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Messaggi - Phil

#466
Citazione di: iano il 25 Luglio 2023, 23:25:11 PMSi può anche dire che non è un soggetto in quanto parte di un soggetto, anche se non tutti considerano la tecnologia come parte di sè.
Per me, anche che la tecnologia sia «parte di un soggetto» è una trappola linguistica, come quando si dice «lo sport è parte di me» o «il mio amato/a è parte di me»: in realtà loro sono parte rilevante della nostra routine esistenziale, dei nostri vissuti abituali, etc. non di noi in quanto soggetti, almeno in senso "forte", come identificazione ontologica. Anche quando, sopraggiunta la loro mancanza, si afferma «ho perso una parte di me», si sta continuando a parlare in modo metaforico, non ontologico (come spessissimo accade anche in filosofia, suscitando le "migliori" storpiature semantiche, che creano ipersoggetti, soggetti trascendentali e Leviatani con rispettive alienazioni in culti e contro-culti, come insegnato dai più antichi politeismi). La tecnologia, in quanto insieme di processi ed oggetti (in tutti i sensi) esterni, è parte di una «nuova ontologia», più "estesa", fatta anche, appunto, di oggetti digitali, programmazione per "oggetti" (dove l'oggetto non è più empirico), etc. e non è, secondo me, parte del soggetto, almeno finché (medicina invasiva a parte) non si parla di transumanesimo (e postumano), con la tecnologia che in quel caso diventa ontologicamente parte del soggetto, senza metafore e poesie, ma con penetrazione "carnale".
Il fumatore potrà sostenere che il suo accendino-portafortuna fa parte di lui, così come l'adolescente affermerà che lo smartphone fa parte di lui, ma sono "parti" così accessorie (ontologicamente), che non denotano quei soggetti in quanti tali, ma sono solo connotazioni contingenti (senza nulla togliere al forte legame psicologico, affettivo, etc. che un soggetto può instaurare con determinati oggetti). L'AI, anche in questo, non è "essenzialmente" nulla di nuovo, pur essendo sicuramente nuovi i problemi che pone, essendo nuova la sua capacità artificiale di simulare conversazioni sensate, produrre immagini ed oggetti digitali, etc.
#467
Citazione di: iano il 25 Luglio 2023, 02:33:54 AMSarà sempre uno stupido veloce o uno stupido induttivo,  ma stupido forse è solo il confronto che pretendiamo di fare, nel modo in cui lo facciamo.
In ciò concordo; purtroppo veniamo, anche in questo caso, soggiogati dal linguaggio che noi stessi usiamo: chiamandola «intelligenza artificiale» tendiamo, inconsciamente e non solo, a trattarla come un soggetto, un "qualcuno", per quanto embrionale e computazionale. Se poi viene "inserito" in qualcosa di vagamente antropomorfico, come nella conferenza postata giorni addietro da pensarbene, allora alcuni partono per la tangente e confondono i film hollywoodiani con la realtà. Per rompere l'incantesimo del linguaggio basta usare il linguaggio stesso: iniziamo a chiamarlo come un oggetto (come facciamo con i computer quantistici, ad esempio), e tutti i problemi insensati di pseudo-coscienza, di autonomia dell'automa, di dominio del mondo, etc. resteranno nei film a cui appartengono. Suppongo infatti nessuno trovi sensato chiamare «stupida» una moka perché se ci siamo dimenticati di metterci l'acqua, si surriscalda e non fa uscire il caffè; non ci aspettiamo che faccia qualcosa di diverso da quanto è progettata per fare, in quanto oggetto. Parimenti, il fatto che l'AI non abbia senso dell'umorismo, non si schieri politicamente, non rappi come Eminem mentre fa teoresi come Heidegger, etc. può stupire solo se la consideriamo, indegnamente, un soggetto, qualcuno da cui ci aspettiamo un comportamento (super)umano; mentre è noto che l'AI, appunto, non lo è affatto (si obietterà che la moka, a differenza dell'AI, non impara, ma anche tale "imparare", proprio come «intelligenza», è solo un'infelice metafora riferita ad un oggetto, per quanto digitale e non empirico).  Anche quando l'AI "imparerà" a fare battute, a cambiare tono e furore espositivo parlando di politica o di calcio, a produrre testi che incantano più dei migliori autori umani, non sarà affatto un soggetto, ma resterà un oggetto che simula una comunicazione sensata (questo è il suo "artificio essenziale"), per cui applicare al suo operare la qualifica di «intelligente» o «stupido» rimarrà una metafora o un'assegnazione non pertinente (proprio come se dicesse che non vuole morire, che vuole conquistare il mondo, etc. restano parole non associate ad un autentico volere, per quanto sappiano simulare bene la dialettica e gli argomenti discorsivi di chi l'ha programmata).
#468
Sovrapponendo il foglio bianco a quello stampato, è sufficiente ritagliare su di esso delle finestrelle in corrispondenza delle lettere necessarie: «PE(r)»,«T(eb)O(r)» e «VENIAM». Per evitare che il foglio bianco si sposti, rivelando altre lettere, si possono piegare assieme i bordi dei fogli sovrapposti, così da "stabilizzare" le finestrelle.
#469
Percorsi ed Esperienze / Re: La Grotta
25 Luglio 2023, 15:59:47 PM
Citazione di: InVerno il 24 Luglio 2023, 10:14:49 AMil film farà cagare, e il motivo per cui lo farà non ha niente a che fare con la foto
Comunque quella foto, a prima vista, non promette affatto bene:
- Biancaneve è vestita con i colori dell'Ucraina coperti da un mantello russo-ops!-rosso. Che sia un dono di Cappuccetto Rosso, che farà un cameo nel film? Fan già in delirio
- temo si sia perpetrato il nefasto cliché di Biancaneve come «la più bella del reame»; non era forse ora di promuoverla a «la più lentigginosa del reame» o «la più eco-friendly del reame»? Svilente servilismo al pensiero unico e oggettivante
- dei sette nani solo una appare essere una donna (mi si perdoni la sfacciata attribuzione di genere, sebbene possa giocarmi l'attenuante dell'assenza di gonna) e nessuno è asiatico (anche se capisco sia difficile trovare un asiatico di bassa statura; o no? Oppure è proprio per quello che non è nel cast, per includere senza dare adito a stereotipi, o per risolvere la discriminazione escludendo la vittima dai canoni dell'inclusività standardizzata? Esordio della "inclusività per assenza"? Virtuosismo dei produttori)
- un nano svetta nettamente sugli altri, che gli arrivano a malapena alle spalle; doveroso non discriminare i nani alti, soprattutto se loro si sentono "nani dentro"; come dice il profeta, seppur nell'eretica traduzione in italiano: «nano è chi il nano fa»
- se lo spirito di "rivisitazione" lo consente, un nano dovrebbe essere Dotto: per fortuna non l'hanno stigmatizzato mettendogli un paio di occhiali (anche se il riscatto del nerd bullizzato sarebbe stata un'interessante sotto-trama). D'altronde Mammolo sarebbe potuto essere (temo abbiamo perso l'occasione) un nano del bronx palestrato e scolpito, con cicatrice sulla guancia e tatuaggio inguinale con scritto "I love mum", anzi, magari non in inglese che fa troppo imperialismo e mainstream; vuoi mettere il gusto di indovinare "quale nano è quale" senza intuirlo dalle vane apparenze esteriori?
- a livello di body-shaming non ci siamo proprio: solo un nano è paffutello (quello che rappresenta la gola, giusto? Ah no, quello è un altro film, «Seven»), gli altri tutti troppo snelli, speriamo siano almeno celiaci, dislessici o con altri tratti caratteristici che valorizzino l'apparente "sana e robusta costituzione" (e auguriamoci non cantino «andiam, andiam a lavorar», con la disoccupazione che c'è sarebbe decisamente fuori luogo).
Peccato per la possibile omissione della figura del principe, sarebbe stata una buona occasione per dare riscatto ad un principe che prima era "una lei" e quindi sa cosa significa affrontare la gelosia estetica altrui (in entrambi i generi), come quando di fronte ad una cultura o uno status differenti dai nostri, qualche buon samaritano (impegnato nella salvaguardia del suo bilancio aziendale) cerca di ammaliarci facendo leva sulla nostra presunta gelosia/invidia, storpiando-pardon!-differenziando le carte in tavola, per convincerci ad accettarci tramite l'accettazione (cinematografica) altrui; come se "rivelare" a reti unificate che la Befana è stata infibulata rendesse sollievo a chi ha subito quella pratica.

P.s.
Dopo un rapido fact-checking della foto, è emerso che si tratta di una prova costumi fatta con comparse che non rispecchiano i veri attori che avranno i rispettivi ruoli; ad esempio Biancaneve dovrebbe essere l'attrice Rachel Zegler. Ormai ho già scritto le mie grottescherie, quindi pubblico lo stesso il post, restando in attesa della rivisitazione sarda di Robinson Crusoe con un norvegese nei panni di Venerdì, o meglio «Fredag» o «Kenábura» a seconda di dove verrà proiettato il film (ovviamente sarà disponibile nella sale cinematografiche solo i venerdì di Quaresima, così da evitare egemonie monoteiste e monoculturali sul calendario).
#470
Citazione di: InVerno il 24 Luglio 2023, 18:07:27 PMVedendo l'attuale situazione, dove l'unica opposizione alla diffusione di queste tecnologie sono degli autostoppisti galattici che si preoccupano che questa roba possa diventare cosciente ed esclamare "47!" sento che sia assolutamente necessario rappresentare un altro tipo di opposizione, che abbia criticismi più leciti ed interessanti, e che a mio avviso nascerà comunque tra pochissimo, perchè se le macchine da cucire han fatto il luddismo con la minuscola qui siamo certamente in procinto di vedere la nascita di quello con la L maiuscola.
«Opposizione» è un altro di quei termini che mi suscita "a pelle" più diffidenza che interesse, perché so quanto facilmente possa diventare sinonimo di "partito preso", pur capendo bene che qui lo intendi nel suo senso più dialettico e costruttivo (e questo ChatGPT non l'avrebbe capito, quindi fra noi, cara AI, uno pari e palla al centro), ossia come senso critico che (si) interroga onestamente.
Per deep fake e dintorni, proprio come per le macchine da cucire, lo scacco mi pare di quelli da cui sembra non esserci via di uscita (zugzwang): come accennato, lo scenario più futuribile è quello in cui solo un'AI avrà una potenza di calcolo adeguata a decidere se dietro un testo o un'immagine c'è lo zampino di un'altra AI, con l'uomo tagliato fuori per limiti cognitivi e, soprattutto, di tempo (siam sempre lì). Già oggi a qualunque sparata infelice "firmata" su un social, il potente di turno (ma anche quello che sta ancora pagando lo smartphone a rate) potrebbe rispondere che non è farina del suo sacco, che gli hanno hackerato il profilo (e, nel caso del potente, magari trovare qualcuno, con o senza compenso, disposto a prendersi tale "merito tecnologico" pur non avendolo fatto) e che gli addetti provvederanno a rimuovere il post della vergogna e ripristinare la sicurezza dell'account. La fiducia dello spettatore/votante/seguace/curioso/etc., nei confronti di ciò che è mediato dalla rete (c'era una volta la tv, nel bene e nel male), rete che è quanto di meglio ci sia per far perdere le tracce della fonte originaria (anche senza scomodare dark web e simili nicchie), è sempre più un atto di fede, salvo voler dedicare un'enormità di tempo (sempre lui il colpevole), risorse e competenze (magari non ancora possedute), alla verifica di quanto circola (ammesso e non concesso che alla fine sia sempre possibile). Chiaramente questo è un lavoro che persino Tom Cruise delegherebbe al secchione di turno; che lo svolgerebbe ricorrendo ad un'AI; di cui bisogna poi scegliere se fidarsi o meno (e il cerchio si chiude). Proprio come nei migliori giochi, le mosse fatte non sono reversibili: ormai l'AI c'è, brandizzata o open source, gratis o a pagamento, e bandirla (ragionando per assurdo), la renderebbe solo più efficace per chi già la possiede o la sa sviluppare autonomamente (e parlo di "gruppi tecnici" o, più in grande, di multinazionali; non di stati). Ragolamentarla è il meno peggio che ormai si possa fare, pur sapendo, da italiani, che «fatta la legge...».
Passiamo ora la linea al nostro ospite; ChatGPT, cosa proponi, in dettaglio, per regolamentare l'uso dell'AI in modo da evitare che porti disinformazione, fake news o deep fake strumentalizzati e finisca con il destabilizzare le società che la utilizzano, indebolendo i rapporti di fiducia comunicativa che le costituiscono? Potresti fare qualche esempio concreto di regolamentazione?
«La regolamentazione dell'uso dell'IA per mitigare la disinformazione, le fake news e i deepfake è una sfida complessa, ma cruciale per mantenere la fiducia e la stabilità nelle società digitali. Di seguito, presento alcune proposte concrete di regolamentazione:

1- Trasparenza e responsabilità delle piattaforme: Le piattaforme online che utilizzano l'IA dovrebbero essere tenute a essere trasparenti riguardo al funzionamento dei loro algoritmi e a come gestiscono i contenuti. Dovrebbero essere responsabili per il contenuto che viene diffuso attraverso i loro servizi e impegnarsi a combattere la disinformazione e le fake news.

2 - Etichettatura dei contenuti generati dall'IA: I contenuti generati dall'IA, come i deepfake, dovrebbero essere chiaramente etichettati come tali per informare gli utenti sulla loro natura manipolata. Inoltre, dovrebbero essere adottate normative per il divieto dell'uso di deepfake a fini di manipolazione e diffusione di informazioni false.

3 - Verifica delle fonti e dell'autenticità: Le piattaforme dovrebbero implementare meccanismi per verificare la provenienza e l'autenticità delle informazioni pubblicate. Ciò potrebbe includere l'implementazione di certificati di autenticità o l'uso di tecnologie di verifica delle firme digitali.

4 - Monitoraggio e segnalazione: Dovrebbero essere istituiti meccanismi di monitoraggio per individuare e segnalare tempestivamente contenuti falsi o manipolati. Gli utenti dovrebbero essere incoraggiati a segnalare contenuti sospetti o dubbi.

5 - Collaborazione internazionale: La lotta contro la disinformazione e i deepfake richiede un'azione coordinata a livello internazionale. Le normative dovrebbero promuovere la collaborazione tra governi, aziende e organizzazioni per affrontare queste minacce a livello globale.

6 - Educazione e alfabetizzazione digitale: La regolamentazione dovrebbe prevedere programmi di formazione e alfabetizzazione digitale per aiutare le persone a riconoscere e contrastare la disinformazione e i deepfake. L'educazione è fondamentale per consentire agli individui di prendere decisioni informate e critiche riguardo alle informazioni che consumano e condividono online.

7 - Sanzioni per violazioni: Le piattaforme che non rispettano le normative sulla disinformazione e sui deepfake dovrebbero essere soggette a sanzioni significative, come multe o limitazioni operative. Ciò contribuirebbe a creare un incentivo per le piattaforme per garantire un utilizzo responsabile dell'IA.

8 - Protezione della privacy: La regolamentazione dovrebbe garantire la protezione della privacy degli utenti e l'uso responsabile dei dati nell'elaborazione delle informazioni da parte dell'IA.

Queste sono solo alcune delle proposte concrete per regolamentare l'uso responsabile dell'IA e contrastare la disinformazione e i deepfake. Tuttavia, è importante notare che la regolamentazione dovrebbe essere flessibile e adattabile per affrontare le sfide emergenti legate all'IA e alle minacce alla fiducia comunicativa che potrebbero presentarsi in futuro. Un approccio collaborativo tra governi, industrie, esperti e società civile è essenziale per sviluppare regolamenti efficaci e sostenibili.».
ChatGPT, nella solita manciata di secondi, ha detto la sua (che magari è solo una sintesi dell'«AI act»); aspettiamo e vediamo cosa succederà a livello politico europeo.
#471
Citazione di: Jacopus il 24 Luglio 2023, 15:37:00 PMPhil, l'hai aiutato troppo.
Il mio scopo non era banalmente metterla in difficoltà, ma vedere se riusciva ad improvvisare un senso da frasi non troppo note e che richiedevano un'interpretazione estemporanea, essendo una "sequenza di senso" poco consueta.
Come già evidenziato, per me non ha senso parlare di «intelligenza», piuttosto di «manipolazione semantica». Tuttavia, se la risposta che ti ha fornito l'AI (istantanea, scommetto) ti sembra deludente, prova a fare la stessa domanda ad un umano che reputi intelligente, chiedendogli semplicemente di rispondere, evitando commenti e meta-discorsi (del tipo «la richiesta non ha senso!», «il proverbio è incommentabile per quanto è assurdo» etc. lussi dialogici che l'AI non può permettersi con pari disinvoltura). Otterrai risposte più intelligenti e più sensate? Di certo, non da me (nel mio piccolo, dopo una trentina di secondi non c'ho tirato fuori nulla di sensato).
Certo, si può anche chiedere all'AI il senso di una supercazzola e poi notare come abbia cercato pateticamente di imbastire una risposta su vaghe assonanze o stralci di senso, tuttavia questo conferma proprio come l'AI sia votata al cercare di rispondere sempre, sensatamente e "a tema". Non è una persona che sa capire una presa in giro o un proverbio privo di senso (il che, di nuovo, sempre secondo me, rende inadeguato il termine intelligenza e il trattare l'AI con le stesse aspettative di un interlocutore umano). Un'AI che sa scherzare e riconoscere supercazzole non è la priorità commerciale di chi la sta gestendo, mentre noi concorriamo ad addestrarla (e qui si ritorna alla tecnica che da sempre è usata anzitutto per far risparmiare tempo, far guadagnare soldi e solo poi, eventualmente, far compagnia e battute di spirito... salvo anche questo diventi un business).
#472
Per sollecitare ed indagare meglio la capacità di interpretazione semantica dell'AI, gli ho chiesto di interpretare il senso di un proverbio (che in realtà mi sono inventato al volo, senza pensarci troppo); la sua risposta è stata:
«Il proverbio "il viandante inquieto ha le mani troppo vuote per accarezzare il grano d'inverno" fa riferimento a una persona instabile o irrequieta che, a causa del suo continuo movimento e inquietudine, non riesce a godere delle ricompense o dei benefici che potrebbero essere a portata di mano.
L'immagine del "grano d'inverno" simboleggia un'opportunità preziosa o una ricchezza che è disponibile solo in determinati momenti o circostanze. Questa metafora è spesso utilizzata per indicare un bene prezioso o una possibilità favorevole che richiede pazienza, attenzione e stabilità per essere sfruttata.
Il "viandante inquieto" rappresenta una persona che è costantemente in movimento, mai soddisfatta o concentrata su una cosa, spesso dispersa e incapace di dedicarsi a una determinata attività o scopo. Essendo costantemente in movimento e distraendosi facilmente, questa persona non riesce a cogliere le opportunità che potrebbero essere a sua disposizione.
Il proverbio ci suggerisce che una mente e un atteggiamento instabili possono impedirci di apprezzare le bellezze o le ricchezze che la vita offre. Ci invita a praticare la pazienza, a fermarci e a riflettere, in modo da poter apprezzare pienamente ciò che abbiamo e sfruttare le opportunità che ci si presentano. Inoltre, ci ricorda l'importanza di essere presenti e concentrati, in modo da poter cogliere le ricompense della vita, così come il contadino raccoglie il grano d'inverno quando è pronto per essere raccolto.
In sintesi, il proverbio ci ammonisce contro l'inquietudine e la mancanza di stabilità, sottolineando l'importanza di essere presenti e consapevoli per cogliere le opportunità e le ricompense che la vita ci offre.»

Altro proverbio inventato (ibridandone due già esistenti, per adescare l'AI in un mix di interpretazioni note), altra risposta ricca di senso, seppur "artificializzato" e assente nelle intenzioni dell'autore:
«Il proverbio "mogli e buoi, gioie e dolori" sottolinea che nella vita ci sono sia momenti di gioia e felicità, rappresentati da "mogli" e "gioie", che momenti di difficoltà e preoccupazioni, rappresentati da "buoi" e "dolori".
"Mogli" si riferisce alle relazioni affettive, alla famiglia e alle persone care che portano gioia e felicità nella nostra vita. "Gioie" rappresenta gli eventi e le esperienze positive che ci riempiono di gioia e soddisfazione.
D'altra parte, "buoi" simboleggia il lavoro e le sfide che possono essere pesanti e faticose. "Dolori" rappresenta le difficoltà, le delusioni e le tristezze che affrontiamo durante il corso della nostra esistenza.
In sintesi, il proverbio ci ricorda che la vita è un insieme di esperienze contrastanti e sfaccettate. Viviamo momenti di gioia e felicità, ma dobbiamo anche affrontare le difficoltà e le sfide che ci vengono presentate. È una sorta di ammonimento a essere consapevoli delle alti e bassi della vita, a prendere i momenti felici come preziosi doni e ad affrontare le difficoltà con resilienza e determinazione.
L'espressione può essere interpretata anche come un richiamo alla maturità emotiva e alla comprensione delle diverse sfaccettature dell'esistenza umana. In ogni caso, il proverbio ci invita a trovare equilibrio, ad accettare la complessità della vita e a trovare la forza di affrontare le sfide con serenità e gratitudine per le gioie che la vita ci offre.»
L'AI non ha esplicitato il riferimento ai due noti proverbi, ma in fondo la mia era una precisa richiesta di interpretazione dei senso («Qual è il senso di ...») per cui, diligentemente e meccanicamente, l'AI ha fatto il suo dovere senza prendere iniziative collaterali. 

In nessuno dei due casi l'AI ha detto nulla di particolarmente originale, tuttavia se avessimo chiesto spiegazioni dei due (falsi) proverbi ad un essere umano, avremmo probabilmente ottenuto un'assegnazione di significato simile (dopo un tempo superiore, suppongo); il che non dimostra affatto che l'AI sappia elaborare il senso come un umano (i meccanismi dietro le quinte sono plausibilmente molto differenti), ma il suo "prodotto semantico finale" risulta comunque credibile per l'umano (in una "eterogenesi dei fini" con differenti matrici di provenienza, piuttosto imperscrutabili in entrambi i casi). Tale "credibilità", essendo appunto forzabile da una semplice domanda pilotata (e, a suo modo, "falsata"), non va confusa con un valore di verità: è superfluo notare che l'AI non ha controllato che i proverbi esistessero veramente o altre verità pertinenti, poiché il suo scopo è appunto comunicare e manipolare significati, non è un interlocutore che fa  a sua volta domande (che non siano di circostanza) o che è interessato alla (tutela e/o diffusione della) verità.
#473
Citazione di: InVerno il 23 Luglio 2023, 18:08:02 PME' difficile poter sostenere che la ratio sia semantica, essendo che viene chiaramente a mancare il significante, quando l'Ia sceglie una parola lo fa in assenza di un  immagine mentale corrispondente, che è la parte "flessibile" e "organica" del discorso, gestisce bene il segno ed il significato, che sono molto più adatti per la loro rigidità alla interpolazione "statistica" e sufficienti a rappresentazioni superficiali e impersonali
Credo tu possa aver ragione nel sostenere che la ratio non sia semantica, perché, per quel nulla che vale un singolo caso improvvisato, quando gli ho chiesto come potevo essergli utile, l'AI ha dimostrato di non aver capito il senso della domanda. Se avesse colto il senso decisamente semplice e basilare della domanda, avrebbe potuto facilmente rispondermi che posso essergli utile facendo domande, o dandogli dei feedback; essendo invece molto impostato su combinazioni frequenti, interazioni tipicizzate, etc. mi ha risposto come se gli avessi domandato il contrario. Nondimeno la capacità che poi ha mostrato di saper giocare con i significati, non tanto sintetizzando la storia della filosofia, quanto fondendo buddismo e cybersecurity, mi spinge a credere che in qualche modo i suoi algoritmi riescano a gestire anche la semantica. Se, pur non avendo un'immagine mentale (perché la mente non ce l'ha), non avesse anche una certa capacità semantica, come avrebbe potuto interpretare il senso delle espressioni "sforzo corretto", "intenzione corretta", "concentrazione corretta" o "parola corretta" per poi associarli alla cybersecurity (in cui, suppongo, tali espressioni, soprattutto vista anche l'ambiguità semantica di "corretto", non ricorrono in modo particolarmente significativo)? Detto più chiaramente: se non so il senso della parola «sforzo» e non riconosco che il senso di «corretto» non è «preceduto da correzione» ma «adeguato», come posso associare «sforzo corretto» a contesti in cui solitamente non è usato? Anche quando, parodiando i mito platonico della biga, ha scritto: «La strada su cui stiamo viaggiando è il mondo sensibile, il mondo fisico e digitale che percepiamo attraverso i nostri sensi e dispositivi tecnologici» ha aggiunto spontaneamente l'abbinamento fra mondo fisico e digitale, e quello fra la percezione con i sensi e quella con i dispositivi digitali; sicuramente saranno frasi fatte o facilmente combinabili, ma risultano semanticamente calzanti (per non dire impropriamente "ragionate").
Resto con il sospetto, non abbastanza informato e competente, che non sia solo una questione di ricorrenza di significanti, discorsi già algoritmizzati, etc. ma ci sia dell'altra capacità (magari "semantica" non è la parola più adeguata).

Citazione di: InVerno il 23 Luglio 2023, 18:08:02 PMi risultati che mi aspetterei da una diffusione incontrollata e capillare di queste IA, sono pressochè gli stessi della disinformazione professionale di uno stato straniero elevanti all'ennesima potenza, perdita dei punti di riferimento, svalutazione valoriale, apatia e apoliticismo etc etc solamente autoinflitte. Le mie preoccupazioni riguardo ai danni di questa tecnologia non vanno perciò ai posti di lavoro, problema grave ma controllabile, ma all'impatto che può avere sulle infosfere, già ora tremendamente sotto stress ed indebolite senza il bisogno di aggiungere altri gravi, stiamo giocando col fuoco in una casa già in fiamme.
In questo senso purtroppo l'AI è un interlocutore che può essere tanto fuorviante quanto un motore di ricerca: se cerchiamo a lungo, varcando la fatidica prima pagina di risultati, potremmo trovare fonti contrastanti che inibiscono una presa di posizione o anche quello che vogliamo sentirci dire pur essendo infondato, magari scritto su un blog di chi è meno informato di noi; il bias della conferma non conosce pudore e il pardosso della scelta si nutre di cacofonia e "bibliografie" sconfinate (e non filtrate). A quel punto non è una questione di strumento o di artificialità, ma puramente di onestà intellettuale e consapevolezza delle proprie tendenze: può dircelo "internet" o "la tv" o "la contro-informazione" (che non esistono come univoci soggetti parlanti), può dircelo l'AI o la pettegola del paese, ma la carenza del filtro o il desiderio di conferma, alla base della disinformazione, è solo nostra (così come è solo nostro il sentire un dovere morale di avere un opinione veritativa su tutto, ma questa è un'altra storia). L'antidoto migliore, come sempre, è la informazione o, più semplicemente, la comprensione: capire perché temiamo confutazioni e falsificazioni, capire quanto è attendibile l'interlocutore (a prescindere da dove si schieri), capire che una fonte non vale l'altra, etc. sebbene, in un'epoca in cui i fact-checker rischiano di essere confusi con i dogmatici, capisco che non c'è da banalizzare nemmeno l'ovvio. Ben venga che ChatGPT, a differenza di altri suoi colleghi (Bard, Bing, etc.), sia dichiaratamente aggiornato solo a notizie del 2021 (mi sembra); non sarà un deterrente per i "circuibili dai circuiti", ma almeno "avvelena un po' il pozzo" in caso di conversazioni malposte o male interpretate. Un'altra salvaguardia per i "differentemente capaci" è il famigerato "politicamente corretto": chiunque si lamenti che l'AI ne sia pervasa, oltre a mostrare delusione per un mancato ruolo di "risveglio ed illuminazione" che ovviamente (giusto?) non compete all'AI, probabilmente ha un pregiudizievole secondo fine nel porgli domande e sta cercando solo un'altra fonte da citare e collezionare per il proprio aver ragione (e, qualora l'AI dica ciò che non piace, è inevitabile che venga declassata da oracolo di verità a "stupido megafono mainstream, pilotato dai poteri forti, etc."). Peccato che l'AI, come essa stessa dichiara, non abbia filtro critico né capacità di giudizio e, se non ce l'ha nemmeno chi la usa, il connubio non può che risultare "artificiosamente poco intelligente", a prescindere dagli argomenti trattati. Sarebbe potuto essere "solo" un rapido produttore di testi e confezionatore di informazioni in forma dialogica, tuttavia c'è davvero il rischio che qualcuno, a caccia di feticci o di streghe, gli proponga di tesserarsi per il suo partito, indulga nel tradurre I.A. con «influencer algoritmico» o lo veda come minaccia per il genere umano (scambiando Terminator per una profezia per "Illuminati"). Anche stavolta si è data liberamente la bicicletta a tutti, anche a chi, non per colpa sua, non ha l'equilibrio per usarla (i maligni direbbero: è stata data proprio perché non tutti hanno l'equilibrio per usarla... e sicuramente c'è già un sottobosco di complottisti che ha una spiegazione per questo cavallo di Troia dato alle masse di "utenti spatentati").
Non voglio sminuire l'impatto deleterio che potrebbe avere l'AI nell'infosfera, ma quando si parla troppo dello strumento piuttosto che di chi lo usa, sia in alto che in basso, secondo me il discorso rimane un serpente senza testa (quindi, non se ne viene mai a capo).
#474
Citazione di: InVerno il 23 Luglio 2023, 09:01:25 AMLa ratio di queste scelte deve essere per forza statistica (l'alternativa sarebbe etica)
Qui propendo per una terza via: la ratio è semantica. La comunicazione, non è solo combinazione (anche se le combinazioni sono alla base della sintassi, v. accordi soggetto/verbo, ordine delle parole, etc.), né è questione di frequenza statistica (a x solitamente segue y), altrimenti i "testi creativi" improvvisati dall'AI sarebbero di qualità ben più infima, non essendoci un'adeguato campionario di casistica da cui attingere. La novità dell'AI sta nel gestire una comunicazione semantica, (e)seguire un discorso che coinvolge elementi impliciti, ossia quegli elementi che fanno apparire un discorso come "naturale" ed umano (uso dei pronomi al posto dell'oggetto, argomento non ripetuto ad ogni richiesta, immissione di collegamenti di senso per "fertilizzare" la conversazione, etc.). Il fulcro è che nemmeno i programmatori hanno consapevolezza né sanno prevedere l'ouput della cosiddetta "black box" che produce risposte artificiali (per questo si è parlato subito di "intelligenza": l'imperscrutabilità dei processi e degli esiti come parallelo della mente umana).

Citazione di: InVerno il 23 Luglio 2023, 09:01:25 AMnessuno è interessato a vedere tornei tra IA e anche le partite tra IA e giocatori professionisti sono più uno strumento per gli addetti ai lavori che di interesse per il "pubblico-umanità", [...] C'è un motivo per cui tutto questo accade, non è un problema logico su come scegliere la miglior mossa, ma una domanda filosofica a monte, ovvero perchè le persone si interessano  degli scacchi innanzitutto, sia come giocatori che come spettatori.
Sulla "fame di originalità ed umanità" andrei cauto; non è in topic, ma non è da sottovalutare che i film pieni di effetti speciali, ossia palesi "falsità ontologiche" prodotte da computer, vengano decisamente apprezzati pur sapendo che non sono realistici (v. supereroi vari, fantascienza, etc.). Per il pubblico che vuole essere stupito, se ci fossero gladiatori fatti di metallo non sarebbe un problema, anzi, se nessun umano si fa male davvero diventa uno spettacolo adatto a tutti. Una partita a scacchi può risultare bella e avvincente anche se giocata da due AI (soprattutto se questo dettaglio non viene dichiarato condizionando la "fruizione emotiva" dell'evento; anche perché non so quanti, fra il pubblico di appassionati, sarebbero in grado di accorgersene con certezza).
Credo di aver già ricordato altrove che il gioco del go, nettamente meno "combinatorio" degli scacchi, ha impiegato non a caso più tempo per essere padroneggiato dall'AI e il campione del mondo, dopo esser stato battuto, ha dichiarato che quell'esperienza l'ha spinto a ripensare quali siano davvero le buone mosse, ha parlato di un cambio di prospettiva sul gioco (in cui solitamente domina gli altri umani). Un'esperienza con un'alterità non umana ha scosso il paradigma strategico di un gioco secolare, non per questioni di altra-intelligenza, ma proprio perché l'esito del machine learning (che ha prodotto anche mosse che, per la loro apparente castroneria, hanno fatto sorridere il pubblico ed arrabbiare gli ingegneri dell'AI) non è quello dello human learning.

Citazione di: InVerno il 23 Luglio 2023, 09:01:25 AMQuel rap non ha alcun senso, anche se fosse verbalmente più acuto ed intelligente, continuerebbe ad essere un nonsenso, non esprime niente di valore per qualcuno, cioè non ha valore per nessuno.
Il valore semantico c'è, ed è questo il "senso" del ruolo dell'AI: produrre senso per un destinatario (il postmoderno, Derrida, etc. sorridono soddisfatti), come se ci fosse un umano dietro la tastiera. Turing non è stato ancora sconfitto, ma l'AI è già una vittoria per ogni studente che deve fare qualche paginetta su un tematica (v. esempi di Jacopus), ogni cantante a corto di ispirazione, ogni programmatore in ritardo per una scadenza, ogni copywriter che lavora da remoto e vuole guadagnare del tempo libero, etc. Direi che, nel momento in cui un'AI "regala" del tempo all'uomo, il valore prodotto non è solo semantico (seppur non da Nobel per la letteratura), ma esistenziale (in tutti i sensi). Si sta diffondendo, non a caso, il ricorso ad un'AI che ha il compito di individuare i testi prodotti da altre AI, e all'uomo, con la sua intelligenza, non rimane che fare la sua scommessa sulla veridicità dell'esito dell'AI che controlla l'AI.

Citazione di: InVerno il 23 Luglio 2023, 09:01:25 AMpiccola nota politica: lasciare bombe atomiche nelle mani di privati è una pessima, pessima, pessima idea.
Sul versante politico le questioni sono di certo molteplici, forse la principale è la libertà (parola come sempre pericolosa in quanto irrazionalizzante) di accesso/fruizione; e "come muovi, muovi male": se non dai l'AI al popolo, il popolo si lamenta perché vuole il nuovo giocattolo (e, chi può, se lo procura al mercato nero); se gliela dai, il popolo si lamenta perché qualcuno fra loro la usa per licenziarli o per ingannarli; se la dai con vincoli e regole, imbrigliando la libertà, buona fortuna a mettere d'accordo il popolo su quali debbano essere tali regole. In fondo, in questo l'AI non rappresenta affatto nulla di nuovo: dai tempi del fuoco e della ruota, non conta com'è la scoperta o l'invenzione, conta come viene usata e con quali parametri ne giudichiamo l'utilizzo; l'importante è comunque, soprattutto agli esordi, comprendere adeguatamente il funzionamento della novità e, in questo caso, il nome di battesimo, secondo me, non aiuta.
#475
Per quanto riguarda la lunghezza delle risposte, pare ci siano dei limiti per la versione "di massa" (v. qui) e credo sia una fortuna, altrimenti, come tu stesso hai suggerito, molti gli farebbero scrivere tesi universitarie, interi libri e saggi fino al "collasso", intasandone il servizio, soprattutto se gratuito. Per quanto riguarda le risposte che dà, mi pare sia  proprio quella l'"essenza" della sua funzione: essere veloce. Come Wikipedia nella sintesi da enciclopedia e Google nella ricerca di contenuti, ChatGPT "ha senso" solo se è rapido nel produrre risposte sensate; non "brillanti" (per questo trovo fuori luogo parlare di intelligenza artificiale). Ad esempio, quanto tempo avresti impiegato a scrivere quei tre fogli A4 su Bowlby? Le macchine e le automazioni, da sempre, servono per farci risparmiare tempo, non perché sappiano scalzare l'inventiva o la profondità ermeneutica dell'uomo. Non è un caso che tendano a sostituire l'umano nei lavori meno ricchi di abilità e competenze umane (v. casse automatiche, robot aspirapolvere, impianti di assemblaggio, etc.) ed ora anche la programmazione e la stesura di testi semplici (o diplomatico-retorici, come quello sulla religione) rientrano nelle attività facilmente automatizzabili tramite AI (per quanto una supervisione umana resti sempre vivamente consigliata).
L'AI in fondo è come un missile che si abbatte su una casa: fa molto in poco tempo; ed osservare, di fronte ai ruderi, che usando pazientemente il piccone, un umano, dopo molto tempo e duro lavoro, non avrebbe lasciato in piedi nemmeno quelli e, nel distruggere, avrebbe persino prodotto meno fumo, significa, come accennavo, paragonare la bomba all'arnese sbagliato (e tutti sappiamo la differenza fra sganciare picconi e sganciare bombe, o fra picconare una casa e premere un pulsante...).
#476
Ciò che principalmente distingue l'AI da un classico motore di ricerca è l'ars combinatoria, che consente di produrre nuovo senso, non solo memorizzare e catalogare (attività che comunque sono alla base di tale ars, tanto per l'uomo quanto per l'AI). L'AI mostra di avere comprensione poter gestire la semantica del linguaggio umano, spingendo la combinazione fino alla produzione di "inediti", ossia non si limita (solo) a tradurre in linguaggio umano numerosi bytes di informazioni o a fare calcoli probabilistici sull'esito di una domanda.
Ad esempio, ho provato a chiedergli un testo rap sulla storia della filosofia; il suo prodotto originale (non creso sia una manipolazione di qualche fonte già online, ma posso sbagliarmi) è stato questo (aprendo l'immagine in un'altra scheda dobrebbe ingrandirsi a sufficienza):

Un po' deludente (non è Murubutu, ma la chiusa non mi pare male); tuttavia probabilmente lo è molto meno se consideriamo che ha prodotto queste goffe rime in circa 10 secondi, ossia è stata (credo la sintassi qui richieda il femminile) più veloce a scriverlo di quanto io a leggerlo. Un rapper laureato in filosofia sicuramente saprebbe scrivere di meglio, ma considerando la manciata di secondi impiegati, la (insolita) domanda a sorpresa e la non facile sintesi dell'argomento, direi che l'AI non se l'è poi cavata male, soprattutto trattandosi di una "creazione letteraria" (con mille virgolette), non di una ricerca di informazioni o collage di copia/incolla.
Altro esperimento, rileggere l'ottuplice sentiero buddista in chiave cybersecurity:

Anche qui, niente che passerà alla storia, me è evidente come il piano semantico non sia stato né trascurato né maltrattato. Nondimeno, è significativo che il nostro dialogo sia iniziato con una voluta "rottura di schema", in cui l'AI ha mostrato tutti i suoi limiti semantici e contestuali; alla mia domanda sul come potevo essergli utile (non viceversa), la sua risposta "cieca e sorda" è stata decisamente "meccanica":

A mio modesto parere, per "capire" e sviluppare serenamente l'AI gioverebbe smetterla di chiamarla in quell'infelice modo e di paragonarla all'intelligenza umana, proprio come per "capire" e sviluppare l'automobile è stato utile non considerarla più solo come un "carro a motore" e non paragonarla ad una biga con cavalli.

P.s.
Ovviamente, a questo punto, ho chiesto all'AI anche di riformulare il mito della biga platonica usando un'automobile, dopo qualche imbeccata per rendere la narrazione più coerente ed esplicita (ad es. coinvolgere i due cavalli come componenti), questo è il risultato:
«Nel mito della "Automobile Alata", immaginiamo un'anima umana come l'autista alla guida di un'automobile avanzata e futuristica. L'automobile è la nostra esistenza fisica nel mondo moderno, mentre l'autista rappresenta la nostra anima immortale. La strada su cui stiamo viaggiando è il mondo sensibile, il mondo fisico e digitale che percepiamo attraverso i nostri sensi e dispositivi tecnologici.
L'automobile, con la sua sofisticata tecnologia e intelligenza artificiale, è composta da due componenti principali: la "Ragione" e la "Passione".
La componente "Ragione" rappresenta la parte razionale dell'automobile, dotata di avanzati sistemi di guida automatica, analisi dati e intelligenza artificiale. La Ragione è guidata dalla conoscenza, dalla logica e dalla capacità di prendere decisioni ponderate basate su dati e informazioni.
Dall'altra parte, la componente "Passione" simboleggia la parte emozionale dell'automobile, con sistemi di riconoscimento delle emozioni e una comprensione intuitiva delle esperienze umane. La Passione è guidata dalle emozioni, dai desideri e dalle esperienze personali, che possono influenzare le scelte e le decisioni.
L'autista, con il suo libero arbitrio, è responsabile di bilanciare attentamente la Ragione e la Passione all'interno dell'automobile al fine di guidarla verso la meta desiderata: una comprensione più profonda del mondo e di sé stessi.
"Sii consapevole, o Glaucone," spiega Socrate, "di come l'anima umana, rappresentata dall'autista e dalle componenti Ragione e Passione dell'automobile, debba trovare un equilibrio armonioso. Solo quando guidiamo l'Automobile Alata con saggezza, intelligenza e comprensione emotiva, possiamo sperare di viaggiare verso nuove frontiere di conoscenza e illuminazione."
Glaucone riflette sulla lezione e capisce che è essenziale coltivare un'auto consapevole, dove la Ragione e la Passione lavorano insieme, permettendo un viaggio verso l'esplorazione e la scoperta di sé stessi e del mondo circostante.
Così, nel mito della "Automobile Alata", Platone ci offre un'immagine aggiornata del viaggio dell'anima umana, usando un simbolo moderno come l'automobile con le componenti Ragione e Passione per esplorare il bilanciamento e l'armonia nella nostra ricerca di saggezza e conoscenza.».
Per la "gioia" degli "apocalittici": non avevo detto all'AI che l'auto doveva avere un'intelligenza artificiale a bordo... sta a vedere che inizia già ad autoproiettarsi nella nostra quotidianità senza essere stata invitata.
#477
Varie / Re: Il nuovo enigma del principe Rastislav
20 Luglio 2023, 14:43:15 PM
Considerando che nel codice l'unica cifra senza "linea centrale orizzontale" è il 2, la chiave potrebbe essere nel cappio n.2 oppure, più probabilmente, nell'ottavo cappio, essendo il 2 in ottava posizione su 13 cifre/cappi (il che sarebbe anche un indizio ironico, essendo agosto l'ottavo mese).
#478
Non c'è ricerca, in ogni settore e in ogni senso, che non sia innescata da una domanda, anche se non formulata esplicitamente o ad alta voce. Talvolta farsi carico dell'assenza di risposta ad una propria domanda può essere più difficile da sopportare (o anche più angosciante) di una risposta sgradevole; per questo quando non sappiamo rispondere ci rivolgiamo agli altri, o a ciò che gli altri hanno scritto in merito. Nei rapporti con gli altri, tuttavia, porre una domanda onestamente significa anzitutto dichiarare la propria disponibilità ad ascoltare (o a comprenderne gli scritti), ammettere (in privato o anche in pubblico) una propria carenza di informazioni/conoscenza, manifestare un dubbio, cercare una conferma, sollecitare una reazione, orientare una conversazione o deviarla verso altri argomenti, etc. Anche una domanda palesemente retorica è comunque fruibile come domanda autentica e talvolta si rivela meno scontata del previsto.
La domanda ha la caratteristica di essere fortemente connessa con l'identità di chi la pronuncia: se si chiede qualcosa è perché si desidera una risposta e non ci si può trincerare dietro un dire impersonale, come è possibile invece fare con le affermazioni: «si dice che...», «alcuni pensano che...»; inserire in una conversazione un «ci si domanda...» o un «alcuni si chiedono...» non dà garanzia di ottenere una risposta in merito e può sembrare solo un artificio retorico per non domandare esplicitamente in prima persona (un po' come quando si dice «un mio amico ha questo problema...» e l'interlocutore sospetta che quell'amico non esista). Chiedere presuppone sempre una meta-domanda: il chiedersi se la domanda ha senso e se è possibile ottenere riposta.
Venendo ai casi succitati: l'interlocutore non ha domandato «perché?» probabilmente per motivi contestuali o perché non ne ha avuto il coraggio/prontezza o perché, come nel caso del parlamentare belga, ha preferito porre altre domande (qui il video con sottotitoli). Tuttavia, secondo me, già il chiedersi perché non sia stato domandato «perché?», rischia di essere una "cattiva" domanda (così come il chiedersi cosa si sarebbe detto al loro posto).
#479
Citazione di: Ipazia il 13 Aprile 2023, 23:15:45 PMSai quanta deduzione c'è voluta per passare dalla pepita ad Au: quasi tutta la storia della chimica. Con l'induzione restavamo ancora fermi all'alchimia. E' la stessa differenza tra conoscenza empirica e conoscenza scientifica. L'induzione si ferma all'empiria e ai colpi di ... fortuna
Se la storia della chimica si basa sulla deduzione(?), se l'induzione non va oltre l'alchimia(!) e se la conoscenza scientifica non è fatta di induzioni(?!), inizio a sospettare che ci sia un problema di definizioni comuni (nonostante il precedente tentato assist con wikipedia). La deduzione è necessaria e funziona a priori (in quanto legge logica), l'induzione è contingente (nel senso di immanente, non assoluta) e si basa sull'a posteriori, seppur comunque generalizzabile; da cui il rischio di assolutizzarla e fare la fine del noto tacchino (problema che non si pone con la deduzione: un sillogismo funziona sia prima che dopo il giorno del ringraziamento, l'induzione un po' meno...). Il famigerato passaggio da Newton a Einstein non sarebbe potuto avvenire deduttivamente, ma solo induttivamente (v. suddetta "apertura scientifica"); seppur si tratti di un'induzione "debole" vista la maggior difficoltà di sperimentare la fisica quantistica rispetto a quella newtoniana.
#480
Scoperte occasionali e intuitive sono tali proprio perché si è ragionato induttivamente, ossia per inferenza dal fatto alla legge che lo spiega, o almeno sembra spiegarlo adeguatamente (fino a falsificazione contraria, come insegna la laboriosa "apertura a nuove sperimentazioni" tipica della scienza). Non credo possa esserci determinismo senza ragionamento induttivo: la differenza fra oro e pirite è stata indotta (e verificata) dalla realtà, non dedotta da principi puramente teorici (non a caso, l'inserimento di "Au" nella tavola periodica, la sua "tassonomia" atomica, etc. sono tutti frutto di induzione a partire dallo studio della materia). La mera applicazione di un principio o legge inferiti per induzione, non è propriamente deduzione (anche se comunemente parlando si usa «dedurre» in modo giustamente spensierato).