Il caso Salvini-Gregoretti.
Nel momento in cui scrivo le votazioni relative all'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini sono ancora in corso; per cui mi riservo di commentarle solo quando saranno terminate (in un senso o nell'altro).
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/12/caso-gregoretti-al-senato-il-voto-sulla-richiesta-di-autorizzazione-a-procedere-per-salvini-la-diretta/5703714/
***
In questa sede, invece, non intendo minimamente entrare nel merito del caso specifico, ma solo inquadrare la questione in generale.
Al riguardo, occorre tenere presenti due strumenti normativi:
1)
L'art.96 della Costituzione, il quale stabilisce che: "Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale."
2)
L'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, il quale stabilisce che la camera competente può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere, solo laddove reputi, con valutazione insindacabile, che: "...l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo."
***
Al riguardo, a livello normativo, rilevo che, secondo me, tale disposizione è MOLTO discutibile, in quanto:
A)
Rimettere la valutazione, di volta in volta, alla camera "pro tempore" eletta, circa:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
- il perseguimento di "un preminente interesse pubblico";
rimette praticamente la perseguibilità penale o meno del ministro alla "visione politica" che ha di tali "interessi" la "maggioranza" partitica del momento; il che, sotto il profilo della tutela penale del cittadino (ministro), e dell'uniformità giuridico-processuale del trattamento di tutti i cittadini, a me sembra assolutamente INIQUO e PARADOSSALE!
Ed infatti, a seconda che la votazione assembleare per l'autorizzazione a procedere avvenga a cavallo di elezioni politiche (o anche a cavallo di un mero cambio di maggioranza parlamentare), lo stesso ministro o ex ministro può risultare:
- aver agito per un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o per il perseguimento di un preminente interesse pubblico, se in quel momento predomina la sua parte politica e l'opinabile interpretazione che essa dà di tali interessi;
- NON aver agito per un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante e per il perseguimento di un preminente interesse pubblico, se in quel momento predomina una diversa parte politica, e l'opinabile interpretazione che essa dà di tali interessi.
B)
L'assurdità principale di tale disposizione di legge, però, secondo me, sta soprattutto nel prescindere dal tipo di reato di cui è imputato il ministro; ed invero, presa alla lettera, tale norma, "di fatto", finisce per sancire che IL FINE POLITICO GIUSTIFICA SEMPRE QUALSIASI MEZZO (a prescindere dalla sua minore o maggiore criminosità).
Ed infatti:
- se si ritiene che il "reato di sequestro di persona" ex art.605 CP possa essere "COMUNQUE" giustificato, se finalizzato a conseguire un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante" ovvero "un preminente interesse pubblico", consistente nell'impedire lo sbarco illegale di immigrati in Italia;
- allora qualcuno mi deve spiegare perchè mai, invece, un eventuale "reato di strage" ex art.422 C.P. per siluramento dei barconi e mitragliamento dei sopravvissuti, non dovrebbe essere parimenti giustificato da un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante" e dal perseguimento di "un preminente interesse pubblico", consistente nell'impedire lo sbarco illegale di immigrati in Italia.
Dov'è la differenza?
In entrambi i casi, infatti, il fine sarebbe "identico", e i presunti "interessi" tutelati gli stessi; cambierebbero solo i "mezzi" per conseguirli.
Ma di questi ultimi l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, non ne se ne occupa minimamente; per cui la maggiore o minore gravità dei delitti imputati ad un ministro per perseguire l'interesse pubblico, non ha "de iure" alcuna rilevanza!
C)
In terzo luogo, osservo che la condivisione o meno del Presidente del Consiglio (ed anche di tutti gli altri ministri), del comportamento di cui è imputato un solo ministro, di cui tanto si discute adesso nel caso di sequestro di persona commesso da Salvini, secondo me non ha la benchè minima rilevanza; ed infatti, ai fini del diniego dell'autorizzazione a procedere, l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 non prevede minimamente, come causa di diniego, la circostanza che il comportamento del singolo ministro sia stato avallato dal governo di cui fa parte.
Dove sta scritto?
Ed invero, i parlamentari, ai fini dell'autorizzazione a procedere, devono valutare soltanto se il ministro, da solo o d'accordo con il Premier e/o con altri ministri (il che non rileva), abbia agito o meno per tutelare:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
- il perseguimento di "un preminente interesse pubblico".
Punto!
***
Premesso quanto sopra, e, per ora, senza soffermarci ad esaminare se Salvini abbia "effettivamente" messo in atto il comportamento materiale che configura il reato di sequestro di persona ex art.605 C.P. (come, per me, è evidente, e come da lui stesso fu ammesso), soffermiamoci, invece, un attimo a considerare se il suo comportamento criminoso sia "giustificato" ex art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, per avere egli agito per tutelare:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
- il perseguimento di "un preminente interesse pubblico".
***
Al riguardo, se io fossi un senatore, penso che mi asterrei dal voto.
Ed infatti, "personalmente", nel comportamento "sequestratorio" di Salvini, dal mio punto di vista, non intravedo:
- nessun "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
- nessun perseguimento di "un preminente interesse pubblico".
Tuttavia, poichè la legge fa riferimento a due concetti non definiti nè giuridicamente nè in alcun altro modo, nel mio ruolo di senatore di un partito avverso a Salvini, non mi sembrebbe molto corretto esprimere il mio voto in base ad un qualcosa di così opinabile; ed infatti non ritengo giusto che un cittadino (ministro o no) possa essere sottoposto a giudizio o meno, solo in base all'opinione politica (o meglio, "partitica") della fazione politica al momento predominante.
Ed invero, l'opinione politica, secondo me, dovrebbe pesare in altri ambiti, ma non certo in questo.
***
Senza considerare che lo stesso ministro inquisito potrebbe opporsi al diniego dell'autorizzazione, per ottenere, in tribunale, un ottimo palcoscenico propagandististico; come fece Hitler dopo l'arresto conseguente al suo fallito PUTSCH di Monaco.
Il che costituirebbe il massimo della demagogia e dell'"eterogenesi dei fini".
***
Secondo me, l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, quindi, è radicalmente sbagliato, e dovrebbe essere abrogato il prima possibile; ed infatti, a mio parere, se si configura una fattispecie in sè criminosa, non ha la benchè minima rilevanza che il delitto (sequestro di persona o siluramento di barconi) sia finalizzato ad un "opinabile" interesse pubblico o costituzionale, ma il soggetto incriminato dovrebbe comunque essere sottoposto ad un regolare processo.
Però, finchè tale norma c'è, non può essere ignorata, sebbene nè questa nè altre norme vietino di astenersi da una votazione che il parlamentare ritenga insensata; ovvero, semmai, l'autorizzazione non dovrebbe essere negata mai, per principio, nei confronto di nessuno.
Come io ritengo!
***
A mio avviso, almeno in teoria, l'unica forma sensata di autorizzazione a procedere (abusi a parte), nei confronti di un qualsiasi parlamentare, ed anche ministro, dovrebbe essere subordinata alla valutazione parlamentare di un eventuale comprovato e documentato "FUMUS PERSECUTIONIS" nei suoi confronti da parte della magistratura (da non confondere col "fumus boni iuris"); tale strumento è stato spesso utilizzato in sede di immunità parlamentare (molto spesso abusivamente), come motivazione per negare l'autorizzazione a procedere nei confronti di numerosi politici italiani, a partire dagli anni novanta (Tangentopoli), sulla base dell'ipotesi che la magistratura fosse intenzionata ad abusare delle proprie prerogative (arresti, perquisizioni, intercettazioni).
Ma questo è un altro discorso.
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Nel momento in cui scrivo le votazioni sono ancora in corso; per cui mi riservo di commentarle quando saranno concluse (in un senso o nell'altro).
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/12/caso-gregoretti-al-senato-il-voto-sulla-richiesta-di-autorizzazione-a-procedere-per-salvini-la-diretta/5703714/
Nel momento in cui scrivo le votazioni relative all'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini sono ancora in corso; per cui mi riservo di commentarle solo quando saranno terminate (in un senso o nell'altro).
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/12/caso-gregoretti-al-senato-il-voto-sulla-richiesta-di-autorizzazione-a-procedere-per-salvini-la-diretta/5703714/
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In questa sede, invece, non intendo minimamente entrare nel merito del caso specifico, ma solo inquadrare la questione in generale.
Al riguardo, occorre tenere presenti due strumenti normativi:
1)
L'art.96 della Costituzione, il quale stabilisce che: "Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale."
2)
L'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, il quale stabilisce che la camera competente può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere, solo laddove reputi, con valutazione insindacabile, che: "...l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo."
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Al riguardo, a livello normativo, rilevo che, secondo me, tale disposizione è MOLTO discutibile, in quanto:
A)
Rimettere la valutazione, di volta in volta, alla camera "pro tempore" eletta, circa:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
- il perseguimento di "un preminente interesse pubblico";
rimette praticamente la perseguibilità penale o meno del ministro alla "visione politica" che ha di tali "interessi" la "maggioranza" partitica del momento; il che, sotto il profilo della tutela penale del cittadino (ministro), e dell'uniformità giuridico-processuale del trattamento di tutti i cittadini, a me sembra assolutamente INIQUO e PARADOSSALE!
Ed infatti, a seconda che la votazione assembleare per l'autorizzazione a procedere avvenga a cavallo di elezioni politiche (o anche a cavallo di un mero cambio di maggioranza parlamentare), lo stesso ministro o ex ministro può risultare:
- aver agito per un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o per il perseguimento di un preminente interesse pubblico, se in quel momento predomina la sua parte politica e l'opinabile interpretazione che essa dà di tali interessi;
- NON aver agito per un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante e per il perseguimento di un preminente interesse pubblico, se in quel momento predomina una diversa parte politica, e l'opinabile interpretazione che essa dà di tali interessi.
B)
L'assurdità principale di tale disposizione di legge, però, secondo me, sta soprattutto nel prescindere dal tipo di reato di cui è imputato il ministro; ed invero, presa alla lettera, tale norma, "di fatto", finisce per sancire che IL FINE POLITICO GIUSTIFICA SEMPRE QUALSIASI MEZZO (a prescindere dalla sua minore o maggiore criminosità).
Ed infatti:
- se si ritiene che il "reato di sequestro di persona" ex art.605 CP possa essere "COMUNQUE" giustificato, se finalizzato a conseguire un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante" ovvero "un preminente interesse pubblico", consistente nell'impedire lo sbarco illegale di immigrati in Italia;
- allora qualcuno mi deve spiegare perchè mai, invece, un eventuale "reato di strage" ex art.422 C.P. per siluramento dei barconi e mitragliamento dei sopravvissuti, non dovrebbe essere parimenti giustificato da un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante" e dal perseguimento di "un preminente interesse pubblico", consistente nell'impedire lo sbarco illegale di immigrati in Italia.
Dov'è la differenza?
In entrambi i casi, infatti, il fine sarebbe "identico", e i presunti "interessi" tutelati gli stessi; cambierebbero solo i "mezzi" per conseguirli.
Ma di questi ultimi l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, non ne se ne occupa minimamente; per cui la maggiore o minore gravità dei delitti imputati ad un ministro per perseguire l'interesse pubblico, non ha "de iure" alcuna rilevanza!
C)
In terzo luogo, osservo che la condivisione o meno del Presidente del Consiglio (ed anche di tutti gli altri ministri), del comportamento di cui è imputato un solo ministro, di cui tanto si discute adesso nel caso di sequestro di persona commesso da Salvini, secondo me non ha la benchè minima rilevanza; ed infatti, ai fini del diniego dell'autorizzazione a procedere, l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 non prevede minimamente, come causa di diniego, la circostanza che il comportamento del singolo ministro sia stato avallato dal governo di cui fa parte.
Dove sta scritto?
Ed invero, i parlamentari, ai fini dell'autorizzazione a procedere, devono valutare soltanto se il ministro, da solo o d'accordo con il Premier e/o con altri ministri (il che non rileva), abbia agito o meno per tutelare:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
- il perseguimento di "un preminente interesse pubblico".
Punto!
***
Premesso quanto sopra, e, per ora, senza soffermarci ad esaminare se Salvini abbia "effettivamente" messo in atto il comportamento materiale che configura il reato di sequestro di persona ex art.605 C.P. (come, per me, è evidente, e come da lui stesso fu ammesso), soffermiamoci, invece, un attimo a considerare se il suo comportamento criminoso sia "giustificato" ex art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, per avere egli agito per tutelare:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
- il perseguimento di "un preminente interesse pubblico".
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Al riguardo, se io fossi un senatore, penso che mi asterrei dal voto.
Ed infatti, "personalmente", nel comportamento "sequestratorio" di Salvini, dal mio punto di vista, non intravedo:
- nessun "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
- nessun perseguimento di "un preminente interesse pubblico".
Tuttavia, poichè la legge fa riferimento a due concetti non definiti nè giuridicamente nè in alcun altro modo, nel mio ruolo di senatore di un partito avverso a Salvini, non mi sembrebbe molto corretto esprimere il mio voto in base ad un qualcosa di così opinabile; ed infatti non ritengo giusto che un cittadino (ministro o no) possa essere sottoposto a giudizio o meno, solo in base all'opinione politica (o meglio, "partitica") della fazione politica al momento predominante.
Ed invero, l'opinione politica, secondo me, dovrebbe pesare in altri ambiti, ma non certo in questo.
***
Senza considerare che lo stesso ministro inquisito potrebbe opporsi al diniego dell'autorizzazione, per ottenere, in tribunale, un ottimo palcoscenico propagandististico; come fece Hitler dopo l'arresto conseguente al suo fallito PUTSCH di Monaco.
Il che costituirebbe il massimo della demagogia e dell'"eterogenesi dei fini".
***
Secondo me, l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, quindi, è radicalmente sbagliato, e dovrebbe essere abrogato il prima possibile; ed infatti, a mio parere, se si configura una fattispecie in sè criminosa, non ha la benchè minima rilevanza che il delitto (sequestro di persona o siluramento di barconi) sia finalizzato ad un "opinabile" interesse pubblico o costituzionale, ma il soggetto incriminato dovrebbe comunque essere sottoposto ad un regolare processo.
Però, finchè tale norma c'è, non può essere ignorata, sebbene nè questa nè altre norme vietino di astenersi da una votazione che il parlamentare ritenga insensata; ovvero, semmai, l'autorizzazione non dovrebbe essere negata mai, per principio, nei confronto di nessuno.
Come io ritengo!
***
A mio avviso, almeno in teoria, l'unica forma sensata di autorizzazione a procedere (abusi a parte), nei confronti di un qualsiasi parlamentare, ed anche ministro, dovrebbe essere subordinata alla valutazione parlamentare di un eventuale comprovato e documentato "FUMUS PERSECUTIONIS" nei suoi confronti da parte della magistratura (da non confondere col "fumus boni iuris"); tale strumento è stato spesso utilizzato in sede di immunità parlamentare (molto spesso abusivamente), come motivazione per negare l'autorizzazione a procedere nei confronti di numerosi politici italiani, a partire dagli anni novanta (Tangentopoli), sulla base dell'ipotesi che la magistratura fosse intenzionata ad abusare delle proprie prerogative (arresti, perquisizioni, intercettazioni).
Ma questo è un altro discorso.
***
Nel momento in cui scrivo le votazioni sono ancora in corso; per cui mi riservo di commentarle quando saranno concluse (in un senso o nell'altro).
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/12/caso-gregoretti-al-senato-il-voto-sulla-richiesta-di-autorizzazione-a-procedere-per-salvini-la-diretta/5703714/

)- si limitano appunto a capovolgere il punto di partenza con quello di arrivo."