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Messaggi - Eutidemo

#4606
Attualità / Il caso Salvini-Gregoretti
12 Febbraio 2020, 13:15:21 PM
Il caso Salvini-Gregoretti.

Nel momento in cui scrivo le votazioni relative all'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini sono ancora in corso; per cui mi riservo di commentarle solo quando saranno terminate (in un senso o nell'altro).
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/12/caso-gregoretti-al-senato-il-voto-sulla-richiesta-di-autorizzazione-a-procedere-per-salvini-la-diretta/5703714/

***
In questa sede, invece, non intendo minimamente entrare nel merito del caso specifico, ma solo inquadrare la questione in generale.
Al riguardo, occorre tenere presenti due strumenti normativi:

1)
L'art.96 della Costituzione, il quale stabilisce che: "Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale."

2)
L'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, il quale stabilisce  che la camera competente può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere, solo laddove reputi, con valutazione insindacabile, che: "...l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo."

***
Al riguardo, a livello normativo, rilevo che, secondo me, tale disposizione è MOLTO discutibile, in quanto:

A)
Rimettere la valutazione, di volta in volta, alla camera "pro tempore" eletta, circa:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
-  il perseguimento di "un preminente interesse pubblico";
rimette praticamente la perseguibilità penale o meno del ministro alla "visione politica" che ha di tali "interessi" la "maggioranza" partitica del momento; il che, sotto il profilo della tutela penale del cittadino (ministro), e dell'uniformità giuridico-processuale del trattamento di tutti i cittadini, a me sembra assolutamente INIQUO e PARADOSSALE!
Ed infatti, a seconda che la votazione assembleare per l'autorizzazione a procedere avvenga a cavallo di elezioni politiche (o anche a cavallo di un mero cambio di maggioranza parlamentare), lo stesso ministro o ex ministro può risultare:
- aver agito per un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o per il perseguimento di un preminente interesse pubblico, se in quel momento predomina la sua parte politica e l'opinabile interpretazione che essa dà di tali interessi;
- NON aver agito per un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante e per il perseguimento di un preminente interesse pubblico, se in quel momento predomina una diversa parte politica, e l'opinabile interpretazione che essa dà di tali interessi.

B)
L'assurdità principale di tale disposizione di legge, però, secondo me, sta soprattutto nel prescindere dal tipo di reato di cui è imputato il ministro; ed invero, presa alla lettera,  tale norma, "di fatto", finisce per sancire che IL FINE POLITICO GIUSTIFICA SEMPRE QUALSIASI MEZZO (a prescindere dalla sua minore o maggiore criminosità).
Ed infatti:
- se si ritiene che il "reato di sequestro di persona" ex art.605 CP possa essere "COMUNQUE" giustificato, se finalizzato a conseguire un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante" ovvero "un preminente interesse pubblico", consistente nell'impedire lo sbarco illegale di immigrati in Italia;
- allora qualcuno mi deve spiegare perchè mai, invece, un eventuale "reato di strage" ex art.422 C.P. per siluramento dei barconi e mitragliamento dei sopravvissuti, non dovrebbe essere parimenti giustificato da un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante" e dal perseguimento di "un preminente interesse pubblico", consistente nell'impedire lo sbarco illegale di immigrati in Italia.
Dov'è la differenza?
In entrambi i casi, infatti, il fine sarebbe "identico", e i presunti "interessi" tutelati gli stessi; cambierebbero solo i "mezzi" per conseguirli.
Ma di questi ultimi l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, non ne se ne occupa minimamente; per cui la maggiore o minore gravità dei delitti imputati ad un ministro per perseguire l'interesse pubblico, non ha "de iure" alcuna rilevanza!

C)
In terzo luogo, osservo che la condivisione o meno del Presidente del Consiglio (ed anche di tutti gli altri ministri), del comportamento di cui è imputato un solo ministro, di cui tanto si discute adesso nel caso di sequestro di persona commesso da Salvini, secondo me non ha la benchè minima rilevanza; ed infatti, ai fini del diniego dell'autorizzazione a procedere, l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 non prevede minimamente, come causa di diniego, la circostanza che il comportamento del singolo ministro sia stato avallato dal governo di cui fa parte.
Dove sta scritto?
Ed invero, i parlamentari, ai fini dell'autorizzazione a procedere, devono valutare soltanto  se il ministro, da solo o d'accordo con il Premier e/o con altri ministri (il che non rileva), abbia agito o meno per tutelare:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
-  il perseguimento di "un preminente interesse pubblico".
Punto!

***
Premesso quanto sopra, e, per ora, senza soffermarci ad esaminare se Salvini abbia "effettivamente" messo in atto il comportamento materiale che configura il reato di sequestro di persona ex art.605 C.P. (come, per me, è evidente, e come da lui stesso fu ammesso), soffermiamoci, invece, un attimo a considerare se il suo comportamento criminoso sia "giustificato" ex art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, per avere egli agito per tutelare:
- un "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
-  il perseguimento di "un preminente interesse pubblico".

***
Al riguardo, se io fossi un senatore, penso che mi asterrei dal voto.
Ed infatti, "personalmente", nel comportamento "sequestratorio" di Salvini, dal mio punto di vista, non intravedo:
- nessun "interesse dello Stato costituzionalmente rilevante";
-  nessun perseguimento di "un preminente interesse pubblico".
Tuttavia, poichè la legge fa riferimento a due concetti non definiti nè giuridicamente nè in alcun altro modo, nel mio ruolo di senatore di un partito avverso a Salvini, non mi sembrebbe molto corretto esprimere il mio voto in base ad un qualcosa di così opinabile; ed infatti non ritengo giusto che un cittadino (ministro o no) possa essere sottoposto a giudizio o meno, solo in base all'opinione politica (o meglio, "partitica") della fazione politica al momento predominante.
Ed invero, l'opinione politica, secondo me, dovrebbe pesare in altri ambiti, ma non certo in questo.

***
Senza considerare che lo stesso ministro inquisito potrebbe opporsi al diniego dell'autorizzazione, per ottenere, in tribunale, un ottimo palcoscenico propagandististico; come fece Hitler dopo l'arresto conseguente al suo fallito PUTSCH di Monaco.
Il che costituirebbe il massimo della demagogia e dell'"eterogenesi dei fini".

***
Secondo me, l'art. 9 comma 3 della Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, quindi, è radicalmente sbagliato, e dovrebbe essere abrogato il prima possibile; ed infatti, a mio parere, se si configura una fattispecie in sè criminosa, non ha la benchè minima rilevanza che il delitto (sequestro di persona o siluramento di barconi) sia finalizzato ad un "opinabile" interesse pubblico o costituzionale, ma il soggetto incriminato dovrebbe comunque essere sottoposto ad un regolare processo.
Però, finchè tale norma c'è, non può essere ignorata, sebbene nè questa nè altre norme vietino di astenersi da una votazione che il parlamentare ritenga insensata; ovvero, semmai, l'autorizzazione non dovrebbe essere negata mai, per principio, nei confronto di nessuno.
Come io ritengo!

***
A mio avviso, almeno in teoria, l'unica forma sensata di autorizzazione a procedere (abusi a parte), nei confronti di un qualsiasi parlamentare, ed anche ministro, dovrebbe essere subordinata  alla valutazione parlamentare di un eventuale comprovato e documentato "FUMUS PERSECUTIONIS"  nei suoi confronti da parte della magistratura (da non confondere col "fumus boni iuris");  tale strumento è stato spesso utilizzato in sede di immunità parlamentare (molto spesso abusivamente), come motivazione per negare l'autorizzazione a procedere nei confronti di numerosi politici italiani, a partire dagli anni novanta (Tangentopoli), sulla base dell'ipotesi che la magistratura fosse intenzionata ad abusare delle proprie prerogative (arresti, perquisizioni, intercettazioni).
Ma questo è un altro discorso.

***
Nel momento in cui scrivo le votazioni sono ancora in corso; per cui mi riservo di commentarle quando saranno concluse (in un senso o nell'altro).
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/12/caso-gregoretti-al-senato-il-voto-sulla-richiesta-di-autorizzazione-a-procedere-per-salvini-la-diretta/5703714/
#4607
Ciao Anthony.
Vedo che siamo entrambi d'accordo sulle difficoltà da superare per accertare l'effettiva ricchezza dei criminali economici.

***
Farei soltanto un "distinguo".
 - non ogni criminale ha bisogno di tenere occultata la sua ricchezza, ma solo i criminali di tipo economico, la cui occulta ricchezza costituisce la prova del loro crimine;
- uno stupratore o un omicida, invece, può essere povero o ricco, evasore o meno, ma, ai fini di occultare il suo crimine, non ha alcuna necessità di dissimulare le sue disponibilità economiche.

***
Quanto alla tua domanda: "Un avvocato che accetta da un criminale di cui ha la difesa un pagamento in contanti, di cui la provenienza è presumibile, non compie il reato di riciclaggio?", occorre ben distinguere il dettato dell'art. 648 CP, il quale punisce la "ricettazione", dal dettato dell'art. 648 bis CP, il quale punisce il "riciclaggio". 
Al riguardo, infatti, si tenga presente che:
a)
Il primo, cioè il delitto di "ricettazione", ai sensi dell'art. 648 c.p., è un reato comune, che punisce chiunque si renda responsabile di "acquistare, ricevere od occultare denaro o cose provenienti da qualunque delitto"; e insieme a questi ultimi anche coloro che, attraverso una condotta di mera "intromissione", aiutino taluno a porre in essere le medesime tipologie di azioni.
b)
Il secondo, cioè il delitto di "riciclaggio", ai sensi dell'art.648 bis c.p., punisce invece chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa.
Per entrambe le fattispecie, trattandosi di "delitti", è necessario il "dolo"; per cui, se questo è riscontrabile, non c'è dubbio alcuno che anche l'avvocato del criminale dovrebbe risponderne.
Così come pure il suo dentista, ricorrendo le stesse condizioni previste dalla normativa.

***
Quanto al fatto che sia ragionevole pensare che i ricchi abbiano una minore propensione a delinquere non essendo in condizione di necessità come i poveri, questo vale indubbiamente per certi tipi di reato (ad esempio lo spaccio da strada o il furto d'appartamenti); allo stesso modo, però, di come è ragionevole pensare che i poveri abbiano una minore propensione a commettere il reato di aggiottaggio, il reato di falso in bilancio e simili altri tipi di reato
A ciascuno il suo!

***
Quanto al fatto che il "ricco nato" ha probabilmente avuto accesso a forme educative migliori che lo spingono ad essere più rispettoso delle leggi, non conosco rilevazioni statistiche e sociologiche al riguardo; però, secondo buon senso, presumo anche io che, almeno teoricamente, "dovrebbe" essere proprio così come dici
Quanto, invece, a chi non è affatto "nato ricco", ma, nonostante questo, è riuscito a diventarlo in misura improvvisa e smisurata (magari ricevendo qualche misterioso miliardo da una società anonima svizzera), ritengo lecito presumere l'esatto contrario.

***
Quanto alle ricerche sull'evoluzione delle forme di criminalità mafiosa negli USA, in effetti, da ciò che ho letto anche io,  sembra che esse abbiano effettivamente rilevato che, a seguito dell'acquisizione di alti livelli di ricchezza le famiglie cambiano strategie, e smettendo di essere criminali, si concentrano sulla gestione della ricchezza illecitamente acquisita;  ho letto anche, però, che, in molti casi si tratta soltanto di attività legali di mera "copertura".

***
Un saluto
#4608
Ciao Iano.
Mi fa piacere che tu consideri valido il mio sillogismo; ed infatti, sebbene, per ora, esso sia rimasto privo del riscontro statistico,  spero, però che una nuova più accurata rilevazione statistica (in percentuali), possa comunque suffragarlo.

***
Quanto al fatto se ricchezza culturale e ricchezza materiale abbiano un legame tra di loro, secondo me, tale tema costituirebbe un ottimo spunto per un nuovo TOPIC; però, di primo acchito, direi senz'altro anch'io che si può essere benissimo ricchi senza avere cultura (e viceversa), la quale non serve neanche per scegliere un buon avvocato.


***
Però, a mio avviso, a parte quanto prescrive la legge:
- così come è senz'altro necessario avvalersi di un buon medico per farsi idoneamente idoneamente curare, se si viene colpiti da qualche serio malanno.
- allo stesso modo è senz'altro necessario avvalersi di un buon avvocato per far idoneamente valere le proprie ragioni in Tribunale, se si viene accusati di un qualche reato.

***
Quanto al fatto che la statistica dice che gli avvocati vincenti costano, anche se tu non li chiameresti "buoni" avvocati, non sono affatto d'accordo; ed infatti non bisogna confondere "semanticamente":
- il significato del termine "buono" con riferimento alla moralità generale di una persona, a prescindere dall'attività che svolge;
- il significato del termine "buono" con riferimento al successo che una persona consegue, nell'esercizio dell'attività che svolge.
Per cui:
- un "cattivo" soggetto, può benissimo essere un "buon" avvocato, perchè, in genere, vince sempre tutte le cause;
- un "buon" soggetto, invece, può benissimo essere un "cattivo" avvocato, perchè, in genere, perde sempre tutte le cause.

***
Ovviamente, diverso è il discorso per quanto concerne la "lealtà processuale", in quanto, un avvocato che, per "vincere", ricorresse ad espedienti "scorretti", sarebbe come un giocatore di poker che venisse colto a barare, o uno sportivo che venisse colto a doparsi; per cui, pur vincendo le cause, potrebbe senz'altro essere definito un "pessimo" avvocato, poichè le sue vittorie non sono attribuibili alla sua "bravura", bensì soltanto alla sua scorrettezza processuale.
Due cose da non confondere assolutamente!

***
Ed invero, l'art. 88 CPC, stabilisce che gli avvocati difensori: "... hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità"; in caso contrario, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di loro, ed essi possono essere anche radiati dall'Albo (come nel caso di Previti, e di molti altri).
Se, poi, un avvocato, oltre a commettere delle scorrettezze processuali, per vincere arriva a commettere dei veri e propri reati (occultamento di prove, subornazione di testimoni ecc.), oltre ad essere radiato dall'Albo, finisce a far compagnia al suo cliente in galera.
In tal caso, infatti, più che un cattivo avvocato, è un avvocato criminale.

***
Un saluto! :)
#4609
Ho sempre pensato che in Italia, in galera, ci finiscono prevalentemente i poveracci, mentre i ricchi la sfangano quasi sempre; e lo penso ancora.
Vedi:
https://m.dagospia.com/poveri-carcerati-in-italia-in-galera-finiscono-solo-i-poveri-i-ricchi-la-sfangano-sempre-132357

***
So bene che si tratta di un "luogo comune", di cui io, per principio, diffido sempre; però , come mio solito, lo avevo sottoposto ad un accurato e doppio riscontro:
- sillogistico;
- sperimentale.

***
Quanto al primo, il mio "sillogismo dimostrativo" era e resta il seguente (ovviamente "ceteris paribus" ed in via di principio):
a)
Chi è ricco, può permettersi gli avvocati "migliori"; cioè, quelli che, statisticamente, vincono più cause degli altri avvocati.
b)
Chi è povero, invece, non può permetterseli.
c)
Dunque, statisticamente, chi è ricco viene condannato con minor frequenza di chi è povero.

***
Quanto al secondo, cioè al mio "riscontro sperimentale", mi sembrava che esso confermasse in pieno la mia deduzione logica; in quanto, effettivamente, è indubbio che in galera ci sono più poveracci che ricconi.

***
Riflettendoci meglio, però, mi sono reso conto che, anche in questo caso, "forse" sono incorso in un duplice "bias cognitivo".
Ed infatti:

1)
In molti processi, il "tema decidendum" concerne proprio il fatto:
- se l'imputato si sia arricchito illecitamente o meno;
- se l'imputato si sia arricchito lecitamente ma occultando i suoi redditi reali.
Ad esempio, un soggetto che dichiara un reddito di 12.000 euro all'anno, al quale, però, il Fisco addebita un reddito di 12.000.000 l'anno, come vogliamo considerarlo: povero o ricco?
Tecnicamente, infatti:
- se viene assolto, dovremmo desumerne che era realmente "povero";
- se invece viene condannato, dovremmo desumerne che era realmente  "ricco", e che mentiva sulla effettiva entità del suo reddito.
Il che, nella fattispecie, contraddirebbe l'ipotesi di partenza, perchè avremmo un povero assolto ed un ricco condannato!
E' vero che potremmo basarci, in entrambi i casi, sull'entità della parcella legale che ha pagato al suo avvocato; però, a prescindere dalla circostanza che l'avvocato potrebbe aver sottofatturato l'onorario, non mi pare che sarebbe un criterio molto perspicuo a livello statistico.

2)
A prescindere da tale aspetto processuale, la maggiore "criticità", secondo me, sta nel mio troppo semplicistico riscontro sperimentale dei NUMERI: ed infatti io l'ho effettuato sui numeri "assoluti", mentre invece andava effettuato  sui numeri "relativi".
Mi spiego meglio: a prescindere dalla circostanza dell'accertamento se uno possa definirsi "numerariamente" "ricco" o "povero", basandosi, invece, "orientativamente" sulla tipologia di reato, possiamo plausibilmente "presumere" che:
- alcuni reati sono più tipici dei ricchi, come il delitto di "aggiotaggio" di cui all'art. 501 c.p. (rubricato "rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse azionarie"), ecc.
- altri reati, invece, sono più tipici dei poveri, come il reato dello "spaccio di droga da strada", di cui all'art. 73 del c.d. Testo Unico in materia di stupefacenti (che sanziona come reato qualsiasi attività di cessione e destinazione ad un'altra persona, anche a titolo gratuito, pure di una semplice canna), ecc.

***
Ora, è OVVIO che in galera ci siano ben pochi condannati per "aggiottaggio", "falso in bilancio" (e simili reati da ricchi), perchè, ovviamente, i reati di tale tipo sono più rari dello spaccio da strada di droga; il quale è il reato più frequente, e, tipicamente (sebbene non necessariamente) da poveri.
Senza contare la circostanza che i "ricchi" in generale, veri o presunti tali, sono molto meno numerosi dei "poveri", veri o presunti tali; per cui è naturale che, sia nelle strade che nelle patrie galere ce ne siano NECESSARIAMENTE molti di meno.
Se vado a caccia, è ovvio che farò fuori più quaglie che beccacce, perchè le prima sono molto più numerose delle seconde; dico in via di ipotesi, perchè non sono un cacciatore.

***
Tuttavia, pur essendo caduto a piè pari nella trappola dei numeri "assoluti" e dei numeri "relativi", resto tuttavia persuaso della validità logica del mio "sillogismo"; che non rinnego, ma di cui, ora, però, mi manca "il riscontro sperimentale"... che, ingenuamente,  credevo di avere.
Per avere quest'ultimo in modo dimostrativo (in un senso o nell'altro), infatti, invece dei numeri "assoluti" dei vari tipi di carcerati, me ne servirebbero, invece, i numeri "relativi"!
Cioè, in PERCENTUALE!

***
Vale a dire, che, se i ricchi in carcere sono 10 ed i poveri 100, questo non significa assolutamente niente se non sappiamo anche, in che percentuale, essi siano stati condannati in tribunale.
Ed infatti:
- se i 10 ricchi sono stati condannati su 20 imputazioni, e i 100 poveri sono stati condannati su 200 imputazioni , ciò vorrebbe dire che non c'è stata alcuna disparità di trattamento processuale tra gli uni e gli altri;
- se, invece, i 10 ricchi sono stati condannati su 60 imputazioni, e i 100 poveri sono stati condannati su 300 imputazioni, ciò vorrebbe dire che c'è stata una indubbia disparità di trattamento processuale tra gli uni e gli altri.

***
Però, purtroppo, io non riesco assolutamente a trovare un tale tipo di statistica (che sarebbe l'unica davvero significativa); per cui, se qualcuno di voi fortunatamente la trovasse, mi farebbe una gran cortesia a farmela avere.

***
Grazie  :)
#4610
Citazione di: anthonyi il 09 Febbraio 2020, 16:10:44 PM
Citazione di: Eutidemo il 09 Febbraio 2020, 12:59:44 PM




***
Quanto a fare la classificazione tra esseri "coscienti" ed esseri "non coscienti", il discorso è un po' più complicato; in quanto, effettivamente, la "coscienza" sembra essere la sola componente della nostra intelligenza che risulta difficilmente spiegabile sulla base di logiche di sopravvivenza.
Ciò,  ammesso e non concesso che si tratti di qualcosa che esiste veramente (io ci credo, ma alcuni lo negano), e che sia possibile definirla in modo esauriente e condiviso.
Un saluto. :)

La coscienza io la definisco un "essere interiore", cioè un qualcosa di percettibile solo all'individuo che ne è portatore. Se un concetto come questo è nel nostro linguaggio questo vuol dire che ci sono stati almeno due esseri umani che hanno vissuto questa esperienza e, comunicando tra loro, hanno avuto bisogno di un concetto per esprimere questa esperienza. Tutti gli altri individui potrebbero benissimo averlo preso per beneficio d'inventario, credendoci o meno. Chi non crede che esista la coscienza in qualche essere umano, magari, è solo perché lui non ce l'ha, eternamente immerso nella miseria del materialismo.

Sono d'accordo con te: anche io la coscienza la concepisco  come un qualcosa di percettibile solo all'individuo che ne è portatore.  ;)
#4611
Ciao Viator. :)
Chiedo scusa, perchè in effetti pensavo proprio che tu ti riferissi specificamente a "me"; ed infatti, io ritengo, in genere, che:
- il concetto di "autoreferenzialità" si riferisca al "singolo individuo", che non tiene conto del parere altrui e della realtà oggettiva che lo circonda;
- e non, invece, all'"umanità" nel suo complesso, per la quale, semmai, penso che sarebbe più corretto parlare di "antropocentrismo", che è comune un po' a tutti.

***
Premesso questo, sono perfettamente d'accordo con te che tutte le riflessioni su di un "QUALSIASI ARGOMENTO" non possono che riferirsi all'intelligenza di chi le compie, cioè quella "umana"; questo vale sia per le mie, sia per le tue, sia per quelle di chiunque altro...anche se possiede una intelligenza cento volte superiore a quella di noi due messi insieme.
Quanto a me, invero, : "Homo sum, humani nihil a me alienum puto!"
Se ne esistono, invece, gli alieni non possono che essere alieni!

***
Ti ringrazio per la spiegazione della tua affermazione "Il soggetto di una riflessione o di una trasformazione è proprio proprio proprio inadatto al riconoscimento delle cause che l'hanno generata", che,  sinceramente, non ero riuscito a comprendere in alcun modo.
Ora spieghi che tu intendevi dire che "...colui che risulta essere - tutto sommato - un effetto delle cause sulle quali sta riflettendo.........avrà una visione distorta, incompleta, delle cause stesse. Un figlio (effetto di un padre) potrà forse arrivare a conoscere ed immedesimarsi completamente con il proprio padre ? Direi di no. Assai più naturale sarebbe il reciproco (il padre(La causa) che invece capisce e conosce meglio il figlio poichè figlio lo è stato!)."
Ora, finalmente, ho capito cosa intendevi dire, ma non sono affatto d'accordo.

***
Ed infatti, tu dai per scontato il concetto di "causa ed effetto" (interpretato in modo molto personale), senza considerare che,  storicamente, i significati attribuiti al termine "causalità", come noto, sono stati molteplici e differenti tra loro.
Anzi, come scrive Bruschi:  "A seconda delle circostanze storiche il concetto è stato a volte enfatizzato, a volte minimizzato o addirittura respinto; è sempre però sopravvissuto nella pratica della ricerca pur con accezioni diverse". 

***
A quanto mi risulta, volendo semplificare, le diverse interpretazioni possono essere ricondotte fondamentalmente a due filoni (sebbene siano riscontrabili al loro interno ulteriori, a volte sottili, distinzioni):
a)
Il primo filone di pensiero, assume il rapporto come una connessione in cui la causa è a tutti gli effetti il presupposto del determinarsi del suo effetto, la ragione determinante (Leibniz); il rapporto causale è quindi un rapporto logico-deduttivo, dove l'effetto segue inevitabilmente, è appunto deducibile dalla causa.
b)
In base al secondo filone, invece, la connessione non è altro che un rapporto empirico di successione costante ed uniforme; per cui a partire dalla causa l'effetto può essere unicamente previsto (talvolta si parla di «prevedibilità certa», ad esempio con Comte) ma non dedotto.
Ma, al riguardo, bisognerebbe aprire un altro TOPIC!

***
In ogni caso, a mio avviso, non è corretto dire che "il padre è causa del figlio", in quanto:
- semmai le "cause" del figlio sono, congiuntamente, il padre e la madre  e non il solo padre, che, da solo, non può fare un sega (o, al massimo, solo quella).
- in ogni caso, il padre e la madre  non costituiscono affatto la "causa" del figlio, bensì sono soltanto dei meri "fattori" generativi, nel ruolo di portatori di geni che si fondono nel figlio.
Quanto al fatto che i padri conoscano i figli meglio di quanto i figli possano conoscere i padri, mi sembra una affermazione alquanto anapodittica e discutibile.

***
Quanto alla tua seconda spiegazione, quella relativa allo "specchio", invece, non è stata sufficiente a chiarirmi del tutto ciò che volevi dire; per cui non sono affatto sicuro di aver veramente compreso il senso di ciò che hai scritto.
Ma ci provo! ;)

***
Forse, più che ad uno specchio vero e proprio, tu intendevi riferirti alla visione che abbiamo attraverso una finestra, quando teniamo accesa all'interno della stanza una lampada molto potente, nel qual caso:
- se fuori c'è il sole, riusciamo comunque a vedere l'esistenza "oggettiva" degli oggetti esterni;
- tale immagine, però, viene distorta dal riflesso "soggettivo" del nostro volto, che la deforma sovrapponendovisi sul vetro.
Cioè, se ho ben interpretato ciò che vuoi dire, il vetro della finestra:
- in parte consente la nostra percezione della realtà esterna;
-  in parte, invece, riflette la percezione che noi abbiamo di noi stessi.
Se era questo che intendevi dire, sono perfettamente d'accordo con te!

***
Io aggiungerei soltanto che:
- più è potente la lampada all'interno della stanza, e meno chiara diventa la visione di quello che c'è fuori;
- più riusciamo a ridurre la luce eccessiva all'interno della stanza, e più chiara ci diventa la visione di quello che è fuori (sebbene MAI perfetta).

***
E' anche vero che i riferimenti spaziali degli oggetti esterni al vetro, sono quelli reali, mentre quelli del nostro volto riflesso sono inverti da destra a sinistra; però, secondo me, tale considerazione "confonde" il ragionamento metaforico, più che chiarirlo.
Ed infatti, in ogni caso, sebbene un po' confusi dalla sovrapposizione dell'immagine del nostro volto, gli oggetti esterni mantengono SEMPRE, ai nostri occhi, i loro riferimenti spaziali reali; a nulla rilevando, al loro riguardo, che, invece, quelli del nostro volto riflesso, ai nostri occhi, siano invertiti da destra a sinistra.

***
Poi tu scrivi che lo "specchio", che io interpreto come "finestra": "...ha la caratteristica di mostrarci sia la realtà (le cause di ciò che siamo) che la nostra interpretazione di essa (gli effetti delle cause che hanno agito su di noi).
A questo punto mi trovo ancora in difficoltà, soprattutto trovando incomprensibile ciò che scrivi in parentesi; ed infatti, cosa diamine c'entrano, nella tua suggestiva metafora, le cause e gli effetti?
Secondo me, ammesso che effettivamente esista il "nesso di causalità", noi ne abbiamo una concezione troppo diversa per poterci capire del tutto.

***
A parte questo, però, sono d'accordo con te che noi non possiamo prescindere dal venir influenzati dai vari "idola" intrinseci alla nostra "coscienza" culturale e filogenetica; il che, però, non ci vieta affatto, sia pure con tale limite, di esprimere opinioni più o meno corrispondenti alla realtà oggettiva.

*** 
Se io ho capito almeno qualcosa del tuo pensiero, come spero,  vuol dire che tu sei stato bravo a chiarirlo!
Ma sta a te giudicarlo, non a me!

***
Un saluto! :)
#4612
Citazione di: Jacopus il 09 Febbraio 2020, 12:30:24 PM
Per Anthony. Gli organismi a cui ti riferisci sono gli archaea, che Eutidemo ha correttamente inserito nella lista.
A proposito del tema dell'intelligenza, sono abbastanza d'accordo con te. Il nostro livello di "coscienza" (per quanto anche questa parola potrebbe essere oggetto di definizione più accurata), intesa nel senso di "autoriflessività", di capacità di porsi le classiche domande "chi sono io"? "cos'è l'universo"?, ecc. ecc., è, nell'uomo, per quel che ne sappiamo, unico nel mondo animale e anche nel mondo dei mammiferi, di cui siamo una specie.
Ma questa capacità umana non dipende che da una architettura cerebrale unica, data la presenza, nel nostro cervello, di circa 100 miliardi di neuroni, il 20 per cento dei quali residenti nella parte più evoluta del cervello e che ci caratterizza in modo sostanziale, la neocorteccia. Inoltre la nostra coscienza si è strutturata anche sulla base della tecnica. Il fatto di aver organizzato e fondato fattorie, templi, caserme, città, rapporti familiari, pensieri politici, scoperto il fuoco e la scrittura, non è indifferente e costituisce l'inevitabile retroterra per strutturare un tipo di intelligenza peculiare dell'uomo, all'interno della quale vi è spazio anche per quella che chiamiamo genericamente "coscienza".

Grazie Jacopus.
Non sapevo che gli organismi a cui si riferiva Anthony fossero gli archaea ;)
#4613
Ciao Anthonyi. :)
Sì, è vero!
Ed infatti, recentemente, sono stati scoperti dei particolari microrganismi in fondo all'Oceano Pacifico, in una zona al largo delle coste del Messico che è del tutto priva di ossigeno: sono i primi microrganismi che vivono di arsenico!
Però, non essendo io nè un biologo nè uno zoologo, sinceramente non ti saprei dire se siano già stati classificati tassonomicamente.

***
Quanto alla differenza tra "esseri intelligenti" e "esseri non intelligenti", alla quale, effettivamente, in maniera molto antropocentrica, gli "intelligenti" esseri umani si riferiscono, ne ho già parlato  nel mio TOPIC "L'intelligenza e la stupidità".
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'intelligenza-e-la-stupidita'/
Ma non era mia intenzione discuterne anche in questo TOPIC, il cui oggetto era ben diverso.

***
In ogni caso hai ragione nel dire che un comportamento "intelligente" è relativo alle esigenze di sopravvivenza di una determinata specie in un determinato habitat, e, soprattutto, in un habitat in rapido cambiamento .
Ed infatti:
- quanto più il comportamento è svincolato da meccanismi di tipo "automatico" ed istintivo, ed è invece relativo ad un'autonoma capacità "ragionativa";
- tanto più quella specie animale è in grado di adattarsi ai "cambiamenti" dell'ambiente in cui si è sviluppata, e, quindi, sopravvivere con maggior facilità nel corso delle ere geologiche.
Vedi i sorprendenti esempi di intelligenza della scimmia e del corvo, nel mio TOPIC "L'intelligenza e la stupidità" (performance che sarebbero state impensabili per uno scarafaggio):
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'intelligenza-e-la-stupidita'/


***
Questo vale sia per l'uomo, che per gli altri cosidetti "animali superiori"; cioè che non reagiscono solo automaticamente agli stimoli ambientali  (come le mosche e i lombrichi), ma sono anche in grado di reagire con ragionamenti autonomi, più o meno complessi. 

***
Quanto a fare la classificazione tra esseri "coscienti" ed esseri "non coscienti", il discorso è un po' più complicato; in quanto, effettivamente, la "coscienza" sembra essere la sola componente della nostra intelligenza che risulta difficilmente spiegabile sulla base di logiche di sopravvivenza.
Ciò,  ammesso e non concesso che si tratti di qualcosa che esiste veramente (io ci credo, ma alcuni lo negano), e che sia possibile definirla in modo esauriente e condiviso.
Un saluto. :)
#4614
Citazione di: viator il 08 Febbraio 2020, 22:17:52 PM
Salve Eutidemo. Citando il tuo esordio : "C'è vita (intelligente) nel resto dell'universo?".
Lasciami bonariamente notare che questo è il classico quesito privo di senso (certamente tu ciò lo saprai già, ma anche gli spunti privi di senso, trattati da te, diventano interessanti) poichè basato su termini fondamentali che tutti credono di saper significati mentre invece................

Infatti, nonostante tale mia ovvia e deprimente considerazione, questo argomento sembra rappresenti una specie di faro esistenzial-scientifico-filosofico per il fior fiore di certa cultura occidentale.

Io troverei del tutto ovvio che - al di fuori dei nostri sensi - esistano esseri in qualche modo "viventi" (non mi dilungo sulla definizione di "vita", per cui facciam finta che essa sia arcinota e totalmente incontrovertibile per tutti gli esseri umani).

I miei dubbi invece riguardano l'intelligenza (la cui definizione è arcidubbia e completamente discutibile per ciascuno di noi).
Ma come ? Noi umani siamo fatti in certo modo, possediamo delle abilità (diverse ma biologicamente equivalenti a quelle di qualsiasi specie vivente), possediamo delle limitazioni (idem c.s.), abbiamo riempito il pianeta (aspetto in sè neutrale e relativo........l'abbiamo riepito più dei lupi ma meno delle formiche), lo modifichiamo a nostro (apparente e limitato) piacimento (ciò si verifica anche da parte dei coralli, delle muffe etc.), lo subiamo ampiamente (come tutte le altre specie), abbiamo sviluppato le culture (che altro non sono che uno strumento di comunicazione ... e la comunicazione non è certamemte una esclusiva umana).........................in sostanza, noi umani siamo fatti in modo specificamente umano come ogni altra specie è fatta a modo proprio epperò, ogni volta che passiamo davanti ad uno specchio (magari psicoculturale) non riusciamo a fare a meno di rimirarci e di trovarci così "speciali", "diversi" e persino bellocci.

Abbiamo anche dato un nome a questa immagine che di noi stessi coltiviamo : l'abbiamo chiamata "intelligenza",
L'intelligenza invece è semplicemente l'attitudine biologica (innata e/o maturata) al sapersi efficacemente adattare (non importa se in modi attivi o passivi!) all'ambiente che circonda.

Per alcuni di noi invece la perversione di tale concetto arriva ad affermare che tanto più si riesce ad opporsi a ciò che ci circonda, tanta più "intelligenza" si dimostra. Vedansi i frutti del confronto tra natura e tecnologia.

Ora è chiaro che, sull base di tali presupposti, risulterà impossibile per l'umanità il poter riconoscere l'esistenza di forme di vita più "intelligenti" di chi ha creato, coltivato, e sbandierato così a lungo tale termine. Saluti

Sono perfettamente d'accordo con te, che il concetto di intelligenza, in effetti, è molto opinabile; come io stesso, dopo essere stato battuto "intellettivamente" da una scimmia nel "test" della nocciolina, ho argomentato nel mio TOPIC :(  :(  :( "L'intelligenza e la stupidità".
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'intelligenza-e-la-stupidita'/
Per cui, sono sostanzialmente d'accordo con (quasi) tutto quello che hai scritto in proposito, però  non era mia intenzione discuterne anche in questo TOPIC, il cui oggetto era ben diverso. ;)
#4615
Ciao Sariputra :)
In effetti, anche io (come te) ci andrei abbastanza cauto ad inviare segnali nello spazio; ed infatti, chi ci garantisce che gli eventuali riceventi (se esistono) siano pacifici?  ::)

***
Quanto al fatto che "si dice" che gli alieni siano già qui da migliaia di anni, però non ce n'è "prova" alcuna; per cui, in base al Rasoio di Occam, fino a prova contraria, per me la notizia risulta "tamquam non esset".
Idem dicasi per quanto riguarda le basi sottomarine e la collaborazione nella costruzione delle piramidi e corbellerie varie; sulle quali fantasie non intendo perdere tempo a soffermarmi. ;D

***
Quanto al fatto che tu avresti visto uno di questi alieni sull'Altopiano d'Asiago, il tuo racconto è davvero spassoso; ma non pensare che io possa essere tanto ingenuo da credere che tu possa parlare sul serio.
Lo so benissimo che Carnevale è alle porte; non ci casco!!! ;D  ;D  ;D

***
Idem dicasi per i fantasiosi resoconti dei russi!

***
Lo so benissimo che, come Amleto rimprovera ad Orazio: "Ci sono più cose in cielo e in terra, di quante io me ne possa sognare nella mia filosofia!".
Però, la mia esperienza ed il mio buon senso, mi hanno insegnato a non confondere mai i sogni e le dicerie con la realtà delle cose.
Per questo Romeo rimprovera Mercuzio, che si inventa fantasiose balle sulla immaginaria Regina Mab, dicendogli: "Calma Mercuzio: tu parli di nulla!"
E lui ammette: "È vero, io parlo dei sogni, figli d'una mente vagabonda, generati da una vana fantasia, fatta d'una sostanza leggera come l'aria e più incostante del vento!" ;)

***
Un saluto! :)
#4616
Ciao Jacopus :)
Hai perfettamente centrato il problema! ;)
Ed infatti:
- sul fatto che la vita sia esplosa sulla terra per una serie straordinaria di coincidenze è innegabile; 
- la casualità, però, che questo evento sia, almeno teoricamente, ripetibile discende dalla molteplicità delle possibilità offerte da un universo così vasto (il quale, peraltro, pare sia interamente composto dagli "stessi" elementi). 

***
Il tuo esempio dei dadi, quindi, , secondo me, è perfettamente pertinente.
Ed invero, fare 6 con i dadi per 100 volte consecutive è quasi impossibile, ma se un individuo prova a lanciarli per miliardi di anni insieme ad altri infiniti Tizi, sparsi nello spazio, che fanno la stessa cosa, la cosa, prima o poi accadrà.

***
Ma il problema è un altro!
Ed infatti:
a)
Fare 6 con i dadi per cento volte di seguito, lanciandoli un "numero infinito" di volte in vari luoghi di un "universo infinito", è pressochè certo.
b) 
Fare, invece, 6 con i dadi per cento volte di seguito, lanciandoli un "numero finito" di volte in vari luoghi di un "universo finito", dipende dal rapporto numerico tra le due cifre; più esse sono elevate (come nel caso del nostro universo) e più diventa probabile e diffuso il risultato... che, però, non sarà mai certo.
Ed infatti, anche l'equazione di Drake ed i suoi aggiornamenti, partono da ZERO.
c)
Nel caso della vita, inoltre:
- le combinazioni necessarie per la sua nascita, sono smisuratamente superiori a tutte quelle possibili tra due dadi;
- le combinazioni necessarie per la sua nascita, inoltre, dipendono anche da circostanze ambientali casuali innumerevolmente superiori a quelle relative al lancio di due dadi, che si intendono fatte "ceteris paribus".

***
Quanto al fatto, poi, che, non aver avuto mai contatti con civiltà aliene dipenda dalle leggi della fisica e dalla velocità della luce, questo è vero per le leggi della fisica che attualmente noi umani riteniamo intangibili (sebbene ogni cento anni vengano da noi stessi superate); ma non è affatto detto che i nostri limiti non possano essere stati superati da millenni, da altre eventuali civiltà extraterrestri.
Gli antichi Romani erano molto evoluti, ma non sarebbero mai potuti sbarcare in Britannia con i paracadutisti; anzi, secondo me non erano neanche in grado di poter soltanto immaginare una cosa del genere. ::)

***
In ogni caso, già qualche scienziato terrestre comincia ad ipotizzare il modo di superare (o meglio, aggirare) il problema della "velocità della luce".
Ad esempio, Miguel Alcubierre, ha teorizzato la possibilità di viaggiare nello spazio utilizzando una "bolla di curvatura" in cui lo spazio di fronte alla bolla viene contratto mentre quello dietro viene espanso: in tal modo sarebbe possibile muoversi più velocemente di un raggio di luce che viaggia all'esterno della bolla pur non infrangendo i limiti della relatività.
Non dubito affatto che civiltà avanti di millenni rispetto alla nostra, potrebbero aver trovato più di una soluzione al problema.
Almeno in teoria!::)

***
E' vero che l'unico progetto realistico di colonizzazione dello spazio riguarda Marte:
- per quanto concerne noi terrestri del XXI secolo sicuramente;
- per quanto, invece, concernerà noi terrestri del XXXI secolo (e, magari, ipotetici alieni più avanzati di noi), lo sbarco su Marte potrebbe equivalere ad una "gita fuori porta".

***
Per ora, e per noi terrestri, è sicuramente vero che l'unico modo per entrare in contatto con altre civiltà è quello della propagazione delle trasmissioni dei dati via radio e via satellite; però, così come non possiamo affermare che per noi sarà per sempre così, a maggior ragione non possiamo affermare che, già da millenni, se fossero esistite, altre civiltà più evolute non avrebbero potuto inviarci comunicazioni via radio.
Ma ciò non è avvenuto!
Il che non dimostra affatto che non ci siano mai state; ma, per me, costituisce un forte indizio in tal senso.

***
Il nostro ascolto verso lo spazio via radio risale a qualche decennio fa, ma questo:
-  ci rende certi soltanto che nel raggio di 20-30 anni luce non ci sono civiltà che hanno scoperto le trasmissioni via "radio";
- però non  ci rende affatto certi che nel raggio di 20-30 anni luce vi siano civiltà che hanno scoperto altri tipi di trasmissioni siderali, che noi non riusciamo a ricevere e/o a comprendere (mentre loro, non avendo inventato la radio, non riescono a ricevere e/o a comprendere le nostre). 

***
Insomma, è tutto molto ipotetico!
L'unica cosa certa, è che, sinora, nessun UFO ha chiesto ad una torre di controllo il permesso di poter atterrare; nè, fortunatamente, nessun UFO è atterrato senza permesso!
Il che, ovviamente, non esclude che non lo facciano per i loro buoni motivi.

***
Un saluto! :)
#4617
Ciao Viator. :)  
"Autoreferenziale" è ciò che fa riferimento esclusivamente a se stessi, trascurando  e perdendo ogni rapporto:
- con la realtà esterna;
- con quello che dicono gli altri; 
- con la complessità dei problemi. 
Ne consegue che la tua accusa nei miei confronti è assolutamente infondata, in quanto, come "documentalmente" risulta dal mio primo intervento, io, più che esprimere mie "autoreferenziali" idee personali, mi sono limitato semplicemente a riportare quelle di Fermi, di Drake, di Berezin,  di Anders Sandberg, di Eric Drexler, e di Toby Ord, e relative formule matematiche e ragionamenti, riservandomi solo, legittimamente, di commentarle secondo la mia personale opinione.
Per cui, oggettivamente, l'accusa di "autorefenzialità" dovresti soppesarla meglio, incartarla, e poi riportatela a casa; perchè, senza offesa, a me pare proprio che "autoreferenziali" siano i tuoi ragionamenti, e non certo i miei!

***
Quanto al fatto che "il soggetto di una riflessione è inadatto al riconoscimento delle cause che l'hanno generata":
- si tratta di una proposizione dal significato alquanto oscuro;
- dovrebbe, comunque, valere sia per me che per te.
Cosa c'entri, poi, pure "il soggetto di una trasformazione", mi risulta ancora più "criptico".
 
***
Progredendo in "cripticità", poi scrivi:
"Quando ci interroghiamo su queste cose siamo costretti ad usare uno specchio il quale - in modo naturalissimo, inverte rigorosamente i riferimenti cui pensiamo di poterci ancorare. Tali riferimenti consistono semplicemente nel rapporto tra le cause e gli effetti."
Cosa diamine dovrebbe "significare" tale macchinosa e punto chiara formulazione, i cui termini poco espliciti non manifestano un legame logico tra di loro?
Quali cose?
Quale specchio?
Quale inversione?
Quali ancore?
Quali cause?
Quali effetti?
Mi sembra proprio un responso della Sibilla Cumana!

***
Per fortuna, consapevole della scarsa chiarezza del tuo assunto, citi il mio scherzoso esempio della scimmia:
"Cioè, è come se una scimmia avesse lanciato in aria migliaia di tasselli dello scarabeo, e questi, ricadendo a terra, avessero formato il testo dell'Eneide; e poi, tirandoli di nuovo in aria, avessero pure formato il testo della Divina Commedia".

***
Al riguardo, tu osservi: "...queste considerazioni - notoriamente tipiche (???)- si limitano appunto a capovolgere il punto di partenza con quello di arrivo."
A parte il fatto che "notoriamente tipiche" non significa assolutamente niente, dovresti spiegare meglio:
- quale sarebbe secondo te "il punto di partenza" del mio scherzoso esempio;
- quale sarebbe secondo "il punto di arrivo" del mio scherzoso esempio;
- in che modo essi sarebbero stati da me "capovolti".
Finchè non determini bene tutto ciò, quanto scrivi mi suona del tutto vano ed incomprensibile!

***
Quanto al fatto che sia ingenuo meravigliarsi "a posteriori" di ciò che è avvenuto, mi sembra difficile che ci si possa meravigliare "a priori" di qualcosa che deve ancora avvenire; sarebbe come applaudire uno spettacolo, prima ancora che si sollevi il sipario. 

***
A parte tale considerazione di carattere cronologico, non dubito affatto che la rosa (dopo essere sbocciata) non abbia alcuna intenzione di generare la nostra meraviglia; il che, però, non significa affatto che  la nostra meraviglia non sia giustificata.

***
Sono invece perfettamente d'accordo (almeno per come la vedo io) con le tue successive considerazioni, che, finalmente, trovo:
- comprensibili;
- condivisibili.
"Sarebbe come se, nel contemplare un lussureggiante panorama trovandolo meraviglioso, pensassimo che qualcuno - prima del nostro arrivo - lo abbia confezionato pensando a soddisfare il nostro senso ESTETICO il quale invece - assieme al concetto UMANO di ORDINE e di ARTE - è creazione solo posteriore alla NOSTRA "EVOLUZIONE".
Anche secondo me è così (sebbene altri non la pensino come noi).

***
Così come condivido in pieno anche la tua conclusione:
"Noi troviamo bello, meraviglioso, ordinato, sensato solo ciò che - pur essendo stato generato magari in mancanza di intenzioni - CI PIACE o CI GIOVA o CREDIAMO DI POTER CAPIRE IN TERMINI DI RELATIVITA' UMANA." 
Anche secondo me è così (sebbene altri non la pensino come noi).

***
Detto questo, però, non capisco minimamente:
- cosa c'entri questo con il mio TOPIC;
- cosa c'entrino le tue comprensibili e condivisibili conclusioni, con le tue poco comprensibili e poco condivisibili premesse.
Per me: "Non sequitur!"

***
Un saluto! :)
#4618
Ciao Iano. :)
Una volta che, nata la vita, sia solo questione di tempo prima che essa diventi intelligente, è sicuramente possibile ma è pure molto opinabile, in quanto:
a)
Delle sette diverse forme di vita esistenti sulla terra, in quasi quattro miliardi di anni soltanto quella animale è riuscita, infine, ad esprimere una specie di vita intelligente (per un periodo molto breve, sinora).
b)
Ci è riuscita per puro miracolo, perchè più volte in quattro miliardi di anni, l'intera vita è stata ad un passo dall'estinzione "totale" (come nel Permiano, 251,4 milioni di anni fa).

***
Quanto al fatto che la vita sulla terra sia nata una sola volta, così sembra inequivocabilmente risultare dai reperti paleontologici.
In ogni caso, è certo che, almeno da qualche miliardo di anni, ciò non si è più verificato, perchè le condizioni ambientali non avrebbero più consentito che ciò si verificasse; ed infatti, sebbene si sappia solo con molta approssimazione come la vita, 3,9 miliardi di anni fa, sia scaturita dalla materia inerte, si sa invece con molta maggior certezza quali erano le condizioni ambientali che (allora) lo hanno consentito.
Le quali, oggi come oggi, e da miliardi di anni in qua, non si sono più ripresentate!

***
Ed invero un tempo si riteneva che gli esseri viventi più semplici, potessero tutt'ora nascere spontaneamente dal fango o da carcasse in putrefazione;  ma ormai, nessuno mette più in discussione la "biogenesi", e, cioè, che la vita può generarsi solo a partire da altri esseri viventi (a cominciare dagli inequivocabili esperimenti di Francesco Redi e di Lazzaro Spallanzani).

***
Hai invece ragione nel dire che, se siamo invasi dagli alieni come facciamo a dare per scontato di poterli percepire?
Ed infatti, allo stesso modo, se i nostri boschi fossero affollati di elfi e di gnomi, come facciamo a dare per scontato di poterli percepire?
Però, il fatto di non poter dimostrare che una cosa "non c'è", non dimostra affatto che quella cosa "ci sia" sul serio!
Vedi il mio TOPIC "La mano e la moneta".
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-mano-e-la-moneta/
Ma non era mia intenzione discuterne anche in questo TOPIC, il cui oggetto era ben diverso.

***
Quanto al concetto di intelligenza, in effetti, esso è molto opinabile; come io stesso, dopo essere stato battuto "intellettivamente" da uno scimpanzè nel "test" della nocciolina, ho argomentato nel mio TOPIC "L'intelligenza e la stupidità".
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'intelligenza-e-la-stupidita'/
Ma non era mia intenzione discuterne anche in questo TOPIC, il cui oggetto era ben diverso.

***
Quanto al fatto che noi diamo per scontato che se avessimo avuto un contatto con gli alieni ne avremmo sicuramente consapevolezza, in effetti, io la penso proprio così; così come i pellerossa hanno a loro volta avuto (purtroppo) perfetta consapevolezza del loro contato con i coloni inglesi...nè poteva essere altrimenti.
A meno che i i coloni inglesi fossero impercepibili, ovvero grandi come formiche.
Ma questo è un modo di ragionare assolutamente:
- non dimostrativo;
-  fallace;
- paralogistico; 
come da me argomentato nel mio TOPIC "La mano e la moneta".
Si tratta solo di un "sofisma"!
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-mano-e-la-moneta/
Ma non era mia intenzione discuterne anche in questo TOPIC, il cui oggetto era ben diverso.

***
Cosa voglia dire, poi,  che si tratta di "una questione di pratica umiltà più che di intelligenza", mi sfugge completamente il senso di una tale affermazione!

***
Un saluto :)
#4619
C'è vita (intelligente) nel resto dell'universo?
Esaminiamo, al riguardo, il paradosso di Fermi, l'equazione di Drake, nonchè le più recenti teorie di Berezin, e  dell'University of Humanity Institute della Oxford University (Anders Sandberg, Eric Drexler, Toby Ord),

LE "CHANCE" NUMERICHE
L'Universo "conosciuto", per non considerare quello "sconosciuto" (che è molto più vasto):
- contiene circa duemila miliardi di galassie simili alla nostra;
- solo nella nostra, che non è tra le più grandi, ci sono tra i 100 e i 400 miliardi di stelle;
- ogni stella della nostra galassia, e tutte quelle dei duemila miliardi di galassie simili alla nostra, sono potenzialmente al centro di un sistema planetario di una dozzina di pianeti in media.
Per cui, anche se la vita sulla Terra è indubbiamente il risultato di circostanze molto fortunate - casuali o volute da Dio- i fantasmagorici numeri di cui sopra lascerebbero supporre che il cosmo sia, di fatto, costellato di "esseri viventi".

***
QUALI ESSERI VIVENTI?
Già, ma quale genere di  "esseri viventi"?
Solo sul nostro pianeta, infatti, ce ne sono di ben sette tipologie, molto diverse tra di loro:
1)
Bacteria
2)
Archaea
3)
Protista
4)
Chromista
5)
Fungi
6)
Animalia
7)
Plantae
Noi, di solito, ci limitiamo (come Linneo) a considerare solo gli ultimi due, cioè "animali" e "piante"; ma la vita, sulla Terra, è molto più varia.
Figuriamoci nel resto dell'Universo, sembra lecito supporre!

***
Dal nostro punto di vista umano, però, la differenza più importante che facciamo nell'ambito delle creature viventi non è tanto di carattere "tassonomico" (come sopra), quanto, piuttosto, di carattere "intellettivo", in quanto noi le suddividiamo in:
- creature intelligenti (noi)
- creature non intelligenti (tutte le altre)
Il che, è, almeno a mio parere, è errato, perchè la differenza intellettiva tra i vari animali è di carattere "quantitativo" e non certo di carattere "qualitativo"; ed invero, anche non essendo uno scienziato, chiunque è in grado di rendersi conto che la differenza intellettiva che intercorre tra uno scarafaggio ed uno scimpanzè, è smisuratamente maggiore della differenza intellettiva che intercorre tra uno scimpanzè ed un uomo (sebbene quest'ultima sia indubbiamente notevolissima).
Per non parlare delle differenze intellettive tra le diverse specie di uomo; le quali, però, possono essere ricostruite solo dai manufatti preistorici,  in quanto, molto intelligentemente, la nostra specie ha provveduto all'estinzione di tutte le altre.

***
A questo punto, si potrebbe cominciare a disquisire:
- circa il fatto che si suppone che noi abbiamo un'"anima", mentre gli "animali" no (nonostante la contraddizione semantica);
- circa il fatto che noi umani abbiamo realizzato molte più cose, di quante non ne abbiano realizzate gli scimpanzè rispetto agli scarafaggi (sebbene tale criterio possa risultare discutibile);
e molto altro ancora!
Ma non è questo il tema del mio TOPIC, per cui, ai nostri fini, per cortesia, limitiamoci al concetto di più comune accezione.
Quindi, veniamo finalmente al tema.

IL PARADOSSO DI FERMI
Il paradosso di Fermi non riguarda tanto la vita in quanto tale, nelle sue varie forme, quanto quella "intelligente"; come noi, o anche di più.
Al riguardo, infatti, per dirla in sintesi, Fermi si chiedeva: "D'accordo, i fantasmagorici numeri di pianeti dell'universo lascerebbero supporre che il cosmo sia, di fatto, affollato di "esseri viventi", tra i quali, inevitabilmente anche quelli "intelligenti. Ma dove diamine sono finiti questi ultimi? Se ce ne fossero, alcuni di loro (almeno i più dotati) ci avrebbero fatto visita di persona, o, quantomeno, ci avrebbero comunicato in qualche modo la loro esistenza...e invece niente!"

***
Sul dilemma appena esposto - detto il Paradosso di Fermi - si sono cimentate le menti dei più geniali scienziati dell'ultimo secolo, e le possibili soluzioni non mancano: c'è chi dice che gli alieni siano "in letargo", o sepolti sotto croste di ghiaccio; chi sostiene siano bloccati da ostacoli di varia natura, e chi pensa siano già esistiti, ma che non ci siamo incrociati.

***
L'EQUAZIONE DI DRAKE
Nel 1961 l'astrofisico statunitense Frank Drake formulò la seguente equazione (nota anche come formula di Green Bank), che è stata formulata per stimare il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di comunicare nella nostra galassia:
N = R * Fp * Ne * Fl * Fi * L
Laddove:
- N   è il numero di civiltà extraterrestri presenti oggi nella nostra Galassia con le quali si può pensare di stabilire una comunicazione;
- R*   è il tasso medio annuo con cui si formano nuove stelle nella Via Lattea;
- Fp    è la frazione di stelle che possiedono pianeti;
Ne   è il numero medio di pianeti per sistema planetario in condizione di ospitare forme di vita;
Fl    è la frazione dei pianeti ne su cui si è effettivamente sviluppata la vita;
Fi    è la frazione dei pianeti fl su cui si sono evoluti esseri intelligenti;
Fc    è la frazione di civiltà extraterrestri in grado di comunicare;
L    è la stima della durata di queste civiltà evolute.
Lo scienziato italiano Claudio Maccone, recentemente, viste le nuove scoperte di stelle, ha aggiornato tale equazione, traendone la conclusione che il numero ipotetico è compreso tra 0 e 15.785, con una media approssimativa di 4.590; cioè, circa un migliaio in più rispetto alla classica equazione di Drake.
Si tratta, però, di una formula, sia pure aggiornata, che, a mio parere, è basata su molti elementi del tutto "ipotetici" (alcuni del tutto "congetturali"); le cui conclusioni, quindi, a me sembrano molto opinabili.

LA TEORIA DI BEREZIN
Più recentemente, un fisico russo, Alexander Berezin della National Research University of Electronic Technology (MIET), ha proposto una nuova ipotesi, denominata "First in, last out" ("il primo che entra è l'ultimo a uscire"); cioè, secondo la sua teoria,  una volta che una specie aliena più intelligente delle altre arriva a sviluppare le capacità di viaggi interstellari, finisce inevitabilmente per "liquidare" tutte le altre esistenti in quel momento, nei suoi tentativi di espansione.
Cioè, osservo io, un po' come hanno fatto le varie specie di "homo", che, di volta in volta, si sono espanse sul pianeta Terra, "eliminando" le precedenti specie di "homo" meno evolute.
Secondo Berezin, tuttavia, nello spazio siderale la cosa sarebbe stata un po' diversa, trattandosi di differenze molto più spiccate di quelle tra le varie specie di "homo" (come sopra ipotizzavo io); ed infatti, secondo lui, una popolazione talmente evoluta da varcare i confini della propria stella potrebbe non accorgersi nemmeno dell'esistenza di altre forme di vita, perché poco interessata a tenerne conto, nella sua corsa alla espansione spaziale.
Al riguardo scrive: "Non ci noterebbero neanche, così come una squadra di demolizione non si accorge di un formicaio mentre costruisce un condominio."
Quindi noi siamo formiche, che aspettano solo di essere calpestate?
No, secondo Berezin, siamo invece proprio noi futuri distruttori di quei mondi che sembriamo cercare; cioè la civiltà umana potrebbe essere la prima a raggiungere le competenze per viaggi interstellari, quindi, probabilmente, sarà anche l'ultima a sparire.
A mio parere, l'ipotesi di Alexander Berezin è teoricamente possibile; ma, sinceramente, a me sembra un po' troppo congetturale ed ai limiti della fantascienza.
Come i romanzi del suo connazionale Isaac Asimov; di cui, da ragazzo, ero un appassionato lettore.

***
LA TEORIA DI SANBERG, DREXLER e ORD.
Ancora più recentemente, uno studio, prodotto dall'University of Humanity Institute della Oxford University, secondo nuovi calcoli, giunge alla conclusione che è molto probabile che gli umani siano i soli esseri viventi (oltre che intelligenti) che si trovano nell'universo; almeno quello osservabile.
La nuova ricerca, pubblicata in un articolo dal titolo "Dissolving the Fermi Paradox", rivaluta dunque questo paradosso e lo fa dando un nuovo sguardo alle equazioni di Drake, negli ultimi anni messa un po' da parte in quanto tacciata di troppo semplicismo e considerata troppo di parte nel tentativo di dimostrare che, data l'enorme vastità dell'universo e l'enorme numero di pianeti, la vita nel cosmo sia cosa comune.
Ed infatti, come pareva anche a me "a naso", l'equazione di Drake, così come altre proposte simili, assume implicitamente un livello troppo alto di certezza riguardo a parametri che invece sono altamente incerti (e, direi, "sconosciuti").
Ed infatti, esaminando in dettaglio questi parametri, e prendendo in essere modelli di transizioni chimiche e genetiche per quanto riguarda i percorsi all'origine della vita, i tre studiosi sono convinti che il livello di incertezza al riguardo sia davvero troppo grande, per presumere che possa ripetersi in altre parti dell'Universo; per quanto sterminato esso sia.
Sandberg, peraltro, sottolinea anche l'aspetto psicologico della faccenda, quando ci si trova di fronte ad un'equazione come quella di Drake: ed infatti se si è fiduciosi riguardo alla possibile esistenza di vita extraterrestre, è facilissimo ottenere stime ottimistiche.
Il che corrisponde alla "prima legge di Eutidemo", la quale  recita: "Il desiderio di credere che una cosa sia vera, è inversamente proporzionale alla probabilità che essa effettivamente lo sia."
Come l'esperienza mi ha insegnato più volte!

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Per consolarci, però, lo stesso team di scienziati dell'University of Humanity Institute della Oxford University, ci ha tenuto a precisare che queste conclusioni non significano che l'umanità sia sola nell'universo in quanto a vita intelligente o che non si troverà mai traccia di civiltà extraterrestri, sia passate che presenti; ed infatti, la conclusione dello studio dovrebbe solo lasciare intendere che, con le conoscenze che abbiamo oggi, bisogna essere molto più prudenti e che l'unica stima intelligente da fare oggi è che l'umanità è l'unica specie intelligente in tutta la Via Lattea.
E che non dovrebbe neanche sorprenderci se lo fossimo anche in tutto il resto l'universo osservabile.

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A me, a dire il vero, la cosa non sorprenderebbe affatto, in quanto:
- lo scaturire della vita dalla materia inerte, è un risultato così sorprendente, che, nella storia del nostro pianeta, si è verificato "una volta sola", per un concorso di eccezionali combinazioni ambientali, che poi, per miliardi di anni (e tutt'ora) non si è mai più verificato, e che, probabilmente, non si verificherà mai più.
- lo scaturire della vita intelligente di tipo umano, dalla già straordinaria vita animale pura e semplice, è un risultato così notevole, che, nella storia del nostro pianeta, si è verificato "una volta sola", nell'ultimo scorcio della "storia della vita" sul pianeta terra.
Cioè, è come se una scimmia avesse lanciato in aria migliaia di tasselli dello scarabeo, e questi, ricadendo a terra, avessero formato il testo dell'Eneide; e poi, tirandoli di nuovo in aria, avessero pure formato il testo della Divina Commedia.
E' già un miracolo che questo sia accaduto, una duplice volta, in un punto sperduto della Via Lattea; ma che sia accaduto altre volte anche altrove, a me sembra alquanto improbabile.

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Ovviamente, se, come nelle antiche tragedie, facciamo calare dall'alto il provvidenziale "deus ex machina", tutto si risolve facilmente; è una soluzione che a me sembra un po' troppo comoda, però non la escludo affatto!

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#4620
Attualità / Re:Sanremo 2020, lo seguirete?
06 Febbraio 2020, 07:09:55 AM
Citazione di: Lady Joan Marie il 05 Febbraio 2020, 20:54:37 PM
Citazione di: Eutidemo il 05 Febbraio 2020, 15:35:46 PMVabbè che è stato ammazzato dal fratello, ma non mi pare un buon motivo per averlo fatto addirittura santo! ;D
Scusa a chi ti riferisci?

A Romolo e Remo :D