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Messaggi - Eutidemo

#4621
Attualità / Re:Sanremo 2020, lo seguirete?
05 Febbraio 2020, 15:35:46 PM
Vabbè che è stato ammazzato dal fratello, ma non mi pare un buon motivo per averlo fatto addirittura santo! ;D
#4622
Citazione di: viator il 05 Febbraio 2020, 12:01:11 PM
Salve Eutidemo. Come sempre la tua sapienza e la tua buona volontà risulterebbero degne di migliori cause. Così da ignorante in materia ed andando a sensazione, io credo che la corporazione dei Magistrati (i quali, in qualità di membri d'èlite di uno dei tre POTERI dello Stato, notoriamente tutti (sic!!!!) autonomi (sic!!!) e quindi non soggetti agli obblighi comuni e volgari, sopperiti dall'etica professionale e dal senso dello Stato e del dovere (tipo orario di lavoro e timbrature cartellini))............credo, dicevo che non "lavori" mediamente più di quindici-venti ore a settimana.

Se a ciò aggiungiamo la pura e semplice coincidenza connessa al fatto che più dura un processo più gli avvocati "di fiducia" (trovo rivoltante una simile espressione - anche loro Professionisti del Diritto rapiti da una disinteressata vocazione)...........più gli avvocati, dicevo, tendono ad introitare........ Saluti.

Proprio per questo motivo, visto che anche le tempistiche medie dei nostri processi sono più lente di quelle degli altri Paesi civili, il giudice che non riesce a rispettare nemmeno quelle, secondo me, dovrebbe essere sanzionato in modo progressivamente più severo in base al suo accumulo di successivi ritardi; sino al licenziamento, se supera il doppio dei tempi medi.
Ovviamente, salvo oggettive circostanze giustificative del ritardo, che non dipendano da lui.
#4623
Circa l'attuale diatriba "prescrizione sì "prescrizione no", per quello che può valere (cioè molto poco), vorrei prospettare una mia personale idea di soluzione al riguardo, tale che:
- si tenga conto dell'art.111 della Costituzione, il quale prevede che  la legge deve assicurare la "ragionevole durata" del processo;
- si tenga conto  dell'"abuso" che spesso si fa di tale previsione da parte dei colpevoli, i quali, sapendo di poter molto difficilmente ottenere l'assoluzione, mirano, con espedienti dilatori, a cavarsela con la prescrizione.

***
PREMESSA
Prima di entrare in tema, considerato che il concetto di "ragionevole durata del processo" può essere soggetto a varie interpretazioni, in base alla massima di Protagora: "Anthropos metron panton chrematon estì" ("L'uomo è misura di tutte le cose"), personalmente ritengo che, al riguardo, sarebbe opportuno partire dai dati "attualmente" il più possibile concreti ed oggettivi, e rispondenti alla realtà effettiva delle cose; sebbene si tratti di dati che, per quanto riguarda l'Italia, si dovrebbe provvedere a migliorare quanto prima (il "come", dovrebbe formare oggetto di un altro apposito approfondimento).

***
Ora, i dati il più possibile concreti ed obiettivi ci dicono che la durata media dei processi penali, misurata nelle sezioni ordinarie dei tribunali, è pari:
- a 707 giorni quando il rito è collegiale (cioè a giudicare sono più magistrati, di regola tre);
- a  534 giorni quando il rito è monocratico (un singolo magistrato).
Il dato è calcolato sulla base della formula elaborata dalla Cepej, ovvero la commissione del Consiglio d'Europa che si occupa di efficienza della giustizia; per il cosiddetto "Disposition time", cioè appunto il tempo necessario ad arrivare a una decisione definitiva sul caso in primo grado.

***
Ciò premesso, occorrerebbe poi estrapolare le statistiche:
- a seconda della durata media dei processi di di secondo grado e della Cassazione;
- a seconda del tipo di reato;
- a seconda della gravità della pena, ecc..
Ma, per il momento, sorvoliamo ed atteniamoci ai dati generali.

***
Ciò premesso, a mio personale giudizio, la prima riforma da fare dovrebbe essere quella del "dies a quo" della prescrizione del reato, e, cioè, della data da cui essa comincia a decorrere; attualmente, infatti, il giorno da cui decorre il termine della prescrizione del reato è quello in cui si assume che sia stato commesso il "fatto" di reato.
Il che, a mio avviso, costituisce una colossale stupidaggine, ed è la prima causa della prescrizione dei reati, in quanto riduce eccessivamente il tempo a disposizione dei giudici per poter emettere una sentenza; anzi, in materia fiscale (e non solo), la cosa diventa in concreto quasi impossibile.
A mio parere, invece, la prescrizione dovrebbe cominciare a decorrere dal  giorno in cui l'autore del fatto è stato individuato:
- o con l'inizio delle indagini;
- o con un primo atto giudiziario di accusa;  
- o addirittura con il rinvio a giudizio.  
Personalmente, io propendo per la terza ipotesi, ma se ne può discutere.

***
Una volta stabilito questo, il "dies ad quem", cioè il termine finale della prescrizione, secondo me dovrebbe coincidere con un tempo doppio di quello della durata media di quel particolare tipo di processo (a seconda della gravità della pena, del reato, ecc.).
Ad esempio, se la durata media nazionale di quel particolare tipo di processo è di 600 giorni:
- se entro tale termine il giudice non ha ancora deciso, la prescrizione non dovrebbe ancora  intervenire, ma il magistrato incaricato (salvo documentate e plausibili giustificazioni) dovrebbe essere progressivamente sanzionato -in modo sempre più grave- per ogni successivi 100 giorni di ritardo.
- se, infine, entro 1200 giorni (il doppio della durata media) il giudice non avesse ancora deciso, allora dovrebbe intervenire la prescrizione ed il magistrato incaricato (salvo documentate e plausibili  giustificazioni) dovrebbe essere sanzionato, se non con il licenziamento, almeno con le sanzioni massime previste per il "ritardo di atti d'ufficio".

***
Una volta intervenuta la sentenza, criteri analoghi dovrebbero valere sia per il secondo grado che per la Cassazione, facendo ripartire i termini di prescrizione dall'inizio di ciascun procedimento.

***
Ovviamente, a parte una prevedibile resistenza "corporativa" della magistratura per quanto concerne le sanzioni, e della opinabilità della durata dei termini, la mia idea è stata qui esposta, per ragioni di spazio, in materia davvero molto -e forse "troppo"- semplicistica; ed infatti, ci sono aspetti molto delicati che dovrebbero essere approfonditi molto meglio di quanto io non abbia fatto qui, in queste poche sommarie righe.

***
Ad esempio, collegare le sanzioni ed i tempi di prescrizione dei "reati" (e, o dei "processi", ) alla "durata media effettiva" nazionale dei processi stessi, non è poi così semplice come può apparire, in quanto:
1)
Una soluzione del genere potrebbe risultare in contrasto con il principio della "riserva di legge", inserita nella Costituzione, la quale prevede che la disciplina di una determinata materia sia regolata soltanto dalla legge primaria e non da fonti di tipo secondario; per cui, bisognerebbe trovare un modo per "legalizzare" o "normativizzare" il riferimento alla durata media del processo; il che, secondo me, non è affatto facile.
2)
Ciò, anche considerando che le durate medie dei processi, con una riforma del genere, dovrebbero auspicabilmente migliorare, con conseguente necessità di adeguamento dei termini prescrizionali "time by time"; il che, in effetti, è un tantino complicato da realizzare "a montante" e "normativizzare", però ritengo che, con un po' di buona volontà, la cosa dovrebbe risultare possibile.
3)
Una soluzione del genere, peraltro,  urterebbe contro le posizioni più radicali, le quali:
- da una parte non vogliono sentir parlare di prescrizione;
- dall'altra non vogliono sentir parlare per niente di una riforma della prescrizione.
4)
Come già detto, una soluzione del genere, comporterebbe una prevedibile resistenza "corporativa" della magistratura per quanto concerne le sanzioni.
5)
Non sarebbe molto facile, stabilire quali potrebbero essere la "cause di giustificazione" del ritardo.

E molto altro ancora, che, qui, per ragioni di tempo e spazio (e di pazienza di chi legge), mi astengo dall'esaminare.

***
#4624
Ciao Bob :)
Prendo atto, oggettivamente, che, il tuo continuo riferimento al tuo '"io",  manifestando o meno la contraddizione della "tua" volontà rispetto a quella di Dio, dimostra con tale evidenza che anche tu sei così  convinto di esistere e di avere una tua libera volontà propria, da non meritare più di continuare a discuterne. ;)

***
Ed infatti:
- se tu davvero pensassi di non esistere, non avrebbe senso, per te, parlare di "io", di "mio" o di "tuo", perchè sarebbe una evidente contraddizione in termini;
- se tu davvero pensassi di esistere, ma di essere privo di una "tua" volontà,  non avrebbe senso, per te, parlare di una una "tua" volontà in contrasto con quella di Dio, perchè se uno è privo di volontà, questa non esistendo, non può essere nè in contrasto nè in accordo con quella di Dio; ed anche questa sarebbe un'altra evidente contraddizione in termini. ;)

***
L'esempio di Belen era scherzoso, però  era assolutamente pertinente  al fine di esemplificativamente dimostrare come non tutto ciò che si vuole, si può realizzare, se è in contrasto con una prevalente volontà altrui; sia essa quella di Belen ovvero quella di Dio;)

***
Sì, penso davvero di poter desiderare qualcosa che non corrisponde affatto alla volontà di Dio, e che i miei pensieri siano davvero miei, cioè del mio "io"; ed  invero, se non bastasse il fatto (se ci si crede) che è stato lo stesso Dio della Bibbia a confermarlo ripetutamente, me lo direbbe l'evidenza stessa delle cose! ;)

***
Questo è il mio  ultimo tentativo.
Ed infatti, con il discorso che fai sulla "tua" fede nella "tua" Verità (per giunta contraddittoria, perchè le tue conclusioni non "legano" con le tue stesse premesse), i miei ultimi dubbi si sono ormai dileguati; ed infatti, contraddittorietà a parte, non posso assolutamente accettare il principio per il quale la "tua" fede nella "tua" Verità debba essere di rango superiore alla mia, o a quella di chiunque altro. ;)
E questo è davvero triste, ma tant'è... :(

***
Un saluto! :)
#4625
Ciao Bob. :)
Hai compreso perfettamente ciò che intendevo dire con "non cade foglia che Dio non voglia".
Nel senso che:
- noi siamo liberi, in quanto siamo liberi di volere e di agire come preferiamo;
- però  avviene solo ciò che Dio vuole, a volte in conformità a quello che noi vogliamo, e a volte no.

***
Ad esempio:
- Giuda decise lui di tradire, sebbene questo rientrasse nel disegno divino;
- Caifa, dicendo "meglio che muoia un sol uomo, purchè il popolo viva", di fatto profetò quello che doveva accadere secondo la volontà divina, sebbene lui volesse intendere una cosa diversa.

***
L'io è perciò caratterizzato dalla libera volontà, con piena libertà nell'agire effettivo nel mondo; però non è detto che la sua volontà possa sempre concretizzarsi, se Dio non vuole.
L'uomo, cioè, è padrone della sua volontà e dell'azione che ne consegue, ma non del frutto dell'azione.

***
Non è affatto vero, quindi, come tu scrivi, che questa ipotetica libera volontà, non ha alcun modo di manifestarsi, perchè, invece, può manifestarsi in azione come e quando vuole; il fatto che, poi,  si verifichi solo ciò che Dio vuole,  non significa affatto che la volontà umana sia una illusione.

***
Ed invero, a parte la volontà di Dio, come ho già scritto, tu continui a confondere  il concetto di "volere" con quello di "poter ottenere sempre ciò che si vuole".
Mi ero spiegato con un esempio semplice semplice:
- io "posso" benissimo "voler" andare a letto con Belen (al riguardo la mia volontà è liberissima), e nessuno mi impedisce di provarci;
- tuttavia, sebbene io "possa" benissimo "voler" andare a letto con Belen e provarci, è però  molto difficile che la mia "volontà" possa concretamente realizzarsi...sebbene non sia escluso.
In effetti, questo dipende anche:
- da Belen;
- soprattutto da Dio.
Ed infatti, senza un Suo miracolo, temo proprio che il mio desiderio non potrebbe realizzarsi MAI.

***
In ogni caso non mi pare affatto di aver preso una parte del tuo discorso, per usarla per i miei fini a prescindere dalle tue effettive intenzioni e dal resto del tuo discorso.
Ed infatti, quando tu scrivi:
------------------------------------------------
Chi è infatti che accetta se non io?
Chi è che può riuscire oppure no a distaccarsi, se non io?
Questo distacco non dipende forse dalla libera volontà del mio io?"
------------------------------------------------
mi pare di tutta evidenza che tu riconosci in pieno che esiste un "io" individuale, con una sua volontà di distacco ed accettazione...altrimenti le tue premesse non avrebbero senso.

***
Quando alla fede nella Verità, non vedo perchè la mia dovrebbe essere di un rango inferiore della tua. ;)
Ed infatti, a mia volta, potrei eccepirti che la fallacia dei tuoi ragionamenti, dipende dal fatto che tu non non hai fede nella "mia" verità; oltre che nella carente consequenzialità della tua stessa logica. ;)

***
Un saluto! :)
#4626
Ciao Bob :)
A mio avviso, l'"accettazione" comporterebbe con sé una "contraddizione", solo partendo dal presupposto (come facevi tu) che l'"io" non esista.

***
Tu stesso, però, adesso, finalmente, ammetti con onestà tale contraddizione, molto perspicuamente  osservando:
-----------------------------------------------
"Chi è infatti che accetta se non io?
Chi è che può riuscire oppure no a distaccarsi, se non io?
Questo distacco non dipende forse dalla libera volontà del mio io?"
------------------------------------------------
Le tue tre intelligenti domande retoriche, non hanno che una risposta univoca: "SI'".
- sì, è ovviamente il mio "io" che accetta, quindi esiste;
- sì, questo distacco dipende ovviamente dalla libera volontà del mio io, che, quindi, esiste;
- sì, è ovviamente il mio "io" a distaccarsi, e, quindi esiste.
Mi fa molto piacere che tu, alla fine, sia d'accordo con me sul fatto che, purtroppo, l'"io" individuale esiste, eccome!

***
Siamo anche d'accordo che è difficile "distaccarsi", almeno entro fino ad un certo limite; ma, come giustamente scrivi, il provarci o meno dipende da noi
Ovviamente "uti singuli", seppure con l'aiuto di Dio!

***
Circa la volontà dell'Uno, è chiaro che io posso senz'altro "volere" diversamente da Lui, altrimenti il problema non si porrebbe; è ovvio!
Ed invece il problema si pone, eccome, perchè quella di Dio è una volontà "metafisica" oltre che "fisica" ("in cielo" ed "in terra" appunto), mentre quella delle sue molteplici manifestazioni, cioè gli "io" individuali, è meramente "fisica", e quindi può benissimo divergere dalla Sua; intendo dire che può essere diversa la nostra "volontà", ma, ovviamente, non certo l'"effetto" da noi "voluto", se è in contrasto con la Sua Volontà, in quanto noi siamo padroni dell'azione, ma non del frutto dell'azione!
Ed infatti, come giustamente scrivi tu, "non può cadere una foglia che Dio non voglia"; l'uomo può benissimo "volerlo", però non è detto che, dopo averlo "voluto", possa anche "ottenerlo".
Un conto è "volere" ed un altro conto è "poter ottenere"!

***
E' questo il vero senso dell'"accettazione": aspirare liberamente a ciò che ci sembra meglio per noi, ma accettare comunque la volontà di Dio, quale che essa sia.
Non a caso lo stesso Gesù, come "uomo", pregò: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la MIA, ma la TUA volontà".Vangelo secondo Luca. 22, 39-46)
E' la volontà "fenomenica", che cede ed accetta quella "noumenica"!

***
Meister Eckhart dice che se io mi distacco completamente, Dio è "obbligato" a intervenire, perchè (al di là dell'iperbole), è ovvio che se io accetto la volontà di Dio, Lui è logicamente "obbligato" ad esaudirla; ed infatti, come mai potrebbe non esaudire la Sua stessa volontà?
Ed invero chi riuscisse davvero a fare il vuoto della propria volontà (cosa quasi impossibile), sarebbe tutt'uno con Dio; così come un'onda che si spegne, diventa tutt'uno con il mare...e non può che seguirne la corrente.

***
La mia volontà, la volontà del mio io, sicuramente c'è; e il distacco avviene, se avviene, per esclusiva volontà, o meglio, GRAZIA, di Dio
Ma chi sono allora "io"?
Sono un estemporaneo epifenomeno dell'ESSERE, destinato, un giorno, a diventare un solo Spirito con Lui, come scrive San Paolo.
Come e quando?
Come scritto nella Bibbia,  Dio dice: "Tu non puoi vedere il mio volto, perché l'uomo non può vedermi e vivere"(Esodo 33:20).

Un saluto! ;)
#4627
Ciao Altamarea. :)
A mio parere, Meister Eckhart,  scrivendo: "Solo la mano che cancella può scrivere la verità", intendeva dire che solo attraverso la "negazione" dei suoi attributi  può giungersi  "apofaticamente" a Dio; così come sosteneva Dionigi l'Aeropagita, la cui Weltanschauung è praticamente onnipresente nella pensiero di Eckhart. 
Non penso affatto che, con tale frase, Eckhart si riferisse minimamente alla modalità migliore di esposizione scritta.

***
Quanto al fatto che è proprio togliendo dal masso di pietra che lo scultore crea la statua, questo mi ricorda molto quanto, una volta, disse Michelangelo: "Non ha l'ottimo artista alcun concetto,        che un marmo solo in sé non circonscriva col       suo superchio, e solo a quello arriva        la man che ubbidisce all'intelletto."
Questa frase, invece, a mio parere, può benissimo riferirsi, indirettamente anche alla modalità di esposizione scritta; così come la tua citazione di Johannes Brahms

***
Tuttavia, a livello di esposizione scritta, per essere troppo sintetici e minimalisti, si corre il rischio di finire per risultare poco chiari; ed infatti, come scriveva Orazio :"Brevis esse laboro, obscurus fio",  cioè, se si cerca di essere troppo brevi ed icastici, spesso si finisce per risultare oscuri.

Un saluto! ;)
#4628
Ciao Bob. :)
Su questo, finalmente, sono pienamente d'accordo con te, senza "se" e senza "ma": ed invero, l'unico modo per superare l'insopportabilità dell'esserci, almeno se si sceglie di restare vivi, non consiste nel rifiuto bensì nell'accettazione.
Cioè, nell'accettare tutto ciò che avviene, in quanto manifestazione dell'Uno, sia fuori che dentro di noi, ed osservare, stoicamente distaccati; se ci si riesce!

***
Per questo io non sono superstizioso e non credo alla cosiddetta "malasorte"; ed infatti, se Dio esiste (come spero), tutto ciò che accade è Sua Volontà, e, quindi, può comportare indubbiamente dolore e sofferenza, però non è mai "cattiva" sorte.

***
Concordo in pieno anche sulla tua conclusione, sebbene sia molto arduo riuscire a "realizzarlo": Tat tvam asi. 

Un saluto! :)
#4629
Ciao Bob :)
Hai capito perfettamente che, ciò che io più desidero, è il "non esserci"; o, per essere più circostanziati:
- il "non esserci" mai stato (il che, purtroppo, è ormai impossibile);
- il "non esserci" adesso;
- il "non esserci" in futuro.

***
Quanto al pensiero logico-razionale, è un dato di fatto, oltre che logico e di buon senso, che le cose ci sono, oppure non ci sono: "tertium non datur"!
Se vedi un'onda, finchè si erge sul mare, indubbiamente "c'è" (o meglio "esiste")...e dopo un po' "non c'è più"; però non ho mai visto un'onda esserci e non esserci nello stesso tempo.
Ovviamente, il mare "c'è" prima, durante e dopo l'onda, pur non essendo alcuna onda, ed essendole tutte; e così è l'ESSERE, il quale, essendo"intra omnia non inclusum, extra omnia non exclusum, supra omnia non elatum, infra omnia non prostratum" <<è>> "TUTTO in tutte le cose", ma "<<non esiste>> per NIENTE in nessuna cosa"!
Solo in questo senso io riesco a condividere la tua equiparazione di "TUTTO" e "NIENTE", non in altro modo!.

***
Quanto al fatto che il Nulla assoluto non riguarda tanto il pensiero logico, quanto, piuttosto riguarda l'Etica, mia sembra una affermazione corretta, ma riduttiva; e, infatti se c'è il Nulla assoluto, non può esserci, ovviamente, nessuna Etica, nessuna Ippica, nessuna Nautica, ecc. , per il semplice fatto che non c'è nessuno che possa praticarle.
Ed infatti, l'"etica", è costituita dal comportamento "pratico" dell'uomo di fronte ai due concetti umani del "bene" e del "male", a livello fenomenologico; e, in fondo, non è molto diversa dalla attitudine "etologica" degli altri animali superiori, i quali (sia pure a livello più elementare e meno elaborato del nostro) propendono anch'essi per determinati comportamenti nei confronti dei loro simili, mentre ne disdegnano altri.
Ad esempio, sia all'"homo sapiens" che all'"oca cinerina" ripugna l'"incesto", per specifiche ragioni "selettive" che, nei confronti di altri animali non entrano in gioco; e, in questo, non ci vedo assolutamente niente di "qualitativamente" differente, nè alcunchè di "metafisico".
Se poi vogliamo intendere il termine "etica" in modo ellittico, poetico, retorico e metaforico, allora il discorso cambia; però, allora, bisogna spiegare meglio a che cosa ci si riferisce.

***
Il che vale anche per il resto, quando scrivi che "...il Nulla è una possibilità ineludibile che prescinde dall'esserci o dal non esserci", perchè, a livello semantico, se non sei nulla, allora vuol dire che non ci sei; a meno che al termine "nulla", non si voglia attribuire un significato specifico, fornendolo di un "predicato" esplicativo come fa Eckart (nulla di qualcos'altro).
Ed invero non c'è niente di male, se ci si mette previamente d'accordo, a denominare "nocciolo" la "polpa""; però, come ho detto, bisogna prima mettersi d'accordo nel chiarire che, per "nocciolo", si intende la "polpa" di un determinato argomento, nel caso in cui esso sia più facilmente appetibile per un soggetto inappetente.

***
Lo stesso dicasi anche per altre tue successive espressioni, molto "icastiche" e "ad effetto", ma anche molto poco chiare (almeno per me), come:
"Posso benissimo continuare ad esserci, sebbene in balìa del Nulla! Perché niente ha in definitiva valore. Il Bene è solo una pia illusione. Non vi è alcuna Verità! E pure il mio non esserci non cambierebbe le cose di una virgola...".
Che diamine significa? ::)
Cosa diresti se io, anapoditticamente (come te), replicassi:
"Non potrei minimamente continuare ad esserci, se fossi in balìa del Nulla! Perché per avere valore, bisogna esserci. Il Bene è un concetto umano, e, a tale livello, costituisce indubbiamente una Verità, se c'è qualcuno! Per cui, il mio non esserci cambierebbe tutto". ;D

***
Quanto al fatto che il mio personale "cupio dissolvi" sia un sintomo di "uomo nobile" (anche con riferimento al superbo testo di Eckart così denominato), ti ringrazio molto per il complimento, che, però, ritengo del tutto immeritato; in me, infatti, non mi pare che ci sia alcun "desiderio insoddisfatto di purezza", bensì soltanto il desiderio di farla finita con le percosse e le ingiurie della  sorte.
Morire, dormire: niente altro!
E dire che col sonno mettiamo fine alla sofferenza del cuore e ai mille colpi che la natura della carne ci infligge; per me, senza alcun dubbio amletico, è un epilogo da desiderarsi devotamente!
Quindi, forse, più che "nobile", sono  meglio inquadrabile come "un vigliacco"; o, al massimo, uno che si è semplicemente stancato di vivere! :-[

***
Per cui, secondo me, ci hai invece azzeccato perfettamente, almeno per quanto mi riguarda, nello scrivere: "... la brama del non esserci può anche essere semplicemente dovuta all'insopportabilità dell'esserci mondano. Tante sono le situazioni nell'esserci che ci invogliano a lasciarlo!"
Esatto! ;)
Ed infatti, mi sono stufato di sopportare le frustate e lo scherno del tempo, le ingiurie dei prepotenti, le insolenze dei superbi, le ferite dell'amore respinto, le lungaggini della legge, l'arroganza dei burocrati, nonchè i calci nel sedere che i giusti e i mansueti ricevono dagli indegni.
Tanto per essere sintetico!

***
Quanto alla tua impressione che difficilmente il "cupio dissolvi" possa consistere in un effettivo desiderio del Nulla assoluto, non hai tutti i torti; ed infatti, il nostro sistema limbico, per ovvie ragioni selettive di sopravvivenza della specie, si oppone come può alle nostre decisioni razionali di autoannullamento e di suicidio.
Sebbene non sia certo una aspirazione  impossibile...perchè molti l'hanno realizzata!

***
Quanto all'implicita la speranza in una futura rinascita, dove le bruttezze del presente saranno superate, e, quindi, Il non esserci sarebbe necessario per ripartire di nuovo, non è certo il mio caso; già essere nato una volta, mi basta e mi avanza! :(
Per me, infatti, la "metempsicosi" (in cui non credo minimamente), sarebbe la più grossa fregatura cosmica che potrebbe mai capitarmi. :(

***
Quanto alla frase "Dio ha bisogno di me", secondo te, può essere intesa almeno in due modi ben distinti; che, però, io non condivido affatto, in quanto Dio (se esiste) non ha bisogno assolutamente di niente!
In ogni caso, a mio parere:
1)
Se con "Dio" intendiamo l'ente Dio, creatore e signore ecc... non ne consegue minimamente che tale ente necessiti dell'uomo, solo per il fatto che è una sua invenzione; ed infatti, io, in vario modo, mi sono inventato tante di quelle stupidaggini, di cui non sentivo nè attualmente sento alcuna necessità.
2)
Viceversa se con Dio intendiamo il Bene, la Verità, l'Uno, ossia l'Assoluto... allora l'Assoluto, per definizione, non ha certo bisogno di me perché "absolutus" significa, appunto, "libero da qualsiasi vincolo, bisogno o necessità".


***
Quanto al NULLA e all'ESSERE, come è OVVIO, non sono affatto la medesima cosa, bensì l'opposto; salvo a non voler intendere che Dio non è "NIENTE di tutte le cose", nel qual caso la locuzione assume un senso per me accettabile.
Altrimenti, è come dire che il GIORNO è la stessa cosa della NOTTE; il che pure non ha alcun senso, salvo dire che nel GIORNO non c'è nulla della NOTTE (e viceversa)!
Che vorrebbe dire, poi, che avrei perso l'occasione?
L'occasione di che? ???

***
Quanto al fatto che non è possibile "convincermi" che non esisto, sono io che dovrei esserne convinto; ed il fatto che ci provi con tanta pervicacia, dimostra che tu stesso sei perfettamente convinto della mia esistenza, e, quindi, della intrinseca fallacia degli argomenti (un po' ellittici, in verità), con i quali cerchi di convincermi del contrario.
Altrimenti, chè perderesti tempo a fare?
Ed infatti, non penso proprio che tu faccia la stessa cosa con un essere immaginario (e inesistente) seduto sulla tua scrivania; della cui inesistenza, in quel caso, saresti giustamente convinto.
Di certo, comunque, non perderesti tempo a cercare di persuadere di alcunchè, qualcuno che, effettivamente, non c'è.
Non è forse così? ;)

***
Quanto alla Grazia, non si scomoda di certo a guarire un malato immaginario; nel senso, cioè, di un malato che non esiste.

***
Un saluto :)
#4630
Ciao Bob. :)
Mi fa piacere che io non abbia completamente frainteso quello che intendevi dire; e mi fa anche molto piacere che tu conosca personalmente Marco Vannini, di cui io sono un assiduo lettore (oltre che dei testi originali di Meister Eckart, che ho letto praticamente tutti, meno che il commento al Vangelo di Giovanni).
Però, secondo me, quel passo di Meister Eckart, non significa affatto "il non esserci" di Dio, bensì che che Dio non è "nulla di tutte le altre cose" e, cioè, non è nulla di ciò che di Lui si manifesta in natura.
Cioè, Dio è "tutto in tutte le cose"...senza però essere "nessuna" cosa nè essere immanente in alcuna cosa; Dio è l'ESSERE, in quanto ogni cosa "è" (o meglio "esiste") come sua manifestazione, ma l'"essere non è nessuna cosa, così come nessuna cosa è l'essere".

***
Però non ti seguo più quando scrivi: "Questo Nulla (Dio), che però è l'essere di tutte le cose... già al pensarlo non è più davvero niente...Lo si "cosifica" in qualche modo.E così facendo lo si è già perduto!"
Questo è giustissimo, ma mi pare che tu confondi l'ESSERE (di Dio) con l'ESISTERE (delle cose); per cui, dicendo che Dio è l'essere di tutte le cose, a te sembra di "cosificarlo"!
Convengo con te che, giunti ad un certo limite, il linguaggio tende a risultare ambiguo; però, a maggior ragione, occorre cercare il più possibile di comprendersi chiaramente a livello semantico.
In tal senso, a mio parere, dire che Dio è l'"essere" di tutte le cose, va inteso nel senso che è Dio a dare l'"essere" alle cose a livello "metafisico"; ma, a livello "fisico", conferisce loro soltanto l'"esistere", cioè, conferisce loro la natura di "fenomeno", restando lui, in sè stesso, il "noumeno".
L' "essere" è quella cosa senza la quale non si puo "esistere"; ma sono due cose diverse, perchè, invece, si può essere senza esistere (come Dio)!

***
Io non ho affatto una visione "immanente", anche se ammetto che a volte può sembrare così.
Ed infatti, secondo la Treccani, che riporta l'accezione filosofica comune di "immanenza", è 'immanente' ogni realtà che non 'trascende' la sfera di un'altra realtà, e cioè che non esiste separata e indipendente da quella, bensì è con essa in rapporto di "coessenzialità reciproca". 
Secondo me, invece, non esistono "due realtà" (Dio e natura), in rapporto di coessenzialità reciproca, bensì un'"unica realtà" (Dio o ESSERE o UNO), che è "coessenziale" solo a se stessa: cioè, se ben ricordo a memoria (ma non ci scommetterei)  "Autò kat'auto, meta autou, monos eis aei on" ("In sè stesso per se stesso sempre attraverso di sè essente").
Il che ricorda un po' la definizione di HEGEL "In sè per sè essente" (Fenomenologia dello Spirito §437), sebbene non esattamente.

***
Per cui, tutti questi miei discorsi di noumeno e fenomeno, metafisico e fisico, cosa fanno in realtà?
Non svuotano affatto la Trascendenza rendendola immanente, ma intendono solo evidenziare che c'è un'"unica realtà" (DIO, o ESSERE o UNO), che non è "NIENTE" di tutte le altre cose; le quali costituiscono soltanto la SUA manifestazione a livello fenomenico.
Se io, come ho fatto ieri sera, mi metto a quattro zampe in giardino ad abbaiare ai gatti in calore (per farli scappare e permettermi di dormire), non è mica che io mi sia "sdoppiato" e "separato" in "uomo" e "cane": ero sempre lo stesso "uomo", che si manifestava in modo diverso da se stesso, per spaventare i gatti...ma non si può certo dire che io fossi "immanente" ad un "cane"! ;D
Ovviamente, si tratta solo di un esempio grossolano, che non va certo preso alla lettera, ma che forse può servire a spiegare quello che intendo! ;)

***
Quanto alla tua affermazione che "Dio ha bisogno di me", a parte la "personalizzazione antropopatetica" di Dio (che non condivido), si potrebbe anche dire che "Dio ha bisogno di me", come io ho bisogno di manifestarmi come cane per spaventare i gatti; in realtà, Dio ha bisogno solo di sè stesso, perchè, a livello noumenico (o metafisico, se preferisci), c'è solo Lui, e nessun altro di cui "avere bisogno".
A livello di "essere", io non sono affatto "altro" rispetto a Lui, ma sono soltanto una sua provvisoria manifestazione fenomenica, che esisterà finchè esisterà; ma che è destinata, prima o poi, a riunificarsi in UN SOLO SPIRITO con Lui, come molto icasticamente scrive San Paolo.

***
Quanto al fuggire il "nulla", personalmente "l'horror vacui" non mi terrorizza minimamente; anzi, l'ultima cosa che personalmente desidero, è proprio di "esserci" (cioè di "esistere" come individuo senziente).
Il Nulla, invece, è la cosa più desiderabile a cui io abbia mai aspirato! :)
Davvero: "Cupio dissolvi!"
In ogni caso:
- se il Nulla è il Nulla di ogni altra cosa, cioè Dio, non vedo l'ora di riunificarmi in UN SOLO SPIRITO con Lui;
- se, invece, il Nulla è nulla e basta, pazienza...mi accontento lo stesso di smettere semplicemente di esistere!
In entrambe le ipotesi, non vedo l'ora che esse si verifichino, perchè, per ora, nessuno è ancora riuscito a convincermi che "io" non esisto.
Magari! ::)

Un saluto! :)
#4631
Ciao Bob. :)
Non pensare che io voglia contraddirti per partito preso; anzi, faccio sempre un notevole sforzo per dare un senso -"per me" condivisibile- a quello che tu scrivi (che, in verità, "a me" suona un po' troppo "criptico").
Adesso ci provo ancora, e vediamo se mi riesce! ;)

***
L'unica "chiave di lettura" che, personalmente, trovo accettabile per i tuoi "post" sul "nulla" e sulla "verità", è quella di Meister Eckart; il quale, a differenza di quanto molti credono, non era neanche un eretico (sebbene, con la bolla "In agro dominico" vennero sanzionate come eretiche 24 sue proposizioni, che poi lui ritrattò).

***
Ed infatti, circa il concetto di "NULLA", Eckart, commentando il passo degli "Atti degli Apostoli" in cui si dice che, caduto da cavallo "...Paulus NIHIL vidit", individua in esso, oltre al significato letterale che indica l'accecamento di Paolo, anche quello di, "vide il NULLA", e cioè vide "DIO". ;)  

***
Ed invero, nel latino classico due negazioni affermano in maniera più o meno piena e assoluta, a seconda che l'avverbio di negazione segua o preceda il pronome (o l'aggettivo, oppure l'avverbio) negativo, come ad esempio nelle seguenti frasi: nemo non haec dixit 'tutti hanno detto ciò', non nemo haec dixit'; per cui, almeno se non ho capito male, in latino, scrivere che "...Paulus NIHIL vidit", non significa che "Paolo non vide niente", ma, appunto, secondo l'esegesi di Eckart, significa che "Paolo vide il niente".
Il che è un po' diverso! ;)

***
Ovviamente, Meister Eckart, che era un predicatore domenicano, non intendeva certo dire che Dio non esiste, cioè, che non è niente; bensì, rifacendosi per certi aspetti al "Dio apofatico" di Dionigi l'Aeropagita (ed a quello della "Nube della non conoscenza" di un anonimo scrittore del XIV secolo), intendeva dire che Dio non è "nulla di tutte le altre cose" e, cioè, non è nulla di ciò che di Lui si manifesta in natura.

***
Cioè, per dirla più modernamente, Dio è l'inconoscibile Noumeno, di cui i Fenomeni (nostri "io" compresi)  sono mere molteplici manifestazioni, le quali:
- non sono certo "illusorie", se non nel senso che sono prive di realtà "metafisica";
- sono però "effimere", come le parole che si spengono nel silenzio, dopo essere state pronunciate.

***
"Nulla", che poi, come dici tu, è lo stesso "Tutto"; cioè, come scriveva San Paolo, "Omnia in omnibus".
Tutto in tutte le cose...senza essere "nessuna" cosa!
Per cui, come pure venne risposto a Mosè sul monte, Dio è l'ESSERE; in quanto ogni cosa "è" (o meglio "esiste"), ma l'"essere non è nessuna cosa, così come nessuna cosa è l'essere".

***
Questa è l'unica "lettura" dei tuoi post che, pur non essendone certo, ritengo condivisibile (per quello che può valere la mia condivisione); né, ovviamente, sono certo che tu intendessi davvero questo. ???

Un saluto! :)
#4632
Citazione di: bobmax il 28 Gennaio 2020, 10:21:29 AM
Citazione di: Eutidemo
Tu, giustamente, avevi scritto in un tuo precedente post: "Nella ricerca della Verità occorre evitare il più possibile le certezze scontate."...come, appunto, quella che deriva dalla fede (la tua compresa)! ;)
Per cui, come al solito, a me pare che tu ti contraddica ad ogni piè sospinto: prima affermi una cosa, poi la cosa contraria.
Senza considerare che non spieghi di quale "verità" e di quale "fede" parli! ;)

Ecco, qui vi è la conferma della mia impressione!

Confondi certezza con fede.
La fede è l'opposto della certezza! La fede è speranza consapevole dell'ineliminabile dubbio.

Non confondere la fede con la superstizione!

Inoltre mi chiedi di spiegare di quale "verità" stia parlando!
Non percepisci l'assurdità di una tale domanda?

La mancanza di fede nella Verità la si può notare le volte in cui non vi è più comunicazione.
Come qualche anno fa nel provare a ragionare con accesi berlusconiani: non c'era verso.
E il motivo non era neanche politico, non riguardava tanto una differenza di vedute, di valori. Il motivo principale dell'impossibilità di ragionare era molto più profondo. Riguardava la mancanza di fede nella Verità!

Come si fa a chiedere cosa sia la Verità?
La Verità viene PRIMA di ogni possibile domandare.
E' in te, è te stesso.

Ma tu me lo chiedi...

CVD

Come fa la verità ad essere in me, se, secondo te, io non esisto? ;)
E come fa ad esistere una risposta, prima della domanda? ;)
#4633
Citazione di: bobmax il 26 Gennaio 2020, 09:49:01 AM
Eutidemo, l'accettazione è una resa.
A cui dovrebbe seguire lo svanire dell'illusione dell'io.
Qualsiasi autentica preghiera è allora senz'altro esaudita.

Il congiuntivo è corretto, ma non per chi si considera un'onda libera di ondeggiare come le pare.
Magari sa di essere parte del mare, ma con una propria libertà, un proprio io, povera illusa...

Avrai tante cose chiare Eutidemo, ma senza fede nella Verità, non ti è per nulla chiaro ciò che più importa.

E senza questa fede ogni comunicazione è inutile.
Ne prendo atto, non è che la volontà di Dio.

Tu, giustamente, avevi scritto in un tuo precedente post: "Nella ricerca della Verità occorre evitare il più possibile le certezze scontate."...come, appunto, quella che deriva dalla fede (la tua compresa)! ;)
Per cui, come al solito, a me pare che tu ti contraddica ad ogni piè sospinto: prima affermi una cosa, poi la cosa contraria. ;)
Senza considerare che non spieghi di quale "verità" e di quale "fede" parli! ;)
#4634
Nel famoso film di John Huston, "L'uomo dei sette capestri", Roy Bean, soprannominato "la legge ad Ovest del fiume Pecos", è un fuorilegge che diventa padrone di un saloon ad ovest del fiume Pecos; bizzarramente convinto di aver ricevuto una sorta di grazia divina, per mandato popolare di un  villaggio di ignoranti pioneri, decide di amministrare la legge da solo e per come la vede lui, in quella terra abbandonata da Dio.
Il suo criterio di giustizia, consisteva precipuamente nel considerare colpevole l'accusato, fino a prova contraria. :D

***
Evidentemente Roy Bean ignorava il famoso aneddoto riguardante l'Imperatore Giuliano.
Secondo tale aneddoto (pare autentico), durante un processo in cui lui fungeva da giudice, dopo le arringhe dell'accusa e della difesa, in mancanza di prove pro o contro l'imputato, gli chiese: "Come ti dichiari?"
E lui: "Mi dichiaro innocente!".
Sulla base di tale sola dichiarazione, l'Imperatore Giuliano lo assolse.
Al che, l'accusatore insorse: "Ma se basta negare le accuse per essere assolti, chi mai verrà condannato?"
l'Imperatore Giuliano replicò: "Già! Ma se basta accusare, chi mai verrà assolto? :)

***
Il nostro buon salvini, sembra decisamente propendere per la concezione del diritto di Roy Bean; però quest'ultimo era un po' più coerente di lui, per cui, in mancanza (per ora) di capestri, io, con riferimento alla sua ultima storica filippica, lo chiamerei piuttosto "l'uomo delle cinque castronerie" (per non contare le altre 5.489 che ha detto negli ultimi cinque anni)

***
Ed infatti, il nostro buon salvini, ha testualmente dichiarato: ""Contro la droga non sono garantista, è morte. Se questo ragazzo non sarà ritenuto uno spacciatore avrà le mie scuse. Poi in quel palazzo si spaccia. Punto. E non vado a fare io gli arresti. Ma contento che l'Italia sappia che là si spaccia".

***
Benchè io sia ormai tristemente abituato (ma non "assuefatto") agli "strafalcioni" di salvini, questa è la prima volta che, superando davvero sè stesso, lui è riuscito ad assemblarne tanti tutti insieme in uno spazio così ristretto; bisogna ammettere che è davvero un "virtuoso della baggianata!".
Uno così, a prescindere dal suo orientamento politico, più che "votato", andrebbe "interdetto"; anche dagli stessi più intelligenti elettori leghisti.

***
Infatti:

1)
Asserire, come fa salvini,: "Contro la droga non sono garantista", costituisce una stupidaggine da "Guiness dei primati" ("primati" nel senso di "scimmie").
Ed invero il "garantismo" attiene al diritto "processuale", e non a quello "sostanziale", per cui la sua affermazione è priva di senso; al riguardo non entrano minimamente in ballo le diverse concezioni politiche e ideologiche, si tratta solo di una affermazione stupida in sè e per sè.
Però mi rendo ben conto che salvini, pur essendo stato ministro dell'interno (incredibile dictu!!!), non ha la benchè minima idea della differenza tra diritto "processuale" e diritto "sostanziale", per cui bisognerebbe spiegargli la faccenda in modo un po' più elementare, come ad un bambino di dieci anni; cioè: "Caro Matteo, il garantismo consiste nel considerare l'imputato innocente fino a condanna passata in giudicato, a prescindere dalla gravità del reato di cui egli è accusato; sia esso spaccio di droga, stupro, omicidio, o sequestro di persona (di cui sei accusato tu)".
Non è mica che, per il solo fatto di essere sospettato di "spaccio di droga", un individuo (benchè tunisino), accantonando solo per quel caso i principi del "garantismo", può essere considerato colpevole prima di una condanna passata in giudicato; o, come nel caso del citofono, prima ancora che sia iniziato un processo nei suoi confronti!
Per cui, per fortuna, in questo caso ho visto che anche i leghisti più intelligenti ed avveduti si sono dissociati dalla infelice asserzione di Salvini; perchè, dei leghisti, onestamente, si può dire tutto meno che siano dei "giustizialisti".

2)
Poi salvini, con un "aplomb" degno di Buster Keaton, dichiara seraficamente: "Se questo ragazzo non sarà ritenuto uno spacciatore avrà le mie scuse!"
Il che mi ricorda la famosa scena del film di John Huston, "L'uomo dei sette capestri", in cui Roy Bean, soprannominato "la legge ad Ovest del fiume Pecos", si scusa con un impiccato per averlo fatto impiccare per sbaglio! ;D  ;D  ;D

Ovviamente, per fortuna, salvini non ha impiccato il ragazzo tunisino, però lo ha esposto ad una gogna mediatica, il cui danno non sarà più rimediabile; anche se venisse assolto (ammesso che venga mai processato).

3)
Poi l'ineffabile salvini, "allarga il tiro", asserendo: "In quel palazzo si spaccia. Punto!!!"
E chi glielo ha detto, la signora della porta accanto?
Intendiamoci, è "possibilissimo" che in quel palazzo si spacci droga, però è "certo" che salvini spaccia come verità insindacabili quelli che sono soltanto dei meri sospetti; il che, in uno Stato di Diritto, o anche in uno Stato appena civile, è assolutamente INTOLLERABILE!
Roba da "caccia all'untore" dei tempi bui raccontati da Manzoni ne "La storia della colonna infame"; laddove si narra del processo intentato a Milano, durante la terribile peste del 1630, contro due presunti untori, ritenuti responsabili del contagio pestilenziale tramite misteriose sostanze, in seguito ad un'accusa - infondata - da parte di una "donnicciola" del popolo, Caterina Rosa.

4)
Poi, però, per fortuna, in un "lucido intervallo" della sua insania verbale, salvini ci rassicura: "Non vado io a fare  gli arresti."
Meno male, sebbene sappiamo tutti che quello è sempre stato il suo sogno sin da quando era bambino; cioè, fino adesso! ;D  ;D  ;D

NOTA: Non è un fotomontaggio, salvini si era davvero mascherato così;sebbene indossare illegalmente una divisa sia un reato, in base all'art.498 del Codice Penale. 

5)
Infine, dispiaciuto per non aver potuto arrestare personalmente il presunto spacciatore, salvini conclude così il suo epico fervorino: "...però sono contento che l'Italia sappia che là si spaccia". :)
A dire il vero, allo stato degli atti, l'Italia sa soltanto che salvini congettura che là si spaccia, ma saprà se là veramente si spaccia solo quando la cosa verrà accertata in giudizio!
Il che è un po' diverso! ;)
#4635
Ciao Bob :)
A me sembrava di aver capito che "il vuoto esistenziale", almeno secondo la tua  "Weltanschauung" avesse, a che vedere proprio con "il non esserci"; ed infatti non riesco ad immaginare una concezione più nichilista, di quella di chi sostiene addirittura di non esistere (nè lui nè tutto il resto). ::)
Come ho già scritto, infatti,  più "vuoto esistenziale" di così si muore! ;)

***
Poi tu scrivi: "Il "vuoto esistenziale" è la mancanza di fede nella Verità."
Al riguardo osservo che:
- se uno non esiste (come tu sostieni), non è in grado nè di aver fede nè di non avercela;
- in ogni caso, non è ben chiaro cosa tu intenda per Verità.

***
Ad ogni modo, come giustamente avevi scritto in un tuo precedente post: "Nella ricerca della Verità occorre evitare il più possibile le certezze scontate."...come, appunto, quella che deriva dalla fede!
Per cui, come al solito, a me pare che tu ti contraddica ad ogni piè sospinto: prima affermi una cosa, poi la cosa contraria! :)

***
Ribadisco che, secondo la mia personale "Weltanschauung" (sulla cui aderenza  alla verità, però, non scommetterei),  per me c'è la volontà dell'Uno (noumenica) e pure la nostra libera volontà (fenomenica); senza che vi sia alcuna contraddizione in tutto questo!
Vi è solo una differenza al livello di realtà.
Il fatto che l'UNO si manifesti nel MOLTEPLICE, a mio avviso, non comporta alcuna contraddizione; così come le "onde" non sono certo la negazione del "mare", bensì solo suoi "epifenomeni".
Ovvero, per fare un esempio più classico, la "fune" in terra che appare come un "serpente", non per questo si "sdoppia" in due cose differenti.
Ed infatti, non c'è alcun dualismo tra la realtà noumenica e la sua manifestazione fenomenica!

***
Quanto al fatto che "Sia fatta la tua volontà" non sia una preghiera, bensì un'accettazione, come tu sostieni, evidentemente non ti è ben chiaro il senso del congiuntivo.
Ed invero, se io oggi (con riguardo alle elezioni emiliano-romagnole in corso) mi rivolgessi a Dio, supplicandolo che: "Sia vittoriosa la Sinistra", non c'è dubbio alcuno che la mia sarebbe indubbiamente  qualificabile come una "preghiera", visto l'utilizzo del "congiuntivo impetrativo" "SIA".
Se poi vogliamo dire che "Sia fatta la tua volontà" è una "preghiera di adesione alla volontà divina", disponendosi ad "accettarla" così come viene, il discorso è diverso, e lo ritengo condivisibile; ma sempre una preghiera resta (sia secondo me, sia secondo Gesù Cristo)! ;)
Anche perchè, secondo me, pregare che avvenga qualcosa di diverso dalla Volontà divina, secondo me è perfettamente inutile!
Ed infatti, come scriveva Virgilio, "Desine fata dei flecti sperare precando"; cioè, tradotto liberamente, "non ti illudere di poter modificare la volontà di Dio, pregandoLo di fare come parrebbe meglio a te."
 Un saluto. :)

P.S.
Veramente Virgilio scriveva "deum"; il singolare è mio.