscenza, e dunque da questa prospettiva in cui si è solo coscienza/conoscenza, in cui si è totalmente lucidi e trasparenti come un diamante o non si è, è giocoforza assumere l'equivalenza tra ignoto e nulla; quindi viviamo eccome "nel qui e ora", ma non per qualche etos derivante da qualche phisis tramite un qualche nomos, bensì perché, proprio dal punto di vista del qui e ora, ignoto=nulla, e quindi, per contro, qui e ora=essere.
Certo è così. La confusione deriva dal voler mettere il carro davanti ai buoi, invertendo le cause con gli effetti. Dio, l'eternità, il nomos trascendente che si incarna in ethos, e persino in physis che lo riflette, esistono perchè noi desideriamo tutto ciò e inondiamo il tutto di un senso che irrompe dal nostro desiderio. Insomma, per dirla con Eraclito: il mondo di un bambino. Ma prima o poi bisogna crescere e rimettere in ordine la catena causale.
CitazionePer uscire da questa eterna condizione di cicale e cominciare a fare un po' anche le formiche, nell'equilibrio che serve per la felicità, che della filosofia dovrebbe essere il vero scopo, non ci vuole un' altro tipo di etica, perché non è un problema etico che ci ha portato a fare le cicale (progressiste, pragmatiste e scientiste e quant'altro), ma un problema di identificazione e auto-identificazione; non è dal punto di vista della conoscenza che si può sopperire all'ignoto (che ci circonda e circonda le nostre origini e destinazioni finali, come un grande nulla intorno a un piccolo essere) con altre indispensabili facoltà umane quali  l'immaginazione, la mitopoiesi, e la buona filosofia stessa, perché, dal punto di vista della conoscenza, queste soluzioni vengono riassorbite nella conoscenza umana stessa e nella trasparenza dello scibile nel momento stesso in cui vengono poste, quindi allargano i confini del noto senza mai, in nessun caso, entrare nel merito dell'apparente inconoscibilità delle origini e della fine, allargano il campo l'originato senza entrare nel merito dell'origine.
F.Nietzsche associava la religione al ragno che tesse la tela, non alla formica che vi resta intrappolata. Formiche sono semmai coloro che hanno servito la casta religiosa sulla cui etica meglio stendere un minuto di silenzio. Non me la sento neppure, sibarita quale sono, di rinunciare alla cicala che si gode il suo bravo "qui e ora" senza paturnie metafisiche. Come fanno pure i nostri affezionati animali da compagnia. Rimettendo in ordine la catena causale si parte da physis (bigbang) che a sua insaputa determina un nomos (Natura sine Deus) che evolutivamente produce un ethos, entro il cui dominio arriviamo noi, che acquisiamo coscienza di tutto ciò e interagiamo et(olog)icamente con tutto l'ambaradan. L'etica arriva alla fine di tutto il processo evolutivo e si modifica con esso. Rimessa la realtà coi piedi per terra si può guardare avanti. E pure indietro. Con un po' più di cognizione di causa (non creazionista).
Citazionee dunque, è solo spostando il campo di identificazione, ed identificandosi non con la coscienza/conoscenza, ma con la vita/esperienza in tutte le sue contraddizioni, anche sensoriali, psicosomatiche e corporee, che si può apprezzare la differenza sottile, e non a comodamente portata di mano, intercorrente tra quanto supportato dai sensi e dal senso comune, e quanto posto solo immaginativamente e speculativamente, la differenza tra verità e certezza, che contraddistinguerà la filosofia moderna da Cartesio in poi, mentre potrei dire che quella antica era segnata dalla differenza tra verità e opinione: non è dal punto di vista della conoscenza, che una fiaba su Zeus o su Babbo Natale o su Dio si differenzia da una verità attestata dai sensi (come "oggi piove") o confermata dal metodo scientifico (come "la luna è un satellite"), ma dal punto di vista dell'esperienza (nessuno ha mai visto Babbo Natale, mentre la luna si vede, la pioggia si sente e gli esperimenti scientifici dovrebbero essere standardizzati e ripetibili); e l'esperienza è vita, ed è proprio facendo esperienza del fatto che le risposte sulle origini necessariamente non sono esperienza, che le risposte sulle origini si possono provare dare in quanto tali, si possono dare trascendendo e sapendo di trascendere l'esperienza, ma non la conoscenza e segnando così intenzionalmente il confine tra le due.
Essì, come insegna Newton bisogna rifuggire le finte ipotesi, che tali rimangono finchè non vengono dimostrate. Legittimo è desiderare, ma non creare accrocchi ideologici che invertono il rapporto tra desiderio e realtà. Non basta desiderare l'eternità perchè si inveri. Al massimo ci si può fare poesia o filosofia poetante motorizzata da metafore. Diciamo pure che in tale filosofeggiare gli antichi erano infinitamente più scusabili e creativi dei moderni.
CitazioneE' come la differenza tra sognare e basta e sapere di sognare, che è già difficile a concettualizzarsi, e tanto più difficile a mettersi in pratica: le facoltà che ci portano a inventare i miti sulle origini, sul dopo morte, su quello che si vuole, si attivano sempre spontaneamente e ci caratterizzano come umani, ma la filosofia è la storia del riconoscimento e della negazione/determinazione di tali facoltà come tali, quindi non sono le domande sulle origini a sfumare o a essere abbandonate in quanto insolubili nella mente del filosofo, ma le risposte tipizzate, banalizzate, strumentalizzate e logore a tali domande, compresa, forse prima tra tutte, la presa alla lettera della domanda stessa.
Possiamo trascenderla in una di quelle metafore proibite che ogni tanto ci azzeccano a muovere il sole e l'altre stelle; non dell'universo fisico, ma di quello umano certamente.
#4590
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
12 Maggio 2021, 16:43:33 PM
Creazione e causalità vanno a braccetto fin dalla preistoria sulla base del modo induttivo/deduttivo dell'intelligenza umana. I moderni (FN e MH) se la sfangano allegramente bypassando la questione perché si sono resi conto che la questione è ontologicamente, e quindi anche filosoficamente, insolubile. Già Epicuro metteva in guardia i suoi contemporanei dal porsi domande che non hanno risposta (gli dei, se ci sono, si fanno i fatti loro) e Socrate, a forza di testare l'infondatezza delle verità di fede, si trovò a bere la cicuta.

La scienza ha fatto propria la lezione di millenni di riflessione filosofica sulle cause e i causanti primi , confezionandoci una cosmogonia plausibile (bigbang) con le sue brave pezze d'appoggio scientifiche, che ha pure il vantaggio, scansando l'intenzionalità, di non dover sottoporre gli eventuali soggetti trascendenti ad un processo etico da cui difficilmente uscirebbero indenni.

Lo snodo di tale passaggio metafisico epocale lo dobbiamo al tornitore di lenti ebraico-olandese che, analogamente a Socrate, venne scomunicato addirittura due volte dai depositari della verità del suo tempo, cristiani e giudei. I cristiani lo scomunicarono per definizione in quanto ebreo, e gli ebrei, con vista più acuta, perchè il passaggio dal Deus sive Natura al Natura sine Deus era così breve da saltare agevolmente l'abisso sottostante. Cosa di cui pure i cristiani si accorsero ben presto di fronte alle orde di illuministi che in quel passaggio si avventarono come orsi verso un mare di miele. Passaggio divenuto sempre più agevole per chi si occupa di filosofia e scienza. Al punto che la contrapposizione tra scienza e religione appare superata sul piano filosofico e rimane soltanto come residuo ideologico di politiche di dominio che si servono tanto dell'una che dell'altra, secondo le necessità e gli interlocutori da sottomettere.